Cooperazione allo sviluppo. La Peer Review OCSE-DAC: Italia “rimandata a settembre” ? Il Vice Ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, accompagnato dal Direttore Generale della DGCS (Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo) del Ministero degli Esteri (MAE), Giampaolo Cantini, ha partecipato, lo scorso 26 marzo, a Parigi, alla discussione della Peer Review sulla cooperazione allo sviluppo italiana nell’ambito del Comitato per l’aiuto allo sviluppo (DAC) dell’OCSE. La discussione concludeva il processo avviato con la missione a Roma ed in Albania del team degli esaminatori OCSE-DAC lo scorso ottobre, nel corso della quale erano stati prese in considerazione le politiche, le strategie e gli strumenti, e le modalità operative della cooperazione italiana. Ogni anno l’Italia, in virtù della sua appartenenza all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è, infatti, tenuta a notificare al Comitato Aiuto Pubblico allo Sviluppo (DAC) della stessa organizzazione i dati nazionali sull’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (Aps). Il compito di raccolta, elaborazione e notifica di tali dati spetta alla DGCS del MAE. Il gruppo degli esaminatori è stato costituito dai delegati di Spagna e Svezia (paesi membri del DAC), dai funzionari dell’OCSE e da rappresentanti della Lettonia, in qualità di osservatore (paese non membro). Secondo una nota diffusa dal MAE, “i valutatori hanno espresso grande apprezzamento per i cambiamenti in atto nella Cooperazione Italiana e recepito con soddisfazione l’inversione di tendenza negli stanziamenti. Il Comitato dell’OCSE ha fornito una serie di raccomandazioni, al fine di contribuire a favorire un approccio sempre più ispirato ai principi dell’efficacia e della trasparenza dell’aiuto allo sviluppo e per migliorare, sulla base delle esperienze condivise, il futuro quadro normativo italiano”. Dal canto suo, il Vice Ministro Pistelli ha dichiarato: “Prendiamo molto seriamente l’esercizio della Peer Review. Rappresenta un elemento fondamentale della strategia che guida la riforma del sistema di cooperazione”. Con riferimento al disegno di legge di riforma all’esame al Parlamento, Pistelli ha sottolineato che ”nel corso della prossima Peer Review, OCSE DAC potrà valutare un nuovo toolkit che regolerà la cooperazione italiana”. “La Peer Review DAC non finisce oggi. È un processo in corso e continuo che vede l’Italia fortemente impegnata”, ha dichiarato, invece, il Direttore Generale, Cantini. Al di là dell'ottimismo dei rappresentanti del governo, il documento dell'OCSE (vedi in allegato il testo inglese) parte dalla verifica dell'applicazione delle raccomandazioni della precedente Peer Review, del 2009, constatando che solo tre di esse (il 18% del totale delle raccomandazioni) sono state implementate; 10 (pari al 59%) sono state implementate parzialmente e 4 (24%) non sono state affatto implementate. Tra queste ultime, non risultava implementata l'indicazione strategica di “approvare, come questione di priorità, una nuova legislazione sulla cooperazione allo sviluppo”, ma il governo ha potuto, proprio pochi giorni prima la discussione di Parigi, presentare almeno il risultato del disegno di legge per una nuova normativa in sostituzione della legge 49 del 1987. Le altre raccomandazioni della Peer Review del 2009 che non risultano implementate riguardano la mancanza di un quadro strategico coordinato e congiunto sugli interventi multilaterali tra Ministero degli Esteri e Ministero dell'Economia (MEF); la mancanza di un'efficace strategia, di comune accordo con le organizzazioni della società civile, per far crescere la consapevolezza dell'opinione pubblica sull'importanza e il ruolo della cooperazione allo sviluppo; e la crescita del volume e della programmabilità e prevedibilità dell'assistenza umanitaria, anche consentendo alle Organizzazioni Non Governative (ONG) di operare con maggiore prontezza, efficacia e continuità nei contesti di crisi. Per quanto riguarda la “inversione di tendenza negli stanziamenti”, la Peer Review nota che, se l'Italia rimane impegnata a raggiungere l'obbiettivo dell'ONU dello 0,70% del PIL come aiuti allo sviluppo (Aps), questi hanno subito un pesante declino tra il 2008 e il 2012, scendendo da 4,86 a 2,74 miliardi di $, che rappresentavano lo 0,14% del PIL (contro lo 0,22% del 2008), scendendo dall'ottavo al 12simo posto tra i paesi DAC. E' stato mancato, quindi, l'obiettivo europeo dello 0,51% entro il 2010 e le promesse del governo per risalire allo 0,28-0,31% nel 2017 rappresentano il mancato raggiungimento dello 0,70% nel 2015, come definito dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio approvati dall'ONU. A parte il quadro quantitativo, numerose sono le raccomandazioni dell'OCSE-DAC anche in questa Peer Review 2014, a partire dalla necessità di superare i mancati progressi nella “coerenza delle politiche per lo sviluppo” e di individuare chiari meccanismi di “monitoraggio, analisi e rendiconto” di questa coerenza politica, anche facendo tesoro delle competenze di ONG, istituti di studio e di ricerca. L'OCSE indica ancora la necessità di un approccio coordinato e di un quadro strategico di intervento a livello paese, con regole più chiare per gli investimenti privati, che superano abbondantemente gli APS, e ricevono agevolazioni e incentivi pubblici (ad esempio attraverso la SIMEST) senza una chiara e coerente valutazione e regolazione politica. L'assenza di un preciso quadro strategico si riscontra ancora – secondo il rapporto della Peer Review – nella scarsa capacità di concentrare risorse e obiettivi, sia per paesi, che per settori, sia nell'ambito delle iniziative multilaterali. Per quanto riguarda il quadro operativo della cooperazione – in attesa dell'auspicata nuova legge – l'OCSE-DAC invita l'Italia ad “affrontare le preoccupazioni relative ai costi di transazione, alla frammentazione istituzionale e alla relazione tra la direzione centrale e gli uffici locali della cooperazione”, anche prendendo in considerazione esperienza di altri paesi OCSE; così come ad un migliore utilizzo delle capacità tecniche e professionali del personale coinvolto. Altre raccomandazioni riguardano la continuità e prevedibilità dei bilanci, della programmazione e delle risorse finanziarie; la definizione, su questa base, di partnership più stabili e coordinate con le ONG; maggior coordinamento dei soggetti che intervengono e in relazione coi i paesi partner; un intervento più strutturato e più efficace nei contesti degli “Stati fragili”; maggiori risorse (superando i limiti della scarsa programmabilità di quelle legate ai “decreti missione”) e un più forte quadro e legame strategico per gli interventi umanitari. Da ultimo, ma non ultimo, rimane la raccomandazione a sistemi più efficaci e responsabili di verifica dei risultati e del raggiungimento degli obiettivi.
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