“ Annunciare Chi è più Grande”

II Domenica di Avvento Anno B
07 Dicembre 2014
“ Annunciare Chi è più Grande”
Dal Vangelo secondo Mc 1, 1-8
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di
conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di
Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano,
confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno
ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava:
«Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di
chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con
acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
II Mt 3, 1-12; II Lc 3, 3-18;
MI 3,1
Is 40,3; Gv 1,23
=Lc 3,3
Gv 1,27
Gv 1,26.33; At 1,5;
11,16
“Viene dopo di me colui che è più forte di me”
Non è facile riconoscere e accettare che, nella vita, ci sono persone che sanno fare le cose meglio di
noi, che sono più preparate di noi, che sono più "forti" di noi. Questo lo avvertiamo maggiormente
quando abbiamo una personalità molto egocentrica, con un "io" marcato, anche con un certo
narcisismo che ci viene da una forte autostima, per cui accettare che ci sia gente migliore di noi ci fa
rodere dentro, e parecchio. Anche se non siamo particolarmente egocentrici e magari abbiamo una
scarsa considerazione di noi stessi, proviamo quantomeno un senso d'invidia, o un desiderio di
emulazione nel voler essere un po' più forti di quello che siamo, guardando a chi più di noi ha una
personalità spiccata e decisa. Insomma, chi è "più forte di noi" non ci lascia indifferenti, specie se vi
lavoriamo o viviamo a stretto contatto per più ore al giorno.
Desiderare di essere migliori di ciò che siamo non solo non è sbagliato, ma è anche legittimo e pure
oserei dire doveroso, se ci aiuta a progredire in umanità. Ma quando ci vogliamo sostituire agli altri,
pensando degli altri che sono capaci di nulla (o per lo meno che non lo sono quanto noi); quando
sfruttiamo la nostra grande o piccola notorietà per metterci al centro dell'attenzione; quando
cerchiamo di fare in modo che gli altri parlino spesso di noi, e possibilmente sempre molto bene, allora
forse è arrivato il momento di cambiare atteggiamento, di cambiare mentalità, di fare una "inversione
di rotta", o - come ci dice il Vangelo di oggi - di "convertirci".
Perché, pensando al battesimo di conversione per il perdono dei peccati mi è venuto da pensare
direttamente a quest'atteggiamento dell'egocentrismo e della superbia? Forse perché si tratta del
peccato delle origini, il peccato degli inizi e l'inizio di tutti i peccati; forse perché la vicinanza alla
Solennità dell'Immacolata, nella Liturgia della Parola che ascolteremo, pure ci richiama quell'evento.
O forse perché oggi questo richiamo alla conversione, al "farci da parte" per mettere al centro Dio
nella nostra vita, non è solamente dato da un insieme di parole, da una voce che grida nel deserto,
ma assume il volto, le sembianze, la vita di un testimone che ha fatto spazio a Dio nella sua vita; al
punto da scegliere, in maniera decisa e senza tentennamenti, di rinunciare a una vita di gloria, di
successo e di notorietà, per dare spazio, voce e tempo a uno più forte di lui.
Giovanni aveva un gran seguito di discepoli, e non perché fosse un soggetto originale nel panorama
d'Israele di quel tempo. Il periodo storico in cui Giovanni appare a predicare nel deserto della Giudea
è un periodo di forte spinta messianica, ovvero di predicatori che - in nome del compimento delle
promesse di Dio al suo popolo - si ergevano a possibili leader, cercando di radunare attorno a sé un
numero considerevole di discepoli che potesse costituire la base di un movimento messianico, spesso
ricco anche di implicazioni politiche volte a rovesciare il potere di Roma divenuto ormai insostenibile e
insopportabile. Giovanni, dunque, non era l'unico predicatore dell'epoca nella regione di Giudea: se
quindi accorrevano a lui da tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme, vuol dire
che qualcosa di particolare l'aveva.
Certo, agli occhi dei più attenti non passava inosservata la sua somiglianza con Elia, e ciò rendeva il
pensiero su di lui interessante e intrigante, dal momento che ogni israelita sapeva che il ritorno del
Messia sarebbe stato preceduto dal ritorno sulla terra del profeta di Galaad (come ricorda
esplicitamente il profeta Malachia). Ma ciò che colpisce di più rispetto agli altri predicatori messianici
è certamente il contenuto del suo annuncio. Le prime parole di Giovanni secondo il Vangelo di Marco
non sono rivolte ad annunciare se stesso o il proprio programma spirituale o politico, ma hanno il tono
solenne di preparare l'arrivo di qualcuno di più importante di lui. Giovanni lo afferma per ben tre volte:
"Viene...colui che è più forte di me; io non sono degno di chinarmi per slegar il legaccio dei suoi
sandali...egli vi battezzerà in Spirito Santo".
Questo è un annuncio decisamente nuovo: ed è proprio questo, paradossalmente, che fa la fortuna
della predicazione di Giovanni. Chi cercava fama annunciando se stesso non è ascoltato, a scapito
di chi accetta di farsi da parte e di annunciare qualcuno più grande di lui, sul quale crea aspettative,
desideri, anse, attese... tutte cose tipiche di questo tempo di Avvento.
Ma cose tipiche anche di chi ha capito il senso dell'essere discepoli e testimoni: annunciare la
salvezza e la misericordia di Dio, attirare a sé il maggior numero di persone, e poi farsi da parte perché
esse possano incontrare lui, consolazione del suo popolo, come ci ricorda Isaia nella prima lettura.
E guardate che quest'atteggiamento, tra coloro che si dicono discepoli e testimoni del Signore, non è
poi così scontato come sembra. Quell'egocentrismo e quel narcisismo di cui parlavamo all'inizio e che
ci portano spesso a voler essere messi in primo piano sono molto presenti anche nella testimonianza di
fede, nella vita di noi cristiani, soprattutto di noi che abbiamo consacrato la nostra vita a Dio.
Quante volte ci gloriamo di aver ottenuto grandi risultati in un'attività pastorale per via delle nostre
capacità; quante volte attribuiamo a noi stessi l'incontro con Dio di persone che erano lontane da lui
e che con la nostra testimonianza si sono riavvicinate alla fede; quante volte facciamo coincidere la
crescita del Regno di Dio con il buon esito delle iniziative da noi ideate... tutti questi atteggiamenti
sono in evidente contrasto con quella conversione del cuore a cui Giovanni ci chiama e di cui lui è
stato in prima persona testimone. Avrebbe potuto benissimo sfruttare la propria popolarità e i propri
evidenti contrasti con la classe politica di quel tempo per costruire intorno a sé onore e potere: e
invece "regala", "consegna" al cugino Messia non solo la centralità della scena e della popolarità, ma
addirittura i suoi discepoli, certamente conquistati e formati con fatica.
A questo sa giungere l'animo di chi ha capito di non essere "come Dio", così come il serpente ha
voluto fare credere all'uomo e alla donna nel giardino dell'Eden.
E se quel giorno in un giardino rigoglioso l'avversario di Dio riuscì nel suo intento, oggi il suo testimone
fedele nell'aridità di un deserto prova con tutta la forza dello Spirito di Elia a fare andare in
controtendenza l'umanità.
È un cammino appena iniziato, che mette in discussione anche l'orgoglio di ognuno di noi: la sfida
continua.
(omelia di Don Alberto Brignoli)
Dio ci ha donato dei Talenti da metter a servizio Suo per i fratelli.
Ringraziamolo per questi doni, riconosciamoli nella nostra vita ma
ricordiamo tutti i giorni di affidare a Lui il nostro operato. Buon Cammino!