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LA
FRANCESCO
GIOVINEZZA
DE
SANCTIS
GIOVINEZZA
LA
r»i
RANCESCO DE SANCTIS
FRAMMENTO
AUTOBIOGRAFICO
PUBBLICATO
DA
VILLARI
PASQUALE
NAPOLI
GAV.
ANTONIO
MORANO,
1881)
EDITORE
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della
Mh
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TS
Tip
\.
N
AD
ingelolamillo
Mio
Io
non
Caro
avrei
questo libro,che
le
leis
Camillo,
il diritto di dedicare
non
è
alcuno
ad
mio,,ed in ogni caso
avrei
Ma
ho pensato che la
prima interrogarti.
tua
veneraTJonepel De Sanctis, la tua grande
modestia ti avrebhero indotto a porre innanTJmille
dovuto
dubbi, e forse mi
Da
un
avresti
costretto
a
mutar
siero.
pen-
Sanctis discorre
altro lato,qui il De
della sua
scuola, e venendo agli
principalmente
alunni,si ferma a descrivere il tuo carattere, e
ti presenta ai
la
E
lettori,
qualeveramente
come
fosti,
di essa.
pilicompiutae schietta personificaTJone
dunque lui stesso che ti dedica il suo libro.
Molti anni sono
passatida queigiornifelici,
e studiammo
pienidi speran:;e,nei qualivivemmo
insieme. Quanti dei nostri cari compagni sono
morti! Ma
fra coloro che restano vivi tu sci
j
sempre quelloche serba
della scuoia. Tu
ancora
più
fostial
intatta F immagine
maestro
il
più
il
caro,
nei
duri
della
giorni
domani
il
vivere
a
si
tratto
un
del
incerto
povertà,
sua
volte,
Quante
d'esilio.
fido compagno
più
come
indosso
trovò
,
del
che
amica,
mano
Si
dell'esilio.
età,
per
t'abbiano
serbi
innanzi
di
conculcata,
il
pane
scarso
risuonano
ai
salti
antico
da
se
tuoi
subito
lare
cancel-
i
e
la
verità
la
come
tua
o
voce,
nei
disinganni
di
bandiera,
anni
quaranta
forse
sventola
vecchia
negata
di
l'animo.
del-
gioventù
momento
un
molti
parlare, può
malanni
vigore:
capo
la
viva
occhi
la
di
innan:(i
ti sente
i
Ma
difendere
tu
tuo
chi
gli anni,
piegato.
si tratta
lo
la
era
questi fatti
più
più
ti vede,
che
ripigli
sebbene
tu
Chi
credere
lui
con
dimmi,
possono,
oggi,
Ancora
nuovo
divideva
quale
mai
seppe
memoria?
dalla
noi
Né
dimenticatoi
d'aver
credeva
distratto,
egli, sempre
che
danaro,
la
e
giuslÌTJa
indietro,
la
giorni
tua
in
e
rola
pacui
del
le ombre
morti
La
del
i
agita
di
essere
vero,
l'uomo
lo
deve
del
che
E
carattere.
—
la
della
e
il
governo,
un
della
quale
società,
buona
vita,
ci
a
io
ancora
Lo
la
stile
sincero,
dello
la
come
stile
dignità
che,
sotto
mille
modi
come
l'annuncio
parola
il
deve
—
parole,
ci arrivavano
si
stretto,
eleganza
in
bruna
Sanctis,
pugno
queste
cercava
come
De
cittadino
nel
è
che
riappariscono
del
essere
La
la
sorge
quale
ripete:
deve
novella,
sento
noi
col
onesto.
ciò
sala
lampada
alla
egli
tombe,
della
a
pagni,
com-
loro
luce
baffi ispidi
scrittore
essere
dalle
vecchia
dimagrato,
ed
cari
più,
nella
dinanTJ
i
vedere
di
là
sopra
e
nuovo;
nell'artista
è
di
braccio
cui
fioca
E
occhiali
grossi
il
volta.
nostri
sorgere
nuovo,
alla
cattedra,
dei
e
allora
pare
patria,
di
dalla
alta
e
la
Bisi,
Vico
pende
Vista
per
circondarti
e
Mi
applaudivano.
ti
tanto
della
fremito
che
rompere
cor-
verità
inva-
deva
la
tutta
morio,
scolaresca.
di
come
la
per
e
puoi
nostri
ricordare
che
i
si
tuo
da
il
bene
cosi
animi,
me^p
inor-
mosso
però
sorriso,
dei
gioia
raccoglievano,
al
Non
inconsapevole
tacito,
sordo
quel
improvvisamente
mare
inaspettato?
vento
Ricordi
tuo
meva
espri-
quali
in
te
ricongiungevano
maestro.
Pensando
di
di
sopra
te,
prima
tutto
a
mano,
ed
il
ho
tuo
libro
da
movendosi
avuto
Scusa
nome.
ma
il
mi
di
tempo
dunque,
continua
se
ad
è
stesso
se
come
appena
interrogato,
il
questo,
gito
sfugverso
scrivervi
t'ho
non
amare
Il
P.
sempre
VlLLARI.
tuo
si
PREFAZIONE
Io
solo
le
quando
,
ed
degli occhi,
malattia, che
era
Il
De
lentamente
Pubblica
di
Sanctis
Memorie,
leva
vo-
le
ma
da
una
ribelli
ad
era
sua
uso
alla
ogni
cura,
^li-
ancora
Istruzione
cominci
in-
grave
lo condusse
colpito quando
avevano
nistro
già scritto
un'autobiografia,
oppresso
Questi mali,
tomba.
ho
è
su.e
sto
Que-
negli ultimi anni della
avexa
quasi perduto V
solo
vita
il lettore.
come
franmiento.
un
lasciarci
lo
illudere
piccolo volume,
frontespizio,non
sul
è
debbo
non
fiirono
e
,
non
ultima
a
meglio
fra
le
cagioni
ritirarsi. Andatosene
attendere
casa,
indebolito
alla
coll'animo
e
a
salute
sofferente
queste
qualche
Memorie.
Napoli,
nella
col
oppresso,
,
trovare
lo costrinsero
che
sollievo
E
di
pensò
nel
cominciò
per
pria
pro-
corpo
poter
compilare
a
dettarle
nipote Agnese, la
giovane e buona
eglidiceva^
quale fu d'allora in poi,come
la sua
la sua
ed anche
tuosa
affetsegretaria,
la moglie in
infermiera
aiutando
questo pietoso ufficio.
fu
dal
Il manoscritto
poi riveduto
De
Sanctis
e
come
quando poteva. Vi
in fatti,
si trovano
j)iùvolte,correzioni di
mio debito non
e però io stimai
sua
mano;
In
alterazione.
qualche
portarvi alcuna
ner
luogo mutai la punteggiatura,per ottemaggiore chiarezza,e mutai qualche
frase o parola assai raramente
quando
cioè si trattava
di vere
vertenze.
e
proprie inavnella
In tutto il resto riprodussi
1' originale anche
fedelmente
stampa
assai desiderabile
stato
quando sarebbe
alla
,
,
,
,
che
l'autore
Lo
stile
e
e
ricordano
vengono
r armonia
e
che
frammento,
il
,
noi
ma
quale
volte tradiscono
non
qui
molte; parole
in tanto
forma
abbiamo
spesso
potè
mo.
dell'ani-
i dialetti del
di tanto
della
derlo.
rive-
nuovo
linguapiù
disuguaglianzesono
frasi,che
vero
la
di
la stanchezza
veramente
Le
potuto
avesse
zogiorno,
mez-
a
bare
tur-
italiana. Il
solo
non
anche
ricevere
un
un
zo
abboz1' ultima
XI
dall'autore. I fatti non
mano
narrati
con
ritoma
su
assai
rado
sempre
sono
si
ordine
cronologico
; spesso
quelloche già si è detto, e
date
vi si trovano
di mesi
di
di
o
dosi
porvele trattannoti agli
fatti privati
e poco
facile
sarebbe
anni; ne
,
spesso di
altri. Il De Sanctìs
comincia
a
discorrere
infanzia,sulla quale scende a
di famigliatroppo personali,
particolari
che perciònon
di molta importanza
sono
de' suoi
per il lettore. Viene poi a parlare
della
sua
studi
giovanilie
alla
arriva
finahnente
,
scuola
da lui
lungo,e con
politicanon
fondata, sulla quale si fenna
a
finisce. Della
essa
vita
sua
que,
parola.Chi, adunsolo di ciò volesse saper qualche cosa,
farebbe
meglio a chiudere il libro.
che del
il professore,
Qui c'è solamente
rimase
il carattere
resto
minante
predosempre
stessa
chrei quasi la personalità
del De
e' è
una
Sanctìs. Non
la storia dello
vi troviamo
neppure
giacche quando
si fermano, eglinon
ave-
scrittore
,
queste Memorie
\ a
scritto
solo
de' suoi
Confesso
quando
la
sola delle
una
Saggi
che
per
sue
opere
un
,
critici.
tutte
vedova
signoi-a
queste ragioni,
De
Sanctìs mi
XII
fece r
di mandarmi
onore
invitandomi
il manoscritto,
quanto
pubblicarlo io esitai alpensando che la generaleaspettativa
a
,
sarebbe
e
sapendo
non
si veniva
a
sa,
parte deluquesto lavoro
in gran
stata
se
con
di molto
crescere
la fama
terari
let-
dell'autore. Pure, dopo averci ben
consultato anche alcuni
pensato, e dopo avere
decisi
amici,mi
in
forma
a
E
pubblicarlo.
ramente,
ve-
alla trascuratezza
mezzo
di
ta,
neglettao abbandonacon
contrasto,
risplendono,
singolare
alcune pagine d' una
quenza
evidenza,d' una eloe
vigore tali da farci toccare
una
con
mano
essere
un
essere
spesso
il De
Sanctis,oltre ad
critico eminente, potesse anche
come
un
artista. Ed
vero
in fatti fu
questa qualitàappunto, quellache
a farne
poco
Così solamente
originale.
non
avere
critico tanto
un
eglipoteva,dopo
te
esaminata,giudicataun'operad'ar-
ricostruirla
,
mettendo
sotto
,
occhi, con
mirabile
critica
2:"osizione
di
e
tribuì
con-
essa.
e
i nostri
evidenza, la decomla
artistica
ricomposizione
In ciò sta tutta
la
sua
vera
propriafisonomia di scrittore.
Ma v' è anche qualchecosa
di più.Seb-
XIII
—
bene
in queste Memorie
abbondino, come
ho già detto, particolari
di troppo secondaria
chi le
importanza,pure
attenzione,vi
trova
legge con
dele,
ritratto assai fe-
un
della
direi quasi,
fotografia,
una
vita che
si
allora nel
menava
d'Italia. Vedrà
quanto
essa
sera
mi-
zogiorno
mezera
vuota, prosaica,opprimente e deprimente.
E
che
vi troverà
era
colà
solo che
anche
il
ritratto di ciò
un
privatoinsegnamento,il
vi fosse allora
le illusioni intorno
fra di noi. Tutte
esaltato
quel tanto
a
insegnamentolibero,fecondo, originale,
cadono
dinanzi
fatti,
quale ce
che
certo
Ma
esse
furono
prosaica realtà dei
descrive il De Sanctis,
alla
la
doveva
buon
esserne
cadono
pur troppo ,
cagione di errori funesti
,
nel
irreparabili
e
ordinamento
nostro
Nessuno
studio
di matematiche
foi*se
versita
uni-
nato
regolare,ordi-
di scienze
,
di
giudice.
dopo che
naturali,
di classici antichi nelle scuole secondarie.
storia,
E, se si fa eccezione di tre o quattro
molto
uomini
davvero
eminenti,non
diverse
dai
erano
le condizioni
mento
dell'insegna-
il quale si cominciava
superiore,
alcuna
sufficiente pregiovanisenza
XIV
vano
questo s' aggiungeletture scarse
noscenza
coe disordinate,
non
di linguemoderne, non
giornali
parazione.A
In tutta la vasta città
politici.
Napoli,il De Sanctis riesci appena a
letterari
di
tutto
trovare
o
un
solo Caffè
dal
lontano
tro
cen-
,
mente
frequentatoperciòquasi esclusivanel quale
da negoziantiforestieri,
tico
poteva leggerequalche giornalepoli,
si
francese. È
,
angusto
un
orizzonte
che
soffocante
,
così ristretto
ricorda
la
,
Margheritadel Fausto^ quando, inginocchiata
nel
vede
duomo,
lacerata
le nuira,
sentendosi
mancare
avvicinarsi
volta
,
e
dai
rimorsi,
abbassarsi
la
esclama
:
,
,
Aria!
Ma
tali condizione
a
mai, in mezzo
ingegnicosì
appunto, si formarono
critica così originale
e
una
elevati,
larga
come
quelladel De Sanctis,innanzi alla
tica
quale riesce meschina e pedantescala cricome
che
d' Italia
,
contiimava
dove
a
prevalerenel
di coltura
i mezzi
resto
erano
gegno?
maggiori,e non punto minore l'inEcco quelloche queste Memorie,
farci
sono
a
incompiute come
vengono
comprenderemegliod'ognialtro libro che
tanto
,
XV
primo insegnante che a n(3Ì
qui si presenticon una fisononiia propria,
Basilio Puoti. In fondo egli
è il marchese
si
conosca.
è
un
Il
della scuola
retore
minore
con
Non
cultura
e
del Padre
minore
ri,
Cesa-
ingegno.
scienza,ne vera
critica letteraria. Disprezza le letterature
ratura
lettestraniere
quasi tutta la moderna
insegnane
ne
storia,
,
italiana. Nella
e
si studiano
scuola
sua
i Trecentisti
si
gono
leg-
ed alcuni
si traduce
con
pochi dei Cinquecentisti;
eleganza qualche brano d'autore latino.
Ecco tutto. Eppure questo nobile e venerabile
na,
signoredi antica famiglianapoletache liberalmente apre il suo palazzoa
tutta la gioventùstudiosa,dedicando, con
un
mirabile
ad
un
insieme
la
disinteresse,
vita intera
lavorando
insegnamento gratuito;
coi giovani,
che ama
come
tigli,
finisce coir esercitare
autorità intellettuale
un
sua
vero
movimento
su
e
di essi
una
tale
morale, che produce
letterario. L'ammirazione
pei nostri classici,
per la nostra
lingua,fu in lui una passione,che infuse
di essi,
ne' suoi alunni, e che, per mezzo
dalla capitalesi [u-opagòpoi nelle province.
XVI
questa scuola
A
evidenza
che
ci descrive
incominciò
con
,
il De
ed
venerazione
con
grandissima,
affetto,si formò
che
—
Sanctis. Fu
dirozzare
il
essa
spirito
a
dargliqualche sentore d' eleganza
letteraria e di forma italiana,
in tempi nei
qualitutti imitavano gliscrittori francesi,
a
suo
,
studiandoli
o
spesso nelle cattive traduzioni,
i nostri scrittori del secolo passato,che
ni.
anch' essi più francesi che italiaparevano
Ma
è singolareche di questa scuola
del Puoti
sia in lui rimasta
non
non
traccia,
delle
buone,
ne
nessuna
delle cattive
di
Ciò che eglipiù.
qualitàeh' essa aveva.
tutto disprezza,
sono
quellegrammatiche,
quellerettoriche quei dizionari,su cui
,
tanto
speso. Ciò di cui
è lo studio della lingua,
tempo
si cura,
forma.
pura
aveva
Ciò
che
costituisce
meno
come
il
suo
è la sponprincipaledi scrittore,
taneità
e naturalezza,
quelloappunto che
merito
assolutamente
sostanzialmente
mancava
,
alla scuola
del Puoti.
Ma
al Puoti
egli
pure moltissimo,perchè da lui fu
da lui prese
ispiratoall'amore delle lettere;
apdovette
a
un
come
l'insegnamento
risguardare
nobile,un
sacro
e vi si dedicò
ufficio,
XVIII
a
pensare,
lavorare
così
indipendenza,
il maestro.
I suoi Saggi
scaturì più tardi la sua
come
gli scolari,
critici,
Storia
da
cui
con
della letteratura
scaturirono
essi
,
stessi da queste
s'andarono
il carattere,
Di certo
nelle qualiveramente
lezioni,
determinando
la forma,
della
l'originalità
ciitica.
sua
molte delle teorie letterarie che
allora ci esponeva
il De Sanctis
che
e
,
in queste Memorie, sasi rìtrovano ora
rebbero
oggi (cosìdice eglistesso) dei
frutto
luoghicomuni ». Ma quando erano
della sua
ri,
propriameditazione sugliauto«
noi le vedevamo
e
nascere
e
formarsi
nella mente
del maestro, che le esponeva
scienza
quellaeloquenzache viene dalla co-
con
d'
come
una
una
scoperta
,
miova
esse
ci
vano
appari-
rivelazione
,
e
la
profondaimpressioneche producevano in
j
noi,stimolava potentemente la iniziativa
E se
del nostro
pensiero.
originalità
in Italia co
si riflette,
che già do\ unque
di studi,e si
allora un
minciava
risveglio
avvenire
d'un nuovo
sentore
aveva
poli
tutto il magico
tico si capiràfacilmente
effetto di quellelezioni. E così in queste
Memorie, senza
(piasiche l'autore se lo
e
r
,
XIX
al
se
o
proponga
si
da
cui
risorgeva
vediamo,
con
critiche,
principale,
che
solo
non
conseguenza,
in
ma
ancora
me
co-
di
lora
al-
fosse
rie
teo-
nuove
forse
in
parte,
e
di
sentimento
un
Noi
mano,
letterario
risorgimento
teraria
let-
novella.
vita
tocchiamo
quasi
questo
decadenza
una
a
fa assistere
ci
avveda,
ne
con
processo
—
parte
rale
mo-
col
rinnovamento
intellettuale
alla
redenzione
politica. Certo,
,
preludeva
così
noi
per
era
tempio,
un
si
Tutto
ciò
viene
in
tale
nobile
una
formavano
quale
un
pel professore,
come
la
per
io
cuore
Memorie,
davvero
sono
storia
nostra
credo,
un
valore
,
Firenze,
19
palestra,
e
Novembre
la
nella
mente.
evidenza
grande
con
queste
aspetto,
avranno
il
la scuola
le
quali,
assai
scritto
desotto
tanti
impor-
letteraria, ed
permanente.
1888.
P.
Villari
S^^sl
CAPITOLO
PRIMO
NONNA.
MIA
sessantaquattroanni (I),e mi ricordo mia
Ho
morta
come
nonna,
cucina,vicino
accostando
seduta.
Aveva
Uno
e
po'lo
un
,
era
le mani
foco,con
al
Spesso pregava
stese
sul
scanno
,
diceva
e
darsi
scal-
a
quale
il rosario.
due pretie due ammogliati.
quattro figli,
in
era
Napoli
si chiamava
scuola
teneva
Carlo ;
gli altri
esiliati per le faccende
erano
zio
papà, che
Mia
Peppe
stava
e
a
era
nonna
la bilancia
si faceva
di
lettere
,
Roma
I
la ricordo in
ieri. Me
pur
due
del
stavano
a
Ventuno, ed
zio Pietro ; il quarto
casa
e
si chiamava
il capo
uguale tra
della
le due
era
dro.
Alessan-
casa
,
neva
te-
e
e
famiglie,
ubbidire.
Giovannino
Ciccillo
e
primogenitierano
io. Si stava
ero
allegrie si faceva il chias,
eh'
(1) Nacque il 28
marzo
1817, in Morra
Irpioa
Provincia
,
d'Avellino.
D«
Stnetii.
I
2
—
so, correndo
di
a
per 1' orto, e 1' inverno
la
allegria
noi
guida
un
malizioso
vociare
la
sotto
,
cugino,già grandicello
ogni giorno inventava
che
trastullo. Si
lotta,alla
cotal
lato ; 'chiamavo
opposto
là tutta
tutto
lo
1' attenzione
gittavogiù. Mi
usavo
lo sforzo da
dell'
poi d' improvviso urtavo
e
e
schiena,a
cieca. Io nella lotta
facendo
malizia,
,
giocava alle bocce,
corsa, al salto sulla
a
nascondersi,
gatta
dal
facevano
un
versario
av-
lato
chioni,
gli oc-
capivanoperchècosi mingherlino
vincere. E Costantino,
quando si vedeva
e
dovessi
per
fanciulli si univano
gran
,
qualche nuovo
una
riempiendo
di Costantino nostro
e
alla
Molti
casa.
si faceva
e
,
—
non
si levava
terra
tutto
,
rosso
e
mi
dava
di
pugni.Alla corsa poi andavo cosi in furia
mi giungeva nessuno.
Parecchie
che non
ore
si passavano
a
scuola,e Pietro Donato eh' era
il maestro, e e' insegnavaa declinare e coniugare,
ci dava le spalmate,e ci prendeva per
gran
il collo
dì che
nonna
quando
non
a
si voleva
si facesse
correrci
scappare.
qualche
dietro;e
le orecchie. A
me
perchèdiceva eh' io non
mi stavo
e
quieto: e in
Non
rottura
,
ci strillava
voleva
c'era
un
rompevo
e
gran
mai
verità innanzi
e
la
ci tirava
bene,
niente
a
lei fa-
il santo,
cevo
mi
non
naturalmente
e
se
movevo,
Ciccillo
la
se
nonna
non
Giovannino;
a
niente
Giovannino
casa;
Giovannino
di qua,
la
era
verità.
tavola,
in
stavo
e
e
bene;
ma
i
diceva:
sa
zio Francesco
che
Parlavo
papà,
e
spesso
che
il pane
correre
poco,
che
era
volevano
cosi
si
vociare
e
stìo,
re-
mangia.
con
stantin
Co-
con
la faccia malinconica.
avevo
in
!
mano
dava
gri-
allegroe turbolento,
uomo
si mescolava
ne
la dama
o
questo libro
con
me
Marta
vedevano
fare il tric trac
,
Sempre
mi
mi
in
stupido,e Costantino
uno
neppure
piacevapiù
di là. Ed
metteva
mamma
che
compagni
Non
Giovannino
e
chiamavano
mi
Mi
Nonna
di
servizi
leggere:facevamo
a
fa
non
io
piattie bottiglie,
cantuccio
Maddalena.
fa tanti
zita
stiz-
di Giovannino
Ciccillo
Giovannino
Quando
rompeva
un
la madre
e
che
è
e
,
niente! diceva
mai
rispondeva: Gli
mai
dete
dagli altri. Ve-
mosso
rompe
e
tranquillo
ero
fanciulli
coi
fare
a
il
chiasso.
Tra
i miei
a
nostro
cui
piccoliamici
volevo
vicino
,
a
faceva
trovare
la
era
sua
un
Michele
bene
gran
figliod'
visitarlo,e
spesso
un
v'
ed
,
contadino.
mamma
ìnigliazza.Quei
bardi,
Lomera
un
Andavo
Rachele
cibi
mi
gros-
4
—
—
solarli e
quellemaniere alla buona mi piacevano
assai,e stavo più volentieri e mi sentivo
a
turale,
quella gente tutta alla napiù io in mezzo
che in mezzo
ai galantuomini,
coi quali
dovevo studiare i modi e le paroleper non
rere
pamale
un
A
anni
nove
ci
Napoli,me
a
la tenne
grande,e
di festiviella ci
Nei
stavamo
testa
capo
Non
Avemarie.
,
con
e
in
le mani
E
Dio.
cospettodi
croce.
fai? Fo
disse: Che
il lazzarone.
da
galantuomo e
ridendo.
E
non
io mi
inginocchio e
,
non
mi
di volsi
a
me
ufi
in
venne
che
e
quella
di
maggiore umiltà
posi lungoper terra,
mi
nonna
guardò
dicando
inquello,diss'io,
come
da
mi
parendomi
E mia
Ma
Noi
giunte e la
lei. Un
come
star cosi disteso fosse segno
al
ci faceva
disteso per -tèrra
so
lo stesso
di fare
mesi.
messa.
vidi vicino
e
tutto
stava
due
chiesa,e
mani
a
per lei
aveva
sentire la
e
testolina
mia
lazzarone,che
diceva
a
le
con
ginocchioni,
bassa,pregando accanto
po'la
un
Giovannino,
seco
menava
fare le orazioni
allegra.La
e
zio Carlo. Lo zio
consegnò a
venerazione
vita
passò questa
ci condusse
nonna
e
educato.
tu devi
pregare
Iddio
lazzarone,disse ella
feci tutto
rosso,
dimenticai
e
mi
rimisi
più quel
riso
6
—
cinque classi
—
tutte
disposte
stavano
stanza, le prime due
più numerose
le altre
e
r
ai lati ,
tre
nel mezzo,
insegnava a tutte,
S' incominciava
dopo 1' altra.
una
zio
degli scritti; poi e' era
e
la
memoria
a
Si
Cornelio
Tacito.
Un
che
e
greci,con
certo
un
sino
nipote menava
molto
Zio teneva
e
di
puoi leggere
se
voglia di leggere
matta
,
pochi mesi
in
con
comune
avevo
Una
e
volta
tanto
ingolfai
fu
un
che mi
gran
veniva
commedie
Si
tutti
chiuso nella mia
stavo
e
un
a
e
mana
la Storia Rolui ;
sarai
ma
zitto,
e
ma
una
avevo
quei volumi.
da
non
giunto
in segreto mi
cameretta
E
cassone.
quando
classe. Io stetti
alla terza
e'
Tucidide
a
Crévier,disse
non
sie.
poe-
quest'ordine.
a
,
e
il
tori
lunghi di scritordine,che da
giornovidi molti libri in
libri son
questi? dissi. Sono
di Rollin
la
assai
rezione
cor-
ultimo
in
grammatiche,storie
spiegavanobrani
latini
la
con
la costruzione
testi latini ;
spiegazionedei
recitare
nella stessa
Me
vorai
dine
che
letto,
Giovannino,e leggevo,leggevo.
mi capitòil Telemaco, e mi
che
dimenticai
,
ridere in
nelle
casa.
il
mangiare,
Leggevo
tutto
ciò
mani, soprattutto tragedie,
romanzi.
della
meravigliavano
mia
memoria, per-
cbè, letto
lungo
ripetevotutto
,
filo
per
memoria
del
segno
per
ficcarci
le
del Falconieri
,
,
le ariette del
In
vincevo
queste gare
Spesso
sentiva
In
mi
intendeva
Giovannino
febbre
quella prima
secreto,
a
di
Carlo
Bosco,
quel
uomo
dotto
Giovannino
un
povero
alla
r
a
me
e
ad
me,
e
buono
diceva
io solo
il
che
del mio
compagni
dimorava
A
! E
che
noi
ne
noi,
con
la
pareva
Come
nuovo.
Anny,
Leggevamo
alcuni
Araaduri.
Tressilian
rono
capita-
delitto. Giovannino
un
mondo
bella
lettura ci
Scott.
Walter
fosse
come
rivelazione di
per
cose.
di
meglio
di
qualche pensionistache
come
alle parole,
finamente.
più
lesse il Kenilworth
e
questa
stretto
teneva
citavano
re-
memoria.
a
toglieva V impressione delle
i romanzi
in
si
io. Pure
sempre
mi
facilità di memoria
e
latini
di versi
Tasso,
i sabati
Tutti
Metastasio.
centinaia
del
la Gerusalemme
Goldsmith,
storie del
di
grand'esercizio
la rettorica
Soave
e
,
Portoreale, la grammatica
i versetti del
mente
e
quella scuola,dovendo
in
era
anche
discorso
un
parola a parola.Un
spesso
in
udito
o
appena
ho
pianto
provero
rim-
movevo
preferivaa quelMa
galante Leicester.
aveva
buon
avviso.
gusto,
Ero
e
manevo
ri-
frenetico
Varney, il
contro
ci
Giovannino, leggendo,
le bellezze. Io
notava
al tocco
suonava
musica
troppo più
Ciò che mi
fantastica
che
facile
a
cui la storia dava
altrettanto
loro
cos'
1' aristocrazia
erano
la
che
e' entrava
mi
e
le descrizioni
eh'
era
Giunsi
dell'
mi
eccellente
con
le mie
Impero
pression
im-
m'
al mio
quelliappunto
molta
rezza
tene-
Chi
in
di
avesse
la
e
nato
democrazia,il Senel mio
cervello.
molto
commoveva
era
prattutto
stesso, la parte poetica, so-
in sé
finali.E
parte
rappresentassero,
e' entrava
plebe,non
il dramma
e
la
si convertiva
Cesare.
contro
restava
e
era
Sentivo
ragione,e quali cause
e
Ciò
odio
travano
en-
gerire.
potessidi-
innanzi
e
,
quale
,
cervello
sventure
,
torto.
la
Pompeo
per
di
letture
vinti
ragione i
avevano
il maestro
non
Le
grandemente
cuore
che
memoria,
sentimentale.
e
ci
e
corda
mio
colpivain queste
più impresso nella
tutto
una
Nel
cose
antipatici.
spiegava
dita; ma
Giovannino.
era
ratteri
falso,ca-
furono
come
era
delle
l'uomo
e
mi
d'allora
quali fin
i
traditore
delle
battagliee
piaceva molto
in
il
le
tastrofi
ca-
Goldsmith,
queste rappresentazioni.
letture sino alla formazione
d' Occidente
e
d' Oriente.
Come
9
—
—
più in là, trovavo
andavo
laberinto,e
un
me
diveniva
spaventavo. Poi la rappresentazione
ne
piiiarida
sempre
parte il
e
cuore
ci
e non
scolorita,
e
me
I miei
noia.
veniva
ne
pigliava
,
Epaminonda e Annibale. Pigliavo
riche
interesse per questifatti e persone stoin favore o contro, con
che battagliavo
favoriti erano
tanto
,
passione
una
come
pendessela
di là
se
di
concitazione
una
con
,
vita
mia
voce,
la mia
o
morte.
Qualche
zio
sera
C
piccolaconversazione.
Nicodemo,
Buono,
del
Nicola
lettere latine
Aveva
materno.
solo ;
zio
e
diceva
mi
a
del mio
Zio
romana.
cosi
e
Don
e
,
non
segnava
in-
lato
stava
cerchi di
Egli ti è zio,e potrebbe
quel Caffè.
a
sapere,
domandò,
ricco
uomo
sé, e mantenerti lui. Una
andammo
sulla storia
zio dal
era
Perchè
:
Nicola?
affezionarti Don
chiamarti
di
voce
sacerdote,che
mi
e
,
una
Don
e
sollazzevole,
e
dotto
un
un
Pietro
tal Don
un
era
erudito
uomo
Si faceva
Maddaloni.
Caffè,nella Strada
in
solito di condurci
era
E
aveva
venne
sera
que
dun-
il discorso
fatto molte lodi
Nicola,per provarmi,mi
all'improvviso,
qualefosse miglior
capitano,o Cesare
Annibale,con
o
Annibale.
E io
bito:
surisposi
1'aria sicura di chi
non
am-
10
—
disse
lungo,e
e
!
piedie mi dava le occhiate.
citata
foga,andavo innanzi con voce concavallo che ha
gestivivaci,come
Tirato dalla
con
vinse i
guerra,
Galli,che
le
poi con
e
facile vincere
soldati del
mondo,
pur di
tutta
Nicola
fuoco,il naso
gli occhi,mi
pugni
perchènon
pareva
sul
voleva
un
le
e
Alpi,
osato
fatta la faccia
ardente,
vederlo,e
pugno
a
la
prendergli
con
mezzo
poi ci recitò un
io, che terminava
e
in
cio,
raccoglitic-
peperone
par di
che innanzi
infine si pose in
Ecco
s' era
primi
teva
bat-
tavolo,e gridava più di
fanciullo sembrasse
«
i
avrebbe
non
un
Pompeo.
erano
i Pirenei
attraverso
Don
concepire.
i
di
esercito
un
con
Cesare
schizzavano
credo
Romani, eh'
che
marcia
una
e
i soldati effemminati
che condusse
con
sue
battè i
Annibale
della
ignoranti
glifu
legioni
agguerrite
barbari
erano
io. Cesare
dicevo
Cesare!
il freno. Che
perso
zio,
i
toccava
e
sare
Ce-
sentivo lo
diss'io,
incapriccito
; e non
mi
che
d'un
1' aria
No, Cesare,con
:
grosso
sta per tirartile orecchie. Che
pedagogo che
Ma
il naso
egliraggrinzi
il dubbio. Ed
mette
—
sonetto
con
me,
Don
Pietro
mano.
Don
un
tro
Pie-
letta,
qualche barzelsopra Cesare,
questo
il vincitor del mondo
verso
».
:
11
—
Questo
—
stupendo,secondo
ci parve
sonetto
il
gusto di quel tempo, che ci tirava al maravi-
disse
Don
a
Nicola:
è
ma
,
freddezza,che
una
E
ci rivedremo.
gridare:Ah!
un
non
fummo
per
con
soli ,
via
al braccio,che
pizzicotto
Poi disse: Eh! testa dura,
su
avesse
Avevo
una
spesso
a
era
china
testa
di Annibale.
io dica
sonno,
Io mi
mi
concentrato
quale effetto
e
storia.
al rèce.
taciturno. Zia
Stavo
Marianna,
di casa,
grido nell'orecchio
gran
,
e
la governante
Ciccillo ! Io mi
pensavo
e
inclinazione naturale
un
Giovannino
la parte fantastica della
me
come
pensa.
andavo
possibile
poi eh'
è
chi,
apriigli ocavanti tronfio,
alta,e parlavamo con
di Cesare
Non
un
questo
mai più
:
significare
capiinulla,e
ne
la testa
ancora
da
disse
bella fortuna. Io
perduto una
dava
e
:
rispose
perchèoggi tu
questo nei giorni nefasti,
scrivi
eh'
Nicola
forte
mi fece
con
;
quando
diede
e
dura
pareva
zio mi
hai
zio
ti pare diCiccillo? Come
Che
testa
una
levammo,
ci
la storia ! E Don
bene
conosce
Si
grandioso.Quando
al
gliosoe
talora mi
strillando
:
,
riscuotevo in
come
soprassalto,
Lascialo stare, quello
zio diceva:
facevo rosso,
pareva
sotto
una
il peso
perchèal
bugia. Io
delle mie
dir che io
stavo
cosi
letture,che
12
—
mi
—
e non
riempivanoil cervello di fantasmi
mava
lasciavano quieto.
Nel mio cervello si formondo
come
un
devo
luminoso,nel qualevequeifantasmi come
persone vive,e sentivo
loro paroledistintamente. E dimorando
tutto
,
mi
le
dentro di me,
intorno
a
e
io mi
niente
vedevo
non
Quei fantasmi
me.
fantasmi,e
sentivo
non
altri
generavano
della
protagonista
ed ero sempre re, imperatoreo generale,
storia,
di gran battagliecon
e davo
sapienzadi apparecch
e di movimenti
e
spesso questisogni
ad occhi apertiduravano
più giorni.
Un giorno eh' era
1' Ascensione
e 1' uso
era
di mangiare i maccheroni
il latte,
mi levai
con
facevo il
,
,
,
di tavola
subito
solevo
e
non
andai
sapevo
e
mano
Argante, e
un
lo
trovai
braccio teso
balcone
di
stanza
con
la testa
per terra ;
della
una
credi
Tan-
io, e, preso
e
mi
Gerusalemme,
finestra ,
fuori,agitandoil compasso.
rimpettostava
E
vigorosamente
di
mura
sul davanzale
in
ero
assalivo
gittavorovescio
sulle
in bocca.
fra
battaglia
la
Tancredi
compasso,
di montare
pareva
mi
mi mettevo
nella testa
era
Argante, e
e
cosa
difilato nell' ultima
piena.C
in
assai
me
prima deglialtri,cofare, perchè divoravo,non
vo,
mangiae
co!
Su
signorina,che.
14
—
nel mio
cervello. Non
criterio per
r
e'
—
era
ancora
giusto
un
1' utile,il bello,il vero,
distinguere
importante.In quella farraggineentravano
paridritto anche
con
Le Notti di
le
gari.
piùgoffee più voldi Voltaire,
Young, le tragedie
cose
la
del Trissino mi
Sofonisba
Soprattuttoero molto
Notti di Young, e recitavo
Avevo
pezzipiù romorosi.
cose
parevano
delle
innammorato
grande
con
in capo
di.
gran-
enfasi i
materiale
un
che mi faceva l'effetto d'una
indigesto,
mi credevo da senno
il più
e
grande ricchezza,
enorme,
dotto
e avevo
d'Italia,
uomo
dei miei
Certo,nessuno
tanti
libri,
sapeva
tante
C'era di che
cose.
capogiro.Parlavo
il
ni.
anquindici
letto
compagni aveva
appena
con
ne
aver-
che
gli occhi
mi
mi
e
gestiprontie risoluti;
il mento,
perdonavano tutti,mi accarezzavano
con
scintillavano,
come
un
a
il sugo
,
di greco
mi entrava,
e
se
in
era
non
fanciullo viziato. Ma
caro
sapevo
dopo
non
grado
di
pomposo
a
francese,
eh'
erano
modo
i miei
con
laboriosa
1' italiano
un
rettorico,
e
e
favoriti. Cosi
e
non
costruzione,
con
tanto
uno
meno
stile
italiano corrente,mezzo
del Beccaria
grossa
trarre
poco ; il latino
e
leggerlo,
di scriverlo ; scrivevo
a
confusa
del Cesarotti
,
con
molta
sunzione
pre-
ma
suppellettile,
15
—
quei cinque anni
da
uscivo
giudiziopoco,
con
—
di studio.
TERZO
CAPITOLO
MARIANNA.
ZIA
Governava
rimasta
la
per
anche
me
più avanti.
di
me
e
,
più tardi
una
non
in mente.
so
La
non
neir orecchio
,
che
a
bene
un
mamma
e
,
via
studiavo
mi
e
,
dall'altro
e
attaccavo
per
non
Aveva
parlava e
la
a
narrò
nulla
tira
a
gare
inda-
a
dire questo
zio
ron-
un
appena
subito. Fatto
questa zia poco
sta
meno
Per
mostrarglielo.
a
il passo
per
alla
vannino
gonnella.Gio-
sua
da
ella rideva
raccontava
di caricatura che
mi
passava
parere
lato,ed
mi
quando sentivo
tenevo
sempre
poi a tavola
ella
e
curioso
mi rimase
rimaneva
ne
pevo
sa-
,
natura
e
ne
è
più
malizia
certa
non
mia
quello,me
eh' io volevo
ch'era
che, ma
i fatti altrui ;
0
la zia. Non
oggi
Giovannino
aveva
ed
Era
zia Marianna.
casa
meno
e
tutto
starle
,
canto,
ac-
la teneva
ci accarezzava,
con
una
faceva ridere lo zio ;
specie
perchè
gestiva il più bel napoletano.
pelle bianchissima
e
rosea
;
florida
16
—
di
era
dì
salute,e
ritirava in
casa
strada. Verso
in
a
noi
e
io
come
in
dicevo
e
:
facevo
Zio
e
mezzo;
mano.
Veniva
in
revo
corzo.
mez-
e
ma
quel dolce
a
navo
cucina,tor-
chiamata
campanello,correvo
la
letto,e
sotto
era
l'orologio
le sei
sono
cose
lui si levava
e
di
si
po'le membra,
un
la seconda
la
svegliarlo,
a
avessi
se
tutto rannicchiato
e
le baciavo
dava
an-
vedeva
prov-
quest'orami
tepore: ed io, fatte le mie
il
sitarl
vi-
d' ordinario
arieggiatae
e
mezzo;
stendeva
Svegliatosi,
sentivo
a
andavano
stava
andass'
cerebro,e,
allo zio
le sei
zio
di casa,
due
e
Ella
e
La
allegramente.
orecchio,mi gettavo giù
poi tornava
nella stessa
serva
tutte
si
sera
tutto.
alle sei
ficcata nel
la
bene
stanza
zio volle che
mattina
neir
ch'era
far la spesa.
cucina,una
Mio
la serata
e
svegliarla,
piazzaa
lontano
il tardi andavamo
mattina, Rachele
a
allegro.La
umore
sua, poco
si passava
e
—
:
Zio
sono
senz'altro. Quando
eh'
era
appresso
la
a
zia,ej
lei lai
gli omeri sotto la spesa. Non si;
perchèe' era sempre qualchej
mangiava male
cibi sani e casarecci,che a^
Erano
pensionista.
me
piacevanopiù che le vivande delicate. Ma
ciò che non
potevo patireera quel piccolo
pezzo
serva,
china
,
di
li-
—
assegnatomi
pane
dura
Un
rinforzo.
un
avere
per
collocato vicino al
giorno stavo
un
pensionista,
un
bravo
poco. Io
,
il mio
pane,
e
padre di
cosi
vecchio,tagliato
ci vedeva
che
alla grossa
fare la faccia
dovevo
e
,
piano pianomi
Giovannino
nito
fi-
aveva
tirai il suo,
eh' era
quasi sempre
Il vecchio,quando glibisognò, non
l'istigatore.
e
lo divisi
con
più il suo
trovò
Io m'ero
e
pane,
andava
avrei
e
rimpiccinito,
Zia Marianna
dal mondo.
un' occhiata
me
spada.La
lavata
una
di
a
un'avara,e
era
po'di
nuovo,
che
diamo
una
'
non
voleva ;
ma
Sanetis.
ci
e
indispettiti,
la zia, che
contro
desiderare anche
fetta
una
un
e
fetta ! Andiamo
panella,e
e
moci,
sfamia-
lezione alla zia. Vollero
pur
a
solutament
as-
fare questo bel tratto.
vi andai.
Il giornoappresso, nelle
D«
fece
nino
Giovanproposito,
trovata.
Domani, disse,si
che fossi io
I
una
parve
in altro
prendiamociaddirittura
e
e
stanza
ci faceva
fece questa bella
fa il pane
mi
ragazziviziati
mormorare
pane. E d'uno
accorse,
,
raccogliemmonell' ultima
cominciammo
toni.
ten-
voluto sparire
chiasso ; la mi
Come
capo.
ne
a
vecchio,e diede
obliqua,che
ci fu gran
sera
se
al
diede un'altra fetta di pane
a
cercando
ore
tutto
vespertine
•
18
__
dormiva
della
stanza
si soleva
zio
;
Certain,che
letto sonnecchiando.
nell' avanti-cucina
ma
;
Rachele
stava
,
il pane
stava
penzolavaa
era
il
Mi
l'uscio della
maledetto
in
nuovo,
fune
una
r ora, io
cuore.
pallidocome
0
dove
stanza
vidi nella
a
et. Il
stanza
mi
labbro,e
un
e
stava
feci
un
in
segno
che
cesta
batteva
zitto zitto
aprii
lo zio. Ma
quel
da
venne
fregaile mani, e
uno
fiatò.Quando
non
mi
letto,
si
non
sentito
pazienza,
a
uso
Chi è?
:
bugietta,
una
piano piano,che
via,e
terra, e fecero
fermai
,
zio disse
e
poco,
maestro,
il riso nella strozza.
mi
sulle
sonno
,
lasciò andar
no, mi
Argo,
un
ladro,mi
un
levai le scarpe,
uscio sonò
un
sua
il balcone. Giunse
presso
infilai 1' altro uscio
sentiva
in
era
una
Fatto ardito dalla paura, inventai
e
disteso sul
come
,
vegliae
cosi tra
polit
Ip-
letto,acquattata.Appunto in quella
tavole del
camera
stava
Marianna
Zia
un
con
,
disegno,certo
queirora
a
grande
faccia. Nella stanza
di
maestro
un
sedia
una
glicoprivala
appresso stava
nella
mettere
scuola,sopra
fazzoletto che
casa
-
un
riso sul
le scarpe mi
che
strepito
Eccomi
mi
dero
cad-
mi
in cucina !
ciò
cace
li
e mi
orecchiando,
punta di piedi,
di croce,
di Dio.
Mi
come
per
sistenza
implorareT as-
aifaccio nell'ultima
stanza,
19
—
e
quellepanellefumigavano
l'odore
veniva
volsi
idea,di vedere
la cacciai
camminando
stesi la
alla cesta ;
in
seno
la
via,
Al
ladro, al ladro
mi
e
la
ma
e
corsi
,
e
mangiai
E
e
mi
corse
in
la mia
da
non
pensarono
le
la
fossi
panella,
mani,
mi
ai
mezzo
mi applaudir
ripigliai
parte.
Rachele
:
la
La zia fece
Ciccillo mi
mi
trovò
non
zia Marianna.
chiamò, che
pose
in
quel fragoreio
seria,e disse
mi
mava
tre-
rifacendo
difilato,
io cacciai di sotto
il di appresso,
la faccia
Poi,
mi
mano
! Giunsi
saltarono,gridarono,batterono
panella,e
segno
sentiva fischiare nell'orecchio
brutto,che
cosi
riuscito. Quand'
Venne
gran
fece sollecito; afferrai la panella,
la misi
compagni
un
donna;
Stava
prendere la panella.
agli occhi di Rachele, e la paura
mi
me
feci
mi
ne
ven-
voleva
non
di Rachele
mi
la
sconvolto,
pallido,
punta di piedi,
in
sotto
sempre
fatta la
scongiurareil demonio.
per
mano
e
e
e
forte. Mi
com'era
subito,e
come
croce,
:
ne
vidi che
e
l'alcova,
verso
dormendo
accoccolata,
tutta
un'
ma
me
e
,
alle narici. Stesi la mano,
vedere. Mi
stava
ancora
subito, pensandoa Rachele, che mi poteva
ritirai
di
—
dirà la
le gambe,
tremavano
gli occhi negliocchi
rità.
ve-
e
,
disse
:
20
—
chi
Ciccillo,
in
ha
—
la inanellaì lo
rubato
scoppiai
pianto.
In
quel tempo
di
Medico
ventre.
Albanesi,che
mi
malato ; fin d' allora
spesso
stitico ; il mio
ero
fiore:
ero
male
casa
era
un
era
certo
col metodo
curava
nel
sempre
Domenico
allora in
vomitivi
purganti,salassi,
clisteri,
Un
mesi, e
salasso
ho
ne
mi
rimase
oggi la
ancora
bevvi
e
giuni.
di-
aperto parecchi
cicatrice. Per
un
caffè
perchèci sentivo
odore d' ipecacuana.
Talora
dentro un
vista!
inutile l'azione delle purghe,ricorrevano al sale'
Di sotto
inglese,a costo di vedermi scoppiare.
le,
a
quellacura uscivo magro e fragilee sottiNicola Valletta,
una
come
canna, e parevo
non
anno
più
,
,
vivo
mezzo
morto.
mezzo
e
CAPITOLO
QUARTO
GENOVIEFA.
Anche
senza
oggi non
un
battito di
qualche anno
ed
era
l'anima
dolce. E
posso
più di
mia.
cantava
me
pronunziarequesto nocore.
ed
me
,
Mi
e
Genoviefa
era
comandava
mia
aveva
sorella ,
con
T
saltellava sempre,
chio
oc-
ed
22
—
lare tanto
in
carina. Quanto
Napoli,voleva
babbo
e' era
Quando
menarla
la
le farà
di
di
che
Young,
mi
la
sua
poco
secondo la materia
Quando
della
che
figlia,
di,verso
paesano,
sera,
che
andava
con
chella è morta, disse
gli occhi grandi.Io
così. Genoviefa
e
non
con
dell'età,
mi
era
percotevano
lamentava
Young
Virginia,
si chiamava
pensando
come,
Genoviefa
via,e
cosi
all'uscio un
fermai
mi
lui. Sai
a
:
cosa.
cara
dicevo
,
Genoviefa.
un
tu
,
Ca
e facendo
lui,sbalordito,
rimasi
morta
Era proprio
stupido.
eh' era
quasi un
,
fu detto nulla. Morta
tante
quinto
le Notti
mano
; mi
m' hai da fare tanti cari saluti
anno,
vita
accompagnavo
chiacchierare
a
la mia
tra
lagrimavacon lui. Non so
a
Virginia,mi veniva innanzi
bella me
la dipingevo,
cosi
e
mio
piva
riem-
con
io
Un
immagine
piangere,stupire,
facevano
mi
viefa
saprà Geno-
la fine del
sempre
commovevano.
morte
lo
:
e si mescolava
fantasia,
ammutire
e
rie
vanti,le mie vitto-
spesso
piacere.La
studio;avevo
lettere al
mie
Nelle
Ero giunto verso
quotidiana.
anno
non
mamma
meco;
tra molti
narravo,
dì andare
me
a
riga per Genoviefa.
una
sempre
scolastiche,
pensavo
e
toccò
piansiassai.
io
volle, e
—
idee
allegre
in testa.
nel fiore
Facevo
23
—
versi
allora
ma
prose,
cervello
un
avevo
non
e
—
mio,
da' libri. Sazio
venne
innanzi
al babbo
sulla
mi
lettera
ricevevo
e
di
lacrime
Virginia,
di
morte
parole a imprestito. Virginia e'
lavoro
quarti. Il
andava
mi
a
leggendo l'epistola
abbracciò
mi
e
chiamò
e
gulti,
sin-
scrissi
e
di
una
frasi
entrava
di
tre
il babbo
d'oro;
; zio
i
le lacrime
tra
che
e
per
il paese
tutto
penna
festa
facevano
mi
pression
im-
di
e
maraviglioso ;
parve
le
Genoviefa,
intarsiata
epistola tutta
una
era
piccino,e
ancora
ero
pagni
com-
mi
,
riso
il
usci
trionfo
Queste
prime apparizioni
angeletti che,
cielo
ridenti
e
veduta
averso
mi
veniva
Genoviefa
di
capii Beatrice
tardi, la
lontano,
Virginia. Questa
sempre
in
,
la
gran
nuova
di
questi
in
vita, tornano
fu
nella
la
mia
attraverso
i
piccola e
cara
mente,
attraverso
Graziella
un
femminili
festanti,abbondano
qualche
e
libata
appena
umana.
inna,
quello
vanità.
la mia
per
Fu
occhi.
negli
quando
fanciulla
ginazione
imma-
prima
libri,at-
mi
morta
si affacciav
poetica.
Vidi
Genoviefa, e fino,più
Lamartine.
24
—
—
CAPITOLO
l'
E
Questo
QUINTO
FAZZÌNI.
abate
farem
dopo, che
noi ?
di Cinea
motto
fu il tema
destino
sul nostro
d'una
quando
,
chierata
chiac-
stavamo
vida
gli studi letterari.Alla mia ferimmaginazioneCinea pareva un canonico,
il grand*uomo.
Io sognavo
Pirro era
e
quasi
un
imperatore.Quando
ogni giorno d' essere
per terminare
vedevano
mi
davano
La
a
bassa
e
bocca
a
Morto
famiglias'era ingrandita.
II, il
cui
richiamò
re,
compaesani,e
furono
gli esuli.
videro zio
Poi
le tenerezze.
,
la via del paese
Rimase
Pietro,che
in
suoi
menò
Aniello
figli,
Cosi tutto
questo
rimaneva
(1) Morra
e
ramo
di
cesco
Fran-
rono
Torna-
Carlo, e
da
quel duro
Napoli solamente
anche
glialtri due
morta
Felicella,
in paese
Irpina.
in
casa
pensi?
zitto zitto , presero
(I),fatti savi
esilio di otto anni.
era
mi
nulla. Ferdinando
rammento
non
nuovo
i miei
zio
muta,
dicevano: Che
e mi
pizzicotto,
un
I, di
molte
testa
la madre.
famigliaera
il babbo
con
in Napoli;
la
sua
fa-
miglia,
So-
—
cui si aggiunse zio
Aniello
Roma.
perchèera
si teneva
stato
diceva che lui
un
Roma,
a
Giuseppe,venuto di
po' più alto di noi,
e
molto si vantava,
sarebbe
più piccino
arrivato
a
e
dagnar
gua-
quattrini
prima di noi. Giovannino era
Un po'bassotte,
l'aspetto
il diplomatico.
aveva
dolce
Io
e
furia francese, come
era
Quando
sballavo
ne
francese !
le
con
sillabe,
mi
Quando
fare di
di
me
vedeva
quellelabbra
forme
la corsa, ed
bavose.
divorando
che
era
La
superbia.
quale danzava
più luccicanti
di
di Cinea.
gli studii ,
diceva col
"5Ìone,
e
cizi
glieser-
Sassolini in
cosi brutto
ero
mi
,
alle
tenevo
un
spalle.
beffe,pareva
mia
testa
1' avvenire
gabonda,
va-
nelle
pregiavapiù quella
Pirro,che quellasavia
Che
farem
noi?
poi eserciteremo
tono
voleva
scrollaiina di
una
sconfinata ambizione
temperanza
io che
indifferenza innanzi
ed
la furia
Tutti mi canzonavano,
ma
faceva
zio.
faceva balbutire.
diceva:
mi
e
di me;
nella
Evviva
—
zio
balbuziente,
io fermavo
umiltà
chiamava
avvocato, mi ricordava
un
Quella mia
nel gesto.
lui. Parlavo
furia che mi
una
grand'uomo,
mi
grossa,
diceva
—
tutti ridevano
sue
una
Demostene,
bocca ! E
con
parlavapiano,sobrio
grave,
più naturale
la
remo
Compiprofes-
Giovanni-
26
—
E
no.
faremo
Dove
riflettevo io. E
era
tutti
Fu
Non sapevo cosi per l'appunto
gloria?
la gloria;
ma
quellaparolarispondeva
i miei sogni,a tutti i miei fantasmi.
risoluto che il da
studi di filosofia. Zio
e
greco
quellascena
Entrammo
a
in
quasi fioca
non
mi
una
stanzetta
che
il
è uscita
e
a
calamaio
balcone,era
di
quei padri,con
in
piedi
,
che
aveva
un
Andammo
più
volto
stro
noe
,
di memoria.
fali
scafluce
sinii
dall' andito. A
mano
tavolino che chia-
un
in
Sul
occhio
con
al
mano
certi rilievi di
sinistra,e
di bronzo.
presso
con
polverosa,
vecchi libri,
una
con
ci veniva
scrivania, con
dritta
latino.
gli
cominciare
1' ultima
nostro
pienidi
muro,
stra, verso
al
e
ci volle mandare
fine di dare
a
Gesuiti,
fosse,
fare per allora
fortificare gli studi letterari
i
gloria?
la
è la
cos'
a
Aniello.
quattrini,toormorava
conclusione!
Bella
—
grosso
un
era
mezzo
legno, a
seggiolonesedeva
con
pallido,
dolce,
giovane padre
e
linconica,
ma-
cera
accanto,
aveva
sottile e
,
qualche malizia
uno
magro,
nell' occhio
,
e
ci
guardava per di sotto. Noi, dalla parte opposta,
in piedi,
un
e
avevamo
stavamo
tremore, non
so
se
di freddo
Avevo
o
di paura, forse 1' uno
gliocchi
sbarrati
verso
i
e
l'altro.
padri,ma
27
—
malizia,anzi
enza
tra
il presuntuoso
raccolto
e
-
lo
un' aria
sguardo,con
senza
Giovannino
stupido.
stava
Il giovane frate ci faceva
placido.
il vecchio prendeva note, come
interrogazioni;
e
le
A me
talora si sogguardavano.
cancelliere;
quel prendere note dava sui nervi,e un certo
un
risolino loro
tradurre ;
spiaceva.Ci
mi
poi vollero
in latino. Li
uscirne bene
fecero
fu
1' asino. Non
ci cascò
d' italiano
versione
una
leggere,
possibile
quel metodo meccanico dello
zio. Dovemmo
fare parecchierrori grossi e
quellisi fermavano leggendo,con quel tal piccolo
con
,
riso
che
voleva
,
male
il latino ! E
ammessi
essere
appena
dire
a
Cosi
si parlò più de'
questa
La
terra.
Fazzini. Bel
palazzoe
nella stanza
carezze
e
Uscimmo
superbiaera
Gesuiti,e me
ci die dei confetti. Era
vestito di nero,
con
cravatta
,
ne
rimase
L'abate
casa.
scuola
con
presso l*abate
ci menò
bella
da
che
fiaccata.
mia
Zio
impressione.
non
potevamo
superiori,
nelle elementari.
gliocchi
s' insegna
Come
capireche
ci fecero
nelle scuole
entrare
non
:
e
ci ricevette
ci fece molte
un
nera,
beli' ometto,
tutto
bene
Parlava spedito,
la
spolverato.
e accompagnava
parolacol sorriso e col gesto elegante. Non c'era
ancora
il laico
,
ma
non
e'
era
più il prete.
28
—
scuola
La
dell' abate
quelloche oggi
tre
Queir
eh'
erano
nazionale.
Nondimeno
era
pur
,
a
e
braccetto
scolastica. Ret-
ancora
scritte in
po'di
un
quel latino
il sensismo
di
e
chiaro
abati
e
in
1' abate
abito
e
smesso
cravatta
sottana
nera,
italiano
erano
Genovesi
il
,
Questo
Fazzini.
un
moda;
facile. Gli autori
come
,
andare
di
Il latino passava
scolastiche
cose
logiche
teo-
v'era maggior procapitale
gresso
r abate
aveva
lingua
lo scolasticismo.
Troise. Allora
che
venzionale
con-
secolo decimot-
padreSoave,l'abate
voga
la
innesto,vedevi
curioso
negli studi.
quasi tutti
la forma
penetrato fra quelletenebre
con
scorretto,ma
frati ,
trascurate, e anche
Nelle scuole della
si scriveva
a
scuole
proprio degli scolastici. Le
era
scienze vi
tavo
cominciava
le
filosofia,
affidate
filosofiaerano
e
di
e
mento.
insegna-
scuola. I seminarli
aprendo una
dell' insegnamentoera
torica
libero
qualchedottrina
erano
governo
del
corso
fare in due.
poteva anche
scuole di latino
erano
del
di
Il
matematica.
e
era
s' insegnava
liceo. Vi
un
dell' oro
uomo
carriera
sua
si
anni,e
1' età
era
Un
la
fisica
Fazzini
Lorenzo
direbbesi
filosofia,
durava
—
era
e
era
in molta
prete elegante,
vestiva
collare,
un
sensista
del
in
se-
30
—
e
di
naturale
religione
dello zio
del
sofici
rivelata. I libri filo-
e
anche
era
Genovesi, c'era
San
un
fatica ;
senza
di- nuovo
smania
la muffa.
con
e
Di latino
potessileggere
ossa
mi
non
cava,
sec-
che
so
di moderno.
Corsi alla biblioteca
dinanzi
nelle
San-
un
perciòtutto quel latino
sentivo pur
mi
e
Tommaso,
eh' io
tanto
sapevo
latina
metafisica
una
t' Agostino,libri tarlati e
non
Storche-
come
scolastici,
erano
e'
Corsini;
nau,
-
mi
e
ci
savano
Passeppellii.
fantasmagoria
Locke, Condillac,Tracy, Elvezio,Bonnet, La
Mettrie.
Prima
visto che
a
a
ne
me
come
una
leggevoa perditadi fiato;poi,
cavavo
mi
poco,
Mi
compendiare,a postillare.
di
quellastatua
dei
mezzo
Bonnet, che
lo trascrissi
me
Se
mi
intelligente
uomo
un
quei lavori
frutto
superbia
gigante in
mezzo
aprivanogli occhi
affastellare tante
diceva che
il sensismo
a
cose
era
me
le
poco, per
conoscenze.
intero.
guidato in
la mia
con
però
poco
sembrava
ai miei
sentirmi
nuove.
una
ancora
quasi per
facevo
e
,
a
poco
avesse
io solo
ero
fatica molta. A
e
un
che
! Ma
mia
la
con
a
copiare,
a
ricordo
sensi,acquistavatutte
Quel Bonnet
e
misi
cosa
foga
buon
venire
di-
compagni,
come
Il
un
colo
ora-
professore
buona
sino
31
—
Condillac,ma
a
Mettrie
La
andavo
bisognavaandare
non
ad Elvezio.
e
io
V
con
d' alto in basso
Elvezio
era
mi
di
paura
per
cui ci
proibita.
idee,
cosa
le
guastavano
a
un
sofista e La
bestemmiatori
parevano
Met-
seau
Voltaire,Diderot,Rous-
chiacchierone.
,trieun
quasi
avevo
;
11 professore
ci
leggerli.
pose
poi in
il
Burlamacchi,e più tardi l'Ahrens per
diritto naturale,inculcandoci anche lo studio
mano
il
mi
non
sino
quelledel maestro, e guardavo
cumera
quegliautori,e dicevo con si-
sempre
che
Ragione
voluttà della
amara
Queste letture
eh' erano
—
della Diocesina del Genovesi.
quistionedelle
che
con
abilità
bate. Conchiuse
ottima
modestamente
ma
di
Di
Era
,
me
stella
o
uno
cosi
rava
su
in
un
di
come
in
un
facea
mondo
Poli
,
in
come
mondo, quando
questistudi.
la fisicami
sica.
la fiun
solito italiano
di entrare
nuovo
mista;
sua.
scritta nel
pareva
1' a-
nione
questa 1' opi-
essere
sperimentaledel
credo
,
la forma
la
cordo
ri-
cavare
seppe
essere
mosa
la faMi
la metafisica andava
con
A
"a,
ne
diceva
la fisica
altro abate
nuova
se
di governo.
Montesquieu,non
conserva
corrente.
forme
Qui e' era
Come
una
minciava
co-
la metafi-
girare il
capo; mi
superiore,
pienodi
32
—
luce. Il
aveva
professore
—
sue
a
fatto
spese
un
l'
dalmagnifico gabinetto,che poifu acquistato
Università. Aveva
di vederlo
par
brillante. Mi
l'esposizione
quellemacchine, animarsi,
tra
gestire,colorire : aria,luce, elettricità. Come
si esaltava la mia
elettricame
immaginazione! Quella
la sentiva
Queir uccellino che
pneumatica
elementi,e
era
voleva
giunsifino
fare
fu
e
dei
sulla
lavagna;
avvenne
Facevo
alla
Mi
core.
reva
pa-
quei primi
tra
vagante
Il
sore
profes-
le
ma
non
andare avanti,
possibile
L' aritmetica ragionata
in capo,
e
gran fatica
a
seppimai
moltiplicazione
; non
non
problemi.L'
memoria,
mi
entrare
divisione ,
una
il
faceva
fu nelle matematiche.
mi
toccava
esperienzedelicate;
miope,e gustava poco quelpoco che
con
mi tenevo
nel largo,aiutandomi
vedevo,e
r immaginazione.
Dove proprionon
non
pana
cam-
scun
tirarci allo studio di cia-
di
e
particolare,
io
fiato nella
assistere alla creazione.
si studiava
ma
ossa.
per
,
cielo ,
in
essere
mi
le
correre
perdevail
tilla
scin-
io
dico nulla delle frazioni
abate
faceva
le
operazioni
ripetevobene, perchè aveva
ne
capivonulla.
Il medesimo
geometriapiana e solida.
figurebene; ma quando cominciavo
con
la
33
—
r
con
la
e
in
d, e
curva
mi
e i cateti,
triangoli
i
e
b e,
angolo a
—
retta-/,
entrare
pareva
di Babele
la
come
più andavo innanzi
E quelleletteremi ballavano
e più spropositavo.
innanzi,e si mescolavano,e non e' era verso
torre
una
e
,
di
cavarne
nale
:
sugo ; sicché
un
Quod
mezza
la mia
dere
nascon-
mi mangiavo
confusione,
dimostrazione,
ingoiandosillabe e
a
Il maestro
precipizio.
ci badava
rendo
cor-
poco,
seccato,e ci accomiatava
spesso
solito intercalare
suo
Per
la
distratto e
il
demonstrandum.
erat
al maestro
subito al lì-
correvo
con
Appresso.
:
Questa mia inettitudine alle matematiche
so
s' era
di
quegli studi
colpa mia
del maestro
o
mi
non
avvezzo
a
studiare
numeri
e
quellelinee
capivanoin
metodo
e
? E
poi il
faceva
non
rimasto
Non
un
era
maestro
aveva
quasi altro
che
sapere tutto.
di loro. La
D*
Sanotis.
quei
mi
non
po' colpa del
troppa fretta,
ripeteresulla
Queste lacune
perchèripetevotutto, pareva
una
Ero
vagna
la-
nel mio
dissimulate dalla potente memoria,
erano
spirito
e
nulla.
cosi in astratto
il libro di testo.
e
è che
; certo
1' immaginazione,
e
con
mente.
è
non
Portavo
voce
anche
a
di
me
la testa alta tra i compagni,
segreta mi
lezione avuta
diceva:
tu vali
dal Gesuita
più
mi
non
3
34
—
—
corretto, perchè nel latino
aveva
a
Ma
cosa.
gran
quanto
la pretendevo
non
letteratura
a
e
a
ci tenevo.
filosofia,
Volgevano
festa volle dare
sua
di accademia
versi
non
so
che
al gran lavoro
di là mi
del
mi
goffe tolte
me
dialetto napoletano.
sonetto, un
un
quattordici
imprestitodal
a
questo cosa
parve
troppo
una
Quindicina di
brillavano
frase di
una
immagini
accanto
a
Virgilioe
da
scritta,
Di
giorni.
frasi ;
e
sotto al braccio. La
me
verso
un
sciolti,
era
e
di
sciolto
allora. Ne
con
sala
so
un
far paura.
capivo in
non
immagine
alto della persona, magro
non
qua,
un'
olla 'putrida in versi
e
pulitino,
grosso. Sudai
Iliade,
qualcosadi
venivano
di carta
era
calde
mano
bene in
Trissino,che leggevoallora
una
Io
tra
e
nimo
troppo andante,e mi si volgevanell'a-
facile e
Omero
plimenti
com-
Giovannino
vi raffazzonò
A
poeta napoletano.
come,
,
confetture.
giratoassai
frasi
con
,
specie
fine
in
prose
poesiedel Capassein
comune,
celebrare
,
Giovannino
luogo
e
filosofici.
serata, una
Avevamo
io ci preparammo.
calde certe
gli studi
una
versi
con
gelatie
,
fine
dell' abate. Per
il di onomastico
Era
la
la
verso
que
nac-
me
volu-
Andammo.
svelto,tutto
faccio
quelloscartapiena.Molte
35
—
signore con
le
vecchi
bene
papà
aperto,
era
bambine,
veniva
L' abatino
di
gli onori
L' uscio
di su, di
di
motti.
gentili
da
";he suol venire
voci.
tutti
Ed
con
non
la mia
il
si volsero
è? Ero
voltata
con
E
volto
si
movevano
posa.
io
con
personcine
era
nando
squaderpra
so-
certa
una
pazienza;
poi
con
si cominciò
a
venuta
era
a
conversare
e
in qua
e
in
non
dare
guar-
tutto
con
gli occhi
non
:
gente educata,ma
chi
là,come
non
maestro
con
noi, stava
lo
sguardoverso
sulla carta
sentir
a
manicare
a
Ippolito
Certain,quel tal
notava
e
a
raccapriccio
quello che rimaneva.
e
volto,e pareva che fossi sempre da
che abitava
e
udiva
era
pestar dei piedi,
osavano
Zitto!
un
li dritto
fiato. V
senza
della carta
";apo. Quella gente
versi, ma
di
versi
volume, e precipitando
sacro
e dapprimasi
curiosità,
ogni
confusa
col mio
Stavo
superbia.
strette
la tribuna. Chi
verso
proprioio
versi,correndo
a
si udi
tratto
e
quel mormorio
era
mescolanza
una
un
a
gli occhi
è, chi
e
ecco
C
fetture.
con-
giù, sdrucciolava
crocchi,dispensandosorrisi
e
di
assai bene
fra tutti i
mano
faccia
di
grado odore
un
guanti faceva
in
casa,
gioventù,
numerosa
azzimati.
ne
e
—
presso
trova
di disegno
a
me,
l'uditorio;
continuavo
tronfio
36
—
e
come
precipitoso,
Ferma
che
Bravo,
bravo
il
la gente vuole
! si udì attorno
un
recitava
tra
una
pel
scartataccio
in
piedi,come
Zitto ! si
brevità
adagio
,
udì, e
la
e
e
da ridere
quellefrasi goffe,tutte
sonetto
tirato
,
rider tutti. Giovannino
poesiafece
quel desso
lui
io
e
disse:
si
che gridò:Sonetto
bassotto,
un
lingua napoletana.La
della
e
andarsene.
col mio
quando :
peso,
vide alla tribuna
in
;
Tutti si levarono
naso.
liberi da
alla bocca
mano
scesi
Ippolito,
braccio da
sotto
la
tardi,e
è
torrente,rotte le dighe.
un
mise
Ippolitomi
—
,
novità
ch'era
grazia
con
il
terminò
e
di
applausi.La gente si
le signore
il fortunato sonettista,
salva
verso
precipitò
lo baciavano, i giovani si congratulavano
i
,
il mento,
papà gli accarezzavano
e
contento
vide
tutto
me
E
gloria.
in tanta
1' abate sbirciando
solo dall' altro
disse: Hai dovuto
lui modesto
lato,e
venne
e
faticar molto
neh!,povero
diss' io,alzando gli
Quindici giorni,
giovanotto.
mi
r abate
occhi
stizzito. E
come
per consolarmi.
Quando
fummo
di ritorno
ci aspettava, e
Fera
e
non
andata. Io
mi
aveva
fece
a
casa
volle saper
come
uno
una
carezza,
,
da
zia
me
rianna
Macome
strale nel core,
ebbi la forza di confessare la mia
scon-
tratti
as-
—
del
0
alla natura, ai
amore
verità
poeti.In
fiore,e
che
non
o
scelli;
ru-
imparata
fior da
scerre
sapevo
da albero. Quei
che
sono
,
come
delle cose,
le lacrime
come
fiori,ai
avevo
infiniti della natura
la musica
ai
distinguevoalbero
non
mormorii
spesso del mio
campi,
natura
una
era
ma
ne'
vestire. Parlavo
suo
non
rava
giungevano alla mia anima. Pure 1' età mi ti1' esempio de' comal di fuori,e anche
pagni.
Giovannino
mori; tutti mi
mi
di
nuovo
che
un
da
a
mi
chi
un
avanti, in
paravento
finestra che
una
il
le intere
illuminato
metteva
mi
ronzìo
confusa.
In
sentivo
di
ai
vogliadi
là
,
chiuso
fiocamente
di
come
compagni
da
ne
ven-
postillare.
braccio dal
gli occhi
secchi
e
scheletro,
uno
la testa
pienae
mi
sentivo
non
sciorinare le mie
pochi leggevano pochi erano
,
casa
nel cortile. Poi
con
nell'orecchio,
mezzo
giornatecon
dolere il magro
sentivo
uscivo
abbacinati;
nessuna
febbre di lettura
angolo di
un
e
troppo scrivere;mi
un
una
capiscanulla,e
bisogno di compendiare e
Talora
con
stavo
a-
confidenze;
guardavo
ci
non
leggere.Avevo
divorava,e
libro
le loro
facevano
come
stupito,
dei suoi
parlava già
letture. Già
atti
a
capirmi,
soprattuttoallora che poco mi capivoio stesso.
39
—
mi
attorno
a
di
Carità.
Massa, in
buon
mi
pugni
come
dove
Ci
ignobili.
Studiammo
deramo
scherma
canto,
sotto
studio del
le
in voga.
era
Erano
certo
i
tal maestro
si
in
certi
vedeva
incoerenti
seguito,
Non
Ci
e
momenti,
gittammo
e
ma
allo
allora
lasciava fare.
senza
e
voce
in capo
che
indirizzo e
instabili. Si
affannarsi
la
metterci
tutto
nobili sforzi
molto
ripigliava:
meno
provai pure nel
dialoghidi Goudar,
Zio
cose
Cinque;ma
stare.
,
senza
a
pure lo studio del
francese,tentando
regole e
queste cattive
ci tirava
oggi,
usciva,e lasciai
non
orza
a
agli esercizi cavallereschi.
il Parisi;imparamsotto
mo
anche
un
menavo
quellapienezzadi
le dita, io fo le scale. Mi
con
Porta
mi ricordo
poggia e
a
ballare;cominciammo
piano forte,e
a
che
casa
a
tempesta. Ma
che
intellettuale,
al
stanze
certe
assai. E
rintuzzate da
erano
s'andava
sera
dov'era
puzzolente,
covo
si bevve
in
nave
nolente,
e
volta s' andò
predicavo,andando
e
abitudini
a
pizza in
accompagnarono
una
vita
La
spirito.
Una
certo
un
vino, e
che
e
la
mangiare
largo della
volente
rapiva seco,
m' infondeva sangue
talora
mi
quel rigogliodi gioventùche
Nondimeno
era
—
lasciava,
ne.
poca conclusio-
perciò io lasciava gli studi filosofici.
40
—
Il
fece
professore
r armonia
brillante lezione sul-
una
di
prestabilita
Leibnizio
divenne
il mio
Leibnizio.
E
presto
bale
Anni-
come
filosofo,
capitano.Quella figura
vo,
meditativa;quel carattere conciliatiil mio
stato
era
—
placidae
chiara,
punto dommatico; quell'esposizione
che niente
E
rono.
mi
fu
pedantesco,m'
di
avea
1' una
come
cosa
innammora-
tira 1' altra,Leibnizio
leggereCartesio,Spinoza,
Malebranche,Pascal,libri divorati tutti e poco
il mio corredo di erudizione
Questo era
digeriti.
occasione
a
filosofica verso
quando
la fine dell'anno
zio ci diceva:
di
maestro
legge. Si
Ora
scolastico,
bisognacercarvi
batteva
un
l'
già alle porte del-
Università.
Venne
il
settembre,e zio, veggendomi
volle farmi
scheletrito,
Andammo
zio
di
sopra
di
mi
vedemmo
il mio
tanto
la Via
nuovo
vidi
Nuova
batteva
non
me
,
a
e
pevo
sa-
Quando
di
Poco
Sono
case
so
più
che
in là
tuomini
galan-
incontro,disse zio Pietro.
ed
essi
le braccia
del
corsi
e
precipizio,
mi
di
non
fibre,
core.
nativa.
io. Non
mucchio
un
qualipuntineri.
so
Scesi di cavallo
a
il
e
paese.
sentii ricercare le
che ci vengono
corsero
po'd'aria
un
Pietro,Giovannino
amar
bianche,mi
bere
cosi
trovai tra
,
41
—
babbo.
La
tutto
era
,
mi
mamma
di casa,
e
non
mi
sapeva
carezze
tenea
staccarsi da
sentivo
un
Era
di
piccino
La
fu
molte
tutti alla
il lei
,
mi
non
seccato,
i
e
sera
e
cavo
cer-
compagni;
quando
mi
levò
sei fatto brutto !
I miei
Abbracciai
Michele,il
saldo, come
una
e
me
per
pari, e
secondo
veniva, cosi
persona
le
mi
non
è mai
Contadino,operaio,galantuomo,
,
Trattavo
piena
,
robusto
e
Come
rude
su
gentiluomo questo
La
piangeva
casa
mano
distinzione delle classi
in capo.
entrata
stessa
gradini
anni,come
alto
mutati.
erano
contadino,venuto
come
di
nove
;
e
La
c'era
non
piccologigantequel Costantino.
un
gusti non
e
seno
le compagne
braccia,dicendo
torre.
al
io m'ero
li lasciai. Costantino
sulle
Ciccillo,
mano
per
me.
le strette
gli occhi
con
essere
incontro sui
stretto
giava
rag-
gli pareva
e
venne
i baci. Ma
e
rubiconda
Nonna
glorioso.
tutto
mi
di gente. Molte
mi
riso
un
tenendo
altezza,
presentava
più.La
e
allegrae
,
cresciuto di
e
faccia
sua
-
dando
ci fu gran
non
aveva
a
il tu, il voi
usavo
le persone
e
casaccio,e
del
tu
pranzo,
e
senso.
il grado,ma
spesso
alla
del lei.
coi soliti stran-
il polpettone
la pizza rustica e
e
e
golapreti
altri piatti
di rito. Il dì appresso visitai tutti
42
—
—
luoghidov'era passata la
nel sotterraneo,e
e
dove
tra
le
era
la
mucchi
di
uova
Quel
dove
si
fanciullezza. Fui
mia
calde
ancora
e
risonava
sotterraneo
solevo
portarlealla
trovar
mamma.
miei trastulli
dei
ancora
dove
e
,
di grano
fanciulleschi. Poi sbucai
il
cavalli
mangiatoiapei
legna o
il porco,
ammazzava
e
nell'orto,
salii
e feci alle bocce
empii di ciliege,
Ero in
0 alle palle,correndo,schiamazzando.
piena aria,in piena luce ; mi sentivo rivivere.
Dopo il pranzo feci la passeggiataper la Via
Mariangiola
Nuova, tra compagni e compagne.
mi teneva
bella giovanetta,
un
una
per mano,
di me, e io mi lasciavo fare,
po' più grandicella
e
e
fico,
mi
che è
veniva
un
di
falde
mi
era
l'affezione. Giungemmo
piccolomonte,
con
il cimitero
le storie della passione
una
tutta
camera
cheggiata
bian-
,
entro
cui
addossate
erano
degli antenati. Mi sentii un freddo
innanzi
Genoviefa
e
m'inginocchiai
molte
Croci,
Cristo,detto perciòanche Calvario. Alk
,
e
alle
piansi piansi
,
,
e
le
ossa,
pensaia
e
all' inferriata
dissi molti Pater
e*
Ave.
Verso
la sera, fatte molte
Pietro che ci voleva far
Cicirelli. E
ci menò
ci
visite,
conoscere
in
piazza,e
Don
disse zio
Domenico
là dove
si
a-
43
—
scalinata
una
pre
toncino,e fummo
che due
un
in
bianco
spaccature qua
al
di
seggiola,
con
una
tutto.
di
Don
non
erano
di
che
so
di
ragnatelie
stava
d'
su
alla
liva
sauna
finestra,
di scartafacci
avanti, sparsa
Entrando
mi
puzzo
all'uscio,
presso
tavola
por-
quella stanza
Domenico
d' inchiostro.
e
Era
là. Non
e
faccia
gran
già
:
,
Don
naso.
stanza
decorata
sporco
un
sopra. Trovammo
prima
stanze
conduce
in
c'imboccammo
subito
nella
che
pietre,
di grosse
alla strada di sopra,
Domenico
—
noi
si levò
e
,
stese
la
mano
berretto da
faccia
zio Pietro.
a
notte
rossa
a
;
era
Aveva
grasso
fondo
e
in
basso
,
la fronte
nero
,
Toccava
noi
Appresso a
Irpina:
Ai
e
vi
la
al
mano
lo chiamavano
tempi suoi egliera
avuto
aveva
e
vose.
ba-
portava barba.
altre persone ; si fece
entrarono
folla. Baciammo
Morra
labbra grosse
non
l'ottantina,
la
con
piena di
,
rughe, gli occhi cisposi le
un
capo
un'educazione
grand'uomo
il dottore
stato
in
e
di
il filosofo
Napoli,
finita. Don
cola*
Ni-
del
nico
Buono, Don Poppe Manzi, Don DomeCicirelli e zio Carlo erano
i sopracciò
nanzi
inai Morresi. Don Domenico, un libro vivente,
cominciò
la morte
di
a
narrare
Luigi XVI
la presa della
;
Bastiglia;
Murat, Danton, Robe-
44
—
—
Carlotta Corday e poi Napoleone.Molte
spierre,
aveva
cose
lette,molte vedute,a molte aveva
assistito. S'
Ed
li
era
sentirlo
a
giro.A
di
vino,e
un
bicchiere di rosolio. Don
ricco,ma
si bevve
stretto
in
nello
e
e
spendere,
rimase
i boccali
in
mano
e
pochi.E
mi
Domenico
dire
un
sai tu ? Perchè
diss'io ; ci
sono
io cominciai
a
ci
Sicuro,diss'io,
Già, risposelui
te l'ha detto il
le prove.
,
Bossuet,
e
Oh
!
Avemarie:
come
prova
Immenso
il
di Sant'Anselmo
di Leibnizio
finii trionfalmente
guardo
io
Iddio, ti vedo.
E
sentiamo.
e
:
Dovunque
lo
come
,
prete?Che prete !
infilzare le prove
di Cartesio
a
domandò,
mi
e
Sant'Agostino,prova
prova
di
?
prese per
alla metafisica.
ateo,
un
si
,
decimottavo, vale
c'era Dio.
dubbio
essere
e
stanza
imparato.E
venne
secolo
materialista
sciere
l'u-
la terra.
mi
avevo
cosa
era
sogghignando, se
prova
nipotefa
suo
Domenico
Don
domandò
Don
,
punitodalla
fu
sgombrata la
e
d'uno in altro discorso si
di
un
molto
era
i figli
e
stracciato,
zappano
va
Votati
toccò
piccini
noi
Domenico
prodigalità
de'nipoti.
Oggi
prova
aperta.
boccali
due contadini portarono parecchi
ecco
può
bocca
a
,
giro,
col
,
lebre
ce-
J
46
—
Voi
e' è rivelazione.
non
—
siete andato
Mettrie,conchiusi,ricordando
La
Fazzini.
abate
che
mi
anche
turbò
di
Me
solazio
di convegno
detto
era
faceva
mi
molto le
annoiava
pose sotto
libri
aria di gran
questo
io la trovava
Mariangiola
e
diceva
e
a
il
timentale
sen-
all'orecchio,
stava
lei si faceva
levano
potevo io toUerai'e. Vo-
non
eh' io stessi
e
insipida,
la tirava
sentire
barzellette,
faceva
mistero,e
a
me
,
stesse
Costantino si
me.
Vincenzina, la più grande
la tirava
per forza
che
scuola, ciò che
di
e
goffamente.Giovannino
con
Mariangiola,e le
Or
donna
donne, alle qualipiacevapiù
il braccio
e
sorelle,
con
ma
Selvapiano.La
novizio di
Giovannino, meno
rossa.
piedi,
Il luogo
a
fanciullescamente
impressione,
ancora
molto, sopratuttodi
ridendo
sorelle Con-
tre
Chiacchieravo
qualchepizzicotto.
davo
delle
le
in campagna.
portavano il pranzo.
coi contadini che ci
non
lodò; mi
parecchicompagni. Andammo
e
zicata
piz-
grossa
un'uscita
e' erano
e
,
rabbonito.
poco
facemmo
Costantino
risata
grossa
una
a
l'
del-
motto
un
discorso;mi
andai
ne
Il di appresso
una
più;prese
tabacco;mutò
accarezzò.
C'era
fece
Egli
sino
non
so
che
Gennarina
con
voleva
,
e
stare
;
con
pretendeva
sonetto.
Costan-
i:
—
si pose
tino
in
dqgzzo
—
mi
e
sgridò.Vattene
diavolo col tuo sonetto, disse ;
e
devi
stare
la
con
di Giovannino.
Cosi
il capo,
io
mi
e
scontento
L'
anno
ijualescuola
scuola
c'era
disputò in famiglia a
scuola
quella di
studiare presso
a
e
era
suo
conoscente,
in via Porta
ed
piccolae sudicia,
stanza
ventina. Il frate
pelo,e
aveva
abito
era
Ignimovimento
un
avanzo
scrittore
e
eravamo
in capo
camicia
macchiato
tutto
andare.
Don
La
Nicola
troppa folla di giovani,e zio
frate secolarizzato
di
si
di diritto dovevamo
preferimandarci
La
la scampagnata.
garzia.
più riputataera
Gigli.Ma
stizzito,
SETTIMO
abate
appresso
e
avvelenarono
CAPITOLO
l'
piùpiccino
Gennarina; Mariangiolaè
,
chinai
sei
lu
al
d' idee
dimenticato
un
erano
e
un
vecchio
un
tal Garzia.
Medina,
in
appena
grosso
una
una
berretto
sporchidi
bacco;
ta-
sordido. Straniero
moderne, stava
li come
della Scolastica. Il
che aveva
più recente era Vollio,
diceva lui. Ciò ch'io non
^i-"iplinato
Leibnizio,
suo
48
—
volevo
sentire. Uomo
forma
come
e
buon
e
zio
a
cuore.
stava
e'
e
seduto in
tavola,o
e
a
come
suoi
coli
pic-
rubiconda,sulla quale,
il caffè. Li mi
:
a
da
seguiti
sue
interrotte da
cioè
dove
teatro
un
cattedra.
era
noi;le
grosse
,
mancava
e'
non
mezzo
conferenze
erano
trattava
piacevaanche il rosolio;
Pasqua glienemandava, con
conversazioni,
spesso
sulla
sciolto d'ogni
e
Gli
potessibrillare
ove
mano
botteghe,si poteva leggere:Buon
Natale
lo zucchero
faccia
Aveva
certe
su
vino
alla
convenzionale,ci
amici.
—
lezioni
Egli
erano
grossipugni
prese di tabacco. Non
dire discorsi lunghetti
a
si
distinguesse
l'ingegno.
serie di domande
C'era li una
e di risposte,
alle qualiprendevanoparte tutti,e i più
e
niva
vene
prontitoglievanola parola agli altri,
vocio ingrato.In quellapresa di assalto
un
della parolami sentivo soverchiato,
stavo
li
e
meglio
stizzoso,
perchèsentivo che avrei risposto
di quellosfacciato che mi troncava
la parola
in bocca. Talora
mi
quando nel mondo
e
,
,
vedevo
soverchiare
pensavo
zia. Costui
non
e se
ufficio,
uno
da
certi
alle conferenze
presuntuosiignoranti,
dell' abate Gar-
prendevatroppo sul
non
voleva
lui si guastava la bile ,
ma
serio il suo
non
studiare,
perciò
faceva un' alzatina
49
—
di
spalle
volesse
come
,
—
dire
Tanto
:
peggio
per te.
Io continuava
piacevanoassai,e
diceva
le
di sentenze
fu
a
quella
cui il maestro
termi
metpossibile
gesto,
Lessi molto il Di-
presioccasione
latino. Dove
cominciai
a
un
po'di
Civile. Lessi
infinita curiosità i motivi che
molti
mi
faceva
,
in
una
Lessi
fama
,
TouUier, Delvincourt,Duranton.
come
Come
suole
si strinse
avvenire
,
amicizia
si
terrore.
francesi allora
commentatori
con
e
l'inspirarono;
quando parlava Napoleone,mi apparivain
che
e
rinvigorire
vedere
a
nello studio del Codice
grandezzabuia
mi
bella collezione di massime
ne
e
,
dietro
di
fatti,
ragioni.Non
una
come
luce,fu
di
la Procedura.
in capo
il mio
che
filosofici,
tenevo
poco
congeriedi regolee
non
studi
i miei
con
alcuni
disputavamolto
C
era
una
certa
compagni più simpatici,e
di filosofiae
di dritto civile.
che
gli altri un tal Fortunato
nella compagnia,
grande riputazione
tra
,
aveva
e
una
faceva
da
A
sopracciò.
me
era
con
antipatico
e lui che se
quellasua aria di superiorità,
avvisto,mi punzecchiavae mi provocava.
n'era
Una
•
sera
si vantava
mi
fargli
dispetto
D*
Suietit.
gran
repubblicano
; e
vantai
gran
io per
realista. Grandi
I
50
—
—
argomentazionidall' una
potè ridurmi
non
sfida,disse
al silenzio.
che la
Accettai. Scrissi
ai
si
sera
disputasi
lasciarono
cosi
facesse in iscritto.
Egli
mi
contraddetto
di
un
antico
Egli
scrivere.
e
la
:
gittava per
con
sua
scarico
Ora
bocca.
lo
non
sguardo nella
suo
mondo?
a
avvicinava
accordato
me
E
coi
allo
venne
avere
Egli
io pensava
un
,
tempo
in
col movimento
cui
gran
gittando
concili
in,
a
l'anima
Don
chiaro
l'altro
nel-
Domenico
quellaconciliazione
era
la
religiosi
principii
veduto
ha
forzata ; ed
il
l'aria
con
seguitonella vita,
cognome.
Chi
Cicirelli. In verità
anche
sulla
filosofiacorrente, trovava
ripetevaspesso:
,
ci chiudeva
doveva
1' ho
non
ma
il
lui
maggior libertà di spirito,
tutte le credenze,e diceva
aveva
il sensismo
e
glidissi
e
e
,
pugno
ascolta. Si
Batti,ma
che ci penso,
ricordo
voce
un
fare incisivo che
talento colui ;
e
guardaifiso
terra
un
talità
all' immor,
la
,
io lo
tenziare
sen-
io 1' affermava
la negava
alzava
e
compagni
vollero
disputaintorno
scaldava
mi
e
spalla,
i
tra
la vittoria. Un'al-
dubbia
la
accese
aria di
Allora,in
zibaldone;ma
uno
dell' anima.
e
ma
dall'altra;
e
affidato il giudizio,
non
qualiera
e
parte
pareva
che
il sensismo
religiosodel
già
si
male
,
secolo
,
51
—
dovea
mi
vagamente
il mio
e
il passo
cedere
si
vedevo
scozzese
e
mia
immensa
che
aveva
nizio
di
sottigliezza
citazioni
a
di
altri,
citare
cui appena
la mia
avversario,vista
con
mi disse
letto;fo
un
tal
:
Ma
Bayle,Leib-
egli conosceva
lettura
pagni
com-
mani, quando
la parata, prese il davanti
bravo ! Si vede
i miei
1' aria
con
che i miei
li li per battere le
stavano
molto
avversario,
stesso
accortomi
gioiosadel trionfatore,
e
frutto della
,
sentirmi
Terminavo
i nomi.
il mio
menti
argo-
leggicchiato
gli autori piiìmoderni,
cotali
e
che
dissertazione,
una
lettura. Il mio
sbalordito
rimase
di
copia
per
Smith
e
pochino anche Kant,
bio
lampi, e venivo in dub-
meravigliosa per
parve
Hurae
un
e
proprio, scrissi
amor
sentendo
e
,
dall'
Pure, aguzzato l'ingegno
stesso.
me
capo
citare David
fra le tenebre
di
filosofia. Questo
nuova
girava pel
avversario
la scuola
a
—
che avete
complimenti.E
pigliofreddo,come
questo
di maestro
che
desse
mi
incoraggiamento.Quel sussieguo mi
rimasi freddo
spiacque:mancarono
gliapplausi;
e
mi
tenni mai
Si annunziava
vendicato del pugno
al mio
un
spirito
mi bollivano
filosofico;
e
nuovi
studi. Si
in
avuto.
nuovo
capò
zonte
oriz-
nuovi
bri
li-
apparecchiavanoi tempi
52
—
di
—
Ottavio
dell' abate
Pasquale Galluppie
David
dei qualil'uno volgarizzava
lecchi,
e
Adamo
un
Smith,
Lorenzo
tanto
che
corso
certe
dal
grandi
moda,
di
caduto
era
per svecchiarsi
aggiunto al
aveva
suo
politica,date
economia
Cominciò
di
fautore
Napoli
a
reazione
una
non
ne
che
poco,
il trattato
il
vedeva
di
primo
Rossi.
del
sensismo,
tutti i
terra
a
come
pietà,trascinato
avevo
Il
corrente.
nuova
a
contro
Io
empietà.
idoli,e
indi
morto
speranze,
conoscere
miei
giunta
per
piccolo fratello Antonio, giovane
suo
fece
Fazzini
lezioni di
era
Hume
volgarizzava Emanuele
matematico,
gran
Kant.
1' altro,eh'
e
Co-
stesso, fatto accorto
re
la
dal-
del
toglievail suo favore all' abate Capopericolo,
casale,a Monsignor Colangeloe ad altri sene credeva, il buon
teologica,
sisti in veste
Kant
che
C
nel mio
era
un
giorno m'
uno
de' miei
Fazzini.
Puoti.
di
un
uomo,
sul
cervello
incontrai
vecchi
Dove
Cosi
fossero roba
Smith
e
turbinio,quando
Francesco
con
compagni
Vado
la
prima
volta
doveva
avvenire.
avere
Costabile,
nella scuola
dissi.
che
infetta.
meno
vai?
per
mio
un
uomo,
dal
marchese
intesi
una
del
parlare
grande
fluenz
in-
54
—
rideva
si
apri r
di
grave
uscio
la
era
seduto
stava
finestra,
poco
letto molto
un
tavola
piccola
una
da
so
pres-
di fianco un' altra
semplice;
di luce
Il
In fondo
discosto dal comò.
camera
una
Entrammo.
annunzio.
a
finestra inondava
vedete, era
aria
e
Gaetano, con
sinistra,
a
cameriere, ci
Marchese
imbarazzo, quando
del nostro
godeva
e
—
Come
la stanza.
letto
studio
da
e
insieme,molto modesta,nella quale il Marchese
s' era
lasciando
rannicchiato,
r altro del vasto
appartamento.
locali mi
Queste osservazioni
mente;
in
ma
come
quel tempo
un
M'ero
sul trono;
re
in berretto
e
vidi
ma
veste
i miei
occhi
in
ora
vengono
tirati,
at-
erano
magnetica,dalla presenza
immaginato per lo meno
forza
per
del Marchese.
fratelli tutto
ai
da
un
semplicemortale,
che
camera,
si
Costabile,dimandando
mise
a
fra l'altro
scherzare
col
chi
quei due marmocchi. Sono nipotidi
alla vostra
De Sanctis,e vengono
Don
erano
Carlo
scuola.
come
Io
me
Non
feci
rosso.
stecchito
e
glipresila
mano
ed eglila ritirò vivamente,
baciarla,
per
dicendo:
mi
gliaccostai
e
si bacia
la
mano
Egli rideva, e
allampanato,disse
parolesue
gidiset maleficiatis,
che al papa.
vedendomi
cìi'io
era
Io
cosi
de
fri-
come
favorite,
oo
vidi
Ci fece tradurre
appresso.
sorriso di
Nipote; fé' un
consegnò al
ci
poi
come
Gaetano
da barbiere.
Costabile
zione;
piccolasoddisfa-
ch'era
segretario,
mi
parve
spiegò che
ordinata
lettura di Trecentisti
che
si voleva
col Marchese,
foss' io cosi !
della scuola
la base
era
tisti;
Cinquecen-
e
leggere prima gli scrittori
piano, poi que'lidi
stile
quellidi
stile fiorito. Riserbò
per ultimo
di Dante
d' anni
par
i moderni
In
e
ci
poi
e
del Boccaccio.
Giovanni
vietati
Solo
poi
la lettura
dopo
un
Cinquecentisti;
affatto,massime
pose
Villani.
forte,e
nelle mani
i
poeti.
il Novellino
Badiamo, disse,
voi dovete
tutti i
notare
i vostri
gentiliparlari;io voglio vedere
quaderni. Corsi a casa, come
avessi un
tesoro, e cominciai
quello un
molto
sera,
con
come
Stavano
a
i libri.Mi
sfogliare
parlaredi bambini, e
e
La
consentiti i
erano
conclusione,ci
Egli
la buona
istile
in
e
po'più alto,
un
dimestichezza
se
dissi,sospirando:
e
cameriere
da
faceva
lo vidi in tanta
quando
e
nelio
di Cor-
tecario,
il Costabile. Questi faceva pure il biblio-
appunto
ci
suo
brano
un
risi
viva
con
chiamai
parve
vannino
Gio-
lui.
curiosità,andammo.
naufraghiin
mezzo
a
tanta
manemmo
Ri-
gente.
innanzi,nelle prime file,gli Anziani
56
—
di Santa
Zita,come
il Marchese.
C
—
ischerzo
per
in
erano
li chiamava
quellostuolo
di maggiorenti
parecchiche più tardi vidi nei primi
il Pisanelli
il De
cenzi,
Vincome
gradinisociali,
,
il
il
dino,
Cappelli,il Torelli,il Dalbono,il Ro-
Gasparrini.Altri
uno
gli Eletti,
Noi
stavamo
stuolo
era
corona,
Si correggeva
voltato
minuto
è
i
delle
tra
,
periododi
sco.
fre-
pote
Cornelio Nifaceva
un
parole,parte benedicendo,
Questa
plebea,questa
troppo usata, 1' è
che
maggiorenti
vivace, faceto,
sempre
un
parte scomunicando.
questa
la moltitudine.
in italiano. Il Marchese
esame
erano
parte dei più valorosi.
agli ultimi posti,tra
Il Marchese
gli facevano
a
antichi
meno
è
è
parola poetica,
volgare,questa
arcaismo,
un
1' è
è
sismo.
france-
un
Accompagnava queste sentenze con lazzi,
motti, esclamazioni e pugni sulla tavola. Io ne
aveva
e
la testa intronata. Poi si lesse
de'
ciascuno
maggiorentia
profondosilenzio
presenza,
dalle
rado
con
dir la sua, tra il
della moltitudine.
si fece la lettura. Francesco
faceva
impeto
Finalmente
Costabile
bella voce;
esclamazioni
leggeva bene
del Marchese,
sue
e
impressioni,
avea
bella
interrotto
,
il
ma
qualche osservazione,
le
lavoro,
un
quale di
rivelava
le travasava
57
—
nei nostri
che
né
le
che
ne
petti.Non
il
1' ora
mi
vidi
quando
sobbarcarsi
a
tardava,giunto a
casa,
dovetti
ne
sapeva
dovevo
Villani
mi
non
eletta schiera
entusiasmo
con
più di
eh' io
e
me,
letture di
di
era
di
studi.
in gran
mi
di
numero
i
quei
si dovesse
più bei
modi
ignorante,
Il desiderio
un
di
di attirare
e
parte nella mia
di
tragediee
di
di
gittaiperdutamente
Con
la
capo all'altro un
ristettifinché
non
gridava,che
da
novellini,
li studi di filosofia e
commedie,
poesie,e
del novizio divoravo
gran
giovani
Costabile
un
gliscrittori dell'aureo Trecento.
intero,e
entrava.
di
persuadere che Francesco
sguardi entrava
E lasciai
persuasione.
tra
e
e
quelleletture,
professare
quelle
i suoi
e
che
Iacopo Ortis
a
e
comparire, di piacereal Marchese
romanzi
me
Verri,quel dire semplice
rifare i miei
legge,e
zioni.
le-
Puoti.
Young
una
dottrine del Puoti
mi
ore
per
sgrammaticato del
Ma
scuola,
passarono
del
stro,
mae-
si chiamassero
del marchese
alle Notti Romane
e
tre
o
alle Notti di
Uso
detto
esser
conversazioni
sue
velocemente;e
e
voleva
studio si chiamasse
suo
Quelle due
tornasse
—
non
volumi.
ebbi
di dire. Prima
libro
un
sfogliati
Invano
leggerecon
foga
Costabile
ordine
e
di darci
tare
noun
58
—
voleva
libro nuovo,
letto. Io volevo
e
vedere
il
quaderno del
ch'eglicredesse
alla mia
quando si ostinava,improvvisavoun
di frasi da
il
tiranno,e io che
lacrimoso
richiamavo
ne
qualche
motto
una
chi
a
gara
mattino
diceva
mi
:
Bravo
! C'era
:
si chiacchierava
si correggevano
voleva
presso
di sé il
di
11 regno
e
ufficio,
Costabile
l'abate
s'insinuava
M.,
come
s'imponeva con
r odiavano
fiatava
per
durò
il Marchese
ricalcitrando
tema
un
i
tra
cavo
cer-
in
era
giovani
del
chese,
Maril
lui anche
a
leggeva
si
,
piava,
co-
Io ci
il Marchese
mattino, per
Enea, ristampatie
dei Fatti di
andava
e
,
me
di stampa.
errori
acquistato 1' occhio
aveva
dell'
si
,
e
in sollucchero,
più in grazia
più diligentiandavano
sua
frase eh'
egli andava
i
alla
malizia
ed
salisse
ceva
fa-
mi
Marchese
mia
parolao
o
grazia del Marchese,
e
dal
lui. Nella
con
notamento
credevo
poco
libro
parola,
all'altro. Talora
giorno
un
divinità,andavo
e
—
mi
la correzione
annotati
poco
si seccò
;
di
da lui.
si
seccò
lui, che
moti
cesse
Sucd'impazienza.
pugliesefalso e astuto, che
con
serpente, lisciando
arroganza
di gran
del
e
adulando,
ai minori.
cuore
,
Marchese
ma
che
,
I
pagni
com-
nessuno
1' aveva
59
—
caro
gli occhi
lo
fare
quel suo
per
gli avevo
troppo alto
invidia,perchè mi
sentivo
ma
;
Egli
n'era
se
lo accoppavo,
il mio
Domenico
er
più
in
la
un
sera
tra
e
Sapevo
divenuto
-icchè
gli Eletti.
,
mi
di
frasi,
nuove
servazioni
os-
si
M.
era
piacerenon
rimasto
venne
dal
C'erano
i fratelliDel
fu
indietro
Marchese,
tra
gli
li molti
giorni
Giudice,Gatti,
Ajello Florio,Capozzi.Il
,
a
ch'io dovessi
rideva,e
11 mio
Pietro
Giovannino.
valorosi,
come
u?ani
e
quindicinadi giorni dopo fu
una
Eletti anche
'
modi
senno
presto uscii dalla moltitudine,
lungo.Zio
naso
lo
per
facevo sempre
il Marchese
Ben
dalla turba
loquacee presuntuoso,
intero,perchè Giovannino
A
ero
potessidigerire.
impressisenza
la mattina
e
t'acea verde.
andai
mi
anno
non
quantitàdi
rimanevano
,
e
roba che
divinità.
ascriverli. Era
e
le mie
con
favoriti,
Agnolo Pandolfini,
Cavalca,Iacopo Passavanti,ch'erano
un' infinita
^he mi
me
i miei
delle minori
mente
di
aveva
glidei maggiori,circondati
me
pareva
le risa del Marchese,
tra
costume
in corpo
Avevo
e
quando
,
!
con
tipatia.
grande an-
una
accorto
massime
,
condo
per lui
,
qualche gelosia
.asso
Madonna
di
ipocrita
bassi.
non
tture
—
Marchese
60
—
cominciò
domandare
a
-
il mio
avviso
intorno ai
lavori,e io, parlandoin pubblico,cominciai
moderare
la mia
spiccarbene
secondo
il
vizioso
battere
foga e
la voce,
senso
ad accentuare
mi
:
Una
il Marchese
sera
novella.
grande
un
era
Doveva
mi
di
villagi
i
questa donna
di mia
nome
molto
era
e
madre, e
semplice;
e
piacque infinitamente,
assicurata
,
esimi
0
novella
come
eccellenti,
le mie
tra
a
Firenze
carte
dicato
inmi
nome
poi:
le diedi il
tutto
ma
zionari
di-
un
ditura
L'orpido,
insi-
era
che di frasi. Pure
fu
riputazione
tra
gli scrittori
si diceva. Serbai
quella
più prelibate e
,
lungo tempo
Presi
in
Agnese.
la mia
fui annoverato
e
? E
la chiamai
c'era altro sapore
non
una
del fatto. Dissi
che
a
tire.
balbu-
donna
una
perchè questo
il teatro
darò
faceva
Trovai
piacque,e posilà
nome
parte quel
la storia d'
tra
geografico,
so
intonare,
progresso.
pensaimolto.
Signa. Non
a
finali,
volle si scrivesse
essere
Io ci
sventurata.
ed
tolsi in gran
leggeree parlareche
Questo
sulle
mi
poco
parve
a
poco
a
quelloun
per
capolavoro.
lo stile del Marchese
,
soglionofare
po'di affettazione come
certa
Quello stile consisteva in una
gl'imitatori.
non
scelta di parolesolenni o nobili,
logoredalcon
un
,
miei
sfuggitiai
errori
occhi
m'
pazienti,e
segnò
in-
la modestia.
della
Il direttore
Stefano
De
marchese
che
si
abusando
Puoti, e,
scrivere
di
lettere. Un
scritto
indirizzo,precedutodalle
che
che
trovò
e
fece
quelle lettere
queste
significano
ricevuto
avessi
andai
più,ed
tre lettere?
busta
Egli
troppo
Sapete voi
pra,
so-
cosa
asino
significano:
come
petto indietro,
oggi quel motto
anche
un
S. E.
A
colpo di pugnale,
un
Mi
strinsi sempre
sue
annotazioni
Fatti di
Enea,
? Io
che
docilità,
prefazionie
messe
:
del
me
e
vi
non
lo sento
nell' orecchio.
sonare
le
più
eccellenza.
erano
Io feci col
educazione.
senza
da
sacramentali
rabbuffo^ e disse
un
tal Gabriele
d'una
su
A sua
significare:
dovevano
un
della mia
dettando
seco,
avevo
era
teneva
.
faceva
mi
stamperia
era
della
la
venuta
Avevo
di
dire:
divenuto
una
consultava
tra
,
Salvini,il Sanzio,
Cosa
nelle
studi
non
ai
ne
cesco
dice Fran-
so
cose
gua
della lin-
M'era
grammaticali.
il BuomCorticelli,
il
il Bartoli
,
,
e
fare
grammatica
eglidiceva.
il Salviati
il Cinonio
mattei
il
mano
di
Nel
speciedi autorità,
grammatica,come
frenesia
degli
spesso
Marchese.
lingua e
soleva
il Marchese
e
più col
,
quanti altri dei più
63
-^
ignorati.M'
gittatoanche
ero
Tocchio
avendo
sempre
—
sui
Cinquecentisti,
lingua.Il Gelli,
alla
glione
Giambullari,il Firenzuola,il Caro, il Casti-
il
deliziavano.
mi
tanto
aveva
le
parentesi,per
eh' io
e
segretario
cui
Quello
a
a
troppo alta,parve
cosa
prima
era
nome
c'era
pur
pilila
e
r
egli faceva
cosa.
e
e
lo
che
favorito,
sbuffava
e
tenersi
usci
a
con
dire
un
a
e
:
Ma
M.
insolente. Il
al
nome
non
perdeva la
certo
che
sera
suo
zienza
pa-
di pessimo
piglia
ri,
calare
inter-
riso tutti. L'abate
loco, e
trovava
non
tutti
a
aspramente
correggeva
moveva
come
surrogassi
qualcun
Il Marchese
la correzione
,
me
interrompeva spesso. Una
la lettura,il Marchese
era
umore
Puoti.
mira,
a
sotto
ma
,
trovai
T abate
ufficio,
suo
quello
senza
poco,
la
pigliobeffardo
suo
giornate
marchese
allora
ch'io
lasciò il
li col
a
ponevo
naturalissima. Non
altro;nessuno
stava
non
quella;
era
pensassi,mi
il favorito del
una
nari
sfogliandodizio-
poco
ci
accorgessio
ne
me
a
aveva
era
le intere
di stampa,
grammatiche. E
e
pagni
com-
poi, ciascuno
altro;stavo
correggendobozze
cosa
miei
faccenda
la mia
me
ad
pensavo
il
letto. E
dei
faccende;a molti quellascuola
sue
non
Nessuno
non
insomma
potendo più
ora
debbo
64:
—
alzare
so
la
come
voce
li per
voi. Guardammo
ci pareva
e
che
li
stesse
e
avventarsigli
pigliarlo
pel collare;ma
gli fece
e
fredda
intercalare,
patria,e
non
grammatica
dei miei
studi
presentòalla
il
Mi
la testa
Io
me
zio Carlo
cose
teneva
ne
di
andavano
non
casa
Un
scinta,i mezzi scarseggiavano.
segnare
Storia
senza
infinite,
dava
an-
CASA.
invecchiava,la famiglias'èra
congedaronoun
e
NONO
DI
COSE
le
mi volle
alta.
CAPITOLO
Intanto
erudizione. Mi
posto per soprannome
avevano
grammatico.
con
a
e più volte
famiglia,
sua
seco.
pranzo
compilare
e si giovava
giovanetti,
della mia
e
dette
per-
notizia.
intento
de'
uso
a
M.
sua
poi in Castellaneta,
tutto
era
senza
quel di
Da
seppi più
ne
Il Marchese
un' ammonizione
dura.
e
Ritornò
autorità.
a
abbassarla;non
regolarecon
Marchese,
si contenne
una
debbo
no;
si debba
uno
al
ora
,
—
maestro
,
Sacra.
Di
e
messere
storie
ne
e bevendomi
critica,
bel
me
benei
accre
giorni
a
i
avevo
let
tutto
quell
65
—
eh'
stampato. Avvenne
era
molta
i miei
che
maliziosi di me,
più
erano
con
—
quando io parlava
e
gravità delle fogliedi
d'oro,quei
La
biricchini
della
mente
fico
sé zia Marianna
a
alto della
persona
dallo zio Carlo
educato
mancati
in
Napoli
studi letterarii
dall' esilio,
s' era
ma
già troppo
era
clientela
civiltà ,
jl'
era
sul
era
', suo
volto
una
la
e
,
cert' aria di
pallidonon
so
accortissimo
uomo
poteva
naturalmente
sottrarre
che
quale
con
un
pei figli,
alla mia
fami
-
In quel tempo Anielgli dispiaceva.
secondogenitoveniva già con noi alla
,
scuola del Puoti. Portava
e
impressioni,
della Villa
Marchese
e
Sànetis
aveva,
con
fresche da Roma
e
io
eravamo
le
bella descrizione
una
Borghese,attirata
dei compagni.
Giovannino
D«
filosofici.
Tornato
,
ciò che
tutto
non
gli
non
gli anni
con
Aveva
venne
fare il medico;
a
innanzi
saper fare. Tirava
:a,
e
e
Era
,
imprimeva
certo
lui aveva
sceltezza di maniere
certa
una
distinzione ;
e
messo
scarsa.
indebolito
asciutto ;
e
,
erano
zio Pietro
regolavatutto.
e
magro
,
collerivo
io m'in-
famigliaera
gli anni e le fatiche avevano
zio Carlo,che perciòlo lasciava fare,e
del vitello
e
ridevano,e
;
tirato
scolari
1' attenzione
nel termine
del
degli
6
66
—
Zio
legali.
studi
Giovannino
—
Pietro pensava
avvocato
un
presso
già ad allogare
per
,
doveva
poi,nel suo pensiero,
dello zio Carlo, per sorreggere
strada. Io
aiuto
quei suoi
in
vecchi
al
qualepiacevamolto
Io
studi,ma
per i miei
,
lui
e
di
dicevano
mio
in canzonatura
ammoniva
il
fratello
ricevuto
mezzo
,
Pietro
zia
e
mettevano
Paolino,zio Carlo
alla mia
sogguardavanoe
e
s'
stimolò
li
di delicatezza mi
morto
era
da
lo scudo
zio Pietro
babbo, o
qual sentimento
latino dell' Università
Zio
ero
accennando
mi
solo
condotta
tranquilla
,
Essi
impressione.
questo
del
1' occhio
con
presenza;
male
il professorino.
aver
famiglia,e quando
Marianna
In
mai
alle
zio, non
castigo.Naturalmente
alcun
Marchese,
chiamava
per la mia
ricordo
non
della mia
fece
col
l'occhio dritto dello
era
stro
mae-
eh' io mi consacrassi
fin d'allora mi
lettere,e
un
la scuola
anni. Cosi cominciai
parlatoanche
aveva
ne
essere
Sacra.
di Storia
Egli
farglila
il
era
di
professore
aperto
molto
cevano.
ta-
il
corso.
con-
lo zio Carlo
anche lui. Zio vi consenti a
perchè concorresse
malincuore,e passò ore angosciosetra preparazione,
timori
e
speranze.
Venne
il di. Si fé-
67
—
gli scritti;
poi
cero
Vi
pubblica.
Pietro,e vi
A
uomini.
I
andò
il Marchese
batteva il cuore,
piedimi
tiravano
Nuovo
là,ma
Rimasi
li per
so
m'era
pezzo
già lungo tempo
chiesa. La
prima domenica
stava
l'abitudine
poi venne
rendeva
un
atto
odiosa
servile. C
mi
e
filosofia,
chiodo
un
sentivo
pilimessa,
questo, stando
come
punire me
prova
,
non
li in
e
,
mi
non
in
ancora
vita.
di Dio.
parecchioogni studio
in
mente
aria,
Seguii V
ginocchio,mi
sosterrebbe
i
senza
andazzo ;
mi confessavo
rimprovero.Pensai
un
in capo;
ogni speciedi culto: pareva
erano
poi i malcreati,che
stavano
nella
a
fededella congregazione,
rimasti però
cipiireligiosi,
base
usavo
l'indifferenza. Il governo
e
lasciato da
avevo
non
sentii messa,
non
motteggiavano i giovani timorati
Io
e
appoggiato ai
eh' io
che
come
che voleva per forza la
mi
entrai
quell'idea.
venuta
col capo
ferri. Era
quel pensieromi
ed
chiesa
all'inferriata dell'altare
come
un
giunto alla
,
avanti
inginocchiai
maggiore.Non
zio
osai andare.
non
e
andò
molti chiari
e
proseguii
non
la lezione
tenere
vi
scolaresca,
molta
,
m'
si dovea
andarono
me
del Gesù
—
di
princuna
alnon
più.Tutto
si affacciava
che forse
Dio, per
lo zio nell' ardua
posi fervidamente
a
pregare. Non
68
—
avemarie
erano
si
come
paternostri,
e
un' onda
piccino; era
-
che mi
preghiere.Usci una messa
mi distrassi,
nel bel mezzo
e non
prete, seguiile ombre
a
Don
e
mi pareva
gente sofisticae
pareva
m'
non
del
sapevo
e
e
carne,
dassero
guar-
fìgliuol
prodigo,
comprendere come
de' cattivi
potuto tollerare glisconci parlari
feci
un
via
mi
sovvenni
Mi
compagni
mi
cervello. Pensai
queltal Fortunato,
dappoco dirimpetto
prendessero
dipinti
sangue
e
intenerii^
avessi
seguiipiùil
e
me.
e
a
eh' io sentii ;
sa.
grandezzadi quellachieparlante
sguardo si perdevatra quellevolte,e
che tutte quellefacce di santi e di
Il mio
beati
Cicirelli e
Domenico
alla solenne
mi
del mio
e
me
pezzo tra lacri-
un
e
ma
da
gonfiavail cuore
fuori. Stetti cosi
versava
facevo
,
gran
da
me.
e
,
1'antica
ripigliando
segno
di croce,
come
usanza,
per
Quel prete che diceva
guardavocon
spiravadivozione;
ciarli
cac-
messa
occhio amico
quellesottane lunghe e nere con quei berretti
provò
quadrati,e fino quel padre gesuitache disapalla memoria
il mio latino,
mi venne
e
mi parve amabile nella sua severità. Finalmente,
andai via,pensando
di quel fantasticare,
stanco
Francesco
Saverio
era
che il mio nome
quel
della
e decoro
santo che fu apostolodell'Indie,
,
70
—
in
giato.Corsi
sala, dove
furia
e
presiin
r
armeggiare
—
la
si teneva
scuola,
in fretta il dizionario.
e
mi
dovesse
pareva
Quel-
significare
combattere, battagliare,
disputarela vittoria;
mi
rimaneva
mia
furia
la
mi
tale che
era
pagina
pestavo
e
,
la fronte sulla
mano.
senza
frustato,
pur
e
casa,
lo zio
che
credendo
capo
basso,come
abbattutissimo
il
e' eri. Io
chinai il capo,
e
Nicola
fiatai ;
un
libro
e lo
dispetto
buttai
Santi Padri.
Ho
il
Don
volto,
si voltò
a
tu
inconsolabile
ero
e
,
quell'
angolo di
vegliee de' miei
studi.
aperto, le Vite de' Santi
Cavalca.
di Domenico
Carlo,e
ritirai in
testimonio delle mie
sul tavolo
facendo
che
mormorava
del
dici tu, Ciccillo? Ah!
ne
mi
simo
stanchis-
e
scritto,
pur
suo
Zio Pietro
non
Giunsi
il Marchese.
i conforti di Don
Cosa
non
Padri
a
alla vittoria di zio
dicendo:
casa,
piedi.Finalmente
invidioso,e gli raggiava
me,
Era
vedere
leggeva
qualcheappunto.
era
Uscii
era
sentiva
e
Buono,
Nicola
i
maledetta paginae quel
quella
:
armeggiare. Lessi che significava
e divenni
e posai
pallidissimo,
vana,
fare opera
,
riuscì subito trovare
mi
non
innanzi
vennero
maledetto
a
per lo zio. La
filo di speranza
un
Io
giù,dicendo:
invocato
presiil libro con
Al diavolo questi
oggi
tutti i Santi
71
-
del
paradiso.A
Poi
mi
che dovevo
raumiliato
la mente
Venne
e
Gesù;
e
di
superbia
il di appresso,
messa
buttai sul
addormentai.
Mi
mi
avviai
e
il
zio
curvo,
e
rimasto
era
io
prorompeva
in atti d'
spesso
fosse divenuto
volesse
po' freddo
un
più quel bene.
gli facevo
le
moine,
dovettero cavarmi
dalle
Anche
fare
non
s'era fatto più
percosso,
Qualche volta vidi che lacrimava.
mi
cammino,
chiesa
a
trare,
en-
Tra
Si, entra.
Puoti, e
nanzi
in-
volevo
non
diceva:
dal Marchese
trovai
più.
Mio
che
gombra
in-
e
letto,
fantasmi,mi
indugiavoe
ma
mi
e
,
entrare, continuavo
non
trovai
tornai
mi
pensieromi
un
entrare
mi
di
la dimane.
al
e
sentir
stanco
e
voi altri Santi?
che siete buoni
atto
pentiidi quell'
sovvenni
e
—
lo
oggi non
una
so.
Una
si levò
e
mani.
sue
Mi
con
sera,
mi
za.
impaziensembrò
me,
e
non
che
mentre
percosse,
Cosa
era
nato?
Un'altra volta s'andava
scampagnata
sopra
i
e
a
vamo
eraCacciottoli;
giuntial Largo della Pigna-Secca,
quando
dissero
zio
Il
zio eh' io
a
s' infuriò
e
mi
Zio
tardi,lo
,
sono
chiamai
una
ordinò
mattino, secondo
dissi :
avevo
il
calza
di ritirarmi
rotta
a
solito,andai allo
le sei
un'altra
e
mezzo.
Tornato
,
e
casa.
zio
e
più
volta,ed eglisi leve.
72
—
Ero
in cucina
entrato
giunse una
la
e
lo zio
,
un
Cosa
mi
e
gesto
d'
puoi fare
lui,e
gran
fatica si
Non
la
lasciò
avevo
alla
zio
non
stare
era
un'
Fummo
tutti attorno
potè rimetterlo
ci
parola
più
cuffia
guardò
solenne nella mia
sempre
cosi.
nell' animo
allegria una
,
morire, e le
Questo
dei miei
gara
medesimo
studi
e
nanzi
inlo
dovessero
cose
cugini.In
di
vita.
; tiravo
ed allegramente,
come
spensierata
mai
ci
,
il letto.
pensato al dimani
dovesse
bito
su-
CRISI.
momento
mai
a
DECIMO
LA
quelloun
lesse
vo-
tro
Corsi da zio Pie-
,
CAPITOLO
Non
alzarlo ;
sanguisughee digiunie
e
ghiaccio.Riebbe
ravvisò.
per
vidi che
lato sinistro. Ecco
perduto il
salassi
Fu
tu?
è caduto.
letto. Aveva
e
impazienza,come
Zio
a
Corsi
chinai
gridando:
a
di
terra,
per
dire:
allora,quando mi
ripetè:Ciccillo!
voce
eglifece
ma
allora
Ciccillo! Ciccillo! Tesi l'orecchio,
voce:
era
—
di
pensare
casa
era
esercizii
geniali.Zio Carlo ci seguiva col suo occhio
e
voleva,quando si levava il
pienod' affetto,
Va
—
-
conferenze,
mattino, sentire da noi ripetizioni,
ciò che
tutto
imparavamo
dello
nei divei*sirami
scibile.
e
vago
leggevo come
del
giano,
leggendoil Galateo ed il Cortila sera
sempre di fatti guerreschi,
allora
Stavo
un
e
Bentivoglio,
Quello studio delle frasi m'
la
ammirazione
stessa
Davila,
Cellini. Le
seccavano,
salvo
gusto
era
non
scrittori il
e
ancora
cadavere
e
formato.
ancora
Cercavo
quell'aurea
semplicitàche
quel secco
noia
avea
negli
c'era
certa
una
m'entrava
vantava
il
zione
contraddi-
periodareda Cinquecentista
da
fraseggiare
lo studio delle
studiare le
cominciato
Trecentista.
tomi
Venu-
parole,mi prendea
cose.
Sotto Costantino
lo studio
dell' anatomia.
miopia m' impediva di veder
tra quellafolla,
e
supplivocon
con
mi
rettorico. Il mio
e non
pensiero,
vaghezza di
La
del Machiavelli
tezza
sentimento,V immaginazione, 1' acu-
quel secco
Demitri
storie
avevo
Guicciardini,
come
stile,
la novità del
tra
a
molto, e
qualchebrano
Sentivo che
Puoti.
e
di
po'a
un
scrittori differen-
verso
d'ingegnoe
tissimi
venuto
era
m' interessavano
cose
Davila.
civili del
le guerre
noia ; le
di Fiandra
le guerre
romanzo
lo studio camerale.
Quanti
bene
il
gure
le fi-
libri di
74
—
—
di chimica, di geologia,di
zoologia,
mi
venivano
in
tanti
mano
medicina
divoravo.
ne
Le
,
mie
letture
di fine e di
mondi
del
Cotugnoe
buoni
arrosti
di
letture. Qualche
studiar greco
trovavamo
casa
sonare,
in
ora
me
del
giorno
si
e'
ero
tutto
nuove
passava
a
latino col Rodino.
guantato
cantare, ballare. Oh ! 1' era
Io
a
facevano
mi
puntualmenteil maestro
e
viene
pro-
zio Pietro
1' appetitodi
Margaris,e
lava
par-
tabile
l'inevi-
malattia
ciascuna
Sentivo
bassotto sbarbato
un
vita.
col
bolezza
de-
di
rilassanti,
e
quelle metafisicherie
aguzzavano
curava
provenisseda
e
questa dottrina,
salassi,accompagnaticon
bocca aperta ;
A
di controstimolo.
e
malattia
che
di
e
mento
vino, sul fonda-
buon
con
infiammazione.
gola, e
parlava
d'Andria
di stimolo
di emollienti
digiuno,visto
da
e
combatteva
di lenitivi e
e
e
ciascuna
Poi
purghe
Pietro ci
parlavadi tempi nei qualisi
che
da
allo sguardo
aprirsi
Nicola
maestro
di Bufalini
Ci
rietà
se-
naturale,fisiologia,
patologia
molto ; vedevo
suo
senza
,
Zio
ignotie inesplorati.
spesso
con
romanzi
studio,tirato da piaceree
curiosità. Storia
mi attiravano
di
come
erano
dentro
meditando, leggendo,quando
,
il
que,
Cin-
; ed ecco
una
bella
fantasticando
,
caso
dello zio
-75
—
Carlo
anima
cielo
Zio Pietro
la
disposeche
La
curve.
Puoti ;
Giovannino
E
andavo
tutta
la
sempre
io rimasi
lì in
spalle
alla scuola
giornataera
del
gare
spie-
a
spesa
a
putato
ri-
un
il peso della scuola sulle mie
sera
ma
andasse
Padovano,
il
commerciale.
tutto
con
ste,
tri-
oscuro.
praticapresso
sua
alla mia
ridevano
di nuvole. Il presenteera
divenne
avvocato
casa,
che
azzurro
si copersero
l'avvenire
fare
Tutti
gli
finì. Quegli
interrotti.Ogni allegria
studi furono
squarcidi
triste realtà.
alla
chiamò
mi
-
grammatiche e rettoriche e autori latini
e
greci,a dettar temi, a correggere errori. Ero
que
rotto alla fatica ; pure quellecinpazientissimo,
classi prostravano in
cretino,inetto
mezzo
sapevo
pena.
zio
come
Quei
riuscivano
perchènon
cari
acerbi
erano
avesse
studi
,
non
a
me
ogni virtù.
libro,e
capireun
potuto durare
dei miei
solo per
più d'accordo
Finivo
primi
a
quella
anni
la fatica
,
con
non
la mia
mi
ma
scienza.
co-
Quel Soave,
pietà.Quelle
del
ariette
quelFalconieri mi facevano
del Metastasio,
quelleottave
Tasso, quei sonetti,quellesestine, quelle
epigrafi,
quelleceneri coronate, quegliAdami
rabbuffati,
quei maestri di fulmini e quegliEugeniiche fanno paura alla morte, non entravano
Tt)
—
più
nel mio
Quel
spirito.
gli scolari
mani
un
come
dare
per
scrittori vivi mi
natomia,
i
entro
faticosamente
vano
facecito,
Ta-
di
o
era
plausibile,
senso
talora
e
spirito,
al mio
tortura
che
torturare
frase di Livio
una
cavarne
per
—
si
una
le
movevano
scappellotto.
Quegli
uno
divenire
parevano
pezzidi
a-
cercavano
qualiqueigiovinetti
la costruzione.
Quel
sulle
contare
citare
dita,quel fare la cantilena,quellostupidore-
memoria, quel
a
m'
sfiatava,
tr' io mi
sui
darsi i
menpizzicotti
mi dava
intollerabile,
era
nervi.
conforto
Alcun
,
Erano
volta delle classi superiori.
e
loro
capivano meglio. Posi
di Annibal
che
Caro
piacque. La
,
base
fu
e
miei
in
coetanei,
tere
le let-
mano
novità
una
dello studio
ardita
colà il
era
oltre la lettura dei
latino. Per l'italiano,
non
e'
poi
si cominciò
era
gioco presto
a
parole,sul
si destò
altro. Prima
a
venne
noia
a
a
me
e
sopra
Tasso,
curiosità
,
spigolarfrasi ;
fare osservazioni
nesso
la
questo
ma
loro. Cominciai
a
i sensi delle
logicodelle idee,sulla
sulle intenzioni
del sentimento
la
veniva
prendevo quando
sione
esprese
sulle
,
malizie
loro
e
dello
per
me,
scrittore. Erano
che faceva
con
cose
nuove
que'cementi
per
im-
78
—
fossi trascuratissimo
ancoraché
d'
si porse occasione
il
—
nel vestire. Mi
lezione
una
d'
signor Fernandez, spedizioniere
di commercio.
Mi
davano
trenta
che
un
tesoro.
Andavo
mi
parve
che
per tema
in
pochi
mesi
mi
mio
segreto,
a
carissime
avvoltoio
e
che
la
Ma
mie
ad
la cosa,
cosa
era
alcuno
lo
tra
volli
domandare,
e
me
di
e
,
e
lo sbadato.
una
gogna
ver-
gli ofifriiprontissimo.
piastrecon
sorrisetto,
promettendola restituzione
facevano
teneva
la
risparmiargli
Egli adunghiò quelleamate
carlini
cuore.
insinuante,
danaro
scemo
di mi
fra poco
che
vocina
po' di
cavò
,
avviata,e
una
gazzetto
ra-
lo Schmiicher
l'impiego.Mi si fece tanto
un
mi
e
piastre.Un
povere
bene
capiiin aria, e
lire.
il
certi occhietti di
parlatocon
aveva
gli occorreva
(1) Dodici
cosi
quelloscaltro
bocca,e fissava
fé' intendere,con
del
dessero
ca-
,
gli occhi bassi,cosi
Io
non
piastre (1)
dissi verbo
ne
non
sulle
avrei avuto
che
greto,
se-
Era
gelosissime.
e
Griovannino.
il segreto di
Egli mi
carlini
alcune
(FrancescoD.) fiutò
che
li in gran
di zio Pietro. Aveva
accumulate
tenevo
raccontò
casa
,
che
neppure
una
carlini al mese,
quei trenta
nelle tasche
e
privata presso
piastra,
poco
fra
un
pochi
più di cinqu'
79
—
Tutto
Che
la
balenare
facendomi
di, e
a
Ecco
casa.
sua
deglistudi
Ma
visto
di venire
un
lo fece
prima ridere
eh'
nipote,e
del
suo
La
tutto.
;
detto. Ma
fatto,avrebbe
tornarono
non
zio
mano
un
bricconcello. Non
a
mia
contro
avrebbe
piastre
di vederle
le
unghie di
più questo
truffa che
prima
plicità
sem-
intrigante,
quelle povere
vidi mai
fu questa la
e
one,
d'una
adirò
poi si
più.E cosi per tema
Pietro,finirono tra
in
cesco.
Fran-
E
e che
e mi promise le piastre^
discolo,
un
sapere
caro
bugiardo,un
un
era
voleva
più! diss' io.
viene
non
se
zio,credo
suo
che
sa
,
della condotta
e
un
è ?
nessuno
,
parola,gli sballai
in altra
il
1' ha
piego.
l' im-
Che
scomparve.
di guerra
commissario
un
innanzi
sempre
tratto
un
è ? Nessuno
non
—
scroc-
mi
fu
l'atta.
potevo levarmi
Non
lucenti,eh'
Peggio è
izzoso
il mio
erano
che
dinanzi
quelle piastre
segreto, il mio bene.
potevo sfogarmi con
non
della burla
e
delle beffe. Poi
pauroso
all' impiego.E perchè non
jjensai
ttesto
)
signorSchmficher
; il mio
)Vdi un
lava
dev'
nome
ignoto.Mi
udienza,
me
? Colui
essere
feci
alcuno.
andrei
gli ha parla-
scritto,non
animo,
e
io da
un
Gli
gli presentai.
di
sono
ch'egli
raccontai
80
—
tutto. Era
buon
un
la faccia
con
Chi
—
io.
è
sapevo
rubiconda
e
fiso,
disse
:
che
prenda cura
risposi:Si, c'è
quel dunque
testa
a
bassa
voleva
Ma
di lei?
lo zio. E
da
me
l'aver
pareva
che
le beffe. Mi
regalo,e
io
cura
le
in aria
Innanzi
—
da
tocco
Vedendomi
L'usciere
spalle.
gli posi in
mi
a
trovai
,
mano
lui
e
,
morava
protendendole labbra,mor-
e
questo ! M'
ero
belle
cose
bel discorso ; tante
Come
quel signore.
a
ammalato,
era
di lui? Ero
tutti mi
carlini del
facevano
a
e
non
gli
che toccava
scoraggiato;mi
guardasseroe
guardaibene
(1) Dieci grani
persona
come
,
il
Continuai taciturno
i trenta
dunque ?
volse
dire
grafia
calli-
gliocchi
con
che
mi guardò
nessuna
muto, mi
così
e
una
avevo
e
diss' io che lo zio
a
studi
balbettai neppure.
che
nulla
so
,
insolenza. Anche
preparato un
erano
miei
di stucco
rimasi
crollando il capo
e'
Io
—
ti.
schiet-
Non
—
e' è
non
quei pochi grani (1)
con
modi
,
Egli m'interruppee
—
fulmine. Non
un
sazia
e che
lettere,
cattiva.
non
e
gli parlaide'
scrivere
della persona,
Tedesco,alto
questo signor D. ?
Allora
—
—
mi facessero
di dirne motto
in
casa.
portare il basto,e sognavo
nuovo
un
mese.
carlino.
81
—
Un
giorno,uscito
zia Marianna.
crocifisso;
un
per
non
La
zia
e
lo zio
sta
incontrai
Carlo ? Come
io. Avevo
la
rispos'
andai oltre,
studiando
mancare
a
sali in
di casa,
appena
Come
volete che stia ?
—
non
casa
: Zio
quest'altra
so
peggio;
sta
frase in
riempi la
e
di lamentazioni. Lo zio si turbò. Aveva
indebolita
lacrimava
e
mi chiamò
Come
:
Alzai
in aria
meglio,mi
via
come
un' atmosfera
davo
di
e
gliocchi smarriti,
la
mi
;
non
ostile,
colpaa
coscienza,e
terrogò
in-
salute ?
dissi : Molto
sentivo
e
mi
involto in
perchè,e
sapevo
me,
mi
intorno
presto guarito.Andai
sarete
,
accusato
fui tornato,
giudice,m'
un
eh' io stia in
ti pare
pare
un
spesso. Quando
1'aria di
letto,e zio,con
al
casa
la mente
sé. Si fece cerchio
a
il passo,
qualeappuntamento.
voltò la mia
e
,
faccia di
facevo
un
lora
tame
esa-
promettevo d'essere più
cauto.
Un
la
giornonon
Era
croce.
iiiassosinon
lueridiane
ne
potevo più; giacevosotto
carnevale. A
assetato
d'
aria
verso
e
piazzadella Carità. C
Scesi in
carro
arro'dei
B*
queidivertimenti
garbavano.Uscii
,
Il
me
Suetit.
! il
carro
di
era
le tre posolitudine.
un
leto.
diavo-
! si urlava. Passava
reali,sfarzosamente
principi
il
addob0
82
—
bato.
feci
Mi
—
tro
largo a gomitate,imprecando con-
quellagentacciache
L' onda
mi
pietre;
che
toccò
sorresse
e
D'Amore
mi
tenne
ed
signorino
,
scuola
del
Maledetto
Volevo
Che
Puoti.
e
paese
andarmene
maledetto
—
furia
spintoni,giungemmo
,
calca;
un
mare
dei
suo
Molti
lo
verso
C
farti
Cosi
—
a
Spirito
era
in lontananza
carro
polverioaccecava
può passare
a
vetri rotti
passaggio.Il
fischi intronavano
si
! diss'io.
te.
con
—
po'd'aria
un
Marra.
principireali,fermato
; il
qui ?
gran
spingersiinnanzi ejndietro, come
furioso. Si vedeva
i balconi.
alla
compagno
bere
verrò
la farmacia
presso
uno
io, e
che
lui faceva
pensi,tu solo,di
farò la via
Santo
frago,
nau-
D'Amore,
ti porta
a
via ? Ti
di
come
carnevale
solo
E
Capodimonte.
verso
mio
era
fiere
staf-
uno
cantiniere,e
un
come
il braccio. Questo
sotto
diavol
tutto
solo mi
non
confetti duri
tale
ripescòun
mi
il passo.
frustata da
una
figliod'
era
il
e
passò rapidamente. Stavo
quando
mi
pioggiadi
una
mi
ma
chiudeva
il carro,
gettò verso
addosso
venne
mi
battagliarecontro
erano
testimoni
si avvicinava
gliocchi
;
la testa. D'Amore
; andiamo
qua
il carro
su, che
del
te
lentamen-
gli urli
e
disse: Non
sono
amici
i
83
—
E
miei.
mi
tirò per
—
in
porticina,su
una
una
camera.
Era
ivi la
del farmacista ;
casa
spalancato;vidi ^signore
era
nelle altre stanze.
per l'abito
Fiutai
D'Amore,
le scale
alcuni
gendarmi
'.
che
noi
le
con
pugni, dati
asino in
messi
in
Bello
a
fila,
due
e
vano.
minaccia-
due, e
a
Io
spettacolo!
ai suoni
mezzo
vicino,e
un
:
non
ci
de'
stavo
capivonulla.
le
principi,
furia di confetti,avevano
nati
me-
come
è stato ? E
dissi : Cosa
che, passandoil carro
a
rotto
mi
schere,
ma-
i vetri
balcone,sfregiando
signorie signore.Allora
alcuni
giovinotti,
rono
per far vendetta,apparecchia-
della
al
il collo
protestando
e
avuti, strepitavanoe
e
per Toledo.
al
per
poi tra* gendarmi alcuni giovinastri
mani
tra percosse e
e
infarinate,
Fummo
narrò
di faccia
Scesero
invano.
Toccai
via. Saltavamo
vennero
gridando
,
un
ci
ci presero
,
fermi
tennero
scappavano
cattivo vento; tirai
un
quando
,
che
dissi: Andiamo
e
balcone
un
calce,e quando
balcone,ve
il carro
la gettarono tutta
ripassòsotto
con
parolee
gestidi minaccia. Figuriamoci! Le vie erano
guardate da gendarmi a piedie a cavallo. Io
con
capiiil
presso
a
E
resto.
me
un
sarà
di noi
«rendarme.
che mi
cosa
ora
? vStava
domandò
di
81
—
qual paese
ero.^
sono
di Morra
dare
un
si pose
svicolare.
al
mano
due
piastre
,
carlini. Ci fecero
a
Noi
i vicoli ;
traverso
su
di
condussero
in
Apparente.
—
a
mi
casa,
e
camerone
tutti come
una
r
un
veniva
è
Santa
l'affanno ;
Ma
dateci almeno
un
piantòsuir uscio, con
lume.
un
—
quegli
ponte, tra brutti
chiavare
non
a
Cam'
mi conducesse
dico che
che
stupiti
—
Maria
dubitate.
non
dove fummo
oscuro,
manca,
Ci
un
questa la maniera.
non
a
Avanti, avanti.
io,pensandoche
urlavano
Quei giovinastri
ma
disse
di
balla. Sentimmo
r altro
trenta
gli occhi
è tardi ;
fracasso. Non
molto
e
? dicevo io
trovai invece per
in un
ceffi,
con
:
andiamo
signorinoche
Salivo,salivo che mi
m'ammiccava;
destra
a
e
prefettura,
poi a
minate
chi
: Grazie,signorino.
piastre
noi,dicevano
Dove
,
dei famosi
quellicon
e
tita;
sen-
molta
con
e colui
sorrisetto,
due
guardando
io
noi
a
fu
cosa
E
—
voglio
compaesano
avanzo
gli occhi
con
ti
e
qual cosa
La
—
bravo
bel
un
pigliandole
me,
lui,
taschino,e
diedi al mio
?
sa
disse
Dateci
consiglio.
vi faremo
premura
Morra, diss' io.
di
io pure,
buon
altri,e
lo
Sono
—
—
ci
gittati
1' uscio
mo
guardam-
ci si vedea.
pienagola: Ehi !
Custode,custode.
Un
uomo
apri e
lanternino in mano,
si
le
sa-
—
mazzate,
da
la
della
Che
famiglia.
lacrime
Quel D'Amore
molto
sul Marchese
io scrissi
promise una
e
e
eh' io
sparso
Puoti,e
che
a
prorompere
di
uno
i minuti ; carcerieri
gioia,ora
intanto la
e
aveva
di
scritto alla
nota
sua
s'
si sente
come
era
una
un
un
grande;
era
e
carcerati
ora
era
tale,
morimpallidire
ingrossava.Ciascuno
un
famiglia;
po'di
botte
me,
quei birboni,
notizie ;
circolava,appariva e spariva;
quei bricconi
a
tutti innocenti. Si
sogghignavano,portandofalse
un
la
queir era
rando
Marchese, nar-
la lettera fu portata. L'ansietà
si contavano
poteva
eccoli intorno
dichiarando
bella moneta
dal pensiero
chi.
negli oc-
tremavano
Ed
sentivo,
detto lo zio ? pò
bella lettera al
una
il fatto
mi
quella
a
navo
percoteva, cammi-
avrà
aveva
via della liberazione.
e
con
cantuccio,
un
parlavanoe non
dolore,tormentato
nel mio
zio ! Le
vero
mi
pie'.Ero
mi
fretta,e
assorto
ero
il freddo
Quando
in
estraneo
come
,
in
ci fecero chiudere
non
mi reggevo
appena
sulla fronte
scena.
meno
niente-
grosso,
raggomitolatoin
sempre
mano
e
era
la notte.
tutta
mattina
stato
1' affare
lavori forzati ,
occhio
La
che
e
senza
moneta
di
1' ingordigia
fondo. Ed
ecco
grande spalancaredi porte:
87
—
Cosa è stato? Sarà
grazia.Si
mente
dice
e
tis?
:
—
?
dovevano
una
eh' io
al Marchese.
s' era
che
tutti.Mi
un
causa
via.
me
Co-
—
fatto
A
scuro
andava
non
custode,
farla
fosse
come
uscissi ,
non
guitavano
se-
usciva
se
e
,
la
e che
tutti,
ragionedal
Vollero
re.
la
era
uscir
osi,e volevano
iui il
può andar
che riscrives
e
breve, verso
ra,
se-
1' ordine per
arrivò
,
abbracciavano ; divenni
-
Sanc-
? lui solo ? fu il gridodi tutti. E
come
che
uno,
grave
Chi è tra voi il signorDe
Ecco, diss' io. -Lei
—
carcerato, sarà la
nuovo
un
Il custode si accosta
no.
e
—
ai loro occhi
pezzo grosso ; il custode si levò il berretto.
Ma
fummo
non
lasciati uscir subito. Si
al conto, e cominciò
un
vero
battibecco
venne
alla
poletana
na-
sui
prezzi con strillie voci e gesti
i piùfocosi minacciavano,e i custodi
grossolani;
ridevano. Pagate,pagate, signori.
Poi e' era
,
no
i cosi detti servi
,
testa
tutta
il
la notte,e
regalo,e
che ci
c'era il custode
altre brutte
:
figure
stendeva
la
mandare
alle famiglie,
e chieder
mano
e
Quando scendevamo
sulla gran
e
I
dicevano
rotto
avevano
voleva la mancia.
nuovo
che
la
leva
vo-
ciascuno
Bisognò
danaro.
ferpelponte, queiladroni,mi
porta
,
ci facevano
parole sconce.
Ma
chi
le sberleffe
li udiva ?
fummo
Quando
corse
fuori,non
a
Io
casa.
zia Marianna
che
mi
belle. Non
vidi
non
venivano
difilato allo zio Carlo
delle
ci pareva
Pietro
zio
incontro,e
Me
piangevo.
e
morto
fresco
ai
e
bugie
Tornai
per
la
dei
dell'
La
muto
e
Divenni
a
miei
avvezzavano
mi
rica-
a
ste
que-
più gusto
avevo
aprivo più
venivo
libro,avevo
un
a
nessuna
pretendeva che
Pietro
famiglia anche
da
mi
tristo. Non
vagabonda, non
Zio
il fatto
immaginazione.
scuola, non
la testa
vai
le-
mi
praticadella vita,
poca
romanzi
certi
con
,
abbellimenti.
mattina
raccontai
e
pasqua,
zio Pietro
a
la lettura
letto. La
a
una
come
cugini e
e
andai
ne
me
corsi
stanco
e
,
e
disse
ne
difendermi
cercai
scuno
Cia-
vero.
quel po'di
danaro
clusione.
con-
dessi alla
che
mi
niva
ve-
qualche lezione privata.Io
non
volevo.
sospettoso, immaginavo le
cose
più
mio
danno,
e
surde
as-
fin d'allora mi sentii solo.
Ripensandocisu, vedo che quella concitazione
e
di nervi, quell'umor nero
pieno di sospettie|
di
fantasmi, avea
gini. Ma
la
sua
origine da fanciullag^
tant' è. 11 fanciullo
quellaserietà
quistioni
piccole
che
l'uomo
nevo
già
mette
un
uomo,
nelle
e
non
cose
ero
mette
e
nelle
su"
quella passione
grandi.
che
un
Io
mi
tei
fanciullo*
89
—
La
natura
mi
non
malizia.
intenzioni
nn
-^
in
capo. Guardavo
uomo
e
non
tornar
u-
mettevo
pro-
sempre
guardavo nelle
; non
me
ed
altrui
nelle malizie
e
mi
poi mi pentivoe
:
maggior attenzione,per
da
mi
e
prima impressione,
di bocca
sciva tutto
garbo, ne
né
concesso
avea
di
Parlavo
\
—
posto in cosi mala
luce
,
come
ero
,
che
scopre
gli altri.
vede
UNDECIMO
CAPITOLO
SOLO
Stavo cosi isolato in
r animo
altrove. La
giorno, senza
studi. Dell'
mia
un
insegnarem'
mestiere.
la malattia
Le
aveva
via i
una
mio
,
messe
e
giorno per
era
avvenire
ero
annoiato
cevo
; pur fa-
dovere, ma
si
come
continuare
confidando
non
senza
e
in
un
eglistesso bisognodi scuola,
tana
loro figli.
Si fiutava poco lon-
sprivano
catastrofe. Le difficoltàdella vita inai caratteri. Io
ha
con
famiglia,
vedendo
famiglie,
dello zio
che
giovinetto
menavano
vita
disegno,senza
puntualmenteil
fa
alla
mezzo
le
volo. Quella
era
prime piume, e
casa
come
un
sta per
uccello che
prendere il
dove mi sentivo poco amato, mi
90
—
pareva
si
mi
—
Quando mi vedeain istrada,
prigione.
schiariva la faccia,mi sentivo il respiro
una
da ogni ritaglio
di
profìtto
tempo
per fare le mie lezioni private e ne
Il Marchese, che mi aveva
avevo
già parecchie.
in grande stima, soleva affidare a me
l'incarico
lezioni i giovanipiù
di apparecchiarealle sue
Traevo
più libero.
,
,
scarsi neir italiano
nel latino. Così mi
del Fernandez
maestro
Costui
bene
promessa,
a
sfruttato,
me
risposecon
una
innanzi
a
e
a
dopo di avermi
che gli ricordavo la
lettera villana,
conchiudendo
,
e
come
attonito,
la lettera
e mostravo
incredibile,
cosa
tutti,e la collera
tutti
promise di
mi
Rimasi
col minacciare.
mi
trovai
tal C.
un
furfante,che
un
era
di
e
alla fine dell'anno
pagare
ben
e
schizzava
dagli occhi,
nelle spalle
;
dicevano,stringendosi
volete ?
gliè
che questa brutta
mi
la via di San
di faccia
me
pareva
forza brutale sulla
recò
prima volta
non
quello.Gli
l'audacia di
altro,pensai.Per
gola.Non
la
parolami giunse all'orecchio.
L' indifferenza di tutti mi
che
Era
camorrista.
un
Cosa
1' avrei
,
uni
l'
degni del-
preso
per
la
il trionfo della
possibile
Un
giustizia.
Sebastiano,ed
quel tale,e
pore
stu-
meno
di scendevo
ecco
che
io lo investo
con
mi
per
viene
parole
91
—
—
so,
pronte e focose. Colui,colto cosi all'improvvidel
forse colto dalla vigliaccheria
propria
e
r
si turbò,balbettò qualche
insolente,
rola,
pa-
uomo
tirò diritto.Quello per
e
mi
fu
me
sfogo,
uno
sentii
In
più leggiero.
non
quell'anno
potevo andare
cosi di
per lo passato.Non
come
frequente,
alle mie
lezioni la
tutti i
sempre
il Marchese
lui alla
cavo
man-
; ci andavo
sera
giovedie
con
dal Marchese
le
larmente
regovoravo
la-
domeniche,e
grammatica.Allora
puano,
si faceva assistere da Gabriele Ca-
degliEletti,giovane di famiglia
di una
educazione squisita,
e bravo apatrizia,
mico,al qualemi affezionai molto. Aveva quel
coscient
certo sorriso di distinzione che esprimeun' invi univa un cosi buon
superiorità
; ma
e pendevo
garbo,eh' io mi sentivo soggiogato,
uno
dalle sue
lui ; mi
labbra. Andavo
menò
di latino
a
in
sua
spesso
casa,
e
e
volentieri con
presia
fratello Ciccillo. Mi
suo
far lezioni
davano
i
solititrenta carlini.Quest'amiciziami fece molto
bene in
per
stato
quello
suo
lui mi
natura, con
mi
si
lo
scioglieva
guagnolo,
scilin-
veniva la chiacchiera. Pure
contegno piùcortese che affettuosomi
timido;non
.
solitariodell'anima. Chiuso
e'
era
abbandono.
quel
deva
ren-
92
—
queste lezioni private avevo
In
che
quelle date
in
naturale
mescolato
miei
da solo
cosa
solo^,
a
e
talora mi
facevo
a
Portici
alla
alla
Andavo
andavo
una
a'
panni,e
conversazione.
di
che
noia
:
Io
non
studi, e
gestivoancora
e
è
orecchio.
e
buono
Anche
tutto
ero
tro
den-
ostinato^ mi
a
più,
a
e
gran
andava
tro
al-
gridavo
sorpresa
via
per
e
do
pensan-
me.
scorsi
I di-
i sozzi
galanti,.
giungevano appena
quel parlardei
si
in
parlaredi
ci riscaldavo
di avventure
seccavano;
lo
con
per forza entrare
troppo grand'uomo
di moda
mi
parlari
mi
ma
,
voleva
era
bandona
bassa, ab-
facevo la faccia
là
e
al Vo-
su
si avvicinava.
scopo:
capitato,che
del mal
costui
mi
quanto
piedifino
a
testa
qualcuno più
Talora
attaccava
dei
uno
Capodimonte,
immaginazione, e
quando qualcuno
me.
Ma
camminata
occhieggiando qua
di
era
grandi passeggiate
per
a
frettoloso,
renze,
confe-
in
più cara,
tanto
sguardo distratto,senza
forte
il fare
TI mio
maestro
punta di Posilipoo
Camminavo
brutta
d' amico.
piaceriera
D'ordinario
0
mia.
casa
più appagato
era
1' accento
vivi
rara.
a
più piacere
quali il linguaggiodi
con
più
mero.
in classe
affettuoso
nelle
più
—
al mio
fatti altrui,
quel
94
—
leggerein
a
vano
gliAnziani
^
ultimo.
l'ordine
Ma
preso la
avevano
rotto;
era
Si lesse
mano.
finale;una
predicadel Segnerisul giudizio
della chiocciola di Daniello
per il quale sentiva
che
giungeva
non
riflesso e
1' eco
di Pietro
questiSeicentisti
le tre sorelle
Queste
che
cose
gente
e
tra
il celebre
e
attendeva
che
pure
lette da
avevo
cosi vive
lavorava
alla
lingua più a
solo, tra
dimenticati.
erano
a
una
lui cari
,
grammatica,
scuole
,
come
alcuni testi
i Fatti dì
Francesco,le
Questi studi di
nelle
divulgati
tro.
Pie-
impressioni,
stavano
acqui-
di
pubblicazione
i Fioretti di San
Santi Padri.
luoghipiccanti,
la collera di San
Trecentisti
perciòi
Il Marchese
e
certi
sapore.
nuovo
un
Enea,
con
dolci acque,
Laura,
del Paradiso
il Sordéllo
come
di
bettiere
trom-
la Griselda
o
e
Chiare,fresche
di
il
bino
novella del Ger-
della peste
sugliocchi
Purgatorioe
Non
qui
era
il mio
del
molta
e'
Giordani,gran
leggevala
,
netti
pensiero,e parecchialtri soPetrarca,e i primi canti di Dante, e
Levommi
del
le
Boccaccio,e
Bartoli
del Bartoli. Insieme
la descrizione
0
e
si
scrizio
de-
entusiasmo
un
comunicare:
a
quel tempo
a
del
il Marchese
una
e
Vite dei
linguas'erano già
si sentiva
il
bisogno
-1.
11.
2.
3.
12.
4.
13.
5.
6.
7.
(u)15.
8.
16.
|.
17.
10
18,
95
—
di grammatica
Il
—
di libri di lettura
e
pei giovanetti.
tendeva
Marchese,intorniato dai giovani,ata questo con
tormentando
gran fervore,
dizionari e grammatiche.
Voleva lasciaredi sé
durevole pei suoi cari studi;vagheggiava
un'orma
soprattuttouna
stampa del soavissùno Do-
e affetto
Cavalca,ch'egli
per semplicità
menico
innanzi
metteva
T^na sera,
a
tutti i suoi
contemporanei.
glitornò in mente quel
frate suo favorito,
nei primi teme volle,
pi,
come
SI leggessero
alcune sue Vile.Fu data let
non
so
di alcuni
fura
come,
te
capitolidel Sant' Antonio Aba-
delle Vite di Sant' Eugenia e di Santo
e
Romito. Se i Trecentisti
fanno spensare
è che la loro
diceva Alfieri,
certo
Abraam
lettur
;ome
vi susci
glispiriti
e
più sonnolenti,
svegliava
ava
affetti.
Nessun libro moimmagini,colori,
lerno trovava
quella sinceritàe caldezza di sentimento
.veva
scompagnata
redente. La
lul
tanto la via del mio cuore, nessuno
con
mia
la mia
esca
1' unzione
le
de'l
l' ingenuità
schiettezza
quasi ancora
fan-
perfettabuona fede,la
mia
cilita ali entusiasmo mi
.ere
e
rendevano atto
più delicategradazioni di quei
ent
Mi
isctó
nel
ricordo
mio
anche
animo
oggi
il tumulto
a
co.
senti-
che
la lettura della Vita di
96
—
—
anche
Sant'Alessio,
oggi mi tocca il core il
grido della madre : Fatemi loco eh' io vegga
quelloche ha succhiato le mammelle
mie; e mi
sdegno con lei contro i servi che glidavano le
,
di dire
guanciate.Questi modi
pili;ma
frasario
e
li ho dimenticati
non
è uscito di memoria
mi
quel
tutto
che piaceva alla scuola,
convenzionale,
che fu raccolto
tanta
con
Quel Sant'Alessio
correva
sentivo
cosi
che
tristo,
presso
mi
stava
più,mi
mi
sera
casa
la
passavano
E
Marianna.
zia
lasciò
derni.
qua-
volli uscire di
non
cugini,che
coi miei
insieme
mi
non
eh' io fossi. Una
dove
appresso
nei miei
pena
rata
se-
t'Alessio
quel San-
sempre
innanzi,e pensaidi scrivere
tragediasopra questo argomento. La MeV Aristodemo
rope del Maffei,il Saul dell'Alfieri,
celate al Marchese
letture fresche,
del Monti
erano
una
i
e
personaggi,
caldo caldo, scrissi in pocheore il primo Atto.
Turno-'
Ci sentivo un
gusto che mi alleggeriva
;
re;
sotto
e
quegliendecasillabi
Parecchi
la penna.
sentii che
di Alessio
nessun' altra
Cosi
tela, e
feci la
in
men
tìato, arrivar
cosa
che
mi
due
:
notai
mi
venivano
giorninon
secondo
voleva
facilissimi
pensai,non
il mio
entrare
costume-,
in capo.
settimane,quasidi
alla fine. Non
mancavano
:
un
sol
le ti-
97
—
-
le descrizioni ; pur
rate
e
che
mi
veniva
dal
abitava in
insieme
un
con
di
li
era
cuore.
stretto amicizia
Avevo
qualche cosa
Enrico
con
Amante, che
a Porta Medina,
quartierino
piccolo
dente
fratelloAlberico. Egli era stusuo
fatto buoni
legge, aveva
Il
scriveva l'italianolatinamente.
Vico ;
Giambattista
il latino
assai bene
conosceva
romano,
ritto
studi di di-
autore
suo
era
fatto molta
gli aveva
e
pression
im-
queir opuscolosuU' antica sapienza
italica. Vedeva
l'Italia in Roma; sembrava
un
antico
italianizzato. Parlava
romano
alla maniera
ingenuo e
era
Tacito,breve
reciso;
e
mirava
sincero nei suoi sentimenti. Am-
grande e forte;sognava
ria,
glolibertà,
gente latina,
ciò che è
tutto
il
di
veva,
scri-
come
della
risorgimento
Odiava plebee preti;
grandezza,giustizia.
e' era
in lui anima
dell' antichità
Lo studio
patrizio.
fiera di
lasciato
aveva
orme
profondein
quellospirito
giovanile;
quei sentimenti
venivano
rica ,
ma
carne
e
da
erano
suo
vedemmo
noi
e
se
Sanetit.
non
classica
connaturati
sangue.
Non
conoscemmo;
quellarara
rompe
D*
un' ammirazione
mi
morte.
o
retto-
lui , fatti
ricordo
di
A
me
anime, che
parevano
sua
ci
come
fatto è che nacque
comunione
per
con
gli
non
tra
si
non
molto
7
98
—
esagerate le
sincerità
e
opinioni
;
sue
mi
vinceva,
esagerazionitrovavo
caldezza
una
sentivo
in
e
quellasua
bontà
quelle sue
stesse
ma
grandezza morale
una
che
patriottismo,
di
Andavo
ammirazione.
—
in
spesso
destavano
mi
casa
e
mi ci
e
sua,
più tranquillo più dispostoal lavoro;
,
gli parlavo de' miei studi,del
alle
poca inclinazione
Egli aveva
di Vico
quellalinguaferrea
e
gli ornamenti;
fosse buona
la
poesia.Pure
mie
varia
e
dell'ingegno
della
e
confidente.
ma
avesse
non
che
Gli volevo
e
il mio
in
questifrati Guido
volta. La
intimo
mia
dia;
trage-
quanto dispregio
Santi. Era
Non
che
qual-
core
amico
leggere la
in lui
più
capivo istintivamente
potea piacergliquel lirismo
di Sant'Alessio.
una
nel
gato.
le-
alleggeriresfogandomi
osai, sapendo
poeti,frati
coltura letteraria,
lo tenevano
avevo
divenne
che tenerezza; io
non
la mia
sentimenti,la vivacità
sentivo
lui. Presto
con
che
capivaa
non
parola me
In certi momenti
puntura, mi
che
erudizione,la sincerità delle
de' miei
opinionie
letterarie;
cose
glipiacevapiù
tutti i lisci
la mia
Puoti.
marchese
che
so
e
rilità
vi-
che
sentimentale
gusto ci è
a
gere
leg-
frati Cavalca,mi disse
differenza di
opinionie
di carat-
100
—
al disotto
ma
altri,
emaciata
e
senza
s*era concentrata
la
diceva
voi
modo
nella dolcezza del
cosa
,
Poi
sua.
si volse
dite
ne
scheletro
sorriso.
suo
dava
improvvisoa
Sanctis ? C
me:
era
un
in
minava
questigiudizi.Si esaconcetto
e l'orditura,
quasi lo
il
del lavoro ;
il sangue,
e
carne
De
,
convenzionale
prima
al
cia
deglialtri. In quellafactutta la vita
espressione
ro.
degliAnziani prese a leggereun suo lavoIl Marchese
interrogò
parecchi,e ciascuno
Uno
E
—
poi
cioè
Quest' ordine m'
era
il
me
filo;era
per
a
vi si
aggiungevala
dire lo stile e la lingua.
fitto in mente,
quello eh'
è
e
mi
la rima
poeta. L' esercizio del parlare in pubblico
difettidella mia pronunparecchi
zia,
che
e soprattuttoquellafretta precipitosa,
mi faceva mangiare le sillabe,
ballare le parole
in bocca e balbutire. Parlavo adagio,spiccato,
tenendo ben saldo il filo
e
parlandopensavo
del discorso,e scegliendo
quei modi di dire che
i più acconci,ma
i più eleganti.
mi parevano
non
Parlai una
buona mezz'ora, e il Conte
avea
corretto
,
mi
udiva attentamente, a gran
Marchese,
che
errori di
Il Marchese
mi
voleva
lingua,un
faceva
soddisfazione del
bene.
onde
si col capo.
Notai
con
tra
recchi
pa-
l'infinito.
Quando
ebbi
101
—
Conte
il
finito,
meco
volle
mi
che
acuta
,
Disse
pure
0
che
più
tardi mi
che
queìVonde
Se
alcuno
dir
cosa
di noi
Nelle
andare
cosa
che
giovanifa
Parecchi
,
natura
di
o
quellaparolao
ossequioal Leopardi,che
sempre
nome
Bartoli. Dire
Padre
esempio negliscrittori,
11 Marchese,che, quando
andò
via. La
bene
ri.
solitaaglispiriti
di rivederlo
cercarono
Ranieri
mia
lingua, disse, si
e citava in prova
rilento,
quando
contento
ma
niera
gentiluomo,usò ogni ma-
essere
e
tempesta;
della
questa
poco facile.
di cortesia
dei
di
in
a
non
modesto,ch'egli
e
del
è alcuno
non
voleva, sapeva
parve
a
il Diritto
e
costrutto
cose
afier-
era
fosse arrischiato
andato
dolce
molto
certezza
gliè
gli
non
pativacontraddizioni.
giovanisi
parlavacosi
disse verbo.
con
coli'infinito
11 Marchese
sarebbe
simile,
il Torto
alla memoria.
venne
non
mativo, imperatorio,
vuole
nello
mente
porre
di tutti noi.
scandalo
il Conte
parlaree
peccato mortale, a gran maraviglia
un
pareva
sizione
dispo-
più alla proprietà
osservazione
una
all'eleganza;
scrivere si vuol
de' vocaboli
molta
aveva
che nel
alla critica.Notò
legrò
si ral-
vicino,e
sé
a
disse eh' io
e
,
—
venerato
casalingae
e
compagnia
tonio
presso An-
caro
:
solitaria mi teneva
ma
la
lon-
102
—
da
tano
ogni
che
neir anima
—
e
conoscenza,
lasciato
avea
vidi
non
più quell'uomo
così
profondosolco
tale
Ambrogio C,
un
mia.
Conobbi
in
quel torno
un
spacciava parente del marchese
faceva cortesie e lodi, e io, facile
che
Puoti.
si
Mi
gli dicevo
fa
vecchio
a
tutti i fatti
amico
li dentro
rano
compendi
cui mi
strai
visita,e gli mo-
miei.
di manoscritti
montagna
una
fece
Mi
pentitospesso.
sono
si
miei, come
facilità di
una
:
bandono,
all'ab-
C
di libri filosoficie
e-
gali,
le-
trattatelliscolastici,
e quadernidi frasi e
e
e di proverbi,
e i miei
pensieri
descrizioni,
scrittigiovanili,
lettere,
racconti,
novelle,
di sentenze
di
e
fino
ritratti,
roba
;
,
chiese
mi
e
no.
Colui studiò
perchè quei
di lui
più, e
non
ho
compagni
In
mi
pensierodimoravo
Enrico.
studiò
e
non
di tanto
quella
nelle
seppi
studia
sono
più notizia.
Quei
ci potea
in
e
agio.Non
suo
,
avuto
stati i miei
non
a
manoscritti
solo per davvero.
casa
sio.
Sant'Ales-
imprestitotutta
a
potervistudiare
per
dir di
tragediadi
di quellaricchezza
stupito
Rimase
lavoro
la mia
tornati
masi
Cosi ri-
manoscritti
ore
ra
anco-
erano
malinconiche.
più vedere, e già col
compagnia
del mio
caro
103
—
DODICESIMO
CAPITOLO
COLERA.
IL
E
ci voleva
sinistro
il colera ! Questo
pure
morbo, dopo di
Europa, piombò
—
spaventatomezza
avere
Napolicome un flagello.
la paura rendeva
immaginazionifurono colpite;
irresistibile 1' epidemia. Si raccontavano
Le
molti
sopra
casi di colera fulminante
,
più
strazianti. Si
coi
stanze
le circo-
al
giorno,e
minuti
più
si descrivevano i casi
particolari
il gocontagio.Non c'erano allora giornali;
verno
col
suo
le
provocava
che
la campana
alle loro
mutismo
le
accompagnava
dei morti ; i
nessuno
osava
vita
anno
che
dopo
ripresecon
appresso.
E
e
panelli
cam-
comunioni, pareva
più agiatifuggivano
ceva
fa-
l'uno
accostarsi;
pubblicafu
scuole,le bottegheerano
,
tintinnio di
ville;la plebesquallidae sudicia
fuggiva l'altro. La
11 morbo
il terrore
accresceva
Quel
esagerazioni.
spavento;
r
con
tere
parlavadi famigliein-
spente, di migliaiadi morti
di
ignotoe
sospesa; le
deserte.
alcuni
più
rimasta
mesi
pareva
furore V estate
ancora
nella
mansito
am-
delme-
104
—
moria
la
il gran
che
richiamavano
Gli
più
ancora
chi il
le menti.
creduli,che
il morbo
ma
le
di
e
perciòsi
alle loro
cure.
cure
lose;
miraco-
tanta
violenza
narravano
adito alla ciarlataneria. Non
di Santi
le esposizioni
processioni,
Madonne, le invocazioni e le preghieree
penitenze;ma
non
,
l'epidemia
le
mancavano
e
i rimedi
e
di
confondevano
procedevacon
che lasciava poco
scene
gli untori
affermava
fede ai medici
per
,
Avvenivano
medici
Chi
Paolo
e
alla memoria
contagio.Molti
i
Pietro
opuscolidei
prestava poca
C'erano
San
dei morti.
numero
Milano.
e
giornata di
-
la paura
del
lo zelo
Neil'
religioso.
fiaccare
più glianimi,
dava
contagioraffred-
ultimo
tempo, per
s'era tolta dagliocchi
le
i campanelli,
ogni parte spettacolosa,
fra
-
i fratellidelle congregazioni,
terie,i preti,
ogni
di accompagnamento,
sorta
la paura
e
accresceva
notturne, le
in
casa
Ma
alla
e
me
fuori
mattino
giungeva
casa
poco
Erano
polture
sesquallore.
quali,esagerate di bocca
bocca,riempivanonel
spaventi.
a
scemava
lo
in
Anche
il che
non
un
si
di
su
l'impressione
vita interiore,
il mondo
la città di nuovi
vocio
del
colera;
parlavache di questo.
Uso
me
era
piccola.
mi passava
innanzi
105
—
fantasmagoria
;
una
come
mangiavo,
cosa
gli altri.
amici
ricordo le
varie
voci
Anche
oggi
colori
e
i miei
quali volevo
della mia
andavo
mi
erano
certa
metterci
lo
provocare
a
molto
che fossero secondo
a
frenare
la
ma
,
disposizione
mente; quei mali già cosi gravierano
inadeguatialla
e
vano
turba-
quali erano
non
cose
un
una
più, a
ricami
Quelle
come
avevo
,
le
più cari
orecchio, non
mio
stivano
ve-
come
si arrestavano
^.paventosulle facce,stentando
il riso. Vedevo
e
il vestito.
ancora
esagerarle
a
dire
saputo ri-
dei miei
serenità: anzi io
inclinazione
miei
vestivo
non
fisonomie,
del morbo
la mia
avrei
non
come
importuno nel
ronzio
—
immaginazione letteraria,
mia
trattando
tormentando
e
i fatterelliche
fossero
raccontati,come
pagine di
manzo.
ro-
Presto divenni
agliamici;
insopportabile
il mio
coraggioe la mia indifferenza già parevano
rittura
loro un
rimprovero; ma ciò che addili metteva
fuori di sé, era
quellamia
aria motteggiatrice,
quel riso che mi appariva
sulle labbra
innanzi
ai moti improvvisiche
,
certe
notizie
producevano sulle
dalla paura.
male,
e
Sentivo
sforzavo il viso
poco.
La
mia
a
condotta
loro facce
traffatte
con-
talora che facevo
serietà;pur
non
veniva
ci riuscivo
da
ma-
106
—
—
da inconsciente,
durezza di cuore; ma
0
lignità
allegranatura, che mi faceva sorvolare sui mali
della vita. Tutti se ne accorgevano, e peròmolti
non
lo
se
del mio
riso
Marchese
poeta.
messo
a
loro, dove
non
anche
e
Di
nelle
riparati
il morbo;
inseguiti
mio
riuscito
era
compitoin
levarsi
a
giorno,appoggiatosul bastone;ma
il
accresceva
la mia
Io
avevo
era
stato
,
era
e
preso dimestichezza
e' era
la
sparsasi
peggio che
un
non
mava
sce-
la
con
casa
Fer-
Pasqualino,riparatoin villa,
colpitodal
conduceva
questo
fatica.
morbo
in
sua
poi guaritoappena
,
casa
in villa
andare
città, fece
era
con
miglia
la fa-
nella strada
di S.
Pasquale,e
ombroso, dove
solevo pas-
al Monastero
bel terrazzo
;
che
voce
stare
ritorno. La
che
casa
qualche
e poco
degliscolari,
numero
Il povero
nandez.
case
questa fuga generalequasinon
Zio
casa.
dello
s'erano ritiratinel
accorsi,tutto pienodel
fuori
covera
ri-
sioni
posses-
un' Arte
dettare
i fratelli Amante
loro paese.
alcune
aveva
li aveva
ancora
sciolta da
famiglias'era
scrivere. Gli studenti s' erano
mi
s'era
la
tutta
con
s' era
e
,
chiamavano
Arienzo, dove
in
ridevano
talora
e
,
mi
e
male
la scuola del Puoti
Intanto
sé; il
a
avevano
108
—
nuavo
star
a
terrazzo
—
loro,e
con
in discorsi
intrattenendoci
,
facevo
mia
voce
intonata,ben variata,secondo
il
Talora
un
loro
ci
aveva
poco
e
e
di
le
il maestro
a
stare
in
da loro ,
quellaetà
non
compagnia
e
che
sentimento
insomma
e
e
mi
di
mi
la donna
mi
sapevo
piacevadi
con
a
poco
1' amico.
piùspesso,
desiderate.
di
occorso
e
mi
attiravano
e
non
star
si
con
finire:
volevo decon
loro,e
la
scioglieva
ingenuo al par di loro.
mi
culto letterario,
e
un
io
,
mai
era
ingenue
non
mano
rimase
ci andavo
mi
donne; quelledue giovanott
si schiariva la faccia
lingua
fetto,
l'af-
poco
A
anticipata.
scomparve
amabili
mi
e
e
,
fuggivano in. quellevisite
ore
Fino
un
senso
prendevail libro in
soddisfazione
volli danaro
Non
chiara,
era
vanità
certa
una
pregare,
riso
familiari.
po' enfatica. Quella declamazione piaceva
moltissimo,e io che vedevo l'effetto,
messo
faceva
un
letture. La
sul
uscivamo
spesso
Avevo
per
sentivo
sposto
di-
e adorarla. I miei
piegar le ginocchia
vestiti di poesentimenti platonici
e
spirituali,
sia,
di cui sonava
l'eco in Beatrice e in Laura,
a
entusiasmavano
me
quellevergininature,
stesso.
La
smavano
entusia-
va;
faccia mi si trasforma-
la voce
volti al cielo;
gliocchi scintillavano,
luy
—
commozione; talora nella
di
tremava
—
si sentiva
di verità. Tuffato
accento
un
zione
declama-
non
queste distrazioni dello spirito,
in
più del colera,se
quando
non
mi
corgevo
ac-
lo vedevo
rappresentato sulle facce de' conoscenti.
Le
occupazionimi
il
morbo,
Da
un
soleva
mi
avevo
a
che poco
l'aria
di dirmi:
Non
innanzi, ancoraché
dopo
con
la lezione
?
tiene
ogni
e
la
Male,
due
serietà
gli faceva
gran
mi
stordita
prima
brav' omo,
bonomia
si andava
intrattenersi
con
era:
la mia
Duca,
pochino
un
Come
è
dato
an-
sincerità;
egli
addosso, che gì'impediscono
di studio: l'esser nobile
una
quasi
c'infervorassi. Il
domanda
dicevo io
s'
distratta
e
Poco
seccate.
io mi
e
lezione
Facevo
seco.
testa
soleva
diavoli
ricco. Il Duca
e
pasta,
,
me,
Costui
Quel signorino
aveva
badava.
vata
pri-
benevola,tanto che
aria
con
dimestichezza
mi
di Cassano.
,
figlio,una
suo
lezione
di buonissima
omone
tro
con-
tempo di pensarci.
una
avevo
il duca
ricevere
preso
un
mese
presso
grosso
lasciavano
mi
non
qualche
anche
era
e
schermo
anche
erano
e
l'esser
inalberava,e chiamavalo
strillatona. Ma
gli si
tra'baffi,
che
vedeva
come
un
rassicurava
certo
a
era
sé
un
riso di
quelbirichi-
110
—
E s'era sempre
no.
e
io col mio
—
da capo, lui
da
zio,atterriti dalle
giungevanoin paese, e
ripugnantesgridavanoe
e
per
da
a
babbo,da
voci del
mi
incalzavano. Io
andar
le mie
mezzo
giorniche
il
Duca,
non
per
taciturno
e
fui dal Duca.
sera
Cosa c'è? disse lui.
—
vi sentite male?
cosi smilzo
e
con
mese
e
appena
giàparecchi
colera,e
un'aria
con
C'è che...
—
che
mi
fatto
barazzat
im-
di grosso.
qualchecosa
lui,che
interruppe
Insomma,
mi vedeva
bettava,
la faccia del colera. Io balle
sarebbe
udiva, e
stato
non
andate,diceva,con
per
poco...
Ma
capiva niente.
—
per
leva,
vo-
egli
date,
An-
l'aria di chi mormori
ceva
porti!E come? diil Duca, tirandosi indietro,
siete in questo
mia?
Io lo pregaia voe venite a casa
tra'denti: Che
stato
Erano
parole,e che doveva
che mia niadre mi
e
allontanarmi,
cercando
un
io
detti
ce-
risolsi di
s'era
parlare,
solitario. Giunsi
che annunziava
—
a
Alfine
più il
infuriava di
sentirne
leva,
vo-
non
lezioni,
rendomi
pa-
quasiatto di disertore.
grida di mia madre, e mi
via. La
me
e
braveria,e perchè
fare
alle
ma
mam-
colera,che
chiamavano,
cotal sciocca
una
voleva lasciare
non
noia
sua
dispetto.
Intanto lettere mi venivano
e
la
con
il diavolo
ti
—
Ili
—
disse di
figlio
; egli non
ed
no
io entrai. 11
,
che
di sapere
ebbe assai caro
giovinetto
c'era lezione,
e quel mesetto
non
sera
la mano,
mi
e
riguardiil
Un'ora
promise di scrivermi,e
mi fece
di rum,
salame
quando
non
quei vicoli
non
e
e
non
in
mi
Porta
mi
turai il naso,
L'infezione
da cessi
,
cenci
,
da
da uomini
per
era
orinatoi
vivi
e
menano
un
chiusi
salvarmi
da
,
da
a
via
con
il
la bocca
fezione.
dall'in-
fetore acre, che
un
in
capirecos'era
in me,
come
mi
non
piùtardi,
cominciò
fece
mi
strinsi tutto
diligenza.
precisommesse,
con
era
carlino. Giunto
Capuana,
e
cemente,
piedivelo-
della
puzzolenti,che
e
grida di monelli,che
e
a
che assai
venne
,
Mi
il mostro,
carrozzella
una
guardavo più al
stretti
bottiglia
cos'altro. Questo
so
perdere l'ora
non
di carri funebri
colera.
tanti
puana.
Porta Ca-
a
buona
una
fardello. Camminavo
quellabrutta
vai
usato
aveva
in via
già
ero
di mettermi
venuta,
era
:
salvaguardiacontro
per
L'idea
mi
non
comprato
avevo
il mio
tutto
Mai
tardi
come
po' di
un
amico
rese
bricconcello.
più
Mi
vacanza
strinse
cerimonie.
molte
di
quella
mi
lo
prospettivame
in
dal
prendessicommiato
permettere che
lermi
—
niva
ve-
spazzature, da
uomini
morti. Ti-
112
—
—
rai di
lungo,quasiscappando,e giunsiaffannoso,
il carrozzone
ma,
era
già in via. Ferma, fer-
che
cocchiere !
fortuna e' era
che per
ci accomodai
Mi
dei
si fa
a
ci fu
alla
di
ad
mio
di volta
tirai da
guardavanocome
non
me
ne
accorgevo;
essi tirarono
ed
per dir di
no.
parola,e
una
ed
umore,
ero
Non
io che
nuto
dive-
comunicativo,ne presi
in volta
in Avellino
Giunsi
zioni
mormora-
posi a guardarele stelle,
mi
e
partito,
sorbendo
mi
buon
tratto
un
le
meglio, tra
loro
cavar
ripresoil
il mio
ultimo posto.
un
come
indietro,
mano
tutto
gettaidentro,
offersi loro del rum,
e
verso
avevo
ancora
straccione. Io
uno
la
io mi
e
che
viaggiatori,
li salutai
e
Fermò,
che
po' di
un
un
parevo
Peppangelo, il
celebre
rum.
fantasma,
locandiere
a
avete? voi mi sembrate
cosa
queltempo. Signorino
uno
e dammi
spirito.Vado a letto diss'io,
buon bicchiere di vino,che la polverem' ha
un
asciugatola gola. Là mattina lasciai Avellino
1'aria di un
vedere alcuno, con
senza
vo.
fuggiti—
—
—
Prima
con
su
mula.
una
il contadino
l'alba,e
che
buona,
era
frustino in
un
di
la via
Mi
mano
e
veniva
e
io caracollava
in aria
appresso,
di bravo
correndo,
m'accompagnava. Era
il freddo
acuto
mi
dava
un
,
innanzi
tremolio,
113
-
Col levarsi
Atripalda.
via si faceva sempre più sassosa
la mula
spaventata e poltra
di
le vie umide
specieper
del sole la
ripida
e
—
,
e
le
salti,tirava calci,chinava
dava
collo ,
io mi
e
andava
e la pigliava
bestia,
per
di santa
stuzzicando la
la coda
la bastonava
e
le due
ragione,imbestialito anche lui,e
bestie parevano
congiuratea
il
e
sulla sella per tenermi
aggrappavo
saldo. Il contadino
gambe
farmi
so
Spes-
cascare.
tra le spine,
imbrogliato
fronte in qualchealbero. La
il cappello
rimaneva
e
di
talora davo
strada
in
che
cosi brutta
era
,
parecchipunti
precipiziostretta
di una
aperta ai fianchi,
stretta,sdrucciolevole,
1' aspetto di
aveva
altezza che
che
volevo
calare
dei
pugni
alla
ria di bravo
e
la paura
e
,
il contadino
Avevo
mula.
e
cavaliere,
,
col capo
Lucia
e
,
il
intirizzito e
ero
Entrai
in
un
camerone
sala
parve
una
senza
badare al
De
Sanetis
rodevo
Mi
non
,
aquell'
si
tra la stizza
assetato
alla famosa
mato,
affa,
di
taverna
allargò come
aiutarono a scendere,
mi
cuore
vedessi Gerusalemme.
che
mi
bestia dava
smesso
dimesso
disaossato. Giunsi
Santa
,
io gridavo
e
vertigini,
le
dava
mi
vero
un
mi
oscuro
,
potevano le gambe.
e
che
sudicio,
al
e mi gettai
principesca,
e alla
tovagliolo
mi
desco
forchetta: avrei
^
114
—
—
mangiato con le dita. Pane
piccante,peperonigiallie una
asciutto furono
levai arzillo
Mi
mi
e
quei mulattieri
con
un
me
per
nero
,
caraffa di vino
da
pranzo
la
venne
pastorie
,
formaggio
re.
chiacchiera
contadini
,
trincavano,giocavanoe bestemmiavano.
si fecero
mi
cioncai
e
scendere
giocaicon
e
dalla
dato
aveva
mia
un'aria
apparecchioe
senza
Presto
m' invitarono
loro
,
e
natura
signorilee
di
bere,
a
mi
non
altezza. La
sincerità mi
la mia
con
e
familiari,
che
parve
mi
non
comando,
e
presentavo tal quale,
malizia.
senza
Evviva
lo
Signorino! dicevano ; e s'erano rabboniti tra
loro,e io stringevaquellegrosse mani, come
dare
per
A
i
soddisfatto
ero
torrente, che si
faceva
gran
tiravo
su
e
dei
galantuomini;
tati
tratservitù,erano
non
ne
quasisorpreso
d'animo
e
di
Il
per
caddi
perdendo l'equilibrio,
viva.
ev-
messi
pietre
contadino,presa
non
i
a
giunsia
dietro grosse
menava
gambe
dei loro
via via
innanzi,tirati su
le
nulla,
sapevo
forza,mi
discesa,e
fracasso.
andava
briglia,
mi
in
i loro asini ; io
caracollare per la
e
il regno
era
in povertàe
contadini,
Rialzato
un
di fratellanza.
pegno
quel tempo
come
ed
un
la
calzoni;io
bagnarmi
rovescioni
,
e
nell'ac-
116
—
e
—
bruna
quellafaccia
con
spigliata,
le folte
e
e
gli occhi neri e dolci.
sopracciglia
fu pienadi gente. Molte
Presto la casa
molti
di mano,
baciozzi di zie
discorso si oscurò
che il morbo
in molti
di averlo
di comari.
e
il
fosse apparso
e'
e
paesivicini,
Il
vitato,
in-
colera,non
nella conversazione.
entrava
e
subito,che
strette
vano
Pretende-
già in
Avellino
chi sosteneva
era
sulla via del cimitero
incontrato
e
,
della
peggiornatura,
contadino,appena
un
Quelli mi
i
,
me,
del
soprastanti
paese
chiudersi
e
nessuno,
il duca di
quarantena;
conchiudevano
lasciare
mi
mi
più
volevano
sognava
che bientrare
care.
affumi-
giunse notizia
era
sul
panico,s'era rifuggito
subitaneamente.
morto
e
piiile fantasie,
i discorsi
e non
piena di grilli
a
non
la
senza
che
Cassano,il giornodopo ch'ero partito,
ancora
e
sospetto,e volevano
non
di appresso
colto da timor
ed
e
per poco
Pochi
oscure,
lo
Non
perchè,così gialloe tisico,mi
lasciato passare
accese
fulminante,
colpito morto.
guardavano con
da
avevano
e
colera
vero
troppo, che viene per davvero,diss'io.
chiamate
sapere
un
noia
paese
e
lugubri.Io
sapeva
star
La
notizia
le facce
aveva
mere,
Vo-
erano
la testa
sodo. Mi
nero
ven-
e
paesani,
presiil volo. La
117
—
seguente volli partire.Mamma
mattina
fosse innanzi
volle
tosse, e lei mi
forte ,
Non
forse
dovevamo
Trovai
in
Io
si attaccò
al
diceva
con
ti vedrò
non
avevo
di Giacomo
Napoli il colera
Leopardi.Io
era
per
lo
e'
«ro
Achille. E
la
Non
di
mano
l'Ugolino.
—
e
spiritomi
Quello li
;
i battimani ;
disse
:
smo
entusia-
sua
chiamato
Signor De
trinciando
fiero,
cominciavo
diritta,
mancavano
la
e quando
piùdiligenti,
avanti
io,teso
già
rie,
e minuteparticolarità
,
declamatemi
pre
sem-
Aspasia.Avevo
dal signorEmanuele
personaggi,il primo
Fatevi
—
pazzo,
Conoscevo
per
poesie
stampato sopra la
tra'suoi scolari
era
io.
riaprivano;la
tutto il mio
e
aveva
volume, zeppo
visita di
era
presaga!
era
andavo
mano.
Consalvo
Bidera,che
un
Figlio
pò rimesso. Gli
un
lezione di declamazione
preso
arte
in
ne
sull'Italia. Allora
canzone
:
rivederci.
più
quel libro
con
geva
strin-
l'edizione fatta di fresco delle
era
gran
mi
lacrime
più. Ed
là c'inginocchia
una
collo,e
studenti tornavano, le scuole si
novità
grande,
cimitero,e
pregammo.
mi
e
al
corché
an-
,
il freddo
e
l'alba,
accompagnarmi fino
e
mio,
—
La
ma
Sanctis
,
era
il mio
l'aria con
testa sollevò.
un
uomo
Piangetetroppo. Ricordo
di
il
118
—
motto,
ricordo la persona.
non
Io peccavo
vero.
tutto
e
Lo
andavo
un
ebbro, come
fece
mi
declamando
Colombo
al
e
mi
lo declamai
in
che, per
delicato
dove
il
un
via, e
mondo.
,
Ugolino.
le vie di
per
nuovo
tuare
accen-
immagini,
dimenticare
per
Lo
parevo
Madrid,
declamava
e' intenerivo.
Fernandez, e
casa
motto
un
,
anche
le occasioni
,
era
imitare tutto, suoni,
quando pensava
tutte
Ed
volendo
eccesso
per
idee. Consalvo
in
-
mi
vente
Socordo
ri-
riguardoalle Signorine
poeta diceva
bacio
,
io mettevo
guardo.
Poco
poi seppiche il gran poeta era morto.
Come, quando,dove non si sapeva. Pareva che
lo rubasse
lo avvolgesse
e
ce
un'ombra
oscura
alla vista. Le immaginazioni,
percosse da tante
da quella
impressionate
morti, poco rimasero
morte
misteriosa.
TREDICESIMO
CAPITOLO
ZIO
Il colera
Ma
avevo
mi
aveva
CARLO
E
ZIO
PEPPE
più di vigore.
ripresocon
ben altro in capo. Lo
teneva
tutto
tirato
a
stato
miglia
della fa-
sé. C'era
spe-
119
—
che
ranza
zio Carlo
la stufa ai
intanto
volta
una
epistolare
zio
Peppe,
gli chiedeva
sua
mal
parte, scrivendo
dei miei
clamore
Zio
umore
resistere
le ire
e
le
il babbo, che
garantitoda
ai fatti di casa,
con
me,
Enrico
e
zio
che
Carlo,e
si
Pietro. E
che
Amante.
m'ero
la
incocciato
In fondo
bisognoera
recriminazioni,
ire si
era
fatto un
aveva
che
non
badava
la
porzione
pigliavano
pure
mangiava
se
ci voleva
giorni.Le
volgevano contro
di zio
al
il bisognevole.
Ma
! Il
quei clamori
dei cattivi
e
chiedeva la
posso
cattive compagne
sua
Peppe,
condoglianza,
ai quali manca
figli,
grande.Cominciarono
debito
tezze,
stret-
Peppe s'ingegnavaalla meglio, e
calmare
a
con
la famiglia.
zio
con
Zio Pietro
Non
:
e
,
denza
corrispon-
governava
e caciocavalli.
prosciutti
mandava
altro
e
belle frasi di
non
di danaro.
soccorso
preso
settimana
per
ma
;
Carlo, veggendosiin grandi
sfogava il suo
ma
aveva
Teneva
in paese
ch'era
Zio
e
lo
il di taciturno.
con
il medico
diceva
tristezza
gran
tutto
stava
guarisseinteramente
piedi,come
una
—
ad
una
abitare
con
lotta tra
le
famiglie,
quelladi Napolie quelladi Morra,
sostenuta
e
capitanatadai due preti,quellodi
due
Morra
e
quellodi Napoli.A
me
dicevano
pia-
120
—
gas del
di
babbo, e
scrivevano
me
Peppe: Che io faceva
mutolo, ed ero
sempre
fanatico
la
lasciar
piùin
stavo
e
,
del
l'uomo
mistero,un
casa
,
la
venissero
me,
scorgere,
e
con
e
non
veva
scri-
più
essere
non
e
,
dei miei
avaro
essere
Io,presupponendo
famiglia.
le accuse,
dicevo
non
dovevo
dello zio Carlo
modo
a
guadagni verso
donde
monaco
e che
agro-dolci,
fare
e
,
lo zio
zio
plagasa
testardo. Zio Peppe mi
un
sofìstico,
lettere
buono
—
mi chiudevo
verbo,e
gli occhi
a
terra
mi lasciavo
non
e
ancora
il muso
duro
,
imbestialiva
ciò che
glizii. Scrivevo poi a zio
A queltempo
Peppe col tuono di un imperatore.
avevo
piena fede in me, e perchè guadagnavo
mi pareva
un
essere
già di bei quattrini,
re;
mi pareva che bastasse battere i piedia terra
farne
per
uscir
danaro.
bisogno di alcuno,e
buono
anche
per
E
scrivevo
bastare
a
aver
io,ed
me
gli altri. Quest'
non
aria
esser
di gradasso
a zio Peppe, un
dispiaceva
pò gradasso
anche lui,che fra tante tenebre vedeva
in me
un
raggio di luce.
non
M'era
venuto
dello zio
in
Carlo,che
disperatocom'ero
forse zio Peppe potesse ristorare
capo,
le sorti della
e
lui
dirigendo
casa
,
venendo
la scuola. Avevo
in
un
poli
Na-
pò
gè-
121
—
losia di mio
foro:
di scuola mi
sonava
Demostene
trionfi con
la toga
Non
a
fare le
Ma
gli avevo
trovato
suo
Forse
lui della
che
soma
la loro
che
stato
li
in
e
coi
scopo.
picci.
negl'im-
mettersi
voleva
a
e
Però
no;
ma
me;
a
zio
il
Carlo,
e
vano
chiede-
gli animi
zio
a
fare il vezzoso,
e
nasprir
s'i-
Carlo
spondev
questiri-
gli piacevadi
si ficcava
caricar
quegli stette
scriveva
Peppe
all'altro che
i due
e
Peppe
bei colori.
più
alla carica
porzione.Si
zio
zio
a
lezione,e gli
zio Pietro
a
uno
e
scrissi
addosso
stava
bello
glipiacevadi
Tra
stesse
buona
allora tornarono
,
Poppe
fiutato ch'io
aveva
ci vedevano
duro, e
E
muoversi,
disegnopareva
che
romano.
eh' io entrassi
e
una
nuovo
voleva
non
sognavo
,
Giovannino.
dipingevoil
zio
e
antico
indosso,come
di scuola
cose
come
pratica,
che
Cicerone,
di
e
spiacevaperciòche
mi
il
per
miserabile nella mente
cosa
piena di
avviato
era
pure? Poi, quel maestro
io
non
s'
che
cugino
perchè
e
—
diano.
fare l'in-
zio Pietro
che
,
gridava di
poter tollerare che
non
andasse
a
si tenevano
facevo
verde.
scriveva
—
la
sua
zione
por-
benefizio dei terzi. Questi propositi
talora
Anch*
l'uno.
innanzi
io
—
a
voglio
Voi
che mi
me,
la mia
rovinate
zione,
por-
la fami-
122
—
-
Ciccillo è che rovina
glia,rispondeval'altro.
—
la
—
gli scrivo
a
Ah
famiglia.
Jorio?
Santo
voi
per
subito.
Zio
—
Vi
è
questa
—
,
quel briccone
!
una
Peppe, volete andare
magnificasituazione
risposta.E
la mia
era
di Ciccillo ;
tra
e riscrivere passava il tempo,
scrivere^
rispondere
e
i
bisognicrescevano
Io n'era
e
vedevo
arrabbiatissimo;
di me,
rivolte contro
ci fossi altro che
non
mio
ci
che
capo
viene da
quellafarsa
la parte
che tutto
che
cosi.
desiderio
a
degliuni
come
uno
si lavano
in
tior. Invano. A
c'era
e
casa
bomba
Napolinon
il povero
:
zio
che
il
zio
era
nel
fu
deglialtri,
la divisione
,
Peppe
i
a
pitare
stre-
panni sporchi
vis unita
si poteva
rivendicare
quarantena. Quando
e
interesse,
parola che
qui
che
poteva andare
non
famiglia,e
da
pensavo
suo
nel timore
una
Ora che
rappresentava
scandalo,e che
Seppi che
nella
il
una
divisione ! E
ch'era
Morra
ridere. Non
stizzosa ciascuno
Finalmente
vogliamo la
c'era altro nel
famigliamia.
ragionevolee
era
al mondo
se
non
cui lo chiamava
lanciata fuori
a
e
le batterie
tutte
come
io;e
io,babbo
guardo,mi
in
i cuori s'indurivano.
for-
più vivere,
tirono.
proprio.Paraveva
fatto la
parve
fu lasciato entrare, ricom-
paterna , dopo molti anni di
124
—
terrazzo
quattro stanze
luce
che
noi
stento
a
regia. Zio
una
parve
tutti
casa
quellom'impossessaid'una
s'installò Enrico col
mobili. Un
veniva
in fondo
uscito
pur
e
con
fabbricatore,
col tetto
con
una
col
pieno di
carte
in
mano
e
di sole
,
merone.
parevo
Spessovi
largo,tutto
e
in
e
talora
caccia
sul terrazzo,quasi l'aria
era
immaginazione.Quel
v' è
più;
eleganti
; ma
io
sarà
non
re
colo
pic-
un
eh' io
una
tetto
di
delle idee
e
mancasse
mia
ne
calce,
sedia
con
la
diato
irra-
quel ca-
passeggiandoin lungo
acchiappandomosche
se
era
al
re, il
un
andavo
a
di
sedevo
gli occhi
con
nestra
fi-
,
sulla quale,quando mi
paglia,
penna
gran
di libri
e
e dinanzi
scrivania,
una
dritta
pavimento non
Là, entrando,alla dritta
tavolino
di
quattro sedie
bianche
e
chi
vec-
allora dalle mani
mura
incartato
non
mattonato.
chiamava
le
alcuni
salotto. A
immenso,
,
del
letto. Con
con
con
il nostro
stanzone
uno
divano
vecchio
sdrucite decoravano
e
Carlo
In un'altra
stanza.
letto
suo
di
e
Giovannino,
a
potuto impetrareun
avevo
di
casetta
cucina,piena d'aria
una
dato i mobili di
aveva
e
e
a
,
improvvisatauna
stata
era
—
posso
un
di
frasi,
allargandomi
ai voli della
oggi
camerone
cavato
e
par
non
di stanze
pensarcisenza
tene-
125
—
rezza,
mi
e
par
che
volta
meditazioni
alle mie
Enrico
ed
giorno
vedere
il tutto,come
sul mio
disse. Non
credeva
frenati da
al
come
corso
trati
studenti,en-
di noi.
babbo.
Veniva
era
s'accorse subito che
figliuoli,
guidatie
prima
immaginazioni.
per
senza
indirizzo,cosi solo,senza
né freno. Ma
quali si
libero
pieno possesso
capitò il
mi
la
per
due
come
eravamo
allora nel
pur
Un
io
alle mie
e
sia andata
ne
se
moi, dando
sentii chez
io mi
esso
con
esistenza. Là
parte della mia
una
—
sietà
an-
guida
buoni
eravamo
retti
ai
principii,
ria,
Vangelo. Virtù, glo-
scienza,dignità castità
patria,giustizia,
nomi
vani. Papà
non
per noi cose reali,
,
erano
credeva
di trovare
due
disperati rimase
mirato
am-
,
alla nostr' aria
Egli si mise
e
spensierata
terzo,e scendendo
per
paterno, ci si fece
e
condiva
la
que
un
matrimonio
Era
di buon
un
dottore
sua
buon
carriera per
dimani.
dicendo:
Dio
dimesticamente
con
glia.
fami-
tampone, di allegroumore
senza
non
coi
tutti,
Nei
e
in tUro-
impostoglida ragionidi
cuore,
si consolava
di bei motti
con
argutibrindisi. Egli era
interrotta la
jure, e aveva
con
distal
pie-
suo
allegrocompagnone,
un
mensa
dal
contenta.
casi
e
più tristi
peggio. Usava
coi giocontadini,
126
—
vani; anzi
lo
aveva
—
inclinazione
certa
una
La
scapolo,il giovinetto.
ridente lo tirava
ed
era
correvano
appresso
eglifaceva
e
dei
li divertiva
loro molti
con
lo
storielle della
di
andò
a
in
che
gli
giuochi,come
le ombre,
funebri,
dunque
è
ottantasei anni
a
molto
con
sua
me,
quel genere
invito
a
menavamo
Raccontava
gente, non
nità
va-
pranzo
raviglia
me-
allegro,
Dopo pochi di prendemmo
rubicondo.
ce
sua
questa uguaglianzadi umore,
si sia lasciato ire sino
e
glioggetti,
zio Alessandro,
lo chiamavano
si divertiva. Non
e
che,con
e
della
fanciulli,
la testa del morto, le candele
e
indorare
ottimo istrumento
un
Idolo
piccola.
non
immaginazione
sua
ingrandiree
a
fare
a
braccetto
sale le
e
gioventù,
poco
di discorsi. Un
dal
e
a
poli.
Na-
strane
ridere la
sdegnoso
giorno ebbe
Puoti.
marchese
e scrisse
sollucchero,
riso
per
più
faceva
dispostoal
denza,
confi-
zio
Egli
Peppe.
—
vi dico nulla dell'invito marchesiano.
un
ne
Non
Ah!
Peppe,
dio
fidiamo nella stella di Ciccillo e preghiamo Idche niente arresti i suoi passi.
intorno
A Morra
c'era in una
certa apprensione
al mio stato. A forza di vivere tra quella
gente, papà s'era fatto un
dire
che
vedeva
cervello morrese,
il mondo
attraverso
glio
va-
di
127
—
a Morra;
Spessodiceva: Bisognamostrare
Cosa dirà Morra?
Appena giunto,empi
Morra.
ovvero:
di mia
tutto il paese
m'
già
ero
in sofà
messo
di zio
della
consolazione
gran
ricco,a Napoli ero
L'affare
vitto. Un
di
chino
non
11
E
—
ce
peggio è,
A
ero
che mi
Faremo
giro. Che
io, la
io stavo
mentre
scale;ma
non
e
osavo
morivo
interruppelui,quattrini
si
non
nostra
a
mangia.
—
Che
vergogna.
due straccioni.
—
diss'io.
avvicinare
di vergogna,
dire
Sanctis ! Era
De
E
—
mi
che
come
si
posi
in
giornata fu quella!Salivo
con
Oh
Intanto
pranzo.
Cosi andando
:
a
fin d'allora
che
piglierà
per
danari
brutta
al
bastavano
non
stamane
stati invitati
—
tocco
pi-
un
questo c'è rimedio, riflettèlui. Diremo
siamo
fa?
ci
che
meno
serio. I danari
si fa?
n'è, e
dirà Annarella?
fratello
Morra
a
a
,
come
diss'
se
Cinonio
un
sopra
miope
ero
Ma
Enrico,
venne
credeva
e
subito mio
talora
inesauribili,
parevano
capo
bene
poco
si faceva
massime
famiglia,e
quellefole. Mi mandarono
s'era convenuto.
Vito, come
un
piastredi argento,
voleva
mi
Peppe, che
facevo
poltrona,e
e
che
raccontò
grandezza,e
il borsellino delle mie
sonare
a
-
la faccia
la
e
al
mano
tornavo
dimessa,
mi
le
panello,
cam-
giù.
sentii
LeopoldoRodino
,
128
—
lungo
pallido asciutto
,
,
bianca
vieni?
i soliti parlari
ti debbo
ancora
desti dei Santi
mi
taschino.
Fai
—
il tuo
le mani.
E
—
io tra
prenderee
Vite dei Santi Padri
Puoti.
in
di
E
d'
strada
dalla
me
Enrico.
faccia
la
con
scendere
quell'inutile
quando
mi
piastre,
gridaiio.
gli ordini
Ma
non
Io
presso il
che
una
e
non
al
abbracciò.
E
chiamai
pivo
ca-
faccia
la
prima
fettat
mestizia af-
trui
salire per le al-
e
venni
mia
cura
al marchese
feci
ischerzo
brutta, raccontando
le
per
gioia,figurandomila
così per
scale. Ma
da alcune
bro
Cavalca,li-
fiato ,
un
mentico
di-
studio,delle
suo
dedica
una
mi
venivano
stampa
a
cugino, con
Feci
nel
prendere,
non
di Domenico
nuovamente
di mio
le mani
Prendi; altrimenti
—
che mi
piastre,
copiedategliper uso del
e
copie che
comodo, dicevo io, guardandogli
intascai le due
messo
le
mise
e
minciar
Co-
—
disproposito,
pagare
Padri,
fai?
cosa
A
—
io
s'egli,
bella sottoveste
una
con
,
onde
E,
—
—
Rodino, e
strai
mo-
zione,
Oggi doppiara-
Annarella
e
diedi
trionfalmente.
perciòle
me
ne
nostre
apersicon
qualefacevo
capì il latino
la
mi
,
condizioni
Don
gliori.
mi-
erano
Luigi Isernia,
e il poveruomo
pratica,
disse subito che
da
lui
129
—
avrei
non
moso
e
Era
danaroso.
ire
un
avvocato
tal Don
un
più il cognome;
Io ci fui,e feci
Costantinopoli.
ricordo
mi
non
di circa due
modo
Che
ore
foss'io un
Domenico
da
sbuca
mi
occhio
Ah!
mio
giovane vi
voltò
le
dirà
io
e
piglioinsolente,
poco
questo vuol dire fare V
(1) Il
D*
callo
Sanetii.
o
avete
E
cavallo
un
era
copista
,
spallecon
il capo
e
Cicerone
?
E
in erba.
non
ne
giuramento di
la dodicesima
piai.
co-
qualcosa di
tenevo
avvocato
feci il
le
che
carte
un
Egli alzò
fare.
a
Entrai.
certe
sono
e
caso,
studio ; il
a
io abbassai
che
meno
più sapere.
ridente,
per
Andate
non
invelenito. Mi
Uscii
come
m'indicò
colore.
dissi,mutando
grosso,
del tempo.
spalleil grand'uomo.
copiare.Ma
dovevo
pestando
,
con
quelloche
sbarbato
giovinotto
Un
un
qui ?
voi siete
:
mi
me
splendoredi
panciottoben teso, e
di me,
verso
dice
E
impazienze.
il prezzo
orologioe catenella,col
gittar
tra
stanza,
una
in via
un'anticamera
bocca
eccolo li quel signore,
Finalmente
che
abitava
servitore ! Questo signor
conosce
non
fa-'
Domenico,
vive
più
questo ? dicevo
è
piedi.Come
dei
le
tra
,
calli (ì)^
un
neppure
promisedi presentarmia
mi
e
mai
cavato
—
parte di
un
glio
vo-
Anni-
grano.
9
130
—
baie,'e
vidi
non
i
l'avvocheria,
nuovo
rise
di tutta
maestro
miei
prese
occhi,e
aveva
affatto
di tutte
di scuola
prendere io,e
assegnato
da
uguali, e
tra
mi
secondo
chi
era
e
tura
addirit-
era
Io
era
non
comandare
a
suno;
nes-
stia,
mode-
quell'ultimo
posto lo
volevo
che
mi
'
fosse
uguale
pretendevastarmi
al disopra
allora passato ad abitare in
sempre,
non
aveva
piùcon
di
via
La
Costantinopoli.
egliaffidava a me
scozzonarli,
perchè la
ed
essi
di
quell'aria
nuovo
ci
e il Marchese
curioso,quellosplendore,
visibilmente. Amava
seccava
megliostarsene
di
si
comando.
stro
mae-
piaceva essere
a fine
più ignoranti,
scuola
non
piano, nella
gioventùaffluiva
i
ma
altri ; mi
a
dirugginìai
ribellavo.
Il Marchese
un
si
ne
nato
era
contento, per naturale
all'ultimo posto;
volevo
vita.
ch'io
anzi
volevo
non
stavo
a
Puoti,che
,
di
professione
anzi
come
professioni
quelladi
di servile
superbo,e
un
Pensavo
aspetto simpatico.
un
le
meno
una
la mia
volle dimostrare
mi
Il
professore.
che
più,
il fatto al marchese
assai,e
processi,
questa fisima del-
cosi
ci strinsi di
mi
compagni
Raccontai
né
miei studi di lettere presero
e
sapore,
naturali
in vita mia
Toltami
tribunali.
ne
più
—
132
—
chese.
Egli,serbati
ai
•
per sé i
qualidava
trovò
mi
le
Un
via
il
lunedi
eccoci di contro
fidanzato d*una
del Marchese.
insolente di
il
mi
la mia
il Marchese
andavamo,
Maddaloni,ed
del
domeniche^
scuola
patronato.
suo
Lecce, fresco
mano
ziani,
più an-
niva
Bisi,nella qualeve-
la moltitudine. Cosi cominciò
sotto
i
e
migliori
lezione tutte
sala al Vico
una
fl.j
—
Costui
con
per
tal S. da
un
giovanee
,
io,
e
bella nipote
la familiarità
la
giovanipatriziineducati,presa
Marchese,
mi
Questo
professorino.
sbirciò dicendo
che
nome,
Ah
:
!
il Marchese
soleva dare cosi per vezzo, diveniva in
quella
bocca e su quellafaccia un
Un
dispregiativo.
! disse il Marchese, piantatosi
ramente,
fieprofessorino
1' offeso fosse lui,e guardancome
se
dolo
occhio severo.
con
Quella guardatal'amico
non
se la sarà dimenticata
più.Un oh ! lungo e
E volle accompasgraziatofu la sua risposta.
gnarci.
Arrivammo
parlòuna
e
con
mezz'ora
gli veniva
di
abbondanza
affettazione Fu
.
con
voce
in tre nella sala. 11 Marchese
cosi
,
senza
frasi
Poi
applauditissimo.
tremula lessinon
grammaticae
bene, perchèparlava
sempre
cuore
sulla
niva,
gli ve-
braccia,come
a
so
senza
e
venni
io,e
sulla
quantiperiodi
lingua.11
Marchese
mi
fa-
133
—
animo
«èva
—
bene !
coi suoi
e
i
anche
giovanimi
e
più di
incoraggiarmi,
tutti il mio Leccese,che mi confuse poidi compliinenti. Cosi cominciò la scuola preparatoria,
che
?doveva condurre
Puoti.
a
quelladel marchese
le mani
battevano
per
Si dice che le sventure
Simile
può dirsi delie
nei
tempi
le
come
stella.
qualii
e sembra
ciliege,
al duca
di
bravo
un
di modi
Placido
più,e
mostrava
io
me
aveva
e
stretta
nomine
lini fecero
più
suoi
studiava
bene. Il Maralto della
amicizia col
corte.
due
giovanetti.
maggiore ingegno e
più
stampo,
sua
langier
Fiprincipe
Re
Ferdinando
di volersi riconciliare coi
mostrava
e
cari
,
allora nel
sentò
pre-
apparenze
lezione ai
Placido
potentissimoin
Le
vecchio
prometteva molto
ne
"ìhese si trovava
fortuna ;
dar
a
mi
collaboratore.
suo
leale sotto
e
,
buona
critico della
momento
gentiluomodel
,
una
stella. 11 Marchese
cortesissimi
certi
sono
che domini
Sangro come
Presi
diplomatiche.
figliuoliNicolino
Vi
fortunati si succedono
casi
rise la mia
sole.
mai
vengono
fortune.
Appunto in quel
vita mi
Era
non
ancora
pennat^li.
di Mazzetti,
di Galluppi,
di Niccobuon effetto sulla pubblica
opinione,
la nomina
del marchese
Puoti
a
ispettore
deglistudi nel Real CollegioMilitare.
134
—
—
partitodell' oscurantismo
Il
mandato
cadere,quantunque,
langelo;gli rimanessero
al
Re,
della
che
la
Code
e
Il Marchese
lieto
Filangieri
quellegrazie
accompagnato da lui,fece
ufficiale. Subito
Principe con
pensò
a
e
me,
lettera.
sua
una
langier
pensando a Gaetano Fitrepido,
gittavodi qua, di là sguardifurtivi^
vedere,chi
? la Giovannina
sa
il Marchese
entrare
in
piena
aveva
una
teso
innanzi
Principeera
Parecchi
quali
bene, disse
mano,
che
bella persona,
a
l'aria
aveva
me,
molta
con
piantata
siti.
squi-
attorno
della
sorridendo,con
: Ora
significava
fatto
di modi
segretarigli erano
dettava:
Teresa,
egli leggeva. Il
mentre
,
una
la
Fui
bocca.
Rimasi
il Principe.
lui
a
la
addobbata
camera
dov'era
semplicità,
o
delle quali
bellezze,
amabili
del Principe,
figlie
e
appoggio presso
le scale
Feci
per
Monsignor Co-
al
potè maggiori,e,
al
valido
voler
a
,
nomina, rendette
mandò
via
Delcarretto.
e
prima visita
mi
accennava
un
ai
,
fretta. Va
gesto della
potete andare.
Ma
li piantato
teso. Va
e
capii,e rimaneva
bene, replicòegli,calcando sulla parola,dite
-io
non
al Marchese
che
mi farò
lo, ignaro degliusi
moveva,
credendo
non
e
un
intrigante
per
timido
e
goffo,non
mi fosse lecito andar
voi.
mi
via
135
—
licenza.
sua
senza
disse
Addio
:
ne
Chinai
uscii. Per
che
Il
Principesi
mie, conchiusi.
fatta
:
mi
mi
di
tutto
qui De
rosso
Tedesco.
un
Svizzero.
e
corre
s'era fatto di fuoco per
a
pranzo
d'
con
Ma
—
oro
è
non
dev'essere
è? chi
è?
non
signore
se
abita
—
casa
a
nostra
casa
di
principi
—
ha
sbagliato.
—
torna, e dice che quel galantuomo
casa
,
,
E
qualche principe,notai io,
Annarella,digliche
che la
core
sbaglio,diss'io.
uno
a
un
vuol sapere
vengono
vanno
a
me.
gli occhi,quando
subito. Gli è
torna
Io
bei maccheroni
campanello.Chi
e
core
,
quei
d' oro, che
Sanctis.
uno
rispondeva.Intanto
non
io li divorava
il
lora
Ta-
celia
per
io. Fumavano
ricamato
e
riferi
mi
pezzo.
rosso
riflettèEnrico,
costui
spese
tutt' un
professor
Marchese
sonare
Ricamati
a
il
ed
Annarella
risata
gran
Ecco
zita,ed
si udi
far
battezzato
giorno stavamo
Enrico
correggendo,
questo o quello.
glialtri giovani,egli,ridendo,
quelbravo
Un
me
io tra
chiamava
faceva
teso
andavo
una
aveva
saluti il
teso
e
effettiil Marchese
In
che il Principemi
esclamò
mi
il capo,
dovuto
sarà
imbarazzo,
,
appena
avrei
dicevo
il mio
Sanctis
le scale mi
e
Entrando
Egli,visto
Signor De
,
Marchese.
—
è
questa, e che
Annarella
non
cerca
ha
gliato,
sbaFran-
136
—
De
"5esco
e ha
Sanctis,
buon'
ora
Tornò
e
che
e
quasinon
Enrico
volea
un
del Re
—
di mia
nomina
a
ci levammo
non
era
messi
mezz'
dire. Ah
!
suggello,
d'oro^
presto,gridava
io
vidi il
apriie
un
saporto,
pas-
Annarella,ci
remmo
sa-
allegrezza
cosi pazza
,
ci
abbracciammo, e
ci
di
ballare
c'invase. Annarella
la bocca
pie'e
vergogna
a
—
quando vidi eh' era il decreto
tare,
professoredel CollegioMiliin
per
carta.
di lettere. Sarà
tanto
con
E
piedi.
Alla
—
ricamato
Fai
—
battendo i
bel
gran
romperlo.
dissi. Ma
se
dunque questa
plicocon
un
lui.
per
fece l'effetto dell'uomo
mi
nome
carta
una
! Fatti dare
vidi
—
guardava trasognata,con
aperta, come
quel Signore
dove quel brav'
dire
volesse
dicemmo
a
e
non
due
fummo
là
Grazie,grazie,diss'io
u
rialo,
—
diss'
con
omo
ci attendeva.
effusione.
egli,cavandosi
e
,
,
—
Signori^
—
il berretto,
lo
guardai Enrico,Enrico guardò me : in due potemmo
bottando
carlino. Egli partiborappena fare un
e forse diceà: Che
(1)! E noi
sfelienzi
tutti e due, vedendo
ci guardammo, e ridemmo
ricamato
quel principe
che
gallonato,
(1) Miserabili.
faceva
d'oro divenire
un
usciere
il pezzente. Annarella
vo-
137
—
leva sapere
cosa
che domani
farne.
cara
Eh
—
marchese
chino. Giunsi
al
ventura
Chi
Io
lezione ai
il tuo
è stato
ma
Il tuo
buona
merito
?
è
si
non
Il mio
—
Chec-
Santo
Santi
senza
dissi :
capiie
e
narrai la mia
—
CAPITOLO
Santo
QUINDICESIMO
COLLEGIO
MILITARE
Quando
zio Carlo
nel Real
E
alla
professore
(\) Coir
la mia
cominciato
Real
E
cammino
GIGANTE.
DEL
nomina
a
fessore
pro-
la
sua
cordò
ri-
carriera
legio
Paggeria,dov' era il Coltomo
Ciccillo,
tomo, (1) fa
conchiuse.
,
apparenza
CAFFÈ
Militare,pianse e
Collegio
di Marina.
suo
IL
seppe
ch'egliaveva
il
eh' io dava
Basilio Puoti.
stato
IL
appetito.
capiva.
non
la mia
buonissimo
e
gioioso,
,
—
Rosa,
a
Imperiale,Augusto
dubbio
senza
,
avanti.
è
Io
sapròcosa
non
promisi; e mangiammo
con
padre.
domandò.
grande
là
abito
un
già qualchemese
del
figli
va
Glielo
freddi
diss'io,
seguito,
danari,che
farete
ne
—
Era
—
tanti
figliuola.
i maccheroni
mi
!
E
seguito.
era
avrò
—
di stordito.
Una
certa
appa-
138
—
d' insensibilità e
parenza
modi
mi
A
trae
stesso
me
e'
Forse
tomo,
d'
come
condizione
una
che, quando
la notte
nel
in
sità,
curio-
ignota.Il
mii
poco dor-
impaziente,giunsi in
al
sinistra. Quei
a
camera,
si levarono
aria
era
primo
ridoio
cor-
maggiore, un bassotto rugoso,
che mi guido
punto militare,
cera
all' ultima
e
Collegio.Trovai
r aiutante
una
nuova
il tempo,
venne
con
e,
,
carrozzella
con
di Stato ; forse
agli uffici
molti
fatto è
quelpensierodel
era
sesto.
quellanomina.
mensile fìsso,
che
cosa
gran
parve
me
quelno-
casa
di tomo
anche
e
tensione nei
certa
una
in
procacciato
avevano
di tomo
—
pie,e
ragazzetti
io salii alla cattedra posta
vicino all'ingresso.
Sedete,gridò l'aiutante
maggiore,quando
mi
li,rosso
tonfo,con
confuso
e
spiavano
cero
io,e tutti fe-
fui seduto
rumore
un
militare,e
fece il saluto
mi
L'aiutante
ero
sol
un
come
mi
la
per
via. Io
novità,e quelli
cenni
cambiandosi
eguale.
birichini
con
,
cominciai
l'occhio. Quando
tutti insieme
capivo,e
e
più
lì tra
stavo
stizzito
ero
facevano
e
,
e
si
:
a
parlare,essi
Chiosa
la stizza
io, più loro
rumore
coi
chiosa. Io
e
moravano
mor-
non
la vergogna,
erano
nenti,
imperti-
zavano
piedi,e sghignaz-
berteggiavano,guardando me.
140
—
i soffioni che
ti, e fanno
che
il
Mi
la
caricatura
sua
che
maestro
vero
?
spiegato
sono
chiosa chiosa.
da capo
Puo-
quei giovanett
presso
un
giorno si lasciò dire
dee
far le chiose al libro.
Capiscoperchègridavano;
—
Poi, disse lui
—
pie, tu
a
il marchese
cospiranocontro
dicono
e
—
hai
non
squadrandomi
,
il
imperatoria;
cera
contegno è troppo umile, troppo semplice;
tuo
quei monelli
con
si vuole stare
in
sere
guardia,es-
bene
andare
na.
alla buonon
apparecchiato,
buoni quanto
Seguisnocciolandomi consigli
—
inutili. La
a
mi
natura
farle contro
Volevo
andai
fare
to.
prevenuto e apparecchia-
1' aspetto
quellaimponenza non
e'
era
stizza ridicola. Alzavo
una
facevano
coro.
Talora
l'aiutante
correva
Minacciava
facevano
il
tanti
cosi,e
peggio.
era
Il di appresso
fabbricato
aveva
imponente; ma in
la calma, e c'era
la
voce
il baccano
piantone;ma
attucci
e
quelli
tale,che
era
in bocca
con
,
Cosa
un:
c'è?
quellicosi piantati
che
col viso
ridevano
,
e
tutti,
io
non
io
Quando
sorpresa,
e
e
sapevo
non
in
perchè,e
capivo
facevo
,
quellasorpresa
m' irritavo
un
tale atto
di
tanta
nomia
bo-
e' era
che quelliridevano
sincerità,
i bricconcelli
leggevano sulla
più.
te:
forpiii
faccia tutti i
141
-—
La
pensieri.
miei
e
era,
miopia mia
il male
castigavol'uno
per
il
a
ogni
mio
facevano
su
quel volto
perchèero
cosi
ero
e
e
uso
gli occhiali
a
ci stavano
la
Però, passata
occhiali,che
ballavano,e
quel gran
:
vivere
gli occhi
volta mi
prima
pallido.Ma
nel mio
immerso
potevo distrarre
per la
curioso
scarno
non
l'altro, tra risa,
brusco
tanto
dove
spesso
formidabili
movimento
parere
il conto,
ed
di due
naso
il disordin
accresceva
perchè vedevo
grida e proteste.Allora
armai
—
mi
coso
feci male
dentro
di me,
pensiero,che
non
volgerliin giro,
e
per
comparsa.
prima foga, m'
accorsi
che
in certi momenti
quei giovanettimi prestavano
tarello
attenzione,
quando sentivano da me qualchefat-
qualchespiegazione
chiara,o qualche
allora stae
vano
piacevoleo commovente
0
lettura
,
cheti
sulla
Pensavo
:
voce
talora i
olio,e
come
ai
il torto
più
curiosi davano
o
più impertinenti
non
è
tutto
distratti.
loro, ma
è
che
an-
po' il mio, che non so interessarli. E
m' ingegnai,e posi tutto il mio
insegnamento
sulla lavagna per attirare l'attenzione e 1' occhio
un
di tutti. Quelle maledette
io le ridussi
in
regole grammaticali
le
poche, moltiplicando
e
applicazioni
gli esempi
,
e
sempre
li sulla
142
—
lavagna.Misi
alla
emulazione
certa
una
chiaro
Mi
persuasi che
saldo nella
e
doli
invitan,
correzione.
mutua
quelloresta
—
memoria,
che
è ordinato sotto
e schemi, logicamente.
categorie
i miei quadri grammaticali,
nacquero
Cosi
subordinando
categorizzando,
ricordai i metodi
Mi
Se
coordinando
e
di zio Carlo.
mnemonici
combinazioni
da
che, quellivenivano
non
to.
tut-
e
convenzionali,e i miei
esterne, superficiali
dall' intimo
venivano
dai fatti singolie dai
abborriva
mente
empirici,e
riducendo
che
diritto alle
correva
I miei
i
decomponendo
degliesercizi più cari
di
sintesi,
lasciare
stimolava
tra
loro. Questi
buono, che
ma
libri,
da
parte, con
lasciavo
li tenevo
e
una
un
materia
morta
sulla
collaborazione
d'ozio
a
un
tempo
la gara
altro lato
un
noiosa
e
nei
mati
lavagna, for-
giovani,ciascuno
momento
uno
giovani era, posta la
essi l'analisi,
che li svegliava,
li vivi
dai
neri.
ge-
ai
per
la
sua
Cosi non
paziente.
al loro cervello,
e
alla
avvinti
piacevolmente
esercitando
e
analisi,
quadri avevano
nascevano
me
ad
in
porti,
rap-
sintesi,
una
l' ingegno,accendeva
erano
non
leggi, ai
appunto
mia
metodi
sotto speciee
particolari
quadrierano
si andava
delle idee. La
nesso
i sensi
,
lavagna,
1' immagina-
143
—
zione
facilitando in loro
1' intelletto,
e
e
sintesi. L'aria
si
agli altri
della scuola
pavoneggiavanoe
insegnandoloro
,
il loro
poi solleticavo
amor
incoraggiando.In pochi mesi
eccezioni
e
si suol
come
casi'
per
si
piena di fastidio,
quando
grammatica. Vedevo
e
terribilmente,
di me,
sopra
studio
che
di
il nesso
faceva
bestialità
una
in furore i
Ora
non
la lettura li annoiava
effetto
lo stesso
quello
Vidi
c'era sugo.
appresso alle
e
cose
alle
non
brani,nei qualila
interessante,
spiegandoloro
il
teria
ma-
senso
cate"
più deligradazioni
del pensiero;
incarnato nelle parole.
Posi da
banda le analisi grammaticalie l'analisi logica,
e
delle
vani,
gioalla
veniamo
terribilmente. In
scelsi allora dei
fosse
:
che
di frasi
loro andavano
parole;e
dire
mi annoiava
parolee
matica
gram-
fare, per regole,per
che metteva
pure
;
proprio,lodando,
mi sbrigaidella
è
singoli,
sentivano
nuove
cose
lo studio della
grammatica,e capiiche
cosi
la scuola
facevano
tante
la
e
vinett
queigio-
mutata:
era
due
i
della scienza, V analisi
grandi istrumenti
io
-
idee, e
noiosissime,e feci
le
1' analisi delle cose,
a
loro
i luoghi più
Solevo scegliere
gustosissima.
a
il cuore,
lusingare1' immaginazione
,
saltando spesso
a
conci
ac-
movere
i cancelli dell' aureo
144
—
Trecento,e
andando
—
giù giù
Olimpiae Bireno, Cloridano
e
la presa
Niso,
di
la morte
di
e
,
di Rodomonte
morte
la
di
o
giardinodel Poliziano,il mattino
Parini,il Saul, la Lucia, la Cecilia,l'Er-
mengarda
il
letture
erano
uscir di sé, ed
novità,mi
ne
al
lunga,
bravi
passava
:
;
con
grazia una
lì facevano
da queste
che il Marchese
leggevo bene
; la mia
voce
di lezione,
già cosi
quell'ora
un
:
E
—
già finito?
E
quei
vano
scontenti,e domanda-
mezz' oretta
di
più
,
gli
e
gresso,
delle altre classi si afibllavano all' in-
alunni
volevano
e
quei
temi
soliti di
composizionesimili
tutti quanti.I miei
seccavano
0
fatterelli, di rado
cavati
il
da
cose
loro. Lasciai
sentire anche
quei testi insulsi di lettura,che
scuole,e che facevano spensare
raro,
stesso
male
Meno
ragazzirestavano
in
pure
dicevo
cuore
che
favorite,
io, stupitoio
nulla ! Io
sa
andava
e
Eurialo
Virginia Olindo
Alcina e di Armida,
e
,
Argante,
non
Medoro,
Ettore, Egisto e Clitenne-
pazziadi Orlando,la
del
Manzoni.
a
maca,
Troia, il pianto di Andro-
Ifigenia Lucrezia
Sofronia,i giardinidi
stra,
e
sino
note
e
si
nelle
usavano
Vittorio
temi
Alfieri,
erano
e
descrizioni,
facili. Il
a
terine
letpre
sem-
il
difficile,
1' indovicomplicato,l'epigrammatico,
145
—
nello mi è stato
buoni
e
cattivi ,
0
teso
a
osservazione.
popolare,che
i
Cosi le
cose
di
mia
a
parola,
fare
cosi
lezione divenne
volentieri.
nel
andavano
là,mi
la
vere,
ch'io li esercitassi nello scri-
soddisfazione mia
con
scuno
cia:
interrogazione
domandar
io lo feci ben
e
riodi
pe-
più grandi,quellidell' ultimo
desiderarono
anno,
d'
La
staccare
vagna,
li fissava li sulla la-
e
faceva tema
ne
stava
sua
I più svelti
antipatico.
sempre
di bei lavoretti. Io soleva
facevano
la
—
andavo
dendo
alunni. Scen-
dei miei
e
a
male,
Collegiomica
chiudere nel Caffè del
stranieri,
posto
negozianti
poldo
Leodel principe
del palazzo
nelle sale terrene
Erano quattro o cinque stanze
(Borbone).
in Napoli,
ben larghe e ben pulite,
rara
cosa
dove
igante,
usavano
dove spesso il Caffè
si beveva
un
caffè
non
è che
erano
sola. Vi
stanza
ghiotto.
cesi.
frangiornali
buono, del qualeio
ciò che mi tirava là
Ma
una
i
era
i Débaés; c'erano
C'erano li il Siécle,
che
an-
il Times, il Morninginglesi,
pe'negozianti
il francese poco
Post. Scrivevo e pronunziavo
bene, ma 1' intendeva benissimo, e leggevo in
un
baleno. Trovai
Camera
j.ra
D«
dei
con
Saneti»'.
nei
Deputatie
Débafs
le tornate
del Senato.
Mi
ci
avidità. Quella lettura divenne
della
gittaiper
'''
146
—
me
una
che
malattia,
mi
non
potevo starne
senza.
come
addosso:
che
e'
non
eroi
miei
di
il mio
beniamino
di
però
in lui
confusamente
di Odillon
Non
non
che
so
spiegarle
cose,
facendosi
cino
pic-
tivo
uditori. Sen-
Il mio
simpatiaperò con
Rollin. Stavo
con
spondev
ri-
che
genio mi
rava
ti-
freddo
di
profondatoin quelle
udivo niente.
non
altro,
cosi
vedevo
non
l'enfasi nebulosa
gì'impeti a
già un'attenzione
era
aveva
insinuante
qualche cosa
natura.
Barrot,e
che
letture,
e
mi
alla minoranza.
all' opposizione
,
sempre
Ledru
voler
Mon-
Thiers. La
maniera
pedagogo,anzi
alla mia
poca
infelice. I
Francese
i suoi
meglioconquistare
per
domenica,
era
dire didattico
rapiva.C'era nella sua
di scuola,un
maestro
Avevo
La
,
storia della Rivoluzione
senz'aria
appiccicata
era
Mole, Guizot, Berryer,
erano
ubbriacato;quel suo
mi
si
sentivo
mi
tornata
era
talembert;ma
sua
—
letteraria
solamente;
io ci
come
portava una emozione e una passione,
fossiun Francese,e mi trovassi li,e prendevo
parte per l'uno
Caffè,la
mia
o
per l'altro.Giunto
impazienzaera
bevevo, divoravo
già
con
Quei maledetti vecchi
crepare
di rabbia
con
nel
appena
vivissima,e
gli occhi
il
tre
men-
nale.
gior-
negoziantimi
cevano
fa-
la loro flemma.
148
—
Io credevo
che
per
delicatezza dovesse
sapendo ch'ero
li
aspettandoil
lento
farlo venire
e
le dieci
e
cacciai fuori
ma
mezza
più
Per
eterno.
pareva
Fiato
e
cerco
lesto di me,
sopra col
naso.
Si avvicinavano
le
le letture
e
io
tabacco, e
il mio
la
uomo
mano
e
pigliareil giornale;
disse:
Gran
sono
sprecato. Quel galantuom
lo stendo
di
!
Diavolo
voce:
Ecco
sbadiglio.
uno
terminare
spiava, e quel
'pizzicata di
una
Pardon,
lui
lo
mi
in conversazione,
entrare
:
a
mezzo.
prese
dico
ansioso
stratt
cosi di-
sé, guardaipiù volte l'orologio,
volta dissi
una
già
in
Guardavo
comodo.
suo
del capo
movere
far presto,
lettore anch'io,
e che stavo
r occhio
ma
—
Pardon,
Dio!
era
undici,ora
avviarmi
ci ricadde
e
mento.
sfini-
uno
in cui
al
levo
so-
palazzo
Sangro. Parte
puntiglio,parte curiosità,non
mi risolsi di andar
tura,
via, preferendo
quellaletall'
tanto più gustosa quanto più ritardata,
riere
adempimento del dover mio. Gridai : Came! Venne, e trovati due soldi di regaloper
anch'io
lui,disse: Grazie. Come si fa? diss'io,
ho diritto di leggere.11 cameriere
capi e si
voltò a quel signorepancione e tabaccone,dicendo : Quel signoreaspetta.E lui senza
versi
mo,
.
disse: Ho
finito. Io
l'amico
respirai;
era
149
—
in
pagina^e
terza
giù giù.Fra
finito d'Egitto! Egli
col
stava
che
finito ! Ma
avrà
poco
—
naso
io spiava
mentre
spiavame di sotto agliocchiali,
voltò la quarta
e
impassibile,
lui,e, tranquillo
costui legge
pagina.Anche gli annunzii,diss'io,
anche
! Vidi in lui
gli annunzi
mi balenò che in lui doveva
e
che per
me
che
tempo
attorno
ci sarei
non
di
era
più forte
ripetevapunto
Essi
senza
mi
leggeva i
io stesso
le menti
maraviglia
con
,
sentiva un' ammirazione
;
ma
di
ma
il motto
in
e
letteraria per
me
ne
non
politica
Erano
napolitano.
letterari;
pettegolezzi
fuori Omnibus, Poliorami
costrette
spesso
si parlava poco,
politica
alla moda
uscir
che
scorsi.
punto qualcuno di quei di-
udivano
quei potentioratori
secondo
incaricavo,
a
memoria
,
interesse. Di
rament
giu-
in ogni occasione,
e
tutti,
tale
per
dei
impressione,
tanta
,
aveva
giurai
poi ci capitavo
soliloquiperchè nessuno
Io
giornali.
fitto,
scon-
perso
E
imbecille.
facevano
parlavocon
faceva dei
avevo
capitato
più. Ma
Quelle letture mi
ne
partitopreso,
che
me
un
a
spesso ; la natura
eh* io
esserci
riso,e
mezzo
c'era misericordia. Uscii
non
in collera contro
tanto
un
cominciavano
e
Strenne
:
piccolcerchio impiccoli-
150
—
Si chiacchierava
pettegoleggiavano.
e
vano
—
Bellini
di musica.
molto
morto
che
Malibran.
della
Era
prima.
il
fiore;la Norma
tempo di Lablache
Carlo
San
li sentivi canticchiare
a
io
una
ero
Thiers
tutto
Vico
nel Caffè del
Caffè,e
m'
era
mondo, eh'
era
LA
di
sa,
letterarie
con
ruminarli
con
nella
io
sé
con
dolce
al
società^
un'alzata di
spalle.
scuola
o
al
naufragarein quel piccola
il mio
SCUOLA
scuola
alla
estraneo
vie,pensando alla
CAPITOLO
Chi
finii
un
respingevada
per le
le vie. In
piantavanolì
Gigante e
Bisi. Sembravo
Io passava
e
suo
vita intellettuale si compen-
mia
solo. La
che mi
mi
e
;
Guizot, sicché
e
^ diava
\
stonatura
tutte
per
e
pieno
i motivi
cervelli;
musicali
queste ebbrezze
mezzo
nel
era
voltato i
aveva
più
era
,
vivo
cora
an-
Infinito.
SEDICESIMO
AL
perchèquesto
VICO
BISI
vicolo fu chiamato
si?
Bi-
mine
Oggi lo chiamano Vico Nilo,ed è un terDel resto esso era degno
più presentabile.
C era
li da impiccarsi
(1) per
quel nome.
(1)Nel
dialetto
napoletano'mpiso
vuol
dire
impiccato.
151
—
che
altissime,
case
sul capo
e
una
sala
gran
modo
di
di
oscura,
più
o
alla mente
che
giovani,
si
giovani,mi
mi
mio
cuor
li attaccate
della nostra
Quando io entrava
si accendevano
splendidamentedecorata
poco
decoroso
eh'
al marchese
miei
quellemura
uno
sguardo
mi
e
mi
appariva
immagini generate
quel luogo
Puoti,
egli medesimo
era
dei
gli occhi
dalle
fantasia. Né
mia
razione
deco-
intellettuale.
vita
cambiato
colà,e
fila
recavano
e
a
la lingua,quellasala
scioglieva
dalla
numero
studio. La
da
nel
era
nude
e
stanzone
vedevamo
le memorie
discreto
un
bianche
mura
e' era, ed
coi
impiantòla scuola nel
tavolino nudo, non
netto
e
lunghe
impagliate,
meno
il mio
congiungano
cielo. Là, in
s'
d' inchiostro ;
panche.Le
tutte
la vista del
ti rubino
macchie
ti si
pare
: un
più semplice
di sedie
vicolo stretto stretto,
Figurarsiun
malinconia.
con
—
di
pareva
uomo
plice,
sem-
quellasala
la
più bella decorazione.
Il mercoledì
giornodi
era
il Marchese
,
quelloche
essendo
-lare
in
casa
si faceva
s'era fatto nel
ivi
dalle
e
suo
gioventùnuova,
al
province,
sua,
tra
traduzione. Ci
a
presso
niva
ve-
poco
studio,salvo che,
capitataallora
Marchese
non
lora
al-
parea
gente familiare,e
usava
di
152
--
di riserbo nei modi
po'più
un
Anche
la mia
la
mai
; i suoi
freddi
faccia
in
nelle
e
pressio
glifaceva una certa imglistavo a lato teso e duro,
oscura
e
scherzi
e
,
in
motteggi cadevano
e fu
prestoun' aria magistrale,
tono
di
in
comunione
tra
spirituale
queir aria
non
so
che di grave
la noia
e
che
quel
piaceva
e' era
maestro
perturb
im-
scuola
smesso
,
Non
ancora
e
discepoli;
e
magistraleportava
intervalli ti
e
scherzevole
del Marchese.
casa
la mia
soggezione.La
prese
familiarità
ridevo
non
gioventùche
una
a
mezzo
severa
i suoi
e
teneva
tanto
parole.
presenza
perchèio
con
-
facilmente
pedantesco,che
seco
in certi
toglievaogni elasticitàdi pensiero,
ti
possedeva.Quel
mercoledì
era
il
giornodello sbadiglio
; era
quellastessa scuola
di Basilio Puoti,ma
sale :
senza
senza
genialità,
la veste era pur quella^
lo spirito
altro.
ma
era
Il Marchese
ci stava a disagio
; io parlavopoco,
ed era
un' aria fredda,che pareva alterigia
con
timidezza.
suoi
e
Talora
venivano
alcuni
più provetti
la
e questipigliavano
discepoli,
e ci
dispute,
si metteva
volevano
mostrare
gli Anziani
gli altri
li ribattevano
mano
la scuola. Sorgevano
e animavano
dottoreggiavano
;
dei
1' amor
proprio;
la loro
e
non
se
rità
superiola la-
153
—
—
naturale,le fronti
si
fuori col
balzava
fare ; il Marchese
sciavano
le
spianavano e
ore
suo
savano
pas-
rapide.
Lunedi
venerdì
e
prendeva
solo io
ero
un' altr' aria. Mutolo
il Marchese
stava
metteva
quellepanche
tra
s'
tavolino
si faceva
e
severo
c'era da
una
chiesa
il
che
salivo
di noia ;
tutti insieme
batter
di
entro
del
per
pensare
alla
bene, e
mio
tutto
lezione,anche
movendo
canzonando:
alla lezione. Talora
le
Che
mi
mettevo
tant'era
cose
pareva
lezione spremeva
cervello.
il di
per
che
,
queglistudi,
la scuola
sillaba, e
miglior sugo
una
monotono
ma
delle
quacqueri.Ciascuna
preparavo
di
su
fare
mio
la novità
e
età.
giovani più attenti,
dei
morir
vivacità
udivi
terrog
in-
a
della mia
,
la lettura. Col
presto vivemmo
non
confabulare,
a
numero
cerchio
un
,
e
sentiva io, e mi
mi
grammatica; poi mi
dettavo
tra
e
la mia
fatto
era
cattedra,e
a
timido, quando
e
quei giovaniquasitutti
con
scuola
tarmi
spiegare;e presto giunsiad affia-
a
Quando
li,allora
la
e
.
Io mi
facevo
non
istrada,gesticola
labbra; e gli amici
fa De
cevano,
di-
Sanctis ? Pensa
riscotevo,
veggendo qualcuno
guardarmi e ridere;ma
poi tiravo
di
lungo
154
—
aria
con
chi dicesse
sdegnosa,come
innanzi
si fa notte
—
:
Gente
cui
sera.
era
disprezzodei poltronie dei vagabondi
battezzavo
cosi tutti quelliche
e
infinito,
non
si
Il mio
profondavanoneglistudi.
alla stessa
pre
sem-
stillavo il cervello ;
mi
cosa
Pensando
,
re
fantasticapensierosi volgeva in un vano
e
non
reggendo più al gioco mi veniva
nanzi,
inla distrazione ; altri oggettimi passavano
coerent
frasi infinivo con
e
con
e
sottigliezze
il cervello diveniva fumoso
e
pieno
Talora
si avvicinava
di ombre.
qualcuno e si
gli
ostinava a volermi tener compagnia. Io a faril
,
,
,
volevo
capire che
volerla
tanto
e
capire,e
parlava parlava,e
mi
che
e
lui
voler
a
col mento
in
la storia:
per
era
Tommaso,
seccato
portone di
disse: No,
forza
io
casa
per
fate
la
a
non
cerimonie,
si cuciva
non
ai panni,
te,
sentivo nien-
una
mia
e
risposta,
gola. Uno
io
ricominciava
capo
sfinimento,un
uno
lui
lezione per lo capo;
lui da
aria, e
r avrei preso
tal
mi
aggiravala
si
e
,
Non
:
che fare. E
ho
non
dire
a
solo
star
di
tormento;
questi,un
vermi
glibastando l'ala lunga via,giuntoal
che gli dicevo addio,
ricordo,non
mi
per tutta
,
no, vi
a
me
pare! vi
accompagno
perle
156
—
a
e
voi.
le
Volgete
fate
mi
non
fisso
chiodo
monte
di
siete
matto
di
E
si
mettervi
a
Salviati
mi
Poi
le
che
parea
E
—
lezione
buona
Quel
pensare
le pagine
volgeva
stracciasse, cosi
disse
il
per
pensiero
r andavo
cosa
;
le
andò.
e
strade
andava
E
:
la
o
e
dava
la
mi
si
vedevo
non
la
non
volta;
gira-
si
assottigliava
glio
\
qualche
era
vano
ora
e
tempo
giungeva
caldo
venivano
cervello,
tutto
la
nocivo;
prima
del
il
verità,
In
oscurava.
I
mi
la
trovavo
e
,
mi
si
stava
gua-
più
,
mi
di
ora
respirai.
più
e
frase;
cercando
Io
mi
più ripensavo
spesso
f
in
,
pranzo,
più
ma
Castelvetro,
,
!
!
roba
questa
1' oriuolo
cavato
Iddio
Varchi
Corticelli,bum
quel
tra
Per
,
quel
con
rimise
tutta
più,
pensate
spedale
libri, scartabellando.
Buommattei,
presto.
ci
non
faccia
,
e
e
cervello.
? Bembo
capo
spalle
la
nel
-
di andare
a
scuola
incontro
di
per
questo
trava-
faceva
si
scuola.
La
sura
pres-
m'illuminava;
e
,
più quella
lezione
a
m'ispirava,
e
parlando
sé,
e
mi
le
io
cose
,
ridevano.
157
—
CAPITOLO
Parecchi
DICIASSETTESIMO
LEZIONI
LE
anni
DI
Leggevo
GRAMMATICA
stato
ero
lavorando
Puoti.
—
intorno
si fa
come
leggicchiar
grammatiche,
a
quelladi
a
Basilio
cercando
dizionario,
un
veva
doquellapagina dove, secondo l'ordine,
esserci
o
la tal
la tale osservazione.
matichetta
mi
luce;
ma
ordine
per
io
il bisogno,
dall' a
speciedi febbre, che
una
non
alla
non
tregua né distrazione. Leggevo le pagine
più
messi
dentro
ci misi
dava
sudata gram-
tanto
quellalettura,
anzi,cessato
zetttj tirato da
mi
Quella
la tale eccezione
uscita in
già
era
ristetti da
mi
regola o
noiose
in corpo
di Pietro
si fa d'un
come
i
Cosi
romanzo.
gua
Dialoghidella volgar lin-
Bembo,
durando
alla fatica di
quei caratteri barbari, gotici,abbreviati,minuti che
mi
il Varchi, il Fortunio
del
Castelvetro
e
il Sanzio
Salviati
e
e
approvazionedel
la
e
il Bartoli
non
E
gli occhi.
stancavano
e
e
prosa
cosi m'inghiottii
i sottili avvertimenti
dottorale del
il Cinonio
e
l'Amenta
con
quanti altri autori
marchese
Puoti, il quale mi
so
,
158
—
vantava
Buommattei.
Quando
pigliavosubito
Che
sugo
ho
ne
cavato?
le
che
più
della
in
più
presto
teressa
in-
di concorde
cacciate vie dalle
lontane
talora
mi
non
più
rivano
appa-
barlume.
un
che
riguardavale origini
delle forme
sul
me
ne
seccai, perchè quelleetimologie
e quellecongetture
contraddittorie,
avventate
non
adito
che
quellostudio.
si
al di là
delle
cosa
delle
me
intorno alle
e
con
la
tori,
quegliau-
Dell'Oriente
potuto
avevo
lingue,delle
religioni della
che niente. A
vana;
per
quello che
,
,
nevano
suppo-
al di là della coltura
c'era che buio.
tutto
vano
da-
rendessero
ricerche
come
per me,
non
noto
quel lavorio
Le
potesseandare
ma
leggere nelle storie;
meno
sodo, ne
ricerche ulteriori,che
ma
classica;
era
fondamento
avevano
a
interessante
poco
di sistematico.
e
grammaticali,destò
la più viva curiosità;ma
principio
e
me
Del
erano
quellaparte
arbitrarie
a
domandarmi:
senza
varie, alcune preziosee
come
lingua e
me
libro,ne
un
maneva
ri-
Quelle notizie
fresche,e
il
e
libro letto mi
niente
ma
il Corticelli
finito
avevo
altro,
un
notizie
Tutta
gli altri
tutti
sopra
—
dizioni
tra-
filosofia sapevo
parve
dunque tutto
etimologiee
gini
alle ori-
e
leggerezza
la pre-
159
—
di
sunzione
quellaetà, spesso
da
dove, fondate
so
non
di vocali
scambio
o
co
dall'ebraicerto
un
sopra
di consonanti
o
prendevo
ne
me
derivazioni dal greco
gioco.Quelle
0
—
mi
parevano
,
ne
bussolotti. Quelle discusssioni eter-
un
gioco di
mi
italiana
della lingua toscana
o
sull'origine
fieramente.
Quel pullulare
annoiavano
perpetuo
di
quelledissertazioni
tutte
partidel
mi
discorso
dei
mi
un
diceva:
compagni,che
abbastanza.
studi
e
un
gran
che
papiri,
la vanità
mi
io mi
Certo,se
ci
mi
Capuano
quegli
a
sarei
tenacità,
pazienzae
di molti. Le
e
buon'occhio.
di
Ma
quando
grammatico. Quella
razione
collabo-
mi
Mi
aveva
lodi che
Cusani, ad Ajello,che
in candeliere,
mi
erano
a
non
scito
riu-
sentivo rodere
prese.
il
eai
ne
anticaglie,
fossi dato
con
seguiti
avevo
col Puoti
di cui
tempo, mi
deciferatore di manoscritti
chiamavano
,
quelle
vedermi
dal
le
stare
Gabriele
le
con
ora
li avessi
a
affumicate
E
antiquario.
Basta
e
grammaticali
il cervello. Lascio
cartapecorein mano,
chiamavano
stancava,
sottilie cavillose sulle
sulle forme
e
annuvolavano
canzonature
mi
di eccezioni
regole e
avevo
chi
impedantito
agliocsi facevano a Gatti,
per
gli studi
davano
coscienza
una
filosofici
dine
inquietu-
chiara
,
ma
160
—
che
pur
memoria
sentivo
i
nelle
miei
—
Mi
ossa.
antichi
venivano
studi di
nella
filosofia
e
,
quei
Salviati
addirittura
mia
delizia
gettaicon
avidità
sopra
con
decimottavo,
Condillac
del Marchese.
Dumarsais.
non
Il
segreto che
sempre
grammatica,
ricordo,come
un
di
uso
non
so
Studiai molto
non
m'indicò
e
dosso
ad-
Lessi tutto il corso
Marchese, saputo dei
perdonò,a patto che
della
parevano
i grammatici
e
un
compilatoa
aveva
ereditario.
qual principe
mi
i retori
1'appetito,
vedendomi
cresceva
gliocchi
che
mi
pigmei dirimpettoa quei grandi,
un
Perciò mi
giorno e mio amore.
del secolo
mi
quei Castelvetri
e
buon
Tracy e
miei studi,
valicassi i confini
un
tale,che
ora
scrittore di grammatica
generale.Io leggeva tutto, il buono, il
cattivo
e
il
mediocre,grammatiche ragionate,
filosofiche e
facevano
me,
anni
•
mi
comparate. Quei Cinquecentisti
stomaco;
chiamando
mi
ribellai contro
f antico
pedanteriatutto quelloche
due
l'apicedel sapere: De
Stefano e Rodino
mi si erano
e
impiccoliti,
in superbia,e presiaria di filosofo.Cosi
montai
mi diede
fatto io, quando il Marchese
a
ero
scozzonare
quellabrava gioventù.Il mio scopo
i giovanialla
di apparecchiare
doveva
essere
prima
mi
pareva
161
—
scuola del Puoti ; doveva
del
mi
e
davo
del
Tra
sfrenatamente
dritta
pedantea
in bocca
sempre
una
scuola preparatoria
ma
abbandonavo
e
essere
quando mi sentivo lontano dagli
la lingua,
Marchese, mi si scioglieva
;
occhi
—
i miei
e
a
a] mio
genio,
e
manca,
avevo
la Scienza.
scartafacci
pescai un
di queltempo,
prolusioni
delle
giorno
cune
al-
qualidiedi
molti brani nei nuovi
Saggi critici.Il Marchese
le avea
messo
rivedute,e ci aveva
quellostampo
di classicitàideale. Ivi io me
tutto suo
la prendo
i pedanticon
stizza ridicola,
contro
bozzo
abuna
e
l'immaginedi una grammatica storica e
da un concetto di
filosofica,
pigliandole mosse
e
Quintiliano,
ribattendo
il Cartesio
dei
io
grammaticatipica
;
e
scienza
chiaro
chiamava
esempi e
infilzate 1' una
posta sopra
ordine,con
dall' un
capo
mava
Sanzio, ch'io chia-
grammatici. Quella
volevo dire
lista di
una
il
che
di
grammatica
non
doveva
regolee
ali*altra ,
saldi
tale
ma
di
todica
me-
essere
zioni
osserva-
una
con
principii
,
quel filo segreto, che
all' altro,quasi per
vera
quel
ti conduce
mano.
Ivi
prendo l'aria di un novatore, e trovo che
tutto va
male, che tutto è a rifare. Ecco qui
mi venne
in quei giorni
un
sotto
come
ritratto,
D«
Sftneti*.
11
162
—
la penna.
«
praticadell'arte
Ninna
cognizionede' nobili
ninna
;
—
tori;
nostri scritun
italiani;
malvagio gusto; pensierinon
predicarcontinuo
contrari
stato
,
ed
e
squallida
le regoledel
l'ortografia;
e
al
f
opinionicontrarie
voler riformare
e
sicuro.
il genere
ci è
Non
subito
coro,
Io
».
,
che
parlavo alto
e
tanto
possa
predicanoil verbo, e
e
sui
d' imberbe.
sicuro
tono
l'aria di
avevo
umano,
cosa
giovani quanto questo
Fanno
niente di
di certo
dipendenzade' tempi,
congiunzioni;
principii
posti
op-
reggimento delle
;
è
alla
intorno
determinato
incerta
biose
pronunziaredub-
ben
ferme ; niente
mal
esempli
in malvagio
errori...;
la sintassi ;
trovasi
correzione ;
purità
di barbarismi
dello scrivere
pagano
pro-
discepoli,
fu durevole
ei r impressione
perchè con quel
fine fiuto dei giovani,
sentivano
che in quelle
la fede.
Acquistaiautorità
sui
,
lezioni io ci mettevo
e
non
c'era
e
una
me,
ed
ero
e serbava
ciarlataneria,
naturalezza. Quando
o
tutto
tardi vengono
nell'uomo
i
fischi;ma
c'è
sincero,
modestia
e
l'attore,
sto
pre-
l'uomo
sincero
C'era in me
perdemai prestigio.
contraddizione palpabile
tra l'audacia delle
modesto
non
l'una
la cera
bonaria e modesta:
e
opinioni
attirava gì'intelletti 1' altra mi procurava
,
mi
la
164
—
tici da
letti. Non
me
della loro vita
—
è
già
parte
il secondario
parlavodi un
io medesimo;
metterlo
che
tutto
mira
al centro,
era
lasciando
e dominante,
principale
tutto
e
m'occupassi
dei
particolarità
delle minime
e
loro libri. Fin d'allora la mia
cioè all'idea
ch'io
libro che
da
1' avessi
costume
parte ,
almanaccando.
derivavano
1' accessorio.
non
il mio
e
e
Parlai
bro,
letto il li-
era,
dal
dei
Non
studiata
pensarcisu
e
da
giando
passeg-
grammatici
latino. Poi
venni
a
studiosi della lingua,copiosi
quelliche erano
di regole e di esempli,che moltiplicavano
in
infinito. Molto
Buommattei,
era
m'intrattenni sul
sul Salviati
e
sul
Corticelli,
sul Bartoli. Tutto
Le
autori,libri,giudizi.
nuovo^
jsenza pietàe
erano
senza
tanta
varietà di forme
in
e
casi
e
di
solo. La
forme
mia
attenzione andava
al contenuto, dalle
sotto
e
gole
re-
(massime
significati
che era facile ricondurre ad
Cinonio),
Facevo ridere,
ad esempio Va,
pigliando
il da, irti di sensi e che pur non
avevano
senso
di
pochiprincipii;
quella
nel
un
sure
cen-
suravo
riguardo.Cen-
infinito di
quelmoltiplicare
che si riducevano
mie
unità.
il per^
che
dalle
ché,
parolealle idee; sic-
variabili
quelleapparenze grammaticali,
io vedeva una
contraddittorie,
logica
a
165
-
animata,
e
tutto
il
regolaree
metteva
scernev
posto, in tutto di-
a
il ragionevole,
non
mettendo
am-
casi arbitrari.
e
non
ripieni
rata
corroboquesta tendenza filosofica,
eccezioni
Con
da
—
e
non
studi vecchi
nuovi, io
e
conciavo
pel
di delle feste i
facevo lucere
e
Cinquecentisti,
innanzi alla gioventùuno
schema
di grammatica
filosoficae metodica,qualeapparivanegli
scrittori francesi. Dicevo
che
costoro
nell'analisi delle forme
risalendo alle forme
dire io
vuol
amo
posta da
loro
che
:
semplicie primitive
base
di tutte
che
le veniva
sentivano
doveva
di
E
non
una
volontà
in tutta
scienza
una
solo
scienza
della
:
o
le forme
buona
mi
non
che
amante
di
tentava
con-
quella
daveriva
m'inca-
quelmoto
atto. I giovani
raccoglimento,
fede quell'
uno
tutto
e
irradiare l'Italia
nuova.
un'arte,ma
era
con
i Francesi
oscurare
in verità io sosteneva
era
in
quei giudiziacuti
credevano
mi
che
dalla
cosi
ellissi era
Io sosteneva
mezzo.
di amo
in sono
decomposizione
la parola,
le sottraeva
e
La
amante.
sono
come
a
cellenti
ec-
grammaticali,
grammatica generale.Questo
una
erano
doveva
che
eh'
era
essere.
grammatica, malgrado le
la
grammatica
principalmente
Questa scienza
tante
gramma-
166
—
tiche
era
ragionatee filosofiche,
per
di là da
un
alle
-
venire. Quel
grammatiche era
le
regole,ma
protestacontro
una
i
grammatici o
o
accozzatori
che credevano
numero
per
grammatica non
un
e
io
colisti,
regoleagliartiil Codice,
perchè
Ma
numero.
la scienza. Certo
ancora
regolaora
ora
precedenti,
era
lode ai nostri del Cinquecento
dava
ne
rola,
pa-
quelragionarela
la
Francesi,i qualiponevano
ai
della
e
di
gli articoli,
parolaper
era
e
progresso,
sognav
regola bi-
ragioni.Paragonavo
di sapere
si ficcavano in capo
e
le
la pedanteri
bastava
non
che di ciascuna
dare i motivi
ancora
ragionatoappiccicato
passata, e voleva dire che
dare
me
nella derivazione
nell'uso dei buoni
gazione
spie-
gue
da lin-
scrittori,
nell'uso vivo del
ora
notizie
utili e
occhi miei
cercavo
tiravano
e cosi ne
popolo,
Ma questo agli
ragioniplausibili.
era
una
storia, non
una
la scienza al di sotto delle
immutabile
discorso. Cosi trovavo
delle
scienza;e
forme,nel
vimento
mo-
e del
idee,dei giudizii
nella
logicail fondamenta
grammatica; e finché mi tenevo
ca,
di una
termini generalissimi
grammatica uniil mio favorito,
la concepivaLeibnitz,
come
scientifico della
nei
la mia
corsa
quando
andava
veniva
bene. Ma
mi
cascava
l'asino,
alle differenze tra le grara-
167
—
maliche, spesso
da
in urto
riducibile
e
poco
trovare
in
quellastoria
altra cultura
o
fissi. Per
principii
a
la
e
logica,
originate
sociale,
piena di
scienza,si richiedeva
altra
Nella
preparazione.
avrei voluto ridurre
dell'assoluto,
ricerca
e
logica,e concordare
fildi
scrittori e
popolo;
le differenze
a
e
la
Chi vinceva
avea
argomenti
Anche
delle cose,
,
naturale.
ma
Io voleva
storia
derivazioni,
la
volevo
non
i
con
ragione;
dimostravo
cosa
tutto
l'ingegno
la conformità del fatto grammaticale
sempre
era
mia
potendo sopprimere
non
della
logica,
secondo
la
insieme
guastare la storia,
ponevo
nel metodo
scientifico
quello
ma,
dimostrare
con
darmi
la
con
storia naturale
una
varietà
a
—
e
ia scienza.
coi
tili
più sot-
ragione della
la scienza ;
1' arbitrario
e
nel
una
sintesi
il piacere
di
suo
todo
me-
succedersi
di questo
preconcetti
stessa
toria.
vit-
o
di
movimento
provvisoria,
per
liticamente
decomporlae procedereanae riuscire poi ad
una
composizione
definitiva. La mia sintesi provvisoria
il discorso
era
di cui davo
una
spiegazioneintuitiva,
tico.
esponendone le parti in un gran quadro sinotPoi, biasimando quel rilegarein ultimo
r ortoepiae 1' ortografia io cominciavo
dalle
,
168
—
sillabe
e
—
dalle
parole,in quanto sono pronunziate
salvo l'interpunzione,
scritte,
ch'era l'ultimo
e
della
capitolo
mia
grammatica.Indi
analizzate secondo
erano
le parole
il loro contenuto,
modificazioni,
alterazioni,
e
sostanze, accidenti,
parecchiecose
mi uscivano
nuove
agli articoli
dette intorno
a'
alle
pronomi agli avverbi
alle congiunzioni.
Mi ricordo di un
preposizioni,
tutti i moquadro,nel qualeandavo significando
vimenti
,
,
intellettuali e
tutte
e
le
,
materiali,e
che
preposizioni,
parve
vi sottordinavo
cosa
mirabile. L'ellissirappresentavauna
in queste
non
e cosi spiegaitutte
analisi,
dimenticando
mai
di
nuova
gran parte
le interiezioni,
ricomporree
dare
il significato
vivo della
compost
parola,
dopo di averla deil suo
trovato
e
senso
logico.Quando
era
compiuto,compaquesto lavoro anatomico
riva
in ultimo il verbo, come
il principio
della
vita
0
del moto
che
metteva
in azione tutto
,
queirorganismo. Inselvato in quel ginepraio
di tempi, di modi e di verbi irregolari,
zando
aguzr ingegno in ridur tutto a regolae a logica,
uscivo
la
Io
non
e
tutto affannoso
sintassi. E
ammetteva
le
pretendevache
alla
riva, e
vavo
ritro-
le stesse
pretensioni.
ni,
le eccezioe
irregolarità
qui
il mondo
andasse sempre
169
^
dov'
diritto : altrimenti
avessi
conosciuto
accidente tutto
per
scienza ;
volevo
non
ma
-
Hegel
avrei
abbastanza
ingegnoso
la sintassi fosse
Col
mio
il
dalle analisi
su
su
La
dalle
che
giovanifacevano
un
sunto
da
come
lo si chiamava.
è venuto
,
già
con
posso. Oh !
come
delle lezioni
sunto
il libro della
Uno
di
non
di
scuola,
questi sunti
Poco
discepolo.
malati
mi
mi
corso
preso
,
ci ho
poco
pito
ca-
capir
paionopallidi
nelle
Avevo
un
un
del signorTagliafer
gentilezza
questisunti
ripeteremai
I
e
,
era
non
reminiscenza.
vaga
questi occhi
r anima.
era
scienza,il
questa grammatica
dirimpettoa quellelezioni
tutta
grammatica
risultato della
alle mani, per
allora mio
mia
una
corretto
me
passando,con
e
partipiù sempliciverso
il fine. Di
rimasta
è
ponendo
fatte,ricom-
,
il grande
discorso,
mi
la faceva
alle proposizioniai
trionfante,
e
al discorso.
e
principio
genetico,io
,
celere
andare
un
metodo
virtù del verbo
per
che
ammetteva
parte distinta della grammatica.
una
naturalmente
periodie
e
,
tutti i fatti grammaticali.Non
moto
della
fuori
era
forza tirare nei confini della scienza
per
uscire
battezzato
,
quello eh'
ero
lora
al-
la scienza ? Se
era
e
quali compariva
per costume
perciòquella
170
—
—
cosi
grammatica rimase boccheggiante
abbozzata
stata
volta
una
rimasto
disegnofinito,
un
incalzato
ad
da
altri lavori. Pure
fu
,
mio
grammatici
frasaiuoli
dei
e
quasiil riso,e
i
che
Ma
—
giovanimiei, che
non
del Puoti. La
ai bimbi
mi
e
,
e' è
grammatica
vano
biasima-
ti.
giovanifat-
a
scienza della grammatica,
una
e
molti
con
gesti.
sofica
questa grammatica generale,
comparata, filochi la
a
certo.
Non
è
In
voi
insegnerete
a
verità,io
grammatica
lamentare
ci sia la
non
di
erano
era
veva
mo-
o
linguaiuoli
strillava io inferocito
E
1' entusiasmo
tanto
insegnassigrammatica
0
mano
chiamavano
gli scolari
e' è
io,
per ischerno
s' insegnava che
non
aria,mentre
ci chiamavano
come
,
li in
era
più che
aspirazionimetteva
nuove
grammaticale
schizzo
uno
,
come
se
forzato,
era
quellafatta
non
,
più sottiliche
il contenuto
se
imperfetto,
molte
bimbi
nei
no
di
versitar
quadri uni-
grammatica generale?
il solo che
costruzione temeraria
e
che
? Ai
avea
di
lasciavano
era
e
una
insegnassi
se
molte
vere,
il metodo
se
monco
vazioni
osser-
,
se
quella
dell' affrettato e dell'
quellecose
orma,
certo
non
è
chivano
attec-
che,fatta
Quel
e alzava l'ingegno.
quelmodo, svegliava
delle apparenze ; quelguardaredi sotto
disprezzo
a
172
—
maticali,cercavo
nel
gli esemplie
le
applicazioni
libro,ricorrendo spesso alla lavagna,perchè
mi piacevadi parlareai sensi,e non
stavo
rifinché la
vevo
—
molta
tutto,e
cosa
non
chiara
era
attitudine alle minuzie ; sminuzzavo
ciascuna
su
minuzia
esercitavo il mio
cervello sottile. Quelli che mi
in
tutti. A-
a
sentivano
grammatica, e tracciare le cose
si
non
tratti,
medesimo
minuteria
le
con
erudizione
,
parole,
vivente.
e
e
cose
stato
rovi-
la mia
con
infinita
lingua
di ciascuna
,
paroladicevo
tanto
nelle
grammaticale,mi
attinta ai testi di
sensi antichi
era
analizzato
avere
in tutti i sensi il fatto
divertivo
quel
particolarità
nelle minime
La stessa
grammaticali.
della lingua.Dopo di
grandi
foss' io
persuadevanocome
cosi minuto
a
fare
filoso-
i derivati
nuovi, le
e
che mi
Talora
composti,1
ferenze,
le dife
simiglianze
e
i
chiamavano
la lettura
non
il dizionario
era
che di
un
periodosolo,e prendevauna buona ora, e non
davano
la finivo più,e mi ci scaldavo io,e ci si scalgli altri. E quando, riscossomi e cavato
r
orinolo,vedevo
1' ora
e
queicari giovanimi
Professore,quando vi ci
che in
quellascuola
non
nita,
facevo la faccia atto-
sorridevano dicendo
mettete
:
!... Il fatto è
si sentiva la
noia,per-
173
—
che dicevo
novissime
cose
li teneva
unzione che
una
tutti la stessa
—
un
con
tutti a
calore
,
con
vivendo
me,
vita.
lessi dei brani del Pandolfìni,
quell'anno
minai
del Compagni e di Frate Guido da Pisa,e terla famosa
con
leggendadel carbonaio di
dai
Iacopo Passavanti. Nella prima lettura non anpiù in là del primo periododel Governo
della famiglia e ci feci sopra le più nuove
e
In
j
le
più sottili avvertenze, indicando
le differenze
l'uno
di tutti quei sostantivi ammassati
su
l'altro,
di una
stessa
esprimevanodelicati gradazioni
simili ed erano
e spiediversi,
gavo
cosa, e parevano
che
anche
il
perchè
del loro
collocamento.
Spessotiravo fuori il capo da queste nebbie di
in puro cielo,
minute osservazioni,
trovavo
e mi
dell'arte, e
nel cielo luminoso
io, e
e
tutti si
colore
e
m' entusiasmavo
entusiasmavano,mutando
accento.
viva
che
Mi
rimane
ancora
io
oggi
voce
pressione
l'im-
fece la lettura del convito
del Pandolfìni. Quando
lessi: spentoil fumo alla
cucina,è spentoognigrado
e
grazia,e quando,
quelsolitudine
e deserio,quellavivace
gioventù non si potè
affollandocontenere, e proruppe in applausi,
misi intorno. Quella descrizione magnificadecon
intonazione
uscii
solenne,
in
174
—
—
gliapparecchidel convito,dove tutto è pieno
di senso, ch'io annotava
si trasfore
mava
scolpiva,
nella mia
calda analisi in
una
matica.
dram-
scena
Un'impressione
più durevole forse fece
la descrizione graziosadi una
nella quale
festa,
il nostro
messer
Agnolo Pandolfini colse la moglie
che s'era imbellettata. Fece
faccia imbrattata
e
è
ridere
quella
qualchepadella in
a
na,
cuci-
tutti colsero il
garbo e la bonomia che
fine, quando il marito, vedendola
la
verso
piangere,dice: Io lasciai che s' asciugassele
lagrime e il liscio.Pure questo benedetto libro
r ho apertopiùdopo quel tempo, sono
non
sati
pastanti anni
alla
tornano
come
lo
come
vicende,e queste frasi mi
tante
memoria,
se
mi tornano
e
le facessi
ora
rado
davo
tema
un
Io
sceglievanoloro.
un
il
;
più
tornava
ciuco. Il di appresso
mattino, e cominciavo
componimenti.Avevo
caratteri,tanto
più orribilime
che
la
il lavoro.
delle volte
a
casa
se
carico
mi levavo di buon
la lettura di tutti
quei
fatto 1' occhio ai diversi
anche
oggi
sogliocavare.
lavoro un'infinita
ture
quellelet-
pression
si forte fu l'im-
,
si faceva
volta la settimana
Una
Di
e
dalle scritture
Mettevo
in
quel
perchèinfinita era
pazienza,
175
—
la mia
coscienza
l'andare
nel
in fretta
ben
salti. Mettevo
le debite
con
vazioni,
osser-
lungo, perchèvolevo
tornavo
capire.Fatta quellafatica,
tre
legger tutto,spesso aggiungendo al-
a
capo
delitto
un
parso
leggere a
talora tiravo in
e
da
o
sarebbe
le correzioni
margine
farmi
mi
:
—
postille;poi sceglievoin quella selva di
errori quelliche davano
occasione
ad avvertenze
grammaticali o
che
armato
per
e
uno,
il di. Nel
scuola,
a
o
r occhio
con
frasi
i
0
volevo
e
là
cavavo
di
dimani
i
Poi
alla
che
pazione
occu-
andavo
cosi
giovani
qualcosa,
lode, consegnando
o
prendevoi
miei
lavagna facevo
me
i
materia
appunti,
scrivere
dov'erano
scelti,
giovani me
le
rori,
glier-
li trovassero.
molto istruttiva di
nelle
applicazioni
uno
dir loro
a
compatimento
periodida
bene
era
,
trovavo
le carte.
che
la mia
era
chiamavo
e
sempre
biasimo
0
Di
lingua,e
tutti sentissero. Questa
di tutto
e
di
vazioni
osser-
della
lingua
della grammatica. Quello era
e
l'esercizio più
utile. Posso dire che s' imparava più a quel
modo
che con
tante regolee con
fare.
filosotanto
e
Io
non
non
dava
alla
lasciava mai
cose
in ozio l'intellettoe
chio
luogoalle distrazioni : sempre li,l'ocvilavagna,attento, caldo,come
se
176
—
vessi là entro, e
quellaserietà,
quel calore
tutti,li
tirava
CAPITOLO
REALI
questo primo
giunse notizia
era
a
dagnava
gua-
me.
DICIANNOVESIMO
MALATTIE
In
—
che
E
IMMAGINARIE
della mia
anno
la divisione
compiuta.Papà
sempre
un
scuola
nella
mi
famiglia
po' poeta, avea
quellaparte della casa ch'era in uno
stato meno
buono, perchè col tempo era possibile
allargarsida quel lato e farsi una casa
la poesiadell'avvenire si conbella. Cosi con
solava
scelto
della miseria
presente.Intanto ci si stava
bisognò farsi
alle strette,e
strada,fabbricare
la
ebbero
I
poesia.
bella
casa
del
ansietà
e
domani.
con
a
noi. Il
studio ;
medicina
seminario.
col
loro
Questo
stava
pensieroprosaico,
spesa
e
senza
fu il frutto della
con
cugino Aniello
poco
tra
un'alla fabbrica,
mezzo
divisi secondo
mio
le loro
e zio
glialtri,
era
poi rimpatriòe
padre.Paolino
Gli
a
fatta,senza
zii s'erano
due
inclinazioni ; zio Carlo
Poppe
lasciare
e
col
glialtri,
dove
l'uscita da
in Avellino
studiava
fratello era
altri fratelli rimasero
in
in
casa
177
—
la
sotto
con
di zio Poppe.Vito
disciplina
eh'
me
era
un
pezzo.
avergli1' occhio sopra
cello,e pretendevoche
me
per
-
esempio. Ma
in mala
;
e
Io
già grandi
era
-
facesse da sé, prendendo
eh'
parve
compagnia, e
potea troppo
non
poi
si trovava
egliincappasse
di questo
me
veniva
ne
e
e
gli
qualche sentore
glienevolevo male
facevo lunghe paternali.
le cose
Ma
vedendo
sullo stesso andare,me
stancai e non
ne
sempre
gli parlav^opiù. Quel mio silenzio mi pareva
,
,
gli fosse freno, e
vedersi trattato
e
indififerenza
con
li come
messo
un
gli fu
invece
cencio,mi
Quel
sprone.
e
parlato
non
il maggior
sembrava
che potessi
e che glifosse
dargli,
castigo
al
mi
cuore.
Questo pareva
troppo delicati
sentendo
senti
poco
Un
che spesso
miei
rimproveri
gran
peso
che
dovuto
e
mi
Stnetis.
essere
s' indurì
e
si
glivedevo cambiar
cambiarlo io,e prendere
non
la scuola mi
teneva
giungevano i rumori del
giorno, rimasto solo in casa,
,
d'
,
,
timenti
sen-
lui parve,
raffinati. A
e
mi
e
passeggiare
De
un
più libero. Io
avrei
registro,
altra via; ma
e
più i
scarico d'
come
me,
ingannato,supponendonella gente
sono
non
a
tello
col-
tutto
sé,
a
mondo.
di
stanco
fantasticare per il solito stanzone
sedetti
e
tirai
a
me
il cassetto
della
ìi
178
—
lo trovai
e
scrivania,
Rimasi
non
l'era
come
Con
niente.
da
la
isfogarmicon
piano.E
là,
gli abiti
la
contai
Ci
Passai
bene
la
con
sera
tutte
zitellone,
facevano
la
Vito
e
casa,
fremevo
volto di
e
gli
fratello
si vedeva.
non
muti.
Nessuno
viene ! E
non
e
zia
e
di
da
è
filai
m'in-
gli occhi
con
per le vie
dalla
di
Napolicosi
Don
Nicola
amici,
scuola,da parecchi
sua
niente. Tornai
Isernia,e
casa
Rosa
e
Donna
che
paternostri,
predicae
Rimasi
vigilanza.
mo
pri-
sospetto.Ma, che
suo
vecchi,
dirmi
Donna
a
tavola
a
in
al
mi
e
intondito. Mio
cercando
seppe
ch'era
Enrico
Fui
all'impazzata.
nessuno
nella
giù, per
correr
gli abiti,e
già essere
Buono, alla
corsi
Venne
certi calzoni
Del
ci trovai
non
danari.
scoppiaiio.
fuori lo andai
ci
sieme
scomparsi in-
mettemmo
?
successo
e
Erano
dire all'altro il
osava
me
li trovo.
Rimase
dovuto
avrebbe
e
volto di qua
mi
non
cosa.
danari,e
vestirmi
a
lì dentro
smarriti
trovavo
i miei
con
andata; che
famigliaIsernia
non
e
d'impazienza;
credevo
non
gli occhi
letto,per
la serratura.
rotta
e
i miei sudati
essere
stanza
vuoto
spaventato, e
sapevo
doveano
—
per
accusavano
due
costernato.
mi
sfogaiben
Maddalena, due
per
giunta mi
la mia
poca
giornibalordo,con
180
—
faticosissima
,
quasi
—
riposo.La
senza
mattina
al
andavo
sera
a
CollegioMilitare ; verso
della giornata erano
piuti
riemscuola;gl'intervalli
dalle lezioni private.
Metti pure ilcontinuo
travagliodella mente sui libri,e quell'aculeo
del cervello che è la meditazione,
divenuta una
ero
abitudine
quasi un
e
sotto
mancava
fondamento
un
pur mi
che
casa
nella
in
tutti
un
sati
pas-
le
La
del mondo
vita
mia
era
di
mono-
ripetizione
quotidiana.Seppellit
una
nello stesso
scuola,sempre
d'idee,il
cerchio
era
giate
passeg-
neglianni
su,
spiritonotizia
lo dissetavano.
notona, quasi
serio. Questa
ci
allegreconversazioni
Puoti, de omnibus rebus, che
pure
portavano al mio
e
quando
quellelunghe
tenevano
mancavano
in
giovanili
fuori
,
vita. Mancavano
la mia
;
fantasticare
cervello si
punto, rimaneva
gli altri aspettidella
piccolo
fissava,
e,
simo
attivis-
quasi stupidoin
vita.
Di sentire delicatis
quell'ambiente
volgaree grossolano
in cui
e
mi
pur costretto
ero
di
vivere, mi offendeva
guastava i nervi, si che sempre
esule dalla
società,e
cercavo
mi
tivo
sen-
rifugionei
giovani.Dimagravo a vista d'occhio;ero grae
cilissimo,
spesso infreddato,
passavo i giorni
fra tosse
e
mal
di
gola. Una
buona
igienepò-
181
—
forse
teva
guarirmi;ma
Le
tempo; pure
voglia sfrenata
giallacadeva
faccia
chinarsi del petto
incurvato
che !
ma
e
divoravo
pagine,e
il
Alzando
Un
del capo
e
volevo
il
giorno mi
più
lezione;
che
tirava appresso
ore
dal
naso
quente
fre-
aveva
la lettura;
l'altro,
intere
libro,mi
luogo dove
si trova.
alle mani
nisse
fi-
non
periodoper
svegliae
venne
mi
la mia
passavo
e
leggerequello
chi si
intorno,come
ancora
leggere
,
finivo
periodosi
le
immemore.
sierato.
spen-
sui libri. Quel
Sceglievoun
l'un
di
sapersiper
a
cominciato,non
il libro.
ma
Talora
il dorso.
necessario
ch'era
inespertoe
ero
occupazionisi prendevano tutto il
della giornataconin certi ritagli
tentava
la mia
la mia
—
come
davo
guarnosce
rico-
non
trattato
un
di
riosità
generale.
Leggo e leggo con una cupatologia
mista di spavento quellainfinita serie di
morbi,
e
mi
e
pareva
che vi
il corpo
umano
vermini
in-
come
pullulassero
queimorbi
l'uno
dall'altro.Quelle descrizioni animate, che
quasi sempre
spaventavano
e
funebre. Lessi
col delirio
mi attiravano
e
come
vano
fini-
la morte,
un
mi
romanzo
tano:
più volte la descrizione del tee la cosa.
ignoravoil nome
bile
Impressionamolto, mi pareva di sentirmi nelle ossa quei
182
—
morbi
dinanzi
che mi passavano
Eccomi
alla tisi. Mi
quel mal
—
battè il
sottile morivano
e
le ragazze,
e
io,cosi gracilino
com'ero, mi
il
pietosestorie
e
i fenomeni
delle mani
levai
mi
le
mani,
le guance.
ben
r antico
Costui
Lo
il
e
pregaidi
air
sentivo
ciare
bru-
mirarmi
a
che
fessai
con-
ne
me
nico
signorDome-
casa
la mia
tastarmi il
così
—
stavo
minarmi
polso,esa-
mi tremava.
Ma
—
candomi
bene, disse lui,toc-
benone,via! vuo'farmi
Poi,
\ì
mi
guardò
non
persuaso
so,
in vi,
giunse:
ag-
forse qualchelibro
Dimmi, leggeresti
di medicina?
uguale
che
di
voce
stai
di Molière?
—
mi
disse,veggendo
petto, e la
vedendo
delle guance
elegantemingherlino,
di faccia aperta
vestito,
mi
il polso.Tu
il malato
calore
un
era
t'ho visto mai
non
tando
adagio,no-
specchioper
medico
chiomato,ben
cera.
spesso
stetti agitato
impensierito,
allegra.Cos'hai?
brutta
io
corsi allo
,
Albanesi.
toccavo
rossore
turbato,che
Tacito
con
e
al
e
paio di giorni,insino
un
per
e
contavano,
ne
se
quando giunsi al
e
,
scarne,
perchèdi
piiii giovani
,
della tisi. Leggo
petto per paura
nel voto
core
lo
per
fantasmi.
come
—
Gli narrai tutto,con
ingenuità.Il
accarezzandomi
il mento
medico
rise
semplicità
molto
,
disse
:
Gitta
e
al foco
183
—
tutti
questilibri
quel
riso che
—
di medicina.
Mi
quelleparole
rassicurato.
all'occhio
medico
Ma
a
faceva
l'amoroso
del
figlia
Ronchi
l'amoroso
come
medico
giovanetta,
una
di Corte.
,
venne
Il povero
atterrò.
con
più
casa
pochi giorni di poi mi
notizia che mi
una
tornai
e
,
confortò
E
faceva
si soleva in
Napoli,in istrada,
chiaro di luna,guardando,facendo gesticon
a
la beila al balcone. Una
di quellesere
che il
freddo era
rono
grande,stando cosi al sereno, glifuattaccati i polmoni,e cosi quel meschino
che rideva
con
di appresso
del mal
me
di mal
assai. Non
mi
sottile.Il fatto mi
pareva
per via
moriva
sottile,
di
vero
di qua
e
di là le ragazze
diceva subito: Come
Il fatto è ch'io
robusta
era
Me
come
metteva
vecchia
,
senza
sopra
si direbbe
come
e
nella
sua
la
casa.
ci trattavamo
malizia. Ella mi diceva
dendomi,
ve-
oggi,
ragazzotta
una
quale
terrazzino
un
e
lato
davvero,ma-
contadina,con
una
ci vedevamo
che
per
fece avvertito
ne
,
stai? Io sto benissimo.
malato
esaurimento, o,
di anemia.
contrar
più in-
quel giovinotto gaio e spigliato,
che ammiccava
di
contristò
dover
non
pochi
a
Era
terreno,
pianscenza
cono-
alla buona
spesso
lora
ta-
e
che i miei
184
—
occhi
La
tuono.
a
quel terrazzino
sedia
e
la slanciava
la levava
la mano,
si
piegava
sotto. La
il
mostrava
bricconcella
braccio
suo
e
vidi che
presir
il mio
altro. Giovane
viveva.
esile
era
i
io
guardai
e
pallido,
polsicon
A
scuola
giovani,esaltato
il cervello
si
portava via
in
la
era
me
il cervello stra-
e
cosi vivace
e
poteirinfrancare
parte di
una
volgevaal
fu che l'anno
ceso,
ac-
suo
me.
termiae,
le forze in Sorrento.
in casa di una
Capitai
agiata che aveva
,
e
grandetta
e
ci arriva.
pensato ch'io fossi infermo; pure
quellascuola
Ventura
tra
non
Poi
ammirazione.
braccio
mi
e
rubicondo,
Il sangue
Nessuno, Vedendomi
avrebbe
rideva,e
e
abitudine di strofinarmi
stesso;là regnava
e
con
la
se
per farci venire il sangue.
mano
un
sentivo
mi
meno
e
il braccio mi tremava
rotondo
guardandoal mio, diceva:
La
forza
poneva
alta,che
riusciva di tenerla
il braccio
e
fatica,
gran
più ci
e
,
a
ghermiva
mi ci scorticava
aria;io
subito in
recchi
pa-
chi alzasse
a
Lei la
mano.
spondev
ri-
sopra
si facevano
giocavamo
una
non
riuniva
famigliasi
dì
sola
con
capivae
non
sollazzo,e
per
giuochi.Un
una
io
amorosi, e
erano
—
belloccia. La
buona
una
mamma
contadina,piuttosto
unica
figliuola
nel dopo pran,
185
—
a
lasciava
la
zo
lei, sedia
onde
con
vedeva
si
e
cavate
e
dalle
alla
fantasie
il
facevo
e
e
stavo
le
vennero
loro
di
statua
quei
dintorni.
Le
e
corpo
osai
dare
Consalvo
lo
ebbero
spirito,
alla
me
mia
lo
ore
in
tanto
perdoni.
mirarla,
da
lei
e
me,
intermezzo
che
mi
narono
me-
quel tempo,
con
la
il
al
e
Divinità,
bella
mia
girare
a
legra
l'al-
lunghe,
di
che,
contadinotta
niente
vespertine
pura,
poco
stelle
Da
camminate
l'aria
compagnia,
mi
le
usai
gesso,
e
amici
faccia
a
dalle
a
grottesco
desinare.
a
poeta,
alla
lei,
alcuni
faccia
trovarmi
non
da
il
veniva
mi
innanzi
questo
togliere
a
seco
per
timido
Da
luna
intere
ore
il tranquillo
e
fatto
avrei
non
parola
una
parlava.
nessuno
per
ora
Consalvo,
aspettava
mi
Ma
coperto,
azzurro
dalla
graziose
nuvole.
lingua,
cielo
tempi
accanto
ore
terrazzino
un
bel
altri
le
passavo
sopra
un
In
mare.
e
me,
sedia,
a
—
riposo,
tempo
le
rifatto
partire
di
strazion
di-
il
colà,
un'abbracciata.
186
—
VENTESIMO
CAPITOLO
IMPRESSIONI
—
POLITICHE
ZIO
—
PEPPE
le lezioni con
brio. Tutti mi
Ripigliai
complimentisulla mia buona cera.
furono i nuovi
m'aveva
venuti,nessuno
mi
si
stringevanointorno
dove
si
leggeva la
e
n' annata.
Il
novissimo,e,
sulla
Intanto
giudicato
tirati
sentii inetto
qualcosadi
a
termi,
ripe-
Feci
nuovo.
un
lingua.
non
avevo
giornalifrancesi.
del
stato
era
ilari,
buo-
una
grido,parecchivenivano
volli dare
e
corso
corso
curiosità. Io mi
da
anche
primo
al
di fare
sicurezza
Molti
lasciato,
le facce
con
vano
face-
Gigante.Avevo
intermessa
Stavo
la lettura dei
qualche ora
assistito
con
nel Caffè
resse
grande inte-
tra il Conte Mole
parlamentale
dove primeggiavanoGuizot e
e la coalizione
Thiers
collegatidi occasione. Quelle giostre
oratorie mi rapivanoin ammirazione ; non
pevo
sae
ancora
qualeera il dietroscena,
quanta
zione
Quella coalivacuità fosse in queglisplendori.
mi pareva una
e uno
dolo
Beansoperchieria
alla lotta
,
,
,
e
col mio
istinto che
mi
tirava
verso
i
188
—
delle
quel giudizio
—
e mi
degliuomini
facevo molto impressionare
da quelloche dicevano
di lui i giornali
di mia lettura,
il Siede
e i Débais,che
gli erano contrari ; forse anche
la grande aspettazione
di lui glinocche avevo
que. Pure
lo
nella
campagna
sua
cose
e
,
qualchesimpatia
accompagnai con
i
contro
conventi,e poi nella
gesuitie
i
contro
azione
a
diplomatica
sostegno del Vice-re d' Egitto.Mi fece grande
nella discussione parlamentareintorno
impressione,
ai gesuiti
ed ai conventi,un
discorso di
Berryer,un pezzo oratorio di gran forza,do-
v'
descritte
erano
sua
mirabile
con
lassitudini della
vita,che
nella
conventi. I
quietedei
molto,ma
me
parve strano.
appagamento
cercano
deputatilo applaudirono
contro, ciò che
E mi
anche
parve
di
il cui discorso mi sembrò
nulla
cavilloso
Vidi il Thiers
seppe
Ma
non
cosi mal
isolata ,
mi pareva
ne
il Dupin,
curialesco.
in
politica.
poi.
non
E-
ogni di scoppiasse
fu niente ; il ministro
manovrare,
e
a
strano
invischiato nella lotta tra
e Turchi,e
giziani
la guerra.
e
prime sorprese
quelleche vennero
a
più
ch'era
spirito
Queste furono le mie
erano
certe
conchiusero
uomo
quell'antipatico
Ma
facondia
ebbe
che
animo
la Francia
mase
ri-
di affrontare
189
—
—
Io
r
Europa per i begliocchi di Mehemet.
e mi
farragginosa,
poco di quellapolitica
il sospettoche
cosi piccinocom' ero
capii
venne,
facesse
,
liberale trombettato
! E
di
creava
me
il
e
mi
rumore,
vidi la mala
Thiers
Ci vedevo
assolutismi
Thiers.
Guizot
odioso.
Che
Thiers
lo invia
uomo
a
Io
era
levano
vo-
alla francese
Guizot
et
c'est
,
mi
non
no.
entraro-
quel povero
addirittura
divenne
gridavo io, gestendoforte.
ambasciatore
a
stui
Londra, e coil suo
combatterlo
mobile
che
!
cospiracontro
camera
poi mi
,
personificazione
soverchieria contro
una
che
se
lotta,
quando
avversari
e' est le guerre
Questi
la paix.
sua
guastato 1' idolo.
aveva
quellesolite formolo
con
dentro
lasciare dietro di
per forza fare di lui la
:
beniamino,
Pure
cotte.
fede dei suoi
della guerra,
mio
poco neir ultima
s' ingraziò
un
inabilità.
o
Quella
prestigio.
suo
senza
precipitosa
velleità
Mi
sminuito
era
caduta
furbo di tre
un
lizia
ma-
gli uomini
volta che
Thiers, il
impiccolire
non
io lo
prima
gramma
pro-
lui. Vedi
da
furberia in ciò che è vanità
vedono
Per
è la
non
dal
i Francesi
apposta cosi, per distrarre
e
ministro
! Ben
fece
e
viene
nella
Berryerad
appassionatonei
miei
copparlo.
ac-
giù-
190
—
dizi, molto
—
impressionabile,
trasportatodalle
varie correnti
una
con
,
dose di bontà
gran
d'
ingenuità.M' incalorivo molto per le
orecchi né occhi per
Francia,e non avevo
nostre; anzi Napoliera
la mia
mondi, perchèNapoliera
scuola mi
sentivo
questa
allora la corrente.
da
un
era
La
letterario si
sentimento
felice. Del
e
e
ben
sfogatasi
gesti,non
a
resto,
gioventùmossa
appassionavamolto
bene nei caffè
altro. E
cercava
le cose
miglioredei
scuola,e nella
quellagrande eloquenzadella
per
e
appagato
di
il
me
per
cose
e
tribuna francese,
a
la
chiacchiere
sciava
poliziala-
fare.
In
alle mie
mezzo
lezioni mi
Zio
colse
e alle mie
politiche
dispute
strale
come
da
Carlo, colpito
triste notizia:
una
secondo
un
accidente
moriva. Mi rimproverai
allora quella
apoplettico,
so
non
mostrata.
quale freddezza che gli avevo
li a pie del suo
Avrei voluto essere
letto,e
perdono.Ricordavo la sua bontà per
chiedergli
il suo
eh' ero
stato sempre
Nel
prediletto.
me,
lasciò tutto ai cugini ciò che
testamento
suo
,
,
mi
parve
promesse,
a
la
e
inevitabile
conseguenza
mi
non
dolersi di mio
? pensavo
figli
sorprese. Ma
padre,
io. Anche
che
a
se
egliaveva
colpa ci
zio
di molte
hanno
i
Poppe spiacque
191
—
la cosa,
fece
e
e
il
annoiati
Il
malinconici.
e
talvolta
mio
a
allegromal
e
contro-testamento, nel quale
un
diceva
padre,per equilibrare,
Questi fatti avevano
generato mali umori,
in famiglia
giorni
povero vecchio menava
lasciò tutto
lui.
—
vi si
la
alleviargli
pensaidi
vita. M'
vivace
e
violento
e
umore
divenne
piegava,e
Io
manesco.
suo
chiamarlo
anche
era
a
me
buona
una
compagnia allegra.
quel maggio
mi
in via Rosario
a
In
casa
La
casa
un
salotto molto
bene
era
separaida
Porta
aerata
la scuola. Quell' andare
a
Vico
Bisi
mi
Diedi
dove
e
pensaidi
fieramente.
annoiava
io mi
oscuro.
bella stanza
rannicchiai
Quel
di venire
traduzione
,
casa
e
io
letto
Marchese
mia
non
cosi
dispiacere,
Potito
Poi
la scuola in
contentone
bravo
in
da
tenere
venire da San
maggior dignitàavere
una
24.
luce ; c'era
,
pareva
presi
e
Medina, numero
piena di
e
capace,
Enrico
in
non
a
zio
stanzino
tenne
tutti i mercoledì
eravamo
casa.
Pappe,e
uno
pensaipunto
mi
che
uniti di
a
vile
per la
gli potesse
spirilo.
Zio
Peppe era di conversazione
piacevole,
di primo moto.
Portava
franco,
impressionabile,
assai bene
la
sua
sessantina:
alto
e
corputo,
quasigigantesco,e
quando poneva sul suolo quelle
192
—
rotonde
gambe
piene,il
e
sotto. Aveva
calmava
si
pienadi
innanzi
stava
soggezione.Gli piaceva un
in brio
vino; andava
gesta
sue
e
,
che
Zitto
me
vedeva
di
ad
le
diceva
eglisi
,
le
come
cose
via. Le
anche
per
lungo
esilio
non
l'avevano
la
e
voce
il
piegato.
qualcosadi
nuovo.
un
di
sotto
mormoravano
reduci
patrioti
voce:
nella
lio
dall'esi-
nòstra
mirazione
am-
primeggiavaPoerio. Nei primi anni
i Carbonari,e io me
contro
imprecazioni
li dipingevocome
in
esaltava
persecuzioni
politichee
bocca. Già alcuni nomi
sentivo
lentieri.
vo-
quell'atmosfera
bea
plumpo'allargarsi
pesava sopra tutti,e ci tenea chiusa la
Si vedeva
si
cile
fa-
assai
sentiva,alzando
Allora si sentiva nell'aria
che
suo
compagnia. Talora
ed
stuzzicando
r andavano
ceva:
di-
il
era
lo sentivo
della
era
di
poche parole,non
aprirmi;del resto,
Enrico
bicchier
spuntare me,
,
contrapposto: severo,
ne
volentieri delle
Ciccillo. Io
viene
non
qualche
con
buon
ciarlava
e
quando
a
nevola
be-
all'ira,
ingegno
e
ritta;
cera
affetto.Facile
subito. Coltura
molto, e
aveva
masse
glitre-
gli occhi arditi;la
e
l'anima
suolo pareva
bella testa,sempre
una
il viso rubicondo
e
—
cosa
queltempo,
e
diabolica. Ma
le
il tono
erano
imprecazioni
tava
mucon-
193
—
i Sanfedisti
tro
messi in mala
no,
e
Ruffo,e
Novantanove, ancora
Carolina
e
gli eroi del
e quasi all'orecchio.
voce
a
—
Gli uomini
bassa
a
del V'^entu-
luce,cominciavano
di un'aureola
circondarsi
si vantavano
e
ripulirsi
a
innanzi
alla
ventù.
gio-
Pepe Carascosà ,
Colletta. Quando GiuseppePoerio,reduce,perorò
Già
la
sua
si
nominavano
,
prima
ma
sotto
folla
Andiamo
sentirlo. Si diceva:
oratore;
una
causa,
c'era la
a
enorme
trasse
sentire il
a
grande
l'uomo
simpatiaper
nella causa, creMi sta ancora
do,
innanzi,
politico.
di Longobucco.Squassavala bianca chioma
come
un
Giove, tutto gesti,tutto nella canèa. Si
facevano paragoni tra il suo fare concitato e la
calma
del
Borelli,e
l'uno
i
giovani giudicavano
l'altro facondo.
eloquente,
Io assisteva
sentimento
a
queste dispute,invaso da
ch'era coperchioai
letterario,
del Ventuno
e
non
era
Ci
questo rialzo dello spirito.
aveva
estranea
buito
contri-
il ministero
Thiers,dal quale si aspettavano
grandi cose
per la libertà dei
popoli e
quales'inabissò
di guerra, entro il
quel rumor
il Thiers,fu accolto dalla gioventù con
speranza. Ma
D*
conti
rac-
ai ricordi del Parlamenta
nazionale. La tribuna francese
a
un
S"netit.
venne
Guizot,e addio. Thiers
,
molta
areva
194
—
faccia che
una
ci
sorrideva;Guizot
ceffo. Queste
brutto
—
ci parve
timori,opinioni,
speranze,
congetture, immaginazioni, mormorii
in
rano
cerchia
una
lingua;
Io per
Enrico
alla
ci
politica
meno,
secondo
la
Ma
si pensava
i casi
era
politica
martellava
mai
e
lo faceva
e
intorno,e
tra
grosse. Si vantava
il tradimento
ci
narrava
della
nostra
tramezzando
esilio,
scattare
;
e
compagni
e
certe
e
Questo
e
come
capo
lanciava
in un'
che
le
sue
non
si guardava
lava
le sbal-
amici
e
i suoi
venuto
pugni
in aria.
non
sdegni
grazia
una
amicizie di setta,
quel tale
con
in
il suo
loro pagata
ridere,ed egli ci
i
lo
del
e
pene
di certe
accademia;
sotto
Peppe, che
provincia;raccontava
sempre
ci faceva
giorno.
Carignano;
ceva,
Conciliis,
gloria,di-
del De
contava
conchiudeva
del
tro
Carbonaro;gridava con-
ch'era
:
piccanti
monache, e che aveva
lauta messa,
e
di zio
aneddoti
con
a
gliaccidenti
di Francesco
spesso
di Vico:
e
più o
parentesi,
per
il chiodo
po'
un
grammatica e
tutto
nello studio
tutto
era
ci
non
in certi
si faceva
voce
esempio ero
più
loro,salvo
ai casi
chiari di cielo,quando la
più alta.
epolitici
assai ristretta. I
badavano
e
pensavano
un
m'
Dies
irae.
si arrovellava
Io lo sentiva
era
venuto
ci fosse niente di serio. Con
il
lo'
196
—
tica,altre
nella
materiale
un
—
nel
rettorica;
morto,
come
vocabolario
un
c'era
anatomico,
pezzo
di esempi, in confuso^
e
copiadi significati
con
come
Ora anche
la
sulla
Tenni
Mi
oltre
il
dei buoni
di
numero
dalla Crusca.
volentieri col
toli
e
La
i ribelli a
tra
quasi e' era
scrittori
,
mia
e
come
che
quel tempo.
della
cose
che allargai
non
là dai confini
inclinazione
Vedevo
Monti.
si
bito
su-
;
mi
che
la
che di tutto
lingua non
era
casi dubbi
gli
davo
grandissimaimportanzaall'uso vivo,e
una
erano
bene
nel
del massaio
accette
anche
ma
vocabolario,
o
del
; anzi mi
pareva
parolenuove
che
non
mi
gistrate
re-
sonanti nella bocca
Né
gastaldo.
qualche parola o
rava
ti-
Bar-
potesseregolarecon
il latino. Nei
luti
vo-
più
stavo
Diritto del Padre
esempio, e
morto
corpo
di
quel tribunale
Torto
Vincenzo
con
M'immersi
se
scrittori,
questidi
ti,
Mon-
gli antichi
,
arbitro delle
sovrano
lingua l'uso
familiari
erano
del
lingua del Perticari,
Cesarotti,del Cesari
come
di filosofi
za,
penetrate la scien-
qui erano
Cinquecentoe del Seicento.
nelle quistioni
più delicate
del
un
di storia né
storia,l'erudizione.
gli studi
del
lume
tiritera senza
una
mi
frase uscita
faceva
rore
or-
dal dialetto
i dialetti italicifossero
197
—
di
per l'uomo
—
gusto fonte viva
le
e
immagini
che
era
potesse
,
le
e
Il
figure.
nella
entrare
quanto nei dialetti potesse
€
di
conformità
certa
una
avesse
riguardale
ciò che
lingua, specialmenteper
frasi
fresca di buona
e
mio
pio
princi-
mune,
lingua co-
capito,
esser
quella.La linguacomune
la qualesarebbe
l'aristocrazia,
come
morto,
e
gallicismi facciamo
la
lingua
ritirandola
ostina
a
r
ma
l'antico;
? Questo
e
,
niera,
stra-
l'uso si
se
qualcuno,dobbiamo
uso
ai
dicevo
questa infezione
da
verso
conservarne
contro
la guerra
pur
,
purghiamo
corpo
di altre classsi. Quanto
elementi
assorbire
un
per
la forza di assimilarsi
avesse
non
ove
damento
an-
era
con
me
di
genio e
noi
zare
coz-
linguaggio,in quell'atmos
impregnata di purismo,sentiva già
di
ed
ribelle,
marchese
ma
ero
era
Puoti. lo
di scriver
ed
al
dogma
dogma
della
puro
che
della
che
a
cusava
ac-
quelloche
di scriver
della
di-
era
l'importante
purità avevo
proprietàe
l'attenzione più al
mi
Peggio poiquando
lingua,e
ceasi elocuzione. Sostenevo
meno
scandalo al
e
saperlo,
senza
del volto.
all'uso della
uno
difendevo vivamente;
ne
me
ribelle
già un
il rossore
venivo
riferito come
proprio,
sostituito il
Volgendo
precisione.
contenuto
che alla for-
198
—
ma,
e
veniva
della
capovoltala
lingua,e
diverse
nella
a
della grammatica
base
si riusciva
tamente
opinioniassolu-
a
dalle correnti. Lo
la frase
il
cercare
più
concentrato
spirito,
frase,si
nella
parolao
guardare di sotto, a
non
—
pensiero,a
propria e più esatta, che fosse,come
lo
specchio del pensiero. Perciò
i
ferire
pre-
la frase
ma
pura,
avvezzava
più
dicevo
mi
non
vano
piace-
pleonasmi, i ripieni,le riempiture,le
le circonlocuzioni,
le parentesi,i
perifrasi,
armoniosi
e
congiunzioni e
era
la
roba
da
giri del periodo,l'abuso
delle
esser
Non
era
abitudini,e
ieri. Ne
di
gittataa
bruciare
erano
nelle correzioni
,
avevano
Naturalmente
da molte
non
uomo
non
era
e
puristi,
del
sentivi
Marchese,
cosa
è ;
il
cate
radi-
so
che
ancora
to,
forma-
nella scuola
non
di rado,
perchè
con-
,
nelle letture
all'orecchio molti riboboli
la loro condanna
era
ancora
Cosi
insieme.
manifesta
ciossiachè
venivano
nuovo
vivevano
i mercoledì
questo
disuguaglianza,non
una
nasceva
mal
delle
adorati
oggi gl'idoli
grottesco: il vecchio
e
Tutto
mare.
facile svezzarci
cancellato,l'uomo
che
inversioni.
ghi
lun-
rispondeva per l'appunto alla
pratica non
teoria.
io,
e
ti
anticaglie,
nella critica
e
199
—
nelle teorie. Il
d'
Dotato
novità
le
esagerazione,
nessuna
termini,che
in tali
erano
che
intellettuale,
misura
certa
una
consentiva
mi
non
libero;la pratica
pensieroera
servile.
ancora
era
-
se
quelli,
pensavo
a
0
mira
E
juste milieu.
un
era
punto
era
non
porre
innanzi
sempre
il
spiegarele
petre. Però
in
bocca, e
che
mia
Puoti, ed
io
a
avevo
l'aria di
avevo
il suo
inter-
quelledottrine
fossero
di
dottrine,
volevo
sti
que-
La
vero.
il
surrogare
a
personcino;anzi
nome
sue
pensavo
dire il
a
a
il mio
suo
non
gavano
appa-
gl'irritavano.
puristie lassisti,
neppure
Io
non
mie
essere
purgate da
al
vano
quelleesagerazioniche si attribuifenderl
Marchese, e, cosi facendo, credevo didai suoi
mi
vero
senza
aver
maliziosetta
natura
lontana
di
modo
trovato
dispiacerea
po'di
e
le mie
e
perdonatevolentieri,
erano
applaudivodi
Perciò
avversarli.
io mi
piacereal
lui. In questo c'era
anche
inconscia;ma
dalle
un
la mia
di penpiccole
passioncelle
siero
linguaggio.Una
lezione sul modo
di
merità
te-
sera
di arricchir
feci una
lunga
la
linguasenza
puristipretendevanoche
corromperla dove i
la lingua fosse già ricca,anzi troppo ricca,e
,
non
si dovesse
pensare
che
a
Io
purificarla.
200
—
chiamava
falsi
costoro
la loro causa,
che guastavano
puristi.,
difendeva
e
purismo.Cosi più
e
—
tardi ci furono
i falsi liberali. Terminai
panegiricodel
un
al
al
e
pensiero,
le
tonando
che
accagionavano
che
si potea dire
falsi
i
e
i
tori.
re-
i calunniatori
puristidi quello
più degli ultra- puristio
Gatti,Cusani
scuola del Marchese
che
quale si
la
non
conversazione
una
sua
era
quasipiù
ed
rumorosa
giorno.Il
tro
al-
allegra,
cominciare
a
Marchese
sollazzevole ;
vivacità
lito,
so-
parecchialtri.
e
ciarlava di tutto,
dalle novelle del
tutta
ma
ci-
fui dal Marchese, com'ero
vi trovai
e
nella
parolein
puristi.
Il di appresso
La
al
resta
ar-
contro
,
con
si
non
gli arcadi
imita
non
i veri
quellalezione
mette
non
innanzi
,
anche
purismo,che
vero
Trecento,e
Andavo
il vero
glorificava
e
serbava
ma
nel
dermi
ve-
fece il muso
arcigno.Tempesta ci cova,
scepoli
pensai io, e salutai. Là ero discepolotra didei più umili. Il Marchese, nelle sue
e
maggiori
collere
,
il
:
apostrofarmi
freddo,la mia aria
e
Anche
Parlò
allora
non
mio
mai
osava
contegno taciturno
innocente
sfogò la
delle monellerie
investirmi
sua
e
lo trattenevano.
ira
di Pier
per indiretto.
Angelo
Fioren-
201
—
tino
qualchealtro,disse,e guardò
Io sentii la punta
me.
Gatti
mi
Già, ti
Assai
toccò
egli mi
Si pose
e
venne
delle
di
mezzo
che
ci
rappaciò.Il
dato
maggiore ingegno,ed
d'uomo.
:
Sai, mi
—
che
rimasi
tu
Pensavo
dovuto
gli volesse
studi
tura
na-
il Marchese
incontro
familiarmente
male
che
travisare
e
cono
Di-
informato.
puristi.
—
qualche
la mia
lo
cicalone
lezione
gliel'avevamostrata
altro lato.Vedendomi
sospeso, disse:
vuoi forse eh' io ti chieda
scappò una
i
gran
e
,
qualche benevolo
con
role,
pa-
mitissima
era
mano
aveano
sé
agli stessi
hai fatto le lodi dei
confuso.
gli aveva
per
stizzoso.
buone
con
altri
venirmi
ecco
prendermi
e
dirmi
Ed
tendomi
po-
stretto,
pugno
stimava
che
non
presicon
del tono
Gatti
male
Cusani
la
Cusani
il bravo
concorrenza.
col
su
parole,ma
e
filosofo,
gli sapea
aveva
—
—
—
non
disse:
e
il ticchio di fare il tilosofo.
meglio di te, risposiio,
sfogarecol Marchese, me
adirato
il
scolorai. E
mi
e
gomito ridendo,
il
è venuto
lui. Ed
fare
Matonti, disce
delle velleità di Vaccaro
e
poliingraticome
a
—
la mia
lacrima
—
da
Eh!
puristiveri, come
—
lo
—
voi;
ma
vinett
gio-
perdono?
guardaicommosso.
Io ho
schiettezza,
gli dissi :
e
un
Mi
Poi
lodato
ho dato addosso
202
—
come
agliultra-puristi,
male
ma
nessuno
noi
tra
pose
le mie
—
lezioni.
E
—
torno;
guardai in-
generaleche
un
vi riferisc
collo. Il Marchese
mosse
come
che
certuni
sono
si
si pone
al
il puFigliuoli,
rismo
c'è vero
è uno; non
e falso purismo.Chi
ci crede più.Poi fece
fa questo distinguo,
non
si tratta,diceva,di
lezione a braccio. Non
una
arricchire la lingua;la nostra lingua è copiosissima
più che ogni altra di vocaboli e di modi
di dire,e si vuole scerre
il più bel fiore,
e gittar
del
centro
via le scorie
e
le male
disse molte belle
addosso
a
se
mi
non
e
disse:
queste teorie che
al
sodo, lettura
Andai
via
il mio
erano
li ritto
che
modestia
in
analisi
e
bile,
insensi-
nulla. Restammo
mi
e
vedeva
la mia
cerità,
sin-
stare
tutte
batti
e
cianciafruscole,
composizione.
sia che
appunto al concreto; nelle mie
avessi
innanzi
,
da
e
tutta
Lettura e composizione
pensieroso.
La mia nacavallo di battaglia.
tura
tirava
mi
sono
tuono
luogo di padre,
Senti,Francesco, lasciami
—
questo
gragnuolaveniva
Marchese
io 1' aveva
come
Su
—
accorgessidi
la mia
conosceva
—
io stava
pochini.Il
e
erbe.
La
cose.
ma
me;
come
bene
disse:
quadrato,e
esaminare, sia che
avessi
qualche
brano
qualchecomponi-
204
—
la senapa
al naso,
volevano mettere
mi
non
e
—
pensandoa quei birboni
zizzania tra
facevo capace
morto
potesse esservi
come
cammino,
del Marchese
mi
e
francesi,
seppellendomi
Sospesianche, sotto questo
e
quel pretesto,il calunniato
giovani non
corso? Quando
della
gran
Base
Io
in
ci
del
casa
che
spintoda loro, ma
del mio
cercavo
corso
forme
la
ch'io chiamava
di considerare
,
il
ilcorso? C'era pure
il cantante
come
facevano
e
e
Professore,
avvenuta
scena
ma
si fa
il
avevo
piacere.
Le
proprietà.
di cui
feci
parevo
pregare;
mio
dicevano:
ricominciamo
qualchesentore
mio corso;
saldi ,
star
potevano
impazienza,e
Marchese.
lasciando
,
fra i Trecentisti.
atti d'
proposi
E per
dispiacergli.
non
chiusi la bocca
scrittori moderni
0
del
non
mi
e
,
guardingo per
qualche tempo
i
stanco
,
git-
Venuto piùtranquilpensieri.
lo,
molto,che mi ricorse alla mente
la paterna bontà
stare
mi
e
casa,
dei
ma
m' intenerii
di star
a
sofà
una
sopra
ed il Marchese,
me
gente di simil conio. Giunsi
tai per
che
la
era
la
non
erano
per
me
spiegazionenel
il contenuto.
lingua
di cui io stesso
era
non
purità,ma
dei
fenomeni,
loro
Un
tutt' una
la
cato,
signifi-
tal modo
zione
rivolu-
capivo la portata.
205
—
questo modo
A
aveva
metodo
un
risultati.Dal
3
la
5ole
ii
andava
mi
andavo
nateriale,che
non
mia
3d
era
Avevo
sistema
andavo
e
esagerazione,
a
baloccando
era
certo
che
giudizio,
mi
abborrivo
per
navigando tra
bussola,nella quale avevo
un
buon
rendeva
sicuro
di
di partenza, capovolgevola
fabbrica di
e
foggiarsistemi
giovanileaudacia
[)almente
di là. 11 mio
a
ridurre
nuovi
mi
giustamisura.
ultime
Questo
che
lezioni,
studio
le varie
fede,
Il mio
base,
a
era
mio
lettand
dimodo.
co-
mente
facil-
ponevo
giudicetra gli autori,menando
ii qua
con
teorie,e mutando
il punto
Con
loro
me.
era
di
una
dirittura di
una
senso,
me
molta
cervello
una
tra
immenso
un
anzi
sistematico,
ero
traslati
e
volgendoe rivolgendoa
ciascun
:
di estensione
il Dumarsais.
e
rettoriche,in due
nelle
era
comprensione.Io
iai sistemi
nuovi
a
propriopassaial traslato,
lista
traslati o tropidi cui una
categorie,traslati
ooia posta ;
grammatica,
conduceva
e
nuovo,
arbitraria
il Cesarotti
la
lingua,come
senso
ridussi tutti i
infinita e
—
sferzate
volto
princi-
nella
esagerazioni
si vide soprattuttonelle
furono
sulla
cento.
linguadel TreFeci una
storia dei migliori
Trecentisti,
e noaccompagnata da giudizibrevi e precisi,
206
—
tai i
i difetti di
pregi e
cosi
uni
e
—
quella lingua
destramente
le
tra
degli altri,che
io
ci misi
non
fatto cosi,
era
e
gli
deesagerazioni
i novatori
e il Marchese
scontenti,
Pure
gando
navi-
,
mi diede
bravo.
un
intelletto
malizia ; il mio
quelloeh'
arte
pareva
rono
fu-
ne
non
era
natura.
Mi
è saltato innanzi
di
sunto
un
delle
parso
e
magro
concetti
e
questidiscorsi,essendo
di notare
costume
per iscritto i concetti
lezioni.
mie
plebeo.Ero
in me,
mio
cadavere.
dà tanta
di
un
parte
rivenivano, ma
non
posso
analisi
e
di me,
consumata
una
quellecritiche,
che
morto
maestro
è
in
da
migliorparte
risuscitarla.
e
non
Chi mi
forza
una
spirito,
quelle
sono
nella
collaborazione,
entravano
in comunione
in
,
il
parso
nel mio
morte
più*'
queltripudio
mandavano
quell'attrito
Di noi
giovanole Memorie?
ed
spirito,
A
è
è
sopra,
con
vivo?
mosso
esaltato,
risuscitarlo. E
qualegiovanie
di
l'uomo
dà
cervello
mi
sunto
Chi mi
allegra?Tutto questo
e
mi
sunto
solito rifrugare
quei
più energia. Quel
e
Quel
mio
portant
più im-
lungamente meditarvi
e
poi, parlando, mi
luce
fra i tanti miei scartafacci
ci è memoria
le.
scintilmuore
che
la
possa
207
—
—
VENTIDUESIMO
CAPITOLO
AGNESE.
REMINISCENZE.
consentito di
che
Mi
mi
adagio e non
lungi.Oggi, 8 Marzo, mi
là
Pasqualini,
carrozza
e
di far ritorno
sentivo
stanco,
Sono
che
erta
e
gambe
lemme
sceso
mi
le
minare
cam-
sento
meglioin
be,
gam-
passeggiata,
lungo
Giunto
al
convento
solito rimettermi
la
è venuta
via: tanto,
volevano
lemme,
detto
hanno
! debbo
molto
via, mi
un'altra
per
Capo-
a
stender
dov'ero
rifare la
ricordato
posso
Vittorio Emanuele.
il Corso
sentito
sono
sono
ohimè
alla solita
stato
sono
e
prigione
tempo, li
di un
lunghe passeggiate
dimonte o sul Vomere; ma
le
più
,
mi
i visceri. Mi
e
di
uscir
è parso
a
grandisorsi,e
respirato
allargareil petto
dei
d'aria,non
boccon
prendereun
un' oretta.
ho
ed
i medici mi hanno
giorniche
già parecchi
Sono
voglia
non
ancora
per
in
mi
dare.
an-
scala
una
aìla chiesa
menare
,
dei Sette Dolori. Guardo
della Madonna
:
non
la
cercavo
trovo
nulla,e
per
dov'erano
casa
non
i
e
do
guar-
Fernandez, e
"ravviso la strada. L'ingegneria,
fare il Corso
Vittorio Emanuele
208
—
ha
disfatto due
quelladi
Scendo
San
alla chiesa
mena
è
ci raccapezzo.
io
mettendomi
ogni tratto, e
volessi
se
in
A
non
so
mia
strada. Ma
al
ancora
ancorché
piena di
giovinezza,
la via è incassata
conventi
vecchi
fo adagio
e
Mi
ci avvio
fosse la
non
della mia
memorie.
Da
entro
due
mura
di cui
sono
tavano
abi-
i Minervini.
la strada
tra
a
fronte,
palazzoove
,
era
che
vissuta
giovinezza,
dritta è la strada del Formale.
quasi automaticamente
nobile
sulla
mano
la mia
abitano
se
mente.
sozza, fermandomi
la
evocare
Giunto
a
mancina
quelleparti.Giungo
e
torna
strada
piegoa
quellascalinata lungae
come
mi
tutto
Magnocavallo,la
Toledo. Ma
a
quei tempi miei^
a
l'altradi San Martino.
mi
non
e
:
respiro
,
belle
Pasqualee
scendo
e
Laggiù
strade
-
prima
quellaparte
alte
e
nude
incavate
di
certi
,
primi pianie
un
stanze
putridume.Le
vedo
e
certe
terrene, simili
vedo
vili:
co-
imbiancate,ripulite,
spazzata.Manco
la via bene
a
male,
qui e' è progresso. L' occhio da lontano
mo,
23. Mi ci ferafferrava già il portone numero
dove sonarono
e
già i miei
quell'entrata,
dissi ;
clamori
Certi
occhio
mi
fanciulleschi,
monelli
cenciosi
mi
come
interrogativo,
pare
sporca
e
umida.
guardavano con
un
volessero dire: Così
209
—
vuole
—
questo signore?Mi fo
alzo un'occhiata
donnicciuola
al terzo
su
piano,e
li sul balcone
le ottave
dove
del Tasso.
quelladonna.
obliquaal
fui cosi spesso
Carlo
in malinconia
al
Entro
! niente.
sono.-^—
or
mi
non
quando
tra
esso
anno
D«
In
—
da
Giunto
una
e
battè
abitata.
me
guardo la
linata.
sca-
vecchiarella.
cavandosi
venivano
lei,come
—
questo caso, io dovrei
tanti scolari?
—
glidomandai:
qui? Signorenel
—
—
—
Eh ! oh ! eh !
—
un
Si ? Ma
—
il si ed il no,
tu
disse
il berretto.
di te, diss'io. Ti
qui
vedesse
antico di qua,
,
io ci fui nel 1841.
li ad
Medina.
casa
! disse
sono
ricordo
sei venuto
Vengo
Qui ho abitato,più di treni' anni
che
ricordarmene,
io
la
zio
m' imbocco
passi,e
Porta
dice
Gesummaria
grosso
ora?
sono
nel cortile
volete?
l'orco: trent'anni!
uomo
v'è
presso
Cosa
sinistra, dove
a
posta la chiesa, mi
è
risolutamente
a
dò un'occhiata
e
Marianna, con
dove
Rosario
che
—
Eh
E
rifò i miei
dove
larghetto
il cuore,
39,
numero
vettuol
ci-
proprioun
pare
ancora
visitare zia
a
e
la Strada
per
una
io soleva declamare
Mi
Scendo
Giovannino.
e
veggo
ingiallita,
d'aspettovolgaree
,
insulto
po'lontano,ed
un
ricordi tu
Restando
Ma
in che
1845.
E
—
Io li lascio
e mi pianto
su
e guardo
esclamare,
l'uscio,
Sanetit.
14
210
-
al
dirimpetto,
su,
cosi
e
un
piano, e
terzo
c'era
non
ma
—
lei. Povera
respiroalla
creatura
lentamente
a
torno
Agnese !
voluto
mio
Mando
passatidi,
pieno
tutto
e
pensoso
Dirimpettoal
!
Sicuro
il balconcino;
dei miei
casa,
giornata.Ho
di questa
vedo
raccontarla.
balcone
era
un
tivi
balconcino,sul qualeglistudenti gittavanofur-
sguardi.Assorto
neglistudi,non
avvisto; poi, guardaianch'io.
di
malizia,perchè
senza
In
via
gittarper
Napoli ci
balcone
un
spesso
balcone:
e
Ciò
è
Avevo
alle
donne,
altrove.
era
spirito
saettio di occhiate
cattiva abitudine
si chiama
anche
tra
sta.
quemodo
spassatiempoun
uno
bitudin
l'a-
preso
occhiate
il mio
n'ero
me
,
di passare
so
che
il tempo.
vicino
quelleombre
fianco
alla
femminili
rimasto
la malizia.
che
con
che
me
per
guardarla fiso
non
da
il
rasentavano
a
c'era
non
in
trata
en-
e
qiielbalconcino,
con
non
semplicità,
due
po'magrolina,con
parlavano.Ero
la coda
mi
involuto,e
Guardai
un
era
gli
intelletto,
profondatone-
Signorinavestita
una
priva di gusto,
osavo
donna
Divinità,troppo lontana
per via. 11 mio
studi,era
vidi
La
così
timido
faccia,e
dell'occhio. Ella stava
la
che
chi
ocnon
guardavo
li come
Talora
e si faceva guardare.
esposizione,
una
la guar-
212
—
Credo
nessuno.
e
che la dovesse
farsi le grasse
Il di
indietro
involto. Lo
la stessa
una
vidi
mi
e
,
che
verrai?
Si; ma
sopra:
presisubito
lanciai di
il
Presi
giù.
dentro, e
sfondare
con
trovare
dabbenaggine.
vi trovai scritta
di là dentro venire
carta
una
che
in aria di
legaibene,e
volessi
vide
mi
balconcino,e
le
lo lasciavo
spalle.Alle
m'infilzo
fretta,
Dove
vai?
Quella
sua
—
frutta mi
l'abito
disse
dire
e
dendo
cre-
lo^
disappunto.
temerità,m'
girava pel capo
,
quel st
fatto
ero
po' indietro.
Quel di mangiai distratto. Zio Peppe
sulla mia distrazione,
m' andava
e
Ma
rebbe
sa-
viluppa
la in-
ve
avidità
apri con
e come
letterone,
spaventato della mia
e
pareva
,
il muso,
ci scrissi
leggierae
filo la
Ella
un
e
cartone
un
un
diceva: Verrai?
l'eco,e
troppo
forza
gran
muro.
alzò
asciutto,
fosse
vidi ch'era
cascata
la
aria,e
sentivo
e
pareva
Io
mia
canto^
Peppe era andato a dir
al balcone, vidi lei un pò
piovere sopra un secondo
afferrai per
canzone,
voce
star da un
zio
io, fattomi
e
della
risa
appresso
messa,
—
la mia
e
un
zava
schercando.
stuzzi-
bella del
alzavo
un
levo in furia
tino
tan-
in
e
mi calco il cappello.
—
lui,guardandomi sospettoso.
guardatami
fece salire
una
fiamma
213
—
sul volto.
Vado, fec'io;fra
—
—
vedo uscire
'ella
passeggiataal
Quando
fui in
che
mi
San
di
e
bel
era
un
che
andava
di
dritta
a
Salgo
li
terza
mezzo
Alzai
a
cui
il capo,
nanzi
Mi si aprivain-
addossate
spiccavanocupolee
mi
non
e
del
quel vivo,limpido azzurro
ricordai che, nella mia adolescenza,
di
mirato,
che
,
in
tra
Vedi,
vedi
fossero alzati
Napoli si
la zia mi
e
il
tirava
per la
pallone,è
li ;
dito,e
io ficcavo
gli occhi
vedevo
niente
mi
,
Cosa
che
ci vuoi
sentivo
e
fare? sei
dei
uno
folla,
gran
e
mano
tra
miope.Era
mia
li appunto
primipalloni
lo
spettaco-
a
e
diceva:
le nuvole
,
cosi
cielo. Mi
m' indicava
arrabiavo
parlare della
panili.
cam-
mai
parve
bello
avevo
dove
gente allegra
Napoli,case
mezza
il
avevo
rampa,
di
fare baldoria.
a
infilai la
e
salgo;
e
giardino,convegno
la vista di
case,
alla Madonna
menano
fermai alla
mi
e
loso,
fretto-
tarda,e feci,a quattro
volsi
Martino.
fiato grosso
a
l'ora
pareva
,
via
vogliamo farci una
istrada,m'incamminai
dei Sette Dolori
ti
fresco.
quattro,le scale che
a
sarò
volta che
prima
fai presto,che
e
d'ore
par
questicalori. Bada,
e con
quest'ora
a
sudare,
non
un
t' aspetto.E la
Bene,
qui.
—
e
col
non
e
zia diceva:
la
prima volta
miopia.Quella
214
—
ricordanza
che
se
trasse
ne
—
le
merenduole
nostre
le
mangiare
i dolci
troianelle,
Napoletani.Pensando
mi
donna, e
zio
il
quel
Peppe ti aspetta. Rifeci
il si
tra
sospeso
li vedevo
mi
e
lei,e
sentivo
Verrai?
suo:
si,e
V occhio
Mi
che ella
li e m'
era
buffone. Salivo
nessuno,
mi
e
zio
,
e
mi
tese
Conoscete
la
mano.
il mio
e
per
tornare
la vidi sbucare
una
—
ninfa.
Io la
nome?
—
—
,
vedevo
non
pigliare
giocodi
dissi,e feci
mi parve
sono
eh' è alle
pensieroche la
il
Peppe, quando
erbe,che
eh' io
meno
Guardavo
venne
cella si fosse voluta
meglio
quel
e mi
già,tra questipensieri,
Sant' Elmo.
spalledi
zi
dinan-
la bella figura
attendeva,e
queirampia pianuraerbosa
su
case,
fermai,pensando a quel mio
eh' io farei: dirà per lo
trovai
stratto
di-
errava
all' orecchio
mormorare
che
po' i miei passi,
potevo cavarmela
non
una
Torna, torna,
un
e
vita,
a
di
quellainfinitàbiancheggiante
tra
,
il no,
e
di
dietro
correr
disse:
mi
cuore
a
fichi cosi cari ai
quellainnocenza
a
follia
una
parve
andavamo
e
,
un
altre,
quellaera la via solita dei miei trastulli
cevamo
cugini e coi compagni.In quel giardinofa-
coi
e
molte
appresso
briccon-
me.
Tanto
pensando a
di
mezzo
alle
fece ella,
Ciccillo,
guardai,stupito.
—
Sicuro!
ti ho
inteso
215
—
volte chiamare
tante
sua
vociona.
fec' io, e
E
—
-
da
zio
Peppe
conoscete
zio
pure
quella
con
?
Peppe
—
la
guardava trasognato.
filadi denti
Ella rideva rideva,mostrando una
di
diceva: Come
e
bianchissimi,
vedi, io sono
E
casa.
qui, saltellando
la
raccontò
di
lunga
che
particolarità
signorinaalla quale davo
gelosa e
il
Mi
me.
qualche
innanzi
venne
,
lesta
tirava
mi
e
camminava,
come
Mi
impressioni.
terone.
quel si
con
bello
secco
so
—
studi,e
come
fatto anche
diss' io.
—
sua
—
tu.
—
lel-
sene
pari uscir-
parlò
un
Voi ! voi ! sempre
Tu mi devi dare del
sue
quel
Ma
con
una
e
ho
menti
complidei suoi
po'di disegno,e
grammatica. Bravo
sapeva
la
di
faccio i miei
ella mi
,
nelle
anch'io
scrivere
calligrafia.Vi
diss' io. Ed
—
tuo
gua,
tre-
smunto; mi attendevo
e
scritto,che
bella
ridere
maestro
un
parlava
mi dava
non
pensierie
fece molto
Diavolo!
—
suoi
nei
e
me
co-
avevo
non
eh' ella
idea
la
signor maestro
umiliasse;ma
di fissare la mia
tempo
una
a
di
nome
vano
face-
mi
lezione,e faceva
si sa,
baleno ch'ella mi
un
un
Già
:
poteva pensare
non
cosi
diceva
cendo
di-
,
fece sino il
stupire.Mi
mi
seco,
sospiri
suoi
storia dei
alcune
me
tirandomi
e
aveva
voi
,
questo voi !
signorinacome
216
—
lei...
Ah!
—
la
eccoci
col lei. Tu
ora
grammatica, signormaestro!
gnosetta, mi
devi dare
tu
che
la
prese
Io mi feci rosso
—
capito?
vuole uscire !...
—
Ma
—
Ma
tu
ad
predestinati
siamo
noi
disse
e
mano
del tu, hai
mi
non
confondi
mi
scolarello colto in fallo. E
uno
come
e
—
lei,sde-
:
Tu
—
mi
questo
se
sci
capi-
non
marito
esser
moglie?
la
Qui
disse
e
po' indietro,
:
un
essere
,
di
voce
ho
Mia
sposa è la
e
moglie non
già
pallidissimae
di farvi
leale
uomo
Mia
fece
—
fermo
un
femmine.
perchè
mi
il dovere
ho
sono
ingannar
lo
tuono
con
Sentite,io
—
po' grossa,
la
mia
feci
un
si
rispo-
chiara
di-
una
non
soglio
potete voi
si
sposa. Ella
io esaltandomi
continuai
:
,
Ruppe
in
gloria,alla quale mi
una
risata
signoraglorianon
io, preso il verso,
sono
continuava
interrompere,e lei
un'aria
sonora:
sentiva
di ammirazione.
—
to.
vota-
sono
Oh ! di questa
punto gelosa. Ma
—
e
non
mi lasciava
sentiva,pigliando
Parlai
dei miei
studi,
dei miei
dei miei ideali,
aspirazioni,
in volto,tutto dentro in quei
giovani,acceso
delle mie
e
quasi dimentico che lei fosse li.
pensieri,
è
la gloria?E la donna
Cosa è la vita senza
nemica della gloria,e distrae la gioventù, e
—
217
^
la tira nell'ozio.
interruppe lei
—
con
io
beffardo. Ma
donna
è
il
un
ghigno
che
la
che
mi
uscita
sua
mi
vi
in vostro
ella,
per
aria,
il
tore
predicaQuesta
la
parola, e
la
luogo.
—
Per
ora
guardai
voce.
sto
Que-
-
mi
se
donna
me
,
pisco
Ca-
mo.
—
davvero, nessun' altra
per
che
promettere, conchiusi, che
posso
amate
nanzi
in-
mano
raddolcii
e
bellina,
parve
tirava
Giuseppe.
la
troncò
del
a
farmi
per
qua
e
aveva
finiscila
E
uh!
il casto
farmi
per
,
e
sei venuto
—
insino
afferrò la
uh!
Uh!
—
sentiva
la voce,
perdendopazienza,mi
facendo:
demonio,
La
non
rinforzava
e
—
porrò
contento,
ne
disse lei.
a
svoltata
che
lei tirava
per
una
che
va
?
—
E
zio
con
dire
E
—
una
mi
e
volevo
non
tardi ;
a
aspettava, e
che
passeggiatacon
Peppe; io me ne vo'
una
di
torniamo
niente.
do.
lei riden-
mente
final-
dire. E
col muso,
mossa
si
Dove
—
gliata.
faccia imbro-
la
con
visto
città, e
disse
ci porta ,
è buono
non
Peppe
zio
dissi :
guardava
mi fece
di fare
diritto ,
io
dissi:
Questi
in
amor
Volevo
Lei
menava
Dove
la
strada,e giunti
molta
facemmo
infocati,
Cosi
come
a
—
dire:
le dissi che
Io
avevo
promesso
Vai
lui.
—
sola.
qui.
—
E
dunque
mi
fece
218
—
—
tale gesto di sprezzo,
un
Cercai
di
in
E
—
mi
molto, che
volto
quasi buio,e
mi
v'omo
mi
zio
parlò come
se
giorno
un
gliocchi
lo
anima
ero
spesso
uscito. Quando
mie
tenevano
si presentava
lampo
un
a
fosse.
nevo
Tepo' soprapensiero.
il balconcino,
verso
non
del dovere
a
frase
una
segno.
e
gendo
spinc'era
non
solito lozioni furono
una
e
dicina,
me-
dine
l'abitu-
Talora
ma
l'altra,
era
1' occhio
giàpienadella
sua
corse
voce,
era
là;
della cosa,
requie, toccava
rispondevaa
Peppe,che aveva
motteggiava, non mi
tuono.
to
avu-
dava
quel tasto, e io
fu a letto,
Quando
per
questo
e
ma
ne
solitudi-
silenzio. A tavola zio
vento
mi
nato
la forza di fissarsi.Tor-
aveva
di pranzo,
ora
quellacasa
e
e
la mattina
broncio,e
niente
il cervello
lei tra
nò,
tor-
il bra-
fiatai. Ma
fi
perchè il sentimento
mi
ci badai
sguardo anche addentro,ma
viva. Le
lari.
sco-
Poppe. Corsi,e
era
sudore; ma
già
non
tenere
sapeva
possiamo
i tuoi
veggono
era
io
e
era
zio
in
Peppe
rando.
mormo-
strada
spalle.Non
tutto
e
salutò
non
le
in capo
avevo
giunsi trafelato
non
—
Già, perchè ti
—
segui
quando la
Addio, ora
,
di gente, dissi :
dividerci.
Quel
giù
do.
sentii fred-
mi
nai
rabbonirla,e
Giunti
piena
ch'io
non
fare
220
—
venissero
giù
condensai
le colorii
,
,
lezione mi
appresso
,
stanco,
là nelle stanze,
e
qua
mi
lezione
ficcavano
mi
,
era
trovavo
muta
sempre
mi
riandando
passò
e
punti più
belli
mente
il dimani
mi
facea
il desiderio. La
brigata di
Avevo
udii
porse
un
ita
mie
zio
che
ptssi.E
e
lei
e
via. Era
stata
una
stra
de-
a
chia
vec-
una
lessi al lume
era
tra
voltato
,
che
la stizza
Peppe
appena
carta,
una
Quel
del mercoledì
sera
ptssz
profumato
-gliettino
lampione.Diceva
quella
Sarà
oscura.
venire
attendeva
amici.
quando
e
il di appresso.
e
fomentava
uscii soletto ; mi
si
e
,
quella passeggiata.
deserto
mi
davo
An-
rimproveraicerte
balconcino
,
solo.
tastica
giornata; e fanal
spesso alla finestra,
collera,
pensai,e
rozzezze,
:
parte
risposi:
tossendo,pestandodei piedi;
tìameretta
disse
mi
della
,
balcone
in
moria,
me-
storia della
star
i
e
tornavano
le ombre
tra
rimase
Peppe
parte pretesto.Volevo
verità
l'anno
ripetei
ne
zio
Sono
—
Cosi
me
e
tarda
sera
Passeggiamo?
in
la
la inserii nella mia
A
letteratura.
della
fui
insolita ,
cosa
mezza
e
quella sera le
eloquente.E quella
ma
piacque tanto, che
,
mi
all'improvviso;
più volte
cosi
passate per il capo,
erano
—
—
un
di
biun
ammalata
221
—
dalla collera
che
voleva
eh' io m'era
e
,
vedermi,
alla stessa
allegro.Quei
Lei
portato male
nello
e
parvero
di
Peppe
libero. La
domenica
li,
tra
mi
si mise
mi
contò
l'erbe;mi
la mia.
seco
un
come
svolta,in
dov'erano
Tra
un
vezzi
di grosse
mai
che
menò
Fa
noi.
qui. Io
vista cosi bene.
ombreggiava
che
la
mi
sulla
scorrevano
un
piena
bel cappellino
un
visetto
grazioso;
riso mi
viso,e
so
sudori
lei si cavò
di tasca
e
fronte,
,
il
non
di dolcezza. Vivi
fazzoletto odoroso
accostando
dili
se-
guardava; non
una
malinconia
per
come
Quel suo
simpaticacreatura.
dentro
ammaliava, e ci aveva
messo
era
rava
ti-
caldo, disse lei,
Aveva
un
io
fiorito,
e
pietremuscose,
stanca, sediamo
l'aveva
mi
e
pratelloerboso
fatti apposta per
sono
mi
rimbrotti,
e
braccia
ab-
cerimonie,e
quei giorni,e
fanciullo ;
bel
contro
in-
venne
Lei
pubblica.
senza
storiella di
sua
esser
L'avrei
via
stata
il braccio
sotto
la
le contai
una
fosse
non
verina
Po-
promisia
non
mogia mogia, malinconica.
se
:
lui,volevo
passeggiarecon
trovai
io diceva
e
,
La
luogo.Fui
lunghissimi.
stesso
vedere
e
,
menica
posta per do-
dava
giorni mi
! è malata.
zio
mi
e
ora
si lasciava
non
—
e
me
io mi trovai
li
asciugava,
con
la bocca
222
—
sulla
fronte,
sua
Stupitodella
Ella
mi
mia
—
mi
le labbra
e
tremavano.
temerità, e turbato,
facendo
segui
vai.
le-
mi
oh ! Mi
un
git-
,
tai
terra, raccattando
a
le si
sciolta dalla
era
lei mise
la
ci
non
La
dicendo
Non
:
ma
vuoi
a
della
il nudo
toccare
d'un
quellagola, ma
s' imbrogliavano,
morose
ti-
le mani
e
E
carne.
lei
riso
birrichino
cosi
strarle
lunga ch'io poteimo-
e
stò
s'aggiu-
sciarpa.
passeggiatafu
le dorate
luccicanti
luce
gola. Gliela porsi;
avvicinai
Mi
rideva,rideva
la
,
,
vedevo,
di
sciarpina che
sua
indietro
mano
legarmela tu?
la
nubi
la candida
e
luna
e
le
plazione.
e
m'ingolfaiin quellacontemstelle,
Vedi là, disse lei, quellastella che
più.E
in tuono
di
caricatura
vezzosa
dulava
mo-
:
Quant'
bella
è
chella
Ch' è la primma
Avrei
Vide
darle
voluto
la mossa,
e
come
?
—
amore.
Diamole
ti chiami
compare.
bacio
,
?
—
mi
ma
disse argutamente:
la stella del nostro
nome
un
a
stella,
—
Vogliamo
il tuo
nome.
Mi
chiamo
tenni.
Quella è
darle
A
un
proposito,
Il
Agnese.
—
223
—
madre!
di mia
nome
mi
piacque o
quel
me
madre,
fosse
dobbiamo
presente.
e'
persuadeva:
d' accordo
le
tutte
Le
domeniche,
bella, ma
facevo
C'erano
non
non
ora
veduti
luogo.
stesso
La
bigliettini.
mana
setti-
scrittura
di
errori
grafia
orto-
e
qualche sgrammaticatura.
Talora
il
signor maestro,
sua
giornate intere
non
senza
anche
e
facea
qualche
il mio
confidente,e
i miei
tutto
novelle, e
trovava
mi
casi
il
mi
suo
lasciava
ma
era
che
magazzino
allora
sempre
fatto di lei
aveva
i miei
settimana.
Lei
sieri
penaveva
di tirate
dire, e poco
miglior materia
noia.
pareva
le raccontava
della
io
intere serate
motto,
storiella. Io
pronta
esaurito
so
patia.
sim-
parecchie.Nella
compariva : quella stanza
e
non
faceva
e
mi
non
saremmo
mancavano
disabitata. Gliene
non
ci
stessa
dei
mandava
quella
se
mi
non
che
passeggiate furono
mi
era
che
di
portiil nome
quella serietà
,
Fummo
l'avven
profanatoin quel-
seria, ma
stava
in
ostentazione
quale
quasi che
condurci, come
era
ciò mi
se
pareva
Poiché
—
Lei
—
dire
so
fosse
sacro
Poi dissi:
mia
Non
—
dispiacque.Mi
a
nome
—
e
di
parlava.Io
di discorso
che le
224
—
mie
recitavo
e
lezioni,
anche
versi
Cara,
tu
miei
ben
Il vederci
Come,
L'orecchio
Ora
che
brani
mi
Così
so.
musico
il core
ci penso,
turbava,anzi
scaldava
in
sol
un
una
e
tempo invade
quando
certa
ne
a-
un
non
distraeva,
sprone
mi
che
era
mi
rendeva
successo
alla domenica
lei. Avevo
uno
quasi
suono
quello non
era
la fantasia
lezioni. Il buon
talora
solo istante.
un
d'immaginazione.Non
more
poesia,e
In noi fu
1' amarci
e
e
di
:
rammenti.
non
—
che mi
acuto
genialile
esaltava
avrei
e
,
mie
savo
pen-
parlatocon
interiore
giovialità
che
piacevoleil mio compito a scuola,
soprattutto nel parlareimprovviso quando si
i componimenti.S' era
esaminavano
già fatto
si stava
un
più alla lingua e
progresso ; non
alla grammatica; si guardava allo stile e anche
mi
rendeva
,
alla tessitura.
Una
sera
capitòa leggereun
giovinettodi quindicia
sedici
suo
lavoro
anni,
un
dino,
bion-
un
mava
bassotto, facile ad arrossire,e si chia-
Agostino Magliani.Il
caro,
perchènel
tradurre
era
Marchese
corretto
l'aveva
e
casti-
22d
—
—
gato; e talora diceva scherzando
la
ma
fatto
del
cassa
ancora
,
piano e
si faceva
e
un
Ecco
che
tanto
nei momenti
veniva
mi
sul labbro. E
interrogare
nessuno,
parlaiio subito. Il lavoro
piccoloautore
a
segno.
memoria
bello;io
mezzo
che
,
rivelato
riso sulle
Quella
Stnctis.
e
solito;
dascali
di-
ha
Il
ceva
fa-
enfasi
senza
,
discorso cosi
un
io
potei riprodurne
partiper
dissero
i
filo
e
per
giovani
Merito
non
ravigliati.
ma-
mio,
fatto questa mirabile
uomo
in vena,
ero
Il tema
d'ingegno.
e
parlavocon quel
labbra,che esprime l'interna
soddisfazione. Finii
De
!
io di rimando:
e s'è
orditura,
era
volevo
di genere
era
con
le
tutte
dell' autore
com'ero
ordito,eh'
memoria
E
ma
donna,
bene
cosi
Che
frasi
senza
le lodi della
e
lenni.
so-
detto il Marchese.
avrebbe
come
chiaro
bito
su-
quellavoro s'era rivelato l'ingegno.
volli
ma
si fece
,
approvazioni.
diss' io, parola
prima rivelazione,
poi spesso
Non
na.
don-
le
tra
una
dire che in
sopra
ra
pronunziachia-
con
soave,
si,
aveva
intitolato: La
era
sentire
Non
gli occhi
tirasse
come
silenzio,
gran
Fini
che
che
lavoro
suo
Andava
Gracilino
pettoè ben munita.
cosa
di lui. Quel
:
sera
contento
fu
una
di me,
tra
gli applausi.
festa.
15
226
—
domenica
La
lei de' miei
Parlavo
aspettatissima.
era
annoiò
di
più le
cose.
tanto
mamma
non
E
vuole.
menarla
si
non
orco.
sera
—
in salotto.
urlo:
—
Che
rumore
non
c'era.
E
—
alta.
—
e
Pep-
no.
tre
Zio
di
ore
mente.
potente-
russava
io voleva
e
lei,
—
Zitto,disse
lei che
—
Lei
questo?
Il di appresso
un
né tampoco.
di là.
Ma di là
piuttosto
sia,disse lei. Entrando,ci giunse
Ciccillo!
è
que.
piac-
No, disse lei,resistendo.
—
voce
No,
erano
coricato
—
ci fosse zio
non
svegli.Menami
è la cucina.
un
mia
casa
socchiuso. Entrò
era
parlavaa
un
Una
—
Peppe s'era
L'uscio
Se
è
Mia
—
sandomi
e fisbruciapelo
a
a
no;
—
non
tua.
casa
sorpresa: questo le
tua
casa
Peppe
non
Zio
disse lei
perchèno?
Zio
notte.
A
—
a
E chi è tua mamma?
—
mostrai
non
potessimoparlare
Vengo
vorrebbe.
Dissi.
Peppe
tempo che lei si
un
che ci
lavandaia,mi
—
mia
lungo mi togliela lena;
modo
—
lo
Io le
cosi
fastidio.
senza
—
esaltavo della
stringereun po'
stanca, diceva alcuna volta;
Sono
—
dovresti trovar
una
con
quellavita,voleva
questo camminare
pe !
m'
successi,e
esaltazione. Venne
stessa
E
—
—
fui in
scappò,io corsi a
Io sostenni che
casa
di
giovane chirurgoche
un
mi
lui.
—
rumore
cenzo,
tal don Vin-
faceva l'a-
228
—
naso,
tempiettod'amore,mi
un
pareva
cosi
sudicia. La
era
di
materia
fiutò
—
di
pazienzae
Del
resto
fatto il tiro
casa.
mi
zio
nezza,
fi-
giunse
po'più
un
Peppe
mi
tima.
vitha
».
fini l'avventura.
VENTESIMOTERZO
STILE.
LO
mia
molta
fatto mia
ti avrei
il
mera
insipida,
Carino. Con
quel brutto
CAPITOLO
La
«
garbo
,
Cosi
trovai
fece turare
piacere.Ella che aveva
il mio disgusto.
Il domani
questo vigliettino.
di
—
scolaresca
era
sala ci si stava
Zio
in paese,
Peppe,
disagio.Pensai
a
vedendomi
adducendo
In verità
cosi cresciuta che
io
ben
per motivo
era
in
quella
di mutar
tornò
guarito,
la gravezza
l'età.
del-
proprioguarito,perchè
dietro
inguardavo più al balcone,e rimandavo
Una sera si fé'
i bigliettini,
senza
aprirli.
fece ilpissi
trovare
e mi
giù al suo portoncino,
Ma
voltai il viso e andai. Un filo di spepissi.
ranza
zio Peppe.Infine
ebbe quando sentì partito
la vidi più.
si persuase, e non
di San Pelnel larghetto
La nuova
casa
era
non
229
—
che
potesse
uomo
Un
avere.
scale,posta quasitutta
sale. A
dritta
che trecento
era
mezzodì, con
dino
giar-
un
la decenza.
il tavolino
la
presso
sala capace
ch'io
di
libri
gran
e
detta
e
,
A
la cattedra.
leria
galsone,
per-
riempirealla
glio
me-
tela bianca. C'era
tavola coperta di marmo,
alla rinfusa:
carte
sala di lettura. Quella
una
lavagna
migliaiodi
un
di
cercato
aveva
una
sopra
fondo, a sinistra,
la cosi
era
lunghisofà copertidi
mezzo
con
e'
luce.
lusso,ma
con
finestra,di lato,era
una
con
In
meglio
pienadi
1' immancabile
con
sinistra della entrata
,
messa
era
di
capace
persone, bene aerata,
mancava
era
sala
una
m' installai. Non
non
nel
a
dirimpettoe un grazioso terrazzino. La
con
era
all'antica,
grandi finestre e grandi
casa
Li
più bella casa
belle
gran cortile,
parve la
Mi
Paolo.
a San
legrino,
—
poteva parere
fu di buono
casa
E tunque
augurio. Gli studenti moltiplicavano.
quanio concedessi
ingresso gratuitoa tutti
quelliche
si dicevano
che pagavano,
numero
Non
s'era dato
lasciasse la mia
pagamento
anno,
e
quelliche
avvenne
che
poveri,pure
e
ne
scuola.
il
Io
bel
cuno
casp che qualdispensaidal
vi rimanevano
parecchivi
un
di bei quattrini.
cavavo
ancora
era
di
piìi
rimasero
un
fino
230
—
anni,vale
otto
a
—
durò
dire tutto il tempo che
a
la scuola.
Tra
non
alle lezioni. Talora
stava
cheto
grande
che
tutti
e
,
la lezione
gli volevano
e
finita,
era
m'era
non
dei suoi
studi
Rispose:No,
abbandono
Feci
de
dissero
Meis.
Quel
Puoti.
suo
vogliorestare
e
di
e
una
dissi il
voi. Aveva
con
e
semplicità,
quasiun
nel vestire.
sullo stile. Intorno
corso
parolatrovavo
vano
sta-
alla scuola del Marchese
del
nei modi
un
mi
molti
Una
confuso
di modestia
un'aria
bene.
Sapevo già in
ingegno. Gli
e
no,
e
l'ebbe in
vivacissimi. Mi
nuovo.
posto essere
suo
più
giovane basso
un
Angelo Camillo
che si chiamava
nome
occhi
due
con
pallido,
gusto
fiatò
Il Marchese
attorno, mi fu presentato
e
curiosità,
gran
non
,
attentissimo.
e
onore
che
sera
per
per
ma
disputavadi rettorica;
presi tale ascendente
io
,
parlipiù,e pigliavaun
ne
se
vecchio
un
Francesco, che, venuto
Don
nome
e' era
arrivati
i nuovi
grande
a
confusione.
questa
Alcuni
1' elocuzione ;
con
essa
significare
alcuni vi mescolavano
il genio
rettorica;
intendevano
altri la
ed il gusto ;
poi
e
chi il bello ed il sublime. C
infinite maniere
di
come
stili,
erano
il tenue, il
il poetico,il
magnifico,il forte,l'eloquente,
231
—
a
spirito
considerare
letteraria nella
quanti erano
considerate
nella
le
Cosi
preso
non
vedevo
la divisione
e
la
fatto per
cosi feci per
Correva
,
più
ci vedevo
Le
dire
,
e
e
mani
divertivo
le
il ben
a
pensare
regoledel
qualitàdal
ben
Io
per
diceva:
cosa
Lo
che
la
davo
an-
dire che
sognava
bi-
ben
il Blair ; certo
al ben
al De
dire;io
conduce
che
dire
Combattevo
Lo
più
di-
e
tardi ho
ma
nor-
la
stile è T
stile è la cosa,
il
al ben
prendono
pensare.
quello che
e
spese. Diceva
sue
"'elebre definizione di Buffon:
lO.
per
chiaro, e più
Falconieri
regoleconducono
è
e
base.
dirimpettoal
Io mi
No,
'vo:
cose
delle forme.
grammatica
le
allora per
progresso
Blair:
forme,
dalle
lo stile. Secondo
capovolgerela
Colonia.
dire
,
saldo in questa idea. Solevo
stavo
cose,
dine
un'abitule
quellesignificatee
più innanzi
un
avevo
che
contraria,
da
avevo
,
erano
vuol
superficiee
Io
moltissime.
cose
lingua
Tante
delle
gli aspetti
loro
la definizione
tiravo
forma.
,
affatto
ma
gole
le sin-
esteriorità,secondo
sua
le divisioni
ch'erano
questa materia
tutta
di ciascuna
apparenze
sioni
queste divi-
e
nell'abitudine
spiegazione
la loro
avevano
dello
confusioni
Queste
prosaico,ecc.
—
uo-
devo
intenchia-
232
—
r
mato
r
il
argomento
il contenuto.
o
espressione,
questa prende la
che
dalla
carattere
suo
li è la
la
nella
ha
valore
di cui è segno;
grammaticalihanno
forme
del
nelle
Ma
,
In
ma
che le
nelle
senso
cose
il
suo
lore
va-
dinavo
questa guisa coor-
base, grammatica,
stile.
la
cosa
si dee
non
assoluto. Essa
prenderenel
considerata
va
suo
lore
va-
rispetto
per
parisce
quelloo questo argomento. Perciò non comnella sua totalità,
in quellesue parti
ma
che
vi
hanno
relazione. A
oggetto situato cosi
o
la
avere
situazione
sua
me
il
loro
dei
suo
i
venivano
anche
che
la
giovania
osservazioni
nuove
componimenti i giovani si
a
determinare
il
situazione
suo
era
tori
degliau-
situazione;
la
cercare
dee
cosa
determina
stile. La
un
di sé alcuna
su' loro difetti. Anche
pregie
prima cosa
che
Nell'esame
punto capitale.
avvezzai
ne
il
modo
,
,
comparire,cioè
per
quel
cosi,mostra
parte, e le altre nasconde
e
stessa
il loro
sulla stessa
mere:
espri-
quel modo
a
e
quelmodo
se
lo stile ha
insieme
linguae
in
A
pensiero,cosi
espresse.
lo stile è
sostanza
sua
ragion d'essere.
sua
parola non
cosa
Se
che si vuole
cosa
forme
a
-
e
acute
su'
nell'esame
avvezzarono
per
la situazione. Questo
233
—
—
punto di partenza ch'io chiamavo
la
un
loro. Ma
gran
progresso
non
si doveva
cosa
isolata. La
che formano
la
sua
colore da questo
società.
e
nello
conforme
nel tempo,
e
o
dello stile. Esprimere
verità
sua
questo
,
quelloche
stile falso
alla cosa, nella
non
era
situazione
sua
lo
era
e
nei
elementi.
dee
uomo
modo
che
aggiunga
non
nello stile
,
entrare
pur
ditora. Dicevo
nella cosa,
che
il
risecando
di lei. Questo
me
il carattere
sia
neo
estra-
traespressione
grande
scrittore oblia so
da
sé
quelloche
tutto
dello stile vero.
una
nasce
di
ma
una
obblio di sé nelle
ciascuno scrittore ha
che
espressione,
che
niente
alla cosa; altrimenti è
per
maniera
una
atmosfera,pigliandomodo
nella
cosa
stile. Chiamavo
fuor
la
quelsecolo,da questa o quella
portanz
Questi elementi avevano
una
grande im-
la
L"
in
spazioe
nella determinazione
suoi
,
per
considerare
vive
cosa
me
per
fu
base
maniera
da certe
cose
è
era
Nondimeno
sua
propriadi
qualitàpredominant
sue
maginare,
l'imil concepire,
l'intendere,
il disegnare,
il colorire. La cosa
parisce
comcome
cosi
o
è
cosi,secondo
questa
che fa suir individuo.
può dirsi che lo stile è
1' uomo,
o
pressio
quellaim-
In questo
come
senso
lo stiledi
234
—
Dante
però offendere
dee
non
Notavo
le
speciedi
tre
in mira
ha
L'
del Petrarca.
o
—
impronta individuale
nella loro verità.
cose
che
stili: stile naturale
1' espressione
delle
,
nella loro
cose
natura; stile sociale che guarda principalmente
al colore del tempo; stile individuale che
qualitàdallo
che
sono
le
scrittore. Questi diversi stili non
lati di
tre
partinecessarie
di queste
r è
la
erano
capitali
meno
o
il
la
Non
biasimavo
quelloche
tutto
d'opera,fuori
Venendo
che la
della
alle
a
non
sono
aridi
mezzo
che
chiamavo
la
gerazione,
esa-
ra
ciò ch'e-
ampollosi.
e le parendigressioni
tesi,
o
chiamare
fuor
un
rezza
dello stile è la chia-
dire la visione
specchio.Stile
uno
gradi della
che
cosa
oscuri
,
o
senza
che
della
immediata
terso
chiarezza.
dello stile è in questo
spiritonella
due
dicevo
qualitàdell'espressione,
cioè
in
vero,
e
tegrità
in-
sua
cosa.
fondamentale
come
sola
che
Dicevo
più del
si suol
nota
,
cosa,
le
meno
nella
cosa
mutilazione
proprio degli scrittori
stile,
il tutto. Una
formare
ti dà
medesimo
e
mutilazione.
una
il
solo
un
a
parti non
,
difetti
prende
o
pido
lim-
cellenza
L'ec-
trapasso dello
ci sia
niente
di
alteri la visione. Questo io
trasparenza dello stile.La
chiarezza
236
—
lievo della chiarezza
o
parallelismo
che
ti fanno
si ottiene
e
,
—
il contrasto
balzare
l'urto delle
o
innanzi
una
il
mediante
idee,
idea
nuova
improvvisa,
quasiuna sintesi che si affacci nello
spiritostimolato e percosso dall'analisi.
Andavo
accompagnando queste
teorie
con
esempli e
applicazioni
copiose,quasi sempre
di stimolo la mia opposizione
A me
era
Non
corrente.
s'imparavanoche forme, e
nuove.
alla
io tirava
cose.
mi
a guardare sotto
glispiriti
L'effetto
le
esse
Io stesso
non
maraviglioso.
rendevo conto
di questa maraviglia,
e
pure
nepi giovani.Era una
intellettuale,
ginnastica
che acuiva
era
e
l'immaginazione.
l'intelligenza
spoltriva
Avvenivano
mi
di
veniva
una
alle mani
Un
tra
i battimani
giorno di
e
vacanza
prime
ore
si chiama
casa,
e
mi
i mi
Ecco
:
del lavoro
rallegro.
trovavo
un
fettura
alla Pre-
caldo
la contr'ora. Io
frullava
appresso. Stavo
lettura
La
mi
dicevo
dal
grande; era
poli
vespertine,
quelloche in Na-
vecchia. Faceva
nelle
che usciva
raggiava,e
rivelazione.
nuova
finiva
lavoro
un
la faccia mi
comune,
rivelazioni. Quando
nuove
pel capo
era
volto
la lezione
per infilare la strada che
alla posta, quando vidi
una
verso
del di
mena
laida vecchia
che
237
—
faceva
mi
io
e
l'occhiolino,
disgusto.Ma
lei mi
cavaliere,volete
maledetta
che
bocca
mai.
Mi
E
la
dove
a
andiamo?
E
mi
Era
strega
che
pareva
fisonomia
:
Vai
non
al
mi
avete
passi.E
seco
,
il
sotto
Prefettura^
avevo
vista
trovai
fato
ingol-
per la
prima
gata
infine,rinnenaso.
strumento
uno
Io
ritirato il braccio
una
diss'io
vinett
gio-
E
lei,
scordato,
volete lasciar cosi in queste brutte
vie, signor cavaliere?
avevo
mi
dar
an-
rimasi
si mise
non
turandomi
di
rauca
la bella
dritta della
cammina,
sta
que-
possono
più mi
senza
con
Bel
In
sola ! Ma
discesa,ch'io
pazienza e
la vocina
:
pensiero:
vicoli fetenti che vedevo
volta. Ma
disse
lei
cammina
tra
con
non
di andar
tirò
brutta
una
le donne
in
chiusa,e
dicendo:
accompagnarmi?
ha paura
il braccio.
per
voi
venne
voltai la faccia
si accostò
Napoli
sole. Mi
a
—
per
la
e
la faccia di
con
un
empiastro.C'era
un
il
caldo,
guardava fiso.
ansava
rosso
in
rico,
ca-
quella
che
Stetti per dirle
d'equivoco.
catezza
diavolo;ma la mia naturale deliso
tenne.
fatto il
E
lei diceva
più,fate
mi si rimise sotto
ringraziandomie
garbo. Andammo
ancora
:
no;
Via, siate buo-
il meno,
il
e
braccio,
lodando
un
solo
pochi
mi
il mio
bel tratto,
tirò
buon
scen-
238
--
dendo
la
verso
uscio. Lei
-
Marinella,e
disse:
Fatemi
ancora
in
figure gente
certe
di
visita
una
cattivo
odore
a
simil risma.
Lei
e
entrò
Ecco,
il
signor contino.
E
era
gridava
come
o
per cento,
asino
un
in
nulla, e
e
mi
una
lei
disse:
riso
contino
!
studiai
allons, torniamo
raccontai ai
un
:
—
bassa
il passo
alla
giovanicome
quarto d'
ora,
la mia
Vai
la
Giunti
e
in
E
a
me
al diavolo!
E
—
dicendo
:
era
fecero le
semplicità.
Il di
stato
con
la
aveva
istrada,
:
lezione.
drina.
sgual-
Io
—
disse
mi
!
pivo
ca-
Poi
voce.
,
io
ci
non
si tirarono
e
scuse,
signor contino
,
—
suoni,e
di caricatura
finalmente
spalle
ai
stizza in corpo.
un
con
0
bugie?
ragione.Io stavo
voleva
parlarono a
e
chinaron
s'in-
dicevo
volli svergognare
non
presento
quelli,e
Andiamo, signorcontino
—
grande
di bocca
le
parte
vi
gridò la strega.
ch'io
mezzo
Quelli facevano
lei da
fecero
visto ?
cencio?
un
—
Ah!
—
Avete
—
ch'io
disse:
e
erano
come
,
dire falsarli di carte, usurai
impeto
poi
e
salotto,dov'
un
un
grazia;
,
con
a
una
faccio
accompagnatemi quassù ;
vi lascio. Entrammo
ci fermammo
—
gnor
Siusci
volte
Dunque,
appresso
conte
per
mirando
grandi risa, am-
239
—
VENTESIMOQUARTO
CAPITOLO
CAMILLO
La mia
—
DE
casa
MEIS
E
voleva abitare
naufragare.E quando seppi che
con
giovane appartenente
un
me
d'antica amicizia
stretta
gusto. E
fu
Costui
un
studi
Giambattista
prossimo al
ai
agli anni.
mio.
diede
quali si
,
dolce compagno,
Mi
Parigi
veniva
in
,
studi
,
gliocchi.
un
tesoro
Quei
Mi
a
il
parve
ci ebbi
Andretta,
fare i suoi
serietà superiore
una
e
il
sobrio di
paziente
si mutò
sto
pre-
sulla stima.
Più
mese.
Giovanni
M.
tardi mi
Educato
Napoli per compiere i
Questo
una
venutomi
somma
da
inconsumabile
,
mi
fece
enorme,
qualche zio
cinquanta ducati
mi
e
fare
suoi
e
aprir
quasi
d'America.
parevano
per
a
offerse cinquanta
Mi
cure.
mese.
fu
mi
,
compagnia
affidato alle mie
ducati
Veniva
con
ducati
Greco,certo
capitò un
di
amicizia,fondata
dodici
pagava
la
e
stretta
una
Mauro,
facile
,
in
mia,
Semplice, modesto,
di carattere
parole
la
con
glia
fami-
una
a
acquisto.
vero
un
era
paese
mi ci pareva
che
spaziosa,
cosi
era
SCUOLA.
MIA
LA
onore
una
chezza
ricall' o-
240
—
non
spile,
stanza
Era
guardai a
spese. Gli diedi la
provvidiche
e
—
il desinare
giovane sveltissimo
un
della
casa.
cose,
ma
grandi
La
i
l'allegria
vivacissimo,
e
lo
natura
Suo
volgari.
Prendeva
di gran
aria
benevola
superiorità
fatti
C'era
in
le punte,
offeso. Era
e
serenità
garbo
era
era
e
stava
che
modo.
cava
tron-
di mostrarti
e
un
tempone,
buon-
giovialibrigate.
il contrapposto di lui ; la
in contrasto
il suo
scuola,ma
modo
grottesco con
Greco.
vi
spirito
li solo per
una
nei motteggi
giovane a
compagnone
del
leggerezzacapricciosa
alla
di
di sollazzi tra
vago
Giambattista
si esalava
ti dava
buon
un
sua.
signore, affettava
che
non
tutto
dalla
sempre
riso un'amabilità
quel suo
palmente
princi-
gli passava
,
certo
con
superficiale
frivolo,
bersaglioera
riso,tenendosi
mezzo
a
spirito;
motteggiavacon
Giambattista,che
un
fatto
aveva
Crebbe
natura.
faceva dello
con
fosse lauto.
quattrinie Parigi avevano
guasta l'operadella
frizzi spesso
più bella
sua
quella
Veniva
anche
rimaneva
neo,
estra-
far raccolta di sali
e
di motti.
Soleva
sentimenti;era
la
in caricatura
mettere
come
pigliavaalcuna
il diavolo
tutti i nobili
in Chiesa.
volta col povero Don
Se
Fran-
241
—
non
Cesco:
in
sapeva
—
ci venisse
cosa
fare
a
lui,
za,
scienpatria,libertà,
quellaetà. Religione,
ciò che faceva risuonare
tutto
rimaneva
in
mobile.
quellospirito
vano
gli volevano bene, conversa-
senza
Nondimeno
volentieri
eco
lui,e
con
Parecchi
amico.
me,
ani-
le nostre
lo trovavano
glisi attaccavano
ai
lui
tutto
facevano le scampagnate
con
buon
un
panni,e
contento
,
di fare le spese.
Questo diavoletto mutò
nel vivere
modesto
e
le mie
abitudini. Da
nel
severo
volto,mi fece
che
Vedendo
e prodigo.
allegro
per forza,
compagnia a tavola non
amici suoi o miei. Si
invitati,
la
mai
chiasso
,
si
,
tra
sempre
giovinettie
,
buonissima
in
facezie,
glialtri un
incontro
Don
comando,
camera
come
Per
un
una
persona
D«
senza
se
tal modo
Stnetit.
faceva
sollazzi
inventava
lega col Greco. Spiccava
Raffaele,che mi veniva
per darmi
de' loro.Costui fini con
sua
quanta
cin-
le braccia tese,gridando:
con
come
allegramente!
la
faceva del
Sopraggiunseil babbo,che
lui solo per tre
e
mancavano
allegramentei
consumavano
ducati.
glipiaceva
animo
istallarsia casa,
cerimonie,con
il padronedi
di
vita mi
affezionata
sicura,
casa
dosi
piglianaria di
fosse lui.
sarebbe
e
essere
a
occorsa
proba;
la
ma
16
242
—
casa
in
era
alla servitù
mano
rocchio,e
aveva
—
tanto
tanti chiassi s'insinuava
una
di disordine,
che
e
dissipazione
capogiro.
mi
studi. Fra
di
questoturbinio
Ma
rimaneva
e
concentrato
alla corrente, e
facevo
anzi
il
avevo
mi
resisteva
rimanevo
una
il
alcuno sforzo
senza
non
dava
naturale tranquillo
io. Non
sempre
Catone^che
nebbia
al di fuori di me,
Il mio
scalfiva neppure.
mi
non
negli
io, assorto
meno
ci
nessuno
e
,
il mio
era
ciò
perme;
costu-
I motteggi
grande indulgenza.
destavano
collera
glischerzi
anche grossolani
Un risolino
non
m'impazientivano.
un'alzatina di spallaera
la mia risposta.
Perciò non
perdevo autorità e non destavo
Stavo tra loro di buonissima voglia,
antipatia.
non
,
confondermi
senza
la
era
In
scuola,che
la
quell'anno
con
e
loro. Medicina
tirava
a
sé tutto
efficace
me.
scuola s'era molto
popolata.
V'erano intervenuti giovanid'ingegno,
che spiccavano
in quellagrande moltitudine. Era già
Carlo Pavone
venuto
zionato,
giovane bonario e affeconcittadino di Magliani.Da Molfetta
mi vennero
i fratelli De Judicibus,
Orazio Pannero
sini,Felice Nisio, Samarelli. Di Calabria ven,
Giuseppe De
Luca
,
Liborio
Menichini,
244
—
muni, inetti a
nella
sostanza
sua
facili
dire
a
orientarsi
che vi è di
:
La
è vero,
e
i
ha
mi
le
e
rigoree
sbagliata.Ciò
è
io
allora,è
era
un
la
venimento,
av-
molto. Il livello in
cose
e
mi
le
misi
spiegavo meglio;
ma
il
muso
volta
voleva dire: Questa
quel mio
mi guardavano
impersuasa,alzando
Io mi
in pensiero
parole,perchè
talora
attentissimi,
dato nel segno.
avviliva in
loro
lavoro. Si dice che i
alzato,ch'io
un'aria
atto che
un
buon
ed io ci credevo
essi,sincerissimi
con
pedanti nel
migliorigiudicidei professori,
misuravo
con
guardare il lavoro
giudiziobuono
un
fatti s'era tanto
,
a
sbagliato,dicevo
come
giovanisono
e
situazione
critica. Un
vostra
ed
,
—
non
rincalzavo,
ripetevo,
la mia
armeggiare,e
coscienza
la mia
si
cerità
sin-
dipingevasul volto la mia condanna.
la loro approQuesto mi rendeva più preziosa
vazione,
mi stimolava a
e
ugualmente sincera,
in vestudiar bene. Non
era
e
a
rità
raccogliermi
mi
cosa
facile imbroccare
nel fare la
,
la
la
critica,
situazione,
dando
guarcosa
da
queilati
richiedeva. Talora si rimaneva
l'argomento
troppo sul generalee s' ingrandivail quadro,
chiami
rie
questo avveniva per lo più con frequenti
da parte mia. Qualche volta ci capitavo
che
245
—
—
il loro volto diceva
io,ed
più
acquistato
Meis. Magliani
I due che avevano
incespicato.
autorità,erano
Magliani e De
po'secco,
un
era
dire
suo
le
suscitava
Una
insinuante,incisivo,
era
scuola
la
sera
di buonissimo
novella
molto
era
umore
e
,
Io
animata.
lessi la Griselda
Feci
Meis, che si
De
Era
il
di
uno
scusò
primo
con
,
tocca
straordinario.
quellasua
il cuore,
voro.
la-
suo
di attenzione
quei movimenti
adagino
un
cupazioni,
oc-
sue
in iscuola. Sue.
lavoro
suo
segnalano qualcosadi
oggi
allegandole
ci annunziò
insieme
ma
senza
voce
ombra
che
Egli
che
minciò
coche
an-
di ostentazione
semplicenello scrivere,
pretensione,
0
com'era
e
osservazioni piccanti,
parecchie
scelsi tre giovaniperchèstudiassero la
facessero la critica. Tra
questi
e ne
e
cesse
destava
non
approvazioni.
del Boccaccio.
era
e
cuore
il
all'emozione,e guadagnava gli animi
facile
era
Meis
De
entusiasmo.
al
andava
non
Però
serrato.
precisoe
ma
lui ha
anche
Ecco
:
nella vita. Si trattava
di
uno
studente
Napoli e divenuto un giocatore.Il
pagnia,
giovaneera studioso,ma capitatoin mala comvenuto
in
fu tratto
al vizio.Sul
ma
procedevaliscio,
il
principio
sempre
filato e
conto
racnu-
246
—
trito,non
—
tenzione
divagava,l'atsostenuta. Poi,nella storia di quella
era
nezze
certe fidepravazioneprogressivasi notarono
di gradazione,
che rivelavano un ingegno
superiore.Cominciò nell' uditorio uno di quei
stagnava mai
movimenti
di
non
e
soddisfazione
che si sentono
,
si descrivono.
non
Era
un
indefinito di
senso
ammirazione,che scoppiòin
e
voci di
applauso,
quando il giovane autore con uno stile colorito
il giovanesprofondato
ci mostrò
e
pittoresco
nel gioco,che metteva
la sua
anima
su
tro
quatcarte
Quel motto fece cosi viva impressio
dipinte.
che
fini,gli fummo
gli andai
l'ho dimenticato
non
tutti attorno
incontro
,
Ebbe
quale eglisi
a
dissi : Ecco
e
un' ovazione
faceva
io mi
e
,
Quando
piìl.
levai
e
un'altra rivelazio
! in
alla
mezzo
piccino,quasi per sfuggire
quel trionfo.
De
Meis
stimavano
divenne
per
il
1' anima
suo
e
straordinaria,
della
natura.
sua
della
ingegno e
lo
amavano
Anima
la rettitudine
pura
e
scuola. Lo
per
la
per
e
tura
col-
la bontà
accompagnava
ideale,
severità dei
un' amabile
sua
principii
indulgenza che gli amicava
anche i più rozzi. Partecipea tutti i sollazzi
giovanili più per compiacenzache per desi-
con
,
,
247
—
—
derio, aperto all' amicizia, sali
e
in tale dimestichezza
in tale
dente
il confi-
divenne
che
fiducia
,
di
intimo
modestia, che
tanta
serbò
quellagioventù.Pure
lui solo
sembrava
ignorasse
quelloch'eglivaleva.
La
C'era
di
s'era
venuto
Francesco
Trani, Paolo
De
a
il
che
a
La
scuola
penetrata da
mai
che
di
durò
anzi nacque
suo
della
quale girava
si fosse
anche
sala,
e
volta si senti
tutti vi
volto severo,
«
Che
e
voler
ma;
severissia
critica,e seguiva
sentimenti
rumori
non
graziare
rinuno
ingentiliva
glianimi
tutti alzati in un' atmosfera
Una
cordo
ri-
incollerito
che si andava
e li disponevaa
più zotici,
pervenivanoi
miglia
fa-
,
di cortesie. Questo
qualenon
di
Non
spirito.
lavoro
il costume
l'autore
venne
scuola,di-
un' aria
solo
un
tenutosi
giovani,man-
la
al
prese
giovane
un
della critica fatta al
scambio
torno
tutti si strinsero in-
punto fermo, intorno
il resto.
,
e
Questo nucleo
insino
Arabia, Cirillo
Saverio
Kangian;
Meis.
saldo
tutto
arricchita di altri valorosi.
scuola
nobili. C'eravamo
elevata,alla
della vita
so
che
ne.
comu-
diverbio
in
prestavano orecchio. Io feci il
citai il verso
ciò udire
è
di Dante
bassa
:
voglia».
248
—
Si fecero
'pizzico.E
un
In
mezzo
loro io
a
Stavo
amico
come
mi
che
non
e
mi
usciva
la mia
il
pareva
dono,
abban-
poi
la
cominciava
e
addirittura. Avevo
trasformavo
magisteromi
volto,
Quando
rispetto.
cosi alto della mia
concetto
centrata
con-
liarità;
soverchia fami-
soverchio
un
dalle conversazioni
mi
natura
nell'aria del
cosa
altrui
manteneva
lezione,io
mio
che
so
consentiva
non
amici,alla buona
tra
lontano da
teneva
c'era
un
più
sorale.
prendevaaria profes-
non
in tutta dimestichezza. Ma
si
mai
avvenne
non
simile.
cosa
e
-
un
missione,che il
sacerdozio. Avevo
insino a
gli occhi bassi,la mente in travaglio,
che preso l'aire,
gli occhi s'illuminavano e la
voce
s' intonava.
Tutto
tanta
serietà
tanta
una
sentiva
e
con
comunione
certa
zitto. Questa
un
il mio
manteneva
voltata d' occhio
ricordo
mai
Ciascun
ritornello
il
che
era
per
il
disprezzodel
che potesse avere
era
un' aureola
il
mi
suo
bastava
ubbidire. Non
farmi
nessuno
con
che produceva
sincerità,
delle anime, e non si
si che
prestigio,
ha
uomo
questo avveniva
abbia
che
una
mi
risposto.
ritornello. E
il mio
del luogo comune
e
disprezzo
plebeo.Il maggior dispiacere
un
giovane era
il Sentirsi
a
249
—
dire di
dire
una
dal
I
:
sentimenti
alla scuola. Si abborriva
improntasingolare
content
mediocre;si mirava alla eccellenza. Io era in-
mostrando
loro
più alto
un
s'
ingegno non
vero
più
sempre
segno.
a
Qualcuno mi osservò che ponevo
alta,ove
arrivavano
non
c'era verso,
era
l'impulso
da
mosso
pazienza,
tentai
un
alle
mirava
un
se
,
gran
e
cose
poggia
nuo
continuove.
la mira
i
troppo
pochi; ma
meno
non
di molta
desiderio del
i
che
bene,
ritornan
provetti,
grammaticali,e dettandone
cose
Ma
Dicevo
dato. Dotato
speciale
per
corso
sunto.
che
per ora,
in moto
teneva
lo sforzava
e
,
contento
acqueta mai
alto. Questo
r intelletto
un
dava
plebei.Questo
sono
solevo dire: Mi
il
mune.
luogo co-
un
trafittura quando si sentiva
una
era
L'è
lavoro:
qualche suo
Ed
-
ne
cavò
poco
frutto. Ciascuno
là dove
splendevanogli astri maggiori,
avveniva che talora in lavori a grandi pree
tensioni
si notavano
scorrezioni grossolane,
che
anSe però il profitto
non
sgrammaticature.
era
stimolando
uguale, il buono indirizzo giovava a tutti,
le forze dello
spirito.
Quello che volevo nello scrivere,
volevo
nella vita. Dicevo
con
che lo scrittore dee
che
ancordare
con-
l'uomo, e perciòanche nell'uomo
250
—
volevo il disprezzo
del
—
Ciò
plebeo.
io chiamavo dignitàpersonale.
In questa parola
compendiavo tutta la moralità,e dicevo che la
dignitàera la chiave della vita. Contravveniva
alla dignità
cosi
la menzogna, ch'io perseguitava
nello
nello
scrivere
cosi
gliornamenti
e
il rossetto
convenzionali
e
e
del
nell' azione. La
come
scrivere,
dicevo,è
Ero
comune
menzogna
roba da retori
che dannavo
inflessibile,
i
ricami,che
dello
e
Parimenti
usuali di
le frasi
ostentata
una
solo
il belletto
anche
inflessibile ero
dicevo che la menzogna
non
chiamavo
scrivere;ma
da pedanti.
e
lenza.
benevo-
nella vita
,
e
la
negazionedella
propria personalitàun atto di vigliaccheria.
Con lo stesso zelo flagellavo
ogni atto basso e
la ciarlataneria,
la cortigianeria,
come
volgare,
la violenza,la superbia.Dicevo che
l'intrigo,
r orgoglioè il sentimento della dignità ed è
nell'uomo e nella donna la guardia della virtù,
la superbiauna
gnità,
maschera
della die chiamavo
La vita,dicevo,è una
una
menzogna.
era
,
,
missione
uomo
di
ha
determinata
sortito da
dalle forze
natura,
e
che
che ha
ciascun
il dovere
svolgeresecondo i grandifini dell'umanità:
1' arte, che con
la scienza,
la giustizia,
parole
il vero, il buono, il
del tempo si chiamavano
252
—
—
schivi
e
giovanisdegnosidell'adulare,
civili menzogne
che chiamano
No:
preparatevia
e
serbando
naturalezza,
scuola
mi
venivano
Alitava
non
intorno
sopra
tutti
CAPITOLO
e
stessa
scuola.
quale ci
teneva
alti sulla vita
più attraente
eroico
nella
era
stretti
comune.
Camillo
maggiore
ralezza.
natu-
VENTICINQUESIMO
LA
0
il
,
puro
dalla
talora
spirito
pieno d'amore,
uno
Dante,
Meis, carattere
In
verità
con
anzi
rettorica,
erano
alla bandiera
L'esempiopiù
De
venevoli.
con-
inviolata in voi l'umana
di rimbalzo
direbbe
come
scrivere
e
».
idee
Queste
cerimonia
quelle
il principio
della
e l'insegna
Sia questo
dignità.
nostra
di
RETTORICA.
questo tempo feci lezioni sulla rettorica,
sull'anti-rettorica.Dissi
piuttosto
ha
per
base
1' arte
del ben
che la rettorica
pensare
,
e
perciònon può insegnarsiche ai già provetti
zione
invenfilosofiche.Fu essa
nelle discipline
una
i quali,separando
e
quasiun gioco dei Sofisti,
le forme del dire dallo spirito
che le
avea
generate, e nel quale sono vive e in atto,
253
—
fatto di
avevano
quelleun
disprezzodella
buone
e
talento del
verità
trattando
essi tutte
le
lodando
l'abilità e
il
cattive,e
che
la sincerità. Contro questa
della
ben
,
pensare,
la
essendo
le
che
perciòle regolesono
a
come
consultare,
0
di frasi
o
credette di potere
forme
sue
lo
ti dà
dà
il ben
da quel
sono
dizionario di
Anche
un
rebus,elaborando un
Tutto questo è un
gli oggetti.
che dee riempirela memoria
buone
parole
cinquecentista
scrivere de
insegnarea
il
Non
spirito.
inutili;anzi
un
materia
non
staccate
si chiama
si fa
di rime.
pensiero,
logica ti
l'arte.
del-
la loro
hanno
non
la rettorica
come
e
zione
viola-
questilenocinii
del
cosi neppure
di- vita
centro
coscienza
nelle forme
Ma
logica.
dire
scienza
sua
si armo
prostituzione
regolerettoriche
verità che
la
come
Socrate,che flagellò
dell'umana
Le
il contenuto, e il
,
dicitore anzi
la collera di
Di
repertorio.
morto
l'indifferenza verso
qui nacque
cause
—
nibus
om-
dizionario di*tutti
materiale grezzo,
e
divenire
come
l'arsenale dello
lo
e
nell'atto dello scrivere,
ma
spirito;
dee mantenersi libero e guardare
spirito
ispirarsi
nelFargomento,e guai
cerca
aiuto nei dizionari. Ricordavo
Orazio,che
lo scrittore dee per
colui che
a
il motto
prima
cosa
di
stu-
254
—
diare il suo
argomento, ed
:
la
parola non
e
schietta la
viva
Lo
—
studio delle
cose
d' intelletto: due
manca
le
richiede serietà
si arresti alla
nel pozzo,
Le
r
due
analisi,
fa
scruti
,
verità
profondobisognaficcar
chio.
l'oc-
la sintesi
forze che debitamente
è
e
esercitate,
la
mato,
guardaturagiustae piena.Cosi arl'intellettoprende possesso delle cose, e
il suo
pensieroe la sua parola.Divenuto
glidanno
ne
nei
1' intelletto
superficiema
dell' intelletto sono
armi
nanzi
in-
libertà
e
dire, che
intimità,perchè la
là nel
e
ha
desiderate
qualitàmolto
nella loro
cose
chi
a
dronanz
pa-
cosa.
nostri scrittori. Serietà vuol
non
un'intera
averne
dello spirito,
letto,
ricevono ivi dall'intelproprietà
dal sentimento,cioè
dall'immaginazione,
da tutta l'anima,una
seconda vita. C'è la cosa e
c'è l'anima,che le dà la sua
guardatura,e se
la
póne dinanzi
foco dove
pensare
Ma
occorre
e
e
se
prendonoluce
del ben
a
rappresenta. Qui
tutte le
è
regoledel
dire,la logicae
il
ben
la rettorica.
questo che l'intellettoabbia piena
libertà di moto
; altrimenti le
inoperose.La
necessaria,come
si crede
la
ed
libero,
sue
forze
ciono
giac-
libertà è all'intellettocosi
Spessol'intelletto
servo
dell'abitudine.
la serietà.
è servo,
255
—
—
gno
della società. Sedell'autorità,
tradizione,
della
la
le
quale glitarpa
ali, gliannebbia
la visione delle cose, lo tiene sulla
uccide
ogni
1' amore
che abbia
,
che
queir amore
padre della
è
moralità dello scrittore. Chi
cosa,
può
della
non
rettorica,
Il liscionella forma
cose
i due
sono
non
fede. Qui
è la
ha fede in
che
qual-
sarà
e
del vero,
nel
giocoliere
buon
un
essere
superficie,
bero
1'intelletto sia li-
serietà. Perchè
è mestieri
telletto,
dell'in-
è la servitù
certo della decadenza
la
mai
uno
neggio
ma-
tore.
scrit-
nelle
superficialità
di decadenza
più gravi indizi
nazionale. In Italia 1' espressione
più
piccante
di questa decadenza
prima, e
l'Arcadia
poi,e
oggi
ancora
i
dell'uno
Pietro
in
nel
nei nostri
allora
le
in
L'
lità
origina-
telletto.
quelledue qualitàdell'in-
ha
spirito
qualecolloca
migliori,
dell'arte,
principe
accademico.
qualificai
è il risultato di
Lo
rimangono
anche
parecchiscrittori,
tenuto
Giordani,
il cui stile io
dell'altro
e
vestigianche
io mostrai
come
fu il seicentismo
cose
un
suo
orizzonte
divenute
sua
proprio,
proprietà,
a
e del tempo.
sua
partecipa
quellel'impronta
Questa è l'originalità
nelle cose e nelle forme.
I grandi ingegnisono
le aquile hanno
come
,
e
la
guardaturadall'alto e da lontano. L'umanità
256
—
dopo
analisi
secolari,
tura
giunge a questa guardavorio
aquilina,per ricominciare poi il lento laanalitico. La
storia dell'umanità
che
negl'individui,
salgono alle
la
relazioni di
Le
sintesi serie
tutto
suo
e
nelle
tropi,non
e
reali. La
e
hanno
che
in
fuori,come
fermai molto sui
una
lingua e con
contrasti o antitesi,
quando lo stile
maniera
la
tore
dello scrit-
più grave
dell' intelletto,
che, appagato in
posa
dei
in
o
delle
paralleli
alcuno. Biasimai
come
paralleli,
toccando
ma
individua,
cose
lattia
ma-
quei
cose
scontri
ri-
non
,
la critica
soprattutto
quellache
delle
fatto
avevo
la
; il qual vizio io chiamai
raffronti
l'esame
al-
esprimono,guardando
con
grammaticali,
contrasti sia divenuto
0
i
come
le ridussi in categorie,
figure,e
il loro abuso,massime
flagellando
a
trasto.
con-
la loro verità. Venni
esse
dal di dentro al di
lo stile.Mi
di
e
zioni,
di queste relal'espressione
secondo le relazioni che
le forme
le altre cose,
con
cosi
figure rettoriche,
di queste
con
sintesi è
differenza
somiglianza,di
sono
ripete
ma
particolarità,
sue
nelle relazioni
cosi dette
si
dopo le pazientianalisi
solo
guardatanon
cosa
nel
—
rimaneva
non
le loro attinenze.
alla
perficie,
su-
la loro sostanza
Compiutoquesto
257
—
lavoro
notai ch'elle non
sono
figure,
considerate
le avevano
come
stile,
sulle
mezzi di
che
e
di
e
sono
composizione,
delle
nel loro tutto
cose
tori,
re-
ferenze
difsomiglianze,
nelle loro
cose
Esse dunque
opposizioni.
e
i
parolee nelle
stesso
nell'organismo
di concepire
il modo
figureentrano
guardare le
solo
solo nelle
le veggono
frasi. Le
della
—
il processo
sono
in ciascuna
e
parte.
l'intimo
esempi di queste figure,sia neldella concezione,sia nei singoli
stesso
Questo lavoro parve nuovissimo,specialmente
periodi.
Addussi
molti
per le
Conchiusi
applicazioni.
che la rettorica,
attirando
forme
sopra
di falsa
menzogna,
e
e
il
che
e
esteriori alle
luce, indirizza
nel sentimento.
tireranno
esse
e
caro,
la
Da
Solo
Stietii.
le
con
sé
nello
vostra
anche
esse
studio
Ci
logiche.
vuole il
parolafatta cosa.
questa è la
con
al foco le ret-
Buttate
studio isolato delle forme
vacuo.
gioventùalla
gure
quellefizione
nell'immagina-
la loro radice
hanno
factum
solo in
scenti
appari-
Dissi il simile di
cuore.
le cose,
cose
la
e
telletto
la svia da' forti studi,guasta l'in-
toriche,dicevo, e anche
verbum
cose
zione
l'atten-
le
sono
adusa
delle
diare
Stu-
rettorica. Le
forme, le quali
Lo
intelligibili.
l'intellettoal
cose
lo
spirito
17
258
—
esercita ed
educa
educazione
dee
L' istruzione
le scienze
circoscritta che
ficiodella scuola
in
spirito
ancora
tutte le
un
mio
e
i
memoria
e
dai
nei
studi di
piùgrandi.
medicina,
temperamenti,notando
Avevo
qualimi
mi
Mi
promettevo
Non
e
mi
a
a
sapevo
passaila
né
con
poco
consolare
sera
santi^
più interes-
grandiapplausi.
vennero
poco
con
il
ben
intera,non
parevano
la lezione fu udita
insolita , che
contro
segnato anche nella
attendevo
gliapplausinon
anzi
me.
anche
scritta tutta
punti che
un
forze te le dà
le loro debolezze.
sicuro della materia.
Ma
Le
certi miei
avevo
l'uf-
forze. Questo io chiamava
grand'effetto da quellalezione,che
costume
il
più 1'educazione
e
sue
descrissi i quattro famosi
le loro forze
anni
è l'istruzione sola,eh' è
non
Ricordandomi
si allarga
Perciò
discepolo.
limitatamente
ma
scienza
una
Ogni anno
dopo alcuni
ginnasticadell'anima.
la natura,
rire
può esau-
sia.
un
ma
inarrivabile,
dello
né
ma
del sapere;
diviene appena
questa
a
scuola.
ha limiti. Nessuno
non
il campo
maestro
forze,e
sue
,
sola, per
fine
Je
tutte
provvederela
dico
non
,
-
grandiné piccoli;
una
freddezza
guadagnò
di questo insuccesso,
quelchiodo
Il di appresso, attendendo
anche
nel
il Marchese
vello.
cer-
per
260
—
—
fa
e.
nialità;
se
che
riempirequesta lacuna.
è
possa
la natura
dee
fare la scuola.
in che
si ha
dei maestri
dicevo
io,non
dee
e
senno
e
collaboratrice. È
il desiderio
mettere
personcine.Egli dee
di ciascuno
che
dispregio
degli studenti.
intellettuale
sua
del
Il maestro,
tenersi
dogmatizzare,
sputar
suo
del basso concetto
scuola,e
e
che
la natura
questo è il miracolo che
Discorsi
la
è tenuta
il
E
atto.
Ma
1' educazione
semplice potenzialità
; occorre
perchè diventi
c'è arte
non
difetto,
la
con
in
fuori dell'uditor
nanzi
in-
sempre
in
entrare
gioventù,e
munione
co-
farla
questo lavoro di tutti
l'amore
si genera
della ricerca
e
del vero,
dell'esame,la
zienza
pa-
dell' analisi;è in questa collaborazione
che
si fondano
nobili
le amicizie
e
si formano
le
più
qualitàdell'anima,le più alte aspirazioni,
il culto della scienza
e
dalla bontà.
—
accompagnata dalla
E
questa fu la mia
destia
mo-
ret-
torica.
Venne
Qui
poi la poetica.
Non
superficiali.
ebbi
mai
non
la
avevo
che studi
ger
pazienzadi leg-
poeticadi Orazio o di
di Gravina. Costui,
Boileau,o la Ragion poetica
patico
malgrado glielogidel Marchese, m'era antipesante e pedante spesso
; lo trovavo
tutta
intera
l' Arte
,
261
—
più
che
acuto
Della
e
suddivisioni
; la materia
Non
profondità.
e
dei trattatiscolastici
di
tempo
ad
quando quel mondo
a
metà
Mi
fermai
suU'
molto
osservazioni
sue
leggere;
oscuro
quel giubilobrillava
giovani,attiratida
nelle
Sentivo
osservare.
dei
conoscevo
quasi nuova
era
avevo
meditare
e
metrica
vero.
solo le divisioni
posi a
—
un
mi
bilo,
giu-
mi si rischiar
sulla faccia
inaspettate.
ch'io
endecasillabo,
mai
chia-
le ragionidella sua
mostrando
potentissimo,
la cui monotonia,
sull'alessandrino,
superiorità
Mostrai
mi spiacevano.
parallelismo
flessuosità del nostro
diante
che, meendecasillabo,
cantilena
la
e
la
posizionedegli accenti,rispondevaa
tai
bisognidella melodia e dell'armonia. Nole parolee le frasi,
cosi i versi
che, come
tutti i
non
considerati solo in sé stessi ,
vanno
buoni
0
ma
cattivi,
cosi
a
in
pigliarla
come
biasimevole,
e
e
principalmente
per
Perciò la magnificenza
è qualità
alle cose.
rispetto
relativa,e
ancora
l'ornamento.
senso
in prosa
Dissi che i
dell'arte dello scrivere intorno
di situare
i medesimi
è nel fine
e
anche
e
come
nella
di
è
assoluto,
cosa
ricercata
l'eleganza
generali
principii
al modo
di
pire,
conce-
sono
esprimereglioggetti,
per la
poesia.La differenza
facoltà motrice,la quale nella
262
—
è l' intelletto,
e nella
prosa
Riserbando
metri
di
uno
a
nuovo
questo
Facevo
osservazioni
sui
e
piccanti
varii effetti
Distinsi il verseggiatore
dal poeta.
era
fabbro
un
più
alle rime
terzina,dell'ottava
tempi
non
un
perito,
e feci
poi alle strofe,
meno
o
e
solenne
delle
civiltà
si
e
,
va
si
secondo
sciolto,
verso
Parlai della
poesia
Mostrai che il
poesiapopolare.
forme poetiche
è determinato dalla
va
sempre
di congegno
A
del
della
della
e
cammino
e
gliautori.
secondo
e
o
per noi
lettura dei versi prese
breve storia del sonetto, della canzone,
una
e
di
del
quinario,del settenario,
del
artista. Venni
i
dell'endecasillabo,
sul loro congegno
di melodia.
Colui
frammenti
sapore.
minute
tutti i
metrica, dissi che
ci è la risonanza
quale spesso
decasillabo. La
e
alla
partie
sono
quello,come
un
poesiaè la fantasia.
dio,
specialeti*attato questo stu-
tornando
e
nel
—
e
quel modo
la
verso
verso
la
maggiore
maggiore
bertà
li-
larità.
popo-
che la
si,
lingua,arricchendopiiìrompendo i suoi nativi confini,
sempre
più accostando alle forme popolari
dialetto;a quellostesso modo la poesia
va
sempre
del
produce con
rinfresca
e
più
si
Cercai
libertà nelle
sue
forme
,
e
si
rinsanguanell'immaginazione
polare.
po-
gliesempi nella
nostra
storia ,
263
—
la
spiegaicosi
poeti,del verso
preponderanzanegli ultimi
la libertà nel gioco
e
sciolto,
e
delle rime
Di
al
delle strofe.
e
queste lezioni qualche notizia giungeva
Marchese, travisata
avvenire.
il
Egli non
mi
me
i suoi
gridavano la
e
fece motto,
vedevo
ma
freddezza. Quello che
lui,dicevano
mi
suole
ranza,
insegnavala noncudella regolae delle forme.
dispregio
certa
una
ed esagerata, come
Gli si diceva ch'io
anzi
volto
-
la scuola.
sul
suo
diceva
non
dei qualialcuni
discepoli,
addosso
croce
,
Alcuni
miei
motteggiando
discepoli esagerando
,
la dottrina
del maestro,
Vangelo qualcheparolauscitami
lezione,andavano
e
gridando che
delle rettoriche
falò.Questi
e
fui
ne
delle
mi
vari
rumori
mi
quellamisura
io mi
Non
lo
delle grammatiche
del
un
sperto
mondo, ine-
mini,
gliuofossero
opinioni
giusta nella quale
pensaidi aprirmenecol
natura
poco
che
m'
la
ero
chese;
Mar-
comunicativa,anzi
impediva.Credulo
deglialtri,pensai
mia, e che forse non
bel
muovono
le mie
riferite senza
restia,me
nel calore della
chio,
giunseroall'orec-
sdegnato.Nuovo
che
meravigliai
la mia
pigliandoper
bisognava fare
che
passioncelle
tenevo.
e
nella sincerità
colpa dovesse
spiegatobene.
esser
Feci
264
—
—
nella qualemi studiai
dunque un'ultima lezione,
di dare le più precisedeterminazioni alle mie
idee. Dissi che lo studio delle
cose
forze intellettuali e
delle nostre
l'educazione
e
morali
fondamento
che l'arte non
ma
dell'arte;
e che le forme
senza
istrumenti,
sercitare
dell'arte. Citai
strumenti
e
soleva chiamare
dissi ch'egli
del mestiere
che
».
Le
al
lezioni
mie
studio delle
uno
le
forme,
e
ma
lo studio
da esse, conduce
nei
esse
delle cose,
al
senza
forme
Dissi
espressione.
con
la penna
in
nare
me-
matiche,
gram-
alla pedanteria
scompagnato
mane
Quello solo ri-
riceve il suo
Paragonai le forme
quale la religionerimane
state
roba da
conducono
forma.
,
erano
alla barbarie.
che
posteri
ferri
dovevano
non
e-
sono
erano
non
non
rettoriche,
poetiche
fuoco. Sole
può
forme,«i
disprezzodi quelle.Dizionari
gittareal
si
gli
il Marchese,
lode
con
il
sono
suggellodalla
culto, senza
il
fatto interiore ,
un
ch'era bene studiare le
mano
notando
,
i
modi,
i
piùfacevano impressione.
le vostre
Notate anche, dicevo,i vostri pensieri
e
nale
osservazioni,
giornoper giorno;sarà il giorpensieri,i
versi che
dei vostri
studi, non
meno
preziosoche
giornaledella vita. Ciascun di
vostra
giornata,fate il vostro esame
il
riandate
la
di coscien-
265
—
—
cattivi ; siate confessori
e
fa
uomo
a
il libro della scuola
Con
voi stessi. Nessun
del libro dei conti ; oh
senza
mancare
l'uno
e
ta?
il libro della vi-
di
fra
dicendo
,
me
:
E
dirà di questa lezione al Marchese.
e
che
mi
faccia aperta,
lo trovai
muto
detto verbo.
e
venisse
incontro
piena di
bontà.
freddo. Nessuno
Curiosa
LA
Casimiro
e
Francesco
Domenico
quella
con
Andai
lui
a
glieneaveva
natura
umana!
alcuni altri bravi
vani
gio-
Balsamo, Ermenegildo Barci,
De
fratelli Finelli,Francesco
lari ,
m' immaginavo
LIRICA
l'anno appresso
Gabriello
:
questa
qualcuno
VENTESIMOSESTO
CAPITOLO
Vennero
l'altro
vivere.
Stetti alcuni
sua
dee
come
con
impareretea scrivere,
impareretea
già
buoni
i sentimenti
i pensieri,
fatti,
za; scrivete i
Miìller
i
Rogatis, Belfiore,
Bax, Pasquale ViiFerdinando
,
Vercillo.
alla scuola del Marchese,i giovani
passati
lamo,
FilippoDe Biasio,Enrico Capozzi,
GiuseppeTa-
Erano
Matteo
non
mi
Vercillo. Tormentando
sovviene
di alcun
la
altro. La
ria,
memo-
scuola
266
—
era
numerosissima.
per
la città
e
Per
Già la fama
per
naturalmente
le
la mente
volli
Puoti, e
d'innanzi.
r idea
alle
tradizioni. Vi fu
sue
ed
eglivenne
pronunziaiun
mie
carte.
discorso
Il sugo
della
erano
Mi
era
allora
corse
della scuola del
vide
come
che
era
cialment
uffi-
un
ritorno
ca,
gran festa scolasti-
una
tutti i suoi
con
si
gliEletti. Il Marchese
perchè ci
,
essa
quelladistinzione
consacrare
volli anch'io
gustò
spargeva
i migliorioccupavano
tutti,
reminiscenza
una
ne
1' aristocrazia dell'ingegno.
tacito di
consenso
se
province.In
formata
i banchi
per
-
trovo
non
che
maggiorenti.Io
più fra
la scuola
le
è il presentimen
società,che quei primibanchi
pronostico
deglialti postisociali
a
gono
cui sal-
i
più degni dei qualiglialtri sono come
il corteggioed il coro.
Potevo temere
che quella
distinzione fosse principio
d'invidia e di piccole
,
gare;
ma,
schivo
feci la scelta
la trovarono
di raccomandazioni,
e
d'intrighi
con
tale
che
dirittura,
giusta. Dicevano
:
cosi
tutti
avremmo
fatto noi.
Queir
anno
Nel
avevo
cominciarono
corso
stabiliti i
scrivere. Qui
sullo
le lezioni di letteratura.
stile
e
sulla rettorica
principii
generalidell'arte dello
venni
ai cosi detti
generi di
let-
268
—
E
di
qui
secondo
cominciai
il mio
il contenuto, in
Toccai
morosa.
La
corso.
distinsi,
religiosa,
eroica,ed
della lirica greca
riserbando
la trattazione
Mi
molto
fermai
—
a
un
e
a-
romana,
speciale.
corso
sulla lirica ebraica
nando
esami,
in
Mosè
di
ispecieil
libro di
Giobbe, il canto
il passaggiodel Mar
dopo
Davide,
la Cantica
di
Rosso, i
di
Salmi
dei
Salomone,i Canti
d' Isaia. Avevo
profeti,
specialmente
nuove, e quellostudio era
per me
nuovissimo.
Non
e
letto mai
avevo
sete di
la Bibbia
,
Con
neppure.
quella indifferenza
che
disprezzo,
la
il
allora si sentiva
Bibbia,come
Nella
sarcasmo.
a
entrava
riti. Lessi
come
,
e
so
dove
documento
l'occhio sopra
niente
le mie
Avevo
per
le
cose
ligiose,
re-
immaginazionee'
preghiereche
e-
zavano
ci sfor-
e la
Congregazioni,
bia
Bib-
tutti i sacri
bro
maravigliedi quel li-
rato
eloquenza,e timie lezioni , gittai
di alta
delle
il libro di Giobbe.
trovavo
di
mescolata
disgustodi
nel nostro
dall' argomento
Non
le
recitare nelle
non
giovani
paroladi Dio, moveva
nostra
il catechismo
rano
i
cose
nella mia
Rimasi
erudizione
rito.
atter-
classica
comparabilea quellagrandezza.Portai
impressionicalde calde nella scuola.
del
già fatto una lezione sopra l'origine
269
—
male
il
e
di quel libro
significato
molta
con
attenzione.
intero,la mia
tutto
—
quando
Ma
emozione
e
,
lessi il libro
la mia
e
fu udita
zione
ammira-
c'immergemmo
guadagnaronotutti. Preso l'aire,
in
quegli studi.
Cantica ;
a
Salmo
un
delle
)otenza
Treno
la
e
di
Furono
si
di Geremia.
Era
fino Omero,
classici,
udì altro che Bibbia.
nella
religioso
gli animi.
,
e
ciò che
Mi
noi
per
come
C'era
nostra
e
vivo
di
che
impressione,
nelle
sé,
è la
senso
alzava
il divino
scuole, dove
non
frivole,
la
sia penetrata
a
tener
lo stesso
timento
sen-
più elevato.
care
Stac-
al
disporlo
e
si
è nella coscienza.
nostre
cose
suo
gl'ideali
umani,
patria,
questo
non
questa parolatutto
eh' è
religioso,
nel
da
i nostri
che di solenne
antologiabiblica,attissima
morale
tutti
so
grande
leggeretante
l'uomo
non
sotto
il sentimento
usi. Con
questo sentimento
intendevamo
di puro
gio
viag-
un
parecchimesi
per
Chiamammo
un'
e
e
maravigliocome
si fanno
la
grandezzadel Creatore,e qualche
ignotee lontane dai nostri
esagerazionedi neofiti,dimenticammo
di
templazione
con-
argomenta
in terre
e
gustati
Davide, dove dalla
create
cose
molto
sacrificioper
la
scienza,la libertà,
morale, questo è la religione
questo è 1' imitazione
di Cristo. Le
mie
im-
270
—
-
erano
vivaci, perchè sincere,e
pressioni
tecipateda quellabrava gioventù. Io non
frasi,per fare effetto e
le
; essi
a
ne
il loro battimano.
Cosa
quando
scuola
la scuola dee
bella che
è
lirica è
Questa
il
nel
suo
si
anima
di
morale.
e
genti primitive,
La
epici.
popolosotto
può vedere
è
il
Tale
del
religioso
ed
eroico
nazionale.
0
non
Ci
ha avuto
eroiche, dove
è
i
presso di noi
invano
il poema
religioso
Il sentimento
delle cosi dette
cerchi
con
Commedia,
confini d'Italia ed
medioevo.
sono
lirica è la
lirica italiana ha avuta
universale nella Divina
i
oltrepassa
nei canti
si confonde
la
che
ma
for-
popoloebreo,
ed
voce
perchè
né
religiosa
tempi mitici
sua
teatro.
un
a
somigliava
ras-
e
,
che
cantore
fisico e
clima
delle
voce
vero
La
migliori.
resi
lirica né
voce
come
individuale,
dove
biblici,
loquio?
vani-
un
italiana,mostrai
avuto
avevamo
,
vita,e quella
la
essere
chiesa
una
applausi
che
resta
vi avrà
alla lirica
Venendo
eroica.
a
pression
delle im-
vostri
il riflesso della mia
era
non
raccoglimentoche
i
non
,
plausi
ap-
che
sapevano
,
la serietà
fanno
mi
più
noi
Volevo
usciti di qua
No,
lezione
il loro
cavo
cer-
eccitare
per
accorgevano
più grato
era
me
se
par
un
accento
poesiesacre
la sincerità del
271
—
sentimento,e spesso
letterarie
opere
una
queltempo
rici.
molti nostri li-
sopra
mirazione
l'am-
era
del
eroiche
le canzoni
eroico
di genere
Caro. Grande
di Annibal
canzone
per
del
alla Vergine.A
modello
come
la celebrata
eccettuai
opinionicuriose
Si citava
voci della
non
convenzionali,
e
del Petrarca
correvano
declamazioni,
che
sono
non
popolare.Non
coscienza
canzone
—
Filicacia,
Chiabrera,del Guidi,del Frugoni.La
alla Fortuna
del Guidi
sublimità.
Parnaso.
Il Casa
e
il Costanzo
il nostro
Ma
gusto
esempio di-
un
era
zone
can-
divenuto
era
cosi
cosi sicuro,che
giudizio
il nostro
delicato,
del
lumi
erano
tutte
e molti brani
queste divinità si liquefecero,
dagli altri
ci sentivano
sotto
poesiefacevano
il vuoto
un
miglio.La
poi che
un
sonnolento
Ci fermammo
certi
come
e
Il mediocre
neppure
per il
gonfio.Certe
detta
canzone
lirica
e
dunque
Dante
e
amorosa
all'esame
sognano
Noi
re
nei cieli e
sdegnano la
il
non
'e
comune
piaceredi
si
tiva
sen-
non
artificioso petrarchismo.
Petrarca.
che
ambiziosi,
abitano
la
il riso,perchè
Caro, dove l'adulazione
lontano
grandimaestri:
il
e
sdegno, come
eroica di Annibal
era
in noi
destavano
mirati
am-
dirne
dei due
eravamo
e
tori,
impera-
bassa
ra.
ter-
ci attirava
,
male. Non
pò-
272
—
tendo
cansarlo
—
ci strisciavamo
passa. Miravamo
guarda e
alle stelle di
all'ammirazione
grandezza,disposti
più
biasimo.
Certamente
con
sopra
,
che al
il sentimento
nello
lacuna
una
di si mediocre
che
piccolo,
e
c'è libro cosi
non
sia da
il
resti mediocre
grandi:
a
ciascuno
al
noi riusciva facile
molti
Le
roba
non
re
canzoni
e
pagnati
scompire
conce-
che
il
diocre
me-
usurpiil luogo dei
si
alto,
della propriaporspogliare
pora
di cartone.
eroiche
1' uomo.
era
ci
non
come
posto. Mirando
suo
ammirammo
del Petrarca
in lui il
letteraria. C'era
e'
non
sta
suo
fetti;
deglief-
e
sommi,
mediocri,è
sudditi. Tutto
senza
re
dei
il
volgare,dove
la storia dei
imparare,e
dal corteo
cause
pur
c'è niente
abbia
non
delle
nella connessione
valore
Non
spirito.
ci teneva
ma
,
lasciava
prima
questa inclinazione
alto l'intellettoe
un
Pure
nella
ci parvero
grande artista,
sua
canzone
l'Itali
al-
la sincerità del sentimento
poi alla lirica amorosa,
collaborare coi giovani,feci fare
Venendo
giovanile.
uso
com'ero
recchie
pa-
a
ricerche sull'indole di
loro i libri da
tema
di
dicando
inquellalirica,
consultare. Fu questo il
Uno
componimenti.*
parecchi
culto della
scrisse sul
donna,un altro sul concetto dell'amore!
213
—
un
platonico,
furono
Vi
—
sopra Beatrice
terzo
lavori
di
Divina
era
Commedia
a
nuova
ed
loro. Mi
a
muffito,macchiato
che
le
il
grinzeal
Fra
pareva
capitòun
di caratteri
plare
esem-
antichi,
l'occhio. Certi sonetti mi fecero
irritavano
venir
e
la
quellalirica
menadito;ma
a
me
lezioni sulla lirica di
rivelazione. Conoscevamo
una
parvero
scussio
di-
qualcheimportanza,e
interessanti. Le
Dante
sopra Laura.
e
che roba è
naso:
Guittone
o
Fra
questa?Mi
Jacopone.Mi
venne
di falsificazioni.
o
sospetto d' interpolazioni
Poi
mi
furono innanzi sonetti vivi
scritti
parevano
i secoli. Feci
a
base
oggi: questa
di
e
i
colore,e
accordo
vi
non
luoghicomuni
lirica.M' è
DOD
Morta
B«
Sanstif.
è
di stile
vano
ave-
situazione
una
e
di accento
Beatrice,e
viva
della
canzone
1' altra sulle
ammirazione, e
più importantidella
vero
par-
nostra
presente il fremito di tutta la
ancora
scuola,quando
buoni
tutti
comparivanole sottigliezze
di
destarono
i monumenti
e
del secolo. La
visione della morte
tre Suore
poesiaper
i sonetti
fatto concreto
un
determinata,con
e
che
notare
è
che
freschi,
e
dissi:
sai novella?
la doDoa
tua
eh'
era
si bella.
jg
274
—
lessi:
quando
e
assai dolce
morte
Tu
Fu
ti
,
dei ornai
tu se' nella mia
Donna
anche
il
applaudito
verso:
che
m' è
dato
semplice lettura
La
che fermentavano
Critica
un
come
e
situazione,
destava
del
nel cervello del
fatto molto
avevo
leggere,e
ne
che
,
naturalezza,avevo
e
avevo
teneva
si andava
più
lievi
corretto
che
piagnucolosa,
il Bidera.
nella
sorie,
acces-
poeta,
Ci conferiva
nella
me
aggiungevo niente
dove, imparando a
mi
le idee
attore,dimenticavo
vi
non
tal Camilli
stridente
smi.
questientusia-
gravide,solevo dire,piene
ci riuscivo,
ma
pericolosa;
chè,
per-
bravo
D' altra parte
e
tegno.
in sintesi
condensate
un
mi
notando
e
situazione,
della
a
onor
stata.
cune
riempiendole laperò prepararli,
Solevo
cose.
:
gentile,
cosa
esser
tegno
Poiché
L'esilio
di
—
di mio.
progresso
l'arte
nel-
qualcheobbligo
scuola
recitare
di declamazione,
con
verità
quel po'd'enfasi
m'aveva
cato
appiccianche il gusto che
tro
e quel mio viver denpurificando,
si che non
mi sfuggivanole
lettura,
gradazionidel pensieroo del senti-
276
—
e
Cavalcanti,
—
ci
colpinon la sua vantata can^
zone
sull'amore;ma le deliziose strofe sulla fosulla Mandetta,
rosetta,e ancora
più la canzone
dove sentivamo il fremito d' una
cera,
passionesinrarissima
cosa
nella nostra
letteratura.
Sapevamo a mente molti sonetti e canzoni del
Petrarca,e appunto perchèdimesticati con lui,
ci fece poca impressione.
Poi, il petrarchismo,
da
noi tenuto
a
vile
,
quel modo
a
è
non
che
e
feci a spese de' suoi imitatori.
malinconia
dolcezza
poeta, io lo chiamai
e
in
Avvezzo
gusto. Feci
a
volli fare
una
la successione
trovando
cosi
la
un
sua
grazia;più che
dal
I
vani
gio-
cattivo,
una
curiosa ricerca.
di fuori nel di
storia del
e
vai
tro-
distinzioni si affinava il
anche
guardare il
di
il buono
scernere
e
e
nella
grande artista.
un
queste ricerche
nostro
e
a
spesso
Laura,
sincera
ispirazione
pienadi
si misero
era
tre canzoni sorelle
nelle stesse
d'una
orme
gioso.
reli-
rialzare il concetto
a
in molti sonetti sulla bellezza di
le
religione
sentimento
del poeta
l'ispirazione
come
letteraria,
al Petrarca,
poco
che l'abuso della
io tenni molto
e ciò
Petrarca,
Notando
un
cattivo effetto sul
senza
Pure
del
noceva
suo
amore,
dentro,
cercando
gradazionedei sentimenti
prima e un poi in quelle
,
277
—
Fu
poesie.
delle
più tardi
mi
e
del
ai nostri
Giusti:
se
Giudicai
voce.
vivo
gì'Inni
più del
eco
fittizioe
si
faceva
del
aveva
cosa
talento individuale
bassa
raria,
lette-
che di
un
stimando
nazionale,
quel
superficiale
lico,che allora
giunto
ancora
del Manzoni
profondosentimento
e
del Pa-
qualchestrofa a
mormorava
ma
ci pensai
non
qualche sentore
appena
ne
era
non
;
e
sopra il Manzoni
fermai
Foscolo,mi
noi, e
e
tempi, toccato
il Leopardi.Il Berchet
tra
piacquemolto
romanzo
un
parve
zione
classifica-
una
lo stato dell' animo
sentimenti. Ciò
più. Venendo
e
poeta e
poesie,secondo
qualitàdei
rini
rono
dalla qualeuscid'ingegno,
storia intima del
una
la
volata
una
—
sentimento
tanto
neo-cat-
Anche
strepito.
il
tale
Cinque maggio mi parve opera letteraria,
però,per vigoredi concezione,
per unità di getto,
per
grandezza d'immagini e
che
in questo genere
grande
sopra
mente.
lezione che destò la
una
e
si poteva chiamare
della nostra
monumento
gli applausimi
Cari
e
bei
forza di
per
stile,
il
più
lirica. Ci feci
sione,
più viva impresnella
ancora
suonano
che
giorniquelli,
non
ho ritrovati
più.
Leopardiera
di lui tale
il nostro
beniamino.
ammirazione
,
che
Avevo
ceso
ac-
V edizione
278
—
-
dello Starila fu
v'
non
si
non
tutti
di
era
in pochigiorni.
Quasi
spacciata
o
che, per un verso
per 1' altro,
parlassedi
lui. Si recitavano i suoi
ugualeammirazione;non
con
ancora
da fare distinzioni;
e poi,
gusto così squisito
un
ci sarebbe
idolatri. Le
miracoli
parevano
irriverenza. Eravamo
una
parsa
ma
critici,
di
canzoni
ci
rapivanonei
cieli,
ci
patriottiche
e
quel Canto
quelleNerine
del jpaslore
errante
percoteva di stupore. Una
poesia
né io ne
alcuno
digerire;
leggeredall'un capo all'altro: I
la potemmo
fu potuta
Anche
liporneni.
Vennero
la Batracomiomachia
molti
Io lo chiamai
il
verità di
secolo
ci pesava.
zioni
sentire le mie le-
popolarein Napoli.
una
di concepire
profondità
sentimento,di cui troppo scarso
nei nostri
Lo giudicai
voce
poeti.
del
del sentimento nazionale,
più che interpetre
di quellevoci eterne che segnano a
una
grandi intervalli la
il
che
a
Para-
te.
primo poeta d'Italia dopo Dan-
in lui
Trovavo
vestigioè
di fuori
Leopardi,nome
sopra
una
i
sola
ci
non
non
genio,ci aggiungevamo
nostri sottintesi. Quelle Silvie
e
c'era
Canti,
suo
storia del mondo.
concetto,m' incontrai
fece trionfale
ingressonella
di molti lavori.
prediletto
nando
Esami-
Byron,
scuola,argomento
In quell'onda
con
279
—
d'
di
inganni e
—
di
di aspirazioni
e
disinganni,
un
capo
il filo;
un
ordine
delle
suo
concetto.
e
gradazionidel
le
il
suo
alla
le
a
pensierosvolgersi,
negazioneuniversale,e
gradazionie
In
i
quel tempo
tenuto
di
il concetto
nobile,vero
concetto
la reazione
nella
non
e
vede
quale è
involto
via di
nella natura
della natura
e
la
forma,
quasi perduto.Se
e
sua
purezza,
contrario di
dell'arte fare
lavoro ulteriore del
Perciò
cavarlo
il filosofo
di là
questo processo
quelloche
la storia. Si
produzionispontanee.
mente
inconscia-
ma
astrazioni,
può
proprioil
la natura
e
l'arte,
un
l'idolatria
non
il concetto
contemplarlonella
è
determinando
storia. Il poeta opera
è
ma
quello,a
e
quasi unico
principale
un' opera artistica. Si disputava
buono
era
o
cattivo, volgare o
falso. Queste disputesorgevano
al Leopardi.Io sostenni
che il
,
per
in
sino
all'idolatriadel concetto,
,
nella
non
poco,
contro
esiste in arte
non
,
e
o
intorno
anche
Vedevo
criterio
come
del valore
e
anche
condo
poesie,se-
passaggi.
delle forme,conduceva
se
a
poco
poco, volli ficcare il naso,
a
poco
venne
ne
desse
saldo che" mi
cercai
disperazioni,
fanno
ria,
può della stouna
filosofia,
pensierosu
quelle
distinsi la forma
280
—
dalle
forme,e
chiamai
la concezione
ma
forma, non
che
è
,
nella fantasia
il
poeta
non
la natura.
come
Nei
nasce
tempi tutto
tempi il
e
che solo
lo
più
e
Ma
e
sua
e
carne
è
quelleconcezioni.
e
qui
il suo
sua
una
decimonono,
passione
lui
che
incosciente,
è
suo
sangue,
sua
faccia del secolo
poeta, perchèquelconcetto
il
tuazioni
flut-
sue
suo
e
pardi
Leo-
è l'eccellenza della
è
che
concetto,
dalle
diventò
trovarl
ri-
il concetto
del
vigoriae originalità
lo attinse nella
Ma
può
Margherita,il
della mente
concetto
suo
decimottavo
sua
della
quelconcetto
immagine,
poesia.Il
la
e
me
co-
grandi
nei
riflessione
lui
conquistarsi
il lavorio
si vede
poeta;
oggi si disputaqualesia
l'eccellenza di
ha dovuto
al
sperde in se il
nella forma,
modo
profondain
della Beatrice
dimostra
il filosofo
e
tardi un'acuta
Anche
e
critico
ma
fantasia;
fantasia sommerge
,
ginazione.
imma-
e
poesiariflessa. L'intelletto
una
concetto
senso
nella mente, accanto
tarlo penetra nella
poeti la
tamente
assolu-
espressione
spontanea
sono
nostri
coesistono
onde
di
nerato
ge-
fa, appunto
poetiprimitivisono
,
immediata
1'embrione
come
quello che
inconscienti
e
il concetto,
poetica.In questa produzione
sa
I
—
il suo
siero.
pen-
lui,è
tiranno
e
il
281
—
ed
carnefice,
suo
Le
poetiche.
che il concetto
ed
obbliato
vera
vi
più
amabili
ture
crea-
quelle
più belle poesiesono
sue
è
le
genera
,
to
che,feconda-
il germe
è insieme
nella fantasia
in cui la forma
—
immedesimato
appariscecome
con
nell'individuo,
della coscienza di
modo
di
poetica,
persona
lume
bar-
un
appena
Cosi è nell' Infinito,
se.
nella
na,
nel Bruto, nella Silvia,
nella NeriSaffo,
nel Consalvo,
neW Asipasia.
to
Quando il concetsia persona
non
almeno
ma
intellezione,
una
non
.0
dell'anima,
gl'Inni,e
e
malgrado
nel canto
come
Morte, nel
Pensiero
i fulmini
la
filosofica
,
argomentazioni e
appunto presso al
quel vulcano
Pietro
concetto
e
si
Luna,
e
ne-
in Amore
contrario,
Giordani
tenni
forma; questa
la base poetica
nella
rimane
per
sua
via di
di
ragionamenti.Dissi che,
nostro Vulcano, s' era
spento
della
fantasia,
teoria della
situazione
del
poetica;quest'obblio
fecero
Al
esprime
poetico.Questa
della
persona
Alla
Ginestra,dove
occasionale,il
astrattezza
nelle Profezie
Dominante.
di
passion
ap-
,
poesiamediocre
è
e
stato
uno
tasia,
visione della fan-
una
com' è nei Salmi
sia
che
necessario
è
poetica,
incoscienza
e
concetto
e
cezione,
con-
della
nella
tista
dell'arspontaneità
e
sono
grande impressione,
rimasti
282
—
il capo
sempre
saldo della mia
le teorie
dove
poesie
,
fini
—
critica. Accompagnavo
letture
frequenti
con
modo
avevo
di scendere
della composizione
e
particolari
Coronammo
quellelezioni
alla tomba
in
di
Grotta
guardavano
forse per
con
di Giacomo
piccoli
gruppi,ci
là della
demmo
Pozzuoli.
quelle
nei
più
dello stile.
pio pellegrinaggi
un
visi
Leopardi.Dila
posta al di
Quei
paesani ci
gli occhi grandi,e
con
di
ci presero
di devoti,
che andavano
processione
in chiesa a sciogliere
non
so
qual voto. Noi ci
fermammo
con
religioso
raccoglimentoinnanzi
alla lapide,
sulla qualeè l'iscrizione di Antonio
una
Ranieri,nome
caro
a
noi,perchècaro
a
Giacomo
Leopardi.
in
Intanto
a
interrotta meditazione
non
delle mie
la baldoria.
continuava
casa
lezioni
che
mi
per la novità
tiravano
il
,
sugo
dal
cervello,perchè non
voglia di leggere
,
tutto
veniva
da
,
un' accanita
stesso,lasciavo dietro di
e
me
ne
andavo
Capodimonte o
e
tutto
per
me
solo
altri
miglior
tempo
avevo
libri adatti
né
e
i rumori
né
spesso
riflessione in
a
stretto
Co-
me
di casa,
fantasticare per
luoghi lontani,gesticolando,
vagando talora con gliocchi distratti,
ripigliando
poiil filocol mio solito:dunque, al-
284
—
recarmi
a
che
me
m' invitò
e
gente di polizia,
la bassa
mavano
un
che
un
Ci andai
li un
e
ci
non
nome;
pauroso
poliziaera
per
signoregrosso
e
che fare.
mai
che sarà? Trovai
scura;
che fece
tondo
altro
non
ma
,
avuto
avevo
la faccia
con
volta
la
questo. La
scuro
nome
prima
l'ufficio.Era
presso
succedeva
mi
—
,
una
brutta
parolegrasse alla
Io restai grullo.Quando la tempesta
napolitana.
fini,e mi fece capirecosa e' era sotto, io
del mondo,
sicuro del mio diritto,
e poco pratico
mia ero io il padrone,
che in casa
secco
risposi
e
mi
e
cera,
scaraventò
potevo ballare
a
per lo sforzo della
le
a
la
nel
la
legge
bitudine
cose.
non
di
non
di
caso
rauco
rabbia,balbettò
via sbuffando.
a
in ufficio
della scuola. Questo mi
laurea
avevo
ci
il
far peggio,quasi
né
permesso,
quasitutti i maestri,non
non
tai
Vol-
Narrai
sentii chiamare
mi
esibire il permesso
impensieri.Io
ero
per la
compagnia si mise
Allora
dispetto.
per
e
voce
andai
spallee
e
caso,
posta. L'amico,
mia
insegnatolui l'educazione.
avrebbe
mi
che
certe
fosse,ma
che
tolleranza,
per
lasciava
una
chè
percert'a-
correre
le
quelsignoreli
lasciato più quieto.Avrei pomi avrebbe
tuto
accopparlo perchè il Prefetto di polizia
Capii onde
veniva
,
il tiro:
2SÒ
—
so
non
aveva
Amante,
a
me
quale parentelacon la famiglia
chese.
e
affezionata,
poi e' era il Maraizzavano,e qualchebrutta
I ballerini mi
idea di vendetta
mia
mite
natura
cercai
mi
tentò
momento;
un
Me
apriicon
ne
Albanesi,che faceva gliaffari del
di
e disse
inesperienza,
mia
e
Costui sorrise del mio
casa.
stessi
che
tranquillo,
parlatopiù.Poi
Ballate
:
Non
so
,
pure
,
imbarazzo
in
ma
L'effetto fu che
mi
tese
si
non
gnore
quel si-
si fé' trovare
la mano,
mi si
e
proffersedichiarandosi mio buon vicino
un
giovanedabbene,di cui aveva
a far molta lode. Io interrompeva
e cercavo
,
venire al quatenus ;
come
mano,
lui fece
ma
rebbe
sa-
e' è modo.
ogni cosa
,
e
lui,
a
se
paterno aggiun-
volta che scendevo
sull'uscio di casa,
della
e
che lasciassi fare
in tuono
tale
un
padrone
mio
del permesso
che via tenne.
una
la
ma
e
rifuggivadalle soverchierie,
altro modo.
un
—
un
gesto
volesse dire: al passato non
mandomi
sti,
so
intedi
con
la
ci si
la fece lui,
più.La parte d'uomo di spirito
io feci la parte goffa.
Il signorAlbanesi non
mi
disse niente;io capiiche se la intesero fra loro.
pensa
Intanto
bene
ho
a
mai
in fin di
mese
non
quattrini.
Guadagnavo
guadagnatoin
mia
mi
trovava
allora quanto
vita. Quei
mai
non
cinquanta
286
—
nari
ma
inesauribili,
pure queida-
ducati mi parevano
del Greco
si
introdotti in
cui
a
trovai
mi
e
come
liquefacevano
casa
disordine
un
povero
cinquantaducati. Quei
queldisordine
non
a
la mia
era
ridurre
il pranzo,
coronava
che mi
pareva
salata. Il Greco
saettò.
Pensai
d'animo, e
tornai ad
ma
l'altro,
Greco
c'era
di
mi scrisse
laga
ma-
gar
pa-
mi fece
ghigno,che
mi
un
a
meschinità
a
quellabaraonda
e, chi il crederia?
me,
malata.
Quel
più.Cercammo
la parolausciva
pili.Verso
di
mi facevano
lavarmi il bucato. Era
a
le veniva
vidi
cattiva
una
potesse recarlo
anche
aria stanca
non
forza. Pensai
Agnese.Colsi.ilpretestoche
venisse
con
quellavita
sciroppoe
rallentai il freno. In
la testa
montò
e
che
il capogiro;
davano
mi stomacava;
per
i
e
Soppressiquel bicchiere
le spese.
che
malaga
una
il Greco
chiassi mi
ci stavo
e
,
dissipazione
credevo ricco,
maledissi
:
no
S'era-
neve.
e
fine. Mi
vedevo
non
—
sua
ma
mam-
imbruttita,
riso
leggero
rianimarci
fredda. E
l'uno
non
la
il fratello del
la fine dell'anno,
curiosa
una
qualche frase
nella quale
lettera,
allusiva alla
somma
enorme
mi
cinquantaducati. Quella parolaenorme
feri,perchè l'aveva trovata in bocca al Greco,
dei
dai
insinuatagli
suoi
compagni. E
feci
una
ri-
287
—
—
mi
indicando la spesa che
sposta risentita,
e ne
portaida fanciullo,
Mi
il Greco.
La
pettegolezzo.
via, e abitò in casa
un
in
Napoli.Ci
ed
da
voler bene
ducati
e
quel
mi
tentatori,
Raffaele,che
l'ebbe
se
Cominciai
Pareva
ciascuno
Quando
mi
si
vi
non
si faceva
e
e
Rimaneva
insediato
era
feci
rimanemmo
casa
amici.
prestiti
po' restio agi'im-
un
essere
in
capir bel bello;
che la borsa mia
attingevasotto
incontravo
fosse mia:
non
d' imprestito.
nome
qualcuno,queglimi sfuggiva
creditore. Mutai
un
come
a
pure
cordiale
scarico,
capo
più ricco.
sentii
male
a
venuto
Cosi, finiti queicinquanta
spadroneggiava.Glielo
non
un
di cuore,
e
andò
diavolo
povero
d'essere
che
tutti.
segnidi
con
d'indole
buono
era
Don
infine
altro torto
aveva
del fratello eh' era
separammo
amicizia ; che
venne
il Greco
fine fu buona:
stava
co-
la servitù,ch'era gran
visto pure che molti
parte di quelladissipazione,
oggettisparivanodi
Cosi
con
misi
renella,in
e
tanto
vista d'occhio.
a
po' d' ordine
un
non
peripatetica,
per
casa
vacanze
villetta. Venivano
una
giovani,e
per
in
le
tranquillo
passar
cuore
i miei
casa
con
passavano
perder1'uso,
il Vomero
e
me
,
e
potei
suU'A-
a
visitarmi
la
giornata,
facevo lezioni alla
per
Antignano.La
288
—
mi
sera
recavo
tavola da
e
a
dove
villa vicina,
una
gioco.Venivano
si formava
—
da Napoli
parecchiamici
compagnia scelta
una
si faceva
e
allegra.
Là rividi il Pisanelli,
mio antico compagno
scuola del
Marchese,e giàinnanzi
forense. Era
volto
bel
un
di favella
intorno
posava.
Gli occhi delle
lui. Vestiva
di
a
,
Io
pettinata.
fece
di
un
la
una
alla
e
modi,
po' di
ero
mi
sentivo
capiimai
la chioma
mio
un
Uso
dirimpetto
piccolo
come
scolastico
linguaggio
po' manierata. Si
Tra
quellagente
spiccoe
mi badava.
nessuno
conversazione,sgraziato
quegli usi
convenzionali
stavo piùvolentieri a
elegante,
le vicende
Conoscevo
sopra di
divinità,
ma,
una
facevo
fatto alla
società
oggi,
stavo
figurainsignificante,
una
in tutti
Faceva
naturale,semplice
conversazione.
non
folla,,
confuso
di modi.
si direbbe
come
tipo di eleganza un
Poco
e
ta,
svel-
e
guardavo incantato.
lui ; mi pareva
lambiccata io
tra
lo
poi ai giovanicol
un
e
erano
signorine
eleganza,
profumato,con
con
parola e
dissi
sé, e
a
cosi alla buona
stare
alta
occhi
con
pallido,pienodi distinzione,
crocchio
a
nella carriera
giovane,persona
dolcissimo
languidi,
ben
nella
del
po' la
gioco,senza
scopa
il mercante,
e
un
capirci
lo scopone;
che si
ma
giocava in
di
dare
guarette.
non
casa
289
—
dello
zio,e
tanto
che
bresella,
di
il mediatore
meno
guardare ci capiiun poco.
il mediatore,e mancava
nelli mi
il
quarto. Pisa-
cosa
—
una
sola ora!
disse Pisanelli,
guardando
il piattino. Sola!
gittògliocchi sulle carte.
quellasua
con
Io
Sola
—
temerario,notò
aria di maestro
potei tirarmi
non
che
intorno
Si
incapricciva.
a
il
mancava
finita. Io
cadrà
Avevo
me.
due, e
,
le carte
Ci
battaglia.
e
io mi
una
cosa
mani,
,
il due
ecco,
misi
fu
il
anche
D«
caso
oggi m'
Stnetis.
è venuta
a
un
cadeva,T
io
era
non
gitto
imperatoreche
urlo,batterono
non
E
mi
scena
questo
mi
simili;ma
straordinaria.
bizzarro
cerchio
cade,e
un
sono
prio
pro-
mi diceva:
in tasca
piccoli
gliuomini ! Quella
impressa,e per più tempo
ché
ancor-
amor
gran
il cuore
col riso trionfale d'
vinto la
carlini
Ma
un
questo non
gittoil tre,e
il due.
fece
molte carte
se
m' imponeva.
indietro
tutti dicessero: Riflettete. Il niio
m'
Pisanelli
gridaiio, e
—
le
cava
gio-
,
bella
ha
si
sera
perchè il quarto foss'io, e
presi posto. Gioca e gioca perdevo
il piattino
tutto pieno. Che
era
sempre,
lui
Una
forza
a
fece ressa,
cortesia
per
la cala-
e
visto mai. Pure
avevo
non
—
so
quanti
come
sono
è rimasta
andato
e
in mente.
a
tando
raccon-
quello,e
290
—
CAPITOLO
VENTESIMOSETTIMO
SCUOLA
LA
MARCHESE
E
quest'annoil
mercoledì
per
la
MATRIMONIO
DI
PROPOSTA
IL
Anche
—
GIORNALI.
I
Marchese
destinato all'esame dei
molto
scelta per
lo
il Marchese
più
la
come
faceva
per
sua
correzione.
la
nella
scuola
sua
sola domenica.
cillo,Alessandro
primo
De
Meis.
Di
scuola,venne
Co-
teneva
ma
perfezionamento,
alcuni
vani
gio-
Matteo VerFabricatore,
Parlati,venuti
anche
anno,
di
Tra
maggior
Marchese
Ci andavano
Bruto
miei,come
in
Francesco
Siniscalchi^
rapi e AgostinoMagliani.Il
ancora
era
sulla quale
migliore,
poi la
Vincenzo
puritàe
loro traduzione
che egliaveva
questi puri scrittori,
conto,erano
il sabato,
anche
recchi
componimenti.Pa-
innanzi
di scrivere,
e la
castigatezza
tutti i
veniva
traduzione;talora
giovanierano
—
a
e
Siniscalchi,
questi,Fabricatore
nella buona
me
fin dal
credo
pure
lasciò la mia
graziadel Marchese,
glirimase accanto, assistendolo in tutti i suoi
gua,
lavori. Era giovanelaborioso,
praticodella lin-
e
e
per
la natura
della
sua
mente
poco atto
292
—
Nessuno
fiatò. E
io
~
eccitato dalle mie
,
parole,lasciai li la lezione e non
congedaitutti bruscamente.
mogi, in silenzio. Dopo mi
il caso,
e
stesse
volli continuare,
Se
fu
le lezioni. Questa
ripigliai
ne
darono
an-
spiegato
sciplin
la di-
era
della scuola.
E
altro
un
avvenne
queste
anni, di
abate
Capitò un
cose.
cui
scandalo,come
faccio il nome.
non
Gesuiti,egliveniva
scuola dei
l'aria di volerci
io chiamavo
su* trenta
Uscito dalla
pettoruto,con
tutti.E
inghiottire
tutti glifummo
addosso,al primosuo lavoro. Declamava
punti, col
certa
relativo esordio
ed
orazione, in
tre
epilogo,con
le solite amplificazioni,
fermandosi
che gliparevano
fici
magniperiodoni,
di molto effetto,
tutto pavoneggiandosi
e
;
teva
solenne e più ci mete più prendevail tuono
le
d' enfasi
tanto
e
romorose
più erano
trava,
ricalcirisa. L' abate,vedendosi sberteggiato,
riva
dalla stizza,
tutto rosso
e più s'incollelui
e
più si rallegravano
glialtri.Io feci
legri
il volto grave,
ad uno
dei più ale domandai
il suo giudizio.
Ma l'abate l'interrompeva
dopo
certi
,
,
con
certe
non
sa
è
che
una
mosse
di
stupore:
—
Come
! Ma
lei
sta
regolarettorica ! QueMa
ipotiposi.
questo nel linguaggio
questa
è
una
293
—
un'amplificazioneE
di chi studia si chiama
sghignazzavae
come
si
era
spettacolo
nuovo
Feci d' occhio
a
fila,eh' era
Costui
serio
lui
ma
tale
a
si fece
tuoso
e
un
buono
dhon
gli dava
e
chiamavo
un
non
a
e
gli
paroledolci
buon
fece
compagno
imparò
miracoli,
quel punto che
anarchia.
a
sé
Era
una
stessa, senza
senza
disciplina
,
mossa
da
se
venuta
società abbandonata
stima
l'aria
Io usai
divenne
chiamarebbe
,
si vide tirato
scrivere naturalmente.
era
senza
lo incalzava
e
farglianimo. L'abate presenin fondo
piccinopiccino,e come
a
scuola
,
il tempo,
il ritroso abate
scolare,e
almeno
La
ruzione,
qualcheinter-
e
brav' omo,
un
era
prima
il povero abate
tentava
le mani.
tra
consolarlo
per
in
gente
coltello e strin-
un
che gli mancò
altezza,
il capo
cascò
come
non
in breve
e
Corapi li
e
cencio. Ben
un
correzione.
una
Ghermì
tenaglia.
una
fece
ne
voleva
e
Lo
suo.
prendevadelle note.
ingegno secco di stretta logicae
un
come
nel riso
risate
Francesco
stato
era
ah! ah!
dondolava, facendo
di ana,lisifine,acuto
e
—
affogarele
per
-
dal sentimento
Prou-
piccola
menti
regola-
autorità di
del dovere
,
mando
co-
da
da quelloeh' io
rispetto
reciproco,
sentimento
di
Ci
dignitàpersonale.
294
—
—
educati insieme.
eravamo
giovaniun
osservazioni
culto,sentivo
e
i loro
Io
avevo
per
quei
desiderio le loro
con
pareri studiavo
,
le loro
Godevo tanto a vedermeli intorno
impressioni.
sfatte
con
queigestivivaci , con quellefacce soddi! Essi guardavanoin me
il loro amico e
il loro coetaneo
vano
e mi
amavano
perchèsenti,
di
essere
amati. Io
avevo
i loro ideali,
e se
giovanile,
una
il loro entusiasmo
in loro c'era
parte del mio cervello, 'da loro veniva
frese'aura
di vita
a
Senza
d'ispirazione.
di loro mi sentivo nel buio,essi erano
lo sprone
vivo l'intellettoe lo riempiva
che mi teneva
di luce. ScrissineW album di una signora:
siderando
« Dedi piacere
tu piaci
a
a te
qualcuno,
stesso e ti senti felice ». Patria,libertà,
nità,
umatutti i piùalti idealiche mi brillavano in
in quest'uno:
nanzi,si compendiavano
piacere
la mia espansionela
alla scuola ; e li erano
mia felicità.
Quante volte anche oggirimemoro
feliceallora!C'è
e dico: com'ero
queigiorni,
nei giovani
sicuro istinto che li avvisa di
un
ed è vero che
tutto ciò eh' è nobile e sincero;
i migliori
del maestro sono i discepoli,
giudici
di Dio,giudice
il popolo,
come
voce
sono
pellabile
inapdi quelli
che lo governano. Il loro afme
una
e
,
295
—
fetto
cosi delicato
era
—
che
qualchesconcio,dicevano:
al Professore.
credevano
mi
indebite;ma
graziamia, turbavano
un
po'di vanità e
distinzione per
come
di favori
alcuni
:
per diritto
Il
andava
un
tanto nel
suo
,
venne
loro,
Luigi Lavista.
Professore
:
Cosi
nome.
a
non
noia
in
,
ci va;
dopo
con
pena
ap-
buona
parlòpiù di
democrazia
piena
uguali diceva Lavista
si
non
,
istituzione
una
Io
principio
magnificata.
eccoci
chia
gerar-
riconoscerla
di Eletti
grazia feci cader l'uso,e
Eletti. Ed
ufficiale,
la potevano disconoscere;
dirmi
a
nome
tutti lo stesso
anno
quella
garbo. La
a
diceva
giorno saltò
sbarazzateci;
questo
vogliamo
po' di gelosia,
un
gerarchiaa priori,
quasi
una
divino,come
quale un
protezioni
debolezza umana;
tant'è,volevano
ammettevano
non
Non
quegliEletti lì,per
c'era,non
dell'ingegno
ma
di
,
ordine,quel carattere
dicevano,non
pere
sa-
c'era un'ombra.
volete?
cosa
lo facciamo
Non
Pure
capace
avveniva
quando
,
tutti
,
eh'
era
,
1' idolo della
scuola.
Io
dimagravo a
il
talora
d'occhio;
cercando
cervello,
là,senza
star
vista
solo
uno
e
scopo chiaro
concentrato
con
e
gli occhi
mi
gava
va-
qua
e
Quello
consapevole.
nella
lontano
scuola,
da
296
—
ogni umana
di
umor
tribunale
a
far
Passava
sdrucite dal tempo
ci si
una
Tommaso
e
alla
era
viveva
ricco,ma
e
dall'incuria. Noi
io
prio.
pro-
con
Abitava
poche stanze
sua;
guardavaper il sottile;
stanza
come
dall'altra,
dall'altra: avevo
per conto
trascuratezza.
che si credeva
casa
J.,
tutto il giornoin
passava
uomo
quasicon
e
Tommaso
il più spesso
liti,
per
tezza.
conten-
ammogliare. Usavo
dell' avvocato
casa
d'uomo, che
stecco
uno
in
pezzo
partein
sua
di mala
nero,
vollero
Gli amici mi
un
la
compagnia,aveva
quegliaccessi
da
—
destia
mo-
in
una
antiche,
altri
non
distinguevo
poco
una
poco
vivanda
pel capo. Figliadi Don
Caterina,cresciuta cosi alla grossa
altro
con
po'saputella,
buona, un
un
cervellino
sottilee acuto, sullo stampo paterno.Fatta grandina,
dicevano
un
ch'era
po'bruttina.
e
Stavo
sentivo le
tutto
li
padre,perciò
suo
come
amico
un
di mammà
grandi lodi
di famiglia,
per
la
di scappar
via quando sopravveniva
e
cercavo
figlia,
il babbo, che m'empiva la testa di
chiacchiere,
parlandomidelle sue possessioni
mi lasciava più capacissim(
delle liti,
non
e
di prendermisotto il braccio,
e volermi
per forzi
,
accompagnare
d'un
processo
sino
e
a
casa,
recitarmi
per
la
farmi
sua
la storij
orazione. I(
297
—
di ciò
sentivo
Venne
accorgeva.
che m'investiva
ma
col
se
non
cause
sue
tenermi,
con-
sapeva
,
Raffaele,
fra noi Don
terzo
sempre
Poi s' aggiunseil
noia,
nelle
lui,immerso
e
ne
fiera
una
—
Allegramente!
veniva a Napolidi
suo:
babbo, che
Don Tommaso, e s' intrometteva
e conosceva
frequente,
tra' discorsi,
gli
e, faceto,impaziente,
rompeva
la
talora mi
scaricava
di Don
loro. Avevo
preso
a
parola.Cosi
trovai
e
diversivo,
un
Tommaso
dimestichezza
Caterina,senza
e talora
intenzione,
di storia greca
e
La
mamma
lo regalavo
e
dove
romana,
lei
si
disputava
istruita con
alla figlia,
d'elogio
e
grande affetto,
pur facendo
molta
tora.
dot-
una
era
le dispute
con
rompeva
la
con
un
cura
intendere
motto
e
con
che
a
unica,sarebbe spettatoun ricco patrimonio.
lei,figlia
Quando io venivo in malinconia,gliamici
dicevano scherzando
della Caterina.
carta
che
aveva
anch'
Tommaso
avvocatesca
in
una
sopra
Montesarchio,
Parlava
mi
mio
amore,
trovai
innam-
fogliodi
lista delle sue possessioni,
Ne aveva
in Atripalda,
ne
stese
finiva mai.
non
io, e
il mal
saperlo.
senza
Don
C'è il mal di cuore,
Cosi, parlandodel
finii col crederci
morato
:
come
Carlo
ne
un
aveva
gran
anche
quinto.Sovente
in Napoli.
tirava
298
—
—
il discorso sopra i suoi feudi. E
il
sotto
tirandomi
il
sotto
consegnò quella famosa
Era
sopra.
uso
deciferare tutti i
a
mi
non
tre, e via via,fino
davano
il
con
piaceredov'è
mi
non
anche
di
dai
abborre
io,e
a
leggere
dai
an-
e
vono.
muo-
salvo
dettagli,
ci metta
non
mi ci delizio
il mio
minuto,
divento
di censi,
troppo. Quella infilata di titoli,
rendite,di fìttinon
nulla. Pure
Don
non
che si
serie d'idee
una
ci ficchi
allora
cervello;
atto
e
regolamento.Leggo
un
o
La mia natura
che
due,
uno,
seccai
mai
stato
sono
istruraento
un
,
la lista dei suoi possedimenti.
punto mi
certo
un
oltre. Non
tutto
numeri
lari,
sco-
cinquantao sessanta, mi
a
capogiro:era
A
miei
dei
geroglifici
atterrii. Quei
mi
casa
ma,
impossibile;
carattere
un
so
chio
gittai1' oc-
Vi
carta.
non
di
sull'uscio
e
strepitosa,
qual causa
di abbarbagl
narrò
braccio,mi
messe
il solito,
accompagnò, secondo
Mi
e
mi
sera
carta, credendo
quellasua
naso
una
Tommaso
un
gran
magico ha
In
tagliareil
molti
ci
pivo
ca-
rimasta, che
venuto
sarei di-
flusso
quale inspirito
questa parolaproprietar
Non
proprietario.
sullo
non
feudi,e ch'io
un
provincia
naso
entrava,
m'era
cosa
una
avea
mi
anzi che
so
contadino
cedere
un
si farebbe
pezzo
di
300
—
-
alcuni
giornimi chiamò a sé, e disse :
Sentite
Don Francesco,non
vi farà
so
se
la verità è una, e
ma
piacereo vi spiacerà,
Dopo
—
,
come
uomo
di coscienza
sono
questepossessioni
ve
la debbo dire. Tutte
che talora ci vengono
c'è in questa carta,ma
liscio;
corre
che
come
figli,
qui c'è
non
niente è
un
dice il vostro
e
gna,
Spa-
in sogno. Qualcosa
niente
liquido,
semenzaio
di liti perpetue,
la fine i
vedranno
ne
ci gavazza dentro
i castellidi
come
dei
figli
Tasso. Don Tommaso
ci
s'imbrodola,
perchènato
gusto matto. Ma voi,caro
fra le
e ci ha un
liti,
col vostro Tasso e col vostro
Don Francesco,
Dante,cosa vorrete farne di tutta questa roba
? Finirete che gliavvocati si mangelitigiosa
ranno
il resto. Dunque lasciate
tutto e vorranno
-
stare
,
non
è
cosa
per voi.
Io rimasi
—
chi si
svegliada
bocca
asciutta. Lui vedendomi
un
disse,restituendomi la
bel sogno
carta
:
—
e
come
si trova
a
cosi sospeso,
Se
poi amate
1' è un altro affare; ma
non
quellacreatura
dice di
c'entro più io. Però,se il vostro cuore
sola,che in compagniadi
si,megliopigliarla
,
tutte
questeliti. Mi strinsela mano
—
con
un
pienodi bonomia,e mi congedò.
Me ne andai solo e correndo,
com' era
riso
sor-
mio
301
—
uso,
—
e
nel
lato c'era la lezione che
cercava
pure il suo
posto.
grande sforzo,che dovevo parlaredel
epico,e già mi frullavano alcune idee
il
le fila,
ma
mattino. Tentai ripigliare
un
poema
fin dal
Don Tommaso
matrimonio, le possessioni,
guastavano, e per quel di caddi
e
imbroglioch'era
maledetto
Capitò all'ulspirito.
nel mio
Tommaso
tim'ora Don
fui
sera
fiatai della
non
e
le
tasmi,
ai fan-
preda
leggeva il
sulla faccia si
ma
;
in
me
conclusi nulla di nulla. La
non
dalla Caterina per abito preso,
cosa
la
e dall'altro
cervello,
Caterina m'incalzavano
Feci
Tommaso
Don
la testa in tumulto.
con
al solito volle accompagnarmi.
e
notò la
sguardo della mamma
mio addio alla Caterina,e disse:
L'acuto
del
freddezza
Qualcosa qui c'è sotto;non
—
Niente
—
a
nelle
sue
suo
braccio
la vostra
e
dissi
carta.
spesso
dicendo
solita
sua
:
—
co'
addato di
s' era
non
liti,
—
:
Tommaso
Don
—
la
ma
litania;
Don
—
Aveva
le bracco
mi
gomiti,e
Eh ! eh !
Tommaso,
die
un
semenzaio
di liti.
—
a
più
ciava
comin-
sciolsidal
questa è
cava
lunghe,giogomitata,
una
ti pare ?
cosa
e
assorto
nulla,e
io mi
diss'io,facendo animo, che dentro
ó
dere,
inten-
a
niente,diss' io,piùconfuso
quelleparole.
rosso
la dai
me
—
Mi
pare,
questa carta
Semenzaio
! disse lui
302
—
che
—
capiva la parola
non
vuoi
cosa
,
dire ?
—
mine
Vogliodire che delle vostre litivedranno il teri figli
dei figli Andate a fare con
un
di scuola! disse lui con dispetto.
maestro
La lite
è cosa
ottima,perchè guadagnando hai il cento
E qui s' incaloriva,
le
contava
e
per cento.
—
—
sue
e
Andai
si
vinte, e
cause
prometteva grandi guadagni
vicina conclusione.
pezzo in
un
ancora
si dicesse che per
lasciava;
ma,
brusco
e
Lui
ne
s'inalberò
e
Tommaso
usci in
e tutto
pettegolezzo
ma
che m'
era
al di
era
fuori^e
dirla
del matrimonio.
fui
col
ingiusto
per
ti trascina;
me
con
frase
somi
mes-
restava
moderna,
veggo
Tommaso, eh' era
buona fede,tagliato
cosi
perfetta
non
psicologico
il momento
Don
verme
l'anima
Ripensandociora,
povero
un
bene alla Caterina,
un
velleità,
dagli amici;
giuntoancora
mamma
monio
distratti. Il matri-
nel cervello
per
Napoli.
innanzi tanti belli ideali,
una
me
per
a
parso
; nacque
che
quell'amore
vagantie
erano
era
la
famiglia;
in
parolegrosse
avevo
poiin quell'età
gli occhi
dicono
fini. Io volevo
di
era
non
levo
vo-
di quattrini
la
quistione
qualchemotto
e
non
sapendodissimulare,
guardavo
non
storto Don
fece
risposipiù.
non
quellacasa,
come
imbroglione,
'paglietta
un
e
Io
che
in
da natura, che
303
—
sazio
viveva
illusione
rubicondo
e
sé
a
Trecentisti
e
quei luoghi che
dover
dare
nel
secoli
non
fare
solleticavano
più
studio
ardore
parevano
gioventù si
la
e
letteratura.
sulla moderna
soliti a
che
leggersi e
,
gli scrittori politicie
sopra
comici
novellieri.
e
Avendo
profittevoli.
sulla lirica
con
un'
Io
a
davo
il mio
studio animato
andando
satirici,
speciedell'Ariosto,
il
suo
del Gozzi
e
mente.
lettura nuova,
Una
sera
discorsi del
Io
poicercavo
che fosse
so
cor-
alla
dei
su
stri
no-
fino
alle Satire dell'Alfieri:
molti
Misogallofu divorato,
a
cerche
ri-
e
appendiceintorno
satira italiana,
segui uno
ai Sermoni
questi
letture
terminato
uno
altro
un
,
ma
davano
ricerche interessanti. Cosi ci fu
a
letterari,
perchèoccasione
temi
mi
qualche vecchio autore,
ancora
su' nostri
pre
sem-
effetto;
pure quei
,
quellipoco
occasione
più
genio e
Cercavamo
penetrata.
era
con
e scegliessi
Cinquecentisti,
accuratezza
gittavacon
faceva
letture entrassero
nelle mie
Quantunque
e
già glieffettidella
sentiva
atmosfera letteraria che vi
nuova
di
le liti
,
tra
agli altri.
e
la scuola
Intanto
—
un
brani si
sempre
pevano
sa-
qualche
solleticoalla curiosità.
lessi la lettera che sta innanzi ai
la qualeaveva
Machiavelli,
pienome
304
—
e
di cui
bel
un
nessuno
la moda
intorno ai
inteso
aveva
dai metodi
meccanici
sul
prima
; lasciavo molto
giovani,e
gran
letture
con
dai
e
sul
e
lega, ed
in
svegliare
essi
e
autori
erano
pur
si
lui
tutti
erano
non
lasciava
prefisso,
di
1' Ossian
Romane
il Bettinelli
non
l'iniziativa,
,
ammetteva
le Notti
non
mi
poi non
ancorché
il Marchese
ci fosse l'ordine da
Non
sistemi,
dei
spontaneità
alla
la fede nel loro criterio. Gli autori
di buona
con
e
letture di scuola facevo di
nelle mie
salti.Volevo
mie
i loro effettinei lavori. Io
quelleregolefisse
andavano
:
ste
QuePrinci'pe.
al
Discordi,intorno
minciò
Coparlare.
si disputava
a
del Machiavelli
lezioni,avevano
abborriva
di sotterra,
scavato
gioiello
letture coordinate
mie
reva
Pa-
destò in loro entusiasmo.
d'ammirazione,e
come
—
o
il Baretti
scomunicati
leggevano,ma
ridire sopra altri autori
e
,
che
,
segreto, come
è che
meno
JacoipoOrtis
V Algarotti
:
o
infrancesati
in gran
Non
fa dei libri proibiti.
e
Cesarotti,
il
non
e
rere.
cor-
non
trovasse
si
a
in ciascuno
sospetti,
fine,
inma
qualinotava qualchetaccherella;
leggereAlfieri o Foscolo o Manzoni non era
poiun affare di Stato. Meglio accetti erano Parini
e Gozzi. Un
giornogiunsela sua tolleranza sino
dei
305
—
a
far
Ma
leggereilManzoni. E fin qui andava bene.
visto che la gioventùcorreva
dietro alle
novelle del Grossi
odore
un
toga
—
di
e
Bestini,
romanticismo,si
sentiva
dove
strinse nella
sua
intollerantenel
divenne
Cesare,e
come
del
suo
classicismo.
Allora,vietata
la
nali
comparivanoi giorpolitica,
letterari. Oltre
sorti il Poliorama
lo
Omnibus,
1' Omnibus
sfogofurono
villanie
erano
e venivano
'pittoresco,
le Strenne. Uno
in voga
e
e
l'antico
sfogoci voleva,
polemiche,che
e
si
vero
gittavanoal viso,segno di ozio bilioso. Piovracconti,
novelle,romanzi tra il fantastico
e
il
e
in
puerilità
sentimentale,
sciarade,
volgarità
logogrifi,
nuovo
Non
il nuovo
e
diceva:
era
era
il
consentiva
Cosa
era
romantico,e
e
sua
si
sorgesse
tanea,
spon-
di un
inintelligente
molti anni
di cui
indietro,
bile contro
lettura di
il
romantica.
dalla Lombardia.
rumore
sfogavala
non
Si voleva
verso.
il genere
un'eco confusa
letterario sorto
ci veniva
in
coltura che
nuova
una
e
romantico,novella
racconto
era
moto
prosa
quei fogli,e
a'
giornali
romanticismo
Il Marchese
non
suoi
vani.
gio-
si sapeva
cosi per
strile i letterati piazzaiuoli
l'appunto,
lazzavano che bisognascrivere come
detnatura
D«
Sanetis.
20
306
—
ta
da
mettere
,
questa frase
al
parte le regole,
comune
saliva in
aveva
un
covriva
smo.
romantici-
per
moda,
la
leggenda
de'
romanticismo
rendeva
Il Marchese
mercato.
e
si
cosi
le ali
favorito,classico significava
dante.
pe-
genere
E
ricordo
mi
e
regoletarpano
intendevano
Il medio-evo
un
Le
:
genio. Questo
era
-
pan
per
buon
a
focaccia,
più curiosi epiteti
questilettera-
tucoli. Tuffato ne' miei
francesi,
giornali
politici
subito
me
ne
venne
e
poco leggevoquei fogli,
niente ; quel
il disgusto.
Quel non
approfondire
saltellare di palo in frasca,
con
mirativi
quei punti amrano
con
e
quei puntini,ne' qualinon c'ealtri sottintesi che la vacuità del cervello;
quellesituazioni
falso
dei
e
e
violente ; tutto
Il Marchese
non
facevo
vietava
reva
pa-
la lettura
ma
divieti,
non
il mio
nella
comodo,
del genio, era
onnipotenza
che
molte
incendiava
paglia di studenti,accensibili come
La scuola tenne
un
inquietudine,
tarono
mi
Quella predicacontro
disgusto.
regole,quel mettere da banda gli studi,
confidare
sistema
strano.
io
giornali;
dissimulavo
le
e
tese
fermo;pure
desiderio di
di Aladame
de
non
so
nuove.
cose
di
zolfino.
un
c'era
sulla letteratura francese
teste
un
sentivo
quale
Si
git-
disputare
Stael,di Chateaubriand,di
:
308
—
di sentimenti.
e
di scrivere
E
-
è
questo
umano,
guardare più
scuola
vita
del
e
addentro.
cuore
nella
Ma
il ticchio di mostrare
sorto
era
cizio
eser-
,
esperienzadella
mia
come
giovanipoco provetti ai
per
quali manca
per
bene,
venivan
e
nell'invenzione,
ginalit
ori-
fuori certe
situazioni esagerate.
Il
Magliani
scrittola
aveva
uno
stile
che
il Marchese
e
castigato
in
gli die
novella
sua
con
di
lingua assai forbita,
lode. La
situazione
era
po'tesa; ma
casto e misurato dello
l'ingegno
scrittore avea
tuzzare
gli angoli rinsaputo togliere
le punte, rammorbidirla
e
con
regolarla
un
,
misura.
e
peso
in forma
—
Pare
una
situazione romantica
classica, scappò uno
—
si fece verde.
Ma
—
a
dire. Il Marchese
questa è roba di Lord
Byron, riflettèun altro.Il Marchese non ci vide
più. Lord Byron! E voi leggeteLord Byron?
Lord Byron?
E voi signor Magliani,copiate
rimase
e
muto; io
Magliani si fece un 'pizzico,
di solito,
volendo col
dissi nulla,come
non
non
—
—
—
contrasto
venne
con
e
me,
e
e
con
com'era
provocare
scoppiòsul
la
tempesta. Ma
capo
la tempesta
di tutti. Se
la prese
Lord
coi romantici
giornali,
la bonaccia,
venne
di
disse
con
la scuola, coi
Byron. Poi
bonissime
viscere,ci
parole
309
—
dolci
paterne. Lo
e
che s'era
e
il
lepidoeh'
la
era
sua
frizzava i
riso,ma
di
osservazioni
imbarbarivano
la
recarglioffesa. Gli
il gusto
di
il
e
mente.
è
quelloche oggi
che
era
il
tima
l'ul-
tuto
combat-
aveva
rode
come
gallicismo;
un
bolle di sapone,
si direbbe
Ripeteva in
correre
peggio,perchè se quello
lingua,questo
Chiamava
nali
giorNon
cuore.
Il romanticismo
degli studi. Egli
il romanticismo
nivano
ve-
stampa, eh' egli
eh' è
quellapeste di oltralpe,
vizia la
moni
pol-
da'forti
lasciasse
certa
una
letamaio.
che i
lingua,sviavano
il governo
concepiva come
tanti vituperi
su
ma
i
quei lineamenti
Diceva
piccanti.
studi,corrompevano
rovina
giornalisti,
glidilatava
la vista di
temevamo
contratti,
un
,
grazia.Quella
una
che
casa
Avremmo
l'immaginazione.
ci teneva
chiamava
era
musa,
gli moveva
e
a
accompagnammo
già rabbonito,e
faceva
collera
—
fuochi fatui
eccentricità
caricatura
tarlo la
e
la famosa
rescenza.
fosfose,
fra-
bisogna tarpar le ali al genio. E
quanti genii,gridava,ci sono
oggi piovutidi
cielo ! Scribacchiatori pullulati
vermi
dalle
come
non
cloache
,
degna
loro
stanza.
Ciò
che
più gli
spiacevane' romantici,era la dismisura negli
ne' caratteri,
nella favola.
affetti,
nell'intrigo,
310
—
Perciò
ne
lodava
la
voleva
—
al Verri
ed al
Guerrazzi,e
del Manzoni, che
semplicità
di umile
Lucia, avea
condizione,com'
saputo
voleva
semplicità
Monaca
la
sone
per-
Renzo
erano
e
effetti.Nella
potenti
cavare
il
da
rilievo^ e perciòmotteggiava
Monza
di
del Resini
le
e
Guerre
civilidel Davila
mi
riverenza parlando.
con
piscia,
molto il Ranieri,ma
che
notava
so
non
pare
Lodava
che
—
al Leopardi,
e
prefazione
sua
certe
leggendee
terso
ma
stile,
una
letteraria,
in pura
Isolina di Roberto
che
ma
ma
lingua e
e
diceva
Savarese,ch'era
e' era
in
graziapresso lui,
avevano
dell' argomento;
la natura
,
Orfana della
grande impressione,
Comparivano
coraggiosa.
novelle
non
non
nell'
un' opera
come
un'azione
come
bene
fatta
avea
solo
non
per
violenta
situazione
Nunziata, che
ancora
Quel loro scrivere
—
una
concetti nella
so
:
non
so
della
scritta
che
puzzo
della Ildegondae
romanticismo,qualcosa
sai
as-
di
simili
piagnistei.
il Marchese
Pure
sua.
più colti e
di
il
Attorno
poteva andar
a
contento
lui stavano
stimati uomini
l'opera
del-
riverenti i
della città : il
chese
mar-
Montrone, i fratelliBaldacchini,i Cappelli,
Campagna,
1' Imbriani, il
Poerio, la
311
—
Vincenzi,i Bavarese, il Gaspar-
De
Guacci, il
—
rini,lo Scacchi, il Cassola
mi
non
letterati di
Molti
la penna.
sotto
vengono
altri,che
ed
partid'Italia gli facevano plauso.La sua
minari
radici fino nei sebuone
scuola avea
già messo
altre
Cava
dove
il Marchese
nelle
più lontane
ad
mano
libri di testo
molte
scuole
Rodino, e
sua
a
l'altra
domestico,che
Mirabelli. Tutti
della
in
a
Fiorivano
parecchi
fama
dimestichezza
molta
catore
in lui l'edu-
onoravano
gioventù.
Mi ricordo il grande scalpore
che
gli venne
venne
Vito Fornari,
Luigi Settembrini,
lui,come
Antonio
sto
po-
quelladi
immagine, come
ch'era la sua
di Fabricatore,
E
prediletta.
già venivano
entrati in
giovani valorosi,
con
avea
gli studiosi.
subito in favore presso
e
sparsi
erano
scuole. Ultimamente
dizionario
un
spesso invitato
era
,
I suoi
festeggiato.
di
ricordo il seminario
Mi
più ritrosi.
mano
un
opuscolodi
fece,quando
Luca
suo
tello,
fra-
paroledi un
damente:
e letto avicredente,un libro di molto strepito
chiamava
del fratello un basso
l'opera
di cortigianeria
atto
il governo.
Da lui
verso
in confutazione
non
venne
mai
poteva dunque
niente
esser
delle Ultime
di
basso
contento.
e
Ma
di
servile;
in
quella
312
—
aria
nuova
si sentiva
~
affogare
,
del
suo
meglio.Se
Cesare
la
vi si dibatteva
e
prendevacon
certuni
Domenico
Malpica e
Anselmi, e
lui e la
con
parecchialtri che beffeggiavano
miserie non
scuola;e queste erano
degne della
come
collera.
sua
VENTESIMOTTAVO
CAPITOLO
IL
storia di bassi
Questa
sino
a
NARRATIVO
GENERE
messi
in
da
e
di
giungeva
non
di novità
lungo tempo
atmosfera
nuova
una
serietà d'intenti
con
e' era
noi. Quello che
attirava,perchè già
fondi
studi,e
ci
non
ci
vamo
era-
letteraria,
ci parevano
ridicoli i
vedendo in loro
non
novatori,
pretesi
che ignoranzae superficialità.
L' inverecondia
delle polemiche ci moveva
e disgusto.
disprezzo
La
persona
di Basilio Puoti c'era
veneranda, appunto
cui
era
La
per
divenuta
le basse contumelie
più
di
fatto segno.
conclusione
fu che ci demmo
agli studi,cercando
nuovi
allora si
con
con
dore
piùar-
bri
avidità tutti i li-
di cui
problemiletterari,
che
parlavamolto più con presunzione
intorno
ai
313
—
competenza. Questi libri circolavano nella
con
scuola ;
i miei
e
se
li prestavano
li prestavo
sotto
narrativo,
la
la
lo stesso
in sé
romanzo
e
nelle
di
a
dire la situazione
stile,ecc.
epico nelle
poema
speciedi quadro
dalla
famigliaal
Cosi
Prima
l'esame
era
del
condizioni di tempo
sue
le
forme,cioè
lo
l'ordine,i caratteri,
e
concetto
un
adeguato del
feci
vicissitudini,
sue
storico
ai
una
andando
dell'umanità,
dal
comune,
dalla nazione
ria
sto-
nuavo
storico. Conti-
romanzo
cui si derivavano
dare
Per
epico
novella,la
la
e
metodo.
e
luogo,da
al genere
fu intorno
corso
biografia,il
contenuto
attingevo.
ove
il qualecompresiil poema
leggenda,il
e
le fonti
mai
tacevo
non
io
disputavano;
ne
,
pre,
e ne
volentieri,
parlavosem-
Quest'anno il mio
e
—
alla
comune
zione,
na-
di civiltà.
grandi centri
sto,
Dante, ArioVirgilio,
Tasso, Milton, Klopstock.Toccai del Ca-
classificaiOmero,
moens,
tipo di poeta
come
Precedettero
alcune
1° Derivando
poema
altri ,
può
perchè ciascuno
perciò forme
2* In
considerazioni
le forme
essere
nazionale.
generali.
dal contenuto, nessun
tipoe
modello
di tutti gli
ha
un
contenuto
ci
sono
tipi,ma
suo,
e
sue.
poesianon
indivi-
314
-
dui
,
I
e
data
individuo
nessun
tipisono
—
astrazioni
somigliaa
della critica. Il
qualitàaccentuata, com'è
reale. Il poeta
individui. Il
deve
non
tipicoè
carattere
tipoè
una
nella vita
anche
innanzi
avere
altro.
un
ma
tipi,
insito nella persona
del poeta.
consapevolezza
Dire che Achille è il tipodella forza e del coraggio,
che Tersite è il tipo della debolezza
e
è inesatto,potendoquee della vigliaccheria,
ste
infinite espressioni
qualitàavere
vidui.
negl'indi-
poetica
senza
,
Achille è
Achille,e Tersite
appunto per questo
le
,
come
a
invenzioni
i modelli
la vita umana,
pateticiche
rettoriche,non
la natura
utili ai
1' homo
pittori.
sum,
esiste in
di sé bella mostra
che
astrazioni:
non
incorporati,
frammenti
,
tipo,è
sono
damento
fon-
di tutta
e
sono
di anatomia
senza
1' umano,
fanno
dov'erano
e
sono
che
esiste in arte. Gli elementi
non
e
il
modo
perciòimmutabile
reale e artistica,
non
assoluto
come
tiche
poe-
giovare ai poeti,non
copiare,ma come
ispirazione
3° Parimente
vivo
compiute persone
a quel
simili,
e
ispirai poeti,
e
Tersite,e
quali possono
esemplarida
natura
sono
è
etici
nelle
tolti dal
che
pezzi
cadaverici. L' uomo,
insito in ciascuna
tica,
persona poe-
coscienza dell'artista.
316
—
bestemmie
a
tra
fuochi,
i classici e
io mi
molti; e
i
che si decoravano
alcuna
allora si
trovavo
due
tra
meno
romantici,o quellial-
questo
con
serietà di studi.
Anche
—
nome
L'imposturaè
empivano
senza
cosa
la bocca
chia.
vec-
di
tori
au-
si aprivafacile mere
cato
leggicchiati,
zionari
scienza raccolta negl'indici e ne' di-
neppur
di
A
quel tempo
dogmi,
le
nelle
qualiio
più dozzinali
ai
Pochi
e
primi anni
anni
certe
correvano
più tardi
stesso
scio
cresciuto. La-
era
che
pedantesche,
de' miei
del
si
nettono
con-
studi scolastici.
pieno
ero
nella scuola
apprese
tenute
opinioni
di molte
Puoti,e
nioni
opi-
ancora
poetichedal Cinquecento
in poi.Il Discorso del Tasso sul poema
epico
era
un
oracolo, mi piacevaanche la
per me
Perfetta"poesia del Muratori
leggevo le opere
del Castelvetro,
e mi stillavo il cervello in quelle
Pure ressi alla fatica,
e
v'imparai
sottigliezze.
molti fatti peregrini,grammaticali e poetici.
mi parve
La Ragion Poetica del Gravina
un
più
nelle rettoriche
e
,
avvenimento
,
e
per
novità
per chiarezza
quasiuna
di
e
finezza di
mi dava
che
esposizione,
illusione di posatezza e
Il Marchese
zioni
osserva-
lo ammirava
tifica.
scien-
coerenza
molto
,
e
final-
317
—
trasfuse in
mente
Poi mi
ammirazione.
sua
polemichesull'unità di tempo
avidità i giudizidi Pietro
di luogo,e lessi con
il cui fare libero e spregiudiMetastasi 0
cato
vennero
e
la
me
—
le
mano
a
,
mi
studiavo
piaceva; ma
impressioneal Marchese, al quale MeAnche
celatamente
vorai
diera
antipatico.
mia
tastasio
del
le opere
dell'Algarotti,
del
Bettinelli,
Cesarotti
del
Baretti
,
del
Marchese,
che
in
fino
letture
mia
Vincenzo
a
in
dell'esame.
mie
fissarmi
me,
e
impressioni
del
sottigliezze
falso
,
e
nella
naturale
altro la mia
non
da
nella
guazzabuglio
l'età benefica
Il progresso
il
gustose. Queste
furono
opinionie pregiudizi
me
più che
il pensare
riuscirono
polemiche
cui
cancellati.
non
Cominciò
Monti, le
prodottoun
Molte
mente.
e
mi
avevano
scossi,ma
rio
contra-
possibile
leggeresino alla fine
il Perticari,
cosi cari al Marchese.
la Crusca
con
qualisentivo piiipiacere
fu
mi
Napione e
Tirai
ne'
ma
al dir
scrittori barbari
,
Al
que' faticosi Cinquecentisti.
non
il
di occultare questa
del mio
parte le
Sentivo
giudizi.
gravità del
il lambiccato
Gravina
ditazione,
me-
e
scrittore,
in gran
Castelvetro
e
rito,
spi-
abitudine alla
in alcuno
mutarono
i miei
del dubbio
nelle
e
il'
il presun-
318
—
tuoso
il
—
pedantesco.Nelle
e
spigliate
scorrette del Metastasio,
del Bettinelli,
del Monti
sentivo leggerezza
odore
e superficialità,
con
un
e
opere
talvolta di ciarlataneria. Quando
critiche del Galilei sulla
le
scuola,mi capitarono
Gerusalemme
Liberata.
più
che
in
Alcune
in altre trovai
ma
l'eccellenzadell'Ariosto sopra
e
il Tasso.
e sopra
imitatori,
leggevol'Ariosto
stranezza, e
sua
e
e capii
scrittore,
i suoi
Fino
superioresAV Amadigi
lo ponessero
perchè molti
delizia dei miei
dal
memoria
e
brani
Galilei
un
scrivere
Questo
o
aìV Orlando
ugual piacere,
al
modello
primo
all'ultimo
dell' Orlando
rimanevano
concetto
più sano
sapevo
la Gerusalemm
verso
Furioso
Tasso,
di perfezione
miei? Basti dire che
appena
cuni
al-
al
Debbo
impressi.
dello
e più preciso
poetico.
era
lo stato
alle
principio
aggirava il rumore
diedi
si
mi
pra,
pensatoso-
innanzi
primi anni, e
agli occhi
a
precursori
a
mai
avevo
innamorato, eh' io leggevo con
e
senso
domandavo, maravigliato,in
talora mi
che fosse
ci
non
buon
racchia
sti-
queltempo
nella
poeta piacevole
un
come
mi parvero
garbo e
altro nostro
nessun
cominciò la mia
mie
del mio
quando
spirito,
lezioni. Intorno
delle vecchie
a
me
opinioni.
319
—
—
d'azione,di tempo
L'unità
assioma; V Iliade
e
di
il modello
era
luogo era
un
di
immutabile
dalle
C'erano regolefisse,
poemi possibili.
tutti i
quali non
lecito scostarsi. Sotto
era
di
nome
correvano
principii
a tutti
applicabili
generalità
i
ricette.
casi, come
non
era
non
si
e
fosse
poco
l'Orlando
poema
Furioso
,
contro
alle
una
regole;
pretendevache la Divina Commedia
si leggevano
serie di episodi,
e
non
alcuni di essi , stimati
che
meno
un
più
barbaro.
barbaro,e Lopez
Rousseau
e
Voltaire
Ignotiquasi una
secolo decimottavo
si
pure
nep-
sotto qual genere
raccapezzarsi
C'era la gran lite degliepisodi,
allogate.
belli. Dante
Poco
si
studiava,molte
de
per
nomi
erano
leggevano
un
ciarlone.
scomunicati.
parte degli scrittori dal
gran
in
Vega
poi.Poco
erano
si leggeva,
meno
le chiacchiere.
ignoranzadegliscrittori
eccessive al merito
La
stranieri dava
tutti i tragici,
a
e Goldoni
a
superiore
i comici,e la Basvilliana veniva comparata
Commedia:
non
dall'eccellente.
stra
no-
porzioni
pro-
Alfieri
degl'Italiani.
era
Divina
era
addirittura
gli stranieri;
Shakespeare passava
per
dia
Comme-
Divina
sapevano
andassero
che
un
La
poesie divine si,ma
:
e
certe
si
il
distingueva
tutti
alla
diocre
me-
320
—
Queste
e
si
tendenze
—
erano
nei miei
pure
scolari,
può comprendereil perchè di quellamia
che oltrepassava
nei suoi intenti
introduzione,
il poema
epico,e abbracciava tutta 1' arte. A
tale generalità
di regolee di modelli
io sostituiva
la particolarità
di un
minato
detercontenuto
,
dalle condizioni
del poeta. Ciascun
la
è
come
la
nel
e
la
delle
azioni. Facevo
sue
dalle
ogni altro,e
forze
sue
raggiunge
la
o
leggie
una
forma
la materia
poetico
suoi pensieri
del
notare
dalle condizioni
vitale ; cosi il
cioè
o
prende una
forma, diviene
in cui
la natura, è
un
data
un
eglivive,si specializza,
situazione,
acquistala
sua
organismo.La poesia,come
lavoro
diffusione insieme,
dove
1' argomento
dalle forze del poeta e dalle
determinato
esterne
pari
poetichee
minata
materia, deter-
,
condizioni
nuto
conte-
le formazioni
le formazioni naturali. Come
contenuto
nismo
quell'orga-
regola.Il
sua
dissimile da
grande analogiatra
,
in
zione,
situa-
sua
organismo il segreto de'
suo
esterne
la
individuo,il quale, appunto
un
perchè individuo,è
ha
ha
organica,e
bisogna cercar
dalle facoltà
e
contenuto
forma
sua
esterne
e
di concentrazione
lo paragonavo
la concentrazione
a
nel centro
un
e
di
colo,
cir-
produce
—
la diffusione ne'
che
concentrata
Io
con
come
La
me.
calore in
con
braccia,
avessi
se
s'io fossi un
cento,
energia d'ac-
avversario
un
luce
pianeti.
queste lezioni,
una
gioventùmi seguivacon
come
al sole
,
anche
si diffonde nei
di
moto
un
—
raggi, e
molto
metteva
321
dinanzi
a
giosa,
attenzione reli-
di culti nuovi.
predicatore
ch'io
Certo,in quellaestetica improvvisata,
andava
tino
predicandoda tre anni, c'era un tandi
esagerazione.
Invaghitodella
di ciascun
alle
speciee
alle
trasti. Ma
si
a'
generi
al
comune
,
da
fu buona.
I
far getto delle vuote
giovani
lità,
genera-
parte regolee modelli,a
inviscerandosi
gli scrittori,
diare
stu-
in essi. C'era
presunzionee .piùstudio.
meno
Quelle generalitànon
antica
i
classica.
o
e
ne'
Si
tipi.
il
il valore
e
la
certi
tori,
nova-
segreto dell'arte nei
sul
Vico,che
i
e
giudicavano
tipi,
delle opere poetiche,
secondo la verità
delle loro idee,e l'eccellenza
grandezza.
de' loro
S"netiB.
facevano
fondavano
nell'arte le idee
cercava
solo nella scuola
erano
Peggio
qualicercavano
concetti
D«
all' universale,
e
alle somiglianze,
a'conrelazioni,
a
metter
a
contenuto, davo poca importanza
la conseguenza
avvezzarono
lità
individua-
e
trascurando
tipi,
in tutto la forma
21
322
—
e
Perchè
l'espressione.
—
s'era abusato delle
cancellavano,e riducevano
essi le
concetti
Questo
tipigenerici.
e
questile
poesia le
sottraevano
anche
potevo
quelliguardavano
se
più grossolane,
parte viva,si che
calore
nulla
a
dir questo
che valesse
dello
i
di
dire
e
famiglia,
che
pareva
a
formato
Quel mio
quadro
in sé
il contenuto
la
del
il contenuto
Vico, e
ne
poemi
vandolo
deri-
,
situato
era
astratto
;
ora
e
dava
io considerava
zai
poetiche.Analiz-
pre-omerico,secondo
dedussi
mi
poeta.
vita nelle forme
sua
E
storico dell' umanità
o
agli
i due
contenuto.
cosi com'
nella mente
e
bilico tra
in
studiare 1' organismo de'
dal contenuto
i retori
tra
agli uni
del mio
estremi,coi miracoli
messi
trovavo
di tenermi
cor
an-
guato
giudizioade-
un
il viso
mostravo
e
filosofi,
si dicesse
non
darci
a
scrittore. Mi
altri,studiando
di
gerazioni.
esa-
queste rappresentanze fossero generalità
astratte,e che
e
battevo
com-
queste
che Achille rappresenta la forza. Mi
tutte
io
pazienzasentir
con
V Iliade rappresenta lo stato
che
una
me
filosofiche. Ora
maggior
con
Non
la
tutta
in astrazioni
ella Vania
forme
poesiaa
a
pareva
esagerazionepeggiore,perchè
nella
la
forme,
che Omero
era
le
orme
la mente
324
—
procedimentocontrario
tenere
un
Vico.
Vico
e
-
le idee
,
tirava
dal vivo
perchè costruiva
noi dovevamo
storia;
della
una
a
quellodel
poesia i tipi
scienza
della
ritufFare nella forma
quei
l'
tipie quelleidee,per avere l'intendimento dell'arte quelli
che
arte. Perciò polverizzavano
la riducevano a concetti puri,fraintendendo il
Vico. Mostrai che Achille non
era
un
tipogenerico
ed esemplare,ma
un
tipoindividualisgli Dei e
simo, prodottoda que'tempi, come
atmosfera,
gli eroi,foggiatodal poeta in quell'
della quale viveva eglimedesimo; perciònon
ad imitarsi in altri tempi e da altri
possibile
sciplinat
indipoeti.Raffrontai quellaforza barbara
co' sensi umani
e appassionata
e
che
anla scuola,
delicati di Ettore, e commossi
velano
leggendoil famoso addio di Ettore,dove si riil marito, il padre e il patriota.
del terzo
libro e
Di Virgiliolessi il sogno
,
il fatto d' Eurialo
a
e
Niso, tirandone argomento
varie osservazioni di
come
Feci
il
più grande
r architettura
mostrando
stile,
giudicandoio
stilistadell'antichità.
della Divina
Commedia
,
quanta serietà di disegnoera
viaggio, base
in
quel
quale si ergeva 1' edificio
mondo
e più particolarmente
sulla
della storia del
gilio
Vir-
,
325
—
italiana
sino alla fine
decadenza
del
nell'Inferno
fiorentina. Notai
e
legge di
—
alla dissoluzione
delle
il
immaginazione,superstite
della
nel
mino
cam-
legge di progresso sino
forme, e alla conoscenza
una
poema
e
,
una
sentimento.
preparaila via, combattendo i metodi de'
più celebri comentatori,che andavano a caccia
Mi
di
Notai
e di fini personali.
frasi,di allegorie
«he la grandezzadi quellapoesiaè in ciò che
si vede
in ciò
non
,
che
occulto. Lessi
sta
Francesca,il Farinata,l'Ugolino,il
Vigne
e
il Bordello
altri brani
che
sulla
apostrofedi
V
,
,
facendovi
interessanti,
dimenticai
non
più,e
Pier delle
San
sopra
furono
qualelavorai parecchimiei Saggi
Posso dire che la mia
usci tutto di
Francesca
Pietro
vazioni
osser-
la base
critici.
da Rimini
mi
e fu Feco
gettoin due giorni,
gè-
un
niale di queste reminiscenze
aggiungere che
sulla Divina
la
tile
scolastiche. E inu-
queste lezioni novissime
Commedia
destarono
vivo
siasmo.
entu-
,
I sunti fatti da' miei
ne
rendono
dice
una
Dante,
furono
Originali
come
lando
Furioso.
contenuto
stimi,
rimae
discepoli
e
immagine pallidissima,
fioca al concetto.
le mie
pure
Analizzando
cavalleresco
,
ne
le
lezioni sull'Or-
qualitàdi quel
dedussi
che
quello
326
—
che
la turba
regola-Tirai
e
la
disordine
chiamava
chiamava
la turba
quelloche
da
di
forma
—
quel
ordine,e
era
era
irregolarità,
la situazione
contenuto
quellavasta
varietà
e
,
posta
trovavo
regolarequellapluquellasituazione,
ralità
di azioni,
che a' più sembrava
un
peccato
mortale.
Confutai
le
nel
Discorso
sul
suo
lo scrittore
un
gran
argomentazionidel
epico
'poema
poeta
e
Questo mi tirò addosso
chiamai
e
,
Tasso
mediocre
un
tico.
cri-
fano
tempesta. Ste-
una
Giambattista
Ajello soprattutto
nico,
iroe
Stanislao Gatti,dal piglioimpertinente
una
ne
me
vollero,
quasi avessi profferita
Non
bestemmia.
potevo patire che il Tasso
Cusani
chiamasse
,
,
1' Orlando
e
principio
Fwioso
fine,e
senza
che lo condusse
un
distinguo ammettendo
un
critico valoroso
senza
poema
ci sentivo
quellapedanteri
alla Gerusalemme
controversia
La
un
s' infuocò
e
,
io che
quistata
Confini con
il Tasso
,
secondo
era
que'tempi.
vano
quellavarietà ariostesca mostrai che aveil licenzioso ed il ridicolo
là lor parte legittima
tuazio
sidato sempre
e quella
quel contenuto
Notai che quel suo cotal riso a fior di
beffe del suo argomento,
labbra,quasivolesse prendersi
In
era
una
ironia spontanea e inconsciente
327
—
di
si rivelò
tempi adulti,che
varietà de' suoi
fantasie
delle
e
flessa
ri-
chiarezza
con
Chisciotte.Notai
nel Don
sue
—
infine l'inesauribile
delle
la limpidezza
colori,
forme,la
sue
forza fresca
e
allegradella produzione.Lessi la famosa scena
gi,
in Paril'entrata di Rodomonte
della Discordia,
di Zerbino, la pazziadi Orlando,
la morte
l'andata di Astolfo alla
Biserta,Olimpiae Direno, Cloridano
la morte
di Rodomonte.
e
letture io
In queste
ero
dello stile e
più delicati particolari
lingua,e dicevano ch'era un altro,perchè
della
dalle
che
pareva
nelle
sentivo
dessi
scenpiù alte contemplazioni
più umili
verità è ch'io mi
sfere. La
in contatto
il maestro, sempre
sempre
co'
m'
d'
cose
in quelleletture
e
discepoli,
accostarmi
più a loro, di dir
luogo nelle
trovato
Esaminando
del Cristianesimo
ancora
non
Gerusalemme,
Allora
non
scevo
cono-
i fanatici panegirici,
mescolati
da
me.
di
con
Guglielmo Schlegel,
Notai
il carattere
cattolico
universale,
che
che
dell'influenza
questione
sull' arte.
dottrinarie
sottigliezze
m'aiutavo
ingegnavo
lezioni.
nella
il contenuto
m'incontrai nella grossa
e
Medoro,
ne'
minuto
avevano
di
luna,il combattimento
della
le nazioni
oltrepassava
e
nuova
creava
politico,
cosmo-
gione,
relil'u-
328
—
inanità ; i
—
di
grandi centri
l'orizzonte del poema
di fratellanza
di
e
stringevain
e
solo
un
la consacrazione
Eva;
via
come
epico;il
patto tutti
del dolore
di redenzione
;
e
del
concetto
la schiavitù
aboliva
carità,che
gavano
allar-
che
popoli,
di
figli
i
sacrificio,
dello
l'emancipazione
dalla materia; 1' aspirazione
a
spirito
forme
elevate
to.
sentimen-
e
più musicali,sino
Questo
mi
ci scaldai
mio
innocenza
molto
lodato.
la
Divina
padre Juppa,
dine
mansuetu-
per
costumi, fare
bello
un
Mostrai
cristiana ebbe
dovendo
dotto
e
spiritodi
nello
Commedia
fosse
Da
panegirico,
potenza 1' idea
quanta
ideale del Cristianesimo.
Dante
,
esso,
Divina
e
animo
lo fece suo,
non
Commedia,
V Orlando
il Tasso
Ma
argomento.
Furioso.
libero
,
di Aristotile
e
e
e
come
come
Il Tasso
portò seco
la voga
come
e
appunto la storia
i
questo desunsi
caratteri del contenuto, che il Tasso
per
predica
una
io
Cristianesimo,volli fargliela
riusci
e
E
parecchie lezioni.
serafico
uomo
di
su'benefìzii del
medesimo,
che,
tanto
discepoloe
e
di
fu materia
al puro
più
avea
scelto
si obbliò
non
Dante
fece nella
fece l'Ariosto
non
vi entrò
appresso
cavalleresca.
in
le
nelcon
regole
Cresciuto
329
—
in
che
a' retori
mezzo
—
volle fare
un
le
secondo
poema
materia
una
Omero
e
in
al
critici più severi di
di
scorrezione,e
aristotelico. La
intrusione
e
e
lui,che
lo
non
leggi del
né
trovarono
in
dissonanza
le
farla
immeschini
probabile,
più corretta.
preposero
alla
E
per
Cosi
la
avvenne
ridurle
che
per
correggere
volle rifarlo di
più
la
cine
più vi-
gli
pai*ecchi
al di sopra.
tica
spirito
partecipavaa quellacri-
pianta,e
Il poeta
Conquistata.
sotto
sacro,
il Trissino,e quanto
regolarità
rassegnò; e
poema,
una
materia, senza
ne'puntifondamentali,dopo vana
vi si
trovata
di
proporzioni
l'Ariosto gli rimase
cavalleria,
poiché il suo
trovò
omerico,né
argomento
quella fantastica cavalleria,per
al
mile
verisi-
il poema
accusarono
aggiunse che, diminuendo
si
liare
conci-
somma
parte cavalleresca fu
una
innestarvi
punito,perchè
storico. Fu
senso
gliendo
sce-
Ariosto corretto
un
alle
conforme
regole,e
,
Ariosto,fare
T
regolare,più
e
,
volle
nuova
la parte cavalleresca. Voleva
e
critici
si vantavano
,
rigiditàdel
al verosimile
e
gli errori
poetica,e correndo
del
rusalem
scrisse la Geera
critico. Volendo
allo
resistenza,
scomparso
accostarsi
storico,guastò
dietro all'ombra
la
rità
ve-
di bel-
330
—
lezze
fece
teologiche,
ch'erano
—
di bellezze profane,
olocausto
più genialedel
la parte
poema.
d'occhio
perdette
Seguendo regoleconvenzionali,
le
dell'arte. Non
regole eterne
corresse,
letrì
ische-
il poema.
Il Tasso
era
e
che
di
dotato più di
sensibilità,
attissimo
forza,e
cristiane,la
poeta geniale,di molta
un
cui
ebbe
poca
ivi le
moda
sue
e
in
quel
Si
ispirazioni.
dalla
Volle sottoporre
appresso
con
e
fece trascinare
omerici
la
diversa, e
rità.
ca-
cercare
dalla
un
ostili.
contenuto
moda, tirandolo
tormentandolo
a' poeticavallereschi,
e
rivale
dell'Ariosto,
gli velò
la divinità del
parte la novità
e
Quando
più matura,
contenuto
esso
questielementi
modelli
a
affatto
l'immagine
era
è la
critica,
e, spirito
poco resistente,
visse in perpetua lotta tra
di natura
le idee
cristiano,
contenuto
virtù di trasfondersi in
dolcezza
tutte
sue
fondamentale
nozione
Abbattutosi
far
a
maginaz
im-
in età
troppo tardi,e
che
Nondimeno
le
si deve
alla
morte
di
contenuto.
dio,
porvi rime-
volle
attinse del
parti esteriori
parte più eletta del
Sofronia,la
non
suo
in
nuovo
accidentali.
e
cristiana
ispirazione
la
poema
:
il fatto di
Clorinda,e
un
cotal poco
suo
332
—
—
lato
d'
in
ostile, impregnata
un'atmosfera
a
mezzo
di
indifferenza
superstizione
e
d'
ipocrisia,
,
sperduto
dalla
sua
tra
elementi
poetici
alieni
critici
,
natura,
entusiasta
non
e
potè
assimilarsi
naufrago
malato
,
correnti.
e
uno
fra
rito
spi-
quelle
COMMEMORAZ
IN
IONE
ONORE
FRANCESCO
DI
FATTA
DA
VILLARI
PASQUALE
Per
SANCTIS
DE
dell' Associazione
invito
Il 27
Gennaio
della
Stampa
1884
Signori
Comincerò
col
ringraziarel'illustreVice-presidente,
il Marchese
Alfieri,delle troppo cortesi parole,con
cui ha voluto
presentarmi a voi.
farò lungo preambolo. Accettai
Io non
con
cere
piar invito di venire
a
parlare dinanzi a voi del
Prof.
De
Sanctis, per
della
di
SI
un
In
che
questa
la
me
che
sua
riconoscente
faceva
mi
fu mio
sala
attenzione
e
chè
per-
alla memoria
omaggio
di
maestro.
dove
se
,
,
l'Assoc
al-
1' onore
,
di rendere
trattava
uomo,
Stampa,
di
rivolgereverso
dimostrarmi
la memoria
non
m' inganna
dal luogo
egli fece l'ultima sua conferenza
dal quale io ho ora
l'onore di parlarvi,
cercherò
magine
imoggi di evocare,
per un momento, la sua
,
stesso
ideale. Non
mi
propongo
sconfinato.
indeterminato
,
di fare
Desidero
,
per
un
elogio
quanto
le
334
—
forze
mie
lo consentono
-
di
,
di
esporviciò che vi fu
nella sua
qual
opera
permanente e di duraturo
rimane
immortale
fra noi. Non
parte del suo spirito
anche
delle critiche,
mi asterrò dal parlarvi
che gli
furono fatte,
dal dirvi fino a che punto io le creda
e
,
Questo potrebbein
giustificate.
dei
io crederò
Ma
reverenza.
poca
del
precetti
me
di
segno di
guace
più fido se-
parere
essere
maestro, cercando
alla distanza
criticamente,storicamente,come
di
secolo. Ho
un
quelliche furono
io
mai
Chi
così
una
sicuro, che le critiche possono
sono
megliola
non
piena fede in
reali del De Sanctis,che
d'altronde
i meriti
era
fìsonomia
ad offuscar lo
il
vera
riuscire
del
splendoredel
Francesco
professore
valore veramente
aveva
di contemplarlo
come
De
critico
terminar
de-
spirito,
suo
suo
a
nome.
Sanctis? Che
e
come
tore
scrit-
è facile darla
in un
mento
morispostanon
addolorati dalla perdita
nel quale tutti soqo
recente. E meno
d'ogni altro può darla con calma
che tanto glideve, perchè ebbe la fortuna di
uno
averlo avuto prima maestro, e poi,per lunghianni,
dovere.
amico carissimo. Pure il parlarneè ora
un
che gH vennero
Le straordinarie onoranze
funebri,
furono certo un omaggio non
in Napoli,
solo al
rese
ed allo scrittore,ma
anche al patriotta.
professore
Chiunque fu però alla sua scuola,può affermare che
il suo
insegnamento,massime neglianni che precedettero
di poco il 1848, destò nella gioventù napoletana
di cui non
dare idea
è possibile
entusiasmo
un
al paridi lui ilsegretod'impossessars
esatta. Nessuno possedette
? La
,
dell'animo dei
e dominare
giovani,
ad
un
335
—
tempo
la loro mente
ed il loro
tempi antichi
nei
Fu
perciòamato,
segnanti
come
discepoli,
pochiin-
dai suoi
stimato, ammirato
—
cuore.
Si è da
moderni.
nei
o
che, senza
qualcunoosservato
negare molto ingegno
al De Sanctis,potrebbesupporsiche lo straordinario
fosse conseguenza
entusiasmo
più delle condizioni
allora glistudi a Napoli e
specialiin cui erano
,
,
delle fantasie meridionali
giovani,che
nei
solido
facilmente
di
merito
un
accensibili,
sime
mas-
scientifico o letterario,
reale. Questa
nanzi
ipotesiperò cade diad un
fatto. Condotto dall'esilioa Torino, dopo
il 1850, aqcora
ignoto,perchè nulla aveva
cato
pubbliin mezzo
ad un popolo tanto
per le stampe
diverso
dinanzi ad un uditorio non
di giovani ma
di conferenze
di uomini adulti eglifece un corso
e
,
,
,
destò
sulla Divina
Commedia,
ammirazione
punto minori. Soleva anzi dire,che
i giornipiù belli della sua
vita,perchè
e
ad
infatti allora appunto cominciò
del
propriovalore.
insieme
pubblicate,
di Torino, lo
E
un
sono
questo non
merito
una
altri
con
certo
reale, senza
Le
un
critica del De
conferenze
sue
,
nelle
Saggi critici,
subito noto
resero
può
acquistarela piena
essere
in tutta
avvenuto
grande valore.
fra noi scrittori autorevoli, i
oggi la
entusiasmo,
non
furono
quelli
coscienza
un
viste
Ri-
lia.
Itasenza
Pure
ci
qualicombattono
Sanctis, dicendola
stematic
troppo sipienadi formole astratte, privadi metodo
e quindi
pericolosa,
perchè devia
rigorosoe scientifico,
la
critica storica,
gioventùdal retto sentiero della nuova
che è positiva
sola risposta
che si può
e sicura. La
dare a tutto ciò, sta nel determinare imparzialmente
il carattere
ed il valore
del
dell'opera
De
Sanctiii.
336
—
-
come
Egli compariscela prima volta sulla scena
modesto insegnante,
nella scuola,
un
e per giudicarlo
nel suo
bisogna metterlo necessariamente
tempo e
nel
suo
paese.
La
reazione
trionfava
per tutto in
la letteratura decadeva.
Italia,specialmente
a
Napoli,e
gioventùdelle nostre provincefaceva i suoi
secondari
nei seminari, dove
s'insegnavail
col Portoreale,la rettorica col De Colonia,
la
La
studi
latino
col
filosofiamorale
0
padre Soave, e
si
di nascosto, filosofiitalianie francesi del
meno
XVIII,
I,
le storie della Rivoluzione
La
ec.
e
letteratura nazionale
si scriveva
italiano che
un
italiano né francese. Accorrevano
né
leggevano,
più
di
e
era
colo
se-
leone
Napo-
assai trascurata,
spesso
non
era
poi in Napolia
a fare i loro studi proi giovani,
e venivano
migliaia
fessional
nelle molte scuole private,
sorte allora perchè
la Università esisteva poco più che di nome,
e
nessuno
quasi la frequentava.In questo momento
fra le altre,una
sorse,
scuola
nuova
d'italiano,
per
Basilio Puoti,ricco,amantissimo
opera del marcherò
dei giovanie delle lettere.Ingegnavagratuitamente
nel
palazzoaperto a
suo
Nel
tutti.
scritto.L'ultimo
suo
dei Puristi, il De San-
ritratto fedele di
questa scuola, e del
in essa
metodo
seguito.« Si cominciava, eglidice,
con
gliscrittoripiù semplicidel Trecento, nei quali
altro che parolee frasi ;
studiare non
si dovevano
e primi
stile,
venivano
poi gliscrittori che avevano
ctis ci dà
quellidi
San
ed
un
stile naturale, come
il Villani,i Fioretti di
poii più artificiosi
Compagni, il Passavanti; in
stesso si faceva col Cinque-
Francesco, i Fatti d'Enea;
arguti,come
ultimo
Dino
il Boccaccio.
Lo
337
—
Il Marchese
cento.
—
ammirava
il Machiavelli
,
i
preferiva
ma
lavori
ce
più artificiosie alla boccacil racconto
della peste(1),
vole,come
e certe
zioni
orain bocca de' suoi personaggistorici.Noi
messe
davamo
opera a riempirei nostri quadernidi bei
modi di dire,a rotondare i nostri periodi,
studiare
a
con
atteso animo
grammatiche e rettoriche. Io ero
chiamato un gran cacciatore di frasi e di parole,e
mentre intorno a me
si disputava
altamente,acchiappavo
vo
domandae
per aria le paroleche uscivano
: questa è una
parola italiana ? La parola era pel
Marchese qualchecosa
di luccicante come
leva
l'oro.Sodire: parole di buona o falsa lega,
nissima
parole di fiCosì ciascuno si avvezzava
lega,oro di coppella.
suoi
,
scrivere col dizionario avanti, col
a
di frasi
cacciando
via
le
,
suo
derno
qua-
parole sospettedi
falsa
le
diflScilmente
lega.Il Marchese perdonava meno
sgrammaticatureed anche glierrori di ortografia;
inesorabile cogli
errori di lingua,
ma
era
massime
i
di
francesismi,
era
elegante
per lui
usati comunemente,
linguaparlata
,
di credere,tener
d'una
cui
era
nemico
fuggirei
per sostituirvene
come
:
saper
per fermo,
mortale. Scrivere
vocaboli
e
altrifuori della
grado e grazia
,
esser
modi
tenero
e
esser
sollecito
Le
bandite,e
parolesocietà,sociale erano
si diceva soziOy non
socio. Un giorno io scrissi,in
discorso ai giovani:
alcuni di voi studiano teologia
un
medicina o giurisprudenza.
Il Marchese
0
corresse
subito: sono
di quelliche studiano in divinità,di
cosa.
(1) Lavoro
D*
Suutis.
artificiosisaimo
e
ora
non
creduto
più
del Machiavelli.
lì
338
—
—
quelliche danno opera alle mediche scienze molti
alla ragion civile ed ai canoni. Si dava importanza
alla parola come
dello
parola,alla parte meccanica
Tutti
scrivere,e per essere
purisi diveniva impropri.
,
finivano collo scrivere allo stesso
ottima
che
E
un
arrivavano
il Marchese, cui
stimava
in
forma
moltissimo
modo, ed a questa
anche i più mediocri,
il fiuto
mancava
dell'ingegno,
(1).
»
tanza,
questa scuola ebbe una
grande imporquando sorse fra noi. Quel bisognodi scrivere
buon italiano,
la forma straniera,
era
respingendo
tuttavia
segno
dei
Il Marchese
Maestro
manifestazione
tempi,quasi una
era
amorevolissimo
scolari formavano
di triotti
patutti.
con
voravan
lafamiglia;
I giodiscutevano insieme continuamente.
vani
arrivavano
dalle provinole
colla testa piena di
idee francesi,
di letture moltepUci
e
disordinate,con
studio dei nostri classici e dell'arte dello
pochissimo
e
scrivere. A
trovavano
dare
forma
cercavano
il Marchese,
e
cosi si
proprieidee a
ben
al proprio pensiero.
I migliori
fecero tra
via propria,
una
come
costretti
una
presto
ciò h richiamava
sola
una
à
riordinare le
glialtri il Settembrini ed
narra
aveva
egli stesso
il De
,
Sanctis. Questi,come
allora riassunto
,
o
copiato
dai
(1)Questa descrizione è cavata tutta,quasiletteralmente,
Saggi del De Sanctis specialmentedall' Ultimo dei Puristi.
,
Avendo
ed
io
parlatoaltrove
essendo
creduto
,
stato
bene
del marchese
accusato
di
Puoti
troppa severità
di riferire qui il ritratto che
assai poco
diverso da
e
quelloche
ne
della
e
ne
facevo
sua
scuola,
ho
parzialità,
ctis
fece il De Sanio. Vedi
i suoi
Saggi critici,
pag. 508,520, 521, 523, 527, 528. 2* ediz. Napoli
rano,
MoMorano, 1869. Nuovi saggi critici^
pag. 325, 335. Napoli,
1872.
340
—
terarie, riscontravo
v'erano francesismi
—
il dizionario;
vedevo
altri errori di
o
in
se
se
lingua,
ess"
eranc
le unità di tempo e di luogo,se v'era i
rispettate
ai tipied archetip
se
protagonista,
corrispondevano
Mi pareva
al
di essere
prestabiliti.
senza
istupidito,
cuna
di resurrezione.
speranza
In questo momento
m'imbattei
alunni del De Sanctis,che da poco
scuola.
in
Appena
mondo
un
in alcuni
apertola suj
aveva
li sentivo
mi
parlare,
Ragionavanodel
nuovo.
giovan
trovavo
come
Manzoni
e
de
Berchet, di Dante, del Machiavelli,del Goethe, delle
l'altre
modo
Schiller,dello Shakspeare,
ed in un
o
li ammiravano
tutti. Mi
sentivo
rato
atti-
stranamente
da essi ; li accompagnavo
nelle loro passeggiate,
senza
aprirbocca. Finalmente uno di loro m
disse :
De
Perchè
—
Sanctis? Se fai tanto
dei nostri.
In
—
E
così
vicolo
un
rovinato, in
una
in cui
aveva
il
suo
Pareva
col maestro,
un
palazzomezze
sala appena illuminata,senti
il De Sanctis. Ciò che più di tutto m
cui trattava
nuova
che
primo tentativo,ancora
cava
cer-
e
che, parlando
se
stesso
entusiasmo, il nostro
baldanzosamente
in fatti sempre
scuola
ritrovava
tutta la scuola
sempre
il momenti
strada. Si vedeva
e
l'am
glialunni,e
la vecchia
ed il nostro
Eglici chiamava
Eravamo
in
oscuro,
noi, eglisi esaltava
a
qui
fu.
abbandonato
la
ancora
da
volta,sarà
una
cui essi l'ascoltavano. Era
con
tu
gran
prima volta
fu l'affettocon
colpi,
mirazione
venire anche
a
da sentirlo
lungoed
la
Di
ti decidi
non
a
insiemi
procedesse,
alla ricerca
amici
e
fetto.
af-
del
vero
compagni di
lavoro
insieme.
Il su(
discutere
sotto la scorta
del Marchese
341
—
—
di
grammatica italiana che gli
fece avere
di grammatico. Ma
il nome
si vide subito
la natura
del suo
indipendente
ingegno.Invece
di spiegaresolo le solite regoledell'etimologia
e della
sintassi,eglivolle fare una storia e una scienza della
grammatica. Ed anche più tardi nella sua propria
scuola,una
dio.
prima lezione era dedicata a questo stuera
stato
un
corso
,
,
La
0
seconda
per
ora
dava
meglio dire
invece allo studio dei classici,
alla storia della letteratura.
Ma
qui i francesismi ; la linguaconsiderata per se
stessa, separata dal pensiero;l'unità di tempo e di
i tipie gliarchetipi
immutabili
luogo;il protagonista;
erano
scomparsi del tutto. Non si restava più
nel campo
chiuso dei Trecentisti e dei Cinquecentisti
italiani.
Tutte le forme dell'arte;
tutte le letterature,
antiche
moderne,
purché avessero
valore intrinseco,
un
e
questo carattere d'imparzialità
d' indipendenzafu sempre
e
proprio di lui. Il
via lo aveva
primo impulso ad entrare nella nuova
avuto
o
erano
ammesse,
dalla storia della letteratura drammatica
Questo
Schlegel.
autore
,
esaminando
relazione alla società ed al
formando, arrivava
tempo
dello
il dramma
in cui s'era
alla conclusione, che
in
dato
an-
ogni
la sua
popolo deve avere
propria letteratura la
qualedal suo valore storico e nazionale acquistala
sua
maggiore importanza.E così un primo vasto
orizzonte s'apriva
dinanzi a noi. Le grandi diversità
,
che passano
ad
fra le varie
un
il loro
letterature,
tipo costante,
non
erano
non
formarsi
uni-
difetti,
ma
pregi,perchè ciascuna deve manifestare la diversità
dei caratteri nazionali;
comesi
e
possono ammirare
il Partenone, il Pantheon
il duomo
di Firenze o
e
342
—
—
di Colonia, così si possono, si debbono
focle
Soammirare
Aristofane e Molière, Omero
e
e
Shakespeare,
Dante.
Tutte
dinanzi
le barriere
erano
a
tratto
un
demolite
l'umano
aperto l'adito ad ogni forma delpensiero e la letteratura nazionale acquistava
una
nuova
importanza ai nostri occhi, perchè
la personificazione
era
vivente dello spiritostesso
della nazione, ed a far progredire,
liberare l'uno
a
noi ;
a
era
,
far
necessario
era
st' ultima
liberare
progredire,
idea, appena
accennata,
era
l'altra.Queil sottinteso
come
costante,permanente che santificava la scuola,
e
la trasformava
non
niva
tempio. Il professorediveil nostro idolo. Di politica
si parlava;ma
non
n'era bisogno.
Il Colletta,il Berchet, il Gioberti,
ve
in
il NiccoHni
un
fra i libri di tutti
erano
denti,
glistu-
che
in segreto
per leggere
spesso si riunivano
le discussioni fatte nei Parlamenti
di Parigi e di
di tutti
modo
,
il
quente
più valoroso, il più eloin questa lettura in
si accendeva
Luigi La Vista,
Londra.
indicibile,confondendo
e
dicevamo:
l'esaltazione
—
sembri
Tu
la critica letteraria
uno
Qualche
politica.
un
una
sapere che questa era
E tuttavia alla fine di
dubbio. Il trovare
in
martire
volta noi
di hbertà,
—
gU
senza
profezia.
questo
corso
la relazione, che
il
un
sorgeva
pera
passa tra un'o-
cui
a
popolo in mezzo
il valore indi giudicare
trinsec
dà alcun modo
non
sorse,
stessa. La quale può rappresendell'opera
tare
compiutamente il pensierod'un tempo o d'un
insieme con
tico.
esso
poco valore estepopolo,ed avere
il valore della poesi farà a distinguere
Come
d' arte
e
il tempo
,
343
--
sia greca
e
—
della provenzale,
ambedue
se
sono
sione
espres-
tempi ?
Ma
questodubbio,prima che in noi, era sorto nel
il quale,nel nuovo
parve
ricomnostro
professore,
anno,
seconda
sulla cattedra già trasformato. Una
rivoluzione era
e
seguitanel suo spirito,
questa era
stata provocata dalla estetica dell'Hegel anzi dai
primi due volumi della traduzione francese; giacché
fedele dei loro
,
altro
non
visto,e allora
aveva
non
il tedesco.
conosceva
che
fra coloro i qualidicono
L'Hegels'era messo
r arte è una
sempliceimitazione una riproduzione
della natura, e coloro i qualidicono invece
che
essa
,
ad
mira
scopo morale, ad un'idea. La
della natura, eglidisse,sarebbe
uno
sempliceimitazione
un
la
Ed
meccanismo.
non
fotografia
modello
ragione.Perchè
aveva
è arte? E
del Pantheon
o
dove
d'una
in fatti
il
è nella natura
sinfonia del Beethoven
un'idea
la
senza
pensiero senza
che esprime questa idea, così
creazione dell'artista,
esiste. Ma
continuava 1'Hegel 1' opera d' arte non
? Senza
un
,
,
,
non
la sola idea, col
solo siero
penastratto,che è invece il soggettodella scienza.
esiste neppure
Nell'arte l'idea
e
con
la forma, il concetto
astratto
e
la
si compenetrano per
espressionesensibile di esso
modo
che è impossibile
distinguerli.
Bisogna che il
pensieroprenda,per opera dell'artista una forma
sensibile,e si presentia noi come
immagine, come
sentimento, come
carattere, come
personaggiovero
e reale. L'artista s'impadronisce
deglioggettidella
natura, li trasforma idealmente in propriasostanza,
ed esprime con
essi il propriopensiero.
E il pregio
,
,
d'arte
dell'opera
non
sta
nel valore
del concetto
344
—
astratto
che
è
un
che
—
egliha avuto,
nella vivente
ma
ha
saputo infondere in esso.
modello di virtù,Jago è un
Goffredo
mostro.
realtà
Buglione
Pure,
ticamente,
este-
questiè assai superiore,perchè il poeta
lo sa mettere
più vivo e reale dinanzi a noi. Quando
voi separatela forma dal pensiero,
l'operad'arte è
distrutta. Voi
raschiate il
della Madonna
rosso
è sulle labbra
che
di Raffaello,e lo rimettete sulla tavolozza.
distrutto tutte le regole
astratte,
Dopo che avevamo
immutabiU
della rettorica,
tutti i tipie gliarchetipi"
storica non
dopo che la spiegazione
riempivail vuoto
di una
lasciato nel nostro spirito,
norma
per mancanza
e
di
un
criterio,
questa filosofiache
pensierostesso
come
forma
vivente
presentava il
in cui prennell'arte,
deva
e
reale,sensibile,
ci
ci faceva
quindi
le leggidell'arte nelle leggidel pensieroe
cercare
della sua manifestazione estetica,questa filosofiaera
allora come
tavola di salvezza,gettatanell'ouna
in cui ci eravamo
E questafu l'idea
ceano
perduti.
che s' era
dello spirito
del De Sanctis.
impadronita
Se però eglisi fosse contentato
di ripeterla
produrla
rie
sarebbe stato solo un eghelianocome
tanti
altri. Ma
egliriusci invece con essa a fecondare il
'ita
proprio spirito a ritrovare finalmente 1'origina
del suo
scuola.
una
a fondare
nuova
pensiero,
una
,
Eglidomandò
allora
il critico? Finora
a
se
stesso: che
si è trattato di fare
cosa
deve fare
un'esposizione
d'arte,notarne i difetti,
dell'opera
paragonandolaad
Ma vi sono
un
tipo prestabilito.
opere che,con pochi
hanno
vi sono
difetti,
pochissimovalore,come
(^pere
riescono di gran valore.
che, pure avendo molti difetti,
345
.
_
—
al concetto
allegorie,
morale
alla verità storica,che può esser
o
politico,
d'arte. Ma tutto questo è un voler imporre
nell'opera
le nostre leggio idee, quando si tratta inad essa
vece
di cercare
minato
quelleche il poeta le ha date. Dodal proprio fantasma
eglinon scrive tutto
quelloche ha visto e pensato, ma quellosolamente
che è necessario
far vedere e sentire il proprio
a
il senso
si esalta
dell'arte,
se ha
pensiero.Il critico,
contemplandoo leggendo;? si pone nella condizione
stessa dell'artista ; vede
tutto quelloche questiha
veduto ; ricomponenella sua fantasia l'opera
poetica;
alle frasi,alle
Altri pensavano
,
la riconduce
stessa
del
alla
poeta
,
sorgente
sua
,
di cui indovina
cioè
alla coscienza
il concetto
nante.
domi-
il poeta nel lungo suo
lavoro
Egliaccompagna
di preparazione;
lo contempla nel momento
della creazione
artistica ; lo segue, rifacendo consapevolmente
ciò che il poeta ha fatto inconsapevolmente,
vina
per diispirazionee glidà quasi una
più compiuta
coscienza di se, per farlo megliocomprendere al lettore.
E se ha una
determina il valore
vera
originalità,
d'arte e dell'artista,
in
dell'opera
esaminati,giudicati
se stessi,
e poi in relazione alla storia ed al tempo (1).
,
Il merito
dare
vero
del De
questiprecetti
,
necessario
al
a
metterli
pari di lui
il dono
Sanctis
ma
fu neppure nel
nell'avere il genio critico
non
in
pratica.Nessuno ebbe mai
plando
singolaredi sapere contem,
un' opera d' arte, vederne subito il pensiero
animatore, il valore reale; decomporla ne' suoi elementi,
per
ricomporlacon
(1)Saggi aitici,pag. 358-59
grande eloquenzae
e
362.
con
—
forza
346
d' immaginazionead
—
tempo. E ciò faceva
solo esaminando, nella loro unità,i grandi canon
anche discorrendo di un
pilavori
; ma
episodio di
di un sonetto. Anche
un
se
personaggio,
parlavadilavoro di merito secondario, sapeva, a forza di
un
cava
su
paragoni,di osservazioni originali
quel che manfarne un'opera grande,riuscire a dare importanza
a
a
vero
aveva
un
quel che diceva. E come
cosi colpiva
assai giusto.
senso
dell'arte,
EgU
sempre
fu il primo che fece conoscere
alla gioventùnapoletana
tutto il valore della poesia del Leopardi,
che
divenne tra noi popolarissimoassai prima che nel
un
,
,
d' Italia. Lo
resto
cosi
studio
studio dell'uomo
uno
di noi
a
noi
della letteratura
e
del
stessi,una
divenne
lazione
rive-
pensiero,una
liberazione del
C'è da meravigliarsi
spirito.
se, dovendo
ciò
a
Noi
ci
lui solo,noi lo
eravamo
di libertà. La
militare
dove
e
lo adoravamo
tutto
tanto?
gli schiavi liberati da lui,che
di avvenire, di moralità e
impazienti
medesima
legio
propaganda faceva nel coldi Napoli,dove era
professore,e di
poi tanti uffiziah dei volontari e dei
come
resi
aveva
amavamo
stro
no-
uscirono
difensori di Venezia.
Intanto,fra queste condizioni,si avvicinava
e
la scolaresca
parlava di politica
; ma
stava
bacresceva
a
segno che la grande sala non
più a contenerla. C era una
impazienzache
sentivano e nessuno
aveva
bisognqdi spiegare.
neppure
tutti
il 1848,
Quando
la
allora si
sera
incominciarono
le dimostrazioni
litiche,
po-
alcuno accordo
professoree scolari,senza
nelle strade invece che a
si radunarono
prestabilito,
scuola. E quando, dopo vicende che tutti conoscono,
348
—
nel
messo
sbarcatolo
la
fu
sopra una
Malta, continuò
a
levato di
tratto
un
dello Stato, che,
nave
Dopo due
cammino.
suo
dramma
un
gravi angustiee di miseria, potè andare
di
mesi
prima volta
messo
a
E colà
continuamente.
mormorare
ed alcuni versi. Finalmente
e
del livello del mare,
al di sopra
imparò il tedesco, scrisse
,
rimase
di Castel dell'Uovo, dove
carcere
per due anni, poco
le cui onde sentiva
carcere
—
il secondo
Torino, dove incominciò
periododella
condo
fe-
meno
non
e
a
vita letteraria.
sua
prevalentein Italia,era ancora
quellache aveva
triottic
precedutoil 1848, una critica paza
che voleva una poesia,
storia,una scienuna
La
,
critica allora
letteratura civile. Tutto
una
doveva
essere
un
scia
apparecchioa liberare la patria.Arnaldo da Bredoveva parlare
anti- clericaledei nostri
un
come
mazziniano ;
un
tempi Giovanni da Procida come
,
la storia greca e la romana
dovevano
continua lezione di patriottismo
; le note
essere
una
ai classici
continua allusione alla liberazione
una
greci e latini,
anche se allontanavano dalla interpretazione
d'Italia,
del testo. È conosciuta la grandebattaglia
vera
che
si combattè
fra noi, con
molta dottrina ed ingegno,
sulla storia dei Longobardiin Italia. I partiti,
i sistemi
erano
due: l'uno difeso da chi voleva
la
con.
federazioneitaliana col papa
alla testa;l'altro da chi
voleva
il
l'unitàpolitica,
senza
papa. E
avesse
per
invaso
capirefino
e
potere temporaledel
qual punto l'idea politica
a
dominato
tutto
,
nome
illustre di Vincenzo
aveva
passata la
sua
vita
basta
ricordare
Gioberti. In sostanza
a
costruire
che spiegasse
il mondo
losofìco-politico,
sistema
un
e
il
egli
tì-
la storia
—
universale,per
uso
e
349
—
A noi stessi
dell'Italia.
consumo
potemmo esser presi
mato,
da tanto entusiasmo, per un libro quale fu il Pricolla piùbuona fede del mondo, con
nel quale,
riesce
oggi difficilecapirecome
grande eloquenzaed ingegno,si dimostrava che nel
sta..
passato,nel presentee nell'avvenire,eravamo
la prima nazione del mondo, senza
e saremmo
sempre
che alcun'altra potessemai competere con noi. Questa
la sua
avuto
letteratura aveva
grande importanza
liberati dall'Arcadia,dalla
storica,perchè ci aveva
vuota
rettorica, dando all'arte uno
scopo più serio
forte può essere
ed elevato. Ogni sentimento
vero
e
Sorgente di eloquenzao di poesia.E s'era in fat
grande efficacia ad
per questa via, contribuito con
s'
apparecchiare
gliavvenimenti del 1848, nei quali
anche
dierono prove non
solo di patriottismoma
Ma dopo
d'eroismo,non però di ugual senno
pratico.
,
,
il 1850
non
era
necessario
infondere, anche
ciosamente,l'amor della patriain
aveva
dato
cosi
Si trattava
la
delle
cose
nuova
,
ad
un
ai„ifi-
popolo che
ne
testimonianza col suo sangue.
splendida
lo spirito
di educare piuttosto
zionale,
nagioventù a vedere la realtà vera
con
maggior senno
apparecchiarsi
ed inevitabile lotta, che dove\a
praticoalla nuova
di certo, ma
in condizioni diverse. La libertà
presentarsi
del Piemonte, e la serietà di quelpopolitica
polo
spingevanotutti per questa via.
In tali condizioni la critica del De Sanctis giungeva
opportuna a combattere e demolire molti pregiudizi
letterari. Una delle più splendide
egli
prove
la dette nel
sue
articolo sxxWEhreo
gesuitaBresciani. Questi
aveva
di
scritto
Verona
un
roman-
d*"l
350
—
zo
esaltare la reazione
per
,
-
zione
denigrarela rivoluscritti Niccolò dei Lapi, Ettore
italiana. S'erano
Fieramosca,
V Assedio
le idee liberali;
perchè
non
e
di Firenze, per difendere
si poteva scrivere VE-
di Verona, per difendere i clericali?I
si scatenarono
violenza contro il povero
con
hreo
giornali
gesuita,
accusandolo d'insulto alla patria,attaccando
le
sue
Tutto ciò che era
e
politiche
religiose.
alla libertà e alla indipendenza
italiana non
convinzioni
contrario
poteva
arte
essere
vera.
Il De Sanctis entrò
in campo,
e
dimostrò
tratto
a un
del suo
superiorità
genio critico abbandonando
ogni artifizio.Io rispettole vostre convinzioni,egli
discuto i vostri principi!,
disse al Bresciani, io non
discuto lo scrittore. Ma
perchè la stessa religione
che tanto ammiriamo
nel Manzoni, ci fa sbadigliare
quando ce ne parlatevoi? Perchè nel vostro libro
si presenta non
sentimento
come
essa
vero
come
fede viva,ma come
Essa è un mezzo
di partito.
spirito
la
,
,
ad
un
che
altro fine,che
pure
è lo scopo
voi
non
evidente
osate
manifestare,ma
di tutto il vostro
h-
Ed è ciò che
bro, nel quale l'arte è solo un pretesto.
colo
lo uccide. Ohe cosa
volete voi fare ? Mettere in ridila rivoluzione,
biasimarla? Ebbene, anche
è
trovare
possibile,
purché voi sappite
fallace,che
non
manca
neppur
questo
illato comico,
nelle rivoluzioni , le
qualispesso cadono in eccessi,in delittiche ognuno
può biasimare. Si potè mettere in ridicolo il frasario
della rivoluzione francese;si
esageratamenteromano
della
potrebbemettere in ridicolo ilfrasario puritano
colo
Ma
rivoluzione inglese.
voi volete mettere in ridiciò che
la rivoluzione italiana ha di
grande,di
351
—
E
—
scempiaggine.
i liberali settari e ribaldi,
Chiamate
e poi ci dite che
essi affrontano intrepidi
la morte
per
per la patria,
eroico.
cui
una
questa è semplicemente
tutto
ridere
la vostra
farci ridere di ciò? Come
e
reazione,
ha
voi
è che in tutta
riesce di trovare,
non
di
fuggite
grande carattere? E perchè riraccontare
veramente
quelloche essa
fatto? Ci dite che Pio
società
ce
a
lete
vo-
sol
immaginare un
dal
sacrificano. E
cui tutto
sopportano, a
italiana
della
e
IX
il salvatore
è
libertà ;
vera
della
perchènon
ma
lo rappresentatea Gaeta; non
lo tate
ce
rappresenquando firma l'enciclica quando chiama gU
,
stranieri contro
la
solenne. Perchè
patria?È quelloil momento
dal
rifuggite
esaltare? Voi
quando
sua
ci
si affaccia al
ciò che
narrare
lete
vo-
rappresentate invece il papa
balcone della regia di Portici
contemplareil golfodi Napoli,di cui ci date una
lunga,eterna descrizione. Guerra in Lombardia, guerra
a
Venezia,guerra a Roma; il sangue generoso della
nostra gioventùscorre
il cuore
di
a fiumi,e voi avete
a
descriverci il sole,la luna,il mare,
amici
rida; ma
voi
non
i tramonti?
I
stri
vo-
\ì esaltate,e
vi par che illettore ne
è il lettore,
è la coscienza stessa dello
scrittore che
contraddice
volete farne
degU eroi, e
alle
Dei
parole.
sue
vedete
che
cosa
vostri
vi riescono;
dei rivoluzionari volete farne dei burattini,
i
ma
burattini si animano
nelle vostre mani, vi guardano
vi fanno paura, vi agghiacciano
il riso sulle labbra.
E come
voi avete preso l'arte per un pretesto,
così
e
tutto
è pretesto nel vostro
vi
0
racconto.
Quello che
pre
sem-
sfuggeè l'anima dei vostri personaggi,buoni
cattivi,la quale rimane sempre un' X. L' uomo
è
352
—
pretesto,
per
un
raccontare
l'azione è
il
golfodi Napoli;va
la carrozza,
i camerieri.
Pio
ci
i loro belli elmi
per
trombettieri
nimata;
ina-
resta
un
ci si decrivano
sono
un'azione,che
pretesto,per descrivere la scena
Pio IX s'affaccia al balcone,perchè
in cui avviene.
ci si descriva
—
IX
c'è
per
i
la
e
al
Vaticano,perchè
i trombetti,
dragoni,
i dragoni
carrozza,
i loro
belli stivali,
i
le belle trombe, i camerieri
per
per le
belle
E di bello non
v' è che questo
guarnacchette.
I gesuiti,
ciati
cacaggettivo,mille volte invano ripetuto.
da
Genova,
Bresciani
il
descrivere
in fondo
sono
il
ha
cuore
pappafico
,
e
,
parte
una
nave,
il padre
e
di lasciarli gemere,
per
il trinchetto
il bompresso,
,
il bastimento.
tutto
parte
a
d'
Vedete
,
bottega del parrucchierequelle teste
nella
di
legno con
sarto
quelle
parrucca?Nella bottegadel
figuredisegnate che ci si presentano di fronte,di
lato
di spalla?Qui l'uomo
c'è per farci vedere il
una
sopra
,
,
suo
soprabito,la
neWBbreo
male
di
testa
Verona
c'è per la parrucca.
i personaggivi sono
E
cosi
per dir
scrizio
e le deper far delle descrizioni,
di paroleeleganti,
per fare sfoggio
dei liberali,
o
vi
sono
giacchéil Bresciani è anche
eglidisse,che a lui sarebbe
il padre Bartoh.
come
Sanctis
faccia
osserva,
i torti, perchè nel
descrivere
scrisse
suo
il berretto.
più contro
E
Pietro Giordani
somiglianzadi
che
giorno
bastato l'animo di scrivere
insolente,credi
in collera: Matto
di berretto
purista.Un
un
il Bresciani
tu che
somiglianza
cervello?
non
aveva
libro il cervello
andò
E
il De
poitutti
ci stava
per
Dopo questo articolo,nessuno
V Ebreo
di
Verona,
che
rimase
353
—
insieme
sepoltonell'oblio,
per sempre
critica.
E
altro
un
—
saggiodel
valore dette allora nelle
suo
lezioni sulla Divina
Commedia.
artistico del poema
stesso. Il Medio
Evo
immortale?
Quale fu il concetto
eglidomandò
che
In
a
sé
pieno di visioni,leggende,
era
nelle qualidominavano
tradizioni,
il demonio.
la vecchia
con
il terrore, il fantastico,
in molte
come
esse,
pitture,
nelle
gotichecattedrali,voi trovate mille
volte ripetuta
la descrizione dei tre regni,
che formano
la materia
della Divina
Commedia.
Spesso le pene
dei dannati, le scene, gliesseri fantasticiche incontrate
sono
torno
glistessi. Volumi interi furono scrittiina
questo soggetto.Si cercò la storia,il significato
sono
misterioso
Sanctis
Il De
antecedente.
Germania
a
vi
che
mancano
sono
è il suo
fantastico di
riesci per cosi
prima di
poesiavera,
è in
gende
leg-
lungotempo
Dante?
Perchè
distruttodalla radice;perchè
esse
la realtà
solamente
dice: tutto
difi'usedall'Irlanda sino alla
ed all'Italia,
non
vero
e
Commedia,
questo mondo
troviamo
divenire arte,
il dramma
tali ricerche
la Divina
ancora
Perchè
che
,
di tutto ciò.
recondito,l'allegoria
abbandona
è
questo non
e
e
ombre.
la libertà dei
«
Non
cozzo
personaggi,
di caratteri
di
passioni
; l'uomo vi è morto, l'uomo come
essere
libero,volente, possente, operante". La religione
lo
al di sopra della realtà;
porta al di fuori dell'umanità,
la storia lo tiene legatoalla terra, profanatonelle
che la religione
condanna. L' unità dell'ipassioni,
deale è spezzata in due, la poesiaè impossibile.
In che modo Dante s'impadronisce
di questomondo,
v'infonde uno
nuovo? Lasciamo i commene
spirito
0
D«
Stnetis
23
354
—
tatori
apriamo il suo
,
-
volume, cerchiamo
di
capire
soggetti,
di gustare. Dante
ha fuso in uno
i due
che sembravano
contraddirsi facendo se stesso spettatore,
e
,
Uomo
protagonista.
ombre
e
porta seco
gno
penetranel redi
tutte le passioni
anzi
delle
uomo
e
vivo
,
di cittadino,
e fa risuonare
di terreni fremiti
fino le
volte del cielo:cosi ritorna il dramma,
tranquille
il tempo. Alla vista,
nell'eterno ricomparisce
e
vivo, le anime rinascono per
parole d'un uomo
alle
tornare
istante anch'esse
un
alla vita. Risentono
le
la patria,
dono
passioni
; rivedono
gliamici;chiedell'infinito
dei loro più cari. In seno
nuove
il finito;
del soprannaturale
in seno
riscono
riapparipullula
la natura, la storia,i caratteri,le passioni
antiche
i Guelfi
Noi ritroviamo
umane.
i
e
Neri,
la Chiesa
e
e
chi
i Ghibellini,
i Bian-
l'Impero. È
il dramma
di
quel secolo rappresentatonell'altromondo.
E il poema
dell'ItaHa,è la Commedia
Divina.
dell'umanità
Ecco
là Pietro
vigorosee
e
delle
le antitesi. Lasciate
la
le frasi
più
storia,l'allegoria,
Vigne. Lasciate
del suicidio presso gliantichi e presso i
moderni. Tutto questo è ora
materiale,
per noi un
un
ingombro inutile. Pel poeta non e' è il suicidio
il concetto
astratto,c'è
l'infern
colpa,che nelnima
dell'aseparazione
il suicida nell'atto della
diviene eterna,
con
la
dal corpo , e con
essi sono
eterni ildolore e la
in luogo
fra glisterpi
nodosi e folti,
pena. Noi siamo
dove fanno nidi le arpie.Il fantastico apparisce
ancora
in tutto
Dante
,
suo
medioevale
allo svellere d' un
dal tronco
viene
il
escono
scusato
da
orrore.
Ma
quando
ramoscello,s' avvede
parolee sangue, e mosso
Virgilioallora la scena
,
a
che
pietà,
si muta;
356
—
che cade
sionata,fragile,
—
nella
senza
colpa,
poterre*
sistere,e che, pure sentendosi colpevole,
non
sa
cepire
concome
poteva fare altrimenti. La sua parola
è
di
sincerità formidabile.
una
Ecco
—
la
bufera
La
tutto.
Mi
—
la
mai.
ed io l'a-
amò
porta di
su
di
giù,
bile
inseparae
insieme coll'amante
passione,
da lei. Narra
piangendola storia de' suoi amori,
deplorache non le sia amico ilRe dell'universo;
ma
come
rimedio
ci vede
non
A
sua
un
tratto
nel
alcuno
si
ferma, tronca
vi
non
accennate
impressioni,
in esse,
nascoste
se
ne
violenza, per vibrare
Paolo
è
il racconto, avvolgendosi
leggemmo
appena
avante.
nelle
e quasi
parole,
tanto maggiore
svolgonocon
lungamente nell'animo
del lettore.
l'eco di Francesca; mentre
come
piange.Sono
questa parla,esso
in eterno; il loro
di ciò.
di dolore:
manto
suo
Quel giorno più
Le
si lamenta
né
,
dannati
\\ conduce
amore
ad
e
si
che
amano
morte, ad
una
è
potrà mai dividerli. Che cosa
pena. Nessuno
zione,
questo?domanda il De-Sanctis. Gioia,dolore, ostinauna
pentimento?È
nella
tutto
ciò insieme, è la vita
contraddizione
sua
presa
sor-
misteriosa. Il poeta
rappresentae non risolve 1'enigma.
Si prendano,uno
ad uno, tutti i Saggi critici,
e
vi si troverà
sempre
francese biasimava
cercandone
Racine,
e
la
deve
immagine
mostrando
Il De
essere
Sanctis
variare, secondo
il
La critica
carattere.
il Triboulet
doveva
quale
lo stesso
di Victor
amore
vero
nei Greci, nel
Hugo, esponendo
paterno,
nel
Corneille,
cosi la inferiorità del
dimostrava
che
la diversità dei
derno.
poeta mo-
il sentimento
che
personaggi
—
lo sentono
r Orazio
357
il Triboulet
:
—
poteva sentire
non
come
il carattere
del Corneille. Esaminando
del
sorgente dei pregi e difettiveri del
dramma
di Victor Hugo. E quando la stessa critica
voleva demolire la
straniera,coi medesimi principii,
Mirra
il De Sanctis espose il carattere
dell'Alfieri,
del personaggioed il conflitto del dramma, facendone
primo, trova
la
in alcune
pagine stupende la critica e la riproduzione
eloquentein uno stesso tempo.
Su Giacomo Leopardie sulle sue poesiec'è oggi
,
un' intera letteratura italiana
valore. Ma
nessuno
che
,
io
e
straniera
di molto
,
riusci
sappia
a
,
durre
ripro-
r
come
scrittore,
immagine poeticadel sommo
fece il De Sanctis. Egli ci pone dinanzi il dolore e
lo scetticismo
d' un
che le malattie
disperato
uomo,
invecchiato innanzi tempo
avevano
negandoglila
cui la natura
trigna,
gioventù; d'un uomo,
appariscemail mondo
una
legadi birbanti contro glionesti.
,
Ci descrive
come
esso
della infinita vanità
per
sembri
sorridere
del tutto, perchèla vita
lui alcuna
la terra
cinicamente
alcun
gioia,
gliappariscecome
un' oasi, senza
conforto
un
non
ha
possibile;
perchè
deserto immenso,
notono,
mo-
sol
un
fiore,senza
filo d'erba, che lo rallegri.
Ma
poi ci fa, con mano
al di sotto di questa unimaestra
forme
scoprirecome
di questa infinita vanità, v' è un
monotonia
senza
un
,
,
cuore
che batte potentemente,e spera contro
la speranza;
v'è una
feconda di grandi idee, una
mente
fantasia in cui si
tumultuosamente
magini
immoltiplicano
piene di gioventù,di bellezza e di vita, che
esseri reali,per sparire
popolanoqueldeserto come
illusioniingannatrici,
a
un
tratto, come
e
riapparire
~
358
—
E da questa,che fu la tragedia
del
spariredì nuovo.
recanatese, sgorga una
grande e travagliato
spirito
immortale di poesia,che pareva la poesiadella
vena
diveniva nei nostri cuori la poesia
e
disperazione,
della speranza. Era l'immagine
dell'Italia morta, che
voleva risorgere
dalla tomba.
Questo dono
misterioso,che
d' esaltarsi innanzi
Sanctis,
il De
aveva
di peneun' opera d' arte
trarne
istintivamente il concetto fondamentale,
ad
,
come
di
decomporla nei
formarsi
suoi
elementi, di vederla germogliare
poeta,di
cui svelava il segreto;
di ricomporlae ripresentarla
a
e più intelligibil
noi, più vicina al nostro spirito
za
questo dono misterioso era il suo genio,quasil'essene
stessa
della
sua
nella coscienza
del suo
intelligenza,
Quella distrazione di cui
e
sparlato e
assai
che
,
accresciuta
in lui fu certo
dall'abito della
del
stessa
carattere
tanto
s'è parlato
naturale
sua
tellettu
in-
veniva
,
mente.
Usato
decomporrecriticamente 1'opera d' arte, i personaggi,
le immaginipoetiche,
eglifaceva qualchevolta
lo stesso coi personaggireah, fra i qualisi trovano,
Così assai
in mezzo
al conflitto delle passioni.
all'urto,
porre
spesso si distraeva ad esaminare, decomporre,ricomidealmente il carattere di coloro che gliparlavano
i qualierano
presida grande impazienza
nell'avvedersi che non
devano
erano
più ascoltati,e si crepriva
non
compresida colui,che non di rado scoil loro più riposto
pensiero.
Eglistesso ci ha, nel suo Viaggio elettorale,fatto
ilproprio ritratto anche da questolato. L'anno 1876
77 voti di maggioranza,
in ballottaggio
con
era
nel suo
nativo. Sebbene fosse già riuscito
collegio
a
,
,
,
359
—
eletto altrove
voleva
era
che
erano
deputatodel luogo ia
dolore alcune proteste
esser
,
cui
—
glirecavano
partitedi la. S' avviò
nato,
e
solo,senza
scrivere
quasi ad alcuno, con animo deliberato di trascinar
la sua
diera
bantutti con
di far del suo
nome
eloquenza,
veri del paese
bandiera di padegl'interessi
triottis
di moralità, senza
e
occuparsidi passioni
Ben presto s' accorge
però istintivamente
partigiane.
,
che
trova
non
e
eco,
considerazioni
s' abbandona
mille riflessioni
stra
Apre la finepaesaggio descritto già dal Regaldi
; vede un
in un
sonetto, che egliripetea memoria, e di cui
fa la critica. Sente certi ragionamentisottili e sofistici,
ci dà un
e
tura
saggio filosofico-criticosulla nadel cavillo. Ci dà il sunto
dei suoi principaU
ad ogni passo si ferma a fare la critica
ma
discorsi,
di se stesso.
licato
Questo pensieroera troppo defu capito. Questa punta era smussata
e non
e
sulla natura
a
umana.
—
—
e
feri alcuno.
non
che
ferito.
mi
era
Botta
—
diritta questa,
di faccia si scosse,
il teologo
fosse
se
riesco a impaFinalmente, eglicontinua
dronirmi
dell'uditorio,lo domino, lo trascino,veggo
—
,
spuntarequalche lagrima.Quando
che
come
e
però finii,
pareva
questo è tutto?
il più singolare
è che, quando la notte, stanco,
dicessero: E
Ma
andava
esausto
,
a
letto
i
,
giorno gliapparivano come
personaggi veduti
nel
gliesponevano
mirabilmente
le condizioni vere
del collegio
eglidi giorno non sembrava vedere. Il teologo,
glialtri,che era un suo parente, glidisse nel
fantasmi, e
,
che
fra
sogno:
—
sono
Tu
sei venuto
a
storia. Strana
fare
un
romanzo,
e
zioni
le ele-
idea la tua, di voler
eoa-
360
—
vincere la
coi discorsi.
gente
li comanda.
conchiuderai
era,
E
prima.
tutti
disagipatiti,
re
i
nel
viaggio
discorsi gliportaronoun
ciò gliparve
come
e
,
,
,
suo
nativo
paese, erano
Avellino poi
del
chiamato
vano
per liberarsi da lui avecui combatteva
il candidato , contro
trovato
Sanctis. Così
egli
,
vincendo
consolidato il tiranno,
aveva
il
Tutto
Michele,e che
Don
il De
la maggioranza
avrai
competitore.Ad
collegiov' era un tiranno
i voti
che
seppe,
fu.
così
disfatta.Nello stesso
aumentati
il
—
di soli venti voti
una
nulla
,
di
chi
di ballare essi,ed è lui che li
Credono
fa ballare. Non
aumento
Tempo perduto! Bada
della situazione. Gli elettori hanno
alla chiave
tutti i
—
e
il
pretendente,
le
alimentato
aveva
passioniche voleva spegnere. Il Viaggio elettorale
dei
e
di quel collegio
è la più viva
fedele pittura
,
suoi
abitanti ;
in certe
la prova
basta avere
è anche
ma
lotte,non
che
una
,
cere
per vin-
mente
periore,
su-
soprattuttouna mente critica.
lo abbandonav
Questo suo ingegno critico,che mai non
fu ad un
tempo cagionedella sua forza
Quando si
della sua
debolezza nella vita politica.
e
le condizioni varie dei partiti
trattava di esaminare
alla Camera, egliriusciva spesso d'una penetrazione,
e
d'
una
Quando
eloquenzache
una
faceva restare
tutti ammirati.
o parlamentare
politica
megliod'ognialtro esporla,
vinazio
divolta ebbe quasi una
situazione
nuova
si
eglisapeva
presentava,
determinarla, e più d' una
La
dell'avvenire.
sua
autorità
cresceva
rapidissimamente aiutata dalla convinzione
dallo
si lasciava mai accecare
che egU non
generale,
spirito
partigiano e che la sua parolaera sempre
allora
,
,
361
—
l'espressione
del
la questi
menti
mopiù puro patriottismo.
egliriusciva
della coscienza
un
vero
e
—
ad
la
essere
nazionale. La
del paese e
vita diveniva allora
vera
voce
sua
buna
ed eglipoteva dalla triapostolato
politico,
colla stampa avere
sul popolo italiano la medesima
influenza benefica
cattedra
che
,
aveva
dalla
avuto
tamente
giovani.E questo lo condusse ripetupiù alti ufficidello Stato: rieletto sempre
sui
ai
tre volte ministro,governatore di Avellino
deputato,
in tempi difficilissimi,
della Camera.
vice-presidente
d' intendere o spiegare
Quando però non
si trattava
allora
gliavvenimenti, di continuare il suo apostolato,
nelle analisi
spesso glisuccedeva di distrarsi e perdersi
degliuomini
intorno
quale non
ad
a
e
delle cose, mentre
tutto
tava
mu-
la
rapidità
vertiginosa,
tempo al tempo. E si trovava
lui,con
lasciava
indagarele
che
cause
una
il
,
d' una
significato
zione,
situa-
giàscomparsa, per dar luogo
ad un' altra
che egli non
avvertiva. Allora
niva
vedi non
alcun senno
accusato
di
avere
pratico,
non
nella
comprendere queglistessi avvenimenti
dei qualiera stato altra volta dichiarato
intelligenza
maestro, e i più mediocri credevano di poterlo
patire
comed anche
peggio. Cosi perdeva a un tratto
la sua
che poirapidamente riacquistava.
popolarità,
E tutto ciò fu a lui cagionedi molti dolori,
perchè
di tutto eglisi rendeva
conto
chiarissimo,vedendo
anche dove e quando i suoi accusatori avevano
gione.
raSi espandeva allora ingenuamenteco' suoi più
intimi,e quasi cercava
nel cuore
e conforto
rifugio
quando
essa
era
,
,
immutabile
dei vecchi
scolari
affettuosi sempre,
non
,
mai
che
trovava
ratori
ammi-
adulatori. La
sem-
362
—
-
la bontà, la ingenuitàdella sua
natura
non
plicità,
tava
apparivano mai così chiare come
quando egliascolsolo i consigli,
anche i rimproveridi
non
ma
coloro del cui affetto non
poteva dubitare. Ed era
questala ragioneper la quale veniva da noi amato,
di più in quei giorni
stimato e venerato
appunto, nei
vano
lo abbandonava, e tutti sembraqualila popolarità
contrari o indifferenti.
essergli
quanto
E intanto,mentre
lo distraeva alche la politica
daglistudi
una
nuova
neir
poesia,
non
pure
critica sorgeva
tra noi, dove
non
che
,
in
abbandonò
Europa,e
veniva
mai,
anche
ebbe
ben presto valorosi cultori.Nella
è l'opera,
V' è un elemento che non
arte
è la creazione
così mirabilmente
individuale
dell' artista
,
di cui
occupato il de Sanctis;ma
s' era
dello
creazione impersonale
una
popolare,
le leggende,i racnazionale. La mitologia,
conti
spirito
anch' esse
i canti popolari la lingua sono
e
la
creazione
un' opera d' arte, una
ma
sono
poetica;
un
lavoro
,
creazione
d' un
essere
collettivo che
si chiama
popolo.
forma il
quelloche
primo artista
materiale poetico,
di cui il genio s'impadronisce
poi,
E solo quando
dandoglila sua impronta personale.
r anima
si compenetra con
dell'uno
si confonde
liade
L'Ii grandicapolavori.
quelladell'altro,nascono
la
r Odissea sarebbero stati impossibili
senza
e
creato
che aveva
grande anima del popolo greco
è lo
prima la linguae la mitologiagreca. Omero
che
che si personifica
stesso della Grecia
spirito
acquistacoscienza di sé,e il lavoro dell'uno è ineillavoro dell'altro. Apritela Divina
senza
spUcabile
Commedia, leggete,
gustate,ammirate pure, e faEsso
è il
,
,
,
,
,
364
—
ad
—
indaginestorica più sicura
più scientifica,
Ma
è anch' essa
quasi sperimentale.
rito
opera dello spiChi vorrebbe, chi potrebbe nella storia
umano.
solo i genii e gli eroi, sopprimere il poconoscere
polo,
che spesso compie le opere più grandi? E può
una
,
la scienza
s' avvia
dimenticarlo
ad
il
essere
moderne
storia
vedete
metodo,
della letteratura
fatte, un
sono
interi
,
forma
nuova.
che
più,col
è
come
noi
materiale
il De
metodo
cietà
so-
vati,
arri-
siamo
itahana ? Nuove
periodi della
suo
esso
trasformare,rinnovare
a
immenso
Questo
in cui
momento
un
personaggioprincipaledelle
? Non
col nostro
in
storia
Sanctis
ricerche
si è
nuovo
hanno
non
la
si
colto
rac-
preso
una
fece, e, quel
divinatorio
personale,
non
può fare.
si
Il
metodo
suo
non
solo è
incompiuto
,
ma
devia
la
gioventù dal retto sentiero. Noi diciamo: cercate,
vinate.
dimostrate; eglidice: contemplatee indoindagate,
Né
brani
vale, come
si è fatto,il citare molti
lore
opere, nei qualiegliriconosce il var avvenire
scuola ; raccomanda
della nuova
delle
e
pur
sue
dei fatti;dice che
la ricerca
la storia della nostra
letteratura è
che precedaun
senza
impossibile
farla,
che ne formino la
monografiescientifiche,
lavoro
di
nuova
base
del
lui
sta
ed
sua
necessaria.
Tutto
ciò basta
a
dar
prova
ingegno,ma non della bontà del metodo da
critica non
La nuova
adoperato e consigliato.
nel farlo,
nel dire quelloche si deve fare
ma
lo ha fatto. Si possono
leggeretutta la
eglinon
Storia della letteratura,tutti i suoi Saggi,senza
suo
trovar
,
traccia d' alcuna
ricerca
fatta sui manoscritti,
365
—
d' alcuna correzione
dei
o
la
vogliad' informarsi
più importantiresultati
più valorosi
assai
egli
pure
nep-
ottenuti dai nostri
i suoi
migliorilavori
fatti senza
Il suo
todo
meprenderne cognizione.
in opposizione
è quindichiaramente
col nostro:
sono
0
dei testi (1).
Anzi
riscontro
o
iltempo
ha avuto
non
—
,
e
è falso r uno,
o
spesso
falso 1* altro.
è
del suo
le conseguenze
assai ben chiare nella Storia
E
egliscrisse
fare,né
senza
che tanto
d'
una
da tutti una
che
una
Federico
raccomandava
splendidacollezione
di
su
origini,
nografie,
quellemo-
base
come
è
tener
di
conto
storia letteraria.Essa
II, senza
voi le vedete
della letteratura,che
tener
storia. Incomincia
fatto sulle
metodo
saria
neces-
stata dichiarata
Saggicritici,
più
Giulio d'Alcamo
con
paroladell'immenso
cui s' è scritto
una
e
lavoro
mezza
ciclopedia.
en-
Niente sulla formazione
della lingua,
niente
sui moltissimi scrittori medioevaU
pra
sopiù antichi
quando arriva al
,
generidi letteratura. E
secolo XV, ci parladel Poliziano,del Pulci e di Lorenzo
dei Medici, ma
più che altro dei loro scritti
salvo alcune eccezioni,
italiani.Degli eruditi che
interi
,
non
crearono,
,
nulla di estetinei loro scritti latini,
camente
grande davvero, ma che pur trasformarono
il pensieromedioevale nel pensieromoderno, appena
dice qualcheparola,
saltando cosi a piepariun intero
periodoletterario.Scrivendo del Petrarca,eglistesso
ci dice che parlerà
solo dell'autore del Canzoniere,
perchè quellosolo è sempre vivo ; il Petrarca eru(1) Uno solo dei suoi ISaggi,che
già noto.
io
cita
ricordi,
un
scritto
mano-
366
—
dito,che iniziò il gran
per lui morto,
è
e
non
—
movimento
del secolo xv,
E questonon
parlarne.
occorre
capricciodel De Sanctis,ma
un
del
metodo.
suo
del
e
dirci. Se
deve
suo
Quando
autore,
una
stile medesimo
suo
,
di due o
qualità
subito vigore.
Se
volete
tre
o
eglinon
più che
sa
secolo
,
deve
sità
neces-
si tratta d'un
non
parlarcid' un
vera
o
frasario astratto,egheliano,
monotono,
il
è
cade
polavoro
ca-
cosa
in
un
infiacchendo
con
spiegarcelo
le
e allora ripiglia
grandiscrittori,
quelleparti
pigliate
della sua storia o quei Saggi,in cui più mirabilmente
sembra
darci il carattere
d'un periodoletterario o
il suo
storico. Pigliate
celebre saggio,L'uomo
del
Guicciardini. Quest'uomo,che ilDe Sanctis con tanta
ne
ha
evidenza
avere
una
prova,
descritto,savio, misurato,
intelligente
dotto, senza
senza
abnegazione,
religione,
prudente,
è la
fede, occupato solo del suo particolare,
senza
chiave
di tutta
la filosofìadel Guicciardini,
è l'uomo
la superiorità
le,
intellettuae ci spiega
Cinquecento,
morale dell'Italia.
Nulla di
la debolezza politica
e
più vero, di piùeloquente,di più evidente. Ma questo
è una
non
invenzione,una creazione personale
uomo
trovato già formato
del Guicciardini,che lo aveva
nella sua
propriacoscienza, e nel suo secolo. Come
s'era esso andato formando ? Quali condizioni,
quali
del
necessità storiche lo
attraverso
;
avevano
reso
inevitabile? Come,
le lotte dei Comuni, della Chiesa
e
pero
dell'Im-
la distruzione delle antiche istituzioni; la
tazione
mu-
delle arti,delle scienze,s'erano
delle lettere,
in lui distrutte la fede, la
si
era
e
l'abnegazione,
religione,
generato1'egoismo? Questo
è il
problemadi
367
—
cui il De
Sanctis
La
—
si occupa,
non
critica si ferma
sua
di cui noi ci
e
là dove
cupiamo.
oc-
il lavoro
vuole andare più oltre,perde
e se
personalefinisce,
altri tre o
la sua
Col Guicciardini,con
originalità.
quattro autori, e con le loro opere, eglici spiega il
E tutto que-'
secolo,di cui gliuni e le altre sono
tìgli.
sto deve farsi con
metodo personale,
divinatorio,
un
curo.
metodo
s'è già trovato un
mentre
e sisperimentale
Tali sono,
moderni
Che
in sostanza, le
alle opere del De Sanctis.
alla
critica abbia reso
grandiservigi
nuova
scienza,non
discuterlo,perchèè
occorre
stessa evidente. Ma
in
deve riconoscere
essa
cosa
per sé
che il nuovo
ai problemidi cui si occupava
può applicare
il De Sanctis,e non
può quindirisolverli.Si è
si
non
equivocoquando
un
alcuni
scrittori fanno
la
metodo
che
accuse
si dice che,
se
l'un metodo
è
l'altrodev'esser falso. Bisogna dire invece, che
vero,
essi si
compiono
a
del Boccaccio. La
vicenda.
Apriamo ilDecamerone
letteratura ci fa la storia
nuova
dei
menti,
decompone ogni novella nei suoi eleprecursori,
letterarie o storiche
rintraccia le origini
e
ne
in tutte le precedenti
letterature,
qualchevolta fino in
Oriente. E compie tutto ciò con un metodo
rigoroso,
dimostrativo,sicuro. Arriva cosi a tutto quelloche
esisteva del Decamerone
prima che il Boccaccio vi
soffiasse dentro
in che
la vita. Ed
modo
questo
se
ora,
avvenne,
rimasti sino allora in
si vuole
e
come
nare
esamii personaggi
vago, incerto,
astratto, acquistaronola realtà poeticache lirende
immortali
nel mondo
stato
uno
dell'arte
il metodo
,
storico
scientifico riesce insufficiente
;
bisognaseguireuna
altra via. che è
Sanctis.
quelladel
De
,
368
—
—
biamo
più chiaro. Noi abAggiungoun esempio ancora
leresca.
oggi interi volumi sulla nostra poesia cavalSi è fatta la storia di tutti i personaggi
del Pulci,del Boiardo, inseguenpoeticidell'Ariosto,
doli
i secoli,attraverso
attraverso
Il
tutte le letterature.
Rajna è riuscito,con una
professore
un
incredibile,
ingegnoammirabile,ad
ciò,ed ha
anche
trovato
veranza
perseesporre
i due
poemi quasipopolari,
che il Pulci ha cucito imsieme, cavandone
irsuo
MargariteMaggiore, il quale cosi risulta dimostrato
tutto
non
in
ed
da
le
altro che
essere
un
un
rifacimento. E noi
certissimo,qualisono
modo
le modificazioni
inventati da lui,qualisono
episodi
lui portatenei personaggi
preesistenti,
qualisono
che di sana
ottave copiate
pianta,quali
poco meno
le modificate,e in che modo
assoluta alle
certezza
una
qualiil
De
rifacimento
poemi,che
modificate.E tutto questo
che
indaginescientifica,
d' una
è conseguenza
con
sappiamo
i pochipersonaggi
Sanctis
non
del Pulci
sue
sarebbe mai
però ha
condannati
reso
arriva
conclusioni,alle
arrivato. Questo
immortali
due
rimanere
sepoltinelr oblio. Il poco che eglivi ha aggiunto,è appunto
ciò che ha dato l'immortalità estetica a quei personaggi,
che
erano
sarebbero
a
restati eternamente
morti
nei
In che consiste il valore di questo
poemi popolari.
poco, che v' ha aggiuntoil Pulci ? Ecco il problema
storico e sciensi può risolvere col metodo
tifico,
che non
con
ma
lersi
quellodi cui ilDe Sanctis sapeva vacritico
megliod'ognialtro,e che anche il nuovo
deve seguire quando non
vogliafermarsi a mezza
via. È questo un lavoro, se si vuole, d' ispirazione,
il metodo
che non
scientifico,
né,
s'insegnacome
due
,
369
—
esso, si trasmette
come
—
aglialunni. È più che
altro
r effetto del
genio e delia divinazione artistica del
critico,
todo
perchè sarà sempre difficiletrovare un meche insegni
la bellezza
a
provare e misurare
estetica dell'opera d' arte.
Certo,se il De Sanctis
per
i nostri
sarebbe
unire in
una
bastanza
potuto vivere able due critiche,
tutti
come
avesse
cercano
migliori
oggi di fare,la sua
stata anche più compiuta.
Ma io non
alcuno,nella letteratura
che lo
superiin quelloche
In questo egliebbe una
è anche
l'opinione
espressa
nostra
o
opera
sco
cono-
nelle straniere,
fu veramente
il
suo
genere.
E tale
originalità.
vera
da alcuni dei
revoli
più autoqualiciterò
seguacidella critica nuova, fra i
lo Zumbini e il D'Ovidio. Per capir davvero
tutto
il valore del De Sanctis
seriamente
per giudicare
lato accanto alla
l'opera
sua, bisognametterlo da un
,
critica nuova,
da
un
altro accanto
alla vecchia. Io
prendo in questa il più autorevole, colui pelquale
ho la reverenza
d'un discepolo,
l'affezione
d'un figlio.
E
la Storia della letteratura del de Sanctis
pongo
accanto
a
quelladel Settembrini. Questa, non
i suoi moltissimi difettie
e
che spesso
sono
ostante
le molte critiche,
che ebbe,
meritate,resterà sempre
lavoro
un
Essa è l'ultima battaglia
che il grande
pregevolissimo.
vecchio patriotta
combatte in favore della sua pae
tria.
La
letteratura
non
è per lui altro che
la manifestazione dello
suo
cammino
r anima
la libertà
il
nazionale;
spirito
la virtù
e
il suo
cammino
verso
clero,dai tiranni domestici
D« Suietis.
che
per
,
sono
grande del Settembrini,
cosa;
dal
verso
la formazione,
e
una
la
sola
e
desima
me-
indipendenza
stranieri.
84
370
—
—
Tutti i
grandiscrittori sono, debbono essere
tutti i guelfi
0
non
nei-guelfì
possono
bellini
ghiessere
nace,
grandi scrittori. Questa convinzione è in lui cosi tecosi profonda,che, come
ogni passionevera
e
sincera, divien sorgente d'eloquenza;
ma
eglivede
i fatti attraverso
e
una
si trova
però
lente^ che
altera il colore,
ne
spesso fuori di strada. Il Settembrini
era
gusto letterario;
aveva
; ammirava
i
bene. Non
assai
conosceva
superiore
,
sicura. Ma
coscienzioso
chiaro,preciso,
classici italiani,
latini,
greci,e li
la
non
suoi scritti con
sofico
ingegno filo,
eroica
non
critica
si trasfondeva
nei
potenza, che lasciò pagine
tale
una
un
erudizione
vasta
anima
sua
aveva
le
derne.
qualiresteranno immortali nelle letterature moTanto più immortali
quanto più lo stile la
la potenza dello scrittore
tutta l'eloquenza
e
lingua,
dalla grandezzaeroica di quell'animoonenascono
sto,
noi non
e
possiamo separare l'ammirazione pel
,
,
letterato dall'ammirazione
per l'eroe. Quest'uomo che
interrompevapiù volte la traduzione di
nell'ergastolo
Luciano,
sua
cura
e
conforto continuo,
stecchini per mandare
che passava settimane
mano
li induceva
un
per
a
un
del loro obolo le vittime
soccorrere
tremuoto, scrivendo
riuscito
gioiadi poter
quest'uomoera
essere
fratello:
un
momento
sono
di
mente
final-
questebelve la
onesti e pietosi;
a
che dinanzi alla tenza
prepodi fronte alla morte
diveniva un
quellostesso
dei tiranni
leone. E
poi al
far sentire anche
a
lavorava
regalo ai piccoli
nipoti
;
le tord'impazienza
per avere
retto
ad essi inviare;che giravacol berle celle degliassassini ed omicidi,e
torelle che voleva
in
e
,
quando si
trovava
in tali condizioni,
il
suo
372
—
nelle braccia
entusiasmo
ed
finalmente
avere
la rendono
dei fratellidel
Settentrione,
patria.E questisono
una
è scritta anche
cui
con
—
la
storia,e che
sua
non
grande lavoro letterario,
difetti.Noi seguiamo con ammirazione
i molti
ostante
un
che
lietissimo
arriva
i sentimenti
alla fine del
,
tore
l'au-
lungo
suo
viaggio perchè eglivede che il resultato di tutto
il lavoro dei nostri prosatorie poeti,finisce col far
V immaimmortale
gine
sorgere dinanzi a lui splendida,
dell'Italiaunita, libera,grande,soprattutto
onesta.
Ed a quelliche gli dicono che la poesia oggi
fra noi, eglisi volgesdegnoso,ed esclama:
è morta
la poesiain Italia? E dove trovate voi
Come ! morta
luzione?
un
più bello più grande della nostra rivopoema
vedete i nostri eroi quanto sono
Non
belli,
più belli certo di quellid'Omero ? E lo dice con tale
tale eloquenzaingenua vera
semplicità con
tente,
poche noi sentiamo
e di
vogliad'inginocchiarci
il patriotta,
che si è come
nanzi
diadorare
trasfigurato
nalza
ai nostri occhi. La sua
immagine sorge, s'incina
quasi fino al cielo;eppure ci sembra cosi vi,
,
,
a
ciò
,
noi, anzi è
perchè la
come
irrefrenabile
irresistibile,
in
è il germe
Ma
se
ogni
dopo
accanto
convinzioni
Il De
sete
di
cuore
da
di onestà, della
una
quale
uomo.
tembrini
poniamo la critica del Setferenza!
quelladel De Sanctis, qual dif-
a
ci fa vedere
la
attraverso
sua
politicheche
Sanctis
stessi! E
ciò noi
Il Settembrini
letteratura
noi
grandezza nasce
eroica
sua
parte di
una
,
,
ci fa vedere
la storia
grande anima
egliintroduce per
della
le
sue
,
tutto.
la storia della letteratura
373
—
attraverso
lo
che
degliscrittori,
spirito
Questi ci dà le
le
cose
come
—
nel
erano
ta.
crea-
furono, queglici dà
come
cose
T hanno
L'
spirito.
suo
una
è
storia
critica,l'altra è critica subiettiva.
Coloro che, in
il De
nome
della
nuova
di vedere
Sanctis, e credono
scuola,
accusano
il mondo
più da
si avnon
vedono
spalle,
che rivolgonoglistrali contro il propriopadre.
Se il De Santis non
avesse
sgombrato il terreno
dalle mille
rettorici e patriottici,
dai mille pregiudizi
si
formole e regole vuote, la critica scientifica non
trionfalmente fra noi. Era
sarebbe potuta avanzare
necessario
dell'arte,
proclamarprima la indipendenza
nel lavoro personaledell'artista la storia e
trovare
le leggidello spiritoumano,
trovar
poi,
per poterle
nel lavoro impersonaledel
metodo
con
più sicuro
popolo.Questo era seguito anche in Germania, dove
critica. E quando si vuole giudicare
nacque la nuova
isolandola permal'operadel De Sanctis,separandola,
nentemente
da tutto quelloche s'è fatto di poi,quasi
si pensa a
l'una fosse la negazione dell'altra, non
quelloche avverrebbe, se il metodo scientifico e rigoroso
fosse separato per sempre da quelleanalisi letterarie
ed estetiche,
nelle qualiil De Sanctis era maestro.
fossero il complemento naturale
Quando esse
non
della nuova
critica,questa ci darebbe solo la notomia dell'opera
la vita che l'anima,e
d'arte,senza
si perderebbelo scopo principale
a
cui, in sostanza,
alto,perchè sono
saliti sulle
sue
,
mirano
fu
tutte le ricerche
sulla letteratura. Il De
ctis
San-
grande risvegliatoree liberatore dello spirito
nazionale, un grande apostolodi libertà politica
un
374
—
—
libertà
di
e
del
che
pensiero
sola
e
cui
fu
e
il
suo
egli
quel
un
letteratura.
medesima
cosa.
storico.
valore
arrivò
a
toccare
In
Ma
ciò
il
la
vero
genio
critico,
posto
assai
splendido
lui
per
,
sta
il
che
nella
significato
suo
che
gli
una
principale
mezzo
meta,
erano
storia
prefissa,
s'era
assicura
con
per
della
pre
sem-
nostra
LETTERA
DELLA
SIGNORA
a
PASQUALE
Gentilissimo
Neil' inviarle
vi
DE
SANCTIS
VILLARI
professore,
le Memorie
del mio
aggiungo alcune notizie. Ella
ed io mi fo
un
come
me
esso
della nostra
l'ha
me
la sera,
chieste,
alla buona,
cosi
piacerescrivendogliele
la raccontava
sco,
France-
amato
nei
primi
anni
felice unione.
Il 15
l'
maggio 1848, giorno fatale a Napoli ed alsotto i colpidegliSvizzeri,
Italia,eglivide morire
il suo
la
caro
discepoloLuigi La Vista. Perduta
italiana, cominciarono
gliarresti,e fu
allora che, pregato, anzi scongiurato,dall'ottimo barone
Cozzolino, a seguirloin Cosenza , egli dopo
nel suo
avea
ripetutenegative accettò. Il Barone
trabocchetto, e gli
con
un
appartamento una camera
disse :
Caro De Sanctis, qui voi starete sicuro.
Scorso un anno,
in quellacasa
un
venne
nipote del
causa
tra
noi
,
,
—
—
Cozzolino, ed allora il Barone,
glidisse:
—
Professore, pare che
dimenticato, quindi,se
chiamato
De
il Governo
credete, potrebbemio
Sanctis,
vi abbia
nipote
dormire
al posto vostro, essendo ora
eglifuggiasco e
fu la risposta,
crede
e
perseguitato. Faccia come
passò ad abitare un quartierinosuperiore,col figlio
—
—
376
—
del Barone.
Volle
—
occuparsidella istruzione di questo
giovanettoe della sua sorellina. Così
amato,
rispettato
più che parente da quellabuona famiglia,
passò qualche anno.
Finalmente,avvicinandosi una volta il Natale, egli
Se credete,ora che
parlòin tal modo al Cozzolino:
la polizia
si occupa più di me, vorrei
borbonica non
recarmi
a
Morra, e passare nel seno della mia famigha, accanto al mio caro e vecchio padre,questi
giornifestivi. No, De Sanctis,
risposeil Barone, ci
,
—
—
dareste
un
dolore
che vi
poveri figliuoli,
Transigiamo.
potrebberorassegnarsi.
e
,
tanto
amano
non
,
Farete
i vostri.
con
del
Ma
Natale,
dopo
del Barone.
noi il Natale
con
—
,
l'ora fatale
d'
il capo
anno
e la vigilia
giunta,
all'uscio
picchiava
Il servitore ai replicati
Tutti dormivano.
levò
Due
:
risposero
e
era
e
la mezzanotte, si
colpi,si
voci
i miei
chiese:
Chi siete? Chi volete?
—
Siamo
gliuomini
—
della
polizia,
lo scompiglio,
la confusione,
apritesubito. Si figuri
lo spavento di quellafamiglia.
Si corre
subito all'idea
dell'arrestodel nipote;
invece essi,
ma
entrando,
chiesero del sig.Don Francesco
De Santis. Il Barone,
preso da rimorsi per avergliimpeditala partenza,
girato
impazzare.Essi, dopo di aver
pareva
—
—
dov' erano
su
per r appartamento , montarono
,
De Sanctis ed il figlio
del Barone, che dormivano
il
un
I due birri picchiarono
e profondo.
tranquillo
finché la loro vittima, destata,esclamò:
quell'uscio,
Chi è che ci svegliaa quest'
È qui.
?
ora
sonno
a
—
Don
—
Francesco
allora comprese
De Sanctis ?
tutto
in fretta,aprì la
e
,
—
risposeroessi. Questi
balzato di letto , vestitosi
ma...
finestra,
misurata
,
l'altezza,
377
—
—
saltare nel giardino.
Aperto
impossibile
allora 1' uscio, baciò il giovanetto
Barone, diede un
dai
addio a quella
desolata famiglia,
ammanettato
e
gendarmi,fu condotto nelle carceri di Cosenza.
vide che
Io
non
era
ricordo la durata, né
le sofferenze
conosco
vide più alcuno. Un
quella prigionia.
Egli non
zia
giorno si presentaronoa lui delle persone di polidi
glidissero Ella andrà in
domani.
sulto
Egliebbe un susdi piacere all'idea di rivedere qualcunodei
del padre.Ignorava,posuoi, che potesse parlargli
verino
fin dove giungessela crudeltà borbonica.
dotto
Dopo pochi giorni,scortato dai gendarmi,fu connella capitale,
sotterraneo
rinchiuso in un
e
del Castello dell'Ovo, fu dato in custodia al tenente
al governo. Fu messo
conte Santo Vito, tutto ligio
in una
fìnestrina in alto,
una
con
piccolacamera
che dava appena un
barlume
di luce. Una seggiola
letto composto di due panche, due tavole e
un
e
che
tutta la mobilia. Entrato
erano
un
pagliericcio
Sig.De Sanctis
Napolie presto.Forse
:
—
,
,
—
,
,
grossichiavistelli ed
si dovesse mai
lui parve
che non
a
più riaprire.
farò qui solo
Chiedeva
sé stesso : Che
senza
a
libri? Certo
carta
senza
impazzirò.Stanco per
mille pensieri,
su
quel lettacelo,e il sonno
gettossi
dimora
di
tardò a venire. Quel bugigattolo
era
non
di ragni che divennero
grossitopi,di scarafaggi,
poi suoi amici. Cominciò ad alimentare i topi con
gliavanzi del suo magro desinare i ragni con le
mosche. Veniva anche un gattoche egliamava
to;
tanbel giorno,uno
dei carcerieri,per brutale
ma
un
crudeltà,lo uccise dinanzi ai suoi occhi,ed egU
fu, r uscio
venne
chiuso
con
,
,
,
,
,
378
—
ne
fu
sine alle
commosso
il Santo Vito
—
Il primo giorno,
lagrime.
glidisse: II governo dà ai detenuti una
minestra
di legumie del pane, oppure 1'equivalente
in denaro.
Il De Sanctis rispose: Rifiuto V uno
l'altro. Ah! siete dunque ricco,replicò
il Santo
e
Io sono
Vito, e allora perchè congiurare?
povero
—
—
—
—
—
di denaro
superbo,e
di cervello.
ricco
ma
,
marcirete
bufiante,il Santo
in
Vito
questo carcere.
a
vostra
gran
Tutto rab-
—
cosi sei
dicendo
nuovo,
:
—
Sanctis
il governo
libro
vi accorda un
scelta: volete un
? Questo vi divertire
romanzo
,
affatto
Niente
—
,
tedesca.
un
via. Scorsero
andò
mesi, quando glisi presentò di
SignorDe
Siete
—
Come
—
vogliola grammatica
! fate il liberale,e
lingua,e però ho
anche bisognodi carta e di penne.
Questo poisarà
Così fu
avrete la grammatica.
domani
impossibile;
fatto, e il De Sanctis da sé imparò il tedesco, che
gli fu assai utile negli anni di esilio a Zurigo,
tradusse la Storia della poesia del RoIn carcere
in Napoliil 1° e
senkranz, di cui furono pubblicati
?
—
Io
amo
imparare la
i Tedeschi
amate
loro
—
—
,
e
il 2" volume.
volta,il Santo
Un' altra
e
glidisse :
—
Oggi
vi fo
Vito
un
alla
tornò
prigione
levate
regalo.Vo-
bellissimo
notizie di vostro
padre; eccovi una lettera
della vostra famiglia.Ognuno può immaginare con
e con
qualipalpiti,
egliafferrasse quella
quanta gioia,
Il birro
dovè impallidire.
lettera. Ma, appena lettala,
—
Che cosa
disse:
ad accorgersene,
e gli
avete ? Con due vostre paroleritornerà la calma e
non
tardò
—
la felicità nella vostra
scritta dall'ultimo
casa
de' suoi
paterna.
—
La
fratelli di anni
,
lettera,
15
,
e
380
—
—
dalle mie tasche, il
gento colonnati, che prendeste
giorno della
mio
e
che mai
A
—
andate
sando
pen-
Quelli servirono per la gente di polizia.
ora.
Allora
carcerazione.
—
favoritemi l'occorrente,
padre,che
danaro!
mi
del danaro.
mandi
capiteche
Non
perchè io
scriva
a
Che danaro
—
dovete subito imbarcarvi?
—
Sparsasila notizia della liberazione del De Sanctis,
vari suoi discepoli
furono a visitarlo.E così eglipotè
scrivere ad un suo
cugino,Giovanni De Sanctis,che
molto amava
di danaro ; e
perchè lo provvedesse
,
avutolo, s' imbarcò.
Giunto che fu
a
avvisati
Malta, vari Napoletani,
di
sole
queirarrivo, andaron a salutarlo a bordo. Il conDe Sanctis,
chiese allora,se questo Francesco
sicurato
Asl'autore di quellapoesia.La mia prigione.
era
che era
appunto quello volle scendesse
di sé ogni respona
su
terra, dicendo che pigliava
sabilità
in Malta restò
col governo
Ma
napoletano.
perchè stentava molto la vita. Pensò
poco tempo
,
,
d' andarsene
da alcuni
Torino.
a
suoi
che
egliamò
gioiagliesuli
suo
fu accolto
con
entusiasmo
discepolifra cui Camillo
più che fratello. Abbracciò
Meis,
De
,
suoi
pure
amici, Stanislao Mancini
Pisanelli. Uno
del
Lì
degliamici,
il secondo
e
con
seppe
Giu-
giorno
arrivo,visitandolo,glidisse,che il governo
agliemigratipoveri.
cinquanta lire al mese
vivrete ?
Ma
come
Egli rispose che li rifiutava.
dava
—
Dovrete
io
raccomandarvi
mi
non
in
una
via.
Dopo
—
a
qualcuno?
—
Niente affatto,
venti colonnati
ad alcuno. Ho ancora
scappello
dovrò aprirmi
tasca, e prima che finiscano,
E
poco
così fu.
tempo, dette
una
conferenza
gratuita
381
—
—
di Dante Alighieri.
L'uditorio
sull'Ugolino
ma
composto
conoscere
di persone intelligenti,
cero
che subito feil suo
merito. Scorsi altri quindici
giorni egline
,
da
Rimini.
fu ristretto,
La
dette
una
seconda
sulla Francesca
sala
di gente;il successo
rigurgitava
Cosi eglipotè scrivere nelle Riviste
superò r aspettativa.
Poco dopo,il Conte di Cavour gli
e nei giornali.
offriva la cattedra
di letteratura italiana nella Università
di Genova,
offriva la
e
la Confederazione
cattedra
stessa
Svizzera
nel Politecnico di
gli
Zurigo.
opposizione,
perchèlo confusero
dello stesso nome
col pastore protestante
e cognome.
le premure
di vari amici,
Ed egliallora, nonostante
con
gran dolore lasciò l'Italia e andò a Zurigo.Ivi
passò giornitranquillie direi anche felici se il
dolore della patrialontana non
nuamente
contigli avesse
A
Genova
si sollevò
,
punto
il
cuore.
,
La
sua
di
cattedra
era
solo
e nel passato la frequentavano
peiZurighesi,
cere
quattroo cinque studenti al più; ma egliebbe ilpiaoltre a trenta giovani.Ivi dettò ledi avere
zioni
sul Petrarca
cui scrisse poi un
volume.
su
lusso
,
Molte
altre delle
sue
lezioni d' allora si trovano
nel
primo volume de' suoi Saggi critici.Fu colà stimato
da tutti,senza
eccezione.
e
rispettato
Giunto r anno
1859, si presentòal Presidente e
Signore,la mia patriaè in rivolta è
gh disse :
della sua
liberazione.
E ilPresidente
giuntoil momento
io debbo ringrarispose: Caro professore,
ziarvi
peisentimenti che, col vostro assiduo lavoro,
ai nostri studenti
l'amore
avete ispirato
alle lettere
italiane. Il vostro posto non
sarà occupato,finché
mi scriverete non
voi non
il
essere
più sperabile
—
,
—
—
,
382
—
Il giorno dopo,
Egli ringraziò.
che tutto lieto si accingeva a partire,una
mentre
di persone
colte gli recava
da parte
commissione
del governo
bellissima e grande mesvizzero
una
daglia
d'una
d'argento.Da un lato vi era l'effigie
donna
rappresentante la Repubblica, dall' altro una
vostro
fra noi.
—
ritorno
—
,
la iscrizione:
d'alloro,con
corona
Sanctis
De
professoriesuli
molti
che
in
merito
di Francesco
Fu
Repubblica Elvetica.
la
nel lasciare
da
Al
compagnato,
ac-
Zurigo,dai suoi giovani e
di varie regioni d'Europa,
quei tempi illustravano
il Politecnico
col loro
ingegno.
Non
che
voglioomettere
1864
nel
Torino
A
il costante
dimostra
altro tratto
della
disinteresse
di mio
un
feci
,
Svizzero, il quale dicevami:
cosi
ancora
quando
Signora, suo
del danaro
amante
poco
—
marito.
del Ministro
conoscenza
,
vita,
sua
?
marito
Sappiateche,
Zurigo tutti i professoriebbero un
stipendio solo il signor De Sanctis
a
di
è
mento
au-
non
,
volle chiederlo.
come
gli altri
E
tutti ?
Svizzero
ringrazio.
risposta
—
Napoli,16
alla mia
Era
supera
la
Perchè
rispose:Ciò che mi
i miei bisogni, e
prima
Febbraio
domanda:
volta
che
avevo
non
dà
VEDOVA
Obblig.ma
DE
il governo
perciò la
una
1887.
Sua
fate
amica
SANCTIS.
tale
UFIZI PUBBLICI DI FRANCESCO
1. Professore
della Nunziatella
DE SANCTIS
nel
2.
Segretariogeneraledella
P.
3.
Professore
1856.
4.
Governatore,
nel
Zurigo
a
da
1837.
Istruzione
nel 1848.
poteri illimitati,di Avellino,
con
nominato
''^
Garibaldi
nel
9
giorno
bre
settem-
1860.
5.
dell'Istruzione, nominato
Ministro
nel
da
Garibaldi,
1860.
6. Eletto
deputato
del
poi deputato in
Severo,
Collegiodi Sessa nel 1861,
tutte le legislature
di san
ora
di
ora
Lacedonia
e
finalmente
di
,
Trani.
7.
Segretariodella
8. Ministro
al 3
del
9. Direttore
in
10.
Cavour
con
1861
Camera
Napoli
e
dei
Ricasoli
con
Marzo
Vice-Presidente
in
nel
dal 22
1861.
zo
Mar-
1862.
giornale V Italia
ed
Deputati
dal 1863
al
1867,
Firenze.
della Camera
dei
l'anno
Deputati nel-
1868.
11.
Professore
12.
Vice-Presidente
nell'Università
della Camera
1877; funzionò
quando
13. Professore
Maggio
mori
il Re
onorario
1877.
di
Napoli nel 1871.
dei Deputati nell'anno
da Presidente
V.
nel
1878,
E.
dell'Università di
Napoli,27
384
—
14.
Ministro
a'
15.
della
13
P.
Vice-Presidente
Ministro
al
17.
1
di
Gennaio
della
P.
di
e
dei
dal
25
1879
dall'
1872
1879
di
Avellino
anno
all'anno
mandamento
(1)
Caviamo
De
di
elenco
Sanctis
dal
pubblicato
per
,
De
20
Sanctis:
1884.
dicembre
28
1872
dall'anno
Morra,
1883.
questo
Morano,
1883.
tante
rappresen-
,
all'anno
nel
Deputati
Novembre
Napoli
dall'anno
provinciale
del
1878
1881.
1875,
Consigliere
18.
Istruzione
comunale
all'anno
Marzo
1881.
Gennaio
Consigliere
24
Camera
della
di
dal
Istruzione
1879.
Luglio
mese
16.
-
cura
di
di
memoria
M.
cesco
Franpoli,
Na-
Mandalari
,
Ivi
si
ore
11
anche
trovano
1817;
marzo
1883,
In
libro,
la
e
e
10
la
fede
data
precisa
minuti
a.
m.
di
della
nascita
sua
morte:
del
INDICE
Angelo
Ad
Camillo
Meis
De
v
pag.
Prefazione
*
^^
I.
Mia
nonna
»
»
II.
Zio
Carlo
»
5
»
III.
Zia
Marianna
»
t5
»
IV.
GenoviefFa
»
V.
L' abate
»
VI.
Domenico
»
VII.
L'abate
»
VIII.
Il marchese
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Il
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228
Francesco
Villari,
il 27
Stampa,
Signora
per
Manetta
De
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gennaio
Sanl'Associazione
del1884
Testa
»
333
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375
vedova
,
De
Uffizi
Sanctis
pubblici
di
Francesco
De
Sanctis
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383