Giapponese? Cinese? Acqua dolce? Acqua salata? Colore naturale? Durevole nel tempo? Troppo economica? Troppo cara? Inquietanti domande si affollano nella mente dell’acquirente di perle, sia questi un consumatore, un 88 preziosa gemmologia negoziante o un qualsiasi operatore. Per tentare una modesta risposta teniamo ben presente che quella delle perle coltivate è un’industria vera e propria e non un’attività estrattiva o una semplice manifattura. CINESI O GIAPPONESI? di Alberto Scarani* e Paolo Minieri** parte dei giapponesi (i pionieri si chiamavano Tokishi Nishikawa e Tatsuhei Mise assieme al celebre Kokichi Mikimoto) non si verificarono eventi memorabili. Natu- ralmente l’attività consolidò il proprio peso, si raggiun- sero risultati via via migliori. Il dato fondamentale fu il declino delle forniture di perle naturali, le uniche (e molto costose) disponibili in precedenza. Prese così frivano condizioni simili alla leggendaria area della pre- niche di coltivazione di perle di maggiori dimensioni 1961 per opera ed iniziativa dei piani di sviluppo del scorso. Il mercato cambia radicalmente per l’emergere oltre 20. Da tale enormità di perle prima o poi non quelle scure tahitiane, più costose di quelle giapponesi d’acqua salata, finalmente e fatalmente scalzano queste ultime dal trono di regine incontrastate delle gemme del mare. Ciò grazie a valide e costose campagne di akoya cinesi passano da circa 5 tonnellate fino ad era da prevedere un avanzamento della qualità? Pos- siamo esserne certi proprio perché le più strutturate imprese giapponesi non tardano ad investire nelle mi- gliaia di farms del litorale cinese prelevando le qualità adattabili agli elevati standard nipponici. Risultato? A giu- marketing, un lavorio tenace protratto per un lungo dizio di autorevoli studiosi (Pearl World International mercati con un eccesso di produzione cui il governo fili di perle d’acqua salata esportata dal Giappone decennio. Inoltre, soprattutto le perle nere invadono i Pearling Journal ed altri) una considerevole quantità di della Polinesia francese non riesce a porre rimedio. Una sono prodotti in Cina. D’altro canto un ulteriore indi- akoya (acqua salata) giapponesi. Nel 1996 gli stabili- salata lo si può ricavare dal raffronto delle percentuali sfortunata concomitanza congiura contro le perle menti di coltivazione sono infatti decimati a causa d’una violenta epidemia infettiva che uccide i due terzi dei molluschi perliferi. È il disastro. Ma un disastro che avviene nel momento peggiore. Perchè? zioni. Per i settant’anni successivi all’ideazione della tec- Le perle australiane e tahitiane sorpassano le akoya giap- Pinctada Fucata in acqua salata, avvenuta nel 1920, da in quantità e poi? nica di coltivazione delle perle in molluschi della varietà fettura di Mei in Giappone. I primi esperimenti su larga scala di coltivazione erano già stati condotti a partire dal partito comunista. Dal 1993 ai primi anni 2000 le simultaneo di svariati fattori. Le perle australiane e zioni negli ultimi vent’anni che i precedenti decenni Beihau e Hepu (provincia meridionale di Guangxi) of- ottenute da un mollusco più grande, la Pinctada Ma- xima. La svolta decisiva risale agli ultimi anni del secolo appaiono quasi immobili e privi di significative evolu- bacini protetti di territorio e quello più moderno del- l’iniziativa privata di stampo capitalistico. La penisola di ciarsi dei primi concorrenti provenienti dall’Australia e colo scorso s’erano messe efficacemente a punto tec- stria delle perle ha conosciuto così tante trasforma- vernative che finanziano l’innovazione e la inoculano in Leizhou (provincia di Guangdong) e le insenature di dalla Polinesia Francese. Qui negli anni 60 e 70 del se- Il dato di fondo è di una semplicità disarmante: l’indu- Cina della rivoluzione industriale, dei due sistemi eco- nomici congiunti, quello centralizzato delle agenzie go- forma la prima industria mondiale delle perle coltivate. Il quadro si articola solo in tempi più recenti con l’affac- Calma piatta per lunghi decenni. Poi tutto cambia. Perché negli stessi anni una nuova potentissima pro- duttrice si affaccia alla ribalta perlifera mondiale. La ponesi in pregio. Le perle akoya cinesi le sorpassano prima zio della possibile crescita del ramo cinese dell’acqua della quota dell’export share che registrano il sorpasso in valore della Cina sul Giappone. Vale la pena di ricor- dare che un’indagine gemmologia perviene abbastanza facilmente all’identificazione del tipo di coltivazione (nu- cleata, d’acqua dolce o salata, multistrato etc.) ma non può con la stessa facilità determinare se una perla akoya (acqua salata) sia stata allevata nei mari del Giap- pone o della Cina meridionale. Questa constatazione di gemmologia preziosa 89 fatto sbarra il percorso a qualsivoglia processo di bran- che la pur esigua minoranza di questa massa assurgesse oggi potrebbe essere un nuovo e più definito punto di qua salata ( e talvolta con le South Sea). Ed ecco riaffio- ding all’origine, con l’inevitabile conclusione, che in effetti partenza per l’operatore.Ancora una volta l’origine geo- grafica non è di per sé stessa una certificazione di qualità. Il prodotto d’acqua salata cinese resta in larga misura mediamente peggiore di quello giapponese, ma spesso lo eguaglia e talvolta lo supera soprattutto nelle misure fino ai 7-7,5 mm.. Non ci resta che scrollarci di dosso gli attributi geografici per limitarci a quelli più propriamente Composizione export perle coltivate 2006 scientifici e cioè quelli che ci hanno insegnato e che val- gono da sempre: lo spessore della perlagione, la forma, il colore, la quantità di imperfezioni, la misura e la com- posizione del fili. Da questi parametri provengono delle risposte sicure.. Forse non potremo dire alle clienti se le perle che offriamo sono giapponesi. Possiamo dire loro con certezza che magari sono belle. Perle d’acqua dolce. Ed inoltre: prodotti coltivati inediti e nuovi trattamenti. Migliaia di imprese migliaia e migliaia di nuovi addetti hanno comportato un grande sviluppo all’industria della Composizione export perle coltivate 2009 coltivazione delle perle in Cina. Anche perché l’ammini- strazione pubblica ha incoraggiato i produttori garan- tendo loro un idoneo supporto finanziario per l’impiantazione delle imprese. Ed è così che nel corso degli anni novanta si realizza un ulteriore cambio strut- turale. Un nuovo tipo di ostrica, un essere ben robusto e gran lavoratore denominato Hiripsis cumingii, capace di ospitare molte perle contemporaneamente soppianta la Cristaria Plicata, meno redditizia e responsabile della scarsa sfericità delle perle freshwater lavorate sino ad allora. Da qui s’origina la grande escalation delle perle d’acqua dolce. In Cina lo sviluppo è stato vertiginoso: Andamento dell’export di perle in migliaia di US$. nel 2007 si sono raggiunte 1600 tonnellate di prodotto. Per la legge dei grandi numeri non poteva non accadere a livelli d’eccellenza tali da rivaleggiare con le perle d’ac- rare gli equivoci e le valutazioni di stampo geografico. Spesso gli operatori meno informati sono stati indotti a pensare che sotto il nome generico di perle cinesi ricadessero indistintamente le perle coltivate scadenti d’acqua salata e quelle d’acqua dolce. Sta di fatto che le perle d’acqua dolce hanno inondato il mercato in modo esponenziale negli ultimi dieci anni, scalando nelle misure fino ai 13 mm e raggiungendo incredibili livelli di sfericità. Come se non bastasse anche le perle, al pari della quasi totalità delle gemme che compongono il pantheon gem- mologico, sono state oggetto di trattamenti per miglio- rarne l’aspetto o il colore. La procedura di routine applicata tradizionalmente alla quasi totalità della produzione consiste in un leggero sbiancamento ottenuto me- diante immersione in soluzioni chimiche (perossido di idrogeno) contemporaneamente all’esposizione a luce ul- travioletta. Ma il boom delle perle tahitiane di colorazione scura (le uniche coltivate con questi toni) ha innescato una forte pressione sulla domanda. Ed ecco che il nitrato di argento ha preso ad essere spesso utilizzato per ot- tenere un’attraente colorazione scura da perle di scarsa o media qualità, per lo più d’acqua dolce. Da queste si producono - a mezzo di tinture coloranti organiche ed inorganiche - sgargianti variazioni di colore. Altro metodo spesso utilizzato è l’irraggiamento per esposizione ai raggi gamma. Nel caso delle perle di acqua salata si ottengono di solito colorazioni che vanno dal grigio al blu mentre le perle di acqua dolce virano ad una colorazione molto più scura e metallica presentando a volte una vistosa iride- scenza superficiale. Più raro il trattamento per ricopertura con cui si raggiunge un deciso miglioramento della lucen- tezza. Guardiamoci bene intorno, l’industria delle perle coltivate è in pieno movimento. * gemmologo IGI di Anversa ** consigliere Federazione Orafi Campani 90 preziosa gemmologia
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