Biosicurezza: pericoli e fattori di rischio Aerosol in laboratorio Molte attività di laboratorio sviluppano aerosol potenzialmente pericolosi che si diffondono rapidamente nell’ambiente di lavoro e non solo. Cosa sono, come si formano, come evitarli. di Paolo Parrello, formatore SSL, Aware Lab consulenza e formazione in laboratorio Viene definito aerosol una sospensione colloidale di liquidi o solidi dispersa in un gas, di solito aria. Per bioaerosol si intende la dispersione in aria di particelle di origine biologica con diametro variabile tra 0,5 e 30 micrometri.Tutte le attività condotte in laboratorio che comportano la manipolazione di liquidi o polveri sono potenzialmente fonti di aerosol che possono diffondersi rapidamente nell’ambiente di lavoro. La presenza di aerosol rappresenta un pericolo non indifferente sia per il rischio di inalazione da parte dei lavoratori, sia per la contaminazione di superfici, apparecchi e persone dovuta alla deposizione delle particelle, anche a grande distanza dal luogo di generazione. 66 LAB IL MONDO DEL LABORATORIO Settembre-Ottobre 2014 Gli aerosol sono composti da particelle di differenti dimensioni e conseguentemente possono contaminare l’operatore per inalazione, ingestione e contatto diretto. La via inalatoria è la più diffusa e pericolosa in quanto le particelle più piccole (diametro < di 1 micrometro) penetrano profondamente sino agli alveoli polmonari, mentre quelle di maggiori dimensioni sono trattenute nel primo tratto delle vie respiratorie. Il danno conseguente sarà correlato alla natura e alla concentrazione della sostanza chimica o all’infettività del microrganismo inalato. Le particelle presenti in un aerosol vengono classificate in base al loro diametro e la dimensione determina la velocità di deposizione e il tempo di evaporazione. La velocità di evaporazione è quindi inversamente proporzionale al diametro della particella di liquido e quindi più piccola è la particella, maggiore è la superficie di evaporazione. Maggiore è la dimensione, maggiore è la velocità di deposizione e minore la dispersione nell’ambiente. www.sicurezzalaboratorio.it Le goccioline più grandi (diametro compreso tra 100 e 400 micrometri), definite “Droplet”, precipitano rapidamente nelle immediate vicinanze dove sono state generate contaminando le superfici su cui si depositano (le mani dell’operatore, il piano di lavoro, gli strumenti utilizzati). Le particelle con diametro inferiore ai 100 micrometri non si depositano ma a contatto dell’aria evaporano in meno di un secondo riducendosi ulteriormente di volume. Un litro di acqua atomizzato in particelle da 10 micrometri, genera 238 miliardi di goccioline. Le “goccioline” con diametro al di sotto di 10 micrometri restano sospese in aria ed evaporano quasi istantaneamente, rilasciando il principio attivo in esse disciolto o il microrganismo trasportato. Queste particelle che residuano, definite “droplet nuclei” , hanno un diametro inferiore a 0,5 micrometri e possiedono una velocità di deposizione molto bassa, di circa 0,003 m/s. La caratteristica del droplet nuclei consente loro di restare in sospensione nell’aria per diverse ore e di disperdersi a grande distanza seguendo i moti convettivi dell’aria. Eventuali agenti biologici contenuti rimangono in uno stato di disidratazione. Tutte queste particelle si muovono nell’ambiente di lavoro e si disperdono nell’edificio seguendo il movimento delle persone, i moti convettivi dell’aria e attraverso il sistema di ventilazione. Più son piccole, maggiore è la distanza che possono percorrere.è proprio per questo motivo che il materiale biologico potenzialmente pericoloso deve essere sempre manipolato all’interno di sistemi di contenimento adeguati al livello di rischio, partendo dalla cabina di sicurezza microbiologica (cappa biohazard) sino ai sistemi più complessi costituiti dalle barriere di protezione secondaria (i laboratori di sicurezza microbiologica, PCL/BSL 3). La scelta delle misure di contenimento da adottare dipende dal livello di rischio assegnato alla sostanza chimica o all’agente biologico, al tipo di esposizione, alla tipologia quantità e concentrazione del materiale manipolato, al microclima dell’ambiente di lavoro. Occorre per esempio considerare che patogeni del gruppo di rischio 2 possono essere manipolati in condizioni normali adottando misure di livello di contenimento 2 (PCL/BSL 2), intese come ambienti, dispositivi di protezione individuale, formazione del personale e buona prassi. Con alcuni patogeni del gruppo 2 se utilizzati in grande quantità o a concentrazioni elevate si dovrà operare in un laboratorio di sicurezza di livello 3 (PCL/BSL3) . Agenti classificati nel gruppo di rischio 3 (per es. HIV), andranno manipolati per scopo di ricerca in ambienti di sicurezza PCL/BSL 3 (impiego deliberato), ma nel caso di rinvenimento occasionale nel corso di una normale analisi di fluidi corporei (siero,sangue, feci, urine, espettorato, sperma, muco, ecc.) come avviene nei laboratori di analisi cliniche, è ammesso il livello di contenimento 2 (cabina biohazard). L’importante è che l’agente biologico non sia facilmente trasmissibile per via aerea, nel qual caso anche per le analisi di routine dovrà essere previsto solo l’impiego del 3 livello di contenimento, come nel caso del Mycobacterium tuberculosis. Moltissime attività di laboratorio generano aerosol di varie dimensioni, in pratica tutte le attività che comportano la manipolazione di liquidi o polveri (tramite pipette e micropipette, agitazione, centrifugazione, ricostituzione di liofilizzati, apertura di contenitori di campioni, sgocciolamento, rottura di provette e flasks, ecc.). Anche sistemi inadeguati di ventilazione o di aspirazione localizzata possono generare turbolenza dell’aria e disperdere particelle nell’ambiente di lavoro. Gli aerosol su base acquosa hanno tempi di evaporazione rapidissimi, mentre quelli su base proteica (es. muco, siero, espettorato, ecc.) tendono a trattenere maggiormente l’acqua e quindi precipitano più facilmente. Il tempo di evaporazione influisce sulla distanza percorsa dal luogo di emissione. Per esempio particelle di aerosol con diametro di 200 micrometri impiegano circa 5 secondi prima di evaporare andando così a contaminare le superfici adiacenti. La contaminazione sarà quindi più massiccia sui banchi di lavoro, sull’operatore e intorno alle apparecchiature con un potenziale rischio di contatto diretto. Particelle di 25 micrometri evaporano in droplet nuclei in meno di 1 secondo rimanendo in sospensione nell’aria ambiente per ore raggiungendo così grandi distanze: oltre a rappresentare un pericolo per inalazione, permane la capacità di contaminare anche superfici distanti,e quindi non sospette di contaminazione. Da non sottovalutare poi l’attrazione elettrostatica esercitata dalle superfici di materiali non conduttivi (plastiche e gomma, per esempio, di contenitori o di strumenti di lavoro) sulle particelle sospese in aria in condizioni di scarsa umidità. è dunque fondamentale dedicare la massima attenzione al fine di ridurre o eliminare la formazione e la conseguente dispersione di aerosol durante le attività di laboratorio. Alcuni accorgimenti come effettuare tutte le operazioni a rischio di generazione di aerosol all’interno di cappe da laboratorio, chimiche o biohazard secondo l’attività svolta, adottare accessori che aiutino aridurre la produzione di aerosol (per es. filtri idrofobici) indossare sistematicamente i dpi prescritti, formare e addestrare in modo mirato gli operatori e mantenere le apparecchiature in efficienza, porteranno sicuramente vantaggi non solo in termini di salute e sicurezza, ma anche di qualità del lavoro svolto. Settembre-Agosto 2014 LAB IL MONDO DEL LABORATORIO 67
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