MOZIONE DEL COMITATO DI GESTIONE TRANSITORIA PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE - Bologna, 23 novembre 2014 - 1. PREMESSA SULLA SITUAZIONE POLITICA GENERALE. Il Comitato di Gestione Transitoria - con multipli e diversi approcci e con ampio dibattito interno - ha compiuto in questi mesi una lunga, minuziosa e approfondita valutazione sia dello stato del partito, sia del quadro politico nazionale, sia ancora della nascita di ulteriori soggetti politici anche in qualche modo affini al nostro. Senza entrare nel dettaglio di questi elementi, che potremo meglio esporre ed approfondire nel corso del dibattito dell’Assemblea, occorre riconoscere che il quadro politico è del tutto differente da quello in cui era nata la nostra esperienza. Lo spazio politico si è sostanzialmente ridotto o quasi scomparso, perché da un lato Renzi è riuscito ad occupare l'immagine e lo spazio politico del cambiamento, dall’altro occorre fare i conti con la nascita ed il successo - ci riferiamo a Grillo ed al Movimento Cinquestelle - di un polo catalizzatore del dissenso del sistema, dall’altro ancora perché la situazione nell'area di voto "non renziana" è ancora troppo fluida per capire che tipo di proposta sarebbe utile lanciare. Inoltre, la proposta di Fare se desta ancora il suo interesse sotto il profilo del metodo, non è tuttavia più attuale e va rivista alla luce di quanto è radicalmente cambiato nel panorama politico di questi due anni. Ancora, non pare esserci spazio per una raccolta di consenso attivata "dall'alto" che faccia leva sull'esigenza di cambiamento presente in alcuni strati della società italiana e sulla catalizzazione di quest'esigenza attorno a proposte tecniche concrete per la soluzione dei mali del paese. Questo metodo presuppone infatti che il corpo elettorale sia disposto a guardare in faccia i problemi del paese e ad affrontare le fatiche e il prezzo che comporta l'adozione di reali misure correttive. In una parola, postula un elettorato che coniughi la voglia di cambiare con il coraggio dei relativi rischi. Al contrario, gli elementi in precedenza evidenziati mettono in luce - soprattutto nell'area sociale che dovrebbe sostenere il cambiamento - una scarsa propensione del paese a questo processo di autocoscienza e condivisione, e una forte mancanza degli elementi valoriali che costituiscono il presupposto di questo percorso di miglioramento e di crescita della collettività. Infine, non appare perseguibile neppure la via dell'aggregazione delle forze politiche d'area. L'intrinseca fragilità e l'inconsistenza di quelle che presentano una reale vocazione al cambiamento e l'assenza di reale capacità innovativa di quelle di maggior consistenza, infatti, rendono quest'opzione inagibile. 1 2. PROPOSTA DI RIASSETTO DI FARE. Alla luce di tale valutazione e dell'analisi dell'attività del partito fin qui compiuta, il Comitato di Gestione Transitoria ha concluso che le ragioni dell’esistenza di un movimento politico di rottura come il nostro siano peraltro tuttora esistenti, ma solo a condizioni che tengano effettivamente conto del mutamento del quadro di riferimento sopra evidenziato nonché delle esperienze interne. Occorre, in sostanza, a nostro avviso, ridefinire il profilo e la funzione del nostro partito sotto una luce differente da quelle precedenti. In coerenza con questa impostazione e con le considerazioni svolte sul quadro politico, il Comitato di Gestione Transitoria ritiene che: a) Occorra costruire un'effettiva identità valoriale che definisca il confine all'interno del quale dovranno essere mantenute e orientate tutte le proposte e le iniziative per rendere effettiva la nostra azione, che quindi non dovrà essere, primariamente, orientata allo svolgimento di campagne ed iniziative e, tanto meno, all'attivismo esplicativo o presenzialista. b) In buona sostanza, sia necessario capire chi siamo e cosa vogliamo e, quindi, partendo da questo punto, mediante azioni e iniziative opportune, comprendere qual è lo spazio politico in cui muoverci e all'interno del quale creare e raccogliere - sul territorio e mediante opportuna radicazione sociale - consenso attorno al nostro progetto politico; c) L'attività politica rimanga necessaria e, quindi, non si ponga in alternativa alla creazione di un robusto impianto ideologico e programmatico (chi siamo e cosa vogliamo), perché la creazione di buone idee potrà avere attuazione solo a condizione che attorno al progetto che le contiene si crei consenso politico e, quest'ultimo, non scaturisce dalla semplice bontà di queste, ma solo dalla condivisione elettorale del progetto e della visione di società che esso sottende. d) Occorra acquisire la consapevolezza che l'attività politica se resta necessaria e indispensabile nel nostro progetto di riforma radicale dello Stato (che non può reggersi solo sulla proposizione di soluzioni e progetti), tuttavia è cosa diversa dalla produzione di buone ricette tecniche, perché richiede un'azione intermedia dentro la società per trasformare le buone idee in consenso. e) Ne consegue che indirizzare le energie e le risorse personali di coloro che s'impegnano e partecipano alla vita del partito nella direzione della produzione delle idee (come, ad esempio, i gruppi tematici o altri processi di veicolazione delle proposte di base) induce solo fenomeni di autoreferenzialità interna e dissocia l'azione politica dal territorio, dal corpo elettorale ed ostacola i processi di radicazione sociale degli attivisti. f) Occorra, quindi, essere consapevoli che lo svolgimento dell'attività di partito richiede non solo lo sviluppo delle iniziative locali (comitati, gruppi 2 di ascolto, organi regionali e provinciali), ma soprattutto impone di orientare queste attività verso la società e i suoi corpi intermedi estranei al partito e alla politica e non al fine di attivare processi ascendenti d'idee e di proposte verso il vertice del partito. g) Occorra comprendere, in definitiva, che l'attività politica, svolgendo la funzione di cinghia di trasmissione fra le idee e il consenso, si sostanzia in iniziative locali, radicazione sociale, coinvolgimento dei non attivisti e, ove se creino le condizioni concrete, nella partecipazione alle prossime tornate elettorali amministrative. Per rivendicare, quindi, un ruolo politico per il nostro partito occorre non solo che si lavori per promuovere un profondo cambiamento culturale del nostro paese, ma, prima di tutto, che si cambi l'idea interna del modo in cui si fa politica e si dedichi primaria attenzione agli obiettivi di definizione valoriale e, su altro piano, di radicazione sociale effettiva della base del partito che può essere. In sostanza, una nuova struttura articolata su due livelli, fra loro indipendenti: (a) un vertice con funzione culturale e di progettazione delle idee e soluzioni e che riesca a coinvolgere nel dibattito autorevoli personalità anche esterne, ma privo di articolazioni territoriali e dei relativi compiti di gestione, salvo un generale coordinamento ed indirizzo dell’attività territoriale; (b) Una base costituta di comitati/circoli dotati di propria soggettività giuridica ed autonomia patrimoniale, deputati allo svolgimento dell'attività politica e culturale locale secondo le forme da loro autonomamente prescelte e, specificamente, votati alla radicazione effettiva nella società civile e nelle esperienze politiche locali. Anche e proprio in virtù di questa nuova visione del partito e - soprattutto - di quel radicale cambio di mentalità e di idea interna cui tutti siamo chiamati, si è quindi ritenuto necessario, non fosse altro che per ragioni di rispetto del ruolo dell’Assemblea Nazionale, chiamare tale organo a contribuire attivamente a questo processo di rielaborazione sia di Fare che del suo manifesto politico. Ovviamente, il Comitato effettua la presente proposta nell'auspicio che l’Assemblea ed i Delegati tutti prendano piena coscienza del ruolo e della responsabilità che hanno: quello di discutere, finalmente, di idee e di politica e non solo di mere questioni interne, in coerenza con le previsioni statutarie per le quali “... L’Assemblea Nazionale discute e propone gli indirizzi politici di Fare”, e confida quindi che si avvii un dibattito ed emergano contributi utili a tale scopo. 3. PERCORSO PER L’ATTUAZIONE DEL PROGETTO. Il Comitato di Gestione Transitoria - per il caso in cui la predetta proposta sia 3 condivisa - ritiene che il percorso per l'attuazione del progetto di ristrutturazione del partito sopra delineato dovrebbe snodarsi lungo i seguenti principi d'indirizzo della sua attività: - l'avvio, con funzione propulsiva, di un approfondito e pubblico dibattito, anche per il tramite di appositi strumenti, tra aderenti e iscritti sui temi di connotazione valoriale dell'identità del partito al fine di definire quella identità valoriale che è presupposto necessario dell’esistenza stessa del nostro movimento e raccogliere utili spunti - un domani - ai promotori delle eventuali mozioni congressuali; - la ripresa, nel periodo fra la data odierna e quella di celebrazione del congresso, dell'azione politica al fine di portare il dibattito interno sui temi predetti anche all'esterno in coerenza con l'andamento del dibattito politico nazionale e locale, nonché di fine di raccogliere - attorno al manifesto politico che si andrà così delineando - partecipazione e consenso; - la convocazione - nel momento del maturare del predetto dibattito dell’Assemblea Nazionale al fine di una nuova verifica dello stato del movimento nonché della sussistenza delle condizioni per svolgere un vero Congresso Straordinario Rifondativo ovvero per altre scelte coerenti con le condizioni del partito; - l’ideazione di soluzioni concrete atte a consentire la celebrazione del congresso nazionale in forme coerenti con l'attuale assetto del partito e con gli obiettivi anche di ristrutturazione dello stesso sopra delineati. 3. PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DEL CONGRESSO. Il Congresso Straordinario - vista per l’appunto la straordinarietà del momento e dello stato del partito, nonché tenuto conto della totale novità e diversità della struttura che si intende dare al movimento - non può svolgersi con le attuali regole statutarie, pensate per un movimento di tutt’altre dimensioni e costruito in modo del tutto diverso. Occorre quindi prevedere dei principi di funzionamento - che poi il Comitato di Gestione Transitoria dovrà implementare con soluzioni concrete - che tengano conto della nostra effettiva consistenza, di quelle esigenze di snellezza nella struttura del movimento di cui si è detto sopra nonché della nuova struttura e funzione che si intende dare al partito. 4. GLI ASSETTI ISTITUZIONALI DELLA GESTIONE TRANSITORIA La salvaguardia del futuro di FARE, quale esso sia, richiede anche che si rivitalizzi la comunicazione politica nonché la presenza sullo scenario politico. Il Comitato di Gestione Transitoria ad oggi ha ritenuto, per spirito democratico, di interpretare rigorosamente lo specifico mandato “conservativo” ricevuto dall’Assemblea Nazionale. 4 Ricordiamo infatti che l’Assemblea Nazionale del 15 giugno scorso ha attribuito sì le funzioni della Direzione Nazionale (nonché i meri poteri civilistici di ordinaria e straordinaria amministrazione che per legge e statuto erano in capo al Coordinatore Nazionale, e che peraltro hanno solo il significato di poter “amministrare” l’associazione e non coincidono in alcun modo con le sue funzioni e prerogative politiche), ma “con lo scopo gestire l’esistente, conservare gli assets del partito e di traghettarlo verso il Congresso”. Si rende tuttavia conto che gli stessi tesserati faticano a comprendere tale rispetto - spesso scambiato per inerzia - e richiedono un ruolo propulsivo ed attivo nel “fare politica”, sia da parte del vertice che delle entità locali, le quali ultime necessitano di essere rivitalizzate anche al difuori dell’impianto delle Direzioni Regionali che - allo stato, e seppur in carica - sono in molti casi sostanzialmente inattive. A tal proposito, si ritiene quindi che l’assetto istituzionale di questo periodo transitorio debba conformarsi ai seguenti principi: - - il Comitato di Gestione Transitoria potrà svolgere attività politica, sia nell’ambito dei documenti di linea politica ad oggi esistenti sia ampliando ed intervenendo sul suo programma politico, sia tenendo conto dei contributi e degli indirizzi che si auspica l’Assemblea Nazionale - in esito ad una discussione politica - vorrà eventualmente fornire; le Direzioni Regionali, tuttora in carica in regime di prorogatio, sono soppresse; lo Statuto resta sospeso salvo per la parte iniziale relativa alle Disposizioni generali, per le parti necessarie ed anche richieste per legge per l’esistenza ed il funzionamento dell’associazione nonché relative agli organi oggi esistenti (Soggetti, Assemblea, Comitato di Gestione Transitoria, Patrimonio, Tesoriere), per le Disposizioni Finali e per le Norme Transitorie. Infine, va ricostituita la perfezione del Comitato di Gestione Transitoria con integrazione dei componenti dimissionari, laddove questi non superino la metà dei componenti del collegio e, quindi, non insorga la decadenza dell'intero organo con necessità di immediata convocazione del Congresso. Bologna, 23 novembre 2014. Il Comitato di Gestione Transitoria Mario Biral Alessandro Da Re Paolo Marson Claudio Morandin 5
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