1 Relazione Prof.ssa Papa

Prof. Stefania Papa
Nelle città uno dei fattori che maggiormente preoccupa è l'inquinamento urbano non solo perché reca
danno a tutti gli organismi, agli edifici, ai monumenti, ma anche per il fatto che contribuisce
all’inquinamento dell’atmosfera, delle acque, del suolo e dei sedimenti. Le emissioni di sostanze
inquinanti, infatti, comportano l'alterazione della composizione chimica dell'atmosfera ed
influenzano quindi la qualità dell'aria che respiriamo.
I principali inquinanti atmosferici sono rappresentati da: particolato atmosferico; anidride solforosa e
anidride solforica (SO2 e SO3), ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO), composti organici
volatili (COV), idrocarburi policiclici aromatici tra cui il benzene, il benzo(a)pirene ecc.., metalli
pesanti e ozono (O3). L'attenzione rivolta all'inquinamento atmosferico deriva ovviamente dai rischi
per la salute, associati principalmente all'inalazione di gas e particolato, oltre che dai danni osservati
agli ecosistemi e ai materiali, con particolare riguardo ai monumenti. I rischi per la salute sono stati
osservati in cambiamenti nella mortalità e morbilità (frequenza delle malattie) sia a breve che a lungo
termine. Ad esempio, il particolato atmosferico funge da adsorbente e da catalizzatore e quindi da
veicolo all’interno del nostro organismo dei contaminanti aero dispersi, infatti all’interno delle vie
respiratorie può subire vari processi di assorbimento e di eliminazione. Le particelle più sottili, in
particolare, riescono a superare le barriere protettive presenti nel primo tratto dell’apparato
respiratorio e raggiungono le zone più profonde (alveoli) depositandovisi. Naturalmente, gli effetti
del particolato fine sono proporzionali alle concentrazioni ed alla presenza di eventuali composti
cancerogeni inglobati nel particolato stesso, come gli IPA e alcuni metalli pesanti. Nelle aree urbane
oltre al traffico veicolare, usualmente considerato la principale fonte di emissione di particolato,
anche il riscaldamento domestico, e le piccole e medie industrie danno contributi significativi.
Dalla ricerca condotta da Legambiente e dall’Istituto di Ricerche Ambiente Italia nella classifica
finale sulla qualità e sostenibilità, Caserta ha occupato nel 2009 il 59° posto su 103 città con un
peggioramento rispetto al 2004 di 18 posizioni. Nel nuovo rapporto 2013 si osserva un’ulteriore
peggioramento, si colloca infatti all’82° posto su 104 città e se si considera il suo numero di abitanti
(<di 80.000) al 34° posto su 45 città.
Uno dei punti critici estremamente connesso all’impatto antropico e di conseguenza all’inquinamento
è la presenza di cave. Si pensi che il PRAE (Piano Regionale Attività Estrattive) colloca la provincia
di Caserta al I posto in termini di fabbisogno annuo di materiale calcareo nel settore edilizio, al II
posto in termini di cave autorizzate e al I posto per cave abbandonate. Naturalmente la presenza non
solo di cave ma anche di cementifici rappresenta un “hot spot” per Caserta insieme alle altre fonti di
emissione, sicuramente da non trascurare, quali traffico veicolare e riscaldamento domestico. Bisogna
infatti tener conto che in relazione al fabbisogno annuo crescente di materiale calcareo si contrappone
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una difficoltà oggettiva di controllo delle polveri sottili. L’attività dell’ARPAC ha previsto già da
tempo sul territorio comunale il monitoraggio della qualità dell’aria attraverso una rete di rilevamento
degli inquinanti atmosferici costituita da quattro centraline posizionate presso: l’Istituto Manzoni, la
Scuola De Amicis e Centurano e una quarta localizzata a Maddaloni presso la scuola Settembrini.
Purtroppo per il 2012 non è stato possibile registrare i dati a causa del mancato funzionamento del
sistema di monitoraggio.
Uno studio condotto a Caserta sulla relazione tra traffico veicolare e impianti industriali e
concentrazione delle PM10 (Iovino et al. 2013) ha evidenziato uno stato di criticità della qualità
dell’aria. In particolare, sono state quantificate le PM10 nell’anno 2012 posizionando una stazione per
esterni (nei pressi dell’ex Saint Cobain) per il monitoraggio continuo del particolato atmosferico
mediante il metodo di campionamento su membrana filtrante (Skypost PM HV). I dati hanno
evidenziato il superamento del limite giornaliero di 50 µg/m3 in 9 giorni, corrispondenti al 13%
dell'intero periodo di monitoraggio (figura a). Nel 90° percentile dei livelli delle PM10 giornaliere
(49 µg/m3) non si sono evidenziati superamenti del limite giornaliero, ma si sono registrati valori
molto vicini a questo. Gli autori hanno poi confrontato i dati delle PM10 con quelli del traffico
veicolare, con la velocità del vento (figura b) e con le precipitazioni (figura c).
Per questi ultimi due parametri, a differenza di quanto ritrovato per il traffico veicolare, si è visto che
all’aumentare della velocità del vento e delle precipitazioni le concentrazioni delle PM10 diminuivano.
L’analisi chimica delle PM10, inoltre, ha mostrato presenza di idrocarburi policiclici aromatici (IPA),
in particolare benzo[b]fluoranthene (fortemente relazionato alle emissioni veicolari), e calcio. La
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concentrazione del calcio ha mostrato una marcata dipendenza dalla direzione del vento, con un
incremento significativo associato alla direzione del vento da est a nord/est.
E’ proprio in questa direzione est nord/est che insistono la cava ditta Luserta, il cementificio con
annessa la cava ditta Moccia e la Cementir che si trova a cavallo tra i due comuni (Caserta e
Maddaloni).
Gli autori concludono con la richiesta di attivazione di un regolare servizio di monitoraggio della
qualità ambientale nella prospettiva di valutare la necessità per ulteriori misure di prevenzione.
Un altro studio, invece, condotto dal mio gruppo di ricerca, sempre nella città di Caserta ha avuto
come obiettivo quello di valutare il livello di contaminazione ambientale investigando l’accumulo sia
di alcuni metalli in traccia, quali V, Cd, Cr, Pb, Ni e Cu, sia degli IPA nelle foglie di leccio (quercia),
pianta ornamentale ampiamente distribuita nell’area urbana (Papa et al. 2012).
La scelta del leccio è stata condizionata dal fatto che questa quercia è l’unica specie arborea
sempreverde più diffusa nell’area urbana di Caserta, è stata oggetto di studi di biomonitoraggio in
altri siti urbani, è stata indicata come “biomonitor” perché resistente ai più comuni inquinanti ed ha
un’ecofisiologia nota. Inoltre, poiché come già detto, molti contaminanti atmosferici sono associati
al particolato, negli ecosistemi terrestri le foglie degli alberi costituiscono la componente biotica più
esposta alla sedimentazione, all’impatto e all’intercettazione degli aerosol.
I siti erano localizzati in particolare: (S1) in via Feudo S. Martino, (S5) nei pressi del sottopasso viale
Lincoln/S. Benedetto, (S14) nell’area sottostante lo svincolo ANAS per Maddaloni, (SE) a Largo
Palumbo presso lo svincolo della strada per Maddaloni, (S12) nella zona di P.co Aranci, (JH) nei
pressi della stazione centrale e (BSS) all’interno del Bosco di S. Silvestro (utilizzato come controllo).
I dati hanno evidenziato concentrazioni di metalli in traccia ed IPA nei siti urbani significativamente
più elevati rispetto alle concentrazioni degli stessi metalli saggiati però nel sito controllo. Inoltre, le
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concentrazioni di IPA maggiori sono state ritrovate nei siti: (S1) in via Feudo S. Martino e (S12) nella
zona di P.co Aranci (zona 167) ed in particolare quelli identificati come cancerogeni nel sito S12.
Inoltre la separazione degli stessi in alto, basso e medio peso molecolare ha mostrato, tra l’altro, nel
sito S12 la presenza di IPA ad alto peso molecolare e quindi quelli più vicini alla sorgente di
contaminazione. Il sito S12, infatti, è quello più vicino in linea d’aria, ancora una volta, all’area delle
cave e del cementificio.
Quindi tornando al focus del convegno ed utilizzando le informazioni presentate, direi che se si vuole
ottenere un miglioramento del sistema di gestione ambientale bisogna tener conto di una serie di
obiettivi per il miglioramento continuo della qualità. In particolare, semplificando il tutto con il
diagramma di Deming, dovremmo poter identificare 4 fasi: (1) una fase di identificazione delle
problematiche e pianificazione delle attività, come ad esempio: “qualità dell’aria urbana critica”
messa in opera delle centraline di monitoraggio (Plan); (2) applicazione di quanto pianificato e
verifica dell’applicazione, ad esempio raccolta dei dati (Do); (3) verifica dei risultati ottenuti e
confronto con gli obiettivi (Check), ad esempio i dati di ciascun parametro monitorato sono conformi
a quanto pianificato?; (4) in base ai risultati ottenuti verificare i traguardi e programmare azioni
correttive e/o di consolidamento per aumentare nel tempo i livelli di qualità ambientale (Act).
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Quindi, concludendo, che cosa ci si aspetta dal PUC? Un sistema di monitoraggio della qualità
ambientale efficace e produttivo in modo da poter rispondere sia al controllo, con una
documentazione del rispetto o del superamento dei limiti di legge, sia alla conoscenza sullo stato di
qualità dell’aria, e ciò sia al fine non solo di un risanamento o recupero per una prevenzione dei rischi
sanitari ma anche di una programmazione e un consolidamento dei livelli conseguiti per guardare a
obiettivi di qualità ambientale via via superiori da raggiungere.
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