LA FRANCESCO GIOVINEZZA DE SANCTIS GIOVINEZZA LA r»i RANCESCO DE SANCTIS FRAMMENTO AUTOBIOGRAFICO PUBBLICATO DA VILLARI PASQUALE NAPOLI GAV. ANTONIO MORANO, 1881) EDITORE f %éì\m ì^mmiii della Mh iiwte«"»w t\[t mnh ìnmm *"tla km t\t U km dmpnìt ptfpkik Uiìmm, ^t^^*"^ at«jiiai»i, tutte U Um ìnUwk u TS Tip \. N AD ingelolamillo Mio Io non Caro avrei questo libro,che le leis Camillo, il diritto di dedicare non è alcuno ad mio,,ed in ogni caso avrei Ma ho pensato che la prima interrogarti. tua veneraTJonepel De Sanctis, la tua grande modestia ti avrebhero indotto a porre innanTJmille dovuto dubbi, e forse mi Da un avresti costretto a mutar siero. pen- Sanctis discorre altro lato,qui il De della sua scuola, e venendo agli principalmente alunni,si ferma a descrivere il tuo carattere, e ti presenta ai la E lettori, qualeveramente come fosti, di essa. pilicompiutae schietta personificaTJone dunque lui stesso che ti dedica il suo libro. Molti anni sono passatida queigiornifelici, e studiammo pienidi speran:;e,nei qualivivemmo insieme. Quanti dei nostri cari compagni sono morti! Ma fra coloro che restano vivi tu sci j sempre quelloche serba della scuoia. Tu ancora più fostial intatta F immagine maestro il più il caro, nei duri della giorni domani il vivere a si tratto un del incerto povertà, sua volte, Quante d'esilio. fido compagno più come indosso trovò , del che amica, mano Si dell'esilio. età, per t'abbiano serbi innanzi di conculcata, il pane scarso risuonano ai salti antico da se tuoi subito lare cancel- i e la verità la come tua o voce, nei disinganni di bandiera, anni quaranta forse sventola vecchia negata di l'animo. del- gioventù momento un molti parlare, può malanni vigore: capo la viva occhi la di innan:(i ti sente i Ma difendere tu tuo chi gli anni, piegato. si tratta lo la era questi fatti più più ti vede, che ripigli sebbene tu Chi credere lui con dimmi, possono, oggi, Ancora nuovo divideva quale mai seppe memoria? dalla noi Né dimenticatoi d'aver credeva distratto, egli, sempre che danaro, la e giuslÌTJa indietro, la giorni tua in e rola pacui del le ombre morti La del i agita di essere vero, l'uomo lo deve del che E carattere. — la della e il governo, un della quale società, buona vita, ci a io ancora Lo la stile sincero, dello la come stile dignità che, sotto mille modi come l'annuncio parola il deve — parole, ci arrivavano si stretto, eleganza in bruna Sanctis, pugno queste cercava come De cittadino nel è che riappariscono del essere La la sorge quale ripete: deve novella, sento noi col onesto. ciò sala lampada alla egli tombe, della a pagni, com- loro luce baffi ispidi scrittore essere dalle vecchia dimagrato, ed cari più, nella dinanTJ i vedere di là sopra e nuovo; nell'artista è di braccio cui fioca E occhiali grossi il volta. nostri sorgere nuovo, alla cattedra, dei e allora pare patria, di dalla alta e la Bisi, Vico pende Vista per circondarti e Mi applaudivano. ti tanto della fremito che rompere cor- verità inva- deva la tutta morio, scolaresca. di come la per e puoi nostri ricordare che i si tuo da il bene cosi animi, me^p inor- mosso però sorriso, dei gioia raccoglievano, al Non inconsapevole tacito, sordo quel improvvisamente mare inaspettato? vento Ricordi tuo meva espri- quali in te ricongiungevano maestro. Pensando di di sopra te, prima tutto a mano, ed il ho tuo libro da movendosi avuto Scusa nome. ma il mi di tempo dunque, continua se ad è stesso se come appena interrogato, il questo, gito sfugverso scrivervi t'ho non amare Il P. sempre VlLLARI. tuo si PREFAZIONE Io solo le quando , ed degli occhi, malattia, che era Il De lentamente Pubblica di Sanctis Memorie, leva vo- le ma da una ribelli ad era sua uso alla ogni cura, ^li- ancora Istruzione cominci in- grave lo condusse colpito quando avevano nistro già scritto un'autobiografia, oppresso Questi mali, tomba. ho è su.e sto Que- negli ultimi anni della avexa quasi perduto V solo vita il lettore. come franmiento. un lasciarci lo illudere piccolo volume, frontespizio,non sul è debbo non fiirono e , non ultima a meglio fra le cagioni ritirarsi. Andatosene attendere casa, indebolito alla coll'animo e a salute sofferente queste qualche Memorie. Napoli, nella col oppresso, , trovare lo costrinsero che sollievo E di pensò nel cominciò per pria pro- corpo poter compilare a dettarle nipote Agnese, la giovane e buona eglidiceva^ quale fu d'allora in poi,come la sua la sua ed anche tuosa affetsegretaria, la moglie in infermiera aiutando questo pietoso ufficio. fu dal Il manoscritto poi riveduto De Sanctis e come quando poteva. Vi in fatti, si trovano j)iùvolte,correzioni di mio debito non e però io stimai sua mano; In alterazione. qualche portarvi alcuna ner luogo mutai la punteggiatura,per ottemaggiore chiarezza,e mutai qualche frase o parola assai raramente quando cioè si trattava di vere vertenze. e proprie inavnella In tutto il resto riprodussi 1' originale anche fedelmente stampa assai desiderabile stato quando sarebbe alla , , , , che l'autore Lo stile e e ricordano vengono r armonia e che frammento, il , noi ma quale volte tradiscono non qui molte; parole in tanto forma abbiamo spesso potè mo. dell'ani- i dialetti del di tanto della derlo. rive- nuovo linguapiù disuguaglianzesono frasi,che vero la di la stanchezza veramente Le potuto avesse zogiorno, mez- a bare tur- italiana. Il solo non anche ricevere un un zo abboz1' ultima XI dall'autore. I fatti non mano narrati con ritoma su assai rado sempre sono si ordine cronologico ; spesso quelloche già si è detto, e date vi si trovano di mesi di di o dosi porvele trattannoti agli fatti privati e poco facile sarebbe anni; ne , spesso di altri. Il De Sanctìs comincia a discorrere infanzia,sulla quale scende a di famigliatroppo personali, particolari che perciònon di molta importanza sono de' suoi per il lettore. Viene poi a parlare della sua studi giovanilie alla arriva finahnente , scuola da lui lungo,e con politicanon fondata, sulla quale si fenna a finisce. Della essa vita sua que, parola.Chi, adunsolo di ciò volesse saper qualche cosa, farebbe meglio a chiudere il libro. che del il professore, Qui c'è solamente rimase il carattere resto minante predosempre stessa chrei quasi la personalità del De e' è una Sanctìs. Non la storia dello vi troviamo neppure giacche quando si fermano, eglinon ave- scrittore , queste Memorie \ a scritto solo de' suoi Confesso quando la sola delle una Saggi che per sue opere un , critici. tutte vedova signoi-a queste ragioni, De Sanctìs mi XII fece r di mandarmi onore invitandomi il manoscritto, quanto pubblicarlo io esitai alpensando che la generaleaspettativa a , sarebbe e sapendo non si veniva a sa, parte deluquesto lavoro in gran stata se con di molto crescere la fama terari let- dell'autore. Pure, dopo averci ben consultato anche alcuni pensato, e dopo avere decisi amici,mi in forma a E pubblicarlo. ramente, ve- alla trascuratezza mezzo di ta, neglettao abbandonacon contrasto, risplendono, singolare alcune pagine d' una quenza evidenza,d' una eloe vigore tali da farci toccare una con mano essere un essere spesso il De Sanctis,oltre ad critico eminente, potesse anche come un artista. Ed vero in fatti fu questa qualitàappunto, quellache a farne poco Così solamente originale. non avere critico tanto un eglipoteva,dopo te esaminata,giudicataun'operad'ar- ricostruirla , mettendo sotto , occhi, con mirabile critica 2:"osizione di e tribuì con- essa. e i nostri evidenza, la decomla artistica ricomposizione In ciò sta tutta la sua vera propriafisonomia di scrittore. Ma v' è anche qualchecosa di più.Seb- XIII — bene in queste Memorie abbondino, come ho già detto, particolari di troppo secondaria chi le importanza,pure attenzione,vi trova legge con dele, ritratto assai fe- un della direi quasi, fotografia, una vita che si allora nel menava d'Italia. Vedrà quanto essa sera mi- zogiorno mezera vuota, prosaica,opprimente e deprimente. E che vi troverà era colà solo che anche il ritratto di ciò un privatoinsegnamento,il vi fosse allora le illusioni intorno fra di noi. Tutte esaltato quel tanto a insegnamentolibero,fecondo, originale, cadono dinanzi fatti, quale ce che certo Ma esse furono prosaica realtà dei descrive il De Sanctis, alla la doveva buon esserne cadono pur troppo , cagione di errori funesti , nel irreparabili e ordinamento nostro Nessuno studio di matematiche foi*se versita uni- nato regolare,ordi- di scienze , di giudice. dopo che naturali, di classici antichi nelle scuole secondarie. storia, E, se si fa eccezione di tre o quattro molto uomini davvero eminenti,non diverse dai erano le condizioni mento dell'insegna- il quale si cominciava superiore, alcuna sufficiente pregiovanisenza XIV vano questo s' aggiungeletture scarse noscenza coe disordinate, non di linguemoderne, non giornali parazione.A In tutta la vasta città politici. Napoli,il De Sanctis riesci appena a letterari di tutto trovare o un solo Caffè dal lontano tro cen- , mente frequentatoperciòquasi esclusivanel quale da negoziantiforestieri, tico poteva leggerequalche giornalepoli, si francese. È , angusto un orizzonte che soffocante , così ristretto ricorda la , Margheritadel Fausto^ quando, inginocchiata nel vede duomo, lacerata le nuira, sentendosi mancare avvicinarsi volta , e dai rimorsi, abbassarsi la esclama : , , Aria! Ma tali condizione a mai, in mezzo ingegnicosì appunto, si formarono critica così originale e una elevati, larga come quelladel De Sanctis,innanzi alla tica quale riesce meschina e pedantescala cricome che d' Italia , contiimava dove a prevalerenel di coltura i mezzi resto erano gegno? maggiori,e non punto minore l'inEcco quelloche queste Memorie, farci sono a incompiute come vengono comprenderemegliod'ognialtro libro che tanto , XV primo insegnante che a n(3Ì qui si presenticon una fisononiia propria, Basilio Puoti. In fondo egli è il marchese si conosca. è un Il della scuola retore minore con Non cultura e del Padre minore ri, Cesa- ingegno. scienza,ne vera critica letteraria. Disprezza le letterature ratura lettestraniere quasi tutta la moderna insegnane ne storia, , italiana. Nella e si studiano scuola sua i Trecentisti si gono leg- ed alcuni si traduce con pochi dei Cinquecentisti; eleganza qualche brano d'autore latino. Ecco tutto. Eppure questo nobile e venerabile na, signoredi antica famiglianapoletache liberalmente apre il suo palazzoa tutta la gioventùstudiosa,dedicando, con un mirabile ad un insieme la disinteresse, vita intera lavorando insegnamento gratuito; coi giovani, che ama come tigli, finisce coir esercitare autorità intellettuale un sua vero movimento su e di essi una tale morale, che produce letterario. L'ammirazione pei nostri classici, per la nostra lingua,fu in lui una passione,che infuse di essi, ne' suoi alunni, e che, per mezzo dalla capitalesi [u-opagòpoi nelle province. XVI questa scuola A evidenza che ci descrive incominciò con , il De ed venerazione con grandissima, affetto,si formò che — Sanctis. Fu dirozzare il essa spirito a dargliqualche sentore d' eleganza letteraria e di forma italiana, in tempi nei qualitutti imitavano gliscrittori francesi, a suo , studiandoli o spesso nelle cattive traduzioni, i nostri scrittori del secolo passato,che ni. anch' essi più francesi che italiaparevano Ma è singolareche di questa scuola del Puoti sia in lui rimasta non non traccia, delle buone, ne nessuna delle cattive di Ciò che eglipiù. qualitàeh' essa aveva. tutto disprezza, sono quellegrammatiche, quellerettoriche quei dizionari,su cui , tanto speso. Ciò di cui è lo studio della lingua, tempo si cura, forma. pura aveva Ciò che costituisce meno come il suo è la sponprincipaledi scrittore, taneità e naturalezza, quelloappunto che merito assolutamente sostanzialmente mancava , alla scuola del Puoti. Ma al Puoti egli pure moltissimo,perchè da lui fu da lui prese ispiratoall'amore delle lettere; apdovette a un come l'insegnamento risguardare nobile,un sacro e vi si dedicò ufficio, XVIII a pensare, lavorare così indipendenza, il maestro. I suoi Saggi scaturì più tardi la sua come gli scolari, critici, Storia da cui con della letteratura scaturirono essi , stessi da queste s'andarono il carattere, Di certo nelle qualiveramente lezioni, determinando la forma, della l'originalità ciitica. sua molte delle teorie letterarie che allora ci esponeva il De Sanctis che e , in queste Memorie, sasi rìtrovano ora rebbero oggi (cosìdice eglistesso) dei frutto luoghicomuni ». Ma quando erano della sua ri, propriameditazione sugliauto« noi le vedevamo e nascere e formarsi nella mente del maestro, che le esponeva scienza quellaeloquenzache viene dalla co- con d' come una una scoperta , miova esse ci vano appari- rivelazione , e la profondaimpressioneche producevano in j noi,stimolava potentemente la iniziativa E se del nostro pensiero. originalità in Italia co si riflette, che già do\ unque di studi,e si allora un minciava risveglio avvenire d'un nuovo sentore aveva poli tutto il magico tico si capiràfacilmente effetto di quellelezioni. E così in queste Memorie, senza (piasiche l'autore se lo e r , XIX al se o proponga si da cui risorgeva vediamo, con critiche, principale, che solo non conseguenza, in ma ancora me co- di lora al- fosse rie teo- nuove forse in parte, e di sentimento un Noi mano, letterario risorgimento teraria let- novella. vita tocchiamo quasi questo decadenza una a fa assistere ci avveda, ne con processo — parte rale mo- col rinnovamento intellettuale alla redenzione politica. Certo, , preludeva così noi per era tempio, un si Tutto ciò viene in tale nobile una formavano quale un pel professore, come la per io cuore Memorie, davvero sono storia nostra credo, un valore , Firenze, 19 palestra, e Novembre la nella mente. evidenza grande con queste aspetto, avranno il la scuola le quali, assai scritto desotto tanti impor- letteraria, ed permanente. 1888. P. Villari S^^sl CAPITOLO PRIMO NONNA. MIA sessantaquattroanni (I),e mi ricordo mia Ho morta come nonna, cucina,vicino accostando seduta. Aveva Uno e po'lo un , era le mani foco,con al Spesso pregava stese sul scanno , diceva e darsi scal- a quale il rosario. due pretie due ammogliati. quattro figli, in era Napoli si chiamava scuola teneva Carlo ; gli altri esiliati per le faccende erano zio papà, che Mia Peppe stava e a era nonna la bilancia si faceva di lettere , Roma I la ricordo in ieri. Me pur due del stavano a Ventuno, ed zio Pietro ; il quarto casa e si chiamava il capo uguale tra della le due era dro. Alessan- casa , neva te- e e famiglie, ubbidire. Giovannino Ciccillo e primogenitierano io. Si stava ero allegrie si faceva il chias, eh' (1) Nacque il 28 marzo 1817, in Morra Irpioa Provincia , d'Avellino. D« Stnetii. I 2 — so, correndo di a per 1' orto, e 1' inverno la allegria noi guida un malizioso vociare la sotto , cugino,già grandicello ogni giorno inventava che trastullo. Si lotta,alla cotal lato ; 'chiamavo opposto là tutta tutto lo 1' attenzione gittavogiù. Mi usavo lo sforzo da dell' poi d' improvviso urtavo e e schiena,a cieca. Io nella lotta facendo malizia, , giocava alle bocce, corsa, al salto sulla a nascondersi, gatta dal facevano un versario av- lato chioni, gli oc- capivanoperchècosi mingherlino vincere. E Costantino, quando si vedeva e dovessi per fanciulli si univano gran , qualche nuovo una riempiendo di Costantino nostro e alla Molti casa. si faceva e , — non si levava terra tutto , rosso e mi dava di pugni.Alla corsa poi andavo cosi in furia mi giungeva nessuno. Parecchie che non ore si passavano a scuola,e Pietro Donato eh' era il maestro, e e' insegnavaa declinare e coniugare, ci dava le spalmate,e ci prendeva per gran il collo dì che nonna quando non a si voleva si facesse correrci scappare. qualche dietro;e le orecchie. A me perchèdiceva eh' io non mi stavo e quieto: e in Non rottura , ci strillava voleva c'era un rompevo e gran mai verità innanzi e la ci tirava bene, niente a lei fa- il santo, cevo mi non naturalmente e se movevo, Ciccillo la se nonna non Giovannino; a niente Giovannino casa; Giovannino di qua, la era verità. tavola, in stavo e e bene; ma i diceva: sa zio Francesco che Parlavo papà, e spesso che il pane correre poco, che era volevano cosi si vociare e stìo, re- mangia. con stantin Co- con la faccia malinconica. avevo in ! mano dava gri- allegroe turbolento, uomo si mescolava ne la dama o questo libro con me Marta vedevano fare il tric trac , Sempre mi mi in stupido,e Costantino uno neppure piacevapiù di là. Ed metteva mamma che compagni Non Giovannino e chiamavano mi Mi Nonna di servizi leggere:facevamo a fa non io piattie bottiglie, cantuccio Maddalena. fa tanti zita stiz- di Giovannino Ciccillo Giovannino Quando rompeva un la madre e che è e , niente! diceva mai rispondeva: Gli mai dete dagli altri. Ve- mosso rompe e tranquillo ero fanciulli coi fare a il chiasso. Tra i miei a nostro cui piccoliamici volevo vicino , a faceva trovare la era sua un Michele bene gran figliod' visitarlo,e spesso un v' ed , contadino. mamma ìnigliazza.Quei bardi, Lomera un Andavo Rachele cibi mi gros- 4 — — solarli e quellemaniere alla buona mi piacevano assai,e stavo più volentieri e mi sentivo a turale, quella gente tutta alla napiù io in mezzo che in mezzo ai galantuomini, coi quali dovevo studiare i modi e le paroleper non rere pamale un A anni nove ci Napoli,me a la tenne grande,e di festiviella ci Nei stavamo testa capo Non Avemarie. , con e in le mani E Dio. cospettodi croce. fai? Fo disse: Che il lazzarone. da galantuomo e ridendo. E non io mi inginocchio e , non mi di volsi a me ufi in venne che e quella di maggiore umiltà posi lungoper terra, mi nonna guardò dicando inquello,diss'io, come da mi parendomi E mia Ma Noi giunte e la lei. Un come star cosi disteso fosse segno al ci faceva disteso per -tèrra so lo stesso di fare mesi. messa. vidi vicino e tutto stava due chiesa,e mani a per lei aveva sentire la e testolina mia lazzarone,che diceva a le con ginocchioni, bassa,pregando accanto po'la un Giovannino, seco menava fare le orazioni allegra.La e zio Carlo. Lo zio consegnò a venerazione vita passò questa ci condusse nonna e educato. tu devi pregare Iddio lazzarone,disse ella feci tutto rosso, dimenticai e mi rimisi più quel riso 6 — cinque classi — tutte disposte stavano stanza, le prime due più numerose le altre e r ai lati , tre nel mezzo, insegnava a tutte, S' incominciava dopo 1' altra. una zio degli scritti; poi e' era e la memoria a Si Cornelio Tacito. Un che e greci,con certo un sino nipote menava molto Zio teneva e di puoi leggere se voglia di leggere matta , pochi mesi in con comune avevo Una e volta tanto ingolfai fu un che mi gran veniva commedie Si tutti chiuso nella mia stavo e un a e mana la Storia Rolui ; sarai ma zitto, e ma una avevo quei volumi. da non giunto in segreto mi cameretta E cassone. quando classe. Io stetti alla terza e' Tucidide a Crévier,disse non sie. poe- quest'ordine. a , e il tori lunghi di scritordine,che da giornovidi molti libri in libri son questi? dissi. Sono di Rollin la assai rezione cor- ultimo in grammatiche,storie spiegavanobrani latini la con la costruzione testi latini ; spiegazionedei recitare nella stessa Me vorai dine che letto, Giovannino,e leggevo,leggevo. mi capitòil Telemaco, e mi che dimenticai , ridere in nelle casa. il mangiare, Leggevo tutto ciò mani, soprattutto tragedie, romanzi. della meravigliavano mia memoria, per- cbè, letto lungo ripetevotutto , filo per memoria del segno per ficcarci le del Falconieri , , le ariette del In vincevo queste gare Spesso sentiva In mi intendeva Giovannino febbre quella prima secreto, a di Carlo Bosco, quel uomo dotto Giovannino un povero alla r a me e ad me, e buono diceva io solo il che del mio compagni dimorava A ! E che noi ne noi, con la pareva Come nuovo. Anny, Leggevamo alcuni Araaduri. Tressilian rono capita- delitto. Giovannino un mondo bella lettura ci Scott. Walter fosse come rivelazione di per cose. di meglio di qualche pensionistache come alle parole, finamente. più lesse il Kenilworth e questa stretto teneva citavano re- memoria. a toglieva V impressione delle i romanzi in si io. Pure sempre mi facilità di memoria e latini di versi Tasso, i sabati Tutti Metastasio. centinaia del la Gerusalemme Goldsmith, storie del di grand'esercizio la rettorica Soave e , Portoreale, la grammatica i versetti del mente e quella scuola,dovendo in era anche discorso un parola a parola.Un spesso in udito o appena ho pianto provero rim- movevo preferivaa quelMa galante Leicester. aveva buon avviso. gusto, Ero e manevo ri- frenetico Varney, il contro ci Giovannino, leggendo, le bellezze. Io notava al tocco suonava musica troppo più Ciò che mi fantastica che facile a cui la storia dava altrettanto loro cos' 1' aristocrazia erano la che e' entrava mi e le descrizioni eh' era Giunsi dell' mi eccellente con le mie Impero pression im- m' al mio quelliappunto molta rezza tene- Chi in di avesse la e nato democrazia,il Senel mio cervello. molto commoveva era prattutto stesso, la parte poetica, so- in sé finali.E parte rappresentassero, e' entrava plebe,non il dramma e la si convertiva Cesare. contro restava e era Sentivo ragione,e quali cause e Ciò odio travano en- gerire. potessidi- innanzi e , quale , cervello sventure , torto. la Pompeo per di letture vinti ragione i avevano il maestro non Le grandemente cuore che memoria, sentimentale. e ci e corda mio colpivain queste più impresso nella tutto una Nel cose antipatici. spiegava dita; ma Giovannino. era ratteri falso,ca- furono come era delle l'uomo e mi d'allora quali fin i traditore delle battagliee piaceva molto in il le tastrofi ca- Goldsmith, queste rappresentazioni. letture sino alla formazione d' Occidente e d' Oriente. Come 9 — — più in là, trovavo andavo laberinto,e un me diveniva spaventavo. Poi la rappresentazione ne piiiarida sempre parte il e cuore ci e non scolorita, e me I miei noia. veniva ne pigliava , Epaminonda e Annibale. Pigliavo riche interesse per questifatti e persone stoin favore o contro, con che battagliavo favoriti erano tanto , passione una come pendessela di là se di concitazione una con , vita mia voce, la mia o morte. Qualche zio sera C piccolaconversazione. Nicodemo, Buono, del Nicola lettere latine Aveva materno. solo ; zio e diceva mi a del mio Zio romana. cosi e Don e , non segnava in- lato stava cerchi di Egli ti è zio,e potrebbe quel Caffè. a sapere, domandò, ricco uomo sé, e mantenerti lui. Una andammo sulla storia zio dal era Perchè : Nicola? affezionarti Don chiamarti di voce sacerdote,che mi e , una Don e sollazzevole, e dotto un un Pietro tal Don un era erudito uomo Si faceva Maddaloni. Caffè,nella Strada in solito di condurci era E aveva venne sera que dun- il discorso fatto molte lodi Nicola,per provarmi,mi all'improvviso, qualefosse miglior capitano,o Cesare Annibale,con o Annibale. E io bito: surisposi 1'aria sicura di chi non am- 10 — disse lungo,e e ! piedie mi dava le occhiate. citata foga,andavo innanzi con voce concavallo che ha gestivivaci,come Tirato dalla con vinse i guerra, Galli,che le poi con e facile vincere soldati del mondo, pur di tutta Nicola fuoco,il naso gli occhi,mi pugni perchènon pareva sul voleva un le e Alpi, osato fatta la faccia ardente, vederlo,e pugno a la prendergli con mezzo poi ci recitò un io, che terminava e in cio, raccoglitic- peperone par di che innanzi infine si pose in Ecco s' era primi teva bat- tavolo,e gridava più di fanciullo sembrasse « i avrebbe non un Pompeo. erano i Pirenei attraverso Don concepire. i di esercito un con Cesare schizzavano credo Romani, eh' che marcia una e i soldati effemminati che condusse con sue battè i Annibale della ignoranti glifu legioni agguerrite barbari erano io. Cesare dicevo Cesare! il freno. Che perso zio, i toccava e sare Ce- sentivo lo diss'io, incapriccito ; e non mi che d'un 1' aria No, Cesare,con : grosso sta per tirartile orecchie. Che pedagogo che Ma il naso egliraggrinzi il dubbio. Ed mette — sonetto con me, Don Pietro mano. Don un tro Pie- letta, qualche barzelsopra Cesare, questo il vincitor del mondo verso ». : 11 — Questo — stupendo,secondo ci parve sonetto il gusto di quel tempo, che ci tirava al maravi- disse Don a Nicola: è ma , freddezza,che una E ci rivedremo. gridare:Ah! un non fummo per con soli , via al braccio,che pizzicotto Poi disse: Eh! testa dura, su avesse Avevo una spesso a era china testa di Annibale. io dica sonno, Io mi mi concentrato quale effetto e storia. al rèce. taciturno. Zia Stavo Marianna, di casa, grido nell'orecchio gran , e la governante Ciccillo ! Io mi pensavo e inclinazione naturale un Giovannino la parte fantastica della me come pensa. andavo possibile poi eh' è chi, apriigli ocavanti tronfio, alta,e parlavamo con di Cesare Non un questo mai più : significare capiinulla,e ne la testa ancora da disse bella fortuna. Io perduto una dava e : rispose perchèoggi tu questo nei giorni nefasti, scrivi eh' Nicola forte mi fece con ; quando diede e dura pareva zio mi hai zio ti pare diCiccillo? Come Che testa una levammo, ci la storia ! E Don bene conosce Si grandioso.Quando al gliosoe talora mi strillando : , riscuotevo in come soprassalto, Lascialo stare, quello zio diceva: facevo rosso, pareva sotto una il peso perchèal bugia. Io delle mie dir che io stavo cosi letture,che 12 — mi — e non riempivanoil cervello di fantasmi mava lasciavano quieto. Nel mio cervello si formondo come un devo luminoso,nel qualevequeifantasmi come persone vive,e sentivo loro paroledistintamente. E dimorando tutto , mi le dentro di me, intorno a e io mi niente vedevo non Quei fantasmi me. fantasmi,e sentivo non altri generavano della protagonista ed ero sempre re, imperatoreo generale, storia, di gran battagliecon e davo sapienzadi apparecch e di movimenti e spesso questisogni ad occhi apertiduravano più giorni. Un giorno eh' era 1' Ascensione e 1' uso era di mangiare i maccheroni il latte, mi levai con facevo il , , , di tavola subito solevo e non andai sapevo e mano Argante, e un lo trovai braccio teso balcone di stanza con la testa per terra ; della una credi Tan- io, e, preso e mi Gerusalemme, finestra , fuori,agitandoil compasso. rimpettostava E vigorosamente di mura sul davanzale in ero assalivo gittavorovescio sulle in bocca. fra battaglia la Tancredi compasso, di montare pareva mi mi mettevo nella testa era Argante, e e cosa difilato nell' ultima piena.C in assai me prima deglialtri,cofare, perchè divoravo,non vo, mangiae co! Su signorina,che. 14 — nel mio cervello. Non criterio per r e' — era ancora giusto un 1' utile,il bello,il vero, distinguere importante.In quella farraggineentravano paridritto anche con Le Notti di le gari. piùgoffee più voldi Voltaire, Young, le tragedie cose la del Trissino mi Sofonisba Soprattuttoero molto Notti di Young, e recitavo Avevo pezzipiù romorosi. cose parevano delle innammorato grande con in capo di. gran- enfasi i materiale un che mi faceva l'effetto d'una indigesto, mi credevo da senno il più e grande ricchezza, enorme, dotto e avevo d'Italia, uomo dei miei Certo,nessuno tanti libri, sapeva tante C'era di che cose. capogiro.Parlavo il ni. anquindici letto compagni aveva appena con ne aver- che gli occhi mi mi e gestiprontie risoluti; il mento, perdonavano tutti,mi accarezzavano con scintillavano, come un a il sugo , di greco mi entrava, e se in era non fanciullo viziato. Ma caro sapevo dopo non grado di pomposo a francese, eh' erano modo i miei con laboriosa 1' italiano un rettorico, e e favoriti. Cosi e non costruzione, con tanto uno meno stile italiano corrente,mezzo del Beccaria grossa trarre poco ; il latino e leggerlo, di scriverlo ; scrivevo a confusa del Cesarotti , con molta sunzione pre- ma suppellettile, 15 — quei cinque anni da uscivo giudiziopoco, con — di studio. TERZO CAPITOLO MARIANNA. ZIA Governava rimasta la per anche me più avanti. di me e , più tardi una non in mente. so La non neir orecchio , che a bene un mamma e , via studiavo mi e , dall'altro e attaccavo per non Aveva parlava e la a narrò nulla tira a gare inda- a dire questo zio ron- un appena subito. Fatto questa zia poco sta meno Per mostrarglielo. a il passo per alla vannino gonnella.Gio- sua da ella rideva raccontava di caricatura che mi passava parere lato,ed mi quando sentivo tenevo sempre poi a tavola ella e curioso mi rimase rimaneva ne pevo sa- , natura e ne è più malizia certa non mia quello,me eh' io volevo ch'era che, ma i fatti altrui ; 0 la zia. Non oggi Giovannino aveva ed Era zia Marianna. casa meno e tutto starle , canto, ac- la teneva ci accarezzava, con una faceva ridere lo zio ; specie perchè gestiva il più bel napoletano. pelle bianchissima e rosea ; florida 16 — di era dì salute,e ritirava in casa strada. Verso in a noi e io come in dicevo e : facevo Zio e mezzo; mano. Veniva in revo corzo. mez- e ma quel dolce a navo cucina,tor- chiamata campanello,correvo la letto,e sotto era l'orologio le sei sono cose lui si levava e di si po'le membra, un la seconda la svegliarlo, a avessi se tutto rannicchiato e le baciavo dava an- vedeva prov- quest'orami tepore: ed io, fatte le mie il sitarl vi- d' ordinario arieggiatae e mezzo; stendeva Svegliatosi, sentivo a andavano stava andass' cerebro,e, allo zio le sei zio di casa, due e Ella e La allegramente. orecchio,mi gettavo giù poi tornava nella stessa serva tutte si sera tutto. alle sei ficcata nel la bene stanza zio volle che mattina neir ch'era far la spesa. cucina,una Mio la serata e svegliarla, piazzaa lontano il tardi andavamo mattina, Rachele a allegro.La umore sua, poco si passava e — : Zio sono senz'altro. Quando eh' era appresso la a zia,ej lei lai gli omeri sotto la spesa. Non si; perchèe' era sempre qualchej mangiava male cibi sani e casarecci,che a^ Erano pensionista. me piacevanopiù che le vivande delicate. Ma ciò che non potevo patireera quel piccolo pezzo serva, china , di li- — assegnatomi pane dura Un rinforzo. un avere per collocato vicino al giorno stavo un pensionista, un bravo poco. Io , il mio pane, e padre di cosi vecchio,tagliato ci vedeva che alla grossa fare la faccia dovevo e , piano pianomi Giovannino nito fi- aveva tirai il suo, eh' era quasi sempre Il vecchio,quando glibisognò, non l'istigatore. e lo divisi con più il suo trovò Io m'ero e pane, andava avrei e rimpiccinito, Zia Marianna dal mondo. un' occhiata me spada.La lavata una di a un'avara,e era po'di nuovo, che diamo una ' non voleva ; ma Sanetis. ci e indispettiti, la zia, che contro desiderare anche fetta una un e fetta ! Andiamo panella,e e moci, sfamia- lezione alla zia. Vollero pur a solutament as- fare questo bel tratto. vi andai. Il giornoappresso, nelle D« fece nino Giovanproposito, trovata. Domani, disse,si che fossi io I una parve in altro prendiamociaddirittura e e stanza ci faceva fece questa bella fa il pane mi ragazziviziati mormorare pane. E d'uno accorse, , raccogliemmonell' ultima cominciammo toni. ten- voluto sparire chiasso ; la mi Come capo. ne a vecchio,e diede obliqua,che ci fu gran sera se al diede un'altra fetta di pane a cercando ore tutto vespertine • 18 __ dormiva della stanza si soleva zio ; Certain,che letto sonnecchiando. nell' avanti-cucina ma ; Rachele stava , il pane stava penzolavaa era il Mi l'uscio della maledetto in nuovo, fune una r ora, io cuore. pallidocome 0 dove stanza vidi nella a et. Il stanza mi labbro,e un e stava feci un in segno che cesta batteva zitto zitto aprii lo zio. Ma quel da venne fregaile mani, e uno fiatò.Quando non mi letto, si non sentito pazienza, a uso Chi è? : bugietta, una piano piano,che via,e terra, e fecero fermai , zio disse e poco, maestro, il riso nella strozza. mi sulle sonno , lasciò andar no, mi Argo, un ladro,mi un levai le scarpe, uscio sonò un sua il balcone. Giunse presso infilai 1' altro uscio sentiva in era una Fatto ardito dalla paura, inventai e disteso sul come , vegliae cosi tra polit Ip- letto,acquattata.Appunto in quella tavole del camera stava Marianna Zia un con , disegno,certo queirora a grande faccia. Nella stanza di maestro un sedia una glicoprivala appresso stava nella mettere scuola,sopra fazzoletto che casa - un riso sul le scarpe mi che strepito Eccomi mi dero cad- mi in cucina ! ciò cace li e mi orecchiando, punta di piedi, di croce, di Dio. Mi come per sistenza implorareT as- aifaccio nell'ultima stanza, 19 — e quellepanellefumigavano l'odore veniva volsi idea,di vedere la cacciai camminando stesi la alla cesta ; in seno la via, Al ladro, al ladro mi e la ma e corsi , e mangiai E e mi corse in la mia da non pensarono le la fossi panella, mani, mi ai mezzo mi applaudir ripigliai parte. Rachele : la La zia fece Ciccillo mi mi trovò non zia Marianna. chiamò, che pose in quel fragoreio seria,e disse mi mava tre- rifacendo difilato, io cacciai di sotto il di appresso, la faccia Poi, mi mano ! Giunsi saltarono,gridarono,batterono panella,e segno sentiva fischiare nell'orecchio brutto,che cosi riuscito. Quand' Venne gran fece sollecito; afferrai la panella, la misi compagni un donna; Stava prendere la panella. agli occhi di Rachele, e la paura mi me feci mi ne ven- voleva non di Rachele mi la sconvolto, pallido, punta di piedi, in sotto sempre fatta la scongiurareil demonio. per mano e e e forte. Mi com'era subito,e come croce, : ne vidi che e l'alcova, verso dormendo accoccolata, tutta un' ma me e , alle narici. Stesi la mano, vedere. Mi stava ancora subito, pensandoa Rachele, che mi poteva ritirai di — dirà la le gambe, tremavano gli occhi negliocchi rità. ve- e , disse : 20 — chi Ciccillo, in ha — la inanellaì lo rubato scoppiai pianto. In quel tempo di Medico ventre. Albanesi,che mi malato ; fin d' allora spesso stitico ; il mio ero fiore: ero male casa era un era certo col metodo curava nel sempre Domenico allora in vomitivi purganti,salassi, clisteri, Un mesi, e salasso ho ne mi rimase oggi la ancora bevvi e giuni. di- aperto parecchi cicatrice. Per un caffè perchèci sentivo odore d' ipecacuana. Talora dentro un vista! inutile l'azione delle purghe,ricorrevano al sale' Di sotto inglese,a costo di vedermi scoppiare. le, a quellacura uscivo magro e fragilee sottiNicola Valletta, una come canna, e parevo non anno più , , vivo mezzo morto. mezzo e CAPITOLO QUARTO GENOVIEFA. Anche senza oggi non un battito di qualche anno ed era l'anima dolce. E posso più di mia. cantava me pronunziarequesto nocore. ed me , Mi e Genoviefa era comandava mia aveva sorella , con T saltellava sempre, chio oc- ed 22 — lare tanto in carina. Quanto Napoli,voleva babbo e' era Quando menarla la le farà di di che Young, mi la sua poco secondo la materia Quando della che figlia, di,verso paesano, sera, che andava con chella è morta, disse gli occhi grandi.Io così. Genoviefa e non con dell'età, mi era percotevano lamentava Young Virginia, si chiamava pensando come, Genoviefa via,e cosi all'uscio un fermai mi lui. Sai a : cosa. cara dicevo , Genoviefa. un tu , Ca e facendo lui,sbalordito, rimasi morta Era proprio stupido. eh' era quasi un , fu detto nulla. Morta tante quinto le Notti mano ; mi m' hai da fare tanti cari saluti anno, vita accompagnavo chiacchierare a la mia tra lagrimavacon lui. Non so a Virginia,mi veniva innanzi bella me la dipingevo, cosi e mio piva riem- con io Un immagine piangere,stupire, facevano mi viefa saprà Geno- la fine del sempre commovevano. morte lo : e si mescolava fantasia, ammutire e rie vanti,le mie vitto- spesso piacere.La studio;avevo lettere al mie Nelle Ero giunto verso quotidiana. anno non mamma meco; tra molti narravo, dì andare me a riga per Genoviefa. una sempre scolastiche, pensavo e toccò piansiassai. io volle, e — idee allegre in testa. nel fiore Facevo 23 — versi allora ma prose, cervello un avevo non e — mio, da' libri. Sazio venne innanzi al babbo sulla mi lettera ricevevo e di lacrime Virginia, di morte parole a imprestito. Virginia e' lavoro quarti. Il andava mi a leggendo l'epistola abbracciò mi e chiamò e gulti, sin- scrissi e di una frasi entrava di tre il babbo d'oro; ; zio i le lacrime tra che e per il paese tutto penna festa facevano mi pression im- di e maraviglioso ; parve le Genoviefa, intarsiata epistola tutta una era piccino,e ancora ero pagni com- mi , riso il usci trionfo Queste prime apparizioni angeletti che, cielo ridenti e veduta averso mi veniva Genoviefa di capii Beatrice tardi, la lontano, Virginia. Questa sempre in , la gran nuova di questi in vita, tornano fu nella la mia attraverso i piccola e cara mente, attraverso Graziella un femminili festanti,abbondano qualche e libata appena umana. inna, quello vanità. la mia per Fu occhi. negli quando fanciulla ginazione imma- prima libri,at- mi morta si affacciav poetica. Vidi Genoviefa, e fino,più Lamartine. 24 — — CAPITOLO l' E Questo QUINTO FAZZÌNI. abate farem dopo, che noi ? di Cinea motto fu il tema destino sul nostro d'una quando , chierata chiac- stavamo vida gli studi letterari.Alla mia ferimmaginazioneCinea pareva un canonico, il grand*uomo. Io sognavo Pirro era e quasi un imperatore.Quando ogni giorno d' essere per terminare vedevano mi davano La a bassa e bocca a Morto famiglias'era ingrandita. II, il cui richiamò re, compaesani,e furono gli esuli. videro zio Poi le tenerezze. , la via del paese Rimase Pietro,che in suoi menò Aniello figli, Cosi tutto questo rimaneva (1) Morra e ramo di cesco Fran- rono Torna- Carlo, e da quel duro Napoli solamente anche glialtri due morta Felicella, in paese Irpina. in casa pensi? zitto zitto , presero (I),fatti savi esilio di otto anni. era mi nulla. Ferdinando rammento non nuovo i miei zio muta, dicevano: Che e mi pizzicotto, un I, di molte testa la madre. famigliaera il babbo con in Napoli; la sua fa- miglia, So- — cui si aggiunse zio Aniello Roma. perchèera si teneva stato diceva che lui un Roma, a Giuseppe,venuto di po' più alto di noi, e molto si vantava, sarebbe più piccino arrivato a e dagnar gua- quattrini prima di noi. Giovannino era Un po'bassotte, l'aspetto il diplomatico. aveva dolce Io e furia francese, come era Quando sballavo ne francese ! le con sillabe, mi Quando fare di di me vedeva quellelabbra forme la corsa, ed bavose. divorando che era La superbia. quale danzava più luccicanti di di Cinea. gli studii , diceva col "5Ìone, e cizi glieser- Sassolini in cosi brutto ero mi , alle tenevo un spalle. beffe,pareva mia testa 1' avvenire gabonda, va- nelle pregiavapiù quella Pirro,che quellasavia Che farem noi? poi eserciteremo tono voleva scrollaiina di una sconfinata ambizione temperanza io che indifferenza innanzi ed la furia Tutti mi canzonavano, ma faceva zio. faceva balbutire. diceva: mi e di me; nella Evviva — zio balbuziente, io fermavo umiltà chiamava avvocato, mi ricordava un Quella mia nel gesto. lui. Parlavo furia che mi una grand'uomo, mi grossa, diceva — tutti ridevano sue una Demostene, bocca ! E con parlavapiano,sobrio grave, più naturale la remo Compiprofes- Giovanni- 26 — E no. faremo Dove riflettevo io. E era tutti Fu Non sapevo cosi per l'appunto gloria? la gloria; ma quellaparolarispondeva i miei sogni,a tutti i miei fantasmi. risoluto che il da studi di filosofia. Zio e greco quellascena Entrammo a in quasi fioca non mi una stanzetta che il è uscita e a calamaio balcone,era di quei padri,con in piedi , che aveva un Andammo più volto stro noe , di memoria. fali scafluce sinii dall' andito. A mano tavolino che chia- un in Sul occhio con al mano certi rilievi di sinistra,e di bronzo. presso con polverosa, vecchi libri, una con ci veniva scrivania, con dritta latino. gli cominciare 1' ultima nostro pienidi muro, stra, verso al e ci volle mandare fine di dare a Gesuiti, fosse, fare per allora fortificare gli studi letterari i gloria? la è la cos' a Aniello. quattrini,toormorava conclusione! Bella — grosso un era mezzo legno, a seggiolonesedeva con pallido, dolce, giovane padre e linconica, ma- cera accanto, aveva sottile e , qualche malizia uno magro, nell' occhio , e ci guardava per di sotto. Noi, dalla parte opposta, in piedi, un e avevamo stavamo tremore, non so se di freddo Avevo o di paura, forse 1' uno gliocchi sbarrati verso i e l'altro. padri,ma 27 — malizia,anzi enza tra il presuntuoso raccolto e - lo un' aria sguardo,con senza Giovannino stupido. stava Il giovane frate ci faceva placido. il vecchio prendeva note, come interrogazioni; e le A me talora si sogguardavano. cancelliere; quel prendere note dava sui nervi,e un certo un risolino loro tradurre ; spiaceva.Ci mi poi vollero in latino. Li uscirne bene fecero fu 1' asino. Non ci cascò d' italiano versione una leggere, possibile quel metodo meccanico dello zio. Dovemmo fare parecchierrori grossi e quellisi fermavano leggendo,con quel tal piccolo con , riso che voleva , male il latino ! E ammessi essere appena dire a Cosi si parlò più de' questa La terra. Fazzini. Bel palazzoe nella stanza carezze e Uscimmo superbiaera Gesuiti,e me ci die dei confetti. Era vestito di nero, con cravatta , ne rimase L'abate casa. scuola con presso l*abate ci menò bella da che fiaccata. mia Zio impressione. non potevamo superiori, nelle elementari. gliocchi s' insegna Come capireche ci fecero nelle scuole entrare non : e ci ricevette ci fece molte un nera, beli' ometto, tutto bene Parlava spedito, la spolverato. e accompagnava parolacol sorriso e col gesto elegante. Non c'era ancora il laico , ma non e' era più il prete. 28 — scuola La dell' abate quelloche oggi tre Queir eh' erano nazionale. Nondimeno era pur , a e braccetto scolastica. Ret- ancora scritte in po'di un quel latino il sensismo di e chiaro abati e in 1' abate abito e smesso cravatta sottana nera, italiano erano Genovesi il , Questo Fazzini. un moda; facile. Gli autori come , andare di Il latino passava scolastiche cose logiche teo- v'era maggior procapitale gresso r abate aveva lingua lo scolasticismo. Troise. Allora che venzionale con- secolo decimot- padreSoave,l'abate voga la innesto,vedevi curioso negli studi. quasi tutti la forma penetrato fra quelletenebre con scorretto,ma frati , trascurate, e anche Nelle scuole della si scriveva a scuole proprio degli scolastici. Le era scienze vi tavo cominciava le filosofia, affidate filosofiaerano e di e mento. insegna- scuola. I seminarli aprendo una dell' insegnamentoera torica libero qualchedottrina erano governo del corso fare in due. poteva anche scuole di latino erano del di Il matematica. e era s' insegnava liceo. Vi un dell' oro uomo carriera sua si anni,e 1' età era Un la fisica Fazzini Lorenzo direbbesi filosofia, durava — era e era in molta prete elegante, vestiva collare, un sensista del in se- 30 — e di naturale religione dello zio del sofici rivelata. I libri filo- e anche era Genovesi, c'era San un fatica ; senza di- nuovo smania la muffa. con e Di latino potessileggere ossa mi non cava, sec- che so di moderno. Corsi alla biblioteca dinanzi nelle San- un perciòtutto quel latino sentivo pur mi e Tommaso, eh' io tanto sapevo latina metafisica una t' Agostino,libri tarlati e non Storche- come scolastici, erano e' Corsini; nau, - mi e ci savano Passeppellii. fantasmagoria Locke, Condillac,Tracy, Elvezio,Bonnet, La Mettrie. Prima visto che a a ne me come una leggevoa perditadi fiato;poi, cavavo mi poco, Mi compendiare,a postillare. di quellastatua dei mezzo Bonnet, che lo trascrissi me Se mi intelligente uomo un quei lavori frutto superbia gigante in mezzo aprivanogli occhi affastellare tante diceva che il sensismo a cose era me le poco, per conoscenze. intero. guidato in la mia con però poco sembrava ai miei sentirmi nuove. una ancora quasi per facevo e , a poco avesse io solo ero fatica molta. A e un che ! Ma mia la con a copiare, a ricordo sensi,acquistavatutte Quel Bonnet e misi cosa foga buon venire di- compagni, come Il un colo ora- professore buona sino 31 — Condillac,ma a Mettrie La andavo bisognavaandare non ad Elvezio. e io V con d' alto in basso Elvezio era mi di paura per cui ci proibita. idee, cosa le guastavano a un sofista e La bestemmiatori parevano Met- seau Voltaire,Diderot,Rous- chiacchierone. ,trieun quasi avevo ; 11 professore ci leggerli. pose poi in il Burlamacchi,e più tardi l'Ahrens per diritto naturale,inculcandoci anche lo studio mano il mi non sino quelledel maestro, e guardavo cumera quegliautori,e dicevo con si- sempre che Ragione voluttà della amara Queste letture eh' erano — della Diocesina del Genovesi. quistionedelle che con abilità bate. Conchiuse ottima modestamente ma di Di Era , me stella o uno cosi rava su in un di come in un facea mondo Poli , in come mondo, quando questistudi. la fisicami sica. la fiun solito italiano di entrare nuovo mista; sua. scritta nel pareva 1' a- nione questa 1' opi- essere sperimentaledel credo , la forma la cordo ri- cavare seppe essere mosa la faMi la metafisica andava con A "a, ne diceva la fisica altro abate nuova se di governo. Montesquieu,non conserva corrente. forme Qui e' era Come una minciava co- la metafi- girare il capo; mi superiore, pienodi 32 — luce. Il aveva professore — sue a fatto spese un l' dalmagnifico gabinetto,che poifu acquistato Università. Aveva di vederlo par brillante. Mi l'esposizione quellemacchine, animarsi, tra gestire,colorire : aria,luce, elettricità. Come si esaltava la mia elettricame immaginazione! Quella la sentiva Queir uccellino che pneumatica elementi,e era voleva giunsifino fare fu e dei sulla lavagna; avvenne Facevo alla Mi core. reva pa- quei primi tra vagante Il sore profes- le ma non andare avanti, possibile L' aritmetica ragionata in capo, e gran fatica a seppimai moltiplicazione ; non non problemi.L' memoria, mi entrare divisione , una il faceva fu nelle matematiche. mi toccava esperienzedelicate; miope,e gustava poco quelpoco che con mi tenevo nel largo,aiutandomi vedevo,e r immaginazione. Dove proprionon non pana cam- scun tirarci allo studio di cia- di e particolare, io fiato nella assistere alla creazione. si studiava ma ossa. per , cielo , in essere mi le correre perdevail tilla scin- io dico nulla delle frazioni abate faceva le operazioni ripetevobene, perchè aveva ne capivonulla. Il medesimo geometriapiana e solida. figurebene; ma quando cominciavo con la 33 — r con la e in d, e curva mi e i cateti, triangoli i e b e, angolo a — retta-/, entrare pareva di Babele la come più andavo innanzi E quelleletteremi ballavano e più spropositavo. innanzi,e si mescolavano,e non e' era verso torre una e , di cavarne nale : sugo ; sicché un Quod mezza la mia dere nascon- mi mangiavo confusione, dimostrazione, ingoiandosillabe e a Il maestro precipizio. ci badava rendo cor- poco, seccato,e ci accomiatava spesso solito intercalare suo Per la distratto e il demonstrandum. erat al maestro subito al lì- correvo con Appresso. : Questa mia inettitudine alle matematiche so s' era di quegli studi colpa mia del maestro o mi non avvezzo a studiare numeri e quellelinee capivanoin metodo e ? E poi il faceva non rimasto Non un era maestro aveva quasi altro che sapere tutto. di loro. La D* Sanotis. quei mi non po' colpa del troppa fretta, ripeteresulla Queste lacune perchèripetevotutto, pareva una Ero vagna la- nel mio dissimulate dalla potente memoria, erano spirito e nulla. cosi in astratto il libro di testo. e è che ; certo 1' immaginazione, e con mente. è non Portavo voce anche a di me la testa alta tra i compagni, segreta mi lezione avuta diceva: tu vali dal Gesuita più mi non 3 34 — — corretto, perchè nel latino aveva a Ma cosa. gran quanto la pretendevo non letteratura a e a ci tenevo. filosofia, Volgevano festa volle dare sua di accademia versi non so che al gran lavoro di là mi del mi goffe tolte me dialetto napoletano. sonetto, un un quattordici imprestitodal a questo cosa parve troppo una Quindicina di brillavano frase di una immagini accanto a Virgilioe da scritta, Di giorni. frasi ; e sotto al braccio. La me verso un sciolti, era e di sciolto allora. Ne con sala so un far paura. capivo in non immagine alto della persona, magro non qua, un' olla 'putrida in versi e pulitino, grosso. Sudai Iliade, qualcosadi venivano di carta era calde mano bene in Trissino,che leggevoallora una Io tra e nimo troppo andante,e mi si volgevanell'a- facile e Omero plimenti com- Giovannino vi raffazzonò A poeta napoletano. come, , confetture. giratoassai frasi con , specie fine in prose poesiedel Capassein comune, celebrare , Giovannino luogo e filosofici. serata, una Avevamo io ci preparammo. calde certe gli studi una versi con gelatie , fine dell' abate. Per il di onomastico Era la la verso que nac- me volu- Andammo. svelto,tutto faccio quelloscartapiena.Molte 35 — signore con le vecchi bene papà aperto, era bambine, veniva L' abatino di gli onori L' uscio di su, di di motti. gentili da ";he suol venire voci. tutti Ed con non la mia il si volsero è? Ero voltata con E volto si movevano posa. io con personcine era nando squaderpra so- certa una pazienza; poi con si cominciò a venuta era a conversare e in qua e in non dare guar- tutto con gli occhi non : gente educata,ma chi là,come non maestro con noi, stava lo sguardoverso sulla carta sentir a manicare a Ippolito Certain,quel tal notava e a raccapriccio quello che rimaneva. e volto,e pareva che fossi sempre da che abitava e udiva era pestar dei piedi, osavano Zitto! un li dritto fiato. V senza della carta ";apo. Quella gente versi, ma di versi volume, e precipitando sacro e dapprimasi curiosità, ogni confusa col mio Stavo superbia. strette la tribuna. Chi verso proprioio versi,correndo a si udi tratto e quel mormorio era mescolanza una un a gli occhi è, chi e ecco C fetture. con- giù, sdrucciolava crocchi,dispensandosorrisi e di assai bene fra tutti i mano faccia di grado odore un guanti faceva in casa, gioventù, numerosa azzimati. ne e — presso trova di disegno a me, l'uditorio; continuavo tronfio 36 — e come precipitoso, Ferma che Bravo, bravo il la gente vuole ! si udì attorno un recitava tra una pel scartataccio in piedi,come Zitto ! si brevità adagio , udì, e la e e da ridere quellefrasi goffe,tutte sonetto tirato , rider tutti. Giovannino poesiafece quel desso lui io e disse: si che gridò:Sonetto bassotto, un lingua napoletana.La della e andarsene. col mio quando : peso, vide alla tribuna in ; Tutti si levarono naso. liberi da alla bocca mano scesi Ippolito, braccio da sotto la tardi,e è torrente,rotte le dighe. un mise Ippolitomi — , novità ch'era grazia con il terminò e di applausi.La gente si le signore il fortunato sonettista, salva verso precipitò lo baciavano, i giovani si congratulavano i , il mento, papà gli accarezzavano e contento vide tutto me E gloria. in tanta 1' abate sbirciando solo dall' altro disse: Hai dovuto lui modesto lato,e venne e faticar molto neh!,povero diss' io,alzando gli Quindici giorni, giovanotto. mi r abate occhi stizzito. E come per consolarmi. Quando fummo di ritorno ci aspettava, e Fera e non andata. Io mi aveva fece a casa volle saper come uno una carezza, , da zia me rianna Macome strale nel core, ebbi la forza di confessare la mia scon- tratti as- — del 0 alla natura, ai amore verità poeti.In fiore,e che non o scelli; ru- imparata fior da scerre sapevo da albero. Quei che sono , come delle cose, le lacrime come fiori,ai avevo infiniti della natura la musica ai distinguevoalbero non mormorii spesso del mio campi, natura una era ma ne' vestire. Parlavo suo non rava giungevano alla mia anima. Pure 1' età mi ti1' esempio de' comal di fuori,e anche pagni. Giovannino mori; tutti mi mi di nuovo che un da a mi chi un avanti, in paravento finestra che una il le intere illuminato metteva mi ronzìo confusa. In sentivo di ai vogliadi là , chiuso fiocamente di come compagni da ne ven- postillare. braccio dal gli occhi secchi e scheletro, uno la testa pienae mi sentivo non sciorinare le mie pochi leggevano pochi erano , casa nel cortile. Poi con nell'orecchio, mezzo giornatecon dolere il magro sentivo uscivo abbacinati; nessuna febbre di lettura angolo di un e troppo scrivere;mi un una capiscanulla,e bisogno di compendiare e Talora con stavo a- confidenze; guardavo ci non leggere.Avevo divorava,e libro le loro facevano come stupito, dei suoi parlava già letture. Già atti a capirmi, soprattuttoallora che poco mi capivoio stesso. 39 — mi attorno a di Carità. Massa, in buon mi pugni come dove Ci ignobili. Studiammo deramo scherma canto, sotto studio del le in voga. era Erano certo i tal maestro si in certi vedeva incoerenti seguito, Non Ci e momenti, gittammo e ma allo allora lasciava fare. senza e voce in capo che indirizzo e instabili. Si affannarsi la metterci tutto nobili sforzi molto ripigliava: meno provai pure nel dialoghidi Goudar, Zio cose Cinque;ma stare. , senza a pure lo studio del francese,tentando regole e queste cattive ci tirava oggi, usciva,e lasciai non orza a agli esercizi cavallereschi. il Parisi;imparamsotto mo anche un menavo quellapienezzadi le dita, io fo le scale. Mi con Porta mi ricordo poggia e a ballare;cominciammo piano forte,e a che casa a tempesta. Ma che intellettuale, al stanze certe assai. E rintuzzate da erano s'andava sera dov'era puzzolente, covo si bevve in nave nolente, e volta s' andò predicavo,andando e abitudini a pizza in accompagnarono una vita La spirito. Una certo un vino, e che e la mangiare largo della volente rapiva seco, m' infondeva sangue talora mi quel rigogliodi gioventùche Nondimeno era — lasciava, ne. poca conclusio- perciò io lasciava gli studi filosofici. 40 — Il fece professore r armonia brillante lezione sul- una di prestabilita Leibnizio divenne il mio Leibnizio. E presto bale Anni- come filosofo, capitano.Quella figura vo, meditativa;quel carattere conciliatiil mio stato era — placidae chiara, punto dommatico; quell'esposizione che niente E rono. mi fu pedantesco,m' di avea 1' una come cosa innammora- tira 1' altra,Leibnizio leggereCartesio,Spinoza, Malebranche,Pascal,libri divorati tutti e poco il mio corredo di erudizione Questo era digeriti. occasione a filosofica verso quando la fine dell'anno zio ci diceva: di maestro legge. Si Ora scolastico, bisognacercarvi batteva un l' già alle porte del- Università. Venne il settembre,e zio, veggendomi volle farmi scheletrito, Andammo zio di sopra di mi vedemmo il mio tanto la Via nuovo vidi Nuova batteva non me , a e pevo sa- Quando di Poco Sono case so più che in là tuomini galan- incontro,disse zio Pietro. ed essi le braccia del corsi e precipizio, mi di non fibre, core. nativa. io. Non mucchio un qualipuntineri. so Scesi di cavallo a il e paese. sentii ricercare le che ci vengono corsero po'd'aria un Pietro,Giovannino amar bianche,mi bere cosi trovai tra , 41 — babbo. La tutto era , mi mamma di casa, e non mi sapeva carezze tenea staccarsi da sentivo un Era di piccino La fu molte tutti alla il lei , mi non seccato, i e sera e cavo cer- compagni; quando mi levò sei fatto brutto ! I miei Abbracciai Michele,il saldo, come una e me per pari, e secondo veniva, cosi persona le mi non è mai Contadino,operaio,galantuomo, , Trattavo piena , robusto e Come rude su gentiluomo questo La piangeva casa mano distinzione delle classi in capo. entrata stessa gradini anni,come alto mutati. erano contadino,venuto come di nove ; e La c'era non piccologigantequel Costantino. un gusti non e seno le compagne braccia,dicendo torre. al io m'ero li lasciai. Costantino sulle Ciccillo, mano per me. le strette gli occhi con essere incontro sui stretto giava rag- gli pareva e venne i baci. Ma e rubiconda Nonna glorioso. tutto mi di gente. Molte mi riso un tenendo altezza, presentava più.La e allegrae , cresciuto di e faccia sua - dando ci fu gran non aveva a il tu, il voi usavo le persone e casaccio,e del tu pranzo, e senso. il grado,ma spesso alla del lei. coi soliti stran- il polpettone la pizza rustica e e e golapreti altri piatti di rito. Il dì appresso visitai tutti 42 — — luoghidov'era passata la nel sotterraneo,e e dove tra le era la mucchi di uova Quel dove si fanciullezza. Fui mia calde ancora e risonava sotterraneo solevo portarlealla trovar mamma. miei trastulli dei ancora dove e , di grano fanciulleschi. Poi sbucai il cavalli mangiatoiapei legna o il porco, ammazzava e nell'orto, salii e feci alle bocce empii di ciliege, Ero in 0 alle palle,correndo,schiamazzando. piena aria,in piena luce ; mi sentivo rivivere. Dopo il pranzo feci la passeggiataper la Via Mariangiola Nuova, tra compagni e compagne. mi teneva bella giovanetta, un una per mano, di me, e io mi lasciavo fare, po' più grandicella e e fico, mi che è veniva un di falde mi era l'affezione. Giungemmo piccolomonte, con il cimitero le storie della passione una tutta camera cheggiata bian- , entro cui addossate erano degli antenati. Mi sentii un freddo innanzi Genoviefa e m'inginocchiai molte Croci, Cristo,detto perciòanche Calvario. Alk , e alle piansi piansi , , e le ossa, pensaia e all' inferriata dissi molti Pater e* Ave. Verso la sera, fatte molte Pietro che ci voleva far Cicirelli. E ci menò ci visite, conoscere in piazza,e Don disse zio Domenico là dove si a- 43 — scalinata una pre toncino,e fummo che due un in bianco spaccature qua al di seggiola, con una tutto. di Don non erano di che so di ragnatelie stava d' su alla liva sauna finestra, di scartafacci avanti, sparsa Entrando mi puzzo all'uscio, presso tavola por- quella stanza Domenico d' inchiostro. e Era là. Non e faccia gran già : , Don naso. stanza decorata sporco un sopra. Trovammo prima stanze conduce in c'imboccammo subito nella che pietre, di grosse alla strada di sopra, Domenico — noi si levò e , stese la mano berretto da faccia zio Pietro. a notte rossa a ; era Aveva grasso fondo e in basso , la fronte nero , Toccava noi Appresso a Irpina: Ai e vi la al mano lo chiamavano tempi suoi egliera avuto aveva e vose. ba- portava barba. altre persone ; si fece entrarono folla. Baciammo Morra labbra grosse non l'ottantina, la con piena di , rughe, gli occhi cisposi le un capo un'educazione grand'uomo il dottore stato in e di il filosofo Napoli, finita. Don cola* Ni- del nico Buono, Don Poppe Manzi, Don DomeCicirelli e zio Carlo erano i sopracciò nanzi inai Morresi. Don Domenico, un libro vivente, cominciò la morte di a narrare Luigi XVI la presa della ; Bastiglia; Murat, Danton, Robe- 44 — — Carlotta Corday e poi Napoleone.Molte spierre, aveva cose lette,molte vedute,a molte aveva assistito. S' Ed li era sentirlo a giro.A di vino,e un bicchiere di rosolio. Don ricco,ma si bevve stretto in nello e e spendere, rimase i boccali in mano e pochi.E mi Domenico dire un sai tu ? Perchè diss'io ; ci sono io cominciai a ci Sicuro,diss'io, Già, risposelui te l'ha detto il le prove. , Bossuet, e Oh ! Avemarie: come prova Immenso il di Sant'Anselmo di Leibnizio finii trionfalmente guardo io Iddio, ti vedo. E sentiamo. e : Dovunque lo come , prete?Che prete ! infilzare le prove di Cartesio a domandò, mi e Sant'Agostino,prova prova di ? prese per alla metafisica. ateo, un si , decimottavo, vale c'era Dio. dubbio essere e stanza imparato.E venne secolo materialista sciere l'u- la terra. mi avevo cosa era sogghignando, se prova nipotefa suo Domenico Don domandò Don , punitodalla fu sgombrata la e d'uno in altro discorso si di un molto era i figli e stracciato, zappano va Votati toccò piccini noi Domenico prodigalità de'nipoti. Oggi prova aperta. boccali due contadini portarono parecchi ecco può bocca a , giro, col , lebre ce- J 46 — Voi e' è rivelazione. non — siete andato Mettrie,conchiusi,ricordando La Fazzini. abate che mi anche turbò di Me solazio di convegno detto era faceva mi molto le annoiava pose sotto libri aria di gran questo io la trovava Mariangiola e diceva e a il timentale sen- all'orecchio, stava lei si faceva levano potevo io toUerai'e. Vo- non eh' io stessi e insipida, la tirava sentire barzellette, faceva mistero,e a me , stesse Costantino si me. Vincenzina, la più grande la tirava per forza che scuola, ciò che di e goffamente.Giovannino con Mariangiola,e le Or donna donne, alle qualipiacevapiù il braccio e sorelle, con ma Selvapiano.La novizio di Giovannino, meno rossa. piedi, Il luogo a fanciullescamente impressione, ancora molto, sopratuttodi ridendo sorelle Con- tre Chiacchieravo qualchepizzicotto. davo delle le in campagna. portavano il pranzo. coi contadini che ci non lodò; mi parecchicompagni. Andammo e zicata piz- grossa un'uscita e' erano e , rabbonito. poco facemmo Costantino risata grossa una a l' del- motto un discorso;mi andai ne Il di appresso una più;prese tabacco;mutò accarezzò. C'era fece Egli sino non so che Gennarina con voleva , e stare ; con pretendeva sonetto. Costan- i: — si pose tino in dqgzzo — mi e sgridò.Vattene diavolo col tuo sonetto, disse ; e devi stare la con di Giovannino. Cosi il capo, io mi e scontento L' anno ijualescuola scuola c'era disputò in famiglia a scuola quella di studiare presso a e era suo conoscente, in via Porta ed piccolae sudicia, stanza ventina. Il frate pelo,e aveva abito era Ignimovimento un avanzo scrittore e eravamo in capo camicia macchiato tutto andare. Don La Nicola troppa folla di giovani,e zio frate secolarizzato di si di diritto dovevamo preferimandarci La la scampagnata. garzia. più riputataera Gigli.Ma stizzito, SETTIMO abate appresso e avvelenarono CAPITOLO l' piùpiccino Gennarina; Mariangiolaè , chinai sei lu al d' idee dimenticato un erano e un vecchio un tal Garzia. Medina, in appena grosso una una berretto sporchidi bacco; ta- sordido. Straniero moderne, stava li come della Scolastica. Il che aveva più recente era Vollio, diceva lui. Ciò ch'io non ^i-"iplinato Leibnizio, suo 48 — volevo sentire. Uomo forma come e buon e zio a cuore. stava e' e seduto in tavola,o e a come suoi coli pic- rubiconda,sulla quale, il caffè. Li mi : a da seguiti sue interrotte da cioè dove teatro un cattedra. era noi;le grosse , mancava e' non mezzo conferenze erano trattava piacevaanche il rosolio; Pasqua glienemandava, con conversazioni, spesso sulla sciolto d'ogni e Gli potessibrillare ove mano botteghe,si poteva leggere:Buon Natale lo zucchero faccia Aveva certe su vino alla convenzionale,ci amici. — lezioni Egli erano grossipugni prese di tabacco. Non dire discorsi lunghetti a si distinguesse l'ingegno. serie di domande C'era li una e di risposte, alle qualiprendevanoparte tutti,e i più e niva vene prontitoglievanola parola agli altri, vocio ingrato.In quellapresa di assalto un della parolami sentivo soverchiato, stavo li e meglio stizzoso, perchèsentivo che avrei risposto di quellosfacciato che mi troncava la parola in bocca. Talora mi quando nel mondo e , , vedevo soverchiare pensavo zia. Costui non e se ufficio, uno da certi alle conferenze presuntuosiignoranti, dell' abate Gar- prendevatroppo sul non voleva lui si guastava la bile , ma serio il suo non studiare, perciò faceva un' alzatina 49 — di spalle volesse come , — dire Tanto : peggio per te. Io continuava piacevanoassai,e diceva le di sentenze fu a quella cui il maestro termi metpossibile gesto, Lessi molto il Di- presioccasione latino. Dove cominciai a un po'di Civile. Lessi infinita curiosità i motivi che molti mi faceva , in una Lessi fama , TouUier, Delvincourt,Duranton. come Come suole si strinse avvenire , amicizia si terrore. francesi allora commentatori con e l'inspirarono; quando parlava Napoleone,mi apparivain che e rinvigorire vedere a nello studio del Codice grandezzabuia mi bella collezione di massime ne e , dietro di fatti, ragioni.Non una come luce,fu di la Procedura. in capo il mio che filosofici, tenevo poco congeriedi regolee non studi i miei con alcuni disputavamolto C era una certa compagni più simpatici,e di filosofiae di dritto civile. che gli altri un tal Fortunato nella compagnia, grande riputazione tra , aveva e una faceva da A sopracciò. me era con antipatico e lui che se quellasua aria di superiorità, avvisto,mi punzecchiavae mi provocava. n'era Una • sera si vantava mi fargli dispetto D* Suietit. gran repubblicano ; e vantai gran io per realista. Grandi I 50 — — argomentazionidall' una potè ridurmi non sfida,disse al silenzio. che la Accettai. Scrissi ai si sera disputasi lasciarono cosi facesse in iscritto. Egli mi contraddetto di un antico Egli scrivere. e la : gittava per con sua scarico Ora bocca. lo non sguardo nella suo mondo? a avvicinava accordato me E coi allo venne avere Egli io pensava un , tempo in col movimento cui gran gittando concili in, a l'anima Don chiaro l'altro nel- Domenico quellaconciliazione era la religiosi principii veduto ha forzata ; ed il l'aria con seguitonella vita, cognome. Chi Cicirelli. In verità anche sulla filosofiacorrente, trovava ripetevaspesso: , ci chiudeva doveva 1' ho non ma il lui maggior libertà di spirito, tutte le credenze,e diceva aveva il sensismo e glidissi e e , pugno ascolta. Si Batti,ma che ci penso, ricordo voce un fare incisivo che talento colui ; e guardaifiso terra un talità all' immor, la , io lo tenziare sen- io 1' affermava la negava alzava e compagni vollero disputaintorno scaldava mi e spalla, i tra la vittoria. Un'al- dubbia la accese aria di Allora,in zibaldone;ma uno dell' anima. e ma dall'altra; e affidato il giudizio, non qualiera e parte pareva che il sensismo religiosodel già si male , secolo , 51 — dovea mi vagamente il mio e il passo cedere si vedevo scozzese e mia immensa che aveva nizio di sottigliezza citazioni a di altri, citare cui appena la mia avversario,vista con mi disse letto;fo un tal : Ma Bayle,Leib- egli conosceva lettura pagni com- mani, quando la parata, prese il davanti bravo ! Si vede i miei 1' aria con che i miei li li per battere le stavano molto avversario, stesso accortomi gioiosadel trionfatore, e frutto della , sentirmi Terminavo i nomi. il mio menti argo- leggicchiato gli autori piiìmoderni, cotali e che dissertazione, una lettura. Il mio sbalordito rimase di copia per Smith e pochino anche Kant, bio lampi, e venivo in dub- meravigliosa per parve Hurae un e proprio, scrissi amor sentendo e , dall' Pure, aguzzato l'ingegno stesso. me capo citare David fra le tenebre di filosofia. Questo nuova girava pel avversario la scuola a — che avete complimenti.E pigliofreddo,come questo di maestro che desse mi incoraggiamento.Quel sussieguo mi rimasi freddo spiacque:mancarono gliapplausi; e mi tenni mai Si annunziava vendicato del pugno al mio un spirito mi bollivano filosofico; e nuovi studi. Si in avuto. nuovo capò zonte oriz- nuovi bri li- apparecchiavanoi tempi 52 — di — Ottavio dell' abate Pasquale Galluppie David dei qualil'uno volgarizzava lecchi, e Adamo un Smith, Lorenzo tanto che corso certe dal grandi moda, di caduto era per svecchiarsi aggiunto al aveva suo politica,date economia Cominciò di fautore Napoli a reazione una non ne che poco, il trattato il vedeva di primo Rossi. del sensismo, tutti i terra a come pietà,trascinato avevo Il corrente. nuova a contro Io empietà. idoli,e indi morto speranze, conoscere miei giunta per piccolo fratello Antonio, giovane suo fece Fazzini lezioni di era Hume volgarizzava Emanuele matematico, gran Kant. 1' altro,eh' e Co- stesso, fatto accorto re la dal- del toglievail suo favore all' abate Capopericolo, casale,a Monsignor Colangeloe ad altri sene credeva, il buon teologica, sisti in veste Kant che C nel mio era un giorno m' uno de' miei Fazzini. Puoti. di un uomo, sul cervello incontrai vecchi Dove Cosi fossero roba Smith e turbinio,quando Francesco con compagni Vado la prima volta doveva avvenire. avere Costabile, nella scuola dissi. che infetta. meno vai? per mio un uomo, dal marchese intesi una del parlare grande fluenz in- 54 — rideva si apri r di grave uscio la era seduto stava finestra, poco letto molto un tavola piccola una da so pres- di fianco un' altra semplice; di luce Il In fondo discosto dal comò. camera una Entrammo. annunzio. a finestra inondava vedete, era aria e Gaetano, con sinistra, a cameriere, ci Marchese imbarazzo, quando del nostro godeva e — Come la stanza. letto studio da e insieme,molto modesta,nella quale il Marchese s' era lasciando rannicchiato, r altro del vasto appartamento. locali mi Queste osservazioni mente; in ma come quel tempo un M'ero sul trono; re in berretto e vidi ma veste i miei occhi in ora vengono tirati, at- erano magnetica,dalla presenza immaginato per lo meno forza per del Marchese. fratelli tutto ai da un semplicemortale, che camera, si Costabile,dimandando mise a fra l'altro scherzare col chi quei due marmocchi. Sono nipotidi alla vostra De Sanctis,e vengono Don erano Carlo scuola. come Io me Non feci rosso. stecchito e glipresila mano ed eglila ritirò vivamente, baciarla, per dicendo: mi gliaccostai e si bacia la mano Egli rideva, e allampanato,disse parolesue gidiset maleficiatis, che al papa. vedendomi cìi'io era Io cosi de fri- come favorite, oo vidi Ci fece tradurre appresso. sorriso di Nipote; fé' un consegnò al ci poi come Gaetano da barbiere. Costabile zione; piccolasoddisfa- ch'era segretario, mi parve spiegò che ordinata lettura di Trecentisti che si voleva col Marchese, foss' io cosi ! della scuola la base era tisti; Cinquecen- e leggere prima gli scrittori piano, poi que'lidi stile quellidi stile fiorito. Riserbò per ultimo di Dante d' anni par i moderni In e ci poi e del Boccaccio. Giovanni vietati Solo poi la lettura dopo un Cinquecentisti; affatto,massime pose Villani. forte,e nelle mani i poeti. il Novellino Badiamo, disse, voi dovete tutti i notare i vostri gentiliparlari;io voglio vedere quaderni. Corsi a casa, come avessi un tesoro, e cominciai quello un molto sera, con come Stavano a i libri.Mi sfogliare parlaredi bambini, e e La consentiti i erano conclusione,ci Egli la buona istile in e po'più alto, un dimestichezza se dissi,sospirando: e cameriere da faceva lo vidi in tanta quando e nelio di Cor- tecario, il Costabile. Questi faceva pure il biblio- appunto ci suo brano un risi viva con chiamai parve vannino Gio- lui. curiosità,andammo. naufraghiin mezzo a tanta manemmo Ri- gente. innanzi,nelle prime file,gli Anziani 56 — di Santa Zita,come il Marchese. C — ischerzo per in erano li chiamava quellostuolo di maggiorenti parecchiche più tardi vidi nei primi il Pisanelli il De cenzi, Vincome gradinisociali, , il il dino, Cappelli,il Torelli,il Dalbono,il Ro- Gasparrini.Altri uno gli Eletti, Noi stavamo stuolo era corona, Si correggeva voltato minuto è i delle tra , periododi sco. fre- pote Cornelio Nifaceva un parole,parte benedicendo, Questa plebea,questa troppo usata, 1' è che maggiorenti vivace, faceto, sempre un parte scomunicando. questa la moltitudine. in italiano. Il Marchese esame erano parte dei più valorosi. agli ultimi posti,tra Il Marchese gli facevano a antichi meno è è parola poetica, volgare,questa arcaismo, un 1' è è sismo. france- un Accompagnava queste sentenze con lazzi, motti, esclamazioni e pugni sulla tavola. Io ne aveva e la testa intronata. Poi si lesse de' ciascuno maggiorentia profondosilenzio presenza, dalle rado con dir la sua, tra il della moltitudine. si fece la lettura. Francesco faceva impeto Finalmente Costabile bella voce; esclamazioni leggeva bene del Marchese, sue e impressioni, avea bella interrotto , il ma qualche osservazione, le lavoro, un quale di rivelava le travasava 57 — nei nostri che né le che ne petti.Non il 1' ora mi vidi quando sobbarcarsi a tardava,giunto a casa, dovetti ne sapeva dovevo Villani mi non eletta schiera entusiasmo con più di eh' io e me, letture di di era di studi. in gran mi di numero i quei si dovesse più bei modi ignorante, Il desiderio un di di attirare e parte nella mia di tragediee di di gittaiperdutamente Con la capo all'altro un ristettifinché non gridava,che da novellini, li studi di filosofia e commedie, poesie,e del novizio divoravo gran giovani Costabile un gliscrittori dell'aureo Trecento. intero,e entrava. di persuadere che Francesco sguardi entrava E lasciai persuasione. tra e e quelleletture, professare quelle i suoi e che Iacopo Ortis a e comparire, di piacereal Marchese romanzi me Verri,quel dire semplice rifare i miei legge,e zioni. le- Puoti. Young una dottrine del Puoti mi ore per sgrammaticato del Ma scuola, passarono del stro, mae- si chiamassero del marchese alle Notti Romane e tre o alle Notti di Uso detto esser conversazioni sue velocemente;e e voleva studio si chiamasse suo Quelle due tornasse — non volumi. ebbi di dire. Prima libro un sfogliati Invano leggerecon foga Costabile ordine e di darci tare noun 58 — voleva libro nuovo, letto. Io volevo e vedere il quaderno del ch'eglicredesse alla mia quando si ostinava,improvvisavoun di frasi da il tiranno,e io che lacrimoso richiamavo ne qualche motto una chi a gara mattino diceva mi : Bravo ! C'era : si chiacchierava si correggevano voleva presso di sé il di 11 regno e ufficio, Costabile l'abate s'insinuava M., come s'imponeva con r odiavano fiatava per durò il Marchese ricalcitrando tema un i tra cavo cer- in era giovani del chese, Maril lui anche a leggeva si , piava, co- Io ci il Marchese mattino, per Enea, ristampatie dei Fatti di andava e , me di stampa. errori acquistato 1' occhio aveva dell' si , e in sollucchero, più in grazia più diligentiandavano sua frase eh' egli andava i alla malizia ed salisse ceva fa- mi Marchese mia parolao o grazia del Marchese, e dal lui. Nella con notamento credevo poco libro parola, all'altro. Talora giorno un divinità,andavo e — mi la correzione annotati poco si seccò ; di da lui. si seccò lui, che moti cesse Sucd'impazienza. pugliesefalso e astuto, che con serpente, lisciando arroganza di gran del e adulando, ai minori. cuore , Marchese ma che , I pagni com- nessuno 1' aveva 59 — caro gli occhi lo fare quel suo per gli avevo troppo alto invidia,perchè mi sentivo ma ; Egli n'era se lo accoppavo, il mio Domenico er più in la un sera tra e Sapevo divenuto -icchè gli Eletti. , mi di frasi, nuove servazioni os- si M. era piacerenon rimasto venne dal C'erano i fratelliDel fu indietro Marchese, tra gli li molti giorni Giudice,Gatti, Ajello Florio,Capozzi.Il , a ch'io dovessi rideva,e 11 mio Pietro Giovannino. valorosi, come u?ani e quindicinadi giorni dopo fu una Eletti anche ' modi senno presto uscii dalla moltitudine, lungo.Zio naso lo per facevo sempre il Marchese Ben dalla turba loquacee presuntuoso, intero,perchè Giovannino A ero potessidigerire. impressisenza la mattina e t'acea verde. andai mi anno non quantitàdi rimanevano , e roba che divinità. ascriverli. Era e le mie con favoriti, Agnolo Pandolfini, Cavalca,Iacopo Passavanti,ch'erano un' infinita ^he mi me i miei delle minori mente di aveva glidei maggiori,circondati me pareva le risa del Marchese, tra costume in corpo Avevo e quando , ! con tipatia. grande an- una accorto massime , condo per lui , qualche gelosia .asso Madonna di ipocrita bassi. non tture — Marchese 60 — cominciò domandare a - il mio avviso intorno ai lavori,e io, parlandoin pubblico,cominciai moderare la mia spiccarbene secondo il vizioso battere foga e la voce, senso ad accentuare mi : Una il Marchese sera novella. grande un era Doveva mi di villagi i questa donna di mia nome molto era e madre, e semplice; e piacque infinitamente, assicurata , esimi 0 novella come eccellenti, le mie tra a Firenze carte dicato inmi nome poi: le diedi il tutto ma zionari di- un ditura L'orpido, insi- era che di frasi. Pure fu riputazione tra gli scrittori si diceva. Serbai quella più prelibate e , lungo tempo Presi in Agnese. la mia fui annoverato e ? E la chiamai c'era altro sapore non una del fatto. Dissi che a tire. balbu- donna una perchè questo il teatro darò faceva Trovai piacque,e posilà nome parte quel la storia d' tra geografico, so intonare, progresso. pensaimolto. Signa. Non a finali, volle si scrivesse essere Io ci sventurata. ed tolsi in gran leggeree parlareche Questo sulle mi poco parve a poco a quelloun per capolavoro. lo stile del Marchese , soglionofare po'di affettazione come certa Quello stile consisteva in una gl'imitatori. non scelta di parolesolenni o nobili, logoredalcon un , miei sfuggitiai errori occhi m' pazienti,e segnò in- la modestia. della Il direttore Stefano De marchese che si abusando Puoti, e, scrivere di lettere. Un scritto indirizzo,precedutodalle che che trovò e fece quelle lettere queste significano ricevuto avessi andai più,ed tre lettere? busta Egli troppo Sapete voi pra, so- cosa asino significano: come petto indietro, oggi quel motto anche un S. E. A colpo di pugnale, un Mi strinsi sempre sue annotazioni Fatti di Enea, ? Io che docilità, prefazionie messe : del me e vi non lo sento nell' orecchio. sonare le più eccellenza. erano Io feci col educazione. senza da sacramentali rabbuffo^ e disse un tal Gabriele d'una su A sua significare: dovevano un della mia dettando seco, avevo era teneva . faceva mi stamperia era della la venuta Avevo di dire: divenuto una consultava tra , Salvini,il Sanzio, Cosa nelle studi non ai ne cesco dice Fran- so cose gua della lin- M'era grammaticali. il BuomCorticelli, il il Bartoli , , e fare grammatica eglidiceva. il Salviati il Cinonio mattei il mano di Nel speciedi autorità, grammatica,come frenesia degli spesso Marchese. lingua e soleva il Marchese e più col , quanti altri dei più 63 -^ ignorati.M' gittatoanche ero Tocchio avendo sempre — sui Cinquecentisti, lingua.Il Gelli, alla glione Giambullari,il Firenzuola,il Caro, il Casti- il deliziavano. mi tanto aveva le parentesi,per eh' io e segretario cui Quello a a troppo alta,parve cosa prima era nome c'era pur pilila e r egli faceva cosa. e e lo che favorito, sbuffava e tenersi usci a con dire un a e : Ma M. insolente. Il al nome non perdeva la certo che sera suo zienza pa- di pessimo piglia ri, calare inter- riso tutti. L'abate loco, e trovava non tutti a aspramente correggeva moveva come surrogassi qualcun Il Marchese la correzione , me interrompeva spesso. Una la lettura,il Marchese era umore Puoti. mira, a sotto ma , trovai T abate ufficio, suo quello senza poco, la pigliobeffardo suo giornate marchese allora ch'io lasciò il li col a ponevo naturalissima. Non altro;nessuno stava non quella; era pensassi,mi il favorito del una nari sfogliandodizio- poco ci accorgessio ne me a aveva era le intere di stampa, grammatiche. E e pagni com- poi, ciascuno altro;stavo correggendobozze cosa miei faccenda la mia me ad pensavo il letto. E dei faccende;a molti quellascuola sue non Nessuno non insomma potendo più ora debbo 64: — alzare so la come voce li per voi. Guardammo ci pareva e che li stesse e avventarsigli pigliarlo pel collare;ma gli fece e fredda intercalare, patria,e non grammatica dei miei studi presentòalla il Mi la testa Io me zio Carlo cose teneva ne di andavano non casa Un scinta,i mezzi scarseggiavano. segnare Storia senza infinite, dava an- CASA. invecchiava,la famiglias'èra congedaronoun e NONO DI COSE le mi volle alta. CAPITOLO Intanto erudizione. Mi posto per soprannome avevano grammatico. con a e più volte famiglia, sua seco. pranzo compilare e si giovava giovanetti, della mia e dette per- notizia. intento de' uso a M. sua poi in Castellaneta, tutto era senza quel di Da seppi più ne Il Marchese un' ammonizione dura. e Ritornò autorità. a abbassarla;non regolarecon Marchese, si contenne una debbo no; si debba uno al ora , — maestro , Sacra. Di e messere storie ne e bevendomi critica, bel me benei accre giorni a i avevo let tutto quell 65 — eh' stampato. Avvenne era molta i miei che maliziosi di me, più erano con — quando io parlava e gravità delle fogliedi d'oro,quei La biricchini della mente fico sé zia Marianna a alto della persona dallo zio Carlo educato mancati in Napoli studi letterarii dall' esilio, s' era ma già troppo era clientela civiltà , jl' era sul era ', suo volto una la e , cert' aria di pallidonon so accortissimo uomo poteva naturalmente sottrarre che quale con un pei figli, alla mia fami - In quel tempo Anielgli dispiaceva. secondogenitoveniva già con noi alla , scuola del Puoti. Portava e impressioni, della Villa Marchese e Sànetis aveva, con fresche da Roma e io eravamo le bella descrizione una Borghese,attirata dei compagni. Giovannino D« filosofici. Tornato , ciò che tutto non gli non gli anni con Aveva venne fare il medico; a innanzi saper fare. Tirava :a, e e Era , imprimeva certo lui aveva sceltezza di maniere certa una distinzione ; e messo scarsa. indebolito asciutto ; e , erano zio Pietro regolavatutto. e magro , collerivo io m'in- famigliaera gli anni e le fatiche avevano zio Carlo,che perciòlo lasciava fare,e del vitello e ridevano,e ; tirato scolari 1' attenzione nel termine del degli 6 66 — Zio legali. studi Giovannino — Pietro pensava avvocato un presso già ad allogare per , doveva poi,nel suo pensiero, dello zio Carlo, per sorreggere strada. Io aiuto quei suoi in vecchi al qualepiacevamolto Io studi,ma per i miei , lui e di dicevano mio in canzonatura ammoniva il fratello ricevuto mezzo , Pietro zia e mettevano Paolino,zio Carlo alla mia sogguardavanoe e s' stimolò li di delicatezza mi morto era da lo scudo zio Pietro babbo, o qual sentimento latino dell' Università Zio ero accennando mi solo condotta tranquilla , Essi impressione. questo del 1' occhio con presenza; male il professorino. aver famiglia,e quando Marianna In mai alle zio, non castigo.Naturalmente alcun Marchese, chiamava per la mia ricordo non della mia fece col l'occhio dritto dello era stro mae- eh' io mi consacrassi fin d'allora mi lettere,e un la scuola anni. Cosi cominciai parlatoanche aveva ne essere Sacra. di Storia Egli farglila il era di professore aperto molto cevano. ta- il corso. con- lo zio Carlo anche lui. Zio vi consenti a perchè concorresse malincuore,e passò ore angosciosetra preparazione, timori e speranze. Venne il di. Si fé- 67 — gli scritti; poi cero Vi pubblica. Pietro,e vi A uomini. I andò il Marchese batteva il cuore, piedimi tiravano Nuovo là,ma Rimasi li per so m'era pezzo già lungo tempo chiesa. La prima domenica stava l'abitudine poi venne rendeva un atto odiosa servile. C mi e filosofia, chiodo un sentivo pilimessa, questo, stando come punire me prova , non li in e , mi non in ancora vita. di Dio. parecchioogni studio in mente aria, Seguii V ginocchio,mi sosterrebbe i senza andazzo ; mi confessavo rimprovero.Pensai un in capo; ogni speciedi culto: pareva erano poi i malcreati,che stavano nella a fededella congregazione, rimasti però cipiireligiosi, base usavo l'indifferenza. Il governo e lasciato da avevo non sentii messa, non motteggiavano i giovani timorati Io e appoggiato ai eh' io che come che voleva per forza la mi entrai quell'idea. venuta col capo ferri. Era quel pensieromi ed chiesa all'inferriata dell'altare come un giunto alla , avanti inginocchiai maggiore.Non zio osai andare. non e andò molti chiari e proseguii non la lezione tenere vi scolaresca, molta , m' si dovea andarono me del Gesù — di princuna alnon più.Tutto si affacciava che forse Dio, per lo zio nell' ardua posi fervidamente a pregare. Non 68 — avemarie erano si come paternostri, e un' onda piccino; era - che mi preghiere.Usci una messa mi distrassi, nel bel mezzo e non prete, seguiile ombre a Don e mi pareva gente sofisticae pareva m' non del sapevo e e carne, dassero guar- fìgliuol prodigo, comprendere come de' cattivi potuto tollerare glisconci parlari feci un via mi sovvenni Mi compagni mi cervello. Pensai queltal Fortunato, dappoco dirimpetto prendessero dipinti sangue e intenerii^ avessi seguiipiùil e me. e a eh' io sentii ; sa. grandezzadi quellachieparlante sguardo si perdevatra quellevolte,e che tutte quellefacce di santi e di Il mio beati Cicirelli e Domenico alla solenne mi del mio e me pezzo tra lacri- un e ma da gonfiavail cuore fuori. Stetti cosi versava facevo , gran da me. e , 1'antica ripigliando segno di croce, come usanza, per Quel prete che diceva guardavocon spiravadivozione; ciarli cac- messa occhio amico quellesottane lunghe e nere con quei berretti provò quadrati,e fino quel padre gesuitache disapalla memoria il mio latino, mi venne e mi parve amabile nella sua severità. Finalmente, andai via,pensando di quel fantasticare, stanco Francesco Saverio era che il mio nome quel della e decoro santo che fu apostolodell'Indie, , 70 — in giato.Corsi sala, dove furia e presiin r armeggiare — la si teneva scuola, in fretta il dizionario. e mi dovesse pareva Quel- significare combattere, battagliare, disputarela vittoria; mi rimaneva mia furia la mi tale che era pagina pestavo e , la fronte sulla mano. senza frustato, pur e casa, lo zio che credendo capo basso,come abbattutissimo il e' eri. Io chinai il capo, e Nicola fiatai ; un libro e lo dispetto buttai Santi Padri. Ho il Don volto, si voltò a tu inconsolabile ero e , quell' angolo di vegliee de' miei studi. aperto, le Vite de' Santi Cavalca. di Domenico Carlo,e ritirai in testimonio delle mie sul tavolo facendo che mormorava del dici tu, Ciccillo? Ah! ne mi simo stanchis- e scritto, pur suo Zio Pietro non Giunsi il Marchese. i conforti di Don Cosa non Padri a alla vittoria di zio dicendo: casa, piedi.Finalmente invidioso,e gli raggiava me, Era vedere leggeva qualcheappunto. era Uscii era sentiva e Buono, Nicola i maledetta paginae quel quella : armeggiare. Lessi che significava e divenni e posai pallidissimo, vana, fare opera , riuscì subito trovare mi non innanzi vennero maledetto a per lo zio. La filo di speranza un Io giù,dicendo: invocato presiil libro con Al diavolo questi oggi tutti i Santi 71 - del paradiso.A Poi mi che dovevo raumiliato la mente Venne e Gesù; e di superbia il di appresso, messa buttai sul addormentai. Mi mi avviai e il zio curvo, e rimasto era io prorompeva in atti d' spesso fosse divenuto volesse po' freddo un più quel bene. gli facevo le moine, dovettero cavarmi dalle Anche fare non s'era fatto più percosso, Qualche volta vidi che lacrimava. mi cammino, chiesa a trare, en- Tra Si, entra. Puoti, e nanzi in- volevo non diceva: dal Marchese trovai più. Mio che gombra in- e letto, fantasmi,mi indugiavoe ma mi e , entrare, continuavo non trovai tornai mi pensieromi un entrare mi di la dimane. al e sentir stanco e voi altri Santi? che siete buoni atto pentiidi quell' sovvenni e — lo oggi non una so. Una si levò e mani. sue Mi con sera, mi za. impaziensembrò me, e non che mentre percosse, Cosa era nato? Un'altra volta s'andava scampagnata sopra i e a vamo eraCacciottoli; giuntial Largo della Pigna-Secca, quando dissero zio Il zio eh' io a s' infuriò e mi Zio tardi,lo , sono chiamai una ordinò mattino, secondo dissi : avevo il calza di ritirarmi rotta a solito,andai allo le sei un'altra e mezzo. Tornato , e casa. zio e più volta,ed eglisi leve. 72 — Ero in cucina entrato giunse una la e lo zio , un Cosa mi e gesto d' puoi fare lui,e gran fatica si Non la lasciò avevo alla zio non stare era un' Fummo tutti attorno potè rimetterlo ci parola più cuffia guardò solenne nella mia sempre cosi. nell' animo allegria una , morire, e le Questo dei miei gara medesimo studi e nanzi inlo dovessero cose cugini.In di vita. ; tiravo ed allegramente, come spensierata mai ci , il letto. pensato al dimani dovesse bito su- CRISI. momento mai a DECIMO LA quelloun lesse vo- tro Corsi da zio Pie- , CAPITOLO Non alzarlo ; sanguisughee digiunie e ghiaccio.Riebbe ravvisò. per vidi che lato sinistro. Ecco perduto il salassi Fu tu? è caduto. letto. Aveva e impazienza,come Zio a Corsi chinai gridando: a di terra, per dire: allora,quando mi ripetè:Ciccillo! voce eglifece ma allora Ciccillo! Ciccillo! Tesi l'orecchio, voce: era — di pensare casa era esercizii geniali.Zio Carlo ci seguiva col suo occhio e voleva,quando si levava il pienod' affetto, Va — - conferenze, mattino, sentire da noi ripetizioni, ciò che tutto imparavamo dello nei divei*sirami scibile. e vago leggevo come del giano, leggendoil Galateo ed il Cortila sera sempre di fatti guerreschi, allora Stavo un e Bentivoglio, Quello studio delle frasi m' la ammirazione stessa Davila, Cellini. Le seccavano, salvo gusto era non scrittori il e ancora cadavere e formato. ancora Cercavo quell'aurea semplicitàche quel secco noia avea negli c'era certa una m'entrava vantava il zione contraddi- periodareda Cinquecentista da fraseggiare lo studio delle studiare le cominciato Trecentista. tomi Venu- parole,mi prendea cose. Sotto Costantino lo studio dell' anatomia. miopia m' impediva di veder tra quellafolla, e supplivocon con mi rettorico. Il mio e non pensiero, vaghezza di La del Machiavelli tezza sentimento,V immaginazione, 1' acu- quel secco Demitri storie avevo Guicciardini, come stile, la novità del tra a molto, e qualchebrano Sentivo che Puoti. e di po'a un scrittori differen- verso d'ingegnoe tissimi venuto era m' interessavano cose Davila. civili del le guerre noia ; le di Fiandra le guerre romanzo lo studio camerale. Quanti bene il gure le fi- libri di 74 — — di chimica, di geologia,di zoologia, mi venivano in tanti mano medicina divoravo. ne Le , mie letture di fine e di mondi del Cotugnoe buoni arrosti di letture. Qualche studiar greco trovavamo casa sonare, in ora me del giorno si e' ero tutto nuove passava a latino col Rodino. guantato cantare, ballare. Oh ! 1' era Io a facevano mi puntualmenteil maestro e viene pro- zio Pietro 1' appetitodi Margaris,e lava par- tabile l'inevi- malattia ciascuna Sentivo bassotto sbarbato un vita. col bolezza de- di rilassanti, e quelle metafisicherie aguzzavano curava provenisseda e questa dottrina, salassi,accompagnaticon bocca aperta ; A di controstimolo. e malattia che di e mento vino, sul fonda- buon con infiammazione. gola, e parlava d'Andria di stimolo di emollienti digiuno,visto da e combatteva di lenitivi e e e ciascuna Poi purghe Pietro ci parlavadi tempi nei qualisi che da allo sguardo aprirsi Nicola maestro di Bufalini Ci rietà se- naturale,fisiologia, patologia molto ; vedevo suo senza , Zio ignotie inesplorati. spesso con romanzi studio,tirato da piaceree curiosità. Storia mi attiravano di come erano dentro meditando, leggendo,quando , il que, Cin- ; ed ecco una bella fantasticando , caso dello zio -75 — Carlo anima cielo Zio Pietro la disposeche La curve. Puoti ; Giovannino E andavo tutta la sempre io rimasi lì in spalle alla scuola giornataera del gare spie- a spesa a putato ri- un il peso della scuola sulle mie sera ma andasse Padovano, il commerciale. tutto con ste, tri- oscuro. praticapresso sua alla mia ridevano di nuvole. Il presenteera divenne avvocato casa, che azzurro si copersero l'avvenire fare Tutti gli finì. Quegli interrotti.Ogni allegria studi furono squarcidi triste realtà. alla chiamò mi - grammatiche e rettoriche e autori latini e greci,a dettar temi, a correggere errori. Ero que rotto alla fatica ; pure quellecinpazientissimo, classi prostravano in cretino,inetto mezzo sapevo pena. zio come Quei riuscivano perchènon cari acerbi erano avesse studi , non a me ogni virtù. libro,e capireun potuto durare dei miei solo per più d'accordo Finivo primi a quella anni la fatica , con non la mia mi ma scienza. co- Quel Soave, pietà.Quelle del ariette quelFalconieri mi facevano del Metastasio, quelleottave Tasso, quei sonetti,quellesestine, quelle epigrafi, quelleceneri coronate, quegliAdami rabbuffati, quei maestri di fulmini e quegliEugeniiche fanno paura alla morte, non entravano Tt) — più nel mio Quel spirito. gli scolari mani un come dare per scrittori vivi mi natomia, i entro faticosamente vano facecito, Ta- di o era plausibile, senso talora e spirito, al mio tortura che torturare frase di Livio una cavarne per — si una le movevano scappellotto. Quegli uno divenire parevano pezzidi a- cercavano qualiqueigiovinetti la costruzione. Quel sulle contare citare dita,quel fare la cantilena,quellostupidore- memoria, quel a m' sfiatava, tr' io mi sui darsi i menpizzicotti mi dava intollerabile, era nervi. conforto Alcun , Erano volta delle classi superiori. e loro capivano meglio. Posi di Annibal che Caro piacque. La , base fu e miei in coetanei, tere le let- mano novità una dello studio ardita colà il era oltre la lettura dei latino. Per l'italiano, non e' poi si cominciò era gioco presto a parole,sul si destò altro. Prima a venne noia a a me e sopra Tasso, curiosità , spigolarfrasi ; fare osservazioni nesso la questo ma loro. Cominciai a i sensi delle logicodelle idee,sulla sulle intenzioni del sentimento la veniva prendevo quando sione esprese sulle , malizie loro e dello per me, scrittore. Erano che faceva con cose nuove que'cementi per im- 78 — fossi trascuratissimo ancoraché d' si porse occasione il — nel vestire. Mi lezione una d' signor Fernandez, spedizioniere di commercio. Mi davano trenta che un tesoro. Andavo mi parve che per tema in pochi mesi mi mio segreto, a carissime avvoltoio e che la Ma mie ad la cosa, cosa era alcuno lo tra volli domandare, e me di e , e lo sbadato. una gogna ver- gli ofifriiprontissimo. piastrecon sorrisetto, promettendola restituzione facevano teneva la risparmiargli Egli adunghiò quelleamate carlini cuore. insinuante, danaro scemo di mi fra poco che vocina po' di cavò , avviata,e una gazzetto ra- lo Schmiicher l'impiego.Mi si fece tanto un mi e piastre.Un povere bene capiiin aria, e lire. il certi occhietti di parlatocon aveva gli occorreva (1) Dodici cosi quelloscaltro bocca,e fissava fé' intendere,con del dessero ca- , gli occhi bassi,cosi Io non piastre (1) dissi verbo ne non sulle avrei avuto che greto, se- Era gelosissime. e Griovannino. il segreto di Egli mi carlini alcune (FrancescoD.) fiutò che li in gran di zio Pietro. Aveva accumulate tenevo raccontò casa , che neppure una carlini al mese, quei trenta nelle tasche e privata presso piastra, poco fra un pochi più di cinqu' 79 — Tutto Che la balenare facendomi di, e a Ecco casa. sua deglistudi Ma visto di venire un lo fece prima ridere eh' nipote,e del suo La tutto. ; detto. Ma fatto,avrebbe tornarono non zio mano un bricconcello. Non a mia contro avrebbe piastre di vederle le unghie di più questo truffa che prima plicità sem- intrigante, quelle povere vidi mai fu questa la e one, d'una adirò poi si più.E cosi per tema Pietro,finirono tra in cesco. Fran- E e che e mi promise le piastre^ discolo, un sapere caro bugiardo,un un era voleva più! diss' io. viene non se zio,credo suo che sa , della condotta e un è ? nessuno , parola,gli sballai in altra il 1' ha piego. l' im- Che scomparve. di guerra commissario un innanzi sempre tratto un è ? Nessuno non — scroc- mi fu l'atta. potevo levarmi Non lucenti,eh' Peggio è izzoso il mio erano che dinanzi quelle piastre segreto, il mio bene. potevo sfogarmi con non della burla e delle beffe. Poi pauroso all' impiego.E perchè non jjensai ttesto ) signorSchmficher ; il mio )Vdi un lava dev' nome ignoto.Mi udienza, me ? Colui essere feci alcuno. andrei gli ha parla- scritto,non animo, e io da un Gli gli presentai. di sono ch'egli raccontai 80 — tutto. Era buon un la faccia con Chi — io. è sapevo rubiconda e fiso, disse : che prenda cura risposi:Si, c'è quel dunque testa a bassa voleva Ma di lei? lo zio. E da me l'aver pareva che le beffe. Mi regalo,e io cura le in aria Innanzi — da tocco Vedendomi L'usciere spalle. gli posi in mi a trovai , mano lui e , morava protendendole labbra,mor- e questo ! M' ero belle cose bel discorso ; tante Come quel signore. a ammalato, era di lui? Ero tutti mi carlini del facevano a e non gli che toccava scoraggiato;mi guardasseroe guardaibene (1) Dieci grani persona come , il Continuai taciturno i trenta dunque ? volse dire grafia calli- gliocchi con che mi guardò nessuna muto, mi così e una avevo e diss' io che lo zio a studi balbettai neppure. che nulla so , insolenza. Anche preparato un erano miei di stucco rimasi crollando il capo e' Io — ti. schiet- Non — e' è non quei pochi grani (1) con modi , Egli m'interruppee — fulmine. Non un sazia e che lettere, cattiva. non e gli parlaide' scrivere della persona, Tedesco,alto questo signor D. ? Allora — — mi facessero di dirne motto in casa. portare il basto,e sognavo nuovo un mese. carlino. 81 — Un giorno,uscito zia Marianna. crocifisso; un per non La zia e lo zio sta incontrai Carlo ? Come io. Avevo la rispos' andai oltre, studiando mancare a sali in di casa, appena Come volete che stia ? — non casa : Zio quest'altra so peggio; sta frase in riempi la e di lamentazioni. Lo zio si turbò. Aveva indebolita lacrimava e mi chiamò Come : Alzai in aria meglio,mi via come un' atmosfera davo di e gliocchi smarriti, la mi ; non ostile, colpaa coscienza,e terrogò in- salute ? dissi : Molto sentivo e mi involto in perchè,e sapevo me, mi intorno presto guarito.Andai sarete , accusato fui tornato, giudice,m' un eh' io stia in ti pare pare un spesso. Quando 1'aria di letto,e zio,con al casa la mente sé. Si fece cerchio a il passo, qualeappuntamento. voltò la mia e , faccia di facevo un lora tame esa- promettevo d'essere più cauto. Un la giornonon Era croce. iiiassosinon lueridiane ne potevo più; giacevosotto carnevale. A assetato d' aria verso e piazzadella Carità. C Scesi in carro arro'dei B* queidivertimenti garbavano.Uscii , Il me Suetit. ! il carro di era le tre posolitudine. un leto. diavo- ! si urlava. Passava reali,sfarzosamente principi il addob0 82 — bato. feci Mi — tro largo a gomitate,imprecando con- quellagentacciache L' onda mi pietre; che toccò sorresse e D'Amore mi tenne ed signorino , scuola del Maledetto Volevo Che Puoti. e paese andarmene maledetto — furia spintoni,giungemmo , calca; un mare dei suo Molti lo verso C farti Cosi — a Spirito era in lontananza carro polverioaccecava può passare a vetri rotti passaggio.Il fischi intronavano si ! diss'io. te. con — po'd'aria un Marra. principireali,fermato ; il qui ? gran spingersiinnanzi ejndietro, come furioso. Si vedeva i balconi. alla compagno bere verrò la farmacia presso uno io, e che lui faceva pensi,tu solo,di farò la via Santo frago, nau- D'Amore, ti porta a via ? Ti di come carnevale solo E Capodimonte. verso mio era fiere staf- uno cantiniere,e un come il braccio. Questo sotto diavol tutto solo mi non confetti duri tale ripescòun mi il passo. frustata da una figliod' era il e passò rapidamente. Stavo quando mi pioggiadi una mi ma chiudeva il carro, gettò verso addosso venne mi battagliarecontro erano testimoni si avvicinava gliocchi ; la testa. D'Amore ; andiamo qua il carro su, che del te lentamen- gli urli e disse: Non sono amici i 83 — E miei. mi tirò per — in porticina,su una una camera. Era ivi la del farmacista ; casa spalancato;vidi ^signore era nelle altre stanze. per l'abito Fiutai D'Amore, le scale alcuni gendarmi '. che noi le con pugni, dati asino in messi in Bello a fila, due e vano. minaccia- due, e a Io spettacolo! ai suoni mezzo vicino,e un : non ci de' stavo capivonulla. le principi, furia di confetti,avevano nati me- come è stato ? E dissi : Cosa che, passandoil carro a rotto mi schere, ma- i vetri balcone,sfregiando signorie signore.Allora alcuni giovinotti, rono per far vendetta,apparecchia- della al il collo protestando e avuti, strepitavanoe e per Toledo. al per poi tra* gendarmi alcuni giovinastri mani tra percosse e e infarinate, Fummo narrò di faccia Scesero invano. Toccai via. Saltavamo vennero gridando , un ci ci presero , fermi tennero scappavano cattivo vento; tirai un quando , che dissi: Andiamo e balcone un calce,e quando balcone,ve il carro la gettarono tutta ripassòsotto con parolee gestidi minaccia. Figuriamoci! Le vie erano guardate da gendarmi a piedie a cavallo. Io con capiiil presso a E resto. me un sarà di noi «rendarme. che mi cosa ora ? vStava domandò di 81 — qual paese ero.^ sono di Morra dare un si pose svicolare. al mano due piastre , carlini. Ci fecero a Noi i vicoli ; traverso su di condussero in Apparente. — a mi casa, e camerone tutti come una r un veniva è Santa l'affanno ; Ma dateci almeno un piantòsuir uscio, con lume. un — quegli ponte, tra brutti chiavare non a Cam' mi conducesse dico che che stupiti — Maria dubitate. non dove fummo oscuro, manca, Ci un questa la maniera. non a Avanti, avanti. io,pensandoche urlavano Quei giovinastri ma disse di balla. Sentimmo r altro trenta gli occhi è tardi ; fracasso. Non molto e ? dicevo io trovai invece per in un ceffi, con : andiamo signorinoche Salivo,salivo che mi m'ammiccava; destra a e prefettura, poi a minate chi : Grazie,signorino. piastre noi,dicevano Dove , dei famosi quellicon e tita; sen- molta con e colui sorrisetto, due guardando io noi a fu cosa E — voglio compaesano avanzo gli occhi con ti e qual cosa La — bravo bel un pigliandole me, lui, taschino,e diedi al mio ? sa disse Dateci consiglio. vi faremo premura Morra, diss' io. di io pure, buon altri,e lo Sono — — ci gittati 1' uscio mo guardam- ci si vedea. pienagola: Ehi ! Custode,custode. Un uomo apri e lanternino in mano, si le sa- — mazzate, da la della Che famiglia. lacrime Quel D'Amore molto sul Marchese io scrissi promise una e e eh' io sparso Puoti,e che a prorompere di uno i minuti ; carcerieri gioia,ora intanto la e aveva di scritto alla nota sua s' si sente come era una un un grande; era e carcerati ora era tale, morimpallidire ingrossava.Ciascuno un famiglia; po'di botte me, quei birboni, notizie ; circolava,appariva e spariva; quei bricconi a tutti innocenti. Si sogghignavano,portandofalse un la queir era rando Marchese, nar- la lettera fu portata. L'ansietà si contavano poteva eccoli intorno dichiarando bella moneta dal pensiero chi. negli oc- tremavano Ed sentivo, detto lo zio ? pò bella lettera al una il fatto mi quella a navo percoteva, cammi- avrà aveva via della liberazione. e con cantuccio, un parlavanoe non dolore,tormentato nel mio zio ! Le vero mi pie'.Ero mi fretta,e assorto ero il freddo Quando in estraneo come , in ci fecero chiudere non mi reggevo appena sulla fronte scena. meno niente- grosso, raggomitolatoin sempre mano e era la notte. tutta mattina stato 1' affare lavori forzati , occhio La che e senza moneta di 1' ingordigia fondo. Ed ecco grande spalancaredi porte: 87 — Cosa è stato? Sarà grazia.Si mente dice e tis? : — ? dovevano una eh' io al Marchese. s' era che tutti.Mi un causa via. me Co- — fatto A scuro andava non custode, farla fosse come uscissi , non guitavano se- usciva se e , la e che tutti, ragionedal Vollero re. la era uscir osi,e volevano iui il può andar che riscrives e breve, verso ra, se- 1' ordine per arrivò , abbracciavano ; divenni - Sanc- ? lui solo ? fu il gridodi tutti. E come che uno, grave Chi è tra voi il signorDe Ecco, diss' io. -Lei — carcerato, sarà la nuovo un Il custode si accosta no. e — ai loro occhi pezzo grosso ; il custode si levò il berretto. Ma fummo non lasciati uscir subito. Si al conto, e cominciò un vero battibecco venne alla poletana na- sui prezzi con strillie voci e gesti i piùfocosi minacciavano,e i custodi grossolani; ridevano. Pagate,pagate, signori. Poi e' era , no i cosi detti servi , testa tutta il la notte,e regalo,e che ci c'era il custode altre brutte : figure stendeva la mandare alle famiglie, e chieder mano e Quando scendevamo sulla gran e I dicevano rotto avevano voleva la mancia. nuovo che la leva vo- ciascuno Bisognò danaro. ferpelponte, queiladroni,mi porta , ci facevano parole sconce. Ma chi le sberleffe li udiva ? fummo Quando corse fuori,non a Io casa. zia Marianna che mi belle. Non vidi non venivano difilato allo zio Carlo delle ci pareva Pietro zio incontro,e Me piangevo. e morto fresco ai e bugie Tornai per la dei dell' La muto e Divenni a miei avvezzavano mi rica- a ste que- più gusto avevo aprivo più venivo libro,avevo un a nessuna pretendeva che Pietro famiglia anche da mi tristo. Non vagabonda, non Zio il fatto immaginazione. scuola, non la testa vai le- mi praticadella vita, poca romanzi certi con , abbellimenti. mattina raccontai e pasqua, zio Pietro a la lettura letto. La a una come cugini e e andai ne me corsi stanco e , e disse ne difendermi cercai scuno Cia- vero. quel po'di danaro clusione. con- dessi alla che mi niva ve- qualche lezione privata.Io non volevo. sospettoso, immaginavo le cose più mio danno, e surde as- fin d'allora mi sentii solo. Ripensandocisu, vedo che quella concitazione e di nervi, quell'umor nero pieno di sospettie| di fantasmi, avea gini. Ma la sua origine da fanciullag^ tant' è. 11 fanciullo quellaserietà quistioni piccole che l'uomo nevo già mette un uomo, nelle e non cose ero mette e nelle su" quella passione grandi. che un Io mi tei fanciullo* 89 — La natura mi non malizia. intenzioni nn -^ in capo. Guardavo uomo e non tornar u- mettevo pro- sempre guardavo nelle ; non me ed altrui nelle malizie e mi poi mi pentivoe : maggior attenzione,per da mi e prima impressione, di bocca sciva tutto garbo, ne né concesso avea di Parlavo \ — posto in cosi mala luce , come ero , che scopre gli altri. vede UNDECIMO CAPITOLO SOLO Stavo cosi isolato in r animo altrove. La giorno, senza studi. Dell' mia un insegnarem' mestiere. la malattia Le aveva via i una mio , messe e giorno per era avvenire ero annoiato cevo ; pur fa- dovere, ma si come continuare confidando non senza e in un eglistesso bisognodi scuola, tana loro figli. Si fiutava poco lon- sprivano catastrofe. Le difficoltàdella vita inai caratteri. Io ha con famiglia, vedendo famiglie, dello zio che giovinetto menavano vita disegno,senza puntualmenteil fa alla mezzo le volo. Quella era prime piume, e casa come un sta per uccello che prendere il dove mi sentivo poco amato, mi 90 — pareva si mi — Quando mi vedeain istrada, prigione. schiariva la faccia,mi sentivo il respiro una da ogni ritaglio di profìtto tempo per fare le mie lezioni private e ne Il Marchese, che mi aveva avevo già parecchie. in grande stima, soleva affidare a me l'incarico lezioni i giovanipiù di apparecchiarealle sue Traevo più libero. , , scarsi neir italiano nel latino. Così mi del Fernandez maestro Costui bene promessa, a sfruttato, me risposecon una innanzi a e a dopo di avermi che gli ricordavo la lettera villana, conchiudendo , e come attonito, la lettera e mostravo incredibile, cosa tutti,e la collera tutti promise di mi Rimasi col minacciare. mi trovai tal C. un furfante,che un era di e alla fine dell'anno pagare ben e schizzava dagli occhi, nelle spalle ; dicevano,stringendosi volete ? gliè che questa brutta mi la via di San di faccia me pareva forza brutale sulla recò prima volta non quello.Gli l'audacia di altro,pensai.Per gola.Non la parolami giunse all'orecchio. L' indifferenza di tutti mi che Era camorrista. un Cosa 1' avrei , uni l' degni del- preso per la il trionfo della possibile Un giustizia. Sebastiano,ed quel tale,e pore stu- meno di scendevo ecco che io lo investo con mi per viene parole 91 — — so, pronte e focose. Colui,colto cosi all'improvvidel forse colto dalla vigliaccheria propria e r si turbò,balbettò qualche insolente, rola, pa- uomo tirò diritto.Quello per e mi fu me sfogo, uno sentii In più leggiero. non quell'anno potevo andare cosi di per lo passato.Non come frequente, alle mie lezioni la tutti i sempre il Marchese lui alla cavo man- ; ci andavo sera giovedie con dal Marchese le larmente regovoravo la- domeniche,e grammatica.Allora puano, si faceva assistere da Gabriele Ca- degliEletti,giovane di famiglia di una educazione squisita, e bravo apatrizia, mico,al qualemi affezionai molto. Aveva quel coscient certo sorriso di distinzione che esprimeun' invi univa un cosi buon superiorità ; ma e pendevo garbo,eh' io mi sentivo soggiogato, uno dalle sue lui ; mi labbra. Andavo menò di latino a in sua spesso casa, e e volentieri con presia fratello Ciccillo. Mi suo far lezioni davano i solititrenta carlini.Quest'amiciziami fece molto bene in per stato quello suo lui mi natura, con mi si lo scioglieva guagnolo, scilin- veniva la chiacchiera. Pure contegno piùcortese che affettuosomi timido;non . solitariodell'anima. Chiuso e' era abbandono. quel deva ren- 92 — queste lezioni private avevo In che quelle date in naturale mescolato miei da solo cosa solo^, a e talora mi facevo a Portici alla alla Andavo andavo una a' panni,e conversazione. di che noia : Io non studi, e gestivoancora e è orecchio. e buono Anche tutto ero tro den- ostinato^ mi a più, a e gran andava tro al- gridavo sorpresa via per e do pensan- me. scorsi I di- i sozzi galanti,. giungevano appena quel parlardei si in parlaredi ci riscaldavo di avventure seccavano; lo con per forza entrare troppo grand'uomo di moda mi parlari mi ma , voleva era bandona bassa, ab- facevo la faccia là e al Vo- su si avvicinava. scopo: capitato,che del mal costui mi quanto piedifino a testa qualcuno più Talora attaccava dei uno Capodimonte, immaginazione, e quando qualcuno me. Ma camminata occhieggiando qua di era grandi passeggiate per a frettoloso, renze, confe- in più cara, tanto sguardo distratto,senza forte il fare TI mio maestro punta di Posilipoo Camminavo brutta d' amico. piaceriera D'ordinario 0 mia. casa più appagato era 1' accento vivi rara. a più piacere quali il linguaggiodi con più mero. in classe affettuoso nelle più — al mio fatti altrui, quel 94 — leggerein a vano gliAnziani ^ ultimo. l'ordine Ma preso la avevano rotto; era Si lesse mano. finale;una predicadel Segnerisul giudizio della chiocciola di Daniello per il quale sentiva che giungeva non riflesso e 1' eco di Pietro questiSeicentisti le tre sorelle Queste che cose gente e tra il celebre e attendeva che pure lette da avevo cosi vive lavorava alla lingua più a solo, tra dimenticati. erano a una lui cari , grammatica, scuole , come alcuni testi i Fatti dì Francesco,le Questi studi di nelle divulgati tro. Pie- impressioni, stavano acqui- di pubblicazione i Fioretti di San Santi Padri. luoghipiccanti, la collera di San Trecentisti perciòi Il Marchese e certi sapore. nuovo un Enea, con dolci acque, Laura, del Paradiso il Sordéllo come di bettiere trom- la Griselda o e Chiare,fresche di il bino novella del Ger- della peste sugliocchi Purgatorioe Non qui era il mio del molta e' Giordani,gran leggevala , netti pensiero,e parecchialtri soPetrarca,e i primi canti di Dante, e Levommi del le Boccaccio,e Bartoli del Bartoli. Insieme la descrizione 0 e si scrizio de- entusiasmo un comunicare: a quel tempo a del il Marchese una e Vite dei linguas'erano già si sentiva il bisogno -1. 11. 2. 3. 12. 4. 13. 5. 6. 7. (u)15. 8. 16. |. 17. 10 18, 95 — di grammatica Il — di libri di lettura e pei giovanetti. tendeva Marchese,intorniato dai giovani,ata questo con tormentando gran fervore, dizionari e grammatiche. Voleva lasciaredi sé durevole pei suoi cari studi;vagheggiava un'orma soprattuttouna stampa del soavissùno Do- e affetto Cavalca,ch'egli per semplicità menico innanzi metteva T^na sera, a tutti i suoi contemporanei. glitornò in mente quel frate suo favorito, nei primi teme volle, pi, come SI leggessero alcune sue Vile.Fu data let non so di alcuni fura come, te capitolidel Sant' Antonio Aba- delle Vite di Sant' Eugenia e di Santo e Romito. Se i Trecentisti fanno spensare è che la loro diceva Alfieri, certo Abraam lettur ;ome vi susci glispiriti e più sonnolenti, svegliava ava affetti. Nessun libro moimmagini,colori, lerno trovava quella sinceritàe caldezza di sentimento .veva scompagnata redente. La lul tanto la via del mio cuore, nessuno con mia la mia esca 1' unzione le de'l l' ingenuità schiettezza quasi ancora fan- perfettabuona fede,la mia cilita ali entusiasmo mi .ere e rendevano atto più delicategradazioni di quei ent Mi isctó nel ricordo mio anche animo oggi il tumulto a co. senti- che la lettura della Vita di 96 — — anche Sant'Alessio, oggi mi tocca il core il grido della madre : Fatemi loco eh' io vegga quelloche ha succhiato le mammelle mie; e mi sdegno con lei contro i servi che glidavano le , di dire guanciate.Questi modi pili;ma frasario e li ho dimenticati non è uscito di memoria mi quel tutto che piaceva alla scuola, convenzionale, che fu raccolto tanta con Quel Sant'Alessio correva sentivo cosi che tristo, presso mi stava più,mi mi sera casa la passavano E Marianna. zia lasciò derni. qua- volli uscire di non cugini,che coi miei insieme mi non eh' io fossi. Una dove appresso nei miei pena rata se- t'Alessio quel San- sempre innanzi,e pensaidi scrivere tragediasopra questo argomento. La MeV Aristodemo rope del Maffei,il Saul dell'Alfieri, celate al Marchese letture fresche, del Monti erano una i e personaggi, caldo caldo, scrissi in pocheore il primo Atto. Turno-' Ci sentivo un gusto che mi alleggeriva ; re; sotto e quegliendecasillabi Parecchi la penna. sentii che di Alessio nessun' altra Cosi tela, e feci la in men tìato, arrivar cosa che mi due : notai mi venivano giorninon secondo voleva facilissimi pensai,non il mio entrare costume-, in capo. settimane,quasidi alla fine. Non mancavano : un sol le ti- 97 — - le descrizioni ; pur rate e che mi veniva dal abitava in insieme un con di li era cuore. stretto amicizia Avevo qualche cosa Enrico con Amante, che a Porta Medina, quartierino piccolo dente fratelloAlberico. Egli era stusuo fatto buoni legge, aveva Il scriveva l'italianolatinamente. Vico ; Giambattista il latino assai bene conosceva romano, ritto studi di di- autore suo era fatto molta gli aveva e pression im- queir opuscolosuU' antica sapienza italica. Vedeva l'Italia in Roma; sembrava un antico italianizzato. Parlava romano alla maniera ingenuo e era Tacito,breve reciso; e mirava sincero nei suoi sentimenti. Am- grande e forte;sognava ria, glolibertà, gente latina, ciò che è tutto il di veva, scri- come della risorgimento Odiava plebee preti; grandezza,giustizia. e' era in lui anima dell' antichità Lo studio patrizio. fiera di lasciato aveva orme profondein quellospirito giovanile; quei sentimenti venivano rica , ma carne e da erano suo vedemmo noi e se Sanetit. non classica connaturati sangue. Non conoscemmo; quellarara rompe D* un' ammirazione mi morte. o retto- lui , fatti ricordo di A me anime, che parevano sua ci come fatto è che nacque comunione per con gli non tra si non molto 7 98 — esagerate le sincerità e opinioni ; sue mi vinceva, esagerazionitrovavo caldezza una sentivo in e quellasua bontà quelle sue stesse ma grandezza morale una che patriottismo, di Andavo ammirazione. — in spesso destavano mi casa e mi ci e sua, più tranquillo più dispostoal lavoro; , gli parlavo de' miei studi,del alle poca inclinazione Egli aveva di Vico quellalinguaferrea e gli ornamenti; fosse buona la poesia.Pure mie varia e dell'ingegno della e confidente. ma avesse non che Gli volevo e il mio in questifrati Guido volta. La intimo mia dia; trage- quanto dispregio Santi. Era Non che qual- core amico leggere la in lui più capivo istintivamente potea piacergliquel lirismo di Sant'Alessio. una nel gato. le- alleggeriresfogandomi osai, sapendo poeti,frati coltura letteraria, lo tenevano avevo divenne che tenerezza; io non la mia sentimenti,la vivacità sentivo lui. Presto con che capivaa non parola me In certi momenti puntura, mi che erudizione,la sincerità delle de' miei opinionie letterarie; cose glipiacevapiù tutti i lisci la mia Puoti. marchese che so e rilità vi- che sentimentale gusto ci è a gere leg- frati Cavalca,mi disse differenza di opinionie di carat- 100 — al disotto ma altri, emaciata e senza s*era concentrata la diceva voi modo nella dolcezza del cosa , Poi sua. si volse dite ne scheletro sorriso. suo dava improvvisoa Sanctis ? C me: era un in minava questigiudizi.Si esaconcetto e l'orditura, quasi lo il del lavoro ; il sangue, e carne De , convenzionale prima al cia deglialtri. In quellafactutta la vita espressione ro. degliAnziani prese a leggereun suo lavoIl Marchese interrogò parecchi,e ciascuno Uno E — poi cioè Quest' ordine m' era il me filo;era per a vi si aggiungevala dire lo stile e la lingua. fitto in mente, quello eh' è e mi la rima poeta. L' esercizio del parlare in pubblico difettidella mia pronunparecchi zia, che e soprattuttoquellafretta precipitosa, mi faceva mangiare le sillabe, ballare le parole in bocca e balbutire. Parlavo adagio,spiccato, tenendo ben saldo il filo e parlandopensavo del discorso,e scegliendo quei modi di dire che i più acconci,ma i più eleganti. mi parevano non Parlai una buona mezz'ora, e il Conte avea corretto , mi udiva attentamente, a gran Marchese, che errori di Il Marchese mi voleva lingua,un faceva soddisfazione del bene. onde si col capo. Notai con tra recchi pa- l'infinito. Quando ebbi 101 — Conte il finito, meco volle mi che acuta , Disse pure 0 che più tardi mi che queìVonde Se alcuno dir cosa di noi Nelle andare cosa che giovanifa Parecchi , natura di o quellaparolao ossequioal Leopardi,che sempre nome Bartoli. Dire Padre esempio negliscrittori, 11 Marchese,che, quando andò via. La bene ri. solitaaglispiriti di rivederlo cercarono Ranieri mia lingua, disse, si e citava in prova rilento, quando contento ma niera gentiluomo,usò ogni ma- essere e tempesta; della questa poco facile. di cortesia dei di in a non modesto,ch'egli e del è alcuno non voleva, sapeva parve a il Diritto e costrutto cose afier- era fosse arrischiato andato dolce molto certezza gliè gli non pativacontraddizioni. giovanisi parlavacosi disse verbo. con coli'infinito 11 Marchese sarebbe simile, il Torto alla memoria. venne non mativo, imperatorio, vuole nello mente porre di tutti noi. scandalo il Conte parlaree peccato mortale, a gran maraviglia un pareva sizione dispo- più alla proprietà osservazione una all'eleganza; scrivere si vuol de' vocaboli molta aveva che nel alla critica.Notò legrò si ral- vicino,e sé a disse eh' io e , — venerato casalingae e compagnia tonio presso An- caro : solitaria mi teneva ma la lon- 102 — da tano ogni che neir anima — e conoscenza, lasciato avea vidi non più quell'uomo così profondosolco tale Ambrogio C, un mia. Conobbi in quel torno un spacciava parente del marchese faceva cortesie e lodi, e io, facile che Puoti. si Mi gli dicevo fa vecchio a tutti i fatti amico li dentro rano compendi cui mi strai visita,e gli mo- miei. di manoscritti montagna una fece Mi pentitospesso. sono si miei, come facilità di una : bandono, all'ab- C di libri filosoficie e- gali, le- trattatelliscolastici, e quadernidi frasi e e e di proverbi, e i miei pensieri descrizioni, scrittigiovanili, lettere, racconti, novelle, di sentenze di e fino ritratti, roba ; , chiese mi e no. Colui studiò perchè quei di lui più, e non ho compagni In mi pensierodimoravo Enrico. studiò e non di tanto quella nelle seppi studia sono più notizia. Quei ci potea in e agio.Non suo , avuto stati i miei non a manoscritti solo per davvero. casa sio. Sant'Ales- imprestitotutta a potervistudiare per dir di tragediadi di quellaricchezza stupito Rimase lavoro la mia tornati masi Cosi ri- manoscritti ore ra anco- erano malinconiche. più vedere, e già col compagnia del mio caro 103 — DODICESIMO CAPITOLO COLERA. IL E ci voleva sinistro il colera ! Questo pure morbo, dopo di Europa, piombò — spaventatomezza avere Napolicome un flagello. la paura rendeva immaginazionifurono colpite; irresistibile 1' epidemia. Si raccontavano Le molti sopra casi di colera fulminante , più strazianti. Si coi stanze le circo- al giorno,e minuti più si descrivevano i casi particolari il gocontagio.Non c'erano allora giornali; verno col suo le provocava che la campana alle loro mutismo le accompagnava dei morti ; i nessuno osava vita anno che dopo ripresecon appresso. E e panelli cam- comunioni, pareva più agiatifuggivano ceva fa- l'uno accostarsi; pubblicafu scuole,le bottegheerano , tintinnio di ville;la plebesquallidae sudicia fuggiva l'altro. La 11 morbo il terrore accresceva Quel esagerazioni. spavento; r con tere parlavadi famigliein- spente, di migliaiadi morti di ignotoe sospesa; le deserte. alcuni più rimasta mesi pareva furore V estate ancora nella mansito am- delme- 104 — moria la il gran che richiamavano Gli più ancora chi il le menti. creduli,che il morbo ma le di e perciòsi alle loro cure. cure lose; miraco- tanta violenza narravano adito alla ciarlataneria. Non di Santi le esposizioni processioni, Madonne, le invocazioni e le preghieree penitenze;ma non , l'epidemia le mancavano e i rimedi e di confondevano procedevacon che lasciava poco scene gli untori affermava fede ai medici per , Avvenivano medici Chi Paolo e alla memoria contagio.Molti i Pietro opuscolidei prestava poca C'erano San dei morti. numero Milano. e giornata di - la paura del lo zelo Neil' religioso. fiaccare più glianimi, dava contagioraffred- ultimo tempo, per s'era tolta dagliocchi le i campanelli, ogni parte spettacolosa, fra - i fratellidelle congregazioni, terie,i preti, ogni di accompagnamento, sorta la paura e accresceva notturne, le in casa Ma alla e me fuori mattino giungeva casa poco Erano polture sesquallore. quali,esagerate di bocca bocca,riempivanonel spaventi. a scemava lo in Anche il che non un si di su l'impressione vita interiore, il mondo la città di nuovi vocio del colera; parlavache di questo. Uso me era piccola. mi passava innanzi 105 — fantasmagoria ; una come mangiavo, cosa gli altri. amici ricordo le varie voci Anche oggi colori e i miei quali volevo della mia andavo mi erano certa metterci lo provocare a molto che fossero secondo a frenare la ma , disposizione mente; quei mali già cosi gravierano inadeguatialla e vano turba- quali erano non cose un una più, a ricami Quelle come avevo , le più cari orecchio, non mio stivano ve- come si arrestavano ^.paventosulle facce,stentando il riso. Vedevo e il vestito. ancora esagerarle a dire saputo ri- dei miei serenità: anzi io inclinazione miei vestivo non fisonomie, del morbo la mia avrei non come importuno nel ronzio — immaginazione letteraria, mia trattando tormentando e i fatterelliche fossero raccontati,come pagine di manzo. ro- Presto divenni agliamici; insopportabile il mio coraggioe la mia indifferenza già parevano rittura loro un rimprovero; ma ciò che addili metteva fuori di sé, era quellamia aria motteggiatrice, quel riso che mi appariva sulle labbra innanzi ai moti improvvisiche , certe notizie producevano sulle dalla paura. male, e Sentivo sforzavo il viso poco. La mia a condotta loro facce traffatte con- talora che facevo serietà;pur non veniva ci riuscivo da ma- 106 — — da inconsciente, durezza di cuore; ma 0 lignità allegranatura, che mi faceva sorvolare sui mali della vita. Tutti se ne accorgevano, e peròmolti non lo se del mio riso Marchese poeta. messo a loro, dove non anche e Di nelle riparati il morbo; inseguiti mio riuscito era compitoin levarsi a giorno,appoggiatosul bastone;ma il accresceva la mia Io avevo era stato , era e preso dimestichezza e' era la sparsasi peggio che un non mava sce- la con casa Fer- Pasqualino,riparatoin villa, colpitodal conduceva questo fatica. morbo in sua poi guaritoappena , casa in villa andare città, fece era con miglia la fa- nella strada di S. Pasquale,e ombroso, dove solevo pas- al Monastero bel terrazzo ; che voce stare ritorno. La che casa qualche e poco degliscolari, numero Il povero nandez. case questa fuga generalequasinon Zio casa. dello s'erano ritiratinel accorsi,tutto pienodel fuori covera ri- sioni posses- un' Arte dettare i fratelli Amante loro paese. alcune aveva li aveva ancora sciolta da famiglias'era scrivere. Gli studenti s' erano mi s'era la tutta con s' era e , chiamavano Arienzo, dove in ridevano talora e , mi e male la scuola del Puoti Intanto sé; il a avevano 108 — nuavo star a terrazzo — loro,e con in discorsi intrattenendoci , facevo mia voce intonata,ben variata,secondo il Talora un loro ci aveva poco e e di le il maestro a stare in da loro , quellaetà non compagnia e che sentimento insomma e e mi di mi la donna mi sapevo piacevadi con a poco 1' amico. piùspesso, desiderate. di occorso e mi attiravano e non star si con finire: volevo decon loro,e la scioglieva ingenuo al par di loro. mi culto letterario, e un io , mai era ingenue non mano rimase ci andavo mi donne; quelledue giovanott si schiariva la faccia lingua fetto, l'af- poco A anticipata. scomparve amabili mi e e , fuggivano in. quellevisite ore Fino un senso prendevail libro in soddisfazione volli danaro Non chiara, era vanità certa una pregare, riso familiari. po' enfatica. Quella declamazione piaceva moltissimo,e io che vedevo l'effetto, messo faceva un letture. La sul uscivamo spesso Avevo per sentivo sposto di- e adorarla. I miei piegar le ginocchia vestiti di poesentimenti platonici e spirituali, sia, di cui sonava l'eco in Beatrice e in Laura, a entusiasmavano me quellevergininature, stesso. La smavano entusia- va; faccia mi si trasforma- la voce volti al cielo; gliocchi scintillavano, luy — commozione; talora nella di tremava — si sentiva di verità. Tuffato accento un zione declama- non queste distrazioni dello spirito, in più del colera,se quando non mi corgevo ac- lo vedevo rappresentato sulle facce de' conoscenti. Le occupazionimi il morbo, Da un soleva mi avevo a che poco l'aria di dirmi: Non innanzi, ancoraché dopo con la lezione ? tiene ogni e la Male, due serietà gli faceva gran mi stordita prima brav' omo, bonomia si andava intrattenersi con era: la mia Duca, pochino un Come è dato an- sincerità; egli addosso, che gì'impediscono di studio: l'esser nobile una quasi c'infervorassi. Il domanda dicevo io s' distratta e Poco seccate. io mi e lezione Facevo seco. testa soleva diavoli ricco. Il Duca e pasta, , me, Costui Quel signorino aveva badava. vata pri- benevola,tanto che aria con dimestichezza mi di Cassano. , figlio,una suo lezione di buonissima omone tro con- tempo di pensarci. una avevo il duca ricevere preso un mese presso grosso lasciavano mi non qualche anche era e schermo anche erano e l'esser inalberava,e chiamavalo strillatona. Ma gli si tra'baffi, che vedeva come un rassicurava certo a era sé un riso di quelbirichi- 110 — E s'era sempre no. e io col mio — da capo, lui da zio,atterriti dalle giungevanoin paese, e ripugnantesgridavanoe e per da a babbo,da voci del mi incalzavano. Io andar le mie mezzo giorniche il Duca, non per taciturno e fui dal Duca. sera Cosa c'è? disse lui. — vi sentite male? cosi smilzo e con mese e appena giàparecchi colera,e un'aria con C'è che... — che mi fatto barazzat im- di grosso. qualchecosa lui,che interruppe Insomma, mi vedeva bettava, la faccia del colera. Io balle sarebbe udiva, e stato non andate,diceva,con per poco... Ma capiva niente. — per leva, vo- egli date, An- l'aria di chi mormori ceva porti!E come? diil Duca, tirandosi indietro, siete in questo mia? Io lo pregaia voe venite a casa tra'denti: Che stato Erano parole,e che doveva che mia niadre mi e allontanarmi, cercando un io detti ce- risolsi di s'era parlare, solitario. Giunsi che annunziava — a Alfine più il infuriava di sentirne leva, vo- non lezioni, rendomi pa- quasiatto di disertore. grida di mia madre, e mi via. La me e braveria,e perchè fare alle ma mam- colera,che chiamavano, cotal sciocca una voleva lasciare non noia sua dispetto. Intanto lettere mi venivano e la con il diavolo ti — Ili — disse di figlio ; egli non ed no io entrai. 11 , che di sapere ebbe assai caro giovinetto c'era lezione, e quel mesetto non sera la mano, mi e riguardiil Un'ora promise di scrivermi,e mi fece di rum, salame quando non quei vicoli non e e non in mi Porta mi turai il naso, L'infezione da cessi , cenci , da da uomini per era orinatoi vivi e menano un chiusi salvarmi da , da a via con il la bocca fezione. dall'in- fetore acre, che un in capirecos'era in me, come mi non piùtardi, cominciò fece mi strinsi tutto diligenza. precisommesse, con era carlino. Giunto Capuana, e cemente, piedivelo- della puzzolenti,che e grida di monelli,che e a che assai venne , Mi il mostro, carrozzella una guardavo più al stretti bottiglia cos'altro. Questo so perdere l'ora non di carri funebri colera. tanti puana. Porta Ca- a buona una fardello. Camminavo quellabrutta vai usato aveva in via già ero di mettermi venuta, era : salvaguardiacontro per L'idea mi non comprato avevo il mio tutto Mai tardi come po' di un amico rese bricconcello. più Mi vacanza strinse cerimonie. molte di quella mi lo prospettivame in dal prendessicommiato permettere che lermi — niva ve- spazzature, da uomini morti. Ti- 112 — — rai di lungo,quasiscappando,e giunsiaffannoso, il carrozzone ma, era già in via. Ferma, fer- che cocchiere ! fortuna e' era che per ci accomodai Mi dei si fa a ci fu alla di ad mio di volta tirai da guardavanocome non me ne accorgevo; essi tirarono ed per dir di no. parola,e una ed umore, ero Non io che nuto dive- comunicativo,ne presi in volta in Avellino Giunsi zioni mormora- posi a guardarele stelle, mi e partito, sorbendo mi buon tratto un le meglio, tra loro cavar ripresoil il mio ultimo posto. un come indietro, mano tutto gettaidentro, offersi loro del rum, e verso avevo ancora straccione. Io uno la io mi e che viaggiatori, li salutai e Fermò, che po' di un un parevo Peppangelo, il celebre rum. fantasma, locandiere a avete? voi mi sembrate cosa queltempo. Signorino uno e dammi spirito.Vado a letto diss'io, buon bicchiere di vino,che la polverem' ha un asciugatola gola. Là mattina lasciai Avellino 1'aria di un vedere alcuno, con senza vo. fuggiti— — — Prima con su mula. una il contadino l'alba,e che buona, era frustino in un di la via Mi mano e veniva e io caracollava in aria appresso, di bravo correndo, m'accompagnava. Era il freddo acuto mi dava un , innanzi tremolio, 113 - Col levarsi Atripalda. via si faceva sempre più sassosa la mula spaventata e poltra di le vie umide specieper del sole la ripida e — , e le salti,tirava calci,chinava dava collo , io mi e andava e la pigliava bestia, per di santa stuzzicando la la coda la bastonava e le due ragione,imbestialito anche lui,e bestie parevano congiuratea il e sulla sella per tenermi aggrappavo saldo. Il contadino gambe farmi so Spes- cascare. tra le spine, imbrogliato fronte in qualchealbero. La il cappello rimaneva e di talora davo strada in che cosi brutta era , parecchipunti precipiziostretta di una aperta ai fianchi, stretta,sdrucciolevole, 1' aspetto di aveva altezza che che volevo calare dei pugni alla ria di bravo e la paura e , il contadino Avevo mula. e cavaliere, , col capo Lucia e , il intirizzito e ero Entrai in un camerone sala parve una senza badare al De Sanetis rodevo Mi non , aquell' si tra la stizza assetato alla famosa mato, affa, di taverna allargò come aiutarono a scendere, mi cuore vedessi Gerusalemme. che mi bestia dava smesso dimesso disaossato. Giunsi Santa , io gridavo e vertigini, le dava mi vero un mi oscuro , potevano le gambe. e che sudicio, al e mi gettai principesca, e alla tovagliolo mi desco forchetta: avrei ^ 114 — — mangiato con le dita. Pane piccante,peperonigiallie una asciutto furono levai arzillo Mi mi e quei mulattieri con un me per nero , caraffa di vino da pranzo la venne pastorie , formaggio re. chiacchiera contadini , trincavano,giocavanoe bestemmiavano. si fecero mi cioncai e scendere giocaicon e dalla dato aveva mia un'aria apparecchioe senza Presto m' invitarono loro , e natura signorilee di bere, a mi non altezza. La sincerità mi la mia con e familiari, che parve mi non comando, e presentavo tal quale, malizia. senza Evviva lo Signorino! dicevano ; e s'erano rabboniti tra loro,e io stringevaquellegrosse mani, come dare per A i soddisfatto ero torrente, che si faceva gran tiravo su e dei galantuomini; tati tratservitù,erano non ne quasisorpreso d'animo e di Il per caddi perdendo l'equilibrio, viva. ev- messi pietre contadino,presa non i a giunsia dietro grosse menava gambe dei loro via via innanzi,tirati su le nulla, sapevo forza,mi discesa,e fracasso. andava briglia, mi in i loro asini ; io caracollare per la e il regno era in povertàe contadini, Rialzato un di fratellanza. pegno quel tempo come ed un la calzoni;io bagnarmi rovescioni , e nell'ac- 116 — e — bruna quellafaccia con spigliata, le folte e e gli occhi neri e dolci. sopracciglia fu pienadi gente. Molte Presto la casa molti di mano, baciozzi di zie discorso si oscurò che il morbo in molti di averlo di comari. e il fosse apparso e' e paesivicini, Il vitato, in- colera,non nella conversazione. entrava e subito,che strette vano Pretende- già in Avellino chi sosteneva era sulla via del cimitero incontrato e , della peggiornatura, contadino,appena un Quelli mi i , me, del soprastanti paese chiudersi e nessuno, il duca di quarantena; conchiudevano lasciare mi mi più volevano sognava che bientrare care. affumi- giunse notizia era sul panico,s'era rifuggito subitaneamente. morto e piiile fantasie, i discorsi e non piena di grilli a non la senza che Cassano,il giornodopo ch'ero partito, ancora e sospetto,e volevano non di appresso colto da timor ed e per poco Pochi oscure, lo Non perchè,così gialloe tisico,mi lasciato passare accese fulminante, colpito morto. guardavano con da avevano e colera vero troppo, che viene per davvero,diss'io. chiamate sapere un noia paese e lugubri.Io sapeva star La notizia le facce aveva mere, Vo- erano la testa sodo. Mi nero ven- e paesani, presiil volo. La 117 — seguente volli partire.Mamma mattina fosse innanzi volle tosse, e lei mi forte , Non forse dovevamo Trovai in Io si attaccò al diceva con ti vedrò non avevo di Giacomo Napoli il colera Leopardi.Io era per lo e' «ro Achille. E la Non di mano l'Ugolino. — e spiritomi Quello li ; i battimani ; disse : smo entusia- sua chiamato Signor De trinciando fiero, cominciavo diritta, mancavano la e quando piùdiligenti, avanti io,teso già rie, e minuteparticolarità , declamatemi pre sem- Aspasia.Avevo dal signorEmanuele personaggi,il primo Fatevi — pazzo, Conoscevo per poesie stampato sopra la tra'suoi scolari era io. riaprivano;la tutto il mio e aveva volume, zeppo visita di era presaga! era andavo mano. Consalvo Bidera,che un Figlio pò rimesso. Gli un lezione di declamazione preso arte in ne sull'Italia. Allora canzone : rivederci. più quel libro con geva strin- l'edizione fatta di fresco delle era gran mi lacrime più. Ed là c'inginocchia una collo,e studenti tornavano, le scuole si novità grande, cimitero,e pregammo. mi e al corché an- , il freddo e l'alba, accompagnarmi fino e mio, — La ma Sanctis , era il mio l'aria con testa sollevò. un uomo Piangetetroppo. Ricordo di il 118 — motto, ricordo la persona. non Io peccavo vero. tutto e Lo andavo un ebbro, come fece mi declamando Colombo al e mi lo declamai in che, per delicato dove il un via, e mondo. , Ugolino. le vie di per nuovo tuare accen- immagini, dimenticare per Lo parevo Madrid, declamava e' intenerivo. Fernandez, e casa motto un , anche le occasioni , era imitare tutto, suoni, quando pensava tutte Ed volendo eccesso per idee. Consalvo in - mi vente Socordo ri- riguardoalle Signorine poeta diceva bacio , io mettevo guardo. Poco poi seppiche il gran poeta era morto. Come, quando,dove non si sapeva. Pareva che lo rubasse lo avvolgesse e ce un'ombra oscura alla vista. Le immaginazioni, percosse da tante da quella impressionate morti, poco rimasero morte misteriosa. TREDICESIMO CAPITOLO ZIO Il colera Ma avevo mi aveva CARLO E ZIO PEPPE più di vigore. ripresocon ben altro in capo. Lo teneva tutto tirato a stato miglia della fa- sé. C'era spe- 119 — che ranza zio Carlo la stufa ai intanto volta una epistolare zio Peppe, gli chiedeva sua mal parte, scrivendo dei miei clamore Zio umore resistere le ire e le il babbo, che garantitoda ai fatti di casa, con me, Enrico e zio che Carlo,e si Pietro. E che Amante. m'ero la incocciato In fondo bisognoera recriminazioni, ire si era fatto un aveva che non badava la porzione pigliavano pure mangiava se ci voleva giorni.Le volgevano contro di zio al il bisognevole. Ma ! Il quei clamori dei cattivi e chiedeva la posso cattive compagne sua Peppe, condoglianza, ai quali manca figli, grande.Cominciarono debito tezze, stret- Peppe s'ingegnavaalla meglio, e calmare a con la famiglia. zio con Zio Pietro Non : e , denza corrispon- governava e caciocavalli. prosciutti mandava altro e belle frasi di non di danaro. soccorso preso settimana per ma ; Carlo, veggendosiin grandi sfogava il suo ma aveva Teneva in paese ch'era Zio e lo il di taciturno. con il medico diceva tristezza gran tutto stava guarisseinteramente piedi,come una — ad una abitare con lotta tra le famiglie, quelladi Napolie quelladi Morra, sostenuta e capitanatadai due preti,quellodi due Morra e quellodi Napoli.A me dicevano pia- 120 — gas del di babbo, e scrivevano me Peppe: Che io faceva mutolo, ed ero sempre fanatico la lasciar piùin stavo e , del l'uomo mistero,un casa , la venissero me, scorgere, e con e non veva scri- più essere non e , dei miei avaro essere Io,presupponendo famiglia. le accuse, dicevo non dovevo dello zio Carlo modo a guadagni verso donde monaco e che agro-dolci, fare e , lo zio zio plagasa testardo. Zio Peppe mi un sofìstico, lettere buono — mi chiudevo verbo,e gli occhi a terra mi lasciavo non e ancora il muso duro , imbestialiva ciò che glizii. Scrivevo poi a zio A queltempo Peppe col tuono di un imperatore. avevo piena fede in me, e perchè guadagnavo mi pareva un essere già di bei quattrini, re; mi pareva che bastasse battere i piedia terra farne per uscir danaro. bisogno di alcuno,e buono anche per E scrivevo bastare a aver io,ed me gli altri. Quest' non aria esser di gradasso a zio Peppe, un dispiaceva pò gradasso anche lui,che fra tante tenebre vedeva in me un raggio di luce. non M'era venuto dello zio in Carlo,che disperatocom'ero forse zio Peppe potesse ristorare capo, le sorti della e lui dirigendo casa , venendo la scuola. Avevo in un poli Na- pò gè- 121 — losia di mio foro: di scuola mi sonava Demostene trionfi con la toga Non a fare le Ma gli avevo trovato suo Forse lui della che soma la loro che stato li in e coi scopo. picci. negl'im- mettersi voleva a e Però no; ma me; a zio il Carlo, e vano chiede- gli animi zio a fare il vezzoso, e nasprir s'i- Carlo spondev questiri- gli piacevadi si ficcava caricar quegli stette scriveva Peppe all'altro che i due e Peppe bei colori. più alla carica porzione.Si zio zio a lezione,e gli zio Pietro a uno e scrissi addosso stava bello glipiacevadi Tra stesse buona allora tornarono , Poppe fiutato ch'io aveva ci vedevano duro, e E muoversi, disegnopareva che romano. eh' io entrassi e una nuovo voleva non sognavo , Giovannino. dipingevoil zio e antico indosso,come di scuola cose come pratica, che Cicerone, di e spiacevaperciòche mi il per miserabile nella mente cosa piena di avviato era pure? Poi, quel maestro io non s' che cugino perchè e — diano. fare l'in- zio Pietro che , gridava di poter tollerare che non andasse a si tenevano facevo verde. scriveva — la sua zione por- benefizio dei terzi. Questi propositi talora Anch* l'uno. innanzi io — a voglio Voi che mi me, la mia rovinate zione, por- la fami- 122 — - Ciccillo è che rovina glia,rispondeval'altro. — la — gli scrivo a Ah famiglia. Jorio? Santo voi per subito. Zio — Vi è questa — , quel briccone ! una Peppe, volete andare magnificasituazione risposta.E la mia era di Ciccillo ; tra e riscrivere passava il tempo, scrivere^ rispondere e i bisognicrescevano Io n'era e vedevo arrabbiatissimo; di me, rivolte contro ci fossi altro che non mio ci che capo viene da quellafarsa la parte che tutto che cosi. desiderio a degliuni come uno si lavano in tior. Invano. A c'era e casa bomba Napolinon il povero : zio che il zio era nel fu deglialtri, la divisione , Peppe i a pitare stre- panni sporchi vis unita si poteva rivendicare quarantena. Quando e interesse, parola che qui che poteva andare non famiglia,e da pensavo suo nel timore una Ora che rappresentava scandalo,e che Seppi che nella il una divisione ! E ch'era Morra ridere. Non stizzosa ciascuno Finalmente vogliamo la c'era altro nel famigliamia. ragionevolee era al mondo se non cui lo chiamava lanciata fuori a e le batterie tutte come io;e io,babbo guardo,mi in i cuori s'indurivano. for- più vivere, tirono. proprio.Paraveva fatto la parve fu lasciato entrare, ricom- paterna , dopo molti anni di 124 — terrazzo quattro stanze luce che noi stento a regia. Zio una parve tutti casa quellom'impossessaid'una s'installò Enrico col mobili. Un veniva in fondo uscito pur e con fabbricatore, col tetto con una col pieno di carte in mano e di sole , merone. parevo Spessovi largo,tutto e in e talora caccia sul terrazzo,quasi l'aria era immaginazione.Quel v' è più; eleganti ; ma io sarà non re colo pic- un eh' io una tetto di delle idee e mancasse mia ne calce, sedia con la diato irra- quel ca- passeggiandoin lungo acchiappandomosche se era al re, il un andavo a di sedevo gli occhi con nestra fi- , sulla quale,quando mi paglia, penna gran di libri e e dinanzi scrivania, una dritta pavimento non Là, entrando,alla dritta tavolino di quattro sedie bianche e chi vec- allora dalle mani mura incartato non mattonato. chiamava le alcuni salotto. A immenso, , del letto. Con con con il nostro stanzone uno divano vecchio sdrucite decoravano e Carlo In un'altra stanza. letto suo di e Giovannino, a potuto impetrareun avevo di casetta cucina,piena d'aria una dato i mobili di aveva e e a , improvvisatauna stata era — posso un di frasi, allargandomi ai voli della oggi camerone cavato e par non di stanze pensarcisenza tene- 125 — rezza, mi e par che volta meditazioni alle mie Enrico ed giorno vedere il tutto,come sul mio disse. Non credeva frenati da al come corso trati studenti,en- di noi. babbo. Veniva era s'accorse subito che figliuoli, guidatie prima immaginazioni. per senza indirizzo,cosi solo,senza né freno. Ma quali si libero pieno possesso capitò il mi la per due come eravamo allora nel pur Un io alle mie e sia andata ne se moi, dando sentii chez io mi esso con esistenza. Là parte della mia una — sietà an- guida buoni eravamo retti ai principii, ria, Vangelo. Virtù, glo- scienza,dignità castità patria,giustizia, nomi vani. Papà non per noi cose reali, , erano credeva di trovare due disperati rimase mirato am- , alla nostr' aria Egli si mise e spensierata terzo,e scendendo per paterno, ci si fece e condiva la que un matrimonio Era di buon un dottore sua buon carriera per dimani. dicendo: Dio dimesticamente con glia. fami- tampone, di allegroumore senza non coi tutti, Nei e in tUro- impostoglida ragionidi cuore, si consolava di bei motti con argutibrindisi. Egli era interrotta la jure, e aveva con distal pie- suo allegrocompagnone, un mensa dal contenta. casi e più tristi peggio. Usava coi giocontadini, 126 — vani; anzi lo aveva — inclinazione certa una La scapolo,il giovinetto. ridente lo tirava ed era correvano appresso eglifaceva e dei li divertiva loro molti con lo storielle della di andò a in che gli giuochi,come le ombre, funebri, dunque è ottantasei anni a molto con sua me, quel genere invito a menavamo Raccontava gente, non nità va- pranzo raviglia me- allegro, Dopo pochi di prendemmo rubicondo. ce sua questa uguaglianzadi umore, si sia lasciato ire sino e glioggetti, zio Alessandro, lo chiamavano si divertiva. Non e che,con e della fanciulli, la testa del morto, le candele e indorare ottimo istrumento un Idolo piccola. non immaginazione sua ingrandiree a fare a braccetto sale le e gioventù, poco di discorsi. Un dal e a poli. Na- strane ridere la sdegnoso giorno ebbe Puoti. marchese e scrisse sollucchero, riso per più faceva dispostoal denza, confi- zio Egli Peppe. — vi dico nulla dell'invito marchesiano. un ne Non Ah! Peppe, dio fidiamo nella stella di Ciccillo e preghiamo Idche niente arresti i suoi passi. intorno A Morra c'era in una certa apprensione al mio stato. A forza di vivere tra quella gente, papà s'era fatto un dire che vedeva cervello morrese, il mondo attraverso glio va- di 127 — a Morra; Spessodiceva: Bisognamostrare Cosa dirà Morra? Appena giunto,empi Morra. ovvero: di mia tutto il paese m' già ero in sofà messo di zio della consolazione gran ricco,a Napoli ero L'affare vitto. Un di chino non 11 E — ce peggio è, A ero che mi Faremo giro. Che io, la io stavo mentre scale;ma non e osavo morivo interruppelui,quattrini si non nostra a mangia. — Che vergogna. due straccioni. — diss'io. avvicinare di vergogna, dire Sanctis ! Era De E — mi che come si posi in giornata fu quella!Salivo con Oh Intanto pranzo. Cosi andando : a fin d'allora che piglierà per danari brutta al bastavano non stamane stati invitati — tocco pi- un questo c'è rimedio, riflettèlui. Diremo siamo fa? ci che meno serio. I danari si fa? n'è, e dirà Annarella? fratello Morra a a , come diss' se Cinonio un sopra miope ero Ma Enrico, venne credeva e subito mio talora inesauribili, parevano capo bene poco si faceva massime famiglia,e quellefole. Mi mandarono s'era convenuto. Vito, come un piastredi argento, voleva mi Peppe, che facevo poltrona,e e che raccontò grandezza,e il borsellino delle mie sonare a - la faccia la e al mano tornavo dimessa, mi le panello, cam- giù. sentii LeopoldoRodino , 128 — lungo pallido asciutto , , bianca vieni? i soliti parlari ti debbo ancora desti dei Santi mi taschino. Fai — il tuo le mani. E — io tra prenderee Vite dei Santi Padri Puoti. in di E d' strada dalla me Enrico. faccia la con scendere quell'inutile quando mi piastre, gridaiio. gli ordini Ma non Io presso il che una e non al abbracciò. E chiamai pivo ca- faccia la prima fettat mestizia af- trui salire per le al- e venni mia cura al marchese feci ischerzo brutta, raccontando le per gioia,figurandomila così per scale. Ma da alcune bro Cavalca,li- fiato , un mentico di- studio,delle suo dedica una mi venivano stampa a cugino, con Feci nel prendere, non di Domenico nuovamente di mio le mani Prendi; altrimenti — che mi piastre, copiedategliper uso del e copie che comodo, dicevo io, guardandogli intascai le due messo le mise e minciar Co- — disproposito, pagare Padri, fai? cosa A — io s'egli, bella sottoveste una con , onde E, — — Rodino, e strai mo- zione, Oggi doppiara- Annarella e diedi trionfalmente. perciòle me ne nostre apersicon qualefacevo capì il latino la mi , condizioni Don gliori. mi- erano Luigi Isernia, e il poveruomo pratica, disse subito che da lui 129 — avrei non moso e Era danaroso. ire un avvocato tal Don un più il cognome; Io ci fui,e feci Costantinopoli. ricordo mi non di circa due modo Che ore foss'io un Domenico da sbuca mi occhio Ah! mio giovane vi voltò le dirà io e piglioinsolente, poco questo vuol dire fare V (1) Il D* callo Sanetii. o avete E cavallo un era copista , spallecon il capo e Cicerone ? E in erba. non ne giuramento di la dodicesima piai. co- qualcosa di tenevo avvocato feci il le che carte un Egli alzò fare. a Entrai. certe sono e caso, studio ; il a io abbassai che meno più sapere. ridente, per Andate non invelenito. Mi Uscii come m'indicò colore. dissi,mutando grosso, del tempo. spalleil grand'uomo. copiare.Ma dovevo pestando , con quelloche sbarbato giovinotto Un un qui ? voi siete : mi me splendoredi panciottoben teso, e di me, verso dice E impazienze. il prezzo orologioe catenella,col gittar tra stanza, una in via un'anticamera bocca eccolo li quel signore, Finalmente che abitava servitore ! Questo signor conosce non fa-' Domenico, vive più questo ? dicevo è piedi.Come dei le tra , calli (ì)^ un neppure promisedi presentarmia mi e mai cavato — parte di un glio vo- Anni- grano. 9 130 — baie,'e vidi non i l'avvocheria, nuovo rise di tutta maestro miei prese occhi,e aveva affatto di tutte di scuola prendere io,e assegnato da uguali, e tra mi secondo chi era e tura addirit- era Io era non comandare a suno; nes- stia, mode- quell'ultimo posto lo volevo che mi ' fosse uguale pretendevastarmi al disopra allora passato ad abitare in sempre, non aveva piùcon di via La Costantinopoli. egliaffidava a me scozzonarli, perchè la ed essi di quell'aria nuovo ci e il Marchese curioso,quellosplendore, visibilmente. Amava seccava megliostarsene di si comando. stro mae- piaceva essere a fine più ignoranti, scuola non piano, nella gioventùaffluiva i ma altri ; mi a dirugginìai ribellavo. Il Marchese un si ne nato era contento, per naturale all'ultimo posto; volevo vita. ch'io anzi volevo non stavo a Puoti,che , di professione anzi come professioni quelladi di servile superbo,e un Pensavo aspetto simpatico. un le meno una la mia volle dimostrare mi Il professore. che più, il fatto al marchese assai,e processi, questa fisima del- cosi ci strinsi di mi compagni Raccontai né miei studi di lettere presero e sapore, naturali in vita mia Toltami tribunali. ne più — 132 — chese. Egli,serbati ai • per sé i qualidava trovò mi le Un via il lunedi eccoci di contro fidanzato d*una del Marchese. insolente di il mi la mia il Marchese andavamo, Maddaloni,ed del domeniche^ scuola patronato. suo Lecce, fresco mano ziani, più an- niva Bisi,nella qualeve- la moltitudine. Cosi cominciò sotto i e migliori lezione tutte sala al Vico una fl.j — Costui con per tal S. da un giovanee , io, e bella nipote la familiarità la giovanipatriziineducati,presa Marchese, mi Questo professorino. sbirciò dicendo che nome, Ah : ! il Marchese soleva dare cosi per vezzo, diveniva in quella bocca e su quellafaccia un Un dispregiativo. ! disse il Marchese, piantatosi ramente, fieprofessorino 1' offeso fosse lui,e guardancome se dolo occhio severo. con Quella guardatal'amico non se la sarà dimenticata più.Un oh ! lungo e E volle accompasgraziatofu la sua risposta. gnarci. Arrivammo parlòuna e con mezz'ora gli veniva di abbondanza affettazione Fu . con voce in tre nella sala. 11 Marchese cosi , senza frasi Poi applauditissimo. tremula lessinon grammaticae bene, perchèparlava sempre cuore sulla niva, gli ve- braccia,come a so senza e venni io,e sulla quantiperiodi lingua.11 Marchese mi fa- 133 — animo «èva — bene ! coi suoi e i anche giovanimi e più di incoraggiarmi, tutti il mio Leccese,che mi confuse poidi compliinenti. Cosi cominciò la scuola preparatoria, che ?doveva condurre Puoti. a quelladel marchese le mani battevano per Si dice che le sventure Simile può dirsi delie nei tempi le come stella. qualii e sembra ciliege, al duca di bravo un di modi Placido più,e mostrava io me aveva e stretta nomine lini fecero più suoi studiava bene. Il Maralto della amicizia col corte. due giovanetti. maggiore ingegno e più stampo, sua langier Fiprincipe Re Ferdinando di volersi riconciliare coi mostrava e cari , allora nel sentò pre- apparenze lezione ai Placido potentissimoin Le vecchio prometteva molto ne "ìhese si trovava fortuna ; dar a mi collaboratore. suo leale sotto e , buona critico della momento gentiluomodel , una stella. 11 Marchese cortesissimi certi sono che domini Sangro come Presi diplomatiche. figliuoliNicolino Vi fortunati si succedono casi rise la mia sole. mai vengono fortune. Appunto in quel vita mi Era non ancora pennat^li. di Mazzetti, di Galluppi, di Niccobuon effetto sulla pubblica opinione, la nomina del marchese Puoti a ispettore deglistudi nel Real CollegioMilitare. 134 — — partitodell' oscurantismo Il mandato cadere,quantunque, langelo;gli rimanessero al Re, della che la Code e Il Marchese lieto Filangieri quellegrazie accompagnato da lui,fece ufficiale. Subito Principe con pensò a e me, lettera. sua una langier pensando a Gaetano Fitrepido, gittavodi qua, di là sguardifurtivi^ vedere,chi ? la Giovannina sa il Marchese entrare in piena aveva una teso innanzi Principeera Parecchi quali bene, disse mano, che bella persona, a l'aria aveva me, molta con piantata siti. squi- attorno della sorridendo,con : Ora significava fatto di modi segretarigli erano dettava: Teresa, egli leggeva. Il mentre , una la Fui bocca. Rimasi il Principe. lui a la addobbata camera dov'era semplicità, o delle quali bellezze, amabili del Principe, figlie e appoggio presso le scale Feci per Monsignor Co- al potè maggiori,e, al valido voler a , nomina, rendette mandò via Delcarretto. e prima visita mi accennava un ai , fretta. Va gesto della potete andare. Ma li piantato teso. Va e capii,e rimaneva bene, replicòegli,calcando sulla parola,dite -io non al Marchese che mi farò lo, ignaro degliusi moveva, credendo non e un intrigante per timido e goffo,non mi fosse lecito andar voi. mi via 135 — licenza. sua senza disse Addio : ne Chinai uscii. Per che Il Principesi mie, conchiusi. fatta : mi mi di tutto qui De rosso Tedesco. un Svizzero. e corre s'era fatto di fuoco per a pranzo d' con Ma — oro è non dev'essere è? chi è? non signore se abita — casa a nostra casa di principi — ha sbagliato. — torna, e dice che quel galantuomo casa , , E qualche principe,notai io, Annarella,digliche che la core sbaglio,diss'io. uno a un vuol sapere vengono vanno a me. gli occhi,quando subito. Gli è torna Io bei maccheroni campanello.Chi e core , quei d' oro, che Sanctis. uno rispondeva.Intanto non io li divorava il lora Ta- celia per io. Fumavano ricamato e riferi mi pezzo. rosso riflettèEnrico, costui spese tutt' un professor Marchese sonare Ricamati a il ed Annarella risata gran Ecco zita,ed si udi far battezzato giorno stavamo Enrico correggendo, questo o quello. glialtri giovani,egli,ridendo, quelbravo Un me io tra chiamava faceva teso andavo una aveva saluti il teso e effettiil Marchese In che il Principemi esclamò mi il capo, dovuto sarà imbarazzo, , appena avrei dicevo il mio Sanctis le scale mi e Entrando Egli,visto Signor De , Marchese. — è questa, e che Annarella non cerca ha gliato, sbaFran- 136 — De "5esco e ha Sanctis, buon' ora Tornò e che e quasinon Enrico volea un del Re — di mia nomina a ci levammo non era messi mezz' dire. Ah ! suggello, d'oro^ presto,gridava io vidi il apriie un saporto, pas- Annarella,ci remmo sa- allegrezza cosi pazza , ci abbracciammo, e ci di ballare c'invase. Annarella la bocca pie'e vergogna a — quando vidi eh' era il decreto tare, professoredel CollegioMiliin per carta. di lettere. Sarà tanto con E piedi. Alla — ricamato Fai — battendo i bel gran romperlo. dissi. Ma se dunque questa plicocon un lui. per fece l'effetto dell'uomo mi nome carta una ! Fatti dare vidi — guardava trasognata,con aperta, come quel Signore dove quel brav' dire volesse dicemmo a e non due fummo là Grazie,grazie,diss'io u rialo, — diss' con omo ci attendeva. effusione. egli,cavandosi e , , — Signori^ — il berretto, lo guardai Enrico,Enrico guardò me : in due potemmo bottando carlino. Egli partiborappena fare un e forse diceà: Che (1)! E noi sfelienzi tutti e due, vedendo ci guardammo, e ridemmo ricamato quel principe che gallonato, (1) Miserabili. faceva d'oro divenire un usciere il pezzente. Annarella vo- 137 — leva sapere cosa che domani farne. cara Eh — marchese chino. Giunsi al ventura Chi Io lezione ai il tuo è stato ma Il tuo buona merito ? è si non Il mio — Chec- Santo Santi senza dissi : capiie e narrai la mia — CAPITOLO Santo QUINDICESIMO COLLEGIO MILITARE Quando zio Carlo nel Real E alla professore (\) Coir la mia cominciato Real E cammino GIGANTE. DEL nomina a fessore pro- la sua cordò ri- carriera legio Paggeria,dov' era il Coltomo Ciccillo, tomo, (1) fa conchiuse. , apparenza CAFFÈ Militare,pianse e Collegio di Marina. suo IL seppe ch'egliaveva il eh' io dava Basilio Puoti. stato IL appetito. capiva. non la mia buonissimo e gioioso, , — Rosa, a Imperiale,Augusto dubbio senza , avanti. è Io sapròcosa non promisi; e mangiammo con padre. domandò. grande là abito un già qualchemese del figli va Glielo freddi diss'io, seguito, danari,che farete ne — Era — tanti figliuola. i maccheroni mi ! E seguito. era avrò — di stordito. Una certa appa- 138 — d' insensibilità e parenza modi mi A trae stesso me e' Forse tomo, d' come condizione una che, quando la notte nel in sità, curio- ignota.Il mii poco dor- impaziente,giunsi in al sinistra. Quei a camera, si levarono aria era primo ridoio cor- maggiore, un bassotto rugoso, che mi guido punto militare, cera all' ultima e Collegio.Trovai r aiutante una nuova il tempo, venne con e, , carrozzella con di Stato ; forse agli uffici molti fatto è quelpensierodel era sesto. quellanomina. mensile fìsso, che cosa gran parve me quelno- casa di tomo anche e tensione nei certa una in procacciato avevano di tomo — pie,e ragazzetti io salii alla cattedra posta vicino all'ingresso. Sedete,gridò l'aiutante maggiore,quando mi li,rosso tonfo,con confuso e spiavano cero io,e tutti fe- fui seduto rumore un militare,e fece il saluto mi L'aiutante ero sol un come mi la per via. Io novità,e quelli cenni cambiandosi eguale. birichini con , cominciai l'occhio. Quando tutti insieme capivo,e e più lì tra stavo stizzito ero facevano e , e si : a parlare,essi Chiosa la stizza io, più loro rumore coi chiosa. Io e moravano mor- non la vergogna, erano nenti, imperti- zavano piedi,e sghignaz- berteggiavano,guardando me. 140 — i soffioni che ti, e fanno che il Mi la caricatura sua che maestro vero ? spiegato sono chiosa chiosa. da capo Puo- quei giovanett presso un giorno si lasciò dire dee far le chiose al libro. Capiscoperchègridavano; — Poi, disse lui — pie, tu a il marchese cospiranocontro dicono e — hai non squadrandomi , il imperatoria; cera contegno è troppo umile, troppo semplice; tuo quei monelli con si vuole stare in sere guardia,es- bene andare na. alla buonon apparecchiato, buoni quanto Seguisnocciolandomi consigli — inutili. La a mi natura farle contro Volevo andai fare to. prevenuto e apparecchia- 1' aspetto quellaimponenza non e' era stizza ridicola. Alzavo una facevano coro. Talora l'aiutante correva Minacciava facevano il tanti cosi,e peggio. era Il di appresso fabbricato aveva imponente; ma in la calma, e c'era la voce il baccano piantone;ma attucci e quelli tale,che era in bocca con , Cosa un: c'è? quellicosi piantati che col viso ridevano , e tutti, io non io Quando sorpresa, e e sapevo non in perchè,e capivo facevo , quellasorpresa m' irritavo un tale atto di tanta nomia bo- e' era che quelliridevano sincerità, i bricconcelli leggevano sulla più. te: forpiii faccia tutti i 141 -— La pensieri. miei e era, miopia mia il male castigavol'uno per il a ogni mio facevano su quel volto perchèero cosi ero e e uso gli occhiali a ci stavano la Però, passata occhiali,che ballavano,e quel gran : vivere gli occhi volta mi prima pallido.Ma nel mio immerso potevo distrarre per la curioso scarno non l'altro, tra risa, brusco tanto dove spesso formidabili movimento parere il conto, ed di due naso il disordin accresceva perchè vedevo grida e proteste.Allora armai — mi coso feci male dentro di me, pensiero,che non volgerliin giro, e per comparsa. prima foga, m' accorsi che in certi momenti quei giovanettimi prestavano tarello attenzione, quando sentivano da me qualchefat- qualchespiegazione chiara,o qualche allora stae vano piacevoleo commovente 0 lettura , cheti sulla Pensavo : voce talora i olio,e come ai il torto più curiosi davano o più impertinenti non è tutto distratti. loro, ma è che an- po' il mio, che non so interessarli. E m' ingegnai,e posi tutto il mio insegnamento sulla lavagna per attirare l'attenzione e 1' occhio un di tutti. Quelle maledette io le ridussi in regole grammaticali le poche, moltiplicando e applicazioni gli esempi , e sempre li sulla 142 — lavagna.Misi alla emulazione certa una chiaro Mi persuasi che saldo nella e doli invitan, correzione. mutua quelloresta — memoria, che è ordinato sotto e schemi, logicamente. categorie i miei quadri grammaticali, nacquero Cosi subordinando categorizzando, ricordai i metodi Mi Se coordinando e di zio Carlo. mnemonici combinazioni da che, quellivenivano non to. tut- e convenzionali,e i miei esterne, superficiali dall' intimo venivano dai fatti singolie dai abborriva mente empirici,e riducendo che diritto alle correva I miei i decomponendo degliesercizi più cari di sintesi, lasciare stimolava tra loro. Questi buono, che ma libri, da parte, con lasciavo li tenevo e una un materia morta sulla collaborazione d'ozio a un tempo la gara altro lato un noiosa e nei mati lavagna, for- giovani,ciascuno momento uno giovani era, posta la essi l'analisi, che li svegliava, li vivi dai neri. ge- ai per la sua Cosi non paziente. al loro cervello, e alla avvinti piacevolmente esercitando e analisi, quadri avevano nascevano me ad in porti, rap- sintesi, una l' ingegno,accendeva erano non leggi, ai appunto mia metodi sotto speciee particolari quadrierano si andava delle idee. La nesso i sensi , lavagna, 1' immagina- 143 — zione facilitando in loro 1' intelletto, e e sintesi. L'aria si agli altri della scuola pavoneggiavanoe insegnandoloro , il loro poi solleticavo amor incoraggiando.In pochi mesi eccezioni e si suol come casi' per si piena di fastidio, quando grammatica. Vedevo e terribilmente, di me, sopra studio che di il nesso faceva bestialità una in furore i Ora non la lettura li annoiava effetto lo stesso quello Vidi c'era sugo. appresso alle e cose alle non brani,nei qualila interessante, spiegandoloro il teria ma- senso cate" più deligradazioni del pensiero; incarnato nelle parole. Posi da banda le analisi grammaticalie l'analisi logica, e delle vani, gioalla veniamo terribilmente. In scelsi allora dei fosse : che di frasi loro andavano parole;e dire mi annoiava parolee matica gram- fare, per regole,per che metteva pure ; proprio,lodando, mi sbrigaidella è singoli, sentivano nuove cose lo studio della grammatica,e capiiche cosi la scuola facevano tante la e vinett queigio- mutata: era due i della scienza, V analisi grandi istrumenti io - idee, e noiosissime,e feci le 1' analisi delle cose, a loro i luoghi più Solevo scegliere gustosissima. a il cuore, lusingare1' immaginazione , saltando spesso a conci ac- movere i cancelli dell' aureo 144 — Trecento,e andando — giù giù Olimpiae Bireno, Cloridano e la presa Niso, di la morte di e , di Rodomonte morte la di o giardinodel Poliziano,il mattino Parini,il Saul, la Lucia, la Cecilia,l'Er- mengarda il letture erano uscir di sé, ed novità,mi ne al lunga, bravi passava : ; con grazia una lì facevano da queste che il Marchese leggevo bene ; la mia voce di lezione, già cosi quell'ora un : E — già finito? E quei vano scontenti,e domanda- mezz' oretta di più , gli e gresso, delle altre classi si afibllavano all' in- alunni volevano e quei temi soliti di composizionesimili tutti quanti.I miei seccavano 0 fatterelli, di rado cavati il da cose loro. Lasciai sentire anche quei testi insulsi di lettura,che scuole,e che facevano spensare raro, stesso male Meno ragazzirestavano in pure dicevo cuore che favorite, io, stupitoio nulla ! Io sa andava e Eurialo Virginia Olindo Alcina e di Armida, e , Argante, non Medoro, Ettore, Egisto e Clitenne- pazziadi Orlando,la del Manzoni. a maca, Troia, il pianto di Andro- Ifigenia Lucrezia Sofronia,i giardinidi stra, e sino note e si nelle usavano Vittorio temi Alfieri, erano e descrizioni, facili. Il a terine letpre sem- il difficile, 1' indovicomplicato,l'epigrammatico, 145 — nello mi è stato buoni e cattivi , 0 teso a osservazione. popolare,che i Cosi le cose di mia a parola, fare cosi lezione divenne volentieri. nel andavano là,mi la vere, ch'io li esercitassi nello scri- soddisfazione mia con scuno cia: interrogazione domandar io lo feci ben e riodi pe- più grandi,quellidell' ultimo desiderarono anno, d' La staccare vagna, li fissava li sulla la- e faceva tema ne stava sua I più svelti antipatico. sempre di bei lavoretti. Io soleva facevano la — andavo dendo alunni. Scen- dei miei e a male, Collegiomica chiudere nel Caffè del stranieri, posto negozianti poldo Leodel principe del palazzo nelle sale terrene Erano quattro o cinque stanze (Borbone). in Napoli, ben larghe e ben pulite, rara cosa dove igante, usavano dove spesso il Caffè si beveva un caffè non è che erano sola. Vi stanza ghiotto. cesi. frangiornali buono, del qualeio ciò che mi tirava là Ma una i era i Débaés; c'erano C'erano li il Siécle, che an- il Times, il Morninginglesi, pe'negozianti il francese poco Post. Scrivevo e pronunziavo bene, ma 1' intendeva benissimo, e leggevo in un baleno. Trovai Camera j.ra D« dei con Saneti»'. nei Deputatie Débafs le tornate del Senato. Mi ci avidità. Quella lettura divenne della gittaiper ''' 146 — me una che malattia, mi non potevo starne senza. come addosso: che e' non eroi miei di il mio beniamino di però in lui confusamente di Odillon Non non che so spiegarle cose, facendosi cino pic- tivo uditori. Sen- Il mio simpatiaperò con Rollin. Stavo con spondev ri- che genio mi rava ti- freddo di profondatoin quelle udivo niente. non altro, cosi vedevo non l'enfasi nebulosa gì'impeti a già un'attenzione era aveva insinuante qualche cosa natura. Barrot,e che letture, e mi alla minoranza. all' opposizione , sempre Ledru voler Mon- Thiers. La maniera pedagogo,anzi alla mia poca infelice. I Francese i suoi meglioconquistare per domenica, era dire didattico rapiva.C'era nella sua di scuola,un maestro Avevo La , storia della Rivoluzione senz'aria appiccicata era Mole, Guizot, Berryer, erano ubbriacato;quel suo mi si sentivo mi tornata era talembert;ma sua — letteraria solamente; io ci come portava una emozione e una passione, fossiun Francese,e mi trovassi li,e prendevo parte per l'uno Caffè,la mia o per l'altro.Giunto impazienzaera bevevo, divoravo già con Quei maledetti vecchi crepare di rabbia con nel appena vivissima,e gli occhi il tre men- nale. gior- negoziantimi cevano fa- la loro flemma. 148 — Io credevo che per delicatezza dovesse sapendo ch'ero li aspettandoil lento farlo venire e le dieci e cacciai fuori ma mezza più Per eterno. pareva Fiato e cerco lesto di me, sopra col naso. Si avvicinavano le le letture e io tabacco, e il mio la uomo mano e pigliareil giornale; disse: Gran sono sprecato. Quel galantuom lo stendo di ! Diavolo voce: Ecco sbadiglio. uno terminare spiava, e quel 'pizzicata di una Pardon, lui lo mi in conversazione, entrare : a mezzo. prese dico ansioso stratt cosi di- sé, guardaipiù volte l'orologio, volta dissi una già in Guardavo comodo. suo del capo movere far presto, lettore anch'io, e che stavo r occhio ma — Pardon, Dio! era undici,ora avviarmi ci ricadde e mento. sfini- uno in cui al levo so- palazzo Sangro. Parte puntiglio,parte curiosità,non mi risolsi di andar tura, via, preferendo quellaletall' tanto più gustosa quanto più ritardata, riere adempimento del dover mio. Gridai : Came! Venne, e trovati due soldi di regaloper anch'io lui,disse: Grazie. Come si fa? diss'io, ho diritto di leggere.11 cameriere capi e si voltò a quel signorepancione e tabaccone,dicendo : Quel signoreaspetta.E lui senza versi mo, . disse: Ho finito. Io l'amico respirai; era 149 — in pagina^e terza giù giù.Fra finito d'Egitto! Egli col stava che finito ! Ma avrà poco — naso io spiava mentre spiavame di sotto agliocchiali, voltò la quarta e impassibile, lui,e, tranquillo costui legge pagina.Anche gli annunzii,diss'io, anche ! Vidi in lui gli annunzi mi balenò che in lui doveva e che per me che tempo attorno ci sarei non di era più forte ripetevapunto Essi senza mi leggeva i io stesso le menti maraviglia con , sentiva un' ammirazione ; ma di ma il motto in e letteraria per me ne non politica Erano napolitano. letterari; pettegolezzi fuori Omnibus, Poliorami costrette spesso si parlava poco, politica alla moda uscir che scorsi. punto qualcuno di quei di- udivano quei potentioratori secondo incaricavo, a memoria , interesse. Di rament giu- in ogni occasione, e tutti, tale per dei impressione, tanta , aveva giurai poi ci capitavo soliloquiperchè nessuno Io giornali. fitto, scon- perso E imbecille. facevano parlavocon faceva dei avevo capitato più. Ma Quelle letture mi ne partitopreso, che me un a spesso ; la natura eh* io esserci riso,e mezzo c'era misericordia. Uscii non in collera contro tanto un cominciavano e Strenne : piccolcerchio impiccoli- 150 — Si chiacchierava pettegoleggiavano. e vano — Bellini di musica. molto morto che Malibran. della Era prima. il fiore;la Norma tempo di Lablache Carlo San li sentivi canticchiare a io una ero Thiers tutto Vico nel Caffè del Caffè,e m' era mondo, eh' era LA di sa, letterarie con ruminarli con nella io sé con dolce al società^ un'alzata di spalle. scuola o al naufragarein quel piccola il mio SCUOLA scuola alla estraneo vie,pensando alla CAPITOLO Chi finii un respingevada per le le vie. In piantavanolì Gigante e Bisi. Sembravo Io passava e suo vita intellettuale si compen- mia solo. La che mi mi e ; Guizot, sicché e ^ diava \ stonatura tutte per e pieno i motivi cervelli; musicali queste ebbrezze mezzo nel era voltato i aveva più era , vivo cora an- Infinito. SEDICESIMO AL perchèquesto VICO BISI vicolo fu chiamato si? Bi- mine Oggi lo chiamano Vico Nilo,ed è un terDel resto esso era degno più presentabile. C era li da impiccarsi (1) per quel nome. (1)Nel dialetto napoletano'mpiso vuol dire impiccato. 151 — che altissime, case sul capo e una sala gran modo di di oscura, più o alla mente che giovani, si giovani,mi mi mio cuor li attaccate della nostra Quando io entrava si accendevano splendidamentedecorata poco decoroso eh' al marchese miei quellemura uno sguardo mi e mi appariva immagini generate quel luogo Puoti, egli medesimo era dei gli occhi dalle fantasia. Né mia razione deco- intellettuale. vita cambiato colà,e fila recavano e a la lingua,quellasala scioglieva dalla numero studio. La da nel era nude e stanzone vedevamo le memorie discreto un bianche mura e' era, ed coi impiantòla scuola nel tavolino nudo, non netto e lunghe impagliate, meno il mio congiungano cielo. Là, in s' d' inchiostro ; panche.Le tutte la vista del ti rubino macchie ti si pare : un più semplice di sedie vicolo stretto stretto, Figurarsiun malinconia. con — di pareva uomo plice, sem- quellasala la più bella decorazione. Il mercoledì giornodi era il Marchese , quelloche essendo -lare in casa si faceva s'era fatto nel ivi dalle e suo gioventùnuova, al province, sua, tra traduzione. Ci a presso niva ve- poco studio,salvo che, capitataallora Marchese non lora al- parea gente familiare,e usava di 152 -- di riserbo nei modi po'più un Anche la mia la mai ; i suoi freddi faccia in nelle e pressio glifaceva una certa imglistavo a lato teso e duro, oscura e scherzi e , in motteggi cadevano e fu prestoun' aria magistrale, tono di in comunione tra spirituale queir aria non so che di grave la noia e che quel piaceva e' era maestro perturb im- scuola smesso , Non ancora e discepoli; e magistraleportava intervalli ti e scherzevole del Marchese. casa la mia soggezione.La prese familiarità ridevo non gioventùche una a mezzo severa i suoi e teneva tanto parole. presenza perchèio con - facilmente pedantesco,che seco in certi toglievaogni elasticitàdi pensiero, ti possedeva.Quel mercoledì era il giornodello sbadiglio ; era quellastessa scuola di Basilio Puoti,ma sale : senza senza genialità, la veste era pur quella^ lo spirito altro. ma era Il Marchese ci stava a disagio ; io parlavopoco, ed era un' aria fredda,che pareva alterigia con timidezza. suoi e Talora venivano alcuni più provetti la e questipigliavano discepoli, e ci dispute, si metteva volevano mostrare gli Anziani gli altri li ribattevano mano la scuola. Sorgevano e animavano dottoreggiavano ; dei 1' amor proprio; la loro e non se rità superiola la- 153 — — naturale,le fronti si fuori col balzava fare ; il Marchese sciavano le spianavano e ore suo savano pas- rapide. Lunedi venerdì e prendeva solo io ero un' altr' aria. Mutolo il Marchese stava metteva quellepanche tra s' tavolino si faceva e severo c'era da una chiesa il che salivo di noia ; tutti insieme batter di entro del per pensare alla bene, e mio tutto lezione,anche movendo canzonando: alla lezione. Talora le Che mi mettevo tant'era cose pareva lezione spremeva cervello. il di per che , queglistudi, la scuola sillaba, e miglior sugo una monotono ma delle quacqueri.Ciascuna preparavo di su fare mio la novità e età. giovani più attenti, dei morir vivacità udivi terrog in- a della mia , la lettura. Col presto vivemmo non confabulare, a numero cerchio un , e sentiva io, e mi mi grammatica; poi mi dettavo tra e la mia fatto era cattedra,e a timido, quando e quei giovaniquasitutti con scuola tarmi spiegare;e presto giunsiad affia- a Quando li,allora la e . Io mi facevo non istrada,gesticola labbra; e gli amici fa De cevano, di- Sanctis ? Pensa riscotevo, veggendo qualcuno guardarmi e ridere;ma poi tiravo di lungo 154 — aria con chi dicesse sdegnosa,come innanzi si fa notte — : Gente cui sera. era disprezzodei poltronie dei vagabondi battezzavo cosi tutti quelliche e infinito, non si Il mio profondavanoneglistudi. alla stessa pre sem- stillavo il cervello ; mi cosa Pensando , re fantasticapensierosi volgeva in un vano e non reggendo più al gioco mi veniva nanzi, inla distrazione ; altri oggettimi passavano coerent frasi infinivo con e con e sottigliezze il cervello diveniva fumoso e pieno Talora si avvicinava di ombre. qualcuno e si gli ostinava a volermi tener compagnia. Io a faril , , , volevo capire che volerla tanto e capire,e parlava parlava,e mi che e lui voler a col mento in la storia: per era Tommaso, seccato portone di disse: No, forza io casa per fate la a non cerimonie, si cuciva non ai panni, te, sentivo nien- una mia e risposta, gola. Uno io ricominciava capo sfinimento,un uno lui lezione per lo capo; lui da aria, e r avrei preso tal mi aggiravala si e , Non : che fare. E ho non dire a solo star di tormento; questi,un vermi glibastando l'ala lunga via,giuntoal che gli dicevo addio, ricordo,non mi per tutta , no, vi a me pare! vi accompagno perle 156 — a e voi. le Volgete fate mi non fisso chiodo monte di siete matto di E si mettervi a Salviati mi Poi le che parea E — lezione buona Quel pensare le pagine volgeva stracciasse, cosi disse il per pensiero r andavo cosa ; le andò. e strade andava E : la o e dava la mi si vedevo non la non volta; gira- si assottigliava glio \ qualche era vano ora e tempo giungeva caldo venivano cervello, tutto la nocivo; prima del il verità, In oscurava. I mi la trovavo e , mi si stava gua- più , mi di ora respirai. più e frase; cercando Io mi più ripensavo spesso f in , pranzo, più ma Castelvetro, , ! ! roba questa 1' oriuolo cavato Iddio Varchi Corticelli,bum quel tra Per , quel con rimise tutta più, pensate spedale libri, scartabellando. Buommattei, presto. ci non faccia , e e cervello. ? Bembo capo spalle la nel - di andare a scuola incontro di per questo trava- faceva si scuola. La sura pres- m'illuminava; e , più quella lezione a m'ispirava, e parlando sé, e mi le io cose , ridevano. 157 — CAPITOLO Parecchi DICIASSETTESIMO LEZIONI LE anni DI Leggevo GRAMMATICA stato ero lavorando Puoti. — intorno si fa come leggicchiar grammatiche, a quelladi a Basilio cercando dizionario, un veva doquellapagina dove, secondo l'ordine, esserci o la tal la tale osservazione. matichetta mi luce; ma ordine per io il bisogno, dall' a speciedi febbre, che una non alla non tregua né distrazione. Leggevo le pagine più messi dentro ci misi dava sudata gram- tanto quellalettura, anzi,cessato zetttj tirato da mi Quella la tale eccezione uscita in già era ristetti da mi regola o noiose in corpo di Pietro si fa d'un come i Cosi romanzo. gua Dialoghidella volgar lin- Bembo, durando alla fatica di quei caratteri barbari, gotici,abbreviati,minuti che mi il Varchi, il Fortunio del Castelvetro e il Sanzio Salviati e e approvazionedel la e il Bartoli non E gli occhi. stancavano e e prosa cosi m'inghiottii i sottili avvertimenti dottorale del il Cinonio e l'Amenta con quanti altri autori marchese Puoti, il quale mi so , 158 — vantava Buommattei. Quando pigliavosubito Che sugo ho ne cavato? le che più della in più presto teressa in- di concorde cacciate vie dalle lontane talora mi non più rivano appa- barlume. un che riguardavale origini delle forme sul me ne seccai, perchè quelleetimologie e quellecongetture contraddittorie, avventate non adito che quellostudio. si al di là delle cosa delle me intorno alle e con la tori, quegliau- Dell'Oriente potuto avevo lingue,delle religioni della che niente. A vana; per quello che , , nevano suppo- al di là della coltura c'era che buio. tutto vano da- rendessero ricerche come per me, non noto quel lavorio Le potesseandare ma leggere nelle storie; meno sodo, ne ricerche ulteriori,che ma classica; era fondamento avevano a interessante poco di sistematico. e grammaticali,destò la più viva curiosità;ma principio e me Del erano quellaparte arbitrarie a domandarmi: senza varie, alcune preziosee come lingua e me libro,ne un maneva ri- Quelle notizie fresche,e il e libro letto mi niente ma il Corticelli finito avevo altro, un notizie Tutta gli altri tutti sopra — dizioni tra- filosofia sapevo parve dunque tutto etimologiee gini alle ori- e leggerezza la pre- 159 — di sunzione quellaetà, spesso da dove, fondate so non di vocali scambio o co dall'ebraicerto un sopra di consonanti o prendevo ne me derivazioni dal greco gioco.Quelle 0 — mi parevano , ne bussolotti. Quelle discusssioni eter- un gioco di mi italiana della lingua toscana o sull'origine fieramente. Quel pullulare annoiavano perpetuo di quelledissertazioni tutte partidel mi discorso dei mi un diceva: compagni,che abbastanza. studi e un gran che papiri, la vanità mi io mi Certo,se ci mi Capuano quegli a sarei tenacità, pazienzae di molti. Le e buon'occhio. di Ma quando grammatico. Quella razione collabo- mi Mi aveva lodi che Cusani, ad Ajello,che in candeliere, mi erano a non scito riu- sentivo rodere prese. il eai ne anticaglie, fossi dato con seguiti avevo col Puoti di cui tempo, mi deciferatore di manoscritti chiamavano , quelle vedermi dal le stare Gabriele le con ora li avessi a affumicate E antiquario. Basta e grammaticali il cervello. Lascio cartapecorein mano, chiamavano stancava, sottilie cavillose sulle sulle forme e annuvolavano canzonature mi di eccezioni regole e avevo chi impedantito agliocsi facevano a Gatti, per gli studi davano coscienza una filosofici dine inquietu- chiara , ma 160 — che pur memoria sentivo i nelle miei — Mi ossa. antichi venivano studi di nella filosofia e , quei Salviati addirittura mia delizia gettaicon avidità sopra con decimottavo, Condillac del Marchese. Dumarsais. non Il segreto che sempre grammatica, ricordo,come un di uso non so Studiai molto non m'indicò e dosso ad- Lessi tutto il corso Marchese, saputo dei perdonò,a patto che della parevano i grammatici e un compilatoa aveva ereditario. qual principe mi i retori 1'appetito, vedendomi cresceva gliocchi che mi pigmei dirimpettoa quei grandi, un Perciò mi giorno e mio amore. del secolo mi quei Castelvetri e buon Tracy e miei studi, valicassi i confini un tale,che ora scrittore di grammatica generale.Io leggeva tutto, il buono, il cattivo e il mediocre,grammatiche ragionate, filosofiche e facevano me, anni • mi comparate. Quei Cinquecentisti stomaco; chiamando mi ribellai contro f antico pedanteriatutto quelloche due l'apicedel sapere: De Stefano e Rodino mi si erano e impiccoliti, in superbia,e presiaria di filosofo.Cosi montai mi diede fatto io, quando il Marchese a ero scozzonare quellabrava gioventù.Il mio scopo i giovanialla di apparecchiare doveva essere prima mi pareva 161 — scuola del Puoti ; doveva del mi e davo del Tra sfrenatamente dritta pedantea in bocca sempre una scuola preparatoria ma abbandonavo e essere quando mi sentivo lontano dagli la lingua, Marchese, mi si scioglieva ; occhi — i miei e a a] mio genio, e manca, avevo la Scienza. scartafacci pescai un di queltempo, prolusioni delle giorno cune al- qualidiedi molti brani nei nuovi Saggi critici.Il Marchese le avea messo rivedute,e ci aveva quellostampo di classicitàideale. Ivi io me tutto suo la prendo i pedanticon stizza ridicola, contro bozzo abuna e l'immaginedi una grammatica storica e da un concetto di filosofica, pigliandole mosse e Quintiliano, ribattendo il Cartesio dei io grammaticatipica ; e scienza chiaro chiamava esempi e infilzate 1' una posta sopra ordine,con dall' un capo mava Sanzio, ch'io chia- grammatici. Quella volevo dire lista di una il che di grammatica non doveva regolee ali*altra , saldi tale ma di todica me- essere zioni osserva- una con principii , quel filo segreto, che all' altro,quasi per vera quel ti conduce mano. Ivi prendo l'aria di un novatore, e trovo che tutto va male, che tutto è a rifare. Ecco qui mi venne in quei giorni un sotto come ritratto, D« Sftneti*. 11 162 — la penna. « praticadell'arte Ninna cognizionede' nobili ninna ; — tori; nostri scritun italiani; malvagio gusto; pensierinon predicarcontinuo contrari stato , ed e squallida le regoledel l'ortografia; e al f opinionicontrarie voler riformare e sicuro. il genere ci è Non subito coro, Io ». , che parlavo alto e tanto possa predicanoil verbo, e e sui d' imberbe. sicuro tono l'aria di avevo umano, cosa giovani quanto questo Fanno niente di di certo dipendenzade' tempi, congiunzioni; principii posti op- reggimento delle ; è alla intorno determinato incerta biose pronunziaredub- ben ferme ; niente mal esempli in malvagio errori...; la sintassi ; trovasi correzione ; purità di barbarismi dello scrivere pagano pro- discepoli, fu durevole ei r impressione perchè con quel fine fiuto dei giovani, sentivano che in quelle la fede. Acquistaiautorità sui , lezioni io ci mettevo e non c'era e una me, ed ero e serbava ciarlataneria, naturalezza. Quando o tutto tardi vengono nell'uomo i fischi;ma c'è sincero, modestia e l'attore, sto pre- l'uomo sincero C'era in me perdemai prestigio. contraddizione palpabile tra l'audacia delle modesto non l'una la cera bonaria e modesta: e opinioni attirava gì'intelletti 1' altra mi procurava , mi la 164 — tici da letti. Non me della loro vita — è già parte il secondario parlavodi un io medesimo; metterlo che tutto mira al centro, era lasciando e dominante, principale tutto e m'occupassi dei particolarità delle minime e loro libri. Fin d'allora la mia cioè all'idea ch'io libro che da 1' avessi costume parte , almanaccando. derivavano 1' accessorio. non il mio e e Parlai bro, letto il li- era, dal dei Non studiata pensarcisu e da giando passeg- grammatici latino. Poi venni a studiosi della lingua,copiosi quelliche erano di regole e di esempli,che moltiplicavano in infinito. Molto Buommattei, era m'intrattenni sul sul Salviati e sul Corticelli, sul Bartoli. Tutto Le autori,libri,giudizi. nuovo^ jsenza pietàe erano senza tanta varietà di forme in e casi e di solo. La forme mia attenzione andava al contenuto, dalle sotto e gole re- (massime significati che era facile ricondurre ad Cinonio), Facevo ridere, ad esempio Va, pigliando il da, irti di sensi e che pur non avevano senso di pochiprincipii; quella nel un sure cen- suravo riguardo.Cen- infinito di quelmoltiplicare che si riducevano mie unità. il per^ che dalle ché, parolealle idee; sic- variabili quelleapparenze grammaticali, io vedeva una contraddittorie, logica a 165 - animata, e tutto il regolaree metteva scernev posto, in tutto di- a il ragionevole, non mettendo am- casi arbitrari. e non ripieni rata corroboquesta tendenza filosofica, eccezioni Con da — e non studi vecchi nuovi, io e conciavo pel di delle feste i facevo lucere e Cinquecentisti, innanzi alla gioventùuno schema di grammatica filosoficae metodica,qualeapparivanegli scrittori francesi. Dicevo che costoro nell'analisi delle forme risalendo alle forme dire io vuol amo posta da loro che : semplicie primitive base di tutte che le veniva sentivano doveva di E non una volontà in tutta scienza una solo scienza della : o le forme buona mi non che amante di tentava con- quella daveriva m'inca- quelmoto atto. I giovani raccoglimento, fede quell' uno tutto e irradiare l'Italia nuova. un'arte,ma era con i Francesi oscurare in verità io sosteneva era in quei giudiziacuti credevano mi che dalla cosi ellissi era Io sosteneva mezzo. di amo in sono decomposizione la parola, le sottraeva e La amante. sono come a cellenti ec- grammaticali, grammatica generale.Questo una erano doveva che eh' era essere. grammatica, malgrado le la grammatica principalmente Questa scienza tante gramma- 166 — tiche era ragionatee filosofiche, per di là da un alle - venire. Quel grammatiche era le regole,ma protestacontro una i grammatici o o accozzatori che credevano numero per grammatica non un e io colisti, regoleagliartiil Codice, perchè Ma numero. la scienza. Certo ancora regolaora ora precedenti, era lode ai nostri del Cinquecento dava ne rola, pa- quelragionarela la Francesi,i qualiponevano ai della e di gli articoli, parolaper era e progresso, sognav regola bi- ragioni.Paragonavo di sapere si ficcavano in capo e le la pedanteri bastava non che di ciascuna dare i motivi ancora ragionatoappiccicato passata, e voleva dire che dare me nella derivazione nell'uso dei buoni gazione spie- gue da lin- scrittori, nell'uso vivo del ora notizie utili e occhi miei cercavo tiravano e cosi ne popolo, Ma questo agli ragioniplausibili. era una storia, non una la scienza al di sotto delle immutabile discorso. Cosi trovavo delle scienza;e forme,nel vimento mo- e del idee,dei giudizii nella logicail fondamenta grammatica; e finché mi tenevo ca, di una termini generalissimi grammatica uniil mio favorito, la concepivaLeibnitz, come scientifico della nei la mia corsa quando andava veniva bene. Ma mi cascava l'asino, alle differenze tra le grara- 167 — maliche, spesso da in urto riducibile e poco trovare in quellastoria altra cultura o fissi. Per principii a la e logica, originate sociale, piena di scienza,si richiedeva altra Nella preparazione. avrei voluto ridurre dell'assoluto, ricerca e logica,e concordare fildi scrittori e popolo; le differenze a e la Chi vinceva avea argomenti Anche delle cose, , naturale. ma Io voleva storia derivazioni, la volevo non i con ragione; dimostravo cosa tutto l'ingegno la conformità del fatto grammaticale sempre era mia potendo sopprimere non della logica, secondo la insieme guastare la storia, ponevo nel metodo scientifico quello ma, dimostrare con darmi la con storia naturale una varietà a — e ia scienza. coi tili più sot- ragione della la scienza ; 1' arbitrario e nel una sintesi il piacere di suo todo me- succedersi di questo preconcetti stessa toria. vit- o di movimento provvisoria, per liticamente decomporlae procedereanae riuscire poi ad una composizione definitiva. La mia sintesi provvisoria il discorso era di cui davo una spiegazioneintuitiva, tico. esponendone le parti in un gran quadro sinotPoi, biasimando quel rilegarein ultimo r ortoepiae 1' ortografia io cominciavo dalle , 168 — sillabe e — dalle parole,in quanto sono pronunziate salvo l'interpunzione, scritte, ch'era l'ultimo e della capitolo mia grammatica.Indi analizzate secondo erano le parole il loro contenuto, modificazioni, alterazioni, e sostanze, accidenti, parecchiecose mi uscivano nuove agli articoli dette intorno a' alle pronomi agli avverbi alle congiunzioni. Mi ricordo di un preposizioni, tutti i moquadro,nel qualeandavo significando vimenti , , intellettuali e tutte e le , materiali,e che preposizioni, parve vi sottordinavo cosa mirabile. L'ellissirappresentavauna in queste non e cosi spiegaitutte analisi, dimenticando mai di nuova gran parte le interiezioni, ricomporree dare il significato vivo della compost parola, dopo di averla deil suo trovato e senso logico.Quando era compiuto,compaquesto lavoro anatomico riva in ultimo il verbo, come il principio della vita 0 del moto che metteva in azione tutto , queirorganismo. Inselvato in quel ginepraio di tempi, di modi e di verbi irregolari, zando aguzr ingegno in ridur tutto a regolae a logica, uscivo la Io non e tutto affannoso sintassi. E ammetteva le pretendevache alla riva, e vavo ritro- le stesse pretensioni. ni, le eccezioe irregolarità qui il mondo andasse sempre 169 ^ dov' diritto : altrimenti avessi conosciuto accidente tutto per scienza ; volevo non ma - Hegel avrei abbastanza ingegnoso la sintassi fosse Col mio il dalle analisi su su La dalle che giovanifacevano un sunto da come lo si chiamava. è venuto , già con posso. Oh ! come delle lezioni sunto il libro della Uno di non di scuola, questi sunti Poco discepolo. malati mi mi corso preso , ci ho poco pito ca- capir paionopallidi nelle Avevo un un del signorTagliafer gentilezza questisunti ripeteremai I e , era non reminiscenza. vaga questi occhi r anima. era scienza,il questa grammatica dirimpettoa quellelezioni tutta grammatica risultato della alle mani, per allora mio mia una corretto me passando,con e partipiù sempliciverso il fine. Di rimasta è ponendo fatte,ricom- , il grande discorso, mi la faceva alle proposizioniai trionfante, e al discorso. e principio genetico,io , celere andare un metodo virtù del verbo per che ammetteva parte distinta della grammatica. una naturalmente periodie e , tutti i fatti grammaticali.Non moto della fuori era forza tirare nei confini della scienza per uscire battezzato , quello eh' ero lora al- la scienza ? Se era e quali compariva per costume perciòquella 170 — — cosi grammatica rimase boccheggiante abbozzata stata volta una rimasto disegnofinito, un incalzato ad da altri lavori. Pure fu , mio grammatici frasaiuoli dei e quasiil riso,e i che Ma — giovanimiei, che non del Puoti. La ai bimbi mi e , e' è grammatica vano biasima- ti. giovanifat- a scienza della grammatica, una e molti con gesti. sofica questa grammatica generale, comparata, filochi la a certo. Non è In voi insegnerete a verità,io grammatica lamentare ci sia la non di erano era veva mo- o linguaiuoli strillava io inferocito E 1' entusiasmo tanto insegnassigrammatica 0 mano chiamavano gli scolari e' è io, per ischerno s' insegnava che non aria,mentre ci chiamavano come , li in era più che aspirazionimetteva nuove grammaticale schizzo uno , come se forzato, era quellafatta non , più sottiliche il contenuto se imperfetto, molte bimbi nei no di versitar quadri uni- grammatica generale? il solo che costruzione temeraria e che ? Ai avea di lasciavano era e una insegnassi se molte vere, il metodo se monco vazioni osser- , se quella dell' affrettato e dell' quellecose orma, certo non è chivano attec- che,fatta Quel e alzava l'ingegno. quelmodo, svegliava delle apparenze ; quelguardaredi sotto disprezzo a 172 — maticali,cercavo nel gli esemplie le applicazioni libro,ricorrendo spesso alla lavagna,perchè mi piacevadi parlareai sensi,e non stavo rifinché la vevo — molta tutto,e cosa non chiara era attitudine alle minuzie ; sminuzzavo ciascuna su minuzia esercitavo il mio cervello sottile. Quelli che mi in tutti. A- a sentivano grammatica, e tracciare le cose si non tratti, medesimo minuteria le con erudizione , parole, vivente. e e cose stato rovi- la mia con infinita lingua di ciascuna , paroladicevo tanto nelle grammaticale,mi attinta ai testi di sensi antichi era analizzato avere in tutti i sensi il fatto divertivo quel particolarità nelle minime La stessa grammaticali. della lingua.Dopo di grandi foss' io persuadevanocome cosi minuto a fare filoso- i derivati nuovi, le e che mi Talora composti,1 ferenze, le dife simiglianze e i chiamavano la lettura non il dizionario era che di un periodosolo,e prendevauna buona ora, e non davano la finivo più,e mi ci scaldavo io,e ci si scalgli altri. E quando, riscossomi e cavato r orinolo,vedevo 1' ora e queicari giovanimi Professore,quando vi ci che in quellascuola non nita, facevo la faccia atto- sorridevano dicendo mettete : !... Il fatto è si sentiva la noia,per- 173 — che dicevo novissime cose li teneva unzione che una tutti la stessa — un con tutti a calore , con vivendo me, vita. lessi dei brani del Pandolfìni, quell'anno minai del Compagni e di Frate Guido da Pisa,e terla famosa con leggendadel carbonaio di dai Iacopo Passavanti. Nella prima lettura non anpiù in là del primo periododel Governo della famiglia e ci feci sopra le più nuove e In j le più sottili avvertenze, indicando le differenze l'uno di tutti quei sostantivi ammassati su l'altro, di una stessa esprimevanodelicati gradazioni simili ed erano e spiediversi, gavo cosa, e parevano che anche il perchè del loro collocamento. Spessotiravo fuori il capo da queste nebbie di in puro cielo, minute osservazioni, trovavo e mi dell'arte, e nel cielo luminoso io, e e tutti si colore e m' entusiasmavo entusiasmavano,mutando accento. viva che Mi rimane ancora io oggi voce pressione l'im- fece la lettura del convito del Pandolfìni. Quando lessi: spentoil fumo alla cucina,è spentoognigrado e grazia,e quando, quelsolitudine e deserio,quellavivace gioventù non si potè affollandocontenere, e proruppe in applausi, misi intorno. Quella descrizione magnificadecon intonazione uscii solenne, in 174 — — gliapparecchidel convito,dove tutto è pieno di senso, ch'io annotava si trasfore mava scolpiva, nella mia calda analisi in una matica. dram- scena Un'impressione più durevole forse fece la descrizione graziosadi una nella quale festa, il nostro messer Agnolo Pandolfini colse la moglie che s'era imbellettata. Fece faccia imbrattata e è ridere quella qualchepadella in a na, cuci- tutti colsero il garbo e la bonomia che fine, quando il marito, vedendola la verso piangere,dice: Io lasciai che s' asciugassele lagrime e il liscio.Pure questo benedetto libro r ho apertopiùdopo quel tempo, sono non sati pastanti anni alla tornano come lo come vicende,e queste frasi mi tante memoria, se mi tornano e le facessi ora rado davo tema un Io sceglievanoloro. un il ; più tornava ciuco. Il di appresso mattino, e cominciavo componimenti.Avevo caratteri,tanto più orribilime che la il lavoro. delle volte a casa se carico mi levavo di buon la lettura di tutti quei fatto 1' occhio ai diversi anche oggi sogliocavare. lavoro un'infinita ture quellelet- pression si forte fu l'im- , si faceva volta la settimana Una Di e dalle scritture Mettevo in quel perchèinfinita era pazienza, 175 — la mia coscienza l'andare nel in fretta ben salti. Mettevo le debite con vazioni, osser- lungo, perchèvolevo tornavo capire.Fatta quellafatica, tre legger tutto,spesso aggiungendo al- a capo delitto un parso leggere a talora tiravo in e da o sarebbe le correzioni margine farmi mi : — postille;poi sceglievoin quella selva di errori quelliche davano occasione ad avvertenze grammaticali o che armato per e uno, il di. Nel scuola, a o r occhio con frasi i 0 volevo e là cavavo di dimani i Poi alla che pazione occu- andavo cosi giovani qualcosa, lode, consegnando o prendevoi miei lavagna facevo me i materia appunti, scrivere dov'erano scelti, giovani me le rori, glier- li trovassero. molto istruttiva di nelle applicazioni uno dir loro a compatimento periodida bene era , trovavo le carte. che la mia era chiamavo e sempre biasimo 0 Di lingua,e tutti sentissero. Questa di tutto e di vazioni osser- della lingua della grammatica. Quello era e l'esercizio più utile. Posso dire che s' imparava più a quel modo che con tante regolee con fare. filosotanto e Io non non dava alla lasciava mai cose in ozio l'intellettoe chio luogoalle distrazioni : sempre li,l'ocvilavagna,attento, caldo,come se 176 — vessi là entro, e quellaserietà, quel calore tutti,li tirava CAPITOLO REALI questo primo giunse notizia era a dagnava gua- me. DICIANNOVESIMO MALATTIE In — che E IMMAGINARIE della mia anno la divisione compiuta.Papà sempre un scuola nella mi famiglia po' poeta, avea quellaparte della casa ch'era in uno stato meno buono, perchè col tempo era possibile allargarsida quel lato e farsi una casa la poesiadell'avvenire si conbella. Cosi con solava scelto della miseria presente.Intanto ci si stava bisognò farsi alle strette,e strada,fabbricare la ebbero I poesia. bella casa del ansietà e domani. con a noi. Il studio ; medicina seminario. col loro Questo stava pensieroprosaico, spesa e senza fu il frutto della con cugino Aniello poco tra un'alla fabbrica, mezzo divisi secondo mio le loro e zio glialtri, era poi rimpatriòe padre.Paolino Gli a fatta,senza zii s'erano due inclinazioni ; zio Carlo Poppe lasciare e col glialtri, dove l'uscita da in Avellino studiava fratello era altri fratelli rimasero in in casa 177 — la sotto con di zio Poppe.Vito disciplina eh' me era un pezzo. avergli1' occhio sopra cello,e pretendevoche me per - esempio. Ma in mala ; e Io già grandi era - facesse da sé, prendendo eh' parve compagnia, e potea troppo non poi si trovava egliincappasse di questo me veniva ne e e gli qualche sentore glienevolevo male facevo lunghe paternali. le cose Ma vedendo sullo stesso andare,me stancai e non ne sempre gli parlav^opiù. Quel mio silenzio mi pareva , , gli fosse freno, e vedersi trattato e indififerenza con li come messo un gli fu invece cencio,mi Quel sprone. e parlato non il maggior sembrava che potessi e che glifosse dargli, castigo al mi cuore. Questo pareva troppo delicati sentendo senti poco Un che spesso miei rimproveri gran peso che dovuto e mi Stnetis. essere s' indurì e si glivedevo cambiar cambiarlo io,e prendere non la scuola mi teneva giungevano i rumori del giorno, rimasto solo in casa, , d' , , timenti sen- lui parve, raffinati. A e mi e passeggiare De un più libero. Io avrei registro, altra via; ma e più i scarico d' come me, ingannato,supponendonella gente sono non a tello col- tutto sé, a mondo. di stanco fantasticare per il solito stanzone sedetti e tirai a me il cassetto della ìi 178 — lo trovai e scrivania, Rimasi non l'era come Con niente. da la isfogarmicon piano.E là, gli abiti la contai Ci Passai bene la con sera tutte zitellone, facevano la Vito e casa, fremevo volto di e gli fratello si vedeva. non muti. Nessuno viene ! E non e zia e di da è filai m'in- gli occhi con per le vie dalla di Napolicosi Don Nicola amici, scuola,da parecchi sua niente. Tornai Isernia,e casa Rosa e Donna che paternostri, predicae Rimasi vigilanza. mo pri- sospetto.Ma, che suo vecchi, dirmi Donna a tavola a in al mi e intondito. Mio cercando seppe ch'era Enrico Fui all'impazzata. nessuno nella giù, per correr gli abiti,e già essere Buono, alla corsi Venne certi calzoni Del ci trovai non danari. scoppiaiio. fuori lo andai ci sieme scomparsi in- mettemmo ? successo e Erano dire all'altro il osava me li trovo. Rimase dovuto avrebbe e volto di qua mi non cosa. danari,e vestirmi a lì dentro smarriti trovavo i miei con andata; che famigliaIsernia non e d'impazienza; credevo non gli occhi letto,per la serratura. rotta e i miei sudati essere stanza vuoto spaventato, e sapevo doveano — per accusavano due costernato. mi sfogaiben Maddalena, due per giunta mi la mia poca giornibalordo,con 180 — faticosissima , quasi — riposo.La senza mattina al andavo sera a CollegioMilitare ; verso della giornata erano piuti riemscuola;gl'intervalli dalle lezioni private. Metti pure ilcontinuo travagliodella mente sui libri,e quell'aculeo del cervello che è la meditazione, divenuta una ero abitudine quasi un e sotto mancava fondamento un pur mi che casa nella in tutti un sati pas- le La del mondo vita mia era di mono- ripetizione quotidiana.Seppellit una nello stesso scuola,sempre d'idee,il cerchio era giate passeg- neglianni su, spiritonotizia lo dissetavano. notona, quasi serio. Questa ci allegreconversazioni Puoti, de omnibus rebus, che pure portavano al mio e quando quellelunghe tenevano mancavano in giovanili fuori , vita. Mancavano la mia ; fantasticare cervello si punto, rimaneva gli altri aspettidella piccolo fissava, e, simo attivis- quasi stupidoin vita. Di sentire delicatis quell'ambiente volgaree grossolano in cui e mi pur costretto ero di vivere, mi offendeva guastava i nervi, si che sempre esule dalla società,e cercavo mi tivo sen- rifugionei giovani.Dimagravo a vista d'occhio;ero grae cilissimo, spesso infreddato, passavo i giorni fra tosse e mal di gola. Una buona igienepò- 181 — forse teva guarirmi;ma Le tempo; pure voglia sfrenata giallacadeva faccia chinarsi del petto incurvato che ! ma e divoravo pagine,e il Alzando Un del capo e volevo il giorno mi più lezione; che tirava appresso ore dal naso quente fre- aveva la lettura; l'altro, intere libro,mi luogo dove si trova. alle mani nisse fi- non periodoper svegliae venne mi la mia passavo e leggerequello chi si intorno,come ancora leggere , finivo periodosi le immemore. sierato. spen- sui libri. Quel Sceglievoun l'un di sapersiper a cominciato,non il libro. ma Talora il dorso. necessario ch'era inespertoe ero occupazionisi prendevano tutto il della giornataconin certi ritagli tentava la mia la mia — come davo guarnosce rico- non trattato un di riosità generale. Leggo e leggo con una cupatologia mista di spavento quellainfinita serie di morbi, e mi e pareva che vi il corpo umano vermini in- come pullulassero queimorbi l'uno dall'altro.Quelle descrizioni animate, che quasi sempre spaventavano e funebre. Lessi col delirio mi attiravano e come vano fini- la morte, un mi romanzo tano: più volte la descrizione del tee la cosa. ignoravoil nome bile Impressionamolto, mi pareva di sentirmi nelle ossa quei 182 — morbi dinanzi che mi passavano Eccomi alla tisi. Mi quel mal — battè il sottile morivano e le ragazze, e io,cosi gracilino com'ero, mi il pietosestorie e i fenomeni delle mani levai mi le mani, le guance. ben r antico Costui Lo il e pregaidi air sentivo ciare bru- mirarmi a che fessai con- ne me nico signorDome- casa la mia tastarmi il così — stavo minarmi polso,esa- mi tremava. Ma — candomi bene, disse lui,toc- benone,via! vuo'farmi Poi, \ì mi guardò non persuaso so, in vi, giunse: ag- forse qualchelibro Dimmi, leggeresti di medicina? uguale che di voce stai di Molière? — mi disse,veggendo petto, e la vedendo delle guance elegantemingherlino, di faccia aperta vestito, mi il polso.Tu il malato calore un era t'ho visto mai non tando adagio,no- specchioper medico chiomato,ben cera. spesso stetti agitato impensierito, allegra.Cos'hai? brutta io corsi allo , Albanesi. toccavo rossore turbato,che Tacito con e al e paio di giorni,insino un per e contavano, ne se quando giunsi al e , scarne, perchèdi piiii giovani , della tisi. Leggo petto per paura nel voto core lo per fantasmi. come — Gli narrai tutto,con ingenuità.Il accarezzandomi il mento medico rise semplicità molto , disse : Gitta e al foco 183 — tutti questilibri quel riso che — di medicina. Mi quelleparole rassicurato. all'occhio medico Ma a faceva l'amoroso del figlia Ronchi l'amoroso come medico giovanetta, una di Corte. , venne Il povero atterrò. con più casa pochi giorni di poi mi notizia che mi una tornai e , confortò E faceva si soleva in Napoli,in istrada, chiaro di luna,guardando,facendo gesticon a la beila al balcone. Una di quellesere che il freddo era rono grande,stando cosi al sereno, glifuattaccati i polmoni,e cosi quel meschino che rideva con di appresso del mal me di mal assai. Non mi sottile.Il fatto mi pareva per via moriva sottile, di vero di qua e di là le ragazze diceva subito: Come Il fatto è ch'io robusta era Me come metteva vecchia , senza sopra si direbbe come e nella sua la casa. ci trattavamo malizia. Ella mi diceva dendomi, ve- oggi, ragazzotta una quale terrazzino un e lato davvero,ma- contadina,con una ci vedevamo che per fece avvertito ne , stai? Io sto benissimo. malato esaurimento, o, di anemia. contrar più in- quel giovinotto gaio e spigliato, che ammiccava di contristò dover non pochi a Era terreno, pianscenza cono- alla buona spesso lora ta- e che i miei 184 — occhi La tuono. a quel terrazzino sedia e la slanciava la levava la mano, si piegava sotto. La il mostrava bricconcella braccio suo e vidi che presir il mio altro. Giovane viveva. esile era i io guardai e pallido, polsicon A scuola giovani,esaltato il cervello si portava via in la era me il cervello stra- e cosi vivace e poteirinfrancare parte di una volgevaal fu che l'anno ceso, ac- suo me. termiae, le forze in Sorrento. in casa di una Capitai agiata che aveva , e grandetta e ci arriva. pensato ch'io fossi infermo; pure quellascuola Ventura tra non Poi ammirazione. braccio mi e rubicondo, Il sangue Nessuno, Vedendomi avrebbe rideva,e e abitudine di strofinarmi stesso;là regnava e con la se per farci venire il sangue. mano un sentivo mi meno e il braccio mi tremava rotondo guardandoal mio, diceva: La forza poneva alta,che riusciva di tenerla il braccio e fatica, gran più ci e , a ghermiva mi ci scorticava aria;io subito in recchi pa- chi alzasse a Lei la mano. spondev ri- sopra si facevano giocavamo una non riuniva famigliasi dì sola con capivae non sollazzo,e per giuochi.Un una io amorosi, e erano — belloccia. La buona una mamma contadina,piuttosto unica figliuola nel dopo pran, 185 — a lasciava la zo lei, sedia onde con vedeva si e cavate e dalle alla fantasie il facevo e e stavo le vennero loro di statua quei dintorni. Le e corpo osai dare Consalvo lo ebbero spirito, alla me mia lo ore in tanto perdoni. mirarla, da lei e me, intermezzo che mi narono me- quel tempo, con la il al e Divinità, bella mia girare a legra l'al- lunghe, di che, contadinotta niente vespertine pura, poco stelle Da camminate l'aria compagnia, mi le usai gesso, e amici faccia a dalle a grottesco desinare. a poeta, alla lei, alcuni faccia trovarmi non da il veniva mi innanzi questo togliere a seco per timido Da luna intere ore il tranquillo e fatto avrei non parola una parlava. nessuno per ora Consalvo, aspettava mi Ma coperto, azzurro dalla graziose nuvole. lingua, cielo tempi accanto ore terrazzino un bel altri le passavo sopra un In mare. e me, sedia, a — riposo, tempo le rifatto partire di strazion di- il colà, un'abbracciata. 186 — VENTESIMO CAPITOLO IMPRESSIONI — POLITICHE ZIO — PEPPE le lezioni con brio. Tutti mi Ripigliai complimentisulla mia buona cera. furono i nuovi m'aveva venuti,nessuno mi si stringevanointorno dove si leggeva la e n' annata. Il novissimo,e, sulla Intanto giudicato tirati sentii inetto qualcosadi a termi, ripe- Feci nuovo. un lingua. non avevo giornalifrancesi. del stato era ilari, buo- una grido,parecchivenivano volli dare e corso corso curiosità. Io mi da anche primo al di fare sicurezza Molti lasciato, le facce con vano face- Gigante.Avevo intermessa Stavo la lettura dei qualche ora assistito con nel Caffè resse grande inte- tra il Conte Mole parlamentale dove primeggiavanoGuizot e e la coalizione Thiers collegatidi occasione. Quelle giostre oratorie mi rapivanoin ammirazione ; non pevo sae ancora qualeera il dietroscena, quanta zione Quella coalivacuità fosse in queglisplendori. mi pareva una e uno dolo Beansoperchieria alla lotta , , , e col mio istinto che mi tirava verso i 188 — delle quel giudizio — e mi degliuomini facevo molto impressionare da quelloche dicevano di lui i giornali di mia lettura, il Siede e i Débais,che gli erano contrari ; forse anche la grande aspettazione di lui glinocche avevo que. Pure lo nella campagna sua cose e , qualchesimpatia accompagnai con i contro conventi,e poi nella gesuitie i contro azione a diplomatica sostegno del Vice-re d' Egitto.Mi fece grande nella discussione parlamentareintorno impressione, ai gesuiti ed ai conventi,un discorso di Berryer,un pezzo oratorio di gran forza,do- v' descritte erano sua mirabile con lassitudini della vita,che nella conventi. I quietedei molto,ma me parve strano. appagamento cercano deputatilo applaudirono contro, ciò che E mi anche parve di il cui discorso mi sembrò nulla cavilloso Vidi il Thiers seppe Ma non cosi mal isolata , mi pareva ne il Dupin, curialesco. in politica. poi. non E- ogni di scoppiasse fu niente ; il ministro manovrare, e a strano invischiato nella lotta tra e Turchi,e giziani la guerra. e prime sorprese quelleche vennero a più ch'era spirito Queste furono le mie erano certe conchiusero uomo quell'antipatico Ma facondia ebbe che animo la Francia mase ri- di affrontare 189 — — Io r Europa per i begliocchi di Mehemet. e mi farragginosa, poco di quellapolitica il sospettoche cosi piccinocom' ero capii venne, facesse , liberale trombettato ! E di creava me il e mi rumore, vidi la mala Thiers Ci vedevo assolutismi Thiers. Guizot odioso. Che Thiers lo invia uomo a Io era levano vo- alla francese Guizot et c'est , mi non no. entraro- quel povero addirittura divenne gridavo io, gestendoforte. ambasciatore a stui Londra, e coil suo combatterlo mobile che ! cospiracontro camera poi mi , personificazione soverchieria contro una che se lotta, quando avversari e' est le guerre Questi la paix. sua guastato 1' idolo. aveva quellesolite formolo con dentro lasciare dietro di per forza fare di lui la : beniamino, Pure cotte. fede dei suoi della guerra, mio poco neir ultima s' ingraziò un inabilità. o Quella prestigio. suo senza precipitosa velleità Mi sminuito era caduta furbo di tre un lizia ma- gli uomini volta che Thiers, il impiccolire non io lo prima gramma pro- lui. Vedi da furberia in ciò che è vanità vedono Per è la non dal i Francesi apposta cosi, per distrarre e ministro ! Ben fece e viene nella Berryerad appassionatonei miei copparlo. ac- giù- 190 — dizi, molto — impressionabile, trasportatodalle varie correnti una con , dose di bontà gran d' ingenuità.M' incalorivo molto per le orecchi né occhi per Francia,e non avevo nostre; anzi Napoliera la mia mondi, perchèNapoliera scuola mi sentivo questa allora la corrente. da un era La letterario si sentimento felice. Del e e ben sfogatasi gesti,non a resto, gioventùmossa appassionavamolto bene nei caffè altro. E cercava le cose miglioredei scuola,e nella quellagrande eloquenzadella per e appagato di il me per cose e tribuna francese, a la chiacchiere sciava poliziala- fare. In alle mie mezzo lezioni mi Zio colse e alle mie politiche dispute strale come da Carlo, colpito triste notizia: una secondo un accidente moriva. Mi rimproverai allora quella apoplettico, so non mostrata. quale freddezza che gli avevo li a pie del suo Avrei voluto essere letto,e perdono.Ricordavo la sua bontà per chiedergli il suo eh' ero stato sempre Nel prediletto. me, lasciò tutto ai cugini ciò che testamento suo , , mi parve promesse, a la e inevitabile conseguenza mi non dolersi di mio ? pensavo figli sorprese. Ma padre, io. Anche che a se egliaveva colpa ci zio di molte hanno i Poppe spiacque 191 — la cosa, fece e e il annoiati Il malinconici. e talvolta mio a allegromal e contro-testamento, nel quale un diceva padre,per equilibrare, Questi fatti avevano generato mali umori, in famiglia giorni povero vecchio menava lasciò tutto lui. — vi si la alleviargli pensaidi vita. M' vivace e violento e umore divenne piegava,e Io manesco. suo chiamarlo anche era a me buona una compagnia allegra. quel maggio mi in via Rosario a In casa La casa un salotto molto bene era separaida Porta aerata la scuola. Quell' andare a Vico Bisi mi Diedi dove e pensaidi fieramente. annoiava io mi oscuro. bella stanza rannicchiai Quel di venire traduzione , casa e io letto Marchese mia non cosi dispiacere, Potito Poi la scuola in contentone bravo in da tenere venire da San maggior dignitàavere una 24. luce ; c'era , pareva presi e Medina, numero piena di e capace, Enrico in non a zio stanzino tenne tutti i mercoledì eravamo casa. Pappe,e uno pensaipunto mi che uniti di a vile per la gli potesse spirilo. Zio Peppe era di conversazione piacevole, di primo moto. Portava franco, impressionabile, assai bene la sua sessantina: alto e corputo, quasigigantesco,e quando poneva sul suolo quelle 192 — rotonde gambe piene,il e sotto. Aveva calmava si pienadi innanzi stava soggezione.Gli piaceva un in brio vino; andava gesta sue e , che Zitto me vedeva di ad le diceva eglisi , le come cose via. Le anche per lungo esilio non l'avevano la e voce il piegato. qualcosadi nuovo. un di sotto mormoravano reduci patrioti voce: nella lio dall'esi- nòstra mirazione am- primeggiavaPoerio. Nei primi anni i Carbonari,e io me contro imprecazioni li dipingevocome in esaltava persecuzioni politichee bocca. Già alcuni nomi sentivo lentieri. vo- quell'atmosfera bea plumpo'allargarsi pesava sopra tutti,e ci tenea chiusa la Si vedeva si cile fa- assai sentiva,alzando Allora si sentiva nell'aria che suo compagnia. Talora ed stuzzicando r andavano ceva: di- il era lo sentivo della era di poche parole,non aprirmi;del resto, Enrico bicchier spuntare me, , contrapposto: severo, ne volentieri delle Ciccillo. Io viene non qualche con buon ciarlava e quando a nevola be- all'ira, ingegno e ritta; cera affetto.Facile subito. Coltura molto, e aveva masse glitre- gli occhi arditi;la e l'anima suolo pareva bella testa,sempre una il viso rubicondo e — cosa queltempo, e diabolica. Ma le il tono erano imprecazioni tava mucon- 193 — i Sanfedisti tro messi in mala no, e Ruffo,e Novantanove, ancora Carolina e gli eroi del e quasi all'orecchio. voce a — Gli uomini bassa a del V'^entu- luce,cominciavano di un'aureola circondarsi si vantavano e ripulirsi a innanzi alla ventù. gio- Pepe Carascosà , Colletta. Quando GiuseppePoerio,reduce,perorò Già la sua si nominavano , prima ma sotto folla Andiamo sentirlo. Si diceva: oratore; una causa, c'era la a enorme trasse sentire il a grande l'uomo simpatiaper nella causa, creMi sta ancora do, innanzi, politico. di Longobucco.Squassavala bianca chioma come un Giove, tutto gesti,tutto nella canèa. Si facevano paragoni tra il suo fare concitato e la calma del Borelli,e l'uno i giovani giudicavano l'altro facondo. eloquente, Io assisteva sentimento a queste dispute,invaso da ch'era coperchioai letterario, del Ventuno e non era Ci questo rialzo dello spirito. aveva estranea buito contri- il ministero Thiers,dal quale si aspettavano grandi cose per la libertà dei popoli e quales'inabissò di guerra, entro il quel rumor il Thiers,fu accolto dalla gioventù con speranza. Ma D* conti rac- ai ricordi del Parlamenta nazionale. La tribuna francese a un S"netit. venne Guizot,e addio. Thiers , molta areva 194 — faccia che una ci sorrideva;Guizot ceffo. Queste brutto — ci parve timori,opinioni, speranze, congetture, immaginazioni, mormorii in rano cerchia una lingua; Io per Enrico alla ci politica meno, secondo la Ma si pensava i casi era politica martellava mai e lo faceva e intorno,e tra grosse. Si vantava il tradimento ci narrava della nostra tramezzando esilio, scattare ; e compagni e certe e Questo e come capo lanciava in un' che le sue non si guardava lava le sbal- amici e i suoi venuto pugni in aria. non sdegni grazia una amicizie di setta, quel tale con in il suo loro pagata ridere,ed egli ci i lo del e pene di certe accademia; sotto Peppe, che provincia;raccontava sempre ci faceva giorno. Carignano; ceva, Conciliis, gloria,di- del De contava conchiudeva del tro Carbonaro;gridava con- ch'era : piccanti monache, e che aveva lauta messa, e di zio aneddoti con a gliaccidenti di Francesco spesso di Vico: e più o parentesi, per il chiodo po' un grammatica e tutto nello studio tutto era ci non in certi si faceva voce esempio ero più loro,salvo ai casi chiari di cielo,quando la più alta. epolitici assai ristretta. I badavano e pensavano un m' Dies irae. si arrovellava Io lo sentiva era venuto ci fosse niente di serio. Con il lo' 196 — tica,altre nella materiale un — nel rettorica; morto, come vocabolario un c'era anatomico, pezzo di esempi, in confuso^ e copiadi significati con come Ora anche la sulla Tenni Mi oltre il dei buoni di numero dalla Crusca. volentieri col toli e La i ribelli a tra quasi e' era scrittori , mia e come che quel tempo. della cose che allargai non là dai confini inclinazione Vedevo Monti. si bito su- ; mi che la che di tutto lingua non era casi dubbi gli davo grandissimaimportanzaall'uso vivo,e una erano bene nel del massaio accette anche ma vocabolario, o del ; anzi mi pareva parolenuove che non mi gistrate re- sonanti nella bocca Né gastaldo. qualche parola o rava ti- Bar- potesseregolarecon il latino. Nei luti vo- più stavo Diritto del Padre esempio, e morto corpo di quel tribunale Torto Vincenzo con M'immersi se scrittori, questidi ti, Mon- gli antichi , arbitro delle sovrano lingua l'uso familiari erano del lingua del Perticari, Cesarotti,del Cesari come di filosofi za, penetrate la scien- qui erano Cinquecentoe del Seicento. nelle quistioni più delicate del un di storia né storia,l'erudizione. gli studi del lume tiritera senza una mi frase uscita faceva rore or- dal dialetto i dialetti italicifossero 197 — di per l'uomo — gusto fonte viva le e immagini che era potesse , le e Il figure. nella entrare quanto nei dialetti potesse € di conformità certa una avesse riguardale ciò che lingua, specialmenteper frasi fresca di buona e mio pio princi- mune, lingua co- capito, esser quella.La linguacomune la qualesarebbe l'aristocrazia, come morto, e gallicismi facciamo la lingua ritirandola ostina a r ma l'antico; ? Questo e , niera, stra- l'uso si se qualcuno,dobbiamo uso ai dicevo questa infezione da verso conservarne contro la guerra pur , purghiamo corpo di altre classsi. Quanto elementi assorbire un per la forza di assimilarsi avesse non ove damento an- era con me di genio e noi zare coz- linguaggio,in quell'atmos impregnata di purismo,sentiva già di ed ribelle, marchese ma ero era Puoti. lo di scriver ed al dogma dogma della puro che della che a cusava ac- quelloche di scriver della di- era l'importante purità avevo proprietàe l'attenzione più al mi Peggio poiquando lingua,e ceasi elocuzione. Sostenevo meno scandalo al e saperlo, senza del volto. all'uso della uno difendevo vivamente; ne me ribelle già un il rossore venivo riferito come proprio, sostituito il Volgendo precisione. contenuto che alla for- 198 — ma, e veniva della capovoltala lingua,e diverse nella a della grammatica base si riusciva tamente opinioniassolu- a dalle correnti. Lo la frase il cercare più concentrato spirito, frase,si nella parolao guardare di sotto, a non — pensiero,a propria e più esatta, che fosse,come lo specchio del pensiero. Perciò i ferire pre- la frase ma pura, avvezzava più dicevo mi non vano piace- pleonasmi, i ripieni,le riempiture,le le circonlocuzioni, le parentesi,i perifrasi, armoniosi e congiunzioni e era la roba da giri del periodo,l'abuso delle esser Non era abitudini,e ieri. Ne di gittataa bruciare erano nelle correzioni , avevano Naturalmente da molte non uomo non era e puristi, del sentivi Marchese, cosa è ; il cate radi- so che ancora to, forma- nella scuola non di rado, perchè con- , nelle letture all'orecchio molti riboboli la loro condanna era ancora Cosi insieme. manifesta ciossiachè venivano nuovo vivevano i mercoledì questo disuguaglianza,non una nasceva mal delle adorati oggi gl'idoli grottesco: il vecchio e Tutto mare. facile svezzarci cancellato,l'uomo che inversioni. ghi lun- rispondeva per l'appunto alla pratica non teoria. io, e ti anticaglie, nella critica e 199 — nelle teorie. Il d' Dotato novità le esagerazione, nessuna termini,che in tali erano che intellettuale, misura certa una consentiva mi non libero;la pratica pensieroera servile. ancora era - se quelli, pensavo a 0 mira E juste milieu. un era punto era non porre innanzi sempre il spiegarele petre. Però in bocca, e che mia Puoti, ed io a avevo l'aria di avevo il suo inter- quelledottrine fossero di dottrine, volevo sti que- La vero. il surrogare a personcino;anzi nome sue pensavo dire il a a il mio suo non gavano appa- gl'irritavano. puristie lassisti, neppure Io non mie essere purgate da al vano quelleesagerazioniche si attribuifenderl Marchese, e, cosi facendo, credevo didai suoi mi vero senza aver maliziosetta natura lontana di modo trovato dispiacerea po'di e le mie e perdonatevolentieri, erano applaudivodi Perciò avversarli. io mi piacereal lui. In questo c'era anche inconscia;ma dalle un la mia di penpiccole passioncelle siero linguaggio.Una lezione sul modo di merità te- sera di arricchir feci una lunga la linguasenza puristipretendevanoche corromperla dove i la lingua fosse già ricca,anzi troppo ricca,e , non si dovesse pensare che a Io purificarla. 200 — chiamava falsi costoro la loro causa, che guastavano puristi., difendeva e purismo.Cosi più e — tardi ci furono i falsi liberali. Terminai panegiricodel un al al e pensiero, le tonando che accagionavano che si potea dire falsi i e i tori. re- i calunniatori puristidi quello più degli ultra- puristio Gatti,Cusani scuola del Marchese che quale si la non conversazione una sua era quasipiù ed rumorosa giorno.Il tro al- allegra, cominciare a Marchese sollazzevole ; vivacità lito, so- parecchialtri. e ciarlava di tutto, dalle novelle del tutta ma ci- fui dal Marchese, com'ero vi trovai e nella parolein puristi. Il di appresso La al resta ar- contro , con si non gli arcadi imita non i veri quellalezione mette non innanzi , anche purismo,che vero Trecento,e Andavo il vero glorificava e serbava ma nel dermi ve- fece il muso arcigno.Tempesta ci cova, scepoli pensai io, e salutai. Là ero discepolotra didei più umili. Il Marchese, nelle sue e maggiori collere , il : apostrofarmi freddo,la mia aria e Anche Parlò allora non mio mai osava contegno taciturno innocente sfogò la delle monellerie investirmi sua e lo trattenevano. ira di Pier per indiretto. Angelo Fioren- 201 — tino qualchealtro,disse,e guardò Io sentii la punta me. Gatti mi Già, ti Assai toccò egli mi Si pose e venne delle di mezzo che ci rappaciò.Il dato maggiore ingegno,ed d'uomo. : Sai, mi — che rimasi tu Pensavo dovuto gli volesse studi tura na- il Marchese incontro familiarmente male che travisare e cono Di- informato. puristi. — qualche la mia lo cicalone lezione gliel'avevamostrata altro lato.Vedendomi sospeso, disse: vuoi forse eh' io ti chieda scappò una i gran e , qualche benevolo con role, pa- mitissima era mano aveano sé agli stessi hai fatto le lodi dei confuso. gli aveva per stizzoso. buone con altri venirmi ecco prendermi e dirmi Ed tendomi po- stretto, pugno stimava che non presicon del tono Gatti male Cusani la Cusani il bravo concorrenza. col su parole,ma e filosofo, gli sapea aveva — — — non disse: e il ticchio di fare il tilosofo. meglio di te, risposiio, sfogarecol Marchese, me adirato il scolorai. E mi e gomito ridendo, il è venuto lui. Ed fare Matonti, disce delle velleità di Vaccaro e poliingraticome a — la mia lacrima — da Eh! puristiveri, come — lo — voi; ma vinett gio- perdono? guardaicommosso. Io ho schiettezza, gli dissi : e un Mi Poi lodato ho dato addosso 202 — come agliultra-puristi, male ma nessuno noi tra pose le mie — lezioni. E — torno; guardai in- generaleche un vi riferisc collo. Il Marchese mosse come che certuni sono si si pone al il puFigliuoli, rismo c'è vero è uno; non e falso purismo.Chi ci crede più.Poi fece fa questo distinguo, non si tratta,diceva,di lezione a braccio. Non una arricchire la lingua;la nostra lingua è copiosissima più che ogni altra di vocaboli e di modi di dire,e si vuole scerre il più bel fiore, e gittar del centro via le scorie e le male disse molte belle addosso a se mi non e disse: queste teorie che al sodo, lettura Andai via il mio erano li ritto che modestia in analisi e bile, insensi- nulla. Restammo mi e vedeva la mia cerità, sin- stare tutte batti e cianciafruscole, composizione. sia che appunto al concreto; nelle mie avessi innanzi , da e tutta Lettura e composizione pensieroso. La mia nacavallo di battaglia. tura tirava mi sono tuono luogo di padre, Senti,Francesco, lasciami — questo gragnuolaveniva Marchese io 1' aveva come Su — accorgessidi la mia conosceva — io stava pochini.Il e erbe. La cose. ma me; come bene disse: quadrato,e esaminare, sia che avessi qualche brano qualchecomponi- 204 — la senapa al naso, volevano mettere mi non e — pensandoa quei birboni zizzania tra facevo capace morto potesse esservi come cammino, del Marchese mi e francesi, seppellendomi Sospesianche, sotto questo e quel pretesto,il calunniato giovani non corso? Quando della gran Base Io in ci del casa che spintoda loro, ma del mio cercavo corso forme la ch'io chiamava di considerare , il ilcorso? C'era pure il cantante come facevano e e Professore, avvenuta scena ma si fa il avevo piacere. Le proprietà. di cui feci parevo pregare; mio dicevano: ricominciamo qualchesentore mio corso; saldi , star potevano impazienza,e Marchese. lasciando , fra i Trecentisti. atti d' proposi E per dispiacergli. non chiusi la bocca scrittori moderni 0 del non mi e , guardingo per qualche tempo i stanco , git- Venuto piùtranquilpensieri. lo, molto,che mi ricorse alla mente la paterna bontà stare mi e casa, dei ma m' intenerii di star a sofà una sopra ed il Marchese, me gente di simil conio. Giunsi tai per che la era la non erano per me spiegazionenel il contenuto. lingua di cui io stesso era non purità,ma dei fenomeni, loro Un tutt' una la cato, signifi- tal modo zione rivolu- capivo la portata. 205 — questo modo A aveva metodo un risultati.Dal 3 la 5ole ii andava mi andavo nateriale,che non mia 3d era Avevo sistema andavo e esagerazione, a baloccando era certo che giudizio, mi abborrivo per navigando tra bussola,nella quale avevo un buon rendeva sicuro di di partenza, capovolgevola fabbrica di e foggiarsistemi giovanileaudacia [)almente di là. 11 mio a ridurre nuovi mi giustamisura. ultime Questo che lezioni, studio le varie fede, Il mio base, a era mio lettand dimodo. co- mente facil- ponevo giudicetra gli autori,menando ii qua con teorie,e mutando il punto Con loro me. era di una dirittura di una senso, me molta cervello una tra immenso un anzi sistematico, ero traslati e volgendoe rivolgendoa ciascun : di estensione il Dumarsais. e rettoriche,in due nelle era comprensione.Io iai sistemi nuovi a propriopassaial traslato, lista traslati o tropidi cui una categorie,traslati ooia posta ; grammatica, conduceva e nuovo, arbitraria il Cesarotti la lingua,come senso ridussi tutti i infinita e — sferzate volto princi- nella esagerazioni si vide soprattuttonelle furono sulla cento. linguadel TreFeci una storia dei migliori Trecentisti, e noaccompagnata da giudizibrevi e precisi, 206 — tai i i difetti di pregi e cosi uni e — quella lingua destramente le tra degli altri,che io ci misi non fatto cosi, era e gli deesagerazioni i novatori e il Marchese scontenti, Pure gando navi- , mi diede bravo. un intelletto malizia ; il mio quelloeh' arte pareva rono fu- ne non era natura. Mi è saltato innanzi di sunto un delle parso e magro concetti e questidiscorsi,essendo di notare costume per iscritto i concetti lezioni. mie plebeo.Ero in me, mio cadavere. dà tanta di un parte rivenivano, ma non posso analisi e di me, consumata una quellecritiche, che morto maestro è in da migliorparte risuscitarla. e non Chi mi forza una spirito, quelle sono nella collaborazione, entravano in comunione in , il parso nel mio morte più*' queltripudio mandavano quell'attrito Di noi giovanole Memorie? ed spirito, A è è sopra, con vivo? mosso esaltato, risuscitarlo. E qualegiovanie di l'uomo dà cervello mi sunto Chi mi allegra?Tutto questo e mi sunto solito rifrugare quei più energia. Quel e Quel mio portant più im- lungamente meditarvi e poi, parlando, mi luce fra i tanti miei scartafacci ci è memoria le. scintilmuore che la possa 207 — — VENTIDUESIMO CAPITOLO AGNESE. REMINISCENZE. consentito di che Mi mi adagio e non lungi.Oggi, 8 Marzo, mi là Pasqualini, carrozza e di far ritorno sentivo stanco, Sono che erta e gambe lemme sceso mi le minare cam- sento meglioin be, gam- passeggiata, lungo Giunto al convento solito rimettermi la è venuta via: tanto, volevano lemme, detto hanno ! debbo molto via, mi un'altra per Capo- a stender dov'ero rifare la ricordato posso Vittorio Emanuele. il Corso sentito sono sono ohimè alla solita stato sono e prigione tempo, li di un lunghe passeggiate dimonte o sul Vomere; ma le più , mi i visceri. Mi e di uscir è parso a grandisorsi,e respirato allargareil petto dei d'aria,non boccon prendereun un' oretta. ho ed i medici mi hanno giorniche già parecchi Sono voglia non ancora per in mi dare. an- scala una aìla chiesa menare , dei Sette Dolori. Guardo della Madonna : non la cercavo trovo nulla,e per dov'erano casa non i e do guar- Fernandez, e "ravviso la strada. L'ingegneria, fare il Corso Vittorio Emanuele 208 — ha disfatto due quelladi Scendo San alla chiesa mena è ci raccapezzo. io mettendomi ogni tratto, e volessi se in A non so mia strada. Ma al ancora ancorché piena di giovinezza, la via è incassata conventi vecchi fo adagio e Mi ci avvio fosse la non della mia memorie. Da entro due mura di cui sono tavano abi- i Minervini. la strada tra a fronte, palazzoove , era che vissuta giovinezza, dritta è la strada del Formale. quasi automaticamente nobile sulla mano la mia abitano se mente. sozza, fermandomi la evocare Giunto a mancina quelleparti.Giungo e torna strada piegoa quellascalinata lungae come mi tutto Magnocavallo,la Toledo. Ma a quei tempi miei^ a l'altradi San Martino. mi non e : respiro , belle Pasqualee scendo e Laggiù strade - prima quellaparte alte e nude incavate di certi , primi pianie un stanze putridume.Le vedo e certe terrene, simili vedo vili: co- imbiancate,ripulite, spazzata.Manco la via bene a male, qui e' è progresso. L' occhio da lontano mo, 23. Mi ci ferafferrava già il portone numero dove sonarono e già i miei quell'entrata, dissi ; clamori Certi occhio mi fanciulleschi, monelli cenciosi mi come interrogativo, pare sporca e umida. guardavano con un volessero dire: Così 209 — vuole — questo signore?Mi fo alzo un'occhiata donnicciuola al terzo su piano,e li sul balcone le ottave dove del Tasso. quelladonna. obliquaal fui cosi spesso Carlo in malinconia al Entro ! niente. sono.-^— or mi non quando tra esso anno D« In — da Giunto una e battè abitata. me guardo la linata. sca- vecchiarella. cavandosi venivano lei,come — questo caso, io dovrei tanti scolari? — glidomandai: qui? Signorenel — — — Eh ! oh ! eh ! — un Si ? Ma — il si ed il no, tu disse il berretto. di te, diss'io. Ti qui vedesse antico di qua, , io ci fui nel 1841. li ad Medina. casa ! disse sono ricordo sei venuto Vengo Qui ho abitato,più di treni' anni che ricordarmene, io la zio m' imbocco passi,e Porta dice Gesummaria grosso ora? sono nel cortile volete? l'orco: trent'anni! uomo v'è presso Cosa sinistra, dove a posta la chiesa, mi è risolutamente a dò un'occhiata e Marianna, con dove Rosario che — Eh E rifò i miei dove larghetto il cuore, 39, numero vettuol ci- proprioun pare ancora visitare zia a e la Strada per una io soleva declamare Mi Scendo Giovannino. e veggo ingiallita, d'aspettovolgaree , insulto po'lontano,ed un ricordi tu Restando Ma in che 1845. E — Io li lascio e mi pianto su e guardo esclamare, l'uscio, Sanetit. 14 210 - al dirimpetto, su, cosi e un piano, e terzo c'era non ma — lei. Povera respiroalla creatura lentamente a torno Agnese ! voluto mio Mando passatidi, pieno tutto e pensoso Dirimpettoal ! Sicuro il balconcino; dei miei casa, giornata.Ho di questa vedo raccontarla. balcone era un tivi balconcino,sul qualeglistudenti gittavanofur- sguardi.Assorto neglistudi,non avvisto; poi, guardaianch'io. di malizia,perchè senza In via gittarper Napoli ci balcone un spesso balcone: e Ciò è Avevo alle donne, altrove. era spirito saettio di occhiate cattiva abitudine si chiama anche tra sta. quemodo spassatiempoun uno bitudin l'a- preso occhiate il mio n'ero me , di passare so che il tempo. vicino quelleombre fianco alla femminili rimasto la malizia. che con che me per guardarla fiso non da il rasentavano a c'era non in trata en- e qiielbalconcino, con non semplicità, due po'magrolina,con parlavano.Ero la coda mi involuto,e Guardai un era gli intelletto, profondatone- Signorinavestita una priva di gusto, osavo donna Divinità,troppo lontana per via. 11 mio studi,era vidi La così timido faccia,e dell'occhio. Ella stava la che chi ocnon guardavo li come Talora e si faceva guardare. esposizione, una la guar- 212 — Credo nessuno. e che la dovesse farsi le grasse Il di indietro involto. Lo la stessa una vidi mi e , che verrai? Si; ma sopra: presisubito lanciai di il Presi giù. dentro, e sfondare con trovare dabbenaggine. vi trovai scritta di là dentro venire carta una che in aria di legaibene,e volessi vide mi balconcino,e le lo lasciavo spalle.Alle m'infilzo fretta, Dove vai? Quella sua — frutta mi l'abito disse dire e dendo cre- lo^ disappunto. temerità,m' girava pel capo , quel st fatto ero po' indietro. Quel di mangiai distratto. Zio Peppe sulla mia distrazione, m' andava e Ma rebbe sa- viluppa la in- ve avidità apri con e come letterone, spaventato della mia e pareva , il muso, ci scrissi leggierae filo la Ella un e cartone un un diceva: Verrai? l'eco,e troppo forza gran muro. alzò asciutto, fosse vidi ch'era cascata la aria,e sentivo e pareva Io mia canto^ Peppe era andato a dir al balcone, vidi lei un pò piovere sopra un secondo afferrai per canzone, voce star da un zio io, fattomi e della risa appresso messa, — la mia e un zava schercando. stuzzi- bella del alzavo un levo in furia tino tan- in e mi calco il cappello. — lui,guardandomi sospettoso. guardatami fece salire una fiamma 213 — sul volto. Vado, fec'io;fra — — vedo uscire 'ella passeggiataal Quando fui in che mi San di e bel era un che andava di dritta a Salgo li terza mezzo Alzai a cui il capo, nanzi Mi si aprivain- addossate spiccavanocupolee mi non e del quel vivo,limpido azzurro ricordai che, nella mia adolescenza, di mirato, che , in tra Vedi, vedi fossero alzati Napoli si la zia mi e il tirava per la pallone,è li ; dito,e io ficcavo gli occhi vedevo niente mi , Cosa che ci vuoi sentivo e fare? sei dei uno folla, gran e mano tra miope.Era mia li appunto primipalloni lo spettaco- a e diceva: le nuvole , cosi cielo. Mi m' indicava arrabiavo parlare della panili. cam- mai parve bello avevo dove gente allegra Napoli,case mezza il avevo rampa, di fare baldoria. a infilai la e salgo; e giardino,convegno la vista di case, alla Madonna menano fermai alla mi e loso, fretto- tarda,e feci,a quattro volsi Martino. fiato grosso a l'ora pareva , via vogliamo farci una istrada,m'incamminai dei Sette Dolori ti fresco. quattro,le scale che a sarò volta che prima fai presto,che e d'ore par questicalori. Bada, e con quest'ora a sudare, non un t' aspetto.E la Bene, qui. — e col non e zia diceva: la prima volta miopia.Quella 214 — ricordanza che se trasse ne — le merenduole nostre le mangiare i dolci troianelle, Napoletani.Pensando mi donna, e zio il quel Peppe ti aspetta. Rifeci il si tra sospeso li vedevo mi e lei,e sentivo Verrai? suo: si,e V occhio Mi che ella li e m' era buffone. Salivo nessuno, mi e zio , e mi tese Conoscete la mano. il mio e per tornare la vidi sbucare una — ninfa. Io la nome? — — , vedevo non pigliare giocodi dissi,e feci mi parve sono eh' è alle pensieroche la il Peppe, quando erbe,che eh' io meno Guardavo venne cella si fosse voluta meglio quel e mi già,tra questipensieri, Sant' Elmo. spalledi zi dinan- la bella figura attendeva,e queirampia pianuraerbosa su case, fermai,pensando a quel mio eh' io farei: dirà per lo trovai stratto di- errava all' orecchio mormorare che po' i miei passi, potevo cavarmela non una Torna, torna, un e vita, a di quellainfinitàbiancheggiante tra , il no, e di dietro correr disse: mi cuore a fichi cosi cari ai quellainnocenza a follia una parve andavamo e , un altre, quellaera la via solita dei miei trastulli cevamo cugini e coi compagni.In quel giardinofa- coi e molte appresso briccon- me. Tanto pensando a di mezzo alle fece ella, Ciccillo, guardai,stupito. — Sicuro! ti ho inteso 215 — volte chiamare tante sua vociona. fec' io, e E — - da zio Peppe conoscete zio pure quella con ? Peppe — la guardava trasognato. filadi denti Ella rideva rideva,mostrando una di diceva: Come e bianchissimi, vedi, io sono E casa. qui, saltellando la raccontò di lunga che particolarità signorinaalla quale davo gelosa e il Mi me. qualche innanzi venne , lesta tirava mi e camminava, come Mi impressioni. terone. quel si con bello secco so — studi,e come fatto anche diss' io. — sua — tu. — lel- sene pari uscir- parlò un Voi ! voi ! sempre Tu mi devi dare del sue quel Ma con una e ho menti complidei suoi po'di disegno,e grammatica. Bravo sapeva la di faccio i miei ella mi , nelle anch'io scrivere calligrafia.Vi diss' io. Ed — tuo gua, tre- smunto; mi attendevo e scritto,che bella ridere maestro un parlava mi dava non pensierie fece molto Diavolo! — suoi nei e me co- avevo non eh' ella idea la signor maestro umiliasse;ma di fissare la mia tempo una a di nome vano face- mi lezione,e faceva si sa, baleno ch'ella mi un un Già : poteva pensare non cosi diceva cendo di- , fece sino il stupire.Mi mi seco, sospiri suoi storia dei alcune me tirandomi e aveva voi , questo voi ! signorinacome 216 — lei... Ah! — la eccoci col lei. Tu ora grammatica, signormaestro! gnosetta, mi devi dare tu che la prese Io mi feci rosso — capito? vuole uscire !... — Ma — Ma tu ad predestinati siamo noi disse e mano del tu, hai mi non confondi mi scolarello colto in fallo. E uno come e — lei,sde- : Tu — mi questo se sci capi- non marito esser moglie? la Qui disse e po' indietro, : un essere , di voce ho Mia sposa è la e moglie non già pallidissimae di farvi leale uomo Mia fece — fermo un femmine. perchè mi il dovere ho sono ingannar lo tuono con Sentite,io — po' grossa, la mia feci un si rispo- chiara di- una non soglio potete voi si sposa. Ella io esaltandomi continuai : , Ruppe in gloria,alla quale mi una risata signoraglorianon io, preso il verso, sono continuava interrompere,e lei un'aria sonora: sentiva di ammirazione. — to. vota- sono Oh ! di questa punto gelosa. Ma — e non mi lasciava sentiva,pigliando Parlai dei miei studi, dei miei dei miei ideali, aspirazioni, in volto,tutto dentro in quei giovani,acceso delle mie e quasi dimentico che lei fosse li. pensieri, è la gloria?E la donna Cosa è la vita senza nemica della gloria,e distrae la gioventù, e — 217 ^ la tira nell'ozio. interruppe lei — con io beffardo. Ma donna è il un ghigno che la che mi uscita sua mi vi in vostro ella, per aria, il tore predicaQuesta la parola, e la luogo. — Per ora guardai voce. sto Que- - mi se donna me , pisco Ca- mo. — davvero, nessun' altra per che promettere, conchiusi, che posso amate nanzi in- mano raddolcii e bellina, parve tirava Giuseppe. la troncò del a farmi per qua e aveva finiscila E uh! il casto farmi per , e sei venuto — insino afferrò la uh! Uh! — sentiva la voce, perdendopazienza,mi facendo: demonio, La non rinforzava e — porrò contento, ne disse lei. a svoltata che lei tirava per una che va ? — E zio con dire E — una mi e volevo non tardi ; a aspettava, e che passeggiatacon Peppe; io me ne vo' una di torniamo niente. do. lei riden- mente final- dire. E col muso, mossa si Dove — gliata. faccia imbro- la con visto città, e disse ci porta , è buono non Peppe zio dissi : guardava mi fece di fare diritto , io dissi: Questi in amor Volevo Lei menava Dove la strada,e giunti molta facemmo infocati, Cosi come a — dire: le dissi che Io avevo promesso Vai lui. — sola. qui. — E dunque mi fece 218 — — tale gesto di sprezzo, un Cercai di in E — mi molto, che volto quasi buio,e mi v'omo mi zio parlò come se giorno un gliocchi lo anima ero spesso uscito. Quando mie tenevano si presentava lampo un a fosse. nevo Tepo' soprapensiero. il balconcino, verso non del dovere a frase una segno. e gendo spinc'era non solito lozioni furono una e dicina, me- dine l'abitu- Talora ma l'altra, era 1' occhio giàpienadella sua corse voce, era là; della cosa, requie, toccava rispondevaa Peppe,che aveva motteggiava, non mi tuono. to avu- dava quel tasto, e io fu a letto, Quando per questo e ma ne solitudi- silenzio. A tavola zio vento mi nato la forza di fissarsi.Tor- aveva di pranzo, ora quellacasa e e la mattina broncio,e niente il cervello lei tra nò, tor- il bra- fiatai. Ma fi perchè il sentimento mi ci badai sguardo anche addentro,ma viva. Le lari. sco- Poppe. Corsi,e era sudore; ma già non tenere sapeva possiamo i tuoi veggono era io e era zio in Peppe rando. mormo- strada spalle.Non tutto e salutò non le in capo avevo giunsi trafelato non — Già, perchè ti — segui quando la Addio, ora , di gente, dissi : dividerci. Quel giù do. sentii fred- mi nai rabbonirla,e Giunti piena ch'io non fare 220 — venissero giù condensai le colorii , , lezione mi appresso , stanco, là nelle stanze, e qua mi lezione ficcavano mi , era trovavo muta sempre mi riandando passò e punti più belli mente il dimani mi facea il desiderio. La brigata di Avevo udii porse un ita mie zio che ptssi.E e lei e via. Era stata una stra de- a chia vec- una lessi al lume era tra voltato , che la stizza Peppe appena carta, una Quel del mercoledì sera ptssz profumato -gliettino lampione.Diceva quella Sarà oscura. venire attendeva amici. quando e il di appresso. e fomentava uscii soletto ; mi si e , quella passeggiata. deserto mi davo An- rimproveraicerte balconcino , solo. tastica giornata; e fanal spesso alla finestra, collera, pensai,e rozzezze, : parte risposi: tossendo,pestandodei piedi; tìameretta disse mi della , balcone in moria, me- storia della star i e tornavano le ombre tra rimase Peppe parte pretesto.Volevo verità l'anno ripetei ne zio Sono — Cosi me e tarda sera Passeggiamo? in la la inserii nella mia A letteratura. della fui insolita , cosa mezza e quella sera le eloquente.E quella ma piacque tanto, che , mi all'improvviso; più volte cosi passate per il capo, erano — — un di biun ammalata 221 — dalla collera che voleva eh' io m'era e , vedermi, alla stessa allegro.Quei Lei portato male nello e parvero di Peppe libero. La domenica li, tra mi si mise mi contò l'erbe;mi la mia. seco un come svolta,in dov'erano Tra un vezzi di grosse mai che menò Fa noi. qui. Io vista cosi bene. ombreggiava che la mi sulla scorrevano un piena bel cappellino un visetto grazioso; riso mi viso,e so sudori lei si cavò di tasca e fronte, , il non di dolcezza. Vivi fazzoletto odoroso accostando dili se- guardava; non una malinconia per come Quel suo simpaticacreatura. dentro ammaliava, e ci aveva messo era rava ti- caldo, disse lei, Aveva un io fiorito, e pietremuscose, stanca, sediamo l'aveva mi e pratelloerboso fatti apposta per sono mi rimbrotti, e braccia ab- cerimonie,e quei giorni,e fanciullo ; bel contro in- venne Lei pubblica. senza storiella di sua esser L'avrei via stata il braccio sotto la le contai una fosse non verina Po- promisia non mogia mogia, malinconica. se : lui,volevo passeggiarecon trovai io diceva e , La luogo.Fui lunghissimi. stesso vedere e , menica posta per do- dava giorni mi ! è malata. zio mi e ora si lasciava non — e me io mi trovai li asciugava, con la bocca 222 — sulla fronte, sua Stupitodella Ella mi mia — mi le labbra e tremavano. temerità, e turbato, facendo segui vai. le- mi oh ! Mi un git- , tai terra, raccattando a le si sciolta dalla era lei mise la ci non La dicendo Non : ma vuoi a della il nudo toccare d'un quellagola, ma s' imbrogliavano, morose ti- le mani e E carne. lei riso birrichino cosi strarle lunga ch'io poteimo- e stò s'aggiu- sciarpa. passeggiatafu le dorate luccicanti luce gola. Gliela porsi; avvicinai Mi rideva,rideva la , , vedevo, di sciarpina che sua indietro mano legarmela tu? la nubi la candida e luna e le plazione. e m'ingolfaiin quellacontemstelle, Vedi là, disse lei, quellastella che più.E in tuono di caricatura vezzosa dulava mo- : Quant' bella è chella Ch' è la primma Avrei Vide darle voluto la mossa, e come ? — amore. Diamole ti chiami compare. bacio , ? — mi ma disse argutamente: la stella del nostro nome un a stella, — Vogliamo il tuo nome. Mi chiamo tenni. Quella è darle A un proposito, Il Agnese. — 223 — madre! di mia nome mi piacque o quel me madre, fosse dobbiamo presente. e' persuadeva: d' accordo le tutte Le domeniche, bella, ma facevo C'erano non non ora veduti luogo. stesso La bigliettini. mana setti- scrittura di errori grafia orto- e qualche sgrammaticatura. Talora il signor maestro, sua giornate intere non senza anche e facea qualche il mio confidente,e i miei tutto novelle, e trovava mi casi il mi suo lasciava ma era che magazzino allora sempre fatto di lei aveva i miei settimana. Lei sieri penaveva di tirate dire, e poco miglior materia noia. pareva le raccontava della io intere serate motto, storiella. Io pronta esaurito so patia. sim- parecchie.Nella compariva : quella stanza e non faceva e mi non saremmo mancavano disabitata. Gliene non ci stessa dei mandava quella se mi non che passeggiate furono mi era che di portiil nome quella serietà , Fummo l'avven profanatoin quel- seria, ma stava in ostentazione quale quasi che condurci, come era ciò mi se pareva Poiché — Lei — dire so fosse sacro Poi dissi: mia Non — dispiacque.Mi a nome — e di parlava.Io di discorso che le 224 — mie recitavo e lezioni, anche versi Cara, tu miei ben Il vederci Come, L'orecchio Ora che brani mi Così so. musico il core ci penso, turbava,anzi scaldava in sol un una e tempo invade quando certa ne a- un non distraeva, sprone mi che era mi rendeva successo alla domenica lei. Avevo uno quasi suono quello non era la fantasia lezioni. Il buon talora solo istante. un d'immaginazione.Non more poesia,e In noi fu 1' amarci e e di : rammenti. non — che mi acuto genialile esaltava avrei e , mie savo pen- parlatocon interiore giovialità che piacevoleil mio compito a scuola, soprattutto nel parlareimprovviso quando si i componimenti.S' era esaminavano già fatto si stava un più alla lingua e progresso ; non alla grammatica; si guardava allo stile e anche mi rendeva , alla tessitura. Una sera capitòa leggereun giovinettodi quindicia sedici suo lavoro anni, un dino, bion- un mava bassotto, facile ad arrossire,e si chia- Agostino Magliani.Il caro, perchènel tradurre era Marchese corretto l'aveva e casti- 22d — — gato; e talora diceva scherzando la ma fatto del cassa ancora , piano e si faceva e un Ecco che tanto nei momenti veniva mi sul labbro. E interrogare nessuno, parlaiio subito. Il lavoro piccoloautore a segno. memoria bello;io mezzo che , rivelato riso sulle Quella Stnctis. e solito; dascali di- ha Il ceva fa- enfasi senza , discorso cosi un io potei riprodurne partiper dissero i filo e per giovani Merito non ravigliati. ma- mio, fatto questa mirabile uomo in vena, ero Il tema d'ingegno. e parlavocon quel labbra,che esprime l'interna soddisfazione. Finii De ! io di rimando: e s'è orditura, era volevo di genere era con le tutte dell' autore com'ero ordito,eh' memoria E ma donna, bene cosi Che frasi senza le lodi della e lenni. so- detto il Marchese. avrebbe come chiaro bito su- quellavoro s'era rivelato l'ingegno. volli ma si fece , approvazioni. diss' io, parola prima rivelazione, poi spesso Non na. don- le tra una dire che in sopra ra pronunziachia- con soave, si, aveva intitolato: La era sentire Non gli occhi tirasse come silenzio, gran Fini che che lavoro suo Andava Gracilino pettoè ben munita. cosa di lui. Quel : sera contento fu una di me, tra gli applausi. festa. 15 226 — domenica La lei de' miei Parlavo aspettatissima. era annoiò di più le cose. tanto mamma non E vuole. menarla si non orco. sera — in salotto. urlo: — Che rumore non c'era. E — alta. — e Pep- no. tre Zio di ore mente. potente- russava io voleva e lei, — Zitto,disse lei che — Lei questo? Il di appresso un né tampoco. di là. Ma di là piuttosto sia,disse lei. Entrando,ci giunse Ciccillo! è que. piac- No, disse lei,resistendo. — voce No, erano coricato — ci fosse zio non svegli.Menami è la cucina. un mia casa socchiuso. Entrò era parlavaa un Una — Peppe s'era L'uscio Se è Mia — sandomi e fisbruciapelo a a no; — non tua. casa sorpresa: questo le tua casa Peppe non Zio disse lei perchèno? Zio notte. A — a E chi è tua mamma? — mostrai non potessimoparlare Vengo vorrebbe. Dissi. Peppe tempo che lei si un che ci lavandaia,mi — mia lungo mi togliela lena; modo — lo Io le cosi fastidio. senza — esaltavo della stringereun po' stanca, diceva alcuna volta; Sono — dovresti trovar una con quellavita,voleva questo camminare pe ! m' successi,e esaltazione. Venne stessa E — — fui in scappò,io corsi a Io sostenni che casa di giovane chirurgoche un mi lui. — rumore cenzo, tal don Vin- faceva l'a- 228 — naso, tempiettod'amore,mi un pareva cosi sudicia. La era di materia fiutò — di pazienzae Del resto fatto il tiro casa. mi zio nezza, fi- giunse po'più un Peppe mi tima. vitha ». fini l'avventura. VENTESIMOTERZO STILE. LO mia molta fatto mia ti avrei il mera insipida, Carino. Con quel brutto CAPITOLO La « garbo , Cosi trovai fece turare piacere.Ella che aveva il mio disgusto. Il domani questo vigliettino. di — scolaresca era sala ci si stava Zio in paese, Peppe, disagio.Pensai a vedendomi adducendo In verità cosi cresciuta che io ben per motivo era in quella di mutar tornò guarito, la gravezza l'età. del- proprioguarito,perchè dietro inguardavo più al balcone,e rimandavo Una sera si fé' i bigliettini, senza aprirli. fece ilpissi trovare e mi giù al suo portoncino, Ma voltai il viso e andai. Un filo di spepissi. ranza zio Peppe.Infine ebbe quando sentì partito la vidi più. si persuase, e non di San Pelnel larghetto La nuova casa era non 229 — che potesse uomo Un avere. scale,posta quasitutta sale. A dritta che trecento era mezzodì, con dino giar- un la decenza. il tavolino la presso sala capace ch'io di libri gran e detta e , A la cattedra. leria galsone, per- riempirealla glio me- tela bianca. C'era tavola coperta di marmo, alla rinfusa: carte sala di lettura. Quella una lavagna migliaiodi un di cercato aveva una sopra fondo, a sinistra, la cosi era lunghisofà copertidi mezzo con e' luce. lusso,ma con finestra,di lato,era una con In meglio pienadi 1' immancabile con sinistra della entrata , messa era di capace persone, bene aerata, mancava era sala una m' installai. Non non nel a dirimpettoe un grazioso terrazzino. La con era all'antica, grandi finestre e grandi casa Li più bella casa belle gran cortile, parve la Mi Paolo. a San legrino, — poteva parere fu di buono casa E tunque augurio. Gli studenti moltiplicavano. quanio concedessi ingresso gratuitoa tutti quelliche si dicevano che pagavano, numero Non s'era dato lasciasse la mia pagamento anno, e quelliche avvenne che poveri,pure e ne scuola. il Io bel cuno casp che qualdispensaidal vi rimanevano parecchivi un di bei quattrini. cavavo ancora era di piìi rimasero un fino 230 — anni,vale otto a — durò dire tutto il tempo che a la scuola. Tra non alle lezioni. Talora stava cheto grande che tutti e , la lezione gli volevano e finita, era m'era non dei suoi studi Rispose:No, abbandono Feci de dissero Meis. Quel Puoti. suo vogliorestare e di e una dissi il voi. Aveva con e semplicità, quasiun nel vestire. sullo stile. Intorno corso parolatrovavo vano sta- alla scuola del Marchese del nei modi un mi molti Una confuso di modestia un'aria bene. Sapevo già in ingegno. Gli e no, e l'ebbe in vivacissimi. Mi nuovo. posto essere suo più giovane basso un Angelo Camillo che si chiamava nome occhi due con pallido, gusto fiatò Il Marchese attorno, mi fu presentato e curiosità, gran non , attentissimo. e onore che sera per per ma disputavadi rettorica; presi tale ascendente io , parlipiù,e pigliavaun ne se vecchio un Francesco, che, venuto Don nome e' era arrivati i nuovi grande a confusione. questa Alcuni 1' elocuzione ; con essa significare alcuni vi mescolavano il genio rettorica; intendevano altri la ed il gusto ; poi e chi il bello ed il sublime. C infinite maniere di come stili, erano il tenue, il il poetico,il magnifico,il forte,l'eloquente, 231 — a spirito considerare letteraria nella quanti erano considerate nella le Cosi preso non vedevo la divisione e la fatto per cosi feci per Correva , più ci vedevo Le dire , e e mani divertivo le il ben a pensare regoledel qualitàdal ben Io per diceva: cosa Lo che la davo an- dire che sognava bi- ben il Blair ; certo al ben al De dire;io conduce che dire Combattevo Lo più di- e tardi ho ma nor- la stile è T stile è la cosa, il al ben prendono pensare. quello che e spese. Diceva sue "'elebre definizione di Buffon: lO. per chiaro, e più Falconieri regoleconducono è e base. dirimpettoal Io mi No, 'vo: cose delle forme. grammatica le allora per progresso Blair: forme, dalle lo stile. Secondo capovolgerela Colonia. dire , saldo in questa idea. Solevo stavo cose, dine un'abitule quellesignificatee più innanzi un avevo che contraria, da avevo , erano vuol superficiee Io moltissime. cose lingua Tante delle gli aspetti loro la definizione tiravo forma. , affatto ma gole le sin- esteriorità,secondo sua le divisioni ch'erano questa materia tutta di ciascuna apparenze sioni queste divi- e nell'abitudine spiegazione la loro avevano dello confusioni Queste prosaico,ecc. — uo- devo intenchia- 232 — r mato r il argomento il contenuto. o espressione, questa prende la che dalla carattere suo li è la la nella ha valore di cui è segno; grammaticalihanno forme del nelle Ma , In ma che le nelle senso cose il suo lore va- dinavo questa guisa coor- base, grammatica, stile. la cosa si dee non assoluto. Essa prenderenel considerata va suo lore va- rispetto per parisce quelloo questo argomento. Perciò non comnella sua totalità, in quellesue parti ma che vi hanno relazione. A oggetto situato cosi o la avere situazione sua me il loro dei suo i venivano anche che la giovania osservazioni nuove componimenti i giovani si a determinare il situazione suo era tori degliau- situazione; la cercare dee cosa determina stile. La un di sé alcuna su' loro difetti. Anche pregie prima cosa che Nell'esame punto capitale. avvezzai ne il modo , , comparire,cioè per quel cosi,mostra parte, e le altre nasconde e stessa il loro sulla stessa mere: espri- quel modo a e quelmodo se lo stile ha insieme linguae in A pensiero,cosi espresse. lo stile è sostanza sua ragion d'essere. sua parola non cosa Se che si vuole cosa forme a - e acute su' nell'esame avvezzarono per la situazione. Questo 233 — — punto di partenza ch'io chiamavo la un loro. Ma gran progresso non si doveva cosa isolata. La che formano la sua colore da questo società. e nello conforme nel tempo, e o dello stile. Esprimere verità sua questo , quelloche stile falso alla cosa, nella non era situazione sua lo era e nei elementi. dee uomo modo che aggiunga non nello stile , entrare pur ditora. Dicevo nella cosa, che il risecando di lei. Questo me il carattere sia neo estra- traespressione grande scrittore oblia so da sé quelloche tutto dello stile vero. una nasce di ma una obblio di sé nelle ciascuno scrittore ha che espressione, che niente alla cosa; altrimenti è per maniera una atmosfera,pigliandomodo nella cosa stile. Chiamavo fuor la quelsecolo,da questa o quella portanz Questi elementi avevano una grande im- la L" in spazioe nella determinazione suoi , per considerare vive cosa me per fu base maniera da certe cose è era Nondimeno sua propriadi qualitàpredominant sue maginare, l'imil concepire, l'intendere, il disegnare, il colorire. La cosa parisce comcome cosi o è cosi,secondo questa che fa suir individuo. può dirsi che lo stile è 1' uomo, o pressio quellaim- In questo come senso lo stiledi 234 — Dante però offendere dee non Notavo le speciedi tre in mira ha L' del Petrarca. o — impronta individuale nella loro verità. cose che stili: stile naturale 1' espressione delle , nella loro cose natura; stile sociale che guarda principalmente al colore del tempo; stile individuale che qualitàdallo che sono le scrittore. Questi diversi stili non lati di tre partinecessarie di queste r è la erano capitali meno o il la Non biasimavo quelloche tutto d'opera,fuori Venendo che la della alle a non sono aridi mezzo che chiamavo la gerazione, esa- ra ciò ch'e- ampollosi. e le parendigressioni tesi, o chiamare fuor un rezza dello stile è la chia- dire la visione specchio.Stile uno gradi della che cosa oscuri , o senza che della immediata terso chiarezza. dello stile è in questo spiritonella due dicevo qualitàdell'espressione, cioè in vero, e tegrità in- sua cosa. fondamentale come sola che Dicevo più del si suol nota , cosa, le meno nella cosa mutilazione proprio degli scrittori stile, il tutto. Una formare ti dà medesimo e mutilazione. una il solo un a parti non , difetti prende o pido lim- cellenza L'ec- trapasso dello ci sia niente di alteri la visione. Questo io trasparenza dello stile.La chiarezza 236 — lievo della chiarezza o parallelismo che ti fanno si ottiene e , — il contrasto balzare l'urto delle o innanzi una il mediante idee, idea nuova improvvisa, quasiuna sintesi che si affacci nello spiritostimolato e percosso dall'analisi. Andavo accompagnando queste teorie con esempli e applicazioni copiose,quasi sempre di stimolo la mia opposizione A me era Non corrente. s'imparavanoche forme, e nuove. alla io tirava cose. mi a guardare sotto glispiriti L'effetto le esse Io stesso non maraviglioso. rendevo conto di questa maraviglia, e pure nepi giovani.Era una intellettuale, ginnastica che acuiva era e l'immaginazione. l'intelligenza spoltriva Avvenivano mi di veniva una alle mani Un tra i battimani giorno di e vacanza prime ore si chiama casa, e mi i mi Ecco : del lavoro rallegro. trovavo un fettura alla Pre- caldo la contr'ora. Io frullava appresso. Stavo lettura La mi dicevo dal grande; era poli vespertine, quelloche in Na- vecchia. Faceva nelle che usciva raggiava,e rivelazione. nuova finiva lavoro un la faccia mi comune, rivelazioni. Quando nuove pel capo era volto la lezione per infilare la strada che alla posta, quando vidi una verso del di mena laida vecchia che 237 — faceva mi io e l'occhiolino, disgusto.Ma lei mi cavaliere,volete maledetta che bocca mai. Mi E la dove a andiamo? E mi Era strega che pareva fisonomia : Vai non al mi avete passi.E seco , il sotto Prefettura^ avevo vista trovai fato ingol- per la prima gata infine,rinnenaso. strumento uno Io ritirato il braccio una diss'io vinett gio- E lei, scordato, volete lasciar cosi in queste brutte vie, signor cavaliere? avevo mi dar an- rimasi si mise non turandomi di rauca la bella dritta della cammina, sta que- possono più mi senza con Bel In sola ! Ma discesa,ch'io pazienza e la vocina : pensiero: vicoli fetenti che vedevo volta. Ma disse lei cammina tra con non di andar tirò brutta una le donne in chiusa,e dicendo: accompagnarmi? ha paura il braccio. per voi venne voltai la faccia si accostò Napoli sole. Mi a — per la e la faccia di con un empiastro.C'era un il caldo, guardava fiso. ansava rosso in rico, ca- quella che Stetti per dirle d'equivoco. catezza diavolo;ma la mia naturale deliso tenne. fatto il E lei diceva più,fate mi si rimise sotto ringraziandomie garbo. Andammo ancora : no; Via, siate buo- il meno, il e braccio, lodando un solo pochi mi il mio bel tratto, tirò buon scen- 238 -- dendo la verso uscio. Lei - Marinella,e disse: Fatemi ancora in figure gente certe di visita una cattivo odore a simil risma. Lei e entrò Ecco, il signor contino. E era gridava come o per cento, asino un in nulla, e e mi una lei disse: riso contino ! studiai allons, torniamo raccontai ai un : — bassa il passo alla giovanicome quarto d' ora, la mia Vai la Giunti e in E a me al diavolo! E — dicendo : era fecero le semplicità. Il di stato con la aveva istrada, : lezione. drina. sgual- Io — disse mi ! pivo ca- Poi voce. , io ci non si tirarono e scuse, signor contino , — suoni,e di caricatura finalmente spalle ai stizza in corpo. un con 0 bugie? ragione.Io stavo voleva parlarono a e chinaron s'in- dicevo volli svergognare non presento quelli,e Andiamo, signorcontino — grande di bocca le parte vi gridò la strega. ch'io mezzo Quelli facevano lei da fecero visto ? cencio? un — Ah! — Avete — ch'io disse: e erano come , dire falsarli di carte, usurai impeto poi e salotto,dov' un un grazia; , con a una faccio accompagnatemi quassù ; vi lascio. Entrammo ci fermammo — gnor Siusci volte Dunque, appresso conte per mirando grandi risa, am- 239 — VENTESIMOQUARTO CAPITOLO CAMILLO La mia — DE casa MEIS E voleva abitare naufragare.E quando seppi che con giovane appartenente un me d'antica amicizia stretta gusto. E fu Costui un studi Giambattista prossimo al ai agli anni. mio. diede quali si , dolce compagno, Mi Parigi veniva in , studi , gliocchi. un tesoro Quei Mi a il parve ci ebbi Andretta, fare i suoi serietà superiore una e il sobrio di paziente si mutò sto pre- sulla stima. Più mese. Giovanni M. tardi mi Educato Napoli per compiere i Questo una venutomi somma da inconsumabile , mi fece enorme, qualche zio cinquanta ducati mi e fare suoi e aprir quasi d'America. parevano per a offerse cinquanta Mi cure. mese. fu mi , compagnia affidato alle mie ducati Veniva con ducati Greco,certo capitò un di amicizia,fondata dodici pagava la e stretta una Mauro, facile , in mia, Semplice, modesto, di carattere parole la con glia fami- una a acquisto. vero un era paese mi ci pareva che spaziosa, cosi era SCUOLA. MIA LA onore una chezza ricall' o- 240 — non spile, stanza Era guardai a spese. Gli diedi la provvidiche e — il desinare giovane sveltissimo un della casa. cose, ma grandi La i l'allegria vivacissimo, e lo natura Suo volgari. Prendeva di gran aria benevola superiorità fatti C'era in le punte, offeso. Era e serenità garbo era era e stava che modo. cava tron- di mostrarti e un tempone, buon- giovialibrigate. il contrapposto di lui ; la in contrasto il suo scuola,ma modo grottesco con Greco. vi spirito li solo per una nei motteggi giovane a compagnone del leggerezzacapricciosa alla di di sollazzi tra vago Giambattista si esalava ti dava buon un sua. signore, affettava che non tutto dalla sempre riso un'amabilità quel suo palmente princi- gli passava , certo con superficiale frivolo, bersaglioera riso,tenendosi mezzo a spirito; motteggiavacon Giambattista,che un fatto aveva Crebbe natura. faceva dello con fosse lauto. quattrinie Parigi avevano guasta l'operadella frizzi spesso più bella sua quella Veniva anche rimaneva neo, estra- far raccolta di sali e di motti. Soleva sentimenti;era la in caricatura mettere come pigliavaalcuna il diavolo tutti i nobili in Chiesa. volta col povero Don Se Fran- 241 — non Cesco: in sapeva — ci venisse cosa fare a lui, za, scienpatria,libertà, quellaetà. Religione, ciò che faceva risuonare tutto rimaneva in mobile. quellospirito vano gli volevano bene, conversa- senza Nondimeno volentieri eco lui,e con Parecchi amico. me, ani- le nostre lo trovavano glisi attaccavano ai lui tutto facevano le scampagnate con buon un panni,e contento , di fare le spese. Questo diavoletto mutò nel vivere modesto e le mie abitudini. Da nel severo volto,mi fece che Vedendo e prodigo. allegro per forza, compagnia a tavola non amici suoi o miei. Si invitati, la mai chiasso , si , tra sempre giovinettie , buonissima in facezie, glialtri un incontro Don comando, camera come Per un una persona D« senza se tal modo Stnetit. faceva sollazzi inventava lega col Greco. Spiccava Raffaele,che mi veniva per darmi de' loro.Costui fini con sua quanta cin- le braccia tese,gridando: con come allegramente! la faceva del Sopraggiunseil babbo,che lui solo per tre e mancavano allegramentei consumavano ducati. glipiaceva animo istallarsia casa, cerimonie,con il padronedi di vita mi affezionata sicura, casa dosi piglianaria di fosse lui. sarebbe e essere a occorsa proba; la ma 16 242 — casa in era alla servitù mano rocchio,e aveva — tanto tanti chiassi s'insinuava una di disordine, che e dissipazione capogiro. mi studi. Fra di questoturbinio Ma rimaneva e concentrato alla corrente, e facevo anzi il avevo mi resisteva rimanevo una il alcuno sforzo senza non dava naturale tranquillo io. Non sempre Catone^che nebbia al di fuori di me, Il mio scalfiva neppure. mi non negli io, assorto meno ci nessuno e , il mio era ciò perme; costu- I motteggi grande indulgenza. destavano collera glischerzi anche grossolani Un risolino non m'impazientivano. un'alzatina di spallaera la mia risposta. Perciò non perdevo autorità e non destavo Stavo tra loro di buonissima voglia, antipatia. non , confondermi senza la era In scuola,che la quell'anno con e loro. Medicina tirava a sé tutto efficace me. scuola s'era molto popolata. V'erano intervenuti giovanid'ingegno, che spiccavano in quellagrande moltitudine. Era già Carlo Pavone venuto zionato, giovane bonario e affeconcittadino di Magliani.Da Molfetta mi vennero i fratelli De Judicibus, Orazio Pannero sini,Felice Nisio, Samarelli. Di Calabria ven, Giuseppe De Luca , Liborio Menichini, 244 — muni, inetti a nella sostanza sua facili dire a orientarsi che vi è di : La è vero, e i ha mi le e rigoree sbagliata.Ciò è io allora,è era un la venimento, av- molto. Il livello in cose e mi le misi spiegavo meglio; ma il muso volta voleva dire: Questa quel mio mi guardavano impersuasa,alzando Io mi in pensiero parole,perchè talora attentissimi, dato nel segno. avviliva in loro lavoro. Si dice che i alzato,ch'io un'aria atto che un buon ed io ci credevo essi,sincerissimi con pedanti nel migliorigiudicidei professori, misuravo con guardare il lavoro giudiziobuono un fatti s'era tanto , a sbagliato,dicevo come giovanisono e situazione critica. Un vostra ed , — non rincalzavo, ripetevo, la mia armeggiare,e coscienza la mia si cerità sin- dipingevasul volto la mia condanna. la loro approQuesto mi rendeva più preziosa vazione, mi stimolava a e ugualmente sincera, in vestudiar bene. Non era e a rità raccogliermi mi cosa facile imbroccare nel fare la , la la critica, situazione, dando guarcosa da queilati richiedeva. Talora si rimaneva l'argomento troppo sul generalee s' ingrandivail quadro, chiami rie questo avveniva per lo più con frequenti da parte mia. Qualche volta ci capitavo che 245 — — il loro volto diceva io,ed più acquistato Meis. Magliani I due che avevano incespicato. autorità,erano Magliani e De po'secco, un era dire suo le suscitava Una insinuante,incisivo, era scuola la sera di buonissimo novella molto era umore e , Io animata. lessi la Griselda Feci Meis, che si De Era il di uno scusò primo con , tocca straordinario. quellasua il cuore, voro. la- suo di attenzione quei movimenti adagino un cupazioni, oc- sue in iscuola. Sue. lavoro suo segnalano qualcosadi oggi allegandole ci annunziò insieme ma senza voce ombra che Egli che minciò coche an- di ostentazione semplicenello scrivere, pretensione, 0 com'era e osservazioni piccanti, parecchie scelsi tre giovaniperchèstudiassero la facessero la critica. Tra questi e ne e cesse destava non approvazioni. del Boccaccio. era e cuore il all'emozione,e guadagnava gli animi facile era Meis De entusiasmo. al andava non Però serrato. precisoe ma lui ha anche Ecco : nella vita. Si trattava di uno studente Napoli e divenuto un giocatore.Il pagnia, giovaneera studioso,ma capitatoin mala comvenuto in fu tratto al vizio.Sul ma procedevaliscio, il principio sempre filato e conto racnu- 246 — trito,non — tenzione divagava,l'atsostenuta. Poi,nella storia di quella era nezze certe fidepravazioneprogressivasi notarono di gradazione, che rivelavano un ingegno superiore.Cominciò nell' uditorio uno di quei stagnava mai movimenti di non e soddisfazione che si sentono , si descrivono. non Era un indefinito di senso ammirazione,che scoppiòin e voci di applauso, quando il giovane autore con uno stile colorito il giovanesprofondato ci mostrò e pittoresco nel gioco,che metteva la sua anima su tro quatcarte Quel motto fece cosi viva impressio dipinte. che fini,gli fummo gli andai l'ho dimenticato non tutti attorno incontro , Ebbe quale eglisi a dissi : Ecco e un' ovazione faceva io mi e , Quando piìl. levai e un'altra rivelazio ! in alla mezzo piccino,quasi per sfuggire quel trionfo. De Meis stimavano divenne per il 1' anima suo e straordinaria, della natura. sua della ingegno e lo amavano Anima la rettitudine pura e scuola. Lo per la per e tura col- la bontà accompagnava ideale, severità dei un' amabile sua principii indulgenza che gli amicava anche i più rozzi. Partecipea tutti i sollazzi giovanili più per compiacenzache per desi- con , , 247 — — derio, aperto all' amicizia, sali e in tale dimestichezza in tale dente il confi- divenne che fiducia , di intimo modestia, che tanta serbò quellagioventù.Pure lui solo sembrava ignorasse quelloch'eglivaleva. La C'era di s'era venuto Francesco Trani, Paolo De a il che a La scuola penetrata da mai che di durò anzi nacque suo della quale girava si fosse anche sala, e volta si senti tutti vi volto severo, « Che e voler ma; severissia critica,e seguiva sentimenti rumori non graziare rinuno ingentiliva glianimi tutti alzati in un' atmosfera Una cordo ri- incollerito che si andava e li disponevaa più zotici, pervenivanoi miglia fa- , di cortesie. Questo qualenon di Non spirito. lavoro il costume l'autore venne scuola,di- un' aria solo un tenutosi giovani,man- la al prese giovane un della critica fatta al scambio torno tutti si strinsero in- punto fermo, intorno il resto. , e Questo nucleo insino Arabia, Cirillo Saverio Kangian; Meis. saldo tutto arricchita di altri valorosi. scuola nobili. C'eravamo elevata,alla della vita so che ne. comu- diverbio in prestavano orecchio. Io feci il citai il verso ciò udire è di Dante bassa : voglia». 248 — Si fecero 'pizzico.E un In mezzo loro io a Stavo amico come mi che non e mi usciva la mia il pareva dono, abban- poi la cominciava e addirittura. Avevo trasformavo magisteromi volto, Quando rispetto. cosi alto della mia concetto centrata con- liarità; soverchia fami- soverchio un dalle conversazioni mi natura nell'aria del cosa altrui manteneva lezione,io mio che so consentiva non amici,alla buona tra lontano da teneva c'era un più sorale. prendevaaria profes- non in tutta dimestichezza. Ma si mai avvenne non simile. cosa e - un missione,che il sacerdozio. Avevo insino a gli occhi bassi,la mente in travaglio, che preso l'aire, gli occhi s'illuminavano e la voce s' intonava. Tutto tanta serietà tanta una sentiva e con comunione certa zitto. Questa un il mio manteneva voltata d' occhio ricordo mai Ciascun ritornello il che era per il disprezzodel che potesse avere era un' aureola il mi suo bastava ubbidire. Non farmi nessuno con che produceva sincerità, delle anime, e non si si che prestigio, ha uomo questo avveniva abbia che una mi risposto. ritornello. E il mio del luogo comune e disprezzo plebeo.Il maggior dispiacere un giovane era il Sentirsi a 249 — dire di dire una dal I : sentimenti alla scuola. Si abborriva improntasingolare content mediocre;si mirava alla eccellenza. Io era in- mostrando loro più alto un s' ingegno non vero più sempre segno. a Qualcuno mi osservò che ponevo alta,ove arrivavano non c'era verso, era l'impulso da mosso pazienza, tentai un alle mirava un se , gran e cose poggia nuo continuove. la mira i troppo pochi; ma meno non di molta desiderio del i che bene, ritornan provetti, grammaticali,e dettandone cose Ma Dicevo dato. Dotato speciale per corso sunto. che per ora, in moto teneva lo sforzava e , contento acqueta mai alto. Questo r intelletto un dava plebei.Questo sono solevo dire: Mi il mune. luogo co- un trafittura quando si sentiva una era L'è lavoro: qualche suo Ed - ne cavò poco frutto. Ciascuno là dove splendevanogli astri maggiori, avveniva che talora in lavori a grandi pree tensioni si notavano scorrezioni grossolane, che anSe però il profitto non sgrammaticature. era stimolando uguale, il buono indirizzo giovava a tutti, le forze dello spirito. Quello che volevo nello scrivere, volevo nella vita. Dicevo con che lo scrittore dee che ancordare con- l'uomo, e perciòanche nell'uomo 250 — volevo il disprezzo del — Ciò plebeo. io chiamavo dignitàpersonale. In questa parola compendiavo tutta la moralità,e dicevo che la dignitàera la chiave della vita. Contravveniva alla dignità cosi la menzogna, ch'io perseguitava nello nello scrivere cosi gliornamenti e il rossetto convenzionali e e del nell' azione. La come scrivere, dicevo,è Ero comune menzogna roba da retori che dannavo inflessibile, i ricami,che dello e Parimenti usuali di le frasi ostentata una solo il belletto anche inflessibile ero dicevo che la menzogna non chiamavo scrivere;ma da pedanti. e lenza. benevo- nella vita , e la negazionedella propria personalitàun atto di vigliaccheria. Con lo stesso zelo flagellavo ogni atto basso e la ciarlataneria, la cortigianeria, come volgare, la violenza,la superbia.Dicevo che l'intrigo, r orgoglioè il sentimento della dignità ed è nell'uomo e nella donna la guardia della virtù, la superbiauna gnità, maschera della die chiamavo La vita,dicevo,è una una menzogna. era , , missione uomo di ha determinata sortito da dalle forze natura, e che che ha ciascun il dovere svolgeresecondo i grandifini dell'umanità: 1' arte, che con la scienza, la giustizia, parole il vero, il buono, il del tempo si chiamavano 252 — — schivi e giovanisdegnosidell'adulare, civili menzogne che chiamano No: preparatevia e serbando naturalezza, scuola mi venivano Alitava non intorno sopra tutti CAPITOLO e stessa scuola. quale ci teneva alti sulla vita più attraente eroico nella era stretti comune. Camillo maggiore ralezza. natu- VENTICINQUESIMO LA 0 il , puro dalla talora spirito pieno d'amore, uno Dante, Meis, carattere In verità con anzi rettorica, erano alla bandiera L'esempiopiù De venevoli. con- inviolata in voi l'umana di rimbalzo direbbe come scrivere e ». idee Queste cerimonia quelle il principio della e l'insegna Sia questo dignità. nostra di RETTORICA. questo tempo feci lezioni sulla rettorica, sull'anti-rettorica.Dissi piuttosto ha per base 1' arte del ben che la rettorica pensare , e perciònon può insegnarsiche ai già provetti zione invenfilosofiche.Fu essa nelle discipline una i quali,separando e quasiun gioco dei Sofisti, le forme del dire dallo spirito che le avea generate, e nel quale sono vive e in atto, 253 — fatto di avevano quelleun disprezzodella buone e talento del verità trattando essi tutte le lodando l'abilità e il cattive,e che la sincerità. Contro questa della ben , pensare, la essendo le che perciòle regolesono a come consultare, 0 di frasi o credette di potere forme sue lo ti dà dà il ben da quel sono dizionario di Anche un rebus,elaborando un Tutto questo è un gli oggetti. che dee riempirela memoria buone parole cinquecentista scrivere de insegnarea il Non spirito. inutili;anzi un materia non staccate si chiama si fa di rime. pensiero, logica ti l'arte. del- la loro hanno non la rettorica come e zione viola- questilenocinii del cosi neppure di- vita centro coscienza nelle forme Ma logica. dire scienza sua si armo prostituzione regolerettoriche verità che la come Socrate,che flagellò dell'umana Le il contenuto, e il , dicitore anzi la collera di Di repertorio. morto l'indifferenza verso qui nacque cause — nibus om- dizionario di*tutti materiale grezzo, e divenire come l'arsenale dello lo e nell'atto dello scrivere, ma spirito; dee mantenersi libero e guardare spirito ispirarsi nelFargomento,e guai cerca aiuto nei dizionari. Ricordavo Orazio,che lo scrittore dee per colui che a il motto prima cosa di stu- 254 — diare il suo argomento, ed : la parola non e schietta la viva Lo — studio delle cose d' intelletto: due manca le richiede serietà si arresti alla nel pozzo, Le r due analisi, fa scruti , verità profondobisognaficcar chio. l'oc- la sintesi forze che debitamente è e esercitate, la mato, guardaturagiustae piena.Cosi arl'intellettoprende possesso delle cose, e il suo pensieroe la sua parola.Divenuto glidanno ne nei 1' intelletto superficiema dell' intelletto sono armi nanzi in- libertà e dire, che intimità,perchè la là nel e ha desiderate qualitàmolto nella loro cose chi a dronanz pa- cosa. nostri scrittori. Serietà vuol non un'intera averne dello spirito, letto, ricevono ivi dall'intelproprietà dal sentimento,cioè dall'immaginazione, da tutta l'anima,una seconda vita. C'è la cosa e c'è l'anima,che le dà la sua guardatura,e se la póne dinanzi foco dove pensare Ma occorre e e se prendonoluce del ben a rappresenta. Qui tutte le è regoledel dire,la logicae il ben la rettorica. questo che l'intellettoabbia piena libertà di moto ; altrimenti le inoperose.La necessaria,come si crede la ed libero, sue forze ciono giac- libertà è all'intellettocosi Spessol'intelletto servo dell'abitudine. la serietà. è servo, 255 — — gno della società. Sedell'autorità, tradizione, della la le quale glitarpa ali, gliannebbia la visione delle cose, lo tiene sulla uccide ogni 1' amore che abbia , che queir amore padre della è moralità dello scrittore. Chi cosa, può della non rettorica, Il liscionella forma cose i due sono non fede. Qui è la ha fede in che qual- sarà e del vero, nel giocoliere buon un essere superficie, bero 1'intelletto sia li- serietà. Perchè è mestieri telletto, dell'in- è la servitù certo della decadenza la mai uno neggio ma- tore. scrit- nelle superficialità di decadenza più gravi indizi nazionale. In Italia 1' espressione più piccante di questa decadenza prima, e l'Arcadia poi,e oggi ancora i dell'uno Pietro in nel nei nostri allora le in L' lità origina- telletto. quelledue qualitàdell'in- ha spirito qualecolloca migliori, dell'arte, principe accademico. qualificai è il risultato di Lo rimangono anche parecchiscrittori, tenuto Giordani, il cui stile io dell'altro e vestigianche io mostrai come fu il seicentismo cose un suo orizzonte divenute sua proprio, proprietà, a e del tempo. sua partecipa quellel'impronta Questa è l'originalità nelle cose e nelle forme. I grandi ingegnisono le aquile hanno come , e la guardaturadall'alto e da lontano. L'umanità 256 — dopo analisi secolari, tura giunge a questa guardavorio aquilina,per ricominciare poi il lento laanalitico. La storia dell'umanità che negl'individui, salgono alle la relazioni di Le sintesi serie tutto suo e nelle tropi,non e reali. La e hanno che in fuori,come fermai molto sui una lingua e con contrasti o antitesi, quando lo stile maniera la tore dello scrit- più grave dell' intelletto, che, appagato in posa dei in o delle paralleli alcuno. Biasimai come paralleli, toccando ma individua, cose lattia ma- quei cose scontri ri- non , la critica soprattutto quellache delle fatto avevo la ; il qual vizio io chiamai raffronti l'esame al- esprimono,guardando con grammaticali, contrasti sia divenuto 0 i come le ridussi in categorie, figure,e il loro abuso,massime flagellando a trasto. con- la loro verità. Venni esse dal di dentro al di lo stile.Mi di e zioni, di queste relal'espressione secondo le relazioni che le forme le altre cose, con cosi figure rettoriche, di queste con sintesi è differenza somiglianza,di sono ripete ma particolarità, sue nelle relazioni cosi dette si dopo le pazientianalisi solo guardatanon cosa nel — rimaneva non le loro attinenze. alla perficie, su- la loro sostanza Compiutoquesto 257 — lavoro notai ch'elle non sono figure, considerate le avevano come stile, sulle mezzi di che e di e sono composizione, delle nel loro tutto cose tori, re- ferenze difsomiglianze, nelle loro cose Esse dunque opposizioni. e i parolee nelle stesso nell'organismo di concepire il modo figureentrano guardare le solo solo nelle le veggono frasi. Le della — il processo sono in ciascuna e parte. l'intimo esempi di queste figure,sia neldella concezione,sia nei singoli stesso Questo lavoro parve nuovissimo,specialmente periodi. Addussi molti per le Conchiusi applicazioni. che la rettorica, attirando forme sopra di falsa menzogna, e e il che e esteriori alle luce, indirizza nel sentimento. tireranno esse e caro, la Da Solo Stietii. le con sé nello vostra anche esse studio Ci logiche. vuole il parolafatta cosa. questa è la con al foco le ret- Buttate studio isolato delle forme vacuo. gioventùalla gure quellefizione nell'immagina- la loro radice hanno factum solo in scenti appari- Dissi il simile di cuore. le cose, cose la e telletto la svia da' forti studi,guasta l'in- toriche,dicevo, e anche verbum cose zione l'atten- le sono adusa delle diare Stu- rettorica. Le forme, le quali Lo intelligibili. l'intellettoal cose lo spirito 17 258 — esercita ed educa educazione dee L' istruzione le scienze circoscritta che ficiodella scuola in spirito ancora tutte le un mio e i memoria e dai nei studi di piùgrandi. medicina, temperamenti,notando Avevo qualimi mi Mi promettevo Non e mi a a sapevo passaila né con poco consolare sera santi^ più interes- grandiapplausi. vennero poco con il ben intera,non parevano la lezione fu udita insolita , che contro segnato anche nella attendevo gliapplausinon anzi me. anche scritta tutta punti che un forze te le dà le loro debolezze. sicuro della materia. Ma Le certi miei avevo l'uf- forze. Questo io chiamava grand'effetto da quellalezione,che costume il più 1'educazione e sue descrissi i quattro famosi le loro forze anni è l'istruzione sola,eh' è non Ricordandomi si allarga Perciò discepolo. limitatamente ma scienza una Ogni anno dopo alcuni ginnasticadell'anima. la natura, rire può esau- sia. un ma inarrivabile, dello né ma del sapere; diviene appena questa a scuola. ha limiti. Nessuno non il campo maestro forze,e sue , sola, per fine Je tutte provvederela dico non , - grandiné piccoli; una freddezza guadagnò di questo insuccesso, quelchiodo Il di appresso, attendendo anche nel il Marchese vello. cer- per 260 — — fa e. nialità; se che riempirequesta lacuna. è possa la natura dee fare la scuola. in che si ha dei maestri dicevo io,non dee e senno e collaboratrice. È il desiderio mettere personcine.Egli dee di ciascuno che dispregio degli studenti. intellettuale sua del Il maestro, tenersi dogmatizzare, sputar suo del basso concetto scuola,e e che la natura questo è il miracolo che Discorsi la è tenuta il E atto. Ma 1' educazione semplice potenzialità ; occorre perchè diventi c'è arte non difetto, la con in fuori dell'uditor nanzi in- sempre in entrare gioventù,e munione co- farla questo lavoro di tutti l'amore si genera della ricerca e del vero, dell'esame,la zienza pa- dell' analisi;è in questa collaborazione che si fondano nobili le amicizie e si formano le più qualitàdell'anima,le più alte aspirazioni, il culto della scienza e dalla bontà. — accompagnata dalla E questa fu la mia destia mo- ret- torica. Venne Qui poi la poetica. Non superficiali. ebbi mai non la avevo che studi ger pazienzadi leg- poeticadi Orazio o di di Gravina. Costui, Boileau,o la Ragion poetica patico malgrado glielogidel Marchese, m'era antipesante e pedante spesso ; lo trovavo tutta intera l' Arte , 261 — più che acuto Della e suddivisioni ; la materia Non profondità. e dei trattatiscolastici di tempo ad quando quel mondo a metà Mi fermai suU' molto osservazioni sue leggere; oscuro quel giubilobrillava giovani,attiratida nelle Sentivo osservare. dei conoscevo quasi nuova era avevo meditare e metrica vero. solo le divisioni posi a — un mi bilo, giu- mi si rischiar sulla faccia inaspettate. ch'io endecasillabo, mai chia- le ragionidella sua mostrando potentissimo, la cui monotonia, sull'alessandrino, superiorità Mostrai mi spiacevano. parallelismo flessuosità del nostro diante che, meendecasillabo, cantilena la e la posizionedegli accenti,rispondevaa tai bisognidella melodia e dell'armonia. Nole parolee le frasi, cosi i versi che, come tutti i non considerati solo in sé stessi , vanno buoni 0 ma cattivi, cosi a in pigliarla come biasimevole, e e principalmente per Perciò la magnificenza è qualità alle cose. rispetto relativa,e ancora l'ornamento. senso in prosa Dissi che i dell'arte dello scrivere intorno di situare i medesimi è nel fine e anche e come nella di è assoluto, cosa ricercata l'eleganza generali principii al modo di pire, conce- sono esprimereglioggetti, per la poesia.La differenza facoltà motrice,la quale nella 262 — è l' intelletto, e nella prosa Riserbando metri di uno a nuovo questo Facevo osservazioni sui e piccanti varii effetti Distinsi il verseggiatore dal poeta. era fabbro un più alle rime terzina,dell'ottava tempi non un perito, e feci poi alle strofe, meno o e solenne delle civiltà si e , va si secondo sciolto, verso Parlai della poesia Mostrai che il poesiapopolare. forme poetiche è determinato dalla va sempre di congegno A del della della e cammino e gliautori. secondo e o per noi lettura dei versi prese breve storia del sonetto, della canzone, una e di del quinario,del settenario, del artista. Venni i dell'endecasillabo, sul loro congegno di melodia. Colui frammenti sapore. minute tutti i metrica, dissi che ci è la risonanza quale spesso decasillabo. La e alla partie sono quello,come un poesiaè la fantasia. dio, specialeti*attato questo stu- tornando e nel — e quel modo la verso verso la maggiore maggiore bertà li- larità. popo- che la si, lingua,arricchendopiiìrompendo i suoi nativi confini, sempre più accostando alle forme popolari dialetto;a quellostesso modo la poesia va sempre del produce con rinfresca e più si Cercai libertà nelle sue forme , e si rinsanguanell'immaginazione polare. po- gliesempi nella nostra storia , 263 — la spiegaicosi poeti,del verso preponderanzanegli ultimi la libertà nel gioco e sciolto, e delle rime Di al delle strofe. e queste lezioni qualche notizia giungeva Marchese, travisata avvenire. il Egli non mi me i suoi gridavano la e fece motto, vedevo ma freddezza. Quello che lui,dicevano mi suole ranza, insegnavala noncudella regolae delle forme. dispregio certa una ed esagerata, come Gli si diceva ch'io anzi volto - la scuola. sul suo diceva non dei qualialcuni discepoli, addosso croce , Alcuni miei motteggiando discepoli esagerando , la dottrina del maestro, Vangelo qualcheparolauscitami lezione,andavano e gridando che delle rettoriche falò.Questi e fui ne delle mi vari rumori mi quellamisura io mi Non lo delle grammatiche del un sperto mondo, ine- mini, gliuofossero opinioni giusta nella quale pensaidi aprirmenecol natura poco che m' la ero chese; Mar- comunicativa,anzi impediva.Credulo deglialtri,pensai mia, e che forse non bel muovono le mie riferite senza restia,me nel calore della chio, giunseroall'orec- sdegnato.Nuovo che meravigliai la mia pigliandoper bisognava fare che passioncelle tenevo. e nella sincerità colpa dovesse spiegatobene. esser Feci 264 — — nella qualemi studiai dunque un'ultima lezione, di dare le più precisedeterminazioni alle mie idee. Dissi che lo studio delle cose forze intellettuali e delle nostre l'educazione e morali fondamento che l'arte non ma dell'arte; e che le forme senza istrumenti, sercitare dell'arte. Citai strumenti e soleva chiamare dissi ch'egli del mestiere che ». Le al lezioni mie studio delle uno le forme, e ma lo studio da esse, conduce nei esse delle cose, al senza forme Dissi espressione. con la penna in nare me- matiche, gram- alla pedanteria scompagnato mane Quello solo ri- riceve il suo Paragonai le forme quale la religionerimane state roba da conducono forma. , erano alla barbarie. che posteri ferri dovevano non e- sono erano non non rettoriche, poetiche fuoco. Sole può forme,«i disprezzodi quelle.Dizionari gittareal si gli il Marchese, lode con il sono suggellodalla culto, senza il fatto interiore , un ch'era bene studiare le mano notando , i modi, i piùfacevano impressione. le vostre Notate anche, dicevo,i vostri pensieri e nale osservazioni, giornoper giorno;sarà il giorpensieri,i versi che dei vostri studi, non meno preziosoche giornaledella vita. Ciascun di vostra giornata,fate il vostro esame il riandate la di coscien- 265 — — cattivi ; siate confessori e fa uomo a il libro della scuola Con voi stessi. Nessun del libro dei conti ; oh senza mancare l'uno e ta? il libro della vi- di fra dicendo , me : E dirà di questa lezione al Marchese. e che mi faccia aperta, lo trovai muto detto verbo. e venisse incontro piena di bontà. freddo. Nessuno Curiosa LA Casimiro e Francesco Domenico quella con Andai lui a glieneaveva natura umana! alcuni altri bravi vani gio- Balsamo, Ermenegildo Barci, De fratelli Finelli,Francesco lari , m' immaginavo LIRICA l'anno appresso Gabriello : questa qualcuno VENTESIMOSESTO CAPITOLO Vennero l'altro vivere. Stetti alcuni sua dee come con impareretea scrivere, impareretea già buoni i sentimenti i pensieri, fatti, za; scrivete i Miìller i Rogatis, Belfiore, Bax, Pasquale ViiFerdinando , Vercillo. alla scuola del Marchese,i giovani passati lamo, FilippoDe Biasio,Enrico Capozzi, GiuseppeTa- Erano Matteo non mi Vercillo. Tormentando sovviene di alcun la altro. La ria, memo- scuola 266 — era numerosissima. per la città e Per Già la fama per naturalmente le la mente volli Puoti, e d'innanzi. r idea alle tradizioni. Vi fu sue ed eglivenne pronunziaiun mie carte. discorso Il sugo della erano Mi era allora corse della scuola del vide come che era cialment uffi- un ritorno ca, gran festa scolasti- una tutti i suoi con si gliEletti. Il Marchese perchè ci , essa quelladistinzione consacrare volli anch'io gustò spargeva i migliorioccupavano tutti, reminiscenza una ne 1' aristocrazia dell'ingegno. tacito di consenso se province.In formata i banchi per - trovo non che maggiorenti.Io più fra la scuola le è il presentimen società,che quei primibanchi pronostico deglialti postisociali a gono cui sal- i più degni dei qualiglialtri sono come il corteggioed il coro. Potevo temere che quella distinzione fosse principio d'invidia e di piccole , gare; ma, schivo feci la scelta la trovarono di raccomandazioni, e d'intrighi con tale che dirittura, giusta. Dicevano : cosi tutti avremmo fatto noi. Queir anno Nel avevo cominciarono corso stabiliti i scrivere. Qui sullo le lezioni di letteratura. stile e sulla rettorica principii generalidell'arte dello venni ai cosi detti generi di let- 268 — E di qui secondo cominciai il mio il contenuto, in Toccai morosa. La corso. distinsi, religiosa, eroica,ed della lirica greca riserbando la trattazione Mi molto fermai — a un e a- romana, speciale. corso sulla lirica ebraica nando esami, in Mosè di ispecieil libro di Giobbe, il canto il passaggiodel Mar dopo Davide, la Cantica di Rosso, i di Salmi dei Salomone,i Canti d' Isaia. Avevo profeti, specialmente nuove, e quellostudio era per me nuovissimo. Non e letto mai avevo sete di la Bibbia , Con neppure. quella indifferenza che disprezzo, la il allora si sentiva Bibbia,come Nella sarcasmo. a entrava riti. Lessi come , e so dove documento l'occhio sopra niente le mie Avevo per le cose ligiose, re- immaginazionee' preghiereche e- zavano ci sfor- e la Congregazioni, bia Bib- tutti i sacri bro maravigliedi quel li- rato eloquenza,e timie lezioni , gittai di alta delle il libro di Giobbe. trovavo di mescolata disgustodi nel nostro dall' argomento Non le recitare nelle non giovani paroladi Dio, moveva nostra il catechismo rano i cose nella mia Rimasi erudizione rito. atter- classica comparabilea quellagrandezza.Portai impressionicalde calde nella scuola. del già fatto una lezione sopra l'origine 269 — male il e di quel libro significato molta con attenzione. intero,la mia tutto — quando Ma emozione e , lessi il libro la mia e fu udita zione ammira- c'immergemmo guadagnaronotutti. Preso l'aire, in quegli studi. Cantica ; a Salmo un delle )otenza Treno la e di Furono si di Geremia. Era fino Omero, classici, udì altro che Bibbia. nella religioso gli animi. , e ciò che Mi noi per come C'era nostra e vivo di che impressione, nelle sé, è la senso alzava il divino scuole, dove non frivole, la sia penetrata a tener lo stesso timento sen- più elevato. care Stac- al disporlo e si è nella coscienza. nostre cose suo gl'ideali umani, patria, questo non questa parolatutto eh' è religioso, nel da i nostri che di solenne antologiabiblica,attissima morale tutti so grande leggeretante l'uomo non sotto il sentimento usi. Con questo sentimento intendevamo di puro gio viag- un parecchimesi per Chiamammo un' e e maravigliocome si fanno la grandezzadel Creatore,e qualche ignotee lontane dai nostri esagerazionedi neofiti,dimenticammo di templazione con- argomenta in terre e gustati Davide, dove dalla create cose molto sacrificioper la scienza,la libertà, morale, questo è la religione questo è 1' imitazione di Cristo. Le mie im- 270 — - erano vivaci, perchè sincere,e pressioni tecipateda quellabrava gioventù. Io non frasi,per fare effetto e le ; essi a ne il loro battimano. Cosa quando scuola la scuola dee bella che è lirica è Questa il nel suo si anima di morale. e genti primitive, La epici. popolosotto può vedere è il Tale del religioso ed eroico nazionale. 0 non Ci ha avuto eroiche, dove è i presso di noi invano il poema religioso Il sentimento delle cosi dette cerchi con Commedia, confini d'Italia ed medioevo. sono lirica è la lirica italiana ha avuta universale nella Divina i oltrepassa nei canti si confonde la che ma for- popoloebreo, ed voce perchè né religiosa tempi mitici sua teatro. un a somigliava ras- e , che cantore fisico e clima delle voce vero La migliori. resi lirica né voce come individuale, dove biblici, loquio? vani- un italiana,mostrai avuto avevamo , vita,e quella la essere chiesa una applausi che resta vi avrà alla lirica Venendo eroica. a pression delle im- vostri il riflesso della mia era non raccoglimentoche i non , plausi ap- che sapevano , la serietà fanno mi più noi Volevo usciti di qua No, lezione il loro cavo cer- eccitare per accorgevano più grato era me se par un accento poesiesacre la sincerità del 271 — sentimento,e spesso letterarie opere una queltempo rici. molti nostri li- sopra mirazione l'am- era del eroiche le canzoni eroico di genere Caro. Grande di Annibal canzone per del alla Vergine.A modello come la celebrata eccettuai opinionicuriose Si citava voci della non convenzionali, e del Petrarca correvano declamazioni, che sono non popolare.Non coscienza canzone — Filicacia, Chiabrera,del Guidi,del Frugoni.La alla Fortuna del Guidi sublimità. Parnaso. Il Casa e il Costanzo il nostro Ma gusto esempio di- un era zone can- divenuto era cosi cosi sicuro,che giudizio il nostro delicato, del lumi erano tutte e molti brani queste divinità si liquefecero, dagli altri ci sentivano sotto poesiefacevano il vuoto un miglio.La poi che un sonnolento Ci fermammo certi come e Il mediocre neppure per il gonfio.Certe detta canzone lirica e dunque Dante e amorosa all'esame sognano Noi re nei cieli e sdegnano la il non 'e comune piaceredi si tiva sen- non artificioso petrarchismo. Petrarca. che ambiziosi, abitano la il riso,perchè Caro, dove l'adulazione lontano grandimaestri: il e sdegno, come eroica di Annibal era in noi destavano mirati am- dirne dei due eravamo e tori, impera- bassa ra. ter- ci attirava , male. Non pò- 272 — tendo cansarlo — ci strisciavamo passa. Miravamo guarda e alle stelle di all'ammirazione grandezza,disposti più biasimo. Certamente con sopra , che al il sentimento nello lacuna una di si mediocre che piccolo, e c'è libro cosi non sia da il resti mediocre grandi: a ciascuno al noi riusciva facile molti Le roba non re canzoni e pagnati scompire conce- che il diocre me- usurpiil luogo dei si alto, della propriaporspogliare pora di cartone. eroiche 1' uomo. era ci non come posto. Mirando suo ammirammo del Petrarca in lui il letteraria. C'era e' non sta suo fetti; deglief- e sommi, mediocri,è sudditi. Tutto senza re dei il volgare,dove la storia dei imparare,e dal corteo cause pur c'è niente abbia non delle nella connessione valore Non spirito. ci teneva ma , lasciava prima questa inclinazione alto l'intellettoe un Pure nella ci parvero grande artista, sua canzone l'Itali al- la sincerità del sentimento poi alla lirica amorosa, collaborare coi giovani,feci fare Venendo giovanile. uso com'ero recchie pa- a ricerche sull'indole di loro i libri da tema di dicando inquellalirica, consultare. Fu questo il Uno componimenti.* parecchi culto della scrisse sul donna,un altro sul concetto dell'amore! 213 — un platonico, furono Vi — sopra Beatrice terzo lavori di Divina era Commedia a nuova ed loro. Mi a muffito,macchiato che le il grinzeal Fra pareva capitòun di caratteri plare esem- antichi, l'occhio. Certi sonetti mi fecero irritavano venir e la quellalirica menadito;ma a me lezioni sulla lirica di rivelazione. Conoscevamo una parvero scussio di- qualcheimportanza,e interessanti. Le Dante sopra Laura. e che roba è naso: Guittone o Fra questa?Mi Jacopone.Mi venne di falsificazioni. o sospetto d' interpolazioni Poi mi furono innanzi sonetti vivi scritti parevano i secoli. Feci a base oggi: questa di e i colore,e accordo vi non luoghicomuni lirica.M' è DOD Morta B« Sanstif. è di stile vano ave- situazione una e di accento Beatrice,e viva della canzone 1' altra sulle ammirazione, e più importantidella vero par- nostra presente il fremito di tutta la ancora scuola,quando buoni tutti comparivanole sottigliezze di destarono i monumenti e del secolo. La visione della morte tre Suore poesiaper i sonetti fatto concreto un determinata,con e che notare è che freschi, e dissi: sai novella? la doDoa tua eh' era si bella. jg 274 — lessi: quando e assai dolce morte Tu Fu ti , dei ornai tu se' nella mia Donna anche il applaudito verso: che m' è dato semplice lettura La che fermentavano Critica un come e situazione, destava del nel cervello del fatto molto avevo leggere,e ne che , naturalezza,avevo e avevo teneva si andava più lievi corretto che piagnucolosa, il Bidera. nella sorie, acces- poeta, Ci conferiva nella me aggiungevo niente dove, imparando a mi le idee attore,dimenticavo vi non tal Camilli stridente smi. questientusia- gravide,solevo dire,piene ci riuscivo, ma pericolosa; chè, per- bravo D' altra parte e tegno. in sintesi condensate un mi notando e situazione, della a onor stata. cune riempiendole laperò prepararli, Solevo cose. : gentile, cosa esser tegno Poiché L'esilio di — di mio. progresso l'arte nel- qualcheobbligo scuola recitare di declamazione, con verità quel po'd'enfasi m'aveva cato appiccianche il gusto che tro e quel mio viver denpurificando, si che non mi sfuggivanole lettura, gradazionidel pensieroo del senti- 276 — e Cavalcanti, — ci colpinon la sua vantata can^ zone sull'amore;ma le deliziose strofe sulla fosulla Mandetta, rosetta,e ancora più la canzone dove sentivamo il fremito d' una cera, passionesinrarissima cosa nella nostra letteratura. Sapevamo a mente molti sonetti e canzoni del Petrarca,e appunto perchèdimesticati con lui, ci fece poca impressione. Poi, il petrarchismo, da noi tenuto a vile , quel modo a è non che e feci a spese de' suoi imitatori. malinconia dolcezza poeta, io lo chiamai e in Avvezzo gusto. Feci a volli fare una la successione trovando cosi la un sua grazia;più che dal I vani gio- cattivo, una curiosa ricerca. di fuori nel di storia del e vai tro- distinzioni si affinava il anche guardare il di il buono scernere e e nella grande artista. un queste ricerche nostro e a spesso Laura, sincera ispirazione pienadi si misero era tre canzoni sorelle nelle stesse d'una orme gioso. reli- rialzare il concetto a in molti sonetti sulla bellezza di le religione sentimento del poeta l'ispirazione come letteraria, al Petrarca, poco che l'abuso della io tenni molto e ciò Petrarca, Notando un cattivo effetto sul senza Pure del noceva suo amore, dentro, cercando gradazionedei sentimenti prima e un poi in quelle , 277 — Fu poesie. delle più tardi mi e del ai nostri Giusti: se Giudicai voce. vivo gì'Inni più del eco fittizioe si faceva del aveva cosa talento individuale bassa raria, lette- che di un stimando nazionale, quel superficiale lico,che allora giunto ancora del Manzoni profondosentimento e del Pa- qualchestrofa a mormorava ma ci pensai non qualche sentore appena ne era non ; e sopra il Manzoni fermai Foscolo,mi noi, e e tempi, toccato il Leopardi.Il Berchet tra piacquemolto romanzo un parve zione classifica- una lo stato dell' animo sentimenti. Ciò più. Venendo e poeta e poesie,secondo qualitàdei rini rono dalla qualeuscid'ingegno, storia intima del una la volata una — sentimento tanto neo-cat- Anche strepito. il tale Cinque maggio mi parve opera letteraria, però,per vigoredi concezione, per unità di getto, per grandezza d'immagini e che in questo genere grande sopra mente. lezione che destò la una e si poteva chiamare della nostra monumento gli applausimi Cari e bei forza di per stile, il più lirica. Ci feci sione, più viva impresnella ancora suonano che giorniquelli, non ho ritrovati più. Leopardiera di lui tale il nostro beniamino. ammirazione , che Avevo ceso ac- V edizione 278 — - dello Starila fu v' non si non tutti di era in pochigiorni. Quasi spacciata o che, per un verso per 1' altro, parlassedi lui. Si recitavano i suoi ugualeammirazione;non con ancora da fare distinzioni; e poi, gusto così squisito un ci sarebbe idolatri. Le miracoli parevano irriverenza. Eravamo una parsa ma critici, di canzoni ci rapivanonei cieli, ci patriottiche e quel Canto quelleNerine del jpaslore errante percoteva di stupore. Una poesia né io ne alcuno digerire; leggeredall'un capo all'altro: I la potemmo fu potuta Anche liporneni. Vennero la Batracomiomachia molti Io lo chiamai il verità di secolo ci pesava. zioni sentire le mie le- popolarein Napoli. una di concepire profondità sentimento,di cui troppo scarso nei nostri Lo giudicai voce poeti. del del sentimento nazionale, più che interpetre di quellevoci eterne che segnano a una grandi intervalli la il che a Para- te. primo poeta d'Italia dopo Dan- in lui Trovavo vestigioè di fuori Leopardi,nome sopra una i sola ci non non genio,ci aggiungevamo nostri sottintesi. Quelle Silvie e c'era Canti, suo storia del mondo. concetto,m' incontrai fece trionfale ingressonella di molti lavori. prediletto nando Esami- Byron, scuola,argomento In quell'onda con 279 — d' di inganni e — di di aspirazioni e disinganni, un capo il filo; un ordine delle suo concetto. e gradazionidel le il suo alla le a pensierosvolgersi, negazioneuniversale,e gradazionie In i quel tempo tenuto di il concetto nobile,vero concetto la reazione nella non e vede quale è involto via di nella natura della natura e la forma, quasi perduto.Se e sua purezza, contrario di dell'arte fare lavoro ulteriore del Perciò cavarlo il filosofo di là questo processo quelloche la storia. Si produzionispontanee. mente inconscia- ma astrazioni, può proprioil la natura e l'arte, un l'idolatria non il concetto contemplarlonella è determinando storia. Il poeta opera è ma quello,a e quasi unico principale un' opera artistica. Si disputava buono era o cattivo, volgare o falso. Queste disputesorgevano al Leopardi.Io sostenni che il , per in sino all'idolatriadel concetto, , nella non poco, contro esiste in arte non , e o intorno anche Vedevo criterio come del valore e anche condo poesie,se- passaggi. delle forme,conduceva se a poco poco, volli ficcare il naso, a poco venne ne desse saldo che" mi cercai disperazioni, fanno ria, può della stouna filosofia, pensierosu quelle distinsi la forma 280 — dalle forme,e chiamai la concezione ma forma, non che è , nella fantasia il poeta non la natura. come Nei nasce tempi tutto tempi il e che solo lo più e Ma e sua e carne è quelleconcezioni. e qui il suo sua una decimonono, passione lui che incosciente, è suo sangue, sua faccia del secolo poeta, perchèquelconcetto il tuazioni flut- sue suo e pardi Leo- è l'eccellenza della è che concetto, dalle diventò trovarl ri- il concetto del vigoriae originalità lo attinse nella Ma può Margherita,il della mente concetto suo decimottavo sua della quelconcetto immagine, poesia.Il la e me co- grandi nei riflessione lui conquistarsi il lavorio si vede poeta; oggi si disputaqualesia l'eccellenza di ha dovuto al sperde in se il nella forma, modo profondain della Beatrice dimostra il filosofo e tardi un'acuta Anche e critico ma fantasia; fantasia sommerge , ginazione. imma- e poesiariflessa. L'intelletto una concetto senso nella mente, accanto tarlo penetra nella poeti la tamente assolu- espressione spontanea sono nostri coesistono onde di nerato ge- fa, appunto poetiprimitivisono , immediata 1'embrione come quello che inconscienti e il concetto, poetica.In questa produzione sa I — il suo siero. pen- lui,è tiranno e il 281 — ed carnefice, suo Le poetiche. che il concetto ed obbliato vera vi più amabili ture crea- quelle più belle poesiesono sue è le genera , to che,feconda- il germe è insieme nella fantasia in cui la forma — immedesimato appariscecome con nell'individuo, della coscienza di modo di poetica, persona lume bar- un appena Cosi è nell' Infinito, se. nella na, nel Bruto, nella Silvia, nella NeriSaffo, nel Consalvo, neW Asipasia. to Quando il concetsia persona non almeno ma intellezione, una non .0 dell'anima, gl'Inni,e e malgrado nel canto come Morte, nel Pensiero i fulmini la filosofica , argomentazioni e appunto presso al quel vulcano Pietro concetto e si Luna, e ne- in Amore contrario, Giordani tenni forma; questa la base poetica nella rimane per sua via di di ragionamenti.Dissi che, nostro Vulcano, s' era spento della fantasia, teoria della situazione del poetica;quest'obblio fecero Al esprime poetico.Questa della persona Alla Ginestra,dove occasionale,il astrattezza nelle Profezie Dominante. di passion ap- , poesiamediocre è e stato uno tasia, visione della fan- una com' è nei Salmi sia che necessario è poetica, incoscienza e concetto e cezione, con- della nella tista dell'arspontaneità e sono grande impressione, rimasti 282 — il capo sempre saldo della mia le teorie dove poesie , fini — critica. Accompagnavo letture frequenti con modo avevo di scendere della composizione e particolari Coronammo quellelezioni alla tomba in di Grotta guardavano forse per con di Giacomo piccoli gruppi,ci là della demmo Pozzuoli. quelle nei più dello stile. pio pellegrinaggi un visi Leopardi.Dila posta al di Quei paesani ci gli occhi grandi,e con di ci presero di devoti, che andavano processione in chiesa a sciogliere non so qual voto. Noi ci fermammo con religioso raccoglimentoinnanzi alla lapide, sulla qualeè l'iscrizione di Antonio una Ranieri,nome caro a noi,perchècaro a Giacomo Leopardi. in Intanto a interrotta meditazione non delle mie la baldoria. continuava casa lezioni che mi per la novità tiravano il , sugo dal cervello,perchè non voglia di leggere , tutto veniva da , un' accanita stesso,lasciavo dietro di e me ne andavo Capodimonte o e tutto per me solo altri miglior tempo avevo libri adatti né e i rumori né spesso riflessione in a stretto Co- me di casa, fantasticare per luoghi lontani,gesticolando, vagando talora con gliocchi distratti, ripigliando poiil filocol mio solito:dunque, al- 284 — recarmi a che me m' invitò e gente di polizia, la bassa mavano un che un Ci andai li un e ci non nome; pauroso poliziaera per signoregrosso e che fare. mai che sarà? Trovai scura; che fece tondo altro non ma , avuto avevo la faccia con volta la questo. La scuro nome prima l'ufficio.Era presso succedeva mi — , una brutta parolegrasse alla Io restai grullo.Quando la tempesta napolitana. fini,e mi fece capirecosa e' era sotto, io del mondo, sicuro del mio diritto, e poco pratico mia ero io il padrone, che in casa secco risposi e mi e cera, scaraventò potevo ballare a per lo sforzo della le a la nel la legge bitudine cose. non di non di caso rauco rabbia,balbettò via sbuffando. a in ufficio della scuola. Questo mi laurea avevo ci il far peggio,quasi né permesso, quasitutti i maestri,non non tai Vol- Narrai sentii chiamare mi esibire il permesso impensieri.Io ero per la compagnia si mise Allora dispetto. per e voce andai spallee e caso, posta. L'amico, mia insegnatolui l'educazione. avrebbe mi che certe fosse,ma che tolleranza, per lasciava una chè percert'a- correre le quelsignoreli lasciato più quieto.Avrei pomi avrebbe tuto accopparlo perchè il Prefetto di polizia Capii onde veniva , il tiro: 2SÒ — so non aveva Amante, a me quale parentelacon la famiglia chese. e affezionata, poi e' era il Maraizzavano,e qualchebrutta I ballerini mi idea di vendetta mia mite natura cercai mi tentò momento; un Me apriicon ne Albanesi,che faceva gliaffari del di e disse inesperienza, mia e Costui sorrise del mio casa. stessi che tranquillo, parlatopiù.Poi Ballate : Non so , pure , imbarazzo in ma L'effetto fu che mi tese si non gnore quel si- si fé' trovare la mano, mi si e proffersedichiarandosi mio buon vicino un giovanedabbene,di cui aveva a far molta lode. Io interrompeva e cercavo , venire al quatenus ; come mano, lui fece ma rebbe sa- e' è modo. ogni cosa , e lui, a se paterno aggiun- volta che scendevo sull'uscio di casa, della e che lasciassi fare in tuono tale un padrone mio del permesso che via tenne. una la ma e rifuggivadalle soverchierie, altro modo. un — un gesto volesse dire: al passato non mandomi sti, so intedi con la ci si la fece lui, più.La parte d'uomo di spirito io feci la parte goffa. Il signorAlbanesi non mi disse niente;io capiiche se la intesero fra loro. pensa Intanto bene ho a mai in fin di mese non quattrini. Guadagnavo guadagnatoin mia mi trovava allora quanto vita. Quei mai non cinquanta 286 — nari ma inesauribili, pure queida- ducati mi parevano del Greco si introdotti in cui a trovai mi e come liquefacevano casa disordine un povero cinquantaducati. Quei queldisordine non a la mia era ridurre il pranzo, coronava che mi pareva salata. Il Greco saettò. Pensai d'animo, e tornai ad ma l'altro, Greco c'era di mi scrisse laga ma- gar pa- mi fece ghigno,che mi un a meschinità a quellabaraonda e, chi il crederia? me, malata. Quel più.Cercammo la parolausciva pili.Verso di mi facevano lavarmi il bucato. Era a le veniva vidi cattiva una potesse recarlo anche aria stanca non forza. Pensai Agnese.Colsi.ilpretestoche venisse con quellavita sciroppoe rallentai il freno. In la testa montò e che il capogiro; davano mi stomacava; per i e Soppressiquel bicchiere le spese. che malaga una il Greco chiassi mi ci stavo e , dissipazione credevo ricco, maledissi : no S'era- neve. e fine. Mi vedevo non — sua ma mam- imbruttita, riso leggero rianimarci fredda. E l'uno non la il fratello del la fine dell'anno, curiosa una qualche frase nella quale lettera, allusiva alla somma enorme mi cinquantaducati. Quella parolaenorme feri,perchè l'aveva trovata in bocca al Greco, dei dai insinuatagli suoi compagni. E feci una ri- 287 — — mi indicando la spesa che sposta risentita, e ne portaida fanciullo, Mi il Greco. La pettegolezzo. via, e abitò in casa un in Napoli.Ci ed da voler bene ducati e quel mi tentatori, Raffaele,che l'ebbe se Cominciai Pareva ciascuno Quando mi si vi non si faceva e e Rimaneva insediato era feci rimanemmo casa amici. prestiti po' restio agi'im- un essere in capir bel bello; che la borsa mia attingevasotto incontravo fosse mia: non d' imprestito. nome qualcuno,queglimi sfuggiva creditore. Mutai un come a pure cordiale scarico, capo più ricco. sentii male a venuto Cosi, finiti queicinquanta spadroneggiava.Glielo non un di cuore, e andò diavolo povero d'essere che tutti. segnidi con d'indole buono era Don infine altro torto aveva del fratello eh' era separammo amicizia ; che venne il Greco fine fu buona: stava co- la servitù,ch'era gran visto pure che molti parte di quelladissipazione, oggettisparivanodi Cosi con misi renella,in e tanto vista d'occhio. a po' d' ordine un non peripatetica, per casa vacanze villetta. Venivano una giovani,e per in le tranquillo passar cuore i miei casa con passavano perder1'uso, il Vomero e me , e potei suU'A- a visitarmi la giornata, facevo lezioni alla per Antignano.La 288 — mi sera recavo tavola da e a dove villa vicina, una gioco.Venivano si formava — da Napoli parecchiamici compagnia scelta una si faceva e allegra. Là rividi il Pisanelli, mio antico compagno scuola del Marchese,e giàinnanzi forense. Era volto bel un di favella intorno posava. Gli occhi delle lui. Vestiva di a , Io pettinata. fece di un la una alla e modi, po' di ero mi sentivo capiimai la chioma mio un Uso dirimpetto piccolo come scolastico linguaggio po' manierata. Si Tra quellagente spiccoe mi badava. nessuno conversazione,sgraziato quegli usi convenzionali stavo piùvolentieri a elegante, le vicende Conoscevo sopra di divinità, ma, una facevo fatto alla società oggi, stavo figurainsignificante, una in tutti Faceva naturale,semplice conversazione. non folla,, confuso di modi. si direbbe come tipo di eleganza un Poco e ta, svel- e guardavo incantato. lui ; mi pareva lambiccata io tra lo poi ai giovanicol un e erano signorine eleganza, profumato,con con parola e dissi sé, e a cosi alla buona stare alta occhi con pallido,pienodi distinzione, crocchio a nella carriera giovane,persona dolcissimo languidi, ben nella del po' la gioco,senza scopa il mercante, e un capirci lo scopone; che si ma giocava in di dare guarette. non casa 289 — dello zio,e tanto che bresella, di il mediatore meno guardare ci capiiun poco. il mediatore,e mancava nelli mi il quarto. Pisa- cosa — una sola ora! disse Pisanelli, guardando il piattino. Sola! gittògliocchi sulle carte. quellasua con Io Sola — temerario,notò aria di maestro potei tirarmi non che intorno Si incapricciva. a il mancava finita. Io cadrà Avevo me. due, e , le carte Ci battaglia. e io mi una cosa mani, , il due ecco, misi fu il anche D« caso oggi m' Stnetis. è venuta a un cadeva,T io era non gitto imperatoreche urlo,batterono non E mi scena questo mi simili;ma straordinaria. bizzarro cerchio cade,e un sono prio pro- mi diceva: in tasca piccoli gliuomini ! Quella impressa,e per più tempo ché ancor- amor gran il cuore col riso trionfale d' vinto la carlini Ma un questo non gittoil tre,e il due. fece molte carte se m' imponeva. indietro tutti dicessero: Riflettete. Il niio m' Pisanelli gridaiio, e — le cava gio- , bella ha si sera perchè il quarto foss'io, e presi posto. Gioca e gioca perdevo il piattino tutto pieno. Che era sempre, lui Una forza a fece ressa, cortesia per la cala- e visto mai. Pure avevo non — so quanti come sono è rimasta andato e in mente. a tando raccon- quello,e 290 — CAPITOLO VENTESIMOSETTIMO SCUOLA LA MARCHESE E quest'annoil mercoledì per la MATRIMONIO DI PROPOSTA IL Anche — GIORNALI. I Marchese destinato all'esame dei molto scelta per lo il Marchese più la come faceva per sua correzione. la nella scuola sua sola domenica. cillo,Alessandro primo De Meis. Di scuola,venne Co- teneva ma perfezionamento, alcuni vani gio- Matteo VerFabricatore, Parlati,venuti anche anno, di Tra maggior Marchese Ci andavano Bruto miei,come in Francesco Siniscalchi^ rapi e AgostinoMagliani.Il ancora era sulla quale migliore, poi la Vincenzo puritàe loro traduzione che egliaveva questi puri scrittori, conto,erano il sabato, anche recchi componimenti.Pa- innanzi di scrivere, e la castigatezza tutti i veniva traduzione;talora giovanierano — a e Siniscalchi, questi,Fabricatore nella buona me fin dal credo pure lasciò la mia graziadel Marchese, glirimase accanto, assistendolo in tutti i suoi gua, lavori. Era giovanelaborioso, praticodella lin- e e per la natura della sua mente poco atto 292 — Nessuno fiatò. E io ~ eccitato dalle mie , parole,lasciai li la lezione e non congedaitutti bruscamente. mogi, in silenzio. Dopo mi il caso, e stesse volli continuare, Se fu le lezioni. Questa ripigliai ne darono an- spiegato sciplin la di- era della scuola. E altro un avvenne queste anni, di abate Capitò un cose. cui scandalo,come faccio il nome. non Gesuiti,egliveniva scuola dei l'aria di volerci io chiamavo su* trenta Uscito dalla pettoruto,con tutti.E inghiottire tutti glifummo addosso,al primosuo lavoro. Declamava punti, col certa relativo esordio ed orazione, in tre epilogo,con le solite amplificazioni, fermandosi che gliparevano fici magniperiodoni, di molto effetto, tutto pavoneggiandosi e ; teva solenne e più ci mete più prendevail tuono le d' enfasi tanto e romorose più erano trava, ricalcirisa. L' abate,vedendosi sberteggiato, riva dalla stizza, tutto rosso e più s'incollelui e più si rallegravano glialtri.Io feci legri il volto grave, ad uno dei più ale domandai il suo giudizio. Ma l'abate l'interrompeva dopo certi , , con certe non sa è che una mosse di stupore: — Come ! Ma lei sta regolarettorica ! QueMa ipotiposi. questo nel linguaggio questa è una 293 — un'amplificazioneE di chi studia si chiama sghignazzavae come si era spettacolo nuovo Feci d' occhio a fila,eh' era Costui serio lui ma tale a si fece tuoso e un buono dhon gli dava e chiamavo un non a e gli paroledolci buon fece compagno imparò miracoli, quel punto che anarchia. a sé Era una stessa, senza senza disciplina , mossa da se venuta società abbandonata stima l'aria Io usai divenne chiamarebbe , si vide tirato scrivere naturalmente. era senza lo incalzava e farglianimo. L'abate presenin fondo piccinopiccino,e come a scuola , il tempo, il ritroso abate scolare,e almeno La ruzione, qualcheinter- e brav' omo, un era prima il povero abate tentava le mani. tra consolarlo per in gente coltello e strin- un che gli mancò altezza, il capo cascò come non in breve e Corapi li e cencio. Ben un correzione. una Ghermì tenaglia. una fece ne voleva e Lo suo. prendevadelle note. ingegno secco di stretta logicae un come nel riso risate Francesco stato era ah! ah! dondolava, facendo di ana,lisifine,acuto e — affogarele per - dal sentimento Prou- piccola menti regola- autorità di del dovere , mando co- da da quelloeh' io rispetto reciproco, sentimento di Ci dignitàpersonale. 294 — — educati insieme. eravamo giovaniun osservazioni culto,sentivo e i loro Io avevo per quei desiderio le loro con pareri studiavo , le loro Godevo tanto a vedermeli intorno impressioni. sfatte con queigestivivaci , con quellefacce soddi! Essi guardavanoin me il loro amico e il loro coetaneo vano e mi amavano perchèsenti, di essere amati. Io avevo i loro ideali, e se giovanile, una il loro entusiasmo in loro c'era parte del mio cervello, 'da loro veniva frese'aura di vita a Senza d'ispirazione. di loro mi sentivo nel buio,essi erano lo sprone vivo l'intellettoe lo riempiva che mi teneva di luce. ScrissineW album di una signora: siderando « Dedi piacere tu piaci a a te qualcuno, stesso e ti senti felice ». Patria,libertà, nità, umatutti i piùalti idealiche mi brillavano in in quest'uno: nanzi,si compendiavano piacere la mia espansionela alla scuola ; e li erano mia felicità. Quante volte anche oggirimemoro feliceallora!C'è e dico: com'ero queigiorni, nei giovani sicuro istinto che li avvisa di un ed è vero che tutto ciò eh' è nobile e sincero; i migliori del maestro sono i discepoli, giudici di Dio,giudice il popolo, come voce sono pellabile inapdi quelli che lo governano. Il loro afme una e , 295 — fetto cosi delicato era — che qualchesconcio,dicevano: al Professore. credevano mi indebite;ma graziamia, turbavano un po'di vanità e distinzione per come di favori alcuni : per diritto Il andava un tanto nel suo , venne loro, Luigi Lavista. Professore : Cosi nome. a non noia in , ci va; dopo con pena ap- buona parlòpiù di democrazia piena uguali diceva Lavista si non , istituzione una Io principio magnificata. eccoci chia gerar- riconoscerla di Eletti grazia feci cader l'uso,e Eletti. Ed ufficiale, la potevano disconoscere; dirmi a nome tutti lo stesso anno quella garbo. La a diceva giorno saltò sbarazzateci; questo vogliamo po' di gelosia, un gerarchiaa priori, quasi una divino,come quale un protezioni debolezza umana; tant'è,volevano ammettevano non Non quegliEletti lì,per c'era,non dell'ingegno ma di , ordine,quel carattere dicevano,non pere sa- c'era un'ombra. volete? cosa lo facciamo Non Pure capace avveniva quando , tutti , eh' era , 1' idolo della scuola. Io dimagravo a il talora d'occhio; cercando cervello, là,senza star vista solo uno e scopo chiaro concentrato con e gli occhi mi gava va- qua e Quello consapevole. nella lontano scuola, da 296 — ogni umana di umor tribunale a far Passava sdrucite dal tempo ci si una Tommaso e alla era viveva ricco,ma e dall'incuria. Noi io prio. pro- con Abitava poche stanze sua; guardavaper il sottile; stanza come dall'altra, dall'altra: avevo per conto trascuratezza. che si credeva casa J., tutto il giornoin passava uomo quasicon e Tommaso il più spesso liti, per tezza. conten- ammogliare. Usavo dell' avvocato casa d'uomo, che stecco uno in pezzo partein sua di mala nero, vollero Gli amici mi un la compagnia,aveva quegliaccessi da — destia mo- in una antiche, altri non distinguevo poco una poco vivanda pel capo. Figliadi Don Caterina,cresciuta cosi alla grossa altro con po'saputella, buona, un un cervellino sottilee acuto, sullo stampo paterno.Fatta grandina, dicevano un ch'era po'bruttina. e Stavo sentivo le tutto li padre,perciò suo come amico un di mammà grandi lodi di famiglia, per la di scappar via quando sopravveniva e cercavo figlia, il babbo, che m'empiva la testa di chiacchiere, parlandomidelle sue possessioni mi lasciava più capacissim( delle liti, non e di prendermisotto il braccio, e volermi per forzi , accompagnare d'un processo sino e a casa, recitarmi per la farmi sua la storij orazione. I( 297 — di ciò sentivo Venne accorgeva. che m'investiva ma col se non cause sue tenermi, con- sapeva , Raffaele, fra noi Don terzo sempre Poi s' aggiunseil noia, nelle lui,immerso e ne fiera una — Allegramente! veniva a Napolidi suo: babbo, che Don Tommaso, e s' intrometteva e conosceva frequente, tra' discorsi, gli e, faceto,impaziente, rompeva la talora mi scaricava di Don loro. Avevo preso a parola.Cosi trovai e diversivo, un Tommaso dimestichezza Caterina,senza e talora intenzione, di storia greca e La mamma lo regalavo e dove romana, lei si disputava istruita con alla figlia, d'elogio e grande affetto, pur facendo molta tora. dot- una era le dispute con rompeva la con un cura intendere motto e con che a unica,sarebbe spettatoun ricco patrimonio. lei,figlia Quando io venivo in malinconia,gliamici dicevano scherzando della Caterina. carta che aveva anch' Tommaso avvocatesca in una sopra Montesarchio, Parlava mi mio amore, trovai innam- fogliodi lista delle sue possessioni, Ne aveva in Atripalda, ne stese finiva mai. non io, e il mal saperlo. senza Don C'è il mal di cuore, Cosi, parlandodel finii col crederci morato : come Carlo ne un aveva gran anche quinto.Sovente in Napoli. tirava 298 — — il discorso sopra i suoi feudi. E il sotto tirandomi il sotto consegnò quella famosa Era sopra. uso deciferare tutti i a mi non tre, e via via,fino davano il con piaceredov'è mi non anche di dai abborre io,e a leggere dai an- e vono. muo- salvo dettagli, ci metta non mi ci delizio il mio minuto, divento di censi, troppo. Quella infilata di titoli, rendite,di fìttinon nulla. Pure Don non che si serie d'idee una ci ficchi allora cervello; atto e regolamento.Leggo un o La mia natura che due, uno, seccai mai stato sono istruraento un , la lista dei suoi possedimenti. punto mi certo un oltre. Non tutto numeri lari, sco- cinquantao sessanta, mi a capogiro:era A miei dei geroglifici atterrii. Quei mi casa ma, impossibile; carattere un so chio gittai1' oc- Vi carta. non di sull'uscio e strepitosa, qual causa di abbarbagl narrò braccio,mi messe il solito, accompagnò, secondo Mi e mi sera carta, credendo quellasua naso una Tommaso un gran magico ha In tagliareil molti ci pivo ca- rimasta, che venuto sarei di- flusso quale inspirito questa parolaproprietar Non proprietario. sullo non feudi,e ch'io un provincia naso entrava, m'era cosa una avea mi anzi che so contadino cedere un si farebbe pezzo di 300 — - alcuni giornimi chiamò a sé, e disse : Sentite Don Francesco,non vi farà so se la verità è una, e ma piacereo vi spiacerà, Dopo — , come uomo di coscienza sono questepossessioni ve la debbo dire. Tutte che talora ci vengono c'è in questa carta,ma liscio; corre che come figli, qui c'è non niente è un dice il vostro e gna, Spa- in sogno. Qualcosa niente liquido, semenzaio di liti perpetue, la fine i vedranno ne ci gavazza dentro i castellidi come dei figli Tasso. Don Tommaso ci s'imbrodola, perchènato gusto matto. Ma voi,caro fra le e ci ha un liti, col vostro Tasso e col vostro Don Francesco, Dante,cosa vorrete farne di tutta questa roba ? Finirete che gliavvocati si mangelitigiosa ranno il resto. Dunque lasciate tutto e vorranno - stare , non è cosa per voi. Io rimasi — chi si svegliada bocca asciutta. Lui vedendomi un disse,restituendomi la bel sogno carta : — e come si trova a cosi sospeso, Se poi amate 1' è un altro affare; ma non quellacreatura dice di c'entro più io. Però,se il vostro cuore sola,che in compagniadi si,megliopigliarla , tutte questeliti. Mi strinsela mano — con un pienodi bonomia,e mi congedò. Me ne andai solo e correndo, com' era riso sor- mio 301 — uso, — e nel lato c'era la lezione che cercava pure il suo posto. grande sforzo,che dovevo parlaredel epico,e già mi frullavano alcune idee il le fila, ma mattino. Tentai ripigliare un poema fin dal Don Tommaso matrimonio, le possessioni, guastavano, e per quel di caddi e imbroglioch'era maledetto Capitò all'ulspirito. nel mio Tommaso tim'ora Don fui sera fiatai della non e le tasmi, ai fan- preda leggeva il sulla faccia si ma ; in me conclusi nulla di nulla. La non dalla Caterina per abito preso, cosa la e dall'altro cervello, Caterina m'incalzavano Feci Tommaso Don la testa in tumulto. con al solito volle accompagnarmi. e notò la sguardo della mamma mio addio alla Caterina,e disse: L'acuto del freddezza Qualcosa qui c'è sotto;non — Niente — a nelle sue suo braccio la vostra e dissi carta. spesso dicendo solita sua : — co' addato di s' era non liti, — : Tommaso Don — la ma litania; Don — Aveva le bracco mi gomiti,e Eh ! eh ! Tommaso, die un semenzaio di liti. — a più ciava comin- sciolsidal questa è cava lunghe,giogomitata, una ti pare ? cosa e assorto nulla,e io mi diss'io,facendo animo, che dentro ó dere, inten- a niente,diss' io,piùconfuso quelleparole. rosso la dai me — Mi pare, questa carta Semenzaio ! disse lui 302 — che — capiva la parola non vuoi cosa , dire ? — mine Vogliodire che delle vostre litivedranno il teri figli dei figli Andate a fare con un di scuola! disse lui con dispetto. maestro La lite è cosa ottima,perchè guadagnando hai il cento E qui s' incaloriva, le contava e per cento. — — sue e Andai si vinte, e cause prometteva grandi guadagni vicina conclusione. pezzo in un ancora si dicesse che per lasciava; ma, brusco e Lui ne s'inalberò e Tommaso usci in e tutto pettegolezzo ma che m' era al di era fuori^e dirla del matrimonio. fui col ingiusto per ti trascina; me con frase somi mes- restava moderna, veggo Tommaso, eh' era buona fede,tagliato cosi perfetta non psicologico il momento Don verme l'anima Ripensandociora, povero un bene alla Caterina, un velleità, dagli amici; giuntoancora mamma monio distratti. Il matri- nel cervello per Napoli. innanzi tanti belli ideali, una me per a parso ; nacque che quell'amore vagantie erano era la famiglia; in parolegrosse avevo poiin quell'età gli occhi dicono fini. Io volevo di era non levo vo- di quattrini la quistione qualchemotto e non sapendodissimulare, guardavo non storto Don fece risposipiù. non quellacasa, come imbroglione, 'paglietta un e Io che in da natura, che 303 — sazio viveva illusione rubicondo e sé a Trecentisti e quei luoghi che dover dare nel secoli non fare solleticavano più studio ardore parevano gioventù si la e letteratura. sulla moderna soliti a che leggersi e , gli scrittori politicie sopra comici novellieri. e Avendo profittevoli. sulla lirica con un' Io a davo il mio studio animato andando satirici, speciedell'Ariosto, il suo del Gozzi e mente. lettura nuova, Una sera discorsi del Io poicercavo che fosse so cor- alla dei su stri no- fino alle Satire dell'Alfieri: molti Misogallofu divorato, a cerche ri- e appendiceintorno satira italiana, segui uno ai Sermoni questi letture terminato uno altro un , ma davano ricerche interessanti. Cosi ci fu a letterari, perchèoccasione temi mi qualche vecchio autore, ancora su' nostri pre sem- effetto; pure quei , quellipoco occasione più genio e Cercavamo penetrata. era con e scegliessi Cinquecentisti, accuratezza gittavacon faceva letture entrassero nelle mie Quantunque e già glieffettidella sentiva atmosfera letteraria che vi nuova di le liti , tra agli altri. e la scuola Intanto — un brani si sempre pevano sa- qualche solleticoalla curiosità. lessi la lettera che sta innanzi ai la qualeaveva Machiavelli, pienome 304 — e di cui bel un nessuno la moda intorno ai inteso aveva dai metodi meccanici sul prima ; lasciavo molto giovani,e gran letture con dai e sul e lega, ed in svegliare essi e autori erano pur si lui tutti erano non lasciava prefisso, di 1' Ossian Romane il Bettinelli non l'iniziativa, , ammetteva le Notti non mi poi non ancorché il Marchese ci fosse l'ordine da Non sistemi, dei spontaneità alla la fede nel loro criterio. Gli autori di buona con e letture di scuola facevo di nelle mie salti.Volevo mie i loro effettinei lavori. Io quelleregolefisse andavano : ste QuePrinci'pe. al Discordi,intorno minciò Coparlare. si disputava a del Machiavelli lezioni,avevano abborriva di sotterra, scavato gioiello letture coordinate mie reva Pa- destò in loro entusiasmo. d'ammirazione,e come — o il Baretti scomunicati leggevano,ma ridire sopra altri autori e , che , segreto, come è che meno JacoipoOrtis V Algarotti : o infrancesati in gran Non fa dei libri proibiti. e Cesarotti, il non e rere. cor- non trovasse si a in ciascuno sospetti, fine, inma qualinotava qualchetaccherella; leggereAlfieri o Foscolo o Manzoni non era poiun affare di Stato. Meglio accetti erano Parini e Gozzi. Un giornogiunsela sua tolleranza sino dei 305 — a far Ma leggereilManzoni. E fin qui andava bene. visto che la gioventùcorreva dietro alle novelle del Grossi odore un toga — di e Bestini, romanticismo,si sentiva dove strinse nella sua intollerantenel divenne Cesare,e come del suo classicismo. Allora,vietata la nali comparivanoi giorpolitica, letterari. Oltre sorti il Poliorama lo Omnibus, 1' Omnibus sfogofurono villanie erano e venivano 'pittoresco, le Strenne. Uno in voga e e l'antico sfogoci voleva, polemiche,che e si vero gittavanoal viso,segno di ozio bilioso. Piovracconti, novelle,romanzi tra il fantastico e il e in puerilità sentimentale, sciarade, volgarità logogrifi, nuovo Non il nuovo e diceva: era era il consentiva Cosa era romantico,e e sua si sorgesse tanea, spon- di un inintelligente molti anni di cui indietro, bile contro lettura di il romantica. dalla Lombardia. rumore sfogavala non Si voleva verso. il genere un'eco confusa letterario sorto ci veniva in coltura che nuova una e romantico,novella racconto era moto prosa quei fogli,e a' giornali romanticismo Il Marchese non suoi vani. gio- si sapeva cosi per strile i letterati piazzaiuoli l'appunto, lazzavano che bisognascrivere come detnatura D« Sanetis. 20 306 — ta da mettere , questa frase al parte le regole, comune saliva in aveva un covriva smo. romantici- per moda, la leggenda de' romanticismo rendeva Il Marchese mercato. e si cosi le ali favorito,classico significava dante. pe- genere E ricordo mi e regoletarpano intendevano Il medio-evo un Le : genio. Questo era - pan per buon a focaccia, più curiosi epiteti questilettera- tucoli. Tuffato ne' miei francesi, giornali politici subito me ne venne e poco leggevoquei fogli, niente ; quel il disgusto. Quel non approfondire saltellare di palo in frasca, con mirativi quei punti amrano con e quei puntini,ne' qualinon c'ealtri sottintesi che la vacuità del cervello; quellesituazioni falso dei e e violente ; tutto Il Marchese non facevo vietava reva pa- la lettura ma divieti, non il mio nella comodo, del genio, era onnipotenza che molte incendiava paglia di studenti,accensibili come La scuola tenne un inquietudine, tarono mi Quella predicacontro disgusto. regole,quel mettere da banda gli studi, confidare sistema strano. io giornali; dissimulavo le e tese fermo;pure desiderio di di Aladame de non so nuove. cose di zolfino. un c'era sulla letteratura francese teste un sentivo quale Si git- disputare Stael,di Chateaubriand,di : 308 — di sentimenti. e di scrivere E - è questo umano, guardare più scuola vita del e addentro. cuore nella Ma il ticchio di mostrare sorto era cizio eser- , esperienzadella mia come giovanipoco provetti ai per quali manca per bene, venivan e nell'invenzione, ginalit ori- fuori certe situazioni esagerate. Il Magliani scrittola aveva uno stile che il Marchese e castigato in gli die novella sua con di lingua assai forbita, lode. La situazione era po'tesa; ma casto e misurato dello l'ingegno scrittore avea tuzzare gli angoli rinsaputo togliere le punte, rammorbidirla e con regolarla un , misura. e peso in forma — Pare una situazione romantica classica, scappò uno — si fece verde. Ma — a dire. Il Marchese questa è roba di Lord Byron, riflettèun altro.Il Marchese non ci vide più. Lord Byron! E voi leggeteLord Byron? Lord Byron? E voi signor Magliani,copiate rimase e muto; io Magliani si fece un 'pizzico, di solito, volendo col dissi nulla,come non non — — — contrasto venne con e me, e e con com'era provocare scoppiòsul la tempesta. Ma capo la tempesta di tutti. Se la prese Lord coi romantici giornali, la bonaccia, venne di disse con la scuola, coi Byron. Poi bonissime viscere,ci parole 309 — dolci paterne. Lo e che s'era e il lepidoeh' la era sua frizzava i riso,ma di osservazioni imbarbarivano la recarglioffesa. Gli il gusto di il e mente. è quelloche oggi che era il tima l'ul- tuto combat- aveva rode come gallicismo; un bolle di sapone, si direbbe Ripeteva in correre peggio,perchè se quello lingua,questo Chiamava nali giorNon cuore. Il romanticismo degli studi. Egli il romanticismo nivano ve- stampa, eh' egli eh' è quellapeste di oltralpe, vizia la moni pol- da'forti lasciasse certa una letamaio. che i lingua,sviavano il governo concepiva come tanti vituperi su ma i quei lineamenti Diceva piccanti. studi,corrompevano rovina giornalisti, glidilatava la vista di temevamo contratti, un , grazia.Quella una che casa Avremmo l'immaginazione. ci teneva chiamava era musa, gli moveva e a accompagnammo già rabbonito,e faceva collera — fuochi fatui eccentricità caricatura tarlo la e la famosa rescenza. fosfose, fra- bisogna tarpar le ali al genio. E quanti genii,gridava,ci sono oggi piovutidi cielo ! Scribacchiatori pullulati vermi dalle come non cloache , degna loro stanza. Ciò che più gli spiacevane' romantici,era la dismisura negli ne' caratteri, nella favola. affetti, nell'intrigo, 310 — Perciò ne lodava la voleva — al Verri ed al Guerrazzi,e del Manzoni, che semplicità di umile Lucia, avea condizione,com' saputo voleva semplicità Monaca la sone per- Renzo erano e effetti.Nella potenti cavare il da rilievo^ e perciòmotteggiava Monza di del Resini le e Guerre civilidel Davila mi riverenza parlando. con piscia, molto il Ranieri,ma che notava so non pare Lodava che — al Leopardi, e prefazione sua certe leggendee terso ma stile, una letteraria, in pura Isolina di Roberto che ma ma lingua e e diceva Savarese,ch'era e' era in graziapresso lui, avevano dell' argomento; la natura , Orfana della grande impressione, Comparivano coraggiosa. novelle non non nell' un' opera come un'azione come bene fatta avea solo non per violenta situazione Nunziata, che ancora Quel loro scrivere — una concetti nella so : non so della scritta che puzzo della Ildegondae romanticismo,qualcosa sai as- di simili piagnistei. il Marchese Pure sua. più colti e di il Attorno poteva andar a contento lui stavano stimati uomini l'opera del- riverenti i della città : il chese mar- Montrone, i fratelliBaldacchini,i Cappelli, Campagna, 1' Imbriani, il Poerio, la 311 — Vincenzi,i Bavarese, il Gaspar- De Guacci, il — rini,lo Scacchi, il Cassola mi non letterati di Molti la penna. sotto vengono altri,che ed partid'Italia gli facevano plauso.La sua minari radici fino nei sebuone scuola avea già messo altre Cava dove il Marchese nelle più lontane ad mano libri di testo molte scuole Rodino, e sua a l'altra domestico,che Mirabelli. Tutti della in a Fiorivano parecchi fama dimestichezza molta catore in lui l'edu- onoravano gioventù. Mi ricordo il grande scalpore che gli venne venne Vito Fornari, Luigi Settembrini, lui,come Antonio sto po- quelladi immagine, come ch'era la sua di Fabricatore, E prediletta. già venivano entrati in giovani valorosi, con avea gli studiosi. subito in favore presso e sparsi erano scuole. Ultimamente dizionario un spesso invitato era , I suoi festeggiato. di ricordo il seminario Mi più ritrosi. mano un opuscolodi fece,quando Luca suo tello, fra- paroledi un damente: e letto avicredente,un libro di molto strepito chiamava del fratello un basso l'opera di cortigianeria atto il governo. Da lui verso in confutazione non venne mai poteva dunque niente esser delle Ultime di basso contento. e Ma di servile; in quella 312 — aria nuova si sentiva ~ affogare , del suo meglio.Se Cesare la vi si dibatteva e prendevacon certuni Domenico Malpica e Anselmi, e lui e la con parecchialtri che beffeggiavano miserie non scuola;e queste erano degne della come collera. sua VENTESIMOTTAVO CAPITOLO IL storia di bassi Questa sino a NARRATIVO GENERE messi in da e di giungeva non di novità lungo tempo atmosfera nuova una serietà d'intenti con e' era noi. Quello che attirava,perchè già fondi studi,e ci non ci vamo era- letteraria, ci parevano ridicoli i vedendo in loro non novatori, pretesi che ignoranzae superficialità. L' inverecondia delle polemiche ci moveva e disgusto. disprezzo La persona di Basilio Puoti c'era veneranda, appunto cui era La per divenuta le basse contumelie più di fatto segno. conclusione fu che ci demmo agli studi,cercando nuovi allora si con con dore piùar- bri avidità tutti i li- di cui problemiletterari, che parlavamolto più con presunzione intorno ai 313 — competenza. Questi libri circolavano nella con scuola ; i miei e se li prestavano li prestavo sotto narrativo, la la lo stesso in sé romanzo e nelle di a dire la situazione stile,ecc. epico nelle poema speciedi quadro dalla famigliaal Cosi Prima l'esame era del condizioni di tempo sue le forme,cioè lo l'ordine,i caratteri, e concetto un adeguato del feci vicissitudini, sue storico ai una andando dell'umanità, dal comune, dalla nazione ria sto- nuavo storico. Conti- romanzo cui si derivavano dare Per epico novella,la la e metodo. e luogo,da al genere fu intorno corso biografia,il contenuto attingevo. ove il qualecompresiil poema leggenda,il e le fonti mai tacevo non io disputavano; ne , pre, e ne volentieri, parlavosem- Quest'anno il mio e — alla comune zione, na- di civiltà. grandi centri sto, Dante, ArioVirgilio, Tasso, Milton, Klopstock.Toccai del Ca- classificaiOmero, moens, tipo di poeta come Precedettero alcune 1° Derivando poema altri , può perchè ciascuno perciò forme 2* In considerazioni le forme essere nazionale. generali. dal contenuto, nessun tipoe modello di tutti gli ha un contenuto ci sono tipi,ma suo, e sue. poesianon indivi- 314 - dui , I e data individuo nessun tipisono — astrazioni somigliaa della critica. Il qualitàaccentuata, com'è reale. Il poeta individui. Il deve non tipicoè carattere tipoè una nella vita anche innanzi avere altro. un ma tipi, insito nella persona del poeta. consapevolezza Dire che Achille è il tipodella forza e del coraggio, che Tersite è il tipo della debolezza e è inesatto,potendoquee della vigliaccheria, ste infinite espressioni qualitàavere vidui. negl'indi- poetica senza , Achille è Achille,e Tersite appunto per questo le , come a invenzioni i modelli la vita umana, pateticiche rettoriche,non la natura utili ai 1' homo pittori. sum, esiste in di sé bella mostra che astrazioni: non incorporati, frammenti , tipo,è sono damento fon- di tutta e sono di anatomia senza 1' umano, fanno dov'erano e sono che esiste in arte. Gli elementi non e il modo perciòimmutabile reale e artistica, non assoluto come tiche poe- giovare ai poeti,non copiare,ma come ispirazione 3° Parimente vivo compiute persone a quel simili, e ispirai poeti, e Tersite,e quali possono esemplarida natura sono è etici nelle tolti dal che pezzi cadaverici. L' uomo, insito in ciascuna tica, persona poe- coscienza dell'artista. 316 — bestemmie a tra fuochi, i classici e io mi molti; e i che si decoravano alcuna allora si trovavo due tra meno romantici,o quellial- questo con serietà di studi. Anche — nome L'imposturaè empivano senza cosa la bocca chia. vec- di tori au- si aprivafacile mere cato leggicchiati, zionari scienza raccolta negl'indici e ne' di- neppur di A quel tempo dogmi, le nelle qualiio più dozzinali ai Pochi e primi anni anni certe correvano più tardi stesso scio cresciuto. La- era che pedantesche, de' miei del si nettono con- studi scolastici. pieno ero nella scuola apprese tenute opinioni di molte Puoti,e nioni opi- ancora poetichedal Cinquecento in poi.Il Discorso del Tasso sul poema epico era un oracolo, mi piacevaanche la per me Perfetta"poesia del Muratori leggevo le opere del Castelvetro, e mi stillavo il cervello in quelle Pure ressi alla fatica, e v'imparai sottigliezze. molti fatti peregrini,grammaticali e poetici. mi parve La Ragion Poetica del Gravina un più nelle rettoriche e , avvenimento , e per novità per chiarezza quasiuna di e finezza di mi dava che esposizione, illusione di posatezza e Il Marchese zioni osserva- lo ammirava tifica. scien- coerenza molto , e final- 317 — trasfuse in mente Poi mi ammirazione. sua polemichesull'unità di tempo avidità i giudizidi Pietro di luogo,e lessi con il cui fare libero e spregiudiMetastasi 0 cato vennero e la me — le mano a , mi studiavo piaceva; ma impressioneal Marchese, al quale MeAnche celatamente vorai diera antipatico. mia tastasio del le opere dell'Algarotti, del Bettinelli, Cesarotti del Baretti , del Marchese, che in fino letture mia Vincenzo a in dell'esame. mie fissarmi me, e impressioni del sottigliezze falso , e nella naturale altro la mia non da nella guazzabuglio l'età benefica Il progresso il gustose. Queste furono opinionie pregiudizi me più che il pensare riuscirono polemiche cui cancellati. non Cominciò Monti, le prodottoun Molte mente. e mi avevano scossi,ma rio contra- possibile leggeresino alla fine il Perticari, cosi cari al Marchese. la Crusca con qualisentivo piiipiacere fu mi Napione e Tirai ne' ma al dir scrittori barbari , Al que' faticosi Cinquecentisti. non il di occultare questa del mio parte le Sentivo giudizi. gravità del il lambiccato Gravina ditazione, me- e scrittore, in gran Castelvetro e rito, spi- abitudine alla in alcuno mutarono i miei del dubbio nelle e il' il presun- 318 — tuoso il — pedantesco.Nelle e spigliate scorrette del Metastasio, del Bettinelli, del Monti sentivo leggerezza odore e superficialità, con un e opere talvolta di ciarlataneria. Quando critiche del Galilei sulla le scuola,mi capitarono Gerusalemme Liberata. più che in Alcune in altre trovai ma l'eccellenzadell'Ariosto sopra e il Tasso. e sopra imitatori, leggevol'Ariosto stranezza, e sua e e capii scrittore, i suoi Fino superioresAV Amadigi lo ponessero perchè molti delizia dei miei dal memoria e brani Galilei un scrivere Questo o aìV Orlando ugual piacere, al modello primo all'ultimo dell' Orlando rimanevano concetto più sano sapevo la Gerusalemm verso Furioso Tasso, di perfezione miei? Basti dire che appena cuni al- al Debbo impressi. dello e più preciso poetico. era lo stato alle principio aggirava il rumore diedi si mi pra, pensatoso- innanzi primi anni, e agli occhi a precursori a mai avevo innamorato, eh' io leggevo con e senso domandavo, maravigliato,in talora mi che fosse ci non buon racchia sti- queltempo nella poeta piacevole un come mi parvero garbo e altro nostro nessun cominciò la mia mie del mio quando spirito, lezioni. Intorno delle vecchie a me opinioni. 319 — — d'azione,di tempo L'unità assioma; V Iliade e di il modello era luogo era un di immutabile dalle C'erano regolefisse, poemi possibili. tutti i quali non lecito scostarsi. Sotto era di nome correvano principii a tutti applicabili generalità i ricette. casi, come non era non si e fosse poco l'Orlando poema Furioso , contro alle una regole; pretendevache la Divina Commedia si leggevano serie di episodi, e non alcuni di essi , stimati che meno un più barbaro. barbaro,e Lopez Rousseau e Voltaire Ignotiquasi una secolo decimottavo si pure nep- sotto qual genere raccapezzarsi C'era la gran lite degliepisodi, allogate. belli. Dante Poco si studiava,molte de per nomi erano leggevano un ciarlone. scomunicati. parte degli scrittori dal gran in Vega poi.Poco erano si leggeva, meno le chiacchiere. ignoranzadegliscrittori eccessive al merito La stranieri dava tutti i tragici, a e Goldoni a superiore i comici,e la Basvilliana veniva comparata Commedia: non dall'eccellente. stra no- porzioni pro- Alfieri degl'Italiani. era Divina era addirittura gli stranieri; Shakespeare passava per dia Comme- Divina sapevano andassero che un La poesie divine si,ma : e certe si il distingueva tutti alla diocre me- 320 — Queste e si tendenze — erano nei miei pure scolari, può comprendereil perchè di quellamia che oltrepassava nei suoi intenti introduzione, il poema epico,e abbracciava tutta 1' arte. A tale generalità di regolee di modelli io sostituiva la particolarità di un minato detercontenuto , dalle condizioni del poeta. Ciascun la è come la nel e la delle azioni. Facevo sue dalle ogni altro,e forze sue raggiunge la o leggie una forma la materia poetico suoi pensieri del notare dalle condizioni vitale ; cosi il cioè o prende una forma, diviene in cui la natura, è un data un eglivive,si specializza, situazione, acquistala sua organismo.La poesia,come lavoro diffusione insieme, dove 1' argomento dalle forze del poeta e dalle determinato esterne pari poetichee minata materia, deter- , condizioni nuto conte- le formazioni le formazioni naturali. Come contenuto nismo quell'orga- regola.Il sua dissimile da grande analogiatra , in zione, situa- sua organismo il segreto de' suo esterne la individuo,il quale, appunto un perchè individuo,è ha ha organica,e bisogna cercar dalle facoltà e contenuto forma sua esterne e di concentrazione lo paragonavo la concentrazione a nel centro un e di colo, cir- produce — la diffusione ne' che concentrata Io con come La me. calore in con braccia, avessi se s'io fossi un cento, energia d'ac- avversario un luce pianeti. queste lezioni, una gioventùmi seguivacon come al sole , anche si diffonde nei di moto un — raggi, e molto metteva 321 dinanzi a giosa, attenzione reli- di culti nuovi. predicatore ch'io Certo,in quellaestetica improvvisata, andava tino predicandoda tre anni, c'era un tandi esagerazione. Invaghitodella di ciascun alle speciee alle trasti. Ma si a' generi al comune , da fu buona. I far getto delle vuote giovani lità, genera- parte regolee modelli,a inviscerandosi gli scrittori, diare stu- in essi. C'era presunzionee .piùstudio. meno Quelle generalitànon antica i classica. o e ne' Si tipi. il il valore e la certi tori, nova- segreto dell'arte nei sul Vico,che i e giudicavano tipi, delle opere poetiche, secondo la verità delle loro idee,e l'eccellenza grandezza. de' loro S"netiB. facevano fondavano nell'arte le idee cercava solo nella scuola erano Peggio qualicercavano concetti D« all' universale, e alle somiglianze, a'conrelazioni, a metter a contenuto, davo poca importanza la conseguenza avvezzarono lità individua- e trascurando tipi, in tutto la forma 21 322 — e Perchè l'espressione. — s'era abusato delle cancellavano,e riducevano essi le concetti Questo tipigenerici. e questile poesia le sottraevano anche potevo quelliguardavano se più grossolane, parte viva,si che calore nulla a dir questo che valesse dello i di dire e famiglia, che pareva a formato Quel mio quadro in sé il contenuto la del il contenuto Vico, e ne poemi vandolo deri- , situato era astratto ; ora e dava io considerava zai poetiche.Analiz- pre-omerico,secondo dedussi mi poeta. vita nelle forme sua E storico dell' umanità o agli i due contenuto. cosi com' nella mente e bilico tra in studiare 1' organismo de' dal contenuto i retori tra agli uni del mio estremi,coi miracoli messi trovavo di tenermi cor an- guato giudizioade- un il viso mostravo e filosofi, si dicesse non darci a scrittore. Mi altri,studiando di gerazioni. esa- queste rappresentanze fossero generalità astratte,e che e battevo com- queste che Achille rappresenta la forza. Mi tutte io pazienzasentir con V Iliade rappresenta lo stato che una me filosofiche. Ora maggior con Non la tutta in astrazioni ella Vania forme poesiaa a pareva esagerazionepeggiore,perchè nella la forme, che Omero era le orme la mente 324 — procedimentocontrario tenere un Vico. Vico e - le idee , tirava dal vivo perchè costruiva noi dovevamo storia; della una a quellodel poesia i tipi scienza della ritufFare nella forma quei l' tipie quelleidee,per avere l'intendimento dell'arte quelli che arte. Perciò polverizzavano la riducevano a concetti puri,fraintendendo il Vico. Mostrai che Achille non era un tipogenerico ed esemplare,ma un tipoindividualisgli Dei e simo, prodottoda que'tempi, come atmosfera, gli eroi,foggiatodal poeta in quell' della quale viveva eglimedesimo; perciònon ad imitarsi in altri tempi e da altri possibile sciplinat indipoeti.Raffrontai quellaforza barbara co' sensi umani e appassionata e che anla scuola, delicati di Ettore, e commossi velano leggendoil famoso addio di Ettore,dove si riil marito, il padre e il patriota. del terzo libro e Di Virgiliolessi il sogno , il fatto d' Eurialo a e Niso, tirandone argomento varie osservazioni di come Feci il più grande r architettura mostrando stile, giudicandoio stilistadell'antichità. della Divina Commedia , quanta serietà di disegnoera viaggio, base in quel quale si ergeva 1' edificio mondo e più particolarmente sulla della storia del gilio Vir- , 325 — italiana sino alla fine decadenza del nell'Inferno fiorentina. Notai e legge di — alla dissoluzione delle il immaginazione,superstite della nel mino cam- legge di progresso sino forme, e alla conoscenza una poema e , una sentimento. preparaila via, combattendo i metodi de' più celebri comentatori,che andavano a caccia Mi di Notai e di fini personali. frasi,di allegorie «he la grandezzadi quellapoesiaè in ciò che si vede in ciò non , che occulto. Lessi sta Francesca,il Farinata,l'Ugolino,il Vigne e il Bordello altri brani che sulla apostrofedi V , , facendovi interessanti, dimenticai non più,e Pier delle San sopra furono qualelavorai parecchimiei Saggi Posso dire che la mia usci tutto di Francesca Pietro vazioni osser- la base critici. da Rimini mi e fu Feco gettoin due giorni, gè- un niale di queste reminiscenze aggiungere che sulla Divina la tile scolastiche. E inu- queste lezioni novissime Commedia destarono vivo siasmo. entu- , I sunti fatti da' miei ne rendono dice una Dante, furono Originali come lando Furioso. contenuto stimi, rimae discepoli e immagine pallidissima, fioca al concetto. le mie pure Analizzando cavalleresco , ne le lezioni sull'Or- qualitàdi quel dedussi che quello 326 — che la turba regola-Tirai e la disordine chiamava chiamava la turba quelloche da di forma — quel ordine,e era era irregolarità, la situazione contenuto quellavasta varietà e , posta trovavo regolarequellapluquellasituazione, ralità di azioni, che a' più sembrava un peccato mortale. Confutai le nel Discorso sul suo lo scrittore un gran argomentazionidel epico 'poema poeta e Questo mi tirò addosso chiamai e , Tasso mediocre un tico. cri- fano tempesta. Ste- una Giambattista Ajello soprattutto nico, iroe Stanislao Gatti,dal piglioimpertinente una ne me vollero, quasi avessi profferita Non bestemmia. potevo patire che il Tasso Cusani chiamasse , , 1' Orlando e principio Fwioso fine,e senza che lo condusse un distinguo ammettendo un critico valoroso senza poema ci sentivo quellapedanteri alla Gerusalemme controversia La un s' infuocò e , io che quistata Confini con il Tasso , secondo era que'tempi. vano quellavarietà ariostesca mostrai che aveil licenzioso ed il ridicolo là lor parte legittima tuazio sidato sempre e quella quel contenuto Notai che quel suo cotal riso a fior di beffe del suo argomento, labbra,quasivolesse prendersi In era una ironia spontanea e inconsciente 327 — di si rivelò tempi adulti,che varietà de' suoi fantasie delle e flessa ri- chiarezza con Chisciotte.Notai nel Don sue — infine l'inesauribile delle la limpidezza colori, forme,la sue forza fresca e allegradella produzione.Lessi la famosa scena gi, in Paril'entrata di Rodomonte della Discordia, di Zerbino, la pazziadi Orlando, la morte l'andata di Astolfo alla Biserta,Olimpiae Direno, Cloridano la morte di Rodomonte. e letture io In queste ero dello stile e più delicati particolari lingua,e dicevano ch'era un altro,perchè della dalle che pareva nelle sentivo dessi scenpiù alte contemplazioni più umili verità è ch'io mi sfere. La in contatto il maestro, sempre sempre co' m' d' cose in quelleletture e discepoli, accostarmi più a loro, di dir luogo nelle trovato Esaminando del Cristianesimo ancora non Gerusalemme, Allora non scevo cono- i fanatici panegirici, mescolati da me. di con Guglielmo Schlegel, Notai il carattere cattolico universale, che che dell'influenza questione sull' arte. dottrinarie sottigliezze m'aiutavo ingegnavo lezioni. nella il contenuto m'incontrai nella grossa e Medoro, ne' minuto avevano di luna,il combattimento della le nazioni oltrepassava e nuova creava politico, cosmo- gione, relil'u- 328 — inanità ; i — di grandi centri l'orizzonte del poema di fratellanza di e stringevain e solo un la consacrazione Eva; via come epico;il patto tutti del dolore di redenzione ; e del concetto la schiavitù aboliva carità,che gavano allar- che popoli, di figli i sacrificio, dello l'emancipazione dalla materia; 1' aspirazione a spirito forme elevate to. sentimen- e più musicali,sino Questo mi ci scaldai mio innocenza molto lodato. la Divina padre Juppa, dine mansuetu- per costumi, fare bello un Mostrai cristiana ebbe dovendo dotto e spiritodi nello Commedia fosse Da panegirico, potenza 1' idea quanta ideale del Cristianesimo. Dante , esso, Divina e animo lo fece suo, non Commedia, V Orlando il Tasso Ma argomento. Furioso. libero , di Aristotile e e e come come Il Tasso portò seco la voga come e appunto la storia i questo desunsi caratteri del contenuto, che il Tasso per predica una io Cristianesimo,volli fargliela riusci e E parecchie lezioni. serafico uomo di su'benefìzii del medesimo, che, tanto discepoloe e di fu materia al puro più avea scelto si obbliò non Dante fece nella fece l'Ariosto non vi entrò appresso cavalleresca. in le nelcon regole Cresciuto 329 — in che a' retori mezzo — volle fare un le secondo poema materia una Omero e in al critici più severi di di scorrezione,e aristotelico. La intrusione e e lui,che lo non leggi del né trovarono in dissonanza le farla immeschini probabile, più corretta. preposero alla E per Cosi la avvenne ridurle che per correggere volle rifarlo di più la cine più vi- gli pai*ecchi al di sopra. tica spirito partecipavaa quellacri- pianta,e Il poeta Conquistata. sotto sacro, il Trissino,e quanto regolarità rassegnò; e poema, una materia, senza ne'puntifondamentali,dopo vana vi si trovata di proporzioni l'Ariosto gli rimase cavalleria, poiché il suo trovò omerico,né argomento quella fantastica cavalleria,per al mile verisi- il poema accusarono aggiunse che, diminuendo si liare conci- somma parte cavalleresca fu una innestarvi punito,perchè storico. Fu senso gliendo sce- Ariosto corretto un alle conforme regole,e , Ariosto,fare T regolare,più e , volle nuova la parte cavalleresca. Voleva e critici si vantavano , rigiditàdel al verosimile e gli errori poetica,e correndo del rusalem scrisse la Geera critico. Volendo allo resistenza, scomparso accostarsi storico,guastò dietro all'ombra la rità ve- di bel- 330 — lezze fece teologiche, ch'erano — di bellezze profane, olocausto più genialedel la parte poema. d'occhio perdette Seguendo regoleconvenzionali, le dell'arte. Non regole eterne corresse, letrì ische- il poema. Il Tasso era e che di dotato più di sensibilità, attissimo forza,e cristiane,la poeta geniale,di molta un cui ebbe poca ivi le moda sue e in quel Si ispirazioni. dalla Volle sottoporre appresso con e fece trascinare omerici la diversa, e rità. ca- cercare dalla un ostili. contenuto moda, tirandolo tormentandolo a' poeticavallereschi, e rivale dell'Ariosto, gli velò la divinità del parte la novità e Quando più matura, contenuto esso questielementi modelli a affatto l'immagine era è la critica, e, spirito poco resistente, visse in perpetua lotta tra di natura le idee cristiano, contenuto virtù di trasfondersi in dolcezza tutte sue fondamentale nozione Abbattutosi far a maginaz im- in età troppo tardi,e che Nondimeno le si deve alla morte di contenuto. dio, porvi rime- volle attinse del parti esteriori parte più eletta del Sofronia,la non suo in nuovo accidentali. e cristiana ispirazione la poema : il fatto di Clorinda,e un cotal poco suo 332 — — lato d' in ostile, impregnata un'atmosfera a mezzo di indifferenza superstizione e d' ipocrisia, , sperduto dalla sua tra elementi poetici alieni critici , natura, entusiasta non e potè assimilarsi naufrago malato , correnti. e uno fra rito spi- quelle COMMEMORAZ IN IONE ONORE FRANCESCO DI FATTA DA VILLARI PASQUALE Per SANCTIS DE dell' Associazione invito Il 27 Gennaio della Stampa 1884 Signori Comincerò col ringraziarel'illustreVice-presidente, il Marchese Alfieri,delle troppo cortesi parole,con cui ha voluto presentarmi a voi. farò lungo preambolo. Accettai Io non con cere piar invito di venire a parlare dinanzi a voi del Prof. De Sanctis, per della di SI un In che questa la me che sua riconoscente faceva mi fu mio sala attenzione e chè per- alla memoria omaggio di maestro. dove se , , l'Assoc al- 1' onore , di rendere trattava uomo, Stampa, di rivolgereverso dimostrarmi la memoria non m' inganna dal luogo egli fece l'ultima sua conferenza dal quale io ho ora l'onore di parlarvi, cercherò magine imoggi di evocare, per un momento, la sua , stesso ideale. Non mi propongo sconfinato. indeterminato , di fare Desidero , per un elogio quanto le 334 — forze mie lo consentono - di , di esporviciò che vi fu nella sua qual opera permanente e di duraturo rimane immortale fra noi. Non parte del suo spirito anche delle critiche, mi asterrò dal parlarvi che gli furono fatte, dal dirvi fino a che punto io le creda e , Questo potrebbein giustificate. dei io crederò Ma reverenza. poca del precetti me di segno di guace più fido se- parere essere maestro, cercando alla distanza criticamente,storicamente,come di secolo. Ho un quelliche furono io mai Chi così una sicuro, che le critiche possono sono megliola non piena fede in reali del De Sanctis,che d'altronde i meriti era fìsonomia ad offuscar lo il vera riuscire del splendoredel Francesco professore valore veramente aveva di contemplarlo come De critico terminar de- spirito, suo suo a nome. Sanctis? Che e come tore scrit- è facile darla in un mento morispostanon addolorati dalla perdita nel quale tutti soqo recente. E meno d'ogni altro può darla con calma che tanto glideve, perchè ebbe la fortuna di uno averlo avuto prima maestro, e poi,per lunghianni, dovere. amico carissimo. Pure il parlarneè ora un che gH vennero Le straordinarie onoranze funebri, furono certo un omaggio non in Napoli, solo al rese ed allo scrittore,ma anche al patriotta. professore Chiunque fu però alla sua scuola,può affermare che il suo insegnamento,massime neglianni che precedettero di poco il 1848, destò nella gioventù napoletana di cui non dare idea è possibile entusiasmo un al paridi lui ilsegretod'impossessars esatta. Nessuno possedette ? La , dell'animo dei e dominare giovani, ad un 335 — tempo la loro mente ed il loro tempi antichi nei Fu perciòamato, segnanti come discepoli, pochiin- dai suoi stimato, ammirato — cuore. Si è da moderni. nei o che, senza qualcunoosservato negare molto ingegno al De Sanctis,potrebbesupporsiche lo straordinario fosse conseguenza entusiasmo più delle condizioni allora glistudi a Napoli e specialiin cui erano , , delle fantasie meridionali giovani,che nei solido facilmente di merito un accensibili, sime mas- scientifico o letterario, reale. Questa nanzi ipotesiperò cade diad un fatto. Condotto dall'esilioa Torino, dopo il 1850, aqcora ignoto,perchè nulla aveva cato pubbliin mezzo ad un popolo tanto per le stampe diverso dinanzi ad un uditorio non di giovani ma di conferenze di uomini adulti eglifece un corso e , , , destò sulla Divina Commedia, ammirazione punto minori. Soleva anzi dire,che i giornipiù belli della sua vita,perchè e ad infatti allora appunto cominciò del propriovalore. insieme pubblicate, di Torino, lo E un sono questo non merito una altri con certo reale, senza Le un critica del De conferenze sue , nelle Saggi critici, subito noto resero può acquistarela piena essere in tutta avvenuto grande valore. fra noi scrittori autorevoli, i oggi la entusiasmo, non furono quelli coscienza un viste Ri- lia. Itasenza Pure ci qualicombattono Sanctis, dicendola stematic troppo sipienadi formole astratte, privadi metodo e quindi pericolosa, perchè devia rigorosoe scientifico, la critica storica, gioventùdal retto sentiero della nuova che è positiva sola risposta che si può e sicura. La dare a tutto ciò, sta nel determinare imparzialmente il carattere ed il valore del dell'opera De Sanctiii. 336 — - come Egli compariscela prima volta sulla scena modesto insegnante, nella scuola, un e per giudicarlo nel suo bisogna metterlo necessariamente tempo e nel suo paese. La reazione trionfava per tutto in la letteratura decadeva. Italia,specialmente a Napoli,e gioventùdelle nostre provincefaceva i suoi secondari nei seminari, dove s'insegnavail col Portoreale,la rettorica col De Colonia, la La studi latino col filosofiamorale 0 padre Soave, e si di nascosto, filosofiitalianie francesi del meno XVIII, I, le storie della Rivoluzione La ec. e letteratura nazionale si scriveva italiano che un italiano né francese. Accorrevano né leggevano, più di e era colo se- leone Napo- assai trascurata, spesso non era poi in Napolia a fare i loro studi proi giovani, e venivano migliaia fessional nelle molte scuole private, sorte allora perchè la Università esisteva poco più che di nome, e nessuno quasi la frequentava.In questo momento fra le altre,una sorse, scuola nuova d'italiano, per Basilio Puoti,ricco,amantissimo opera del marcherò dei giovanie delle lettere.Ingegnavagratuitamente nel palazzoaperto a suo Nel tutti. scritto.L'ultimo suo dei Puristi, il De San- ritratto fedele di questa scuola, e del in essa metodo seguito.« Si cominciava, eglidice, con gliscrittoripiù semplicidel Trecento, nei quali altro che parolee frasi ; studiare non si dovevano e primi stile, venivano poi gliscrittori che avevano ctis ci dà quellidi San ed un stile naturale, come il Villani,i Fioretti di poii più artificiosi Compagni, il Passavanti; in stesso si faceva col Cinque- Francesco, i Fatti d'Enea; arguti,come ultimo Dino il Boccaccio. Lo 337 — Il Marchese cento. — ammirava il Machiavelli , i preferiva ma lavori ce più artificiosie alla boccacil racconto della peste(1), vole,come e certe zioni orain bocca de' suoi personaggistorici.Noi messe davamo opera a riempirei nostri quadernidi bei modi di dire,a rotondare i nostri periodi, studiare a con atteso animo grammatiche e rettoriche. Io ero chiamato un gran cacciatore di frasi e di parole,e mentre intorno a me si disputava altamente,acchiappavo vo domandae per aria le paroleche uscivano : questa è una parola italiana ? La parola era pel Marchese qualchecosa di luccicante come leva l'oro.Sodire: parole di buona o falsa lega, nissima parole di fiCosì ciascuno si avvezzava lega,oro di coppella. suoi , scrivere col dizionario avanti, col a di frasi cacciando via le , suo derno qua- parole sospettedi falsa le diflScilmente lega.Il Marchese perdonava meno sgrammaticatureed anche glierrori di ortografia; inesorabile cogli errori di lingua, ma era massime i di francesismi, era elegante per lui usati comunemente, linguaparlata , di credere,tener d'una cui era nemico fuggirei per sostituirvene come : saper per fermo, mortale. Scrivere vocaboli e altrifuori della grado e grazia , esser modi tenero e esser sollecito Le bandite,e parolesocietà,sociale erano si diceva soziOy non socio. Un giorno io scrissi,in discorso ai giovani: alcuni di voi studiano teologia un medicina o giurisprudenza. Il Marchese 0 corresse subito: sono di quelliche studiano in divinità,di cosa. (1) Lavoro D* Suutis. artificiosisaimo e ora non creduto più del Machiavelli. lì 338 — — quelliche danno opera alle mediche scienze molti alla ragion civile ed ai canoni. Si dava importanza alla parola come dello parola,alla parte meccanica Tutti scrivere,e per essere purisi diveniva impropri. , finivano collo scrivere allo stesso ottima che E un arrivavano il Marchese, cui stimava in forma moltissimo modo, ed a questa anche i più mediocri, il fiuto mancava dell'ingegno, (1). » tanza, questa scuola ebbe una grande imporquando sorse fra noi. Quel bisognodi scrivere buon italiano, la forma straniera, era respingendo tuttavia segno dei Il Marchese Maestro manifestazione tempi,quasi una era amorevolissimo scolari formavano di triotti patutti. con voravan lafamiglia; I giodiscutevano insieme continuamente. vani arrivavano dalle provinole colla testa piena di idee francesi, di letture moltepUci e disordinate,con studio dei nostri classici e dell'arte dello pochissimo e scrivere. A trovavano dare forma cercavano il Marchese, e cosi si proprieidee a ben al proprio pensiero. I migliori fecero tra via propria, una come costretti una presto ciò h richiamava sola una à riordinare le glialtri il Settembrini ed narra aveva egli stesso il De , Sanctis. Questi,come allora riassunto , o copiato dai (1)Questa descrizione è cavata tutta,quasiletteralmente, Saggi del De Sanctis specialmentedall' Ultimo dei Puristi. , Avendo ed io parlatoaltrove essendo creduto , stato bene del marchese accusato di Puoti troppa severità di riferire qui il ritratto che assai poco diverso da e quelloche ne della e ne facevo sua scuola, ho parzialità, ctis fece il De Sanio. Vedi i suoi Saggi critici, pag. 508,520, 521, 523, 527, 528. 2* ediz. Napoli rano, MoMorano, 1869. Nuovi saggi critici^ pag. 325, 335. Napoli, 1872. 340 — terarie, riscontravo v'erano francesismi — il dizionario; vedevo altri errori di o in se se lingua, ess" eranc le unità di tempo e di luogo,se v'era i rispettate ai tipied archetip se protagonista, corrispondevano Mi pareva al di essere prestabiliti. senza istupidito, cuna di resurrezione. speranza In questo momento m'imbattei alunni del De Sanctis,che da poco scuola. in Appena mondo un in alcuni apertola suj aveva li sentivo mi parlare, Ragionavanodel nuovo. giovan trovavo come Manzoni e de Berchet, di Dante, del Machiavelli,del Goethe, delle l'altre modo Schiller,dello Shakspeare, ed in un o li ammiravano tutti. Mi sentivo rato atti- stranamente da essi ; li accompagnavo nelle loro passeggiate, senza aprirbocca. Finalmente uno di loro m disse : De Perchè — Sanctis? Se fai tanto dei nostri. In — E così vicolo un rovinato, in una in cui aveva il suo Pareva col maestro, un palazzomezze sala appena illuminata,senti il De Sanctis. Ciò che più di tutto m cui trattava nuova che primo tentativo,ancora cava cer- e che, parlando se stesso entusiasmo, il nostro baldanzosamente in fatti sempre scuola ritrovava tutta la scuola sempre il momenti strada. Si vedeva e l'am glialunni,e la vecchia ed il nostro Eglici chiamava Eravamo in oscuro, noi, eglisi esaltava a qui fu. abbandonato la ancora da volta,sarà una cui essi l'ascoltavano. Era con tu gran prima volta fu l'affettocon colpi, mirazione venire anche a da sentirlo lungoed la Di ti decidi non a insiemi procedesse, alla ricerca amici e fetto. af- del vero compagni di lavoro insieme. Il su( discutere sotto la scorta del Marchese 341 — — di grammatica italiana che gli fece avere di grammatico. Ma il nome si vide subito la natura del suo indipendente ingegno.Invece di spiegaresolo le solite regoledell'etimologia e della sintassi,eglivolle fare una storia e una scienza della grammatica. Ed anche più tardi nella sua propria scuola,una dio. prima lezione era dedicata a questo stuera stato un corso , , La 0 seconda per ora dava meglio dire invece allo studio dei classici, alla storia della letteratura. Ma qui i francesismi ; la linguaconsiderata per se stessa, separata dal pensiero;l'unità di tempo e di i tipie gliarchetipi immutabili luogo;il protagonista; erano scomparsi del tutto. Non si restava più nel campo chiuso dei Trecentisti e dei Cinquecentisti italiani. Tutte le forme dell'arte; tutte le letterature, antiche moderne, purché avessero valore intrinseco, un e questo carattere d'imparzialità d' indipendenzafu sempre e proprio di lui. Il via lo aveva primo impulso ad entrare nella nuova avuto o erano ammesse, dalla storia della letteratura drammatica Questo Schlegel. autore , esaminando relazione alla società ed al formando, arrivava tempo dello il dramma in cui s'era alla conclusione, che in dato an- ogni la sua popolo deve avere propria letteratura la qualedal suo valore storico e nazionale acquistala sua maggiore importanza.E così un primo vasto orizzonte s'apriva dinanzi a noi. Le grandi diversità , che passano ad fra le varie un il loro letterature, tipo costante, non erano non formarsi uni- difetti, ma pregi,perchè ciascuna deve manifestare la diversità dei caratteri nazionali; comesi e possono ammirare il Partenone, il Pantheon il duomo di Firenze o e 342 — — di Colonia, così si possono, si debbono focle Soammirare Aristofane e Molière, Omero e e Shakespeare, Dante. Tutte dinanzi le barriere erano a tratto un demolite l'umano aperto l'adito ad ogni forma delpensiero e la letteratura nazionale acquistava una nuova importanza ai nostri occhi, perchè la personificazione era vivente dello spiritostesso della nazione, ed a far progredire, liberare l'uno a noi ; a era , far necessario era st' ultima liberare progredire, idea, appena accennata, era l'altra.Queil sottinteso come costante,permanente che santificava la scuola, e la trasformava non niva tempio. Il professorediveil nostro idolo. Di politica si parlava;ma non n'era bisogno. Il Colletta,il Berchet, il Gioberti, ve in il NiccoHni un fra i libri di tutti erano denti, glistu- che in segreto per leggere spesso si riunivano le discussioni fatte nei Parlamenti di Parigi e di di tutti modo , il quente più valoroso, il più eloin questa lettura in si accendeva Luigi La Vista, Londra. indicibile,confondendo e dicevamo: l'esaltazione — sembri Tu la critica letteraria uno Qualche politica. un una sapere che questa era E tuttavia alla fine di dubbio. Il trovare in martire volta noi di hbertà, — gU senza profezia. questo corso la relazione, che il un sorgeva pera passa tra un'o- cui a popolo in mezzo il valore indi giudicare trinsec dà alcun modo non sorse, stessa. La quale può rappresendell'opera tare compiutamente il pensierod'un tempo o d'un insieme con tico. esso poco valore estepopolo,ed avere il valore della poesi farà a distinguere Come d' arte e il tempo , 343 -- sia greca e — della provenzale, ambedue se sono sione espres- tempi ? Ma questodubbio,prima che in noi, era sorto nel il quale,nel nuovo parve ricomnostro professore, anno, seconda sulla cattedra già trasformato. Una rivoluzione era e seguitanel suo spirito, questa era stata provocata dalla estetica dell'Hegel anzi dai primi due volumi della traduzione francese; giacché fedele dei loro , altro non visto,e allora aveva non il tedesco. conosceva che fra coloro i qualidicono L'Hegels'era messo r arte è una sempliceimitazione una riproduzione della natura, e coloro i qualidicono invece che essa , ad mira scopo morale, ad un'idea. La della natura, eglidisse,sarebbe uno sempliceimitazione un la Ed meccanismo. non fotografia modello ragione.Perchè aveva è arte? E del Pantheon o dove d'una in fatti il è nella natura sinfonia del Beethoven un'idea la senza pensiero senza che esprime questa idea, così creazione dell'artista, esiste. Ma continuava 1'Hegel 1' opera d' arte non ? Senza un , , , non la sola idea, col solo siero penastratto,che è invece il soggettodella scienza. esiste neppure Nell'arte l'idea e con la forma, il concetto astratto e la si compenetrano per espressionesensibile di esso modo che è impossibile distinguerli. Bisogna che il pensieroprenda,per opera dell'artista una forma sensibile,e si presentia noi come immagine, come sentimento, come carattere, come personaggiovero e reale. L'artista s'impadronisce deglioggettidella natura, li trasforma idealmente in propriasostanza, ed esprime con essi il propriopensiero. E il pregio , , d'arte dell'opera non sta nel valore del concetto 344 — astratto che è un che — egliha avuto, nella vivente ma ha saputo infondere in esso. modello di virtù,Jago è un Goffredo mostro. realtà Buglione Pure, ticamente, este- questiè assai superiore,perchè il poeta lo sa mettere più vivo e reale dinanzi a noi. Quando voi separatela forma dal pensiero, l'operad'arte è distrutta. Voi raschiate il della Madonna rosso è sulle labbra che di Raffaello,e lo rimettete sulla tavolozza. distrutto tutte le regole astratte, Dopo che avevamo immutabiU della rettorica, tutti i tipie gliarchetipi" storica non dopo che la spiegazione riempivail vuoto di una lasciato nel nostro spirito, norma per mancanza e di un criterio, questa filosofiache pensierostesso come forma vivente presentava il in cui prennell'arte, deva e reale,sensibile, ci ci faceva quindi le leggidell'arte nelle leggidel pensieroe cercare della sua manifestazione estetica,questa filosofiaera allora come tavola di salvezza,gettatanell'ouna in cui ci eravamo E questafu l'idea ceano perduti. che s' era dello spirito del De Sanctis. impadronita Se però eglisi fosse contentato di ripeterla produrla rie sarebbe stato solo un eghelianocome tanti altri. Ma egliriusci invece con essa a fecondare il 'ita proprio spirito a ritrovare finalmente 1'origina del suo scuola. una a fondare nuova pensiero, una , Eglidomandò allora il critico? Finora a se stesso: che si è trattato di fare cosa deve fare un'esposizione d'arte,notarne i difetti, dell'opera paragonandolaad Ma vi sono un tipo prestabilito. opere che,con pochi hanno vi sono difetti, pochissimovalore,come (^pere riescono di gran valore. che, pure avendo molti difetti, 345 . _ — al concetto allegorie, morale alla verità storica,che può esser o politico, d'arte. Ma tutto questo è un voler imporre nell'opera le nostre leggio idee, quando si tratta inad essa vece di cercare minato quelleche il poeta le ha date. Dodal proprio fantasma eglinon scrive tutto quelloche ha visto e pensato, ma quellosolamente che è necessario far vedere e sentire il proprio a il senso si esalta dell'arte, se ha pensiero.Il critico, contemplandoo leggendo;? si pone nella condizione stessa dell'artista ; vede tutto quelloche questiha veduto ; ricomponenella sua fantasia l'opera poetica; alle frasi,alle Altri pensavano , la riconduce stessa del alla poeta , sorgente sua , di cui indovina cioè alla coscienza il concetto nante. domi- il poeta nel lungo suo lavoro Egliaccompagna di preparazione; lo contempla nel momento della creazione artistica ; lo segue, rifacendo consapevolmente ciò che il poeta ha fatto inconsapevolmente, vina per diispirazionee glidà quasi una più compiuta coscienza di se, per farlo megliocomprendere al lettore. E se ha una determina il valore vera originalità, d'arte e dell'artista, in dell'opera esaminati,giudicati se stessi, e poi in relazione alla storia ed al tempo (1). , Il merito dare vero del De questiprecetti , necessario al a metterli pari di lui il dono Sanctis ma fu neppure nel nell'avere il genio critico non in pratica.Nessuno ebbe mai plando singolaredi sapere contem, un' opera d' arte, vederne subito il pensiero animatore, il valore reale; decomporla ne' suoi elementi, per ricomporlacon (1)Saggi aitici,pag. 358-59 grande eloquenzae e 362. con — forza 346 d' immaginazionead — tempo. E ciò faceva solo esaminando, nella loro unità,i grandi canon anche discorrendo di un pilavori ; ma episodio di di un sonetto. Anche un se personaggio, parlavadilavoro di merito secondario, sapeva, a forza di un cava su paragoni,di osservazioni originali quel che manfarne un'opera grande,riuscire a dare importanza a a vero aveva un quel che diceva. E come cosi colpiva assai giusto. senso dell'arte, EgU sempre fu il primo che fece conoscere alla gioventùnapoletana tutto il valore della poesia del Leopardi, che divenne tra noi popolarissimoassai prima che nel un , , d' Italia. Lo resto cosi studio studio dell'uomo uno di noi a noi della letteratura e del stessi,una divenne lazione rive- pensiero,una liberazione del C'è da meravigliarsi spirito. se, dovendo ciò a Noi ci lui solo,noi lo eravamo di libertà. La militare dove e lo adoravamo tutto tanto? gli schiavi liberati da lui,che di avvenire, di moralità e impazienti medesima legio propaganda faceva nel coldi Napoli,dove era professore,e di poi tanti uffiziah dei volontari e dei come resi aveva amavamo stro no- uscirono difensori di Venezia. Intanto,fra queste condizioni,si avvicinava e la scolaresca parlava di politica ; ma stava bacresceva a segno che la grande sala non più a contenerla. C era una impazienzache sentivano e nessuno aveva bisognqdi spiegare. neppure tutti il 1848, Quando la allora si sera incominciarono le dimostrazioni litiche, po- alcuno accordo professoree scolari,senza nelle strade invece che a si radunarono prestabilito, scuola. E quando, dopo vicende che tutti conoscono, 348 — nel messo sbarcatolo la fu sopra una Malta, continuò a levato di tratto un dello Stato, che, nave Dopo due cammino. suo dramma un gravi angustiee di miseria, potè andare di mesi prima volta messo a E colà continuamente. mormorare ed alcuni versi. Finalmente e del livello del mare, al di sopra imparò il tedesco, scrisse , rimase di Castel dell'Uovo, dove carcere per due anni, poco le cui onde sentiva carcere — il secondo Torino, dove incominciò periododella condo fe- meno non e a vita letteraria. sua prevalentein Italia,era ancora quellache aveva triottic precedutoil 1848, una critica paza che voleva una poesia, storia,una scienuna La , critica allora letteratura civile. Tutto una doveva essere un scia apparecchioa liberare la patria.Arnaldo da Bredoveva parlare anti- clericaledei nostri un come mazziniano ; un tempi Giovanni da Procida come , la storia greca e la romana dovevano continua lezione di patriottismo ; le note essere una ai classici continua allusione alla liberazione una greci e latini, anche se allontanavano dalla interpretazione d'Italia, del testo. È conosciuta la grandebattaglia vera che si combattè fra noi, con molta dottrina ed ingegno, sulla storia dei Longobardiin Italia. I partiti, i sistemi erano due: l'uno difeso da chi voleva la con. federazioneitaliana col papa alla testa;l'altro da chi voleva il l'unitàpolitica, senza papa. E avesse per invaso capirefino e potere temporaledel qual punto l'idea politica a dominato tutto , nome illustre di Vincenzo aveva passata la sua vita basta ricordare Gioberti. In sostanza a costruire che spiegasse il mondo losofìco-politico, sistema un e il egli tì- la storia — universale,per uso e 349 — A noi stessi dell'Italia. consumo potemmo esser presi mato, da tanto entusiasmo, per un libro quale fu il Pricolla piùbuona fede del mondo, con nel quale, riesce oggi difficilecapirecome grande eloquenzaed ingegno,si dimostrava che nel sta.. passato,nel presentee nell'avvenire,eravamo la prima nazione del mondo, senza e saremmo sempre che alcun'altra potessemai competere con noi. Questa la sua avuto letteratura aveva grande importanza liberati dall'Arcadia,dalla storica,perchè ci aveva vuota rettorica, dando all'arte uno scopo più serio forte può essere ed elevato. Ogni sentimento vero e Sorgente di eloquenzao di poesia.E s'era in fat grande efficacia ad per questa via, contribuito con s' apparecchiare gliavvenimenti del 1848, nei quali anche dierono prove non solo di patriottismoma Ma dopo d'eroismo,non però di ugual senno pratico. , , il 1850 non era necessario infondere, anche ciosamente,l'amor della patriain aveva dato cosi Si trattava la delle cose nuova , ad un ai„ifi- popolo che ne testimonianza col suo sangue. splendida lo spirito di educare piuttosto zionale, nagioventù a vedere la realtà vera con maggior senno apparecchiarsi ed inevitabile lotta, che dove\a praticoalla nuova di certo, ma in condizioni diverse. La libertà presentarsi del Piemonte, e la serietà di quelpopolitica polo spingevanotutti per questa via. In tali condizioni la critica del De Sanctis giungeva opportuna a combattere e demolire molti pregiudizi letterari. Una delle più splendide egli prove la dette nel sue articolo sxxWEhreo gesuitaBresciani. Questi aveva di scritto Verona un roman- d*"l 350 — zo esaltare la reazione per , - zione denigrarela rivoluscritti Niccolò dei Lapi, Ettore italiana. S'erano Fieramosca, V Assedio le idee liberali; perchè non e di Firenze, per difendere si poteva scrivere VE- di Verona, per difendere i clericali?I si scatenarono violenza contro il povero con hreo giornali gesuita, accusandolo d'insulto alla patria,attaccando le sue Tutto ciò che era e politiche religiose. alla libertà e alla indipendenza italiana non convinzioni contrario poteva arte essere vera. Il De Sanctis entrò in campo, e dimostrò tratto a un del suo superiorità genio critico abbandonando ogni artifizio.Io rispettole vostre convinzioni,egli discuto i vostri principi!, disse al Bresciani, io non discuto lo scrittore. Ma perchè la stessa religione che tanto ammiriamo nel Manzoni, ci fa sbadigliare quando ce ne parlatevoi? Perchè nel vostro libro si presenta non sentimento come essa vero come fede viva,ma come Essa è un mezzo di partito. spirito la , , ad un che altro fine,che pure è lo scopo voi non evidente osate manifestare,ma di tutto il vostro h- Ed è ciò che bro, nel quale l'arte è solo un pretesto. colo lo uccide. Ohe cosa volete voi fare ? Mettere in ridila rivoluzione, biasimarla? Ebbene, anche è trovare possibile, purché voi sappite fallace,che non manca neppur questo illato comico, nelle rivoluzioni , le qualispesso cadono in eccessi,in delittiche ognuno può biasimare. Si potè mettere in ridicolo il frasario della rivoluzione francese;si esageratamenteromano della potrebbemettere in ridicolo ilfrasario puritano colo Ma rivoluzione inglese. voi volete mettere in ridiciò che la rivoluzione italiana ha di grande,di 351 — E — scempiaggine. i liberali settari e ribaldi, Chiamate e poi ci dite che essi affrontano intrepidi la morte per per la patria, eroico. cui una questa è semplicemente tutto ridere la vostra farci ridere di ciò? Come e reazione, ha voi è che in tutta riesce di trovare, non di fuggite grande carattere? E perchè riraccontare veramente quelloche essa fatto? Ci dite che Pio società ce a lete vo- sol immaginare un dal sacrificano. E cui tutto sopportano, a italiana della e IX il salvatore è libertà ; vera della perchènon ma lo rappresentatea Gaeta; non lo tate ce rappresenquando firma l'enciclica quando chiama gU , stranieri contro la solenne. Perchè patria?È quelloil momento dal rifuggite esaltare? Voi quando sua ci si affaccia al ciò che narrare lete vo- rappresentate invece il papa balcone della regia di Portici contemplareil golfodi Napoli,di cui ci date una lunga,eterna descrizione. Guerra in Lombardia, guerra a Venezia,guerra a Roma; il sangue generoso della nostra gioventùscorre il cuore di a fiumi,e voi avete a descriverci il sole,la luna,il mare, amici rida; ma voi non i tramonti? I stri vo- \ì esaltate,e vi par che illettore ne è il lettore, è la coscienza stessa dello scrittore che contraddice volete farne degU eroi, e alle Dei parole. sue vedete che cosa vostri vi riescono; dei rivoluzionari volete farne dei burattini, i ma burattini si animano nelle vostre mani, vi guardano vi fanno paura, vi agghiacciano il riso sulle labbra. E come voi avete preso l'arte per un pretesto, così e tutto è pretesto nel vostro vi 0 racconto. Quello che pre sem- sfuggeè l'anima dei vostri personaggi,buoni cattivi,la quale rimane sempre un' X. L' uomo è 352 — pretesto, per un raccontare l'azione è il golfodi Napoli;va la carrozza, i camerieri. Pio ci i loro belli elmi per trombettieri nimata; ina- resta un ci si decrivano sono un'azione,che pretesto,per descrivere la scena Pio IX s'affaccia al balcone,perchè in cui avviene. ci si descriva — IX c'è per i la e al Vaticano,perchè i trombetti, dragoni, i dragoni carrozza, i loro belli stivali, i le belle trombe, i camerieri per per le belle E di bello non v' è che questo guarnacchette. I gesuiti, ciati cacaggettivo,mille volte invano ripetuto. da Genova, Bresciani il descrivere in fondo sono il ha cuore pappafico , e , parte una nave, il padre e di lasciarli gemere, per il trinchetto il bompresso, , il bastimento. tutto parte a d' Vedete , bottega del parrucchierequelle teste nella di legno con sarto quelle parrucca?Nella bottegadel figuredisegnate che ci si presentano di fronte,di lato di spalla?Qui l'uomo c'è per farci vedere il una sopra , , suo soprabito,la neWBbreo male di testa Verona c'è per la parrucca. i personaggivi sono E cosi per dir scrizio e le deper far delle descrizioni, di paroleeleganti, per fare sfoggio dei liberali, o vi sono giacchéil Bresciani è anche eglidisse,che a lui sarebbe il padre Bartoh. come Sanctis faccia osserva, i torti, perchè nel descrivere scrisse suo il berretto. più contro E Pietro Giordani somiglianzadi che giorno bastato l'animo di scrivere insolente,credi in collera: Matto di berretto purista.Un un il Bresciani tu che somiglianza cervello? non aveva libro il cervello andò E il De poitutti ci stava per Dopo questo articolo,nessuno V Ebreo di Verona, che rimase 353 — insieme sepoltonell'oblio, per sempre critica. E altro un — saggiodel valore dette allora nelle suo lezioni sulla Divina Commedia. artistico del poema stesso. Il Medio Evo immortale? Quale fu il concetto eglidomandò che In a sé pieno di visioni,leggende, era nelle qualidominavano tradizioni, il demonio. la vecchia con il terrore, il fantastico, in molte come esse, pitture, nelle gotichecattedrali,voi trovate mille volte ripetuta la descrizione dei tre regni, che formano la materia della Divina Commedia. Spesso le pene dei dannati, le scene, gliesseri fantasticiche incontrate sono torno glistessi. Volumi interi furono scrittiina questo soggetto.Si cercò la storia,il significato sono misterioso Sanctis Il De antecedente. Germania a vi che mancano sono è il suo fantastico di riesci per cosi prima di poesiavera, è in gende leg- lungotempo Dante? Perchè distruttodalla radice;perchè esse la realtà solamente dice: tutto difi'usedall'Irlanda sino alla ed all'Italia, non vero e Commedia, questo mondo troviamo divenire arte, il dramma tali ricerche la Divina ancora Perchè che , di tutto ciò. recondito,l'allegoria abbandona è questo non e e ombre. la libertà dei « Non cozzo personaggi, di caratteri di passioni ; l'uomo vi è morto, l'uomo come essere libero,volente, possente, operante". La religione lo al di sopra della realtà; porta al di fuori dell'umanità, la storia lo tiene legatoalla terra, profanatonelle che la religione condanna. L' unità dell'ipassioni, deale è spezzata in due, la poesiaè impossibile. In che modo Dante s'impadronisce di questomondo, v'infonde uno nuovo? Lasciamo i commene spirito 0 D« Stnetis 23 354 — tatori apriamo il suo , - volume, cerchiamo di capire soggetti, di gustare. Dante ha fuso in uno i due che sembravano contraddirsi facendo se stesso spettatore, e , Uomo protagonista. ombre e porta seco gno penetranel redi tutte le passioni anzi delle uomo e vivo , di cittadino, e fa risuonare di terreni fremiti fino le volte del cielo:cosi ritorna il dramma, tranquille il tempo. Alla vista, nell'eterno ricomparisce e vivo, le anime rinascono per parole d'un uomo alle tornare istante anch'esse un alla vita. Risentono le la patria, dono passioni ; rivedono gliamici;chiedell'infinito dei loro più cari. In seno nuove il finito; del soprannaturale in seno riscono riapparipullula la natura, la storia,i caratteri,le passioni antiche i Guelfi Noi ritroviamo umane. i e Neri, la Chiesa e e chi i Ghibellini, i Bian- l'Impero. È il dramma di quel secolo rappresentatonell'altromondo. E il poema dell'ItaHa,è la Commedia Divina. dell'umanità Ecco là Pietro vigorosee e delle le antitesi. Lasciate la le frasi più storia,l'allegoria, Vigne. Lasciate del suicidio presso gliantichi e presso i moderni. Tutto questo è ora materiale, per noi un un ingombro inutile. Pel poeta non e' è il suicidio il concetto astratto,c'è l'infern colpa,che nelnima dell'aseparazione il suicida nell'atto della diviene eterna, con la dal corpo , e con essi sono eterni ildolore e la in luogo fra glisterpi nodosi e folti, pena. Noi siamo dove fanno nidi le arpie.Il fantastico apparisce ancora in tutto Dante , suo medioevale allo svellere d' un dal tronco viene il escono scusato da orrore. Ma quando ramoscello,s' avvede parolee sangue, e mosso Virgilioallora la scena , a che pietà, si muta; 356 — che cade sionata,fragile, — nella senza colpa, poterre* sistere,e che, pure sentendosi colpevole, non sa cepire concome poteva fare altrimenti. La sua parola è di sincerità formidabile. una Ecco — la bufera La tutto. Mi — la mai. ed io l'a- amò porta di su di giù, bile inseparae insieme coll'amante passione, da lei. Narra piangendola storia de' suoi amori, deplorache non le sia amico ilRe dell'universo; ma come rimedio ci vede non A sua un tratto nel alcuno si ferma, tronca vi non accennate impressioni, in esse, nascoste se ne violenza, per vibrare Paolo è il racconto, avvolgendosi leggemmo appena avante. nelle e quasi parole, tanto maggiore svolgonocon lungamente nell'animo del lettore. l'eco di Francesca; mentre come piange.Sono questa parla,esso in eterno; il loro di ciò. di dolore: manto suo Quel giorno più Le si lamenta né , dannati \\ conduce amore ad e si che amano morte, ad una è potrà mai dividerli. Che cosa pena. Nessuno zione, questo?domanda il De-Sanctis. Gioia,dolore, ostinauna pentimento?È nella tutto ciò insieme, è la vita contraddizione sua presa sor- misteriosa. Il poeta rappresentae non risolve 1'enigma. Si prendano,uno ad uno, tutti i Saggi critici, e vi si troverà sempre francese biasimava cercandone Racine, e la deve immagine mostrando Il De essere Sanctis variare, secondo il La critica carattere. il Triboulet doveva quale lo stesso di Victor amore vero nei Greci, nel Hugo, esponendo paterno, nel Corneille, cosi la inferiorità del dimostrava che la diversità dei derno. poeta mo- il sentimento che personaggi — lo sentono r Orazio 357 il Triboulet : — poteva sentire non come il carattere del Corneille. Esaminando del sorgente dei pregi e difettiveri del dramma di Victor Hugo. E quando la stessa critica voleva demolire la straniera,coi medesimi principii, Mirra il De Sanctis espose il carattere dell'Alfieri, del personaggioed il conflitto del dramma, facendone primo, trova la in alcune pagine stupende la critica e la riproduzione eloquentein uno stesso tempo. Su Giacomo Leopardie sulle sue poesiec'è oggi , un' intera letteratura italiana valore. Ma nessuno che , io e straniera di molto , riusci sappia a , durre ripro- r come scrittore, immagine poeticadel sommo fece il De Sanctis. Egli ci pone dinanzi il dolore e lo scetticismo d' un che le malattie disperato uomo, invecchiato innanzi tempo avevano negandoglila cui la natura trigna, gioventù; d'un uomo, appariscemail mondo una legadi birbanti contro glionesti. , Ci descrive come esso della infinita vanità per sembri sorridere del tutto, perchèla vita lui alcuna la terra cinicamente alcun gioia, gliappariscecome un' oasi, senza conforto un non ha possibile; perchè deserto immenso, notono, mo- sol un fiore,senza filo d'erba, che lo rallegri. Ma poi ci fa, con mano al di sotto di questa unimaestra forme scoprirecome di questa infinita vanità, v' è un monotonia senza un , , cuore che batte potentemente,e spera contro la speranza; v'è una feconda di grandi idee, una mente fantasia in cui si tumultuosamente magini immoltiplicano piene di gioventù,di bellezza e di vita, che esseri reali,per sparire popolanoqueldeserto come illusioniingannatrici, a un tratto, come e riapparire ~ 358 — E da questa,che fu la tragedia del spariredì nuovo. recanatese, sgorga una grande e travagliato spirito immortale di poesia,che pareva la poesiadella vena diveniva nei nostri cuori la poesia e disperazione, della speranza. Era l'immagine dell'Italia morta, che voleva risorgere dalla tomba. Questo dono misterioso,che d' esaltarsi innanzi Sanctis, il De aveva di peneun' opera d' arte trarne istintivamente il concetto fondamentale, ad , come di decomporla nei formarsi suoi elementi, di vederla germogliare poeta,di cui svelava il segreto; di ricomporlae ripresentarla a e più intelligibil noi, più vicina al nostro spirito za questo dono misterioso era il suo genio,quasil'essene stessa della sua nella coscienza del suo intelligenza, Quella distrazione di cui e sparlato e assai che , accresciuta in lui fu certo dall'abito della del stessa carattere tanto s'è parlato naturale sua tellettu in- veniva , mente. Usato decomporrecriticamente 1'opera d' arte, i personaggi, le immaginipoetiche, eglifaceva qualchevolta lo stesso coi personaggireah, fra i qualisi trovano, Così assai in mezzo al conflitto delle passioni. all'urto, porre spesso si distraeva ad esaminare, decomporre,ricomidealmente il carattere di coloro che gliparlavano i qualierano presida grande impazienza nell'avvedersi che non devano erano più ascoltati,e si crepriva non compresida colui,che non di rado scoil loro più riposto pensiero. Eglistesso ci ha, nel suo Viaggio elettorale,fatto ilproprio ritratto anche da questolato. L'anno 1876 77 voti di maggioranza, in ballottaggio con era nel suo nativo. Sebbene fosse già riuscito collegio a , , , 359 — eletto altrove voleva era che erano deputatodel luogo ia dolore alcune proteste esser , cui — glirecavano partitedi la. S' avviò nato, e solo,senza scrivere quasi ad alcuno, con animo deliberato di trascinar la sua diera bantutti con di far del suo nome eloquenza, veri del paese bandiera di padegl'interessi triottis di moralità, senza e occuparsidi passioni Ben presto s' accorge però istintivamente partigiane. , che trova non e eco, considerazioni s' abbandona mille riflessioni stra Apre la finepaesaggio descritto già dal Regaldi ; vede un in un sonetto, che egliripetea memoria, e di cui fa la critica. Sente certi ragionamentisottili e sofistici, ci dà un e tura saggio filosofico-criticosulla nadel cavillo. Ci dà il sunto dei suoi principaU ad ogni passo si ferma a fare la critica ma discorsi, di se stesso. licato Questo pensieroera troppo defu capito. Questa punta era smussata e non e sulla natura a umana. — — e feri alcuno. non che ferito. mi era Botta — diritta questa, di faccia si scosse, il teologo fosse se riesco a impaFinalmente, eglicontinua dronirmi dell'uditorio,lo domino, lo trascino,veggo — , spuntarequalche lagrima.Quando che come e però finii, pareva questo è tutto? il più singolare è che, quando la notte, stanco, dicessero: E Ma andava esausto , a letto i , giorno gliapparivano come personaggi veduti nel gliesponevano mirabilmente le condizioni vere del collegio eglidi giorno non sembrava vedere. Il teologo, glialtri,che era un suo parente, glidisse nel fantasmi, e , che fra sogno: — sono Tu sei venuto a storia. Strana fare un romanzo, e zioni le ele- idea la tua, di voler eoa- 360 — vincere la coi discorsi. gente li comanda. conchiuderai era, E prima. tutti disagipatiti, re i nel viaggio discorsi gliportaronoun ciò gliparve come e , , , suo nativo paese, erano Avellino poi del chiamato vano per liberarsi da lui avecui combatteva il candidato , contro trovato Sanctis. Così egli , vincendo consolidato il tiranno, aveva il Tutto Michele,e che Don il De la maggioranza avrai competitore.Ad collegiov' era un tiranno i voti che seppe, fu. così disfatta.Nello stesso aumentati il — di soli venti voti una nulla , di chi di ballare essi,ed è lui che li Credono fa ballare. Non aumento Tempo perduto! Bada della situazione. Gli elettori hanno alla chiave tutti i — e il pretendente, le alimentato aveva passioniche voleva spegnere. Il Viaggio elettorale dei e di quel collegio è la più viva fedele pittura , suoi abitanti ; in certe la prova basta avere è anche ma lotte,non che una , cere per vin- mente periore, su- soprattuttouna mente critica. lo abbandonav Questo suo ingegno critico,che mai non fu ad un tempo cagionedella sua forza Quando si della sua debolezza nella vita politica. e le condizioni varie dei partiti trattava di esaminare alla Camera, egliriusciva spesso d'una penetrazione, e d' una Quando eloquenzache una faceva restare tutti ammirati. o parlamentare politica megliod'ognialtro esporla, vinazio divolta ebbe quasi una situazione nuova si eglisapeva presentava, determinarla, e più d' una La dell'avvenire. sua autorità cresceva rapidissimamente aiutata dalla convinzione dallo si lasciava mai accecare che egU non generale, spirito partigiano e che la sua parolaera sempre allora , , 361 — l'espressione del la questi menti mopiù puro patriottismo. egliriusciva della coscienza un vero e — ad la essere nazionale. La del paese e vita diveniva allora vera voce sua buna ed eglipoteva dalla triapostolato politico, colla stampa avere sul popolo italiano la medesima influenza benefica cattedra che , aveva dalla avuto tamente giovani.E questo lo condusse ripetupiù alti ufficidello Stato: rieletto sempre sui ai tre volte ministro,governatore di Avellino deputato, in tempi difficilissimi, della Camera. vice-presidente d' intendere o spiegare Quando però non si trattava allora gliavvenimenti, di continuare il suo apostolato, nelle analisi spesso glisuccedeva di distrarsi e perdersi degliuomini intorno quale non ad a e delle cose, mentre tutto tava mu- la rapidità vertiginosa, tempo al tempo. E si trovava lui,con lasciava indagarele che cause una il , d' una significato zione, situa- giàscomparsa, per dar luogo ad un' altra che egli non avvertiva. Allora niva vedi non alcun senno accusato di avere pratico, non nella comprendere queglistessi avvenimenti dei qualiera stato altra volta dichiarato intelligenza maestro, e i più mediocri credevano di poterlo patire comed anche peggio. Cosi perdeva a un tratto la sua che poirapidamente riacquistava. popolarità, E tutto ciò fu a lui cagionedi molti dolori, perchè di tutto eglisi rendeva conto chiarissimo,vedendo anche dove e quando i suoi accusatori avevano gione. raSi espandeva allora ingenuamenteco' suoi più intimi,e quasi cercava nel cuore e conforto rifugio quando essa era , , immutabile dei vecchi scolari affettuosi sempre, non , mai che trovava ratori ammi- adulatori. La sem- 362 — - la bontà, la ingenuitàdella sua natura non plicità, tava apparivano mai così chiare come quando egliascolsolo i consigli, anche i rimproveridi non ma coloro del cui affetto non poteva dubitare. Ed era questala ragioneper la quale veniva da noi amato, di più in quei giorni stimato e venerato appunto, nei vano lo abbandonava, e tutti sembraqualila popolarità contrari o indifferenti. essergli quanto E intanto,mentre lo distraeva alche la politica daglistudi una nuova neir poesia, non pure critica sorgeva tra noi, dove non che , in abbandonò Europa,e veniva mai, anche ebbe ben presto valorosi cultori.Nella è l'opera, V' è un elemento che non arte è la creazione così mirabilmente individuale dell' artista , di cui occupato il de Sanctis;ma s' era dello creazione impersonale una popolare, le leggende,i racnazionale. La mitologia, conti spirito anch' esse i canti popolari la lingua sono e la creazione un' opera d' arte, una ma sono poetica; un lavoro , creazione d' un essere collettivo che si chiama popolo. forma il quelloche primo artista materiale poetico, di cui il genio s'impadronisce poi, E solo quando dandoglila sua impronta personale. r anima si compenetra con dell'uno si confonde liade L'Ii grandicapolavori. quelladell'altro,nascono la r Odissea sarebbero stati impossibili senza e creato che aveva grande anima del popolo greco è lo prima la linguae la mitologiagreca. Omero che che si personifica stesso della Grecia spirito acquistacoscienza di sé,e il lavoro dell'uno è ineillavoro dell'altro. Apritela Divina senza spUcabile Commedia, leggete, gustate,ammirate pure, e faEsso è il , , , , , 364 — ad — indaginestorica più sicura più scientifica, Ma è anch' essa quasi sperimentale. rito opera dello spiChi vorrebbe, chi potrebbe nella storia umano. solo i genii e gli eroi, sopprimere il poconoscere polo, che spesso compie le opere più grandi? E può una , la scienza s' avvia dimenticarlo ad il essere moderne storia vedete metodo, della letteratura fatte, un sono interi , forma nuova. che più,col è come noi materiale il De metodo cietà so- vati, arri- siamo itahana ? Nuove periodi della suo esso trasformare,rinnovare a immenso Questo in cui momento un personaggioprincipaledelle ? Non col nostro in storia Sanctis ricerche si è nuovo hanno non la si colto rac- preso una fece, e, quel divinatorio personale, non può fare. si Il metodo suo non solo è incompiuto , ma devia la gioventù dal retto sentiero. Noi diciamo: cercate, vinate. dimostrate; eglidice: contemplatee indoindagate, Né brani vale, come si è fatto,il citare molti lore opere, nei qualiegliriconosce il var avvenire scuola ; raccomanda della nuova delle e pur sue dei fatti;dice che la ricerca la storia della nostra letteratura è che precedaun senza impossibile farla, che ne formino la monografiescientifiche, lavoro di nuova base del lui sta ed sua necessaria. Tutto ciò basta a dar prova ingegno,ma non della bontà del metodo da critica non La nuova adoperato e consigliato. nel farlo, nel dire quelloche si deve fare ma lo ha fatto. Si possono leggeretutta la eglinon Storia della letteratura,tutti i suoi Saggi,senza suo trovar , traccia d' alcuna ricerca fatta sui manoscritti, 365 — d' alcuna correzione dei o la vogliad' informarsi più importantiresultati più valorosi assai egli pure nep- ottenuti dai nostri i suoi migliorilavori fatti senza Il suo todo meprenderne cognizione. in opposizione è quindichiaramente col nostro: sono 0 dei testi (1). Anzi riscontro o iltempo ha avuto non — , e è falso r uno, o spesso falso 1* altro. è del suo le conseguenze assai ben chiare nella Storia E egliscrisse fare,né senza che tanto d' una da tutti una che una Federico raccomandava splendidacollezione di su origini, nografie, quellemo- base come è tener di conto storia letteraria.Essa II, senza voi le vedete della letteratura,che tener storia. Incomincia fatto sulle metodo saria neces- stata dichiarata Saggicritici, più Giulio d'Alcamo con paroladell'immenso cui s' è scritto una e lavoro mezza ciclopedia. en- Niente sulla formazione della lingua, niente sui moltissimi scrittori medioevaU pra sopiù antichi quando arriva al , generidi letteratura. E secolo XV, ci parladel Poliziano,del Pulci e di Lorenzo dei Medici, ma più che altro dei loro scritti salvo alcune eccezioni, italiani.Degli eruditi che interi , non crearono, , nulla di estetinei loro scritti latini, camente grande davvero, ma che pur trasformarono il pensieromedioevale nel pensieromoderno, appena dice qualcheparola, saltando cosi a piepariun intero periodoletterario.Scrivendo del Petrarca,eglistesso ci dice che parlerà solo dell'autore del Canzoniere, perchè quellosolo è sempre vivo ; il Petrarca eru(1) Uno solo dei suoi ISaggi,che già noto. io cita ricordi, un scritto mano- 366 — dito,che iniziò il gran per lui morto, è e non — movimento del secolo xv, E questonon parlarne. occorre capricciodel De Sanctis,ma un del metodo. suo del e dirci. Se deve suo Quando autore, una stile medesimo suo , di due o qualità subito vigore. Se volete tre o eglinon più che sa secolo , deve sità neces- si tratta d'un non parlarcid' un vera o frasario astratto,egheliano, monotono, il è cade polavoro ca- cosa in un infiacchendo con spiegarcelo le e allora ripiglia grandiscrittori, quelleparti pigliate della sua storia o quei Saggi,in cui più mirabilmente sembra darci il carattere d'un periodoletterario o il suo storico. Pigliate celebre saggio,L'uomo del Guicciardini. Quest'uomo,che ilDe Sanctis con tanta ne ha evidenza avere una prova, descritto,savio, misurato, intelligente dotto, senza senza abnegazione, religione, prudente, è la fede, occupato solo del suo particolare, senza chiave di tutta la filosofìadel Guicciardini, è l'uomo la superiorità le, intellettuae ci spiega Cinquecento, morale dell'Italia. Nulla di la debolezza politica e più vero, di piùeloquente,di più evidente. Ma questo è una non invenzione,una creazione personale uomo trovato già formato del Guicciardini,che lo aveva nella sua propriacoscienza, e nel suo secolo. Come s'era esso andato formando ? Quali condizioni, quali del necessità storiche lo attraverso ; avevano reso inevitabile? Come, le lotte dei Comuni, della Chiesa e pero dell'Im- la distruzione delle antiche istituzioni; la tazione mu- delle arti,delle scienze,s'erano delle lettere, in lui distrutte la fede, la si era e l'abnegazione, religione, generato1'egoismo? Questo è il problemadi 367 — cui il De Sanctis La — si occupa, non critica si ferma sua di cui noi ci e là dove cupiamo. oc- il lavoro vuole andare più oltre,perde e se personalefinisce, altri tre o la sua Col Guicciardini,con originalità. quattro autori, e con le loro opere, eglici spiega il E tutto que-' secolo,di cui gliuni e le altre sono tìgli. sto deve farsi con metodo personale, divinatorio, un curo. metodo s'è già trovato un mentre e sisperimentale Tali sono, moderni Che in sostanza, le alle opere del De Sanctis. alla critica abbia reso grandiservigi nuova scienza,non discuterlo,perchèè occorre stessa evidente. Ma in deve riconoscere essa cosa per sé che il nuovo ai problemidi cui si occupava può applicare il De Sanctis,e non può quindirisolverli.Si è si non equivocoquando un alcuni scrittori fanno la metodo che accuse si dice che, se l'un metodo è l'altrodev'esser falso. Bisogna dire invece, che vero, essi si compiono a del Boccaccio. La vicenda. Apriamo ilDecamerone letteratura ci fa la storia nuova dei menti, decompone ogni novella nei suoi eleprecursori, letterarie o storiche rintraccia le origini e ne in tutte le precedenti letterature, qualchevolta fino in Oriente. E compie tutto ciò con un metodo rigoroso, dimostrativo,sicuro. Arriva cosi a tutto quelloche esisteva del Decamerone prima che il Boccaccio vi soffiasse dentro in che la vita. Ed modo questo se ora, avvenne, rimasti sino allora in si vuole e come nare esamii personaggi vago, incerto, astratto, acquistaronola realtà poeticache lirende immortali nel mondo stato uno dell'arte il metodo , storico scientifico riesce insufficiente ; bisognaseguireuna altra via. che è Sanctis. quelladel De , 368 — — biamo più chiaro. Noi abAggiungoun esempio ancora leresca. oggi interi volumi sulla nostra poesia cavalSi è fatta la storia di tutti i personaggi del Pulci,del Boiardo, inseguenpoeticidell'Ariosto, doli i secoli,attraverso attraverso Il tutte le letterature. Rajna è riuscito,con una professore un incredibile, ingegnoammirabile,ad ciò,ed ha anche trovato veranza perseesporre i due poemi quasipopolari, che il Pulci ha cucito imsieme, cavandone irsuo MargariteMaggiore, il quale cosi risulta dimostrato tutto non in ed da le altro che essere un un rifacimento. E noi certissimo,qualisono modo le modificazioni inventati da lui,qualisono episodi lui portatenei personaggi preesistenti, qualisono che di sana ottave copiate pianta,quali poco meno le modificate,e in che modo assoluta alle certezza una qualiil De rifacimento poemi,che modificate.E tutto questo che indaginescientifica, d' una è conseguenza con sappiamo i pochipersonaggi Sanctis non del Pulci sue sarebbe mai però ha condannati reso arriva conclusioni,alle arrivato. Questo immortali due rimanere sepoltinelr oblio. Il poco che eglivi ha aggiunto,è appunto ciò che ha dato l'immortalità estetica a quei personaggi, che erano sarebbero a restati eternamente morti nei In che consiste il valore di questo poemi popolari. poco, che v' ha aggiuntoil Pulci ? Ecco il problema storico e sciensi può risolvere col metodo tifico, che non con ma lersi quellodi cui ilDe Sanctis sapeva vacritico megliod'ognialtro,e che anche il nuovo deve seguire quando non vogliafermarsi a mezza via. È questo un lavoro, se si vuole, d' ispirazione, il metodo che non scientifico, né, s'insegnacome due , 369 — esso, si trasmette come — aglialunni. È più che altro r effetto del genio e delia divinazione artistica del critico, todo perchè sarà sempre difficiletrovare un meche insegni la bellezza a provare e misurare estetica dell'opera d' arte. Certo,se il De Sanctis per i nostri sarebbe unire in una bastanza potuto vivere able due critiche, tutti come avesse cercano migliori oggi di fare,la sua stata anche più compiuta. Ma io non alcuno,nella letteratura che lo superiin quelloche In questo egliebbe una è anche l'opinione espressa nostra o opera sco cono- nelle straniere, fu veramente il suo genere. E tale originalità. vera da alcuni dei revoli più autoqualiciterò seguacidella critica nuova, fra i lo Zumbini e il D'Ovidio. Per capir davvero tutto il valore del De Sanctis seriamente per giudicare lato accanto alla l'opera sua, bisognametterlo da un , critica nuova, da un altro accanto alla vecchia. Io prendo in questa il più autorevole, colui pelquale ho la reverenza d'un discepolo, l'affezione d'un figlio. E la Storia della letteratura del de Sanctis pongo accanto a quelladel Settembrini. Questa, non i suoi moltissimi difettie e che spesso sono ostante le molte critiche, che ebbe, meritate,resterà sempre lavoro un Essa è l'ultima battaglia che il grande pregevolissimo. vecchio patriotta combatte in favore della sua pae tria. La letteratura non è per lui altro che la manifestazione dello suo cammino r anima la libertà il nazionale; spirito la virtù e il suo cammino verso clero,dai tiranni domestici D« Suietis. che per , sono grande del Settembrini, cosa; dal verso la formazione, e una la sola e desima me- indipendenza stranieri. 84 370 — — Tutti i grandiscrittori sono, debbono essere tutti i guelfi 0 non nei-guelfì possono bellini ghiessere nace, grandi scrittori. Questa convinzione è in lui cosi tecosi profonda,che, come ogni passionevera e sincera, divien sorgente d'eloquenza; ma eglivede i fatti attraverso e una si trova però lente^ che altera il colore, ne spesso fuori di strada. Il Settembrini era gusto letterario; aveva ; ammirava i bene. Non assai conosceva superiore , sicura. Ma coscienzioso chiaro,preciso, classici italiani, latini, greci,e li la non suoi scritti con sofico ingegno filo, eroica non critica si trasfondeva nei potenza, che lasciò pagine tale una un erudizione vasta anima sua aveva le derne. qualiresteranno immortali nelle letterature moTanto più immortali quanto più lo stile la la potenza dello scrittore tutta l'eloquenza e lingua, dalla grandezzaeroica di quell'animoonenascono sto, noi non e possiamo separare l'ammirazione pel , , letterato dall'ammirazione per l'eroe. Quest'uomo che interrompevapiù volte la traduzione di nell'ergastolo Luciano, sua cura e conforto continuo, stecchini per mandare che passava settimane mano li induceva un per a un del loro obolo le vittime soccorrere tremuoto, scrivendo riuscito gioiadi poter quest'uomoera essere fratello: un momento sono di mente final- questebelve la onesti e pietosi; a che dinanzi alla tenza prepodi fronte alla morte diveniva un quellostesso dei tiranni leone. E poi al far sentire anche a lavorava regalo ai piccoli nipoti ; le tord'impazienza per avere retto ad essi inviare;che giravacol berle celle degliassassini ed omicidi,e torelle che voleva in e , quando si trovava in tali condizioni, il suo 372 — nelle braccia entusiasmo ed finalmente avere la rendono dei fratellidel Settentrione, patria.E questisono una è scritta anche cui con — la storia,e che sua non grande lavoro letterario, difetti.Noi seguiamo con ammirazione i molti ostante un che lietissimo arriva i sentimenti alla fine del , tore l'au- lungo suo viaggio perchè eglivede che il resultato di tutto il lavoro dei nostri prosatorie poeti,finisce col far V immaimmortale gine sorgere dinanzi a lui splendida, dell'Italiaunita, libera,grande,soprattutto onesta. Ed a quelliche gli dicono che la poesia oggi fra noi, eglisi volgesdegnoso,ed esclama: è morta la poesiain Italia? E dove trovate voi Come ! morta luzione? un più bello più grande della nostra rivopoema vedete i nostri eroi quanto sono Non belli, più belli certo di quellid'Omero ? E lo dice con tale tale eloquenzaingenua vera semplicità con tente, poche noi sentiamo e di vogliad'inginocchiarci il patriotta, che si è come nanzi diadorare trasfigurato nalza ai nostri occhi. La sua immagine sorge, s'incina quasi fino al cielo;eppure ci sembra cosi vi, , , a ciò , noi, anzi è perchè la come irrefrenabile irresistibile, in è il germe Ma se ogni dopo accanto convinzioni Il De sete di cuore da di onestà, della una quale uomo. tembrini poniamo la critica del Setferenza! quelladel De Sanctis, qual dif- a ci fa vedere la attraverso sua politicheche Sanctis stessi! E ciò noi Il Settembrini letteratura noi grandezza nasce eroica sua parte di una , , ci fa vedere la storia grande anima egliintroduce per della le sue , tutto. la storia della letteratura 373 — attraverso lo che degliscrittori, spirito Questi ci dà le le cose come — nel erano ta. crea- furono, queglici dà come cose T hanno L' spirito. suo una è storia critica,l'altra è critica subiettiva. Coloro che, in il De nome della nuova di vedere Sanctis, e credono scuola, accusano il mondo più da si avnon vedono spalle, che rivolgonoglistrali contro il propriopadre. Se il De Santis non avesse sgombrato il terreno dalle mille rettorici e patriottici, dai mille pregiudizi si formole e regole vuote, la critica scientifica non trionfalmente fra noi. Era sarebbe potuta avanzare necessario dell'arte, proclamarprima la indipendenza nel lavoro personaledell'artista la storia e trovare le leggidello spiritoumano, trovar poi, per poterle nel lavoro impersonaledel metodo con più sicuro popolo.Questo era seguito anche in Germania, dove critica. E quando si vuole giudicare nacque la nuova isolandola permal'operadel De Sanctis,separandola, nentemente da tutto quelloche s'è fatto di poi,quasi si pensa a l'una fosse la negazione dell'altra, non quelloche avverrebbe, se il metodo scientifico e rigoroso fosse separato per sempre da quelleanalisi letterarie ed estetiche, nelle qualiil De Sanctis era maestro. fossero il complemento naturale Quando esse non della nuova critica,questa ci darebbe solo la notomia dell'opera la vita che l'anima,e d'arte,senza si perderebbelo scopo principale a cui, in sostanza, alto,perchè sono saliti sulle sue , mirano fu tutte le ricerche sulla letteratura. Il De ctis San- grande risvegliatoree liberatore dello spirito nazionale, un grande apostolodi libertà politica un 374 — — libertà di e del che pensiero sola e cui fu e il suo egli quel un letteratura. medesima cosa. storico. valore arrivò a toccare In Ma ciò il la vero genio critico, posto assai splendido lui per , sta il che nella significato suo che gli una principale mezzo meta, erano storia prefissa, s'era assicura con per della pre sem- nostra LETTERA DELLA SIGNORA a PASQUALE Gentilissimo Neil' inviarle vi DE SANCTIS VILLARI professore, le Memorie del mio aggiungo alcune notizie. Ella ed io mi fo un come me esso della nostra l'ha me la sera, chieste, alla buona, cosi piacerescrivendogliele la raccontava sco, France- amato nei primi anni felice unione. Il 15 l' maggio 1848, giorno fatale a Napoli ed alsotto i colpidegliSvizzeri, Italia,eglivide morire il suo la caro discepoloLuigi La Vista. Perduta italiana, cominciarono gliarresti,e fu allora che, pregato, anzi scongiurato,dall'ottimo barone Cozzolino, a seguirloin Cosenza , egli dopo nel suo avea ripetutenegative accettò. Il Barone trabocchetto, e gli con un appartamento una camera disse : Caro De Sanctis, qui voi starete sicuro. Scorso un anno, in quellacasa un venne nipote del causa tra noi , , — — Cozzolino, ed allora il Barone, glidisse: — Professore, pare che dimenticato, quindi,se chiamato De il Governo credete, potrebbemio Sanctis, vi abbia nipote dormire al posto vostro, essendo ora eglifuggiasco e fu la risposta, crede e perseguitato. Faccia come passò ad abitare un quartierinosuperiore,col figlio — — 376 — del Barone. Volle — occuparsidella istruzione di questo giovanettoe della sua sorellina. Così amato, rispettato più che parente da quellabuona famiglia, passò qualche anno. Finalmente,avvicinandosi una volta il Natale, egli Se credete,ora che parlòin tal modo al Cozzolino: la polizia si occupa più di me, vorrei borbonica non recarmi a Morra, e passare nel seno della mia famigha, accanto al mio caro e vecchio padre,questi giornifestivi. No, De Sanctis, risposeil Barone, ci , — — dareste un dolore che vi poveri figliuoli, Transigiamo. potrebberorassegnarsi. e , tanto amano non , Farete i vostri. con del Ma Natale, dopo del Barone. noi il Natale con — , l'ora fatale d' il capo anno e la vigilia giunta, all'uscio picchiava Il servitore ai replicati Tutti dormivano. levò Due : risposero e era e la mezzanotte, si colpi,si voci i miei chiese: Chi siete? Chi volete? — Siamo gliuomini — della polizia, lo scompiglio, la confusione, apritesubito. Si figuri lo spavento di quellafamiglia. Si corre subito all'idea dell'arrestodel nipote; invece essi, ma entrando, chiesero del sig.Don Francesco De Santis. Il Barone, preso da rimorsi per avergliimpeditala partenza, girato impazzare.Essi, dopo di aver pareva — — dov' erano su per r appartamento , montarono , De Sanctis ed il figlio del Barone, che dormivano il un I due birri picchiarono e profondo. tranquillo finché la loro vittima, destata,esclamò: quell'uscio, Chi è che ci svegliaa quest' È qui. ? ora sonno a — Don — Francesco allora comprese De Sanctis ? tutto in fretta,aprì la e , — risposeroessi. Questi balzato di letto , vestitosi ma... finestra, misurata , l'altezza, 377 — — saltare nel giardino. Aperto impossibile allora 1' uscio, baciò il giovanetto Barone, diede un dai addio a quella desolata famiglia, ammanettato e gendarmi,fu condotto nelle carceri di Cosenza. vide che Io non era ricordo la durata, né le sofferenze conosco vide più alcuno. Un quella prigionia. Egli non zia giorno si presentaronoa lui delle persone di polidi glidissero Ella andrà in domani. sulto Egliebbe un susdi piacere all'idea di rivedere qualcunodei del padre.Ignorava,posuoi, che potesse parlargli verino fin dove giungessela crudeltà borbonica. dotto Dopo pochi giorni,scortato dai gendarmi,fu connella capitale, sotterraneo rinchiuso in un e del Castello dell'Ovo, fu dato in custodia al tenente al governo. Fu messo conte Santo Vito, tutto ligio in una fìnestrina in alto, una con piccolacamera che dava appena un barlume di luce. Una seggiola letto composto di due panche, due tavole e un e che tutta la mobilia. Entrato erano un pagliericcio Sig.De Sanctis Napolie presto.Forse : — , , — , , grossichiavistelli ed si dovesse mai lui parve che non a più riaprire. farò qui solo Chiedeva sé stesso : Che senza a libri? Certo carta senza impazzirò.Stanco per mille pensieri, su quel lettacelo,e il sonno gettossi dimora di tardò a venire. Quel bugigattolo era non di ragni che divennero grossitopi,di scarafaggi, poi suoi amici. Cominciò ad alimentare i topi con gliavanzi del suo magro desinare i ragni con le mosche. Veniva anche un gattoche egliamava to; tanbel giorno,uno dei carcerieri,per brutale ma un crudeltà,lo uccise dinanzi ai suoi occhi,ed egU fu, r uscio venne chiuso con , , , , , 378 — ne fu sine alle commosso il Santo Vito — Il primo giorno, lagrime. glidisse: II governo dà ai detenuti una minestra di legumie del pane, oppure 1'equivalente in denaro. Il De Sanctis rispose: Rifiuto V uno l'altro. Ah! siete dunque ricco,replicò il Santo e Io sono Vito, e allora perchè congiurare? povero — — — — — di denaro superbo,e di cervello. ricco ma , marcirete bufiante,il Santo in Vito questo carcere. a vostra gran Tutto rab- — cosi sei dicendo nuovo, : — Sanctis il governo libro vi accorda un scelta: volete un ? Questo vi divertire romanzo , affatto Niente — , tedesca. un via. Scorsero andò mesi, quando glisi presentò di SignorDe Siete — Come — vogliola grammatica ! fate il liberale,e lingua,e però ho anche bisognodi carta e di penne. Questo poisarà Così fu avrete la grammatica. domani impossibile; fatto, e il De Sanctis da sé imparò il tedesco, che gli fu assai utile negli anni di esilio a Zurigo, tradusse la Storia della poesia del RoIn carcere in Napoliil 1° e senkranz, di cui furono pubblicati ? — Io amo imparare la i Tedeschi amate loro — — , e il 2" volume. volta,il Santo Un' altra e glidisse : — Oggi vi fo Vito un alla tornò prigione levate regalo.Vo- bellissimo notizie di vostro padre; eccovi una lettera della vostra famiglia.Ognuno può immaginare con e con qualipalpiti, egliafferrasse quella quanta gioia, Il birro dovè impallidire. lettera. Ma, appena lettala, — Che cosa disse: ad accorgersene, e gli avete ? Con due vostre paroleritornerà la calma e non tardò — la felicità nella vostra scritta dall'ultimo casa de' suoi paterna. — La fratelli di anni , lettera, 15 , e 380 — — dalle mie tasche, il gento colonnati, che prendeste giorno della mio e che mai A — andate sando pen- Quelli servirono per la gente di polizia. ora. Allora carcerazione. — favoritemi l'occorrente, padre,che danaro! mi del danaro. mandi capiteche Non perchè io scriva a Che danaro — dovete subito imbarcarvi? — Sparsasila notizia della liberazione del De Sanctis, vari suoi discepoli furono a visitarlo.E così eglipotè scrivere ad un suo cugino,Giovanni De Sanctis,che molto amava di danaro ; e perchè lo provvedesse , avutolo, s' imbarcò. Giunto che fu a avvisati Malta, vari Napoletani, di sole queirarrivo, andaron a salutarlo a bordo. Il conDe Sanctis, chiese allora,se questo Francesco sicurato Asl'autore di quellapoesia.La mia prigione. era che era appunto quello volle scendesse di sé ogni respona su terra, dicendo che pigliava sabilità in Malta restò col governo Ma napoletano. perchè stentava molto la vita. Pensò poco tempo , , d' andarsene da alcuni Torino. a suoi che egliamò gioiagliesuli suo fu accolto con entusiasmo discepolifra cui Camillo più che fratello. Abbracciò Meis, De , suoi pure amici, Stanislao Mancini Pisanelli. Uno del Lì degliamici, il secondo e con seppe Giu- giorno arrivo,visitandolo,glidisse,che il governo agliemigratipoveri. cinquanta lire al mese vivrete ? Ma come Egli rispose che li rifiutava. dava — Dovrete io raccomandarvi mi non in una via. Dopo — a qualcuno? — Niente affatto, venti colonnati ad alcuno. Ho ancora scappello dovrò aprirmi tasca, e prima che finiscano, E poco così fu. tempo, dette una conferenza gratuita 381 — — di Dante Alighieri. L'uditorio sull'Ugolino ma composto conoscere di persone intelligenti, cero che subito feil suo merito. Scorsi altri quindici giorni egline , da Rimini. fu ristretto, La dette una seconda sulla Francesca sala di gente;il successo rigurgitava Cosi eglipotè scrivere nelle Riviste superò r aspettativa. Poco dopo,il Conte di Cavour gli e nei giornali. offriva la cattedra di letteratura italiana nella Università di Genova, offriva la e la Confederazione cattedra stessa Svizzera nel Politecnico di gli Zurigo. opposizione, perchèlo confusero dello stesso nome col pastore protestante e cognome. le premure di vari amici, Ed egliallora, nonostante con gran dolore lasciò l'Italia e andò a Zurigo.Ivi passò giornitranquillie direi anche felici se il dolore della patrialontana non nuamente contigli avesse A Genova si sollevò , punto il cuore. , La sua di cattedra era solo e nel passato la frequentavano peiZurighesi, cere quattroo cinque studenti al più; ma egliebbe ilpiaoltre a trenta giovani.Ivi dettò ledi avere zioni sul Petrarca cui scrisse poi un volume. su lusso , Molte altre delle sue lezioni d' allora si trovano nel primo volume de' suoi Saggi critici.Fu colà stimato da tutti,senza eccezione. e rispettato Giunto r anno 1859, si presentòal Presidente e Signore,la mia patriaè in rivolta è gh disse : della sua liberazione. E ilPresidente giuntoil momento io debbo ringrarispose: Caro professore, ziarvi peisentimenti che, col vostro assiduo lavoro, ai nostri studenti l'amore avete ispirato alle lettere italiane. Il vostro posto non sarà occupato,finché mi scriverete non voi non il essere più sperabile — , — — , 382 — Il giorno dopo, Egli ringraziò. che tutto lieto si accingeva a partire,una mentre di persone colte gli recava da parte commissione del governo bellissima e grande mesvizzero una daglia d'una d'argento.Da un lato vi era l'effigie donna rappresentante la Repubblica, dall' altro una vostro fra noi. — ritorno — , la iscrizione: d'alloro,con corona Sanctis De professoriesuli molti che in merito di Francesco Fu Repubblica Elvetica. la nel lasciare da Al compagnato, ac- Zurigo,dai suoi giovani e di varie regioni d'Europa, quei tempi illustravano il Politecnico col loro ingegno. Non che voglioomettere 1864 nel Torino A il costante dimostra altro tratto della disinteresse di mio un feci , Svizzero, il quale dicevami: cosi ancora quando Signora, suo del danaro amante poco — marito. del Ministro conoscenza , vita, sua ? marito Sappiateche, Zurigo tutti i professoriebbero un stipendio solo il signor De Sanctis a di è mento au- non , volle chiederlo. come gli altri E tutti ? Svizzero ringrazio. risposta — Napoli,16 alla mia Era supera la Perchè rispose:Ciò che mi i miei bisogni, e prima Febbraio domanda: volta che avevo non dà VEDOVA Obblig.ma DE il governo perciò la una 1887. Sua fate amica SANCTIS. tale UFIZI PUBBLICI DI FRANCESCO 1. Professore della Nunziatella DE SANCTIS nel 2. Segretariogeneraledella P. 3. Professore 1856. 4. Governatore, nel Zurigo a da 1837. Istruzione nel 1848. poteri illimitati,di Avellino, con nominato ''^ Garibaldi nel 9 giorno bre settem- 1860. 5. dell'Istruzione, nominato Ministro nel da Garibaldi, 1860. 6. Eletto deputato del poi deputato in Severo, Collegiodi Sessa nel 1861, tutte le legislature di san ora di ora Lacedonia e finalmente di , Trani. 7. Segretariodella 8. Ministro al 3 del 9. Direttore in 10. Cavour con 1861 Camera Napoli e dei Ricasoli con Marzo Vice-Presidente in nel dal 22 1861. zo Mar- 1862. giornale V Italia ed Deputati dal 1863 al 1867, Firenze. della Camera dei l'anno Deputati nel- 1868. 11. Professore 12. Vice-Presidente nell'Università della Camera 1877; funzionò quando 13. Professore Maggio mori il Re onorario 1877. di Napoli nel 1871. dei Deputati nell'anno da Presidente V. nel 1878, E. dell'Università di Napoli,27 384 — 14. Ministro a' 15. della 13 P. Vice-Presidente Ministro al 17. 1 di Gennaio della P. di e dei dal 25 1879 dall' 1872 1879 di Avellino anno all'anno mandamento (1) Caviamo De di elenco Sanctis dal pubblicato per , De 20 Sanctis: 1884. dicembre 28 1872 dall'anno Morra, 1883. questo Morano, 1883. tante rappresen- , all'anno nel Deputati Novembre Napoli dall'anno provinciale del 1878 1881. 1875, Consigliere 18. Istruzione comunale all'anno Marzo 1881. Gennaio Consigliere 24 Camera della di dal Istruzione 1879. Luglio mese 16. - cura di di memoria M. cesco Franpoli, Na- Mandalari , Ivi si ore 11 anche trovano 1817; marzo 1883, In libro, la e e 10 la fede data precisa minuti a. m. di della nascita sua morte: del INDICE Angelo Ad Camillo Meis De v pag. Prefazione * ^^ I. Mia nonna » » II. Zio Carlo » 5 » III. Zia Marianna » t5 » IV. GenoviefFa » V. L' abate » VI. Domenico » VII. L'abate » VIII. Il marchese " IX. Cose » X. La » XI. » Gap. 1 » 20 » 24 » 37 » 47 » 53 » 64 » 72 Solo » 89 XII. Il Colera » 103 » XIII. Zio » 118 " XIV. Casi » 123 " XV. Il » 137 Fazzini Cicirelli Garzia di Paoti casa crisi Carlo Zio e Peppe . . fortunati Collegio militare e il Caffè del Gigante » XVI. La scuola al vico » XVII. Le lezioni di grammatica. Risi. composizioni " XVIII. Letture » XIX. Malattie » XX. Impressioni politiche » XXI. Cose » XXII. Reminiscenze e reali e " . Pe[)pe lingua — Agnese 171 ...» Zio ...» 157 . immaginarie — di 150 ...» » 178 » 186 » 195 206 386 — XXIII. Lo XXIV. Camillo XXV. La » XXVI. La » XXVII. La Gap. » » — stile pag. Meis De la 239 rettorica » 252 lirica " 265 » 290 » 312 scuola Il marchese e ctis, in fatta da Lettera della di onore Pasquale della i nio matrimo- giornali. narrativo genere Commemorazione di Proposta — Il XXVIII. scuola. » e — » mia 228 Francesco Villari, il 27 Stampa, Signora per Manetta De invito gennaio Sanl'Associazione del1884 Testa » 333 » 375 vedova , De Uffizi Sanctis pubblici di Francesco De Sanctis ...» 383
© Copyright 2024 ExpyDoc