SETTORE PUBBLICO Chi vive al di sopra dei propri mezzi di PAOLO SAVONA C aro direttore, le analisi di Michele Salvati sono sempre occasione di seria riflessione e seguono le altre avanzate recentemente da autorevoli commentatori che Salvati ricorda sul Corriere della Sera di giovedì scorso, forse omettendo di aggiungere quelle di Piero Ostellino. Condivido pienamente la «verità che fa male», quella che «per rientrare e tornare a crescere... molte istituzioni e rapporti cui si sono assuefatti dovranno essere radicalmente riformati. Nella politica, nella pubblica amministrazione, nell'istruzione, nella giustizia, nel Mezzogiorno, nella legislazione del lavoro, nell'impresa, e si può continuare». Lei mi permetterà di ripetere l'intera elencazione perché non vada persa coscienza sul da farsi. Franco Modigliani suggeriva di pubblicare ogni giorno la lista delle cose da fare finché non vengano fatte. Sarà noioso, poco giornalistico, ma un quotidiano come il Corriere forse potrebbe farlo. Non condivido invece la premessa di Salvati che gli italiani «per troppo tempo hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi» e che «il debito ne è la conseguenza». È pur vero che si riferisce alle difficoltà che incontrerebbe un politico nel dire queste cose al Paese e che il debito di cui parla è quello pubblico, ma la verità è un'altra: il settore che ha vissuto al di sopra delle proprie risorse è quello pubblico; non è invece vero né perle famiglie, né perle imprese. Le statistiche parlano chiaro. Famiglie e imprese hanno sempre risparmiato e accumulato ricchezza in misura anche elevata e continuano ancora a farlo nella condizione di crisi di crescita in cui viviamo e da cui stentiamo a uscire. Per loro merito il Paese, salvo brevi periodi, ha sempre vissuto al di sotto delle proprie risorse e tuttora vive, come testimoniano i saldi positivi di parte corrente della bilancia estera della storia passata e attuali. L'unico settore che si è invece costantemente espanso, vivendo al di sopra delle proprie risorse, è quello pubblico. E ha continuato a farlo, anzi ha accelerato il processo dall'inizio della crisi, anche avvalendosi dei vincoli fiscali europei per aumentare i prelievi tri- Famìglie e imprese private hanno sempre risparmiato e accumulato ricchezza. Continuano a farlo anche oggi butari senza riuscire a ridurre l'indebitamento pubblico. La verità che fa male è questa: il peso del settore pubblico è insopportabile per i bilanci delle famiglie e delle imprese e l'economia di conseguenza non cresce. I colleghi che commentano gli andamenti economici su questo quotidiano lo hanno ripetuto fino alla noia, ma i Governi che si sono susseguiti l'hanno ignorato, compreso — e mi dispiace non poco — quello attuale, che aggira l'ostacolo chiamando la redistribuzione del reddito e della ricchezza a favore dei meno abbienti «una gigantesca riduzione delle tasse» solo perché, nelle intenzioni, intende attuarla a pressione fiscale immutata, tesi ancora tutta da dimostrare. L'attuazione della delega fiscale confermerà i veri contenuti di questa insana politica. Salvati e altri potrebbero obiettare che gli italiani, con il voto, l'hanno voluto; se così fosse, questa interpretazione tocca il ruolo che una sana politica deve svolgere per tutelare gli interessi di lungo periodo del Paese e non quelli di breve dei partiti al Governo. Non essendo mia competenza professionale, lascio la risposta agli apprezzati politologi che collaborano al quotidiano. Professore emerito di Politica economica, già ministro dell'Industria
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