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I Disordini della Differenziazione Sessuale e la questione del
timing dell’intervento chirurgico-ormonale
di Emanuela Napoli
I “Disordini della Differenziazione Sessuale” (DDS) costituiscono un insieme di condizioni
cliniche congenite nelle quali lo sviluppo delle componenti cromosomiche, gonadiche e fenotipiche
del sesso possono spesso comportare un quadro di ambiguità dei genitali già al momento della nascita
o, successivamente, al momento della pubertà. Per questo motivo si manifesta spesso l’urgenza di
assegnare chirurgicamente il sesso già nella primissima infanzia.
L’utilizzo per lungo tempo di termini come “intersessualità” o “ermafroditismo”, considerati dai
pazienti e dalle loro famiglie come discriminatori e confusivi, ha acceso un forte dibattito sociale e
scientifico, individuando la necessità di utilizzare una terminologia universale e d’immediata
condivisione scientifica. Pertanto la Lawson Wilkins Pediatric Endocrine Society e la European
Society for Pediatric Endocrinology, in occasione di un’importante Consensus Conference tenutasi a
Chicago nel 2005, definirono un accordo interdisciplinare per la gestione medica di queste condizioni
cliniche, formulando anche una nuova tassonomia. La nuova classificazione, quella attualmente in
uso, riflette l’eziologia genetica dei diversi tipi di DDS e accoglie lo spettro di variazione fenotipica di
queste patologie. Si distinguono, quindi:
 I DDS da anomalie dei cromosomi sessuali (ad esempio, la Sindrome di Klinefelter o la
Sindrome di Turner);
 I DDS a cariotipo 46XY (ad esempio, la Sindrome da Completa - o Parziale - Insensibilità
agli Androgeni);
 I DDS a cariotipo 46XX (ad esempio, l’agenesia/ipoplasia mülleriana).
L’attribuzione del sesso in neonati con genitali ambigui rappresenta una delicata questione medica
e psico-sociale per i medici, i chirurghi e i genitori dei piccoli pazienti. L’emergenza di attribuire nel
più breve tempo possibile un sesso chiaro e definito al nascituro (spesso, in passato, era quello
femminile, per via della maggior praticità dell’intervento chirurgico) è stata, nel corso dell’ultima
decade, argomento di un acceso e controverso dibattito che ha visto il confronto tra medici e psicologi,
impegnati in studi di follow-up volti ad indagare, soprattutto, il grado di soddisfazione percepito dai
pazienti stessi rispetto al sesso loro assegnato subito dopo la nascita. Un numero sempre maggiore di
esperti ritiene, infatti, che un’assegnazione del sesso, effettuata in modo arbitrario nel periodo
neonatale e che appaia come scelta migliore per il paziente, sia confutata da un elevato numero di
successive riassegnazioni in età adulta. A fronte delle nuove conoscenze scientifiche acquisite in
materia di DDS, alcuni studi hanno inoltre approfondito non soltanto lo sviluppo fisico e l’identità
sessuale, ma anche altri aspetti importanti quali, ad esempio, il benessere psicologico e sessuale,
l’orientamento sessuale e, non ultimo, il vissuto legato all’esperienza di trattamento medico-chirurgico
dei pazienti.
Emerge così, dalle dichiarazioni stesse dei pazienti sottoposti nella primissima infanzia a
trattamenti medico-chirurgici, sia una forte eterogeneità rispetto al grado di
soddisfazione/insoddisfazione per il sesso loro assegnato, sia una marcata critica nei confronti della
condizione d’invisibilità, di vergogna e di mistero che spesso queste persone si son trovate a vivere,
sia rispetto alla società, che ai diversi servizi sanitari. Questi ultimi sembrano aver contribuito, infatti,
ad alimentare i sentimenti di incertezza, piuttosto che facilitare la comprensione della diagnosi e
accogliere adeguatamente le paure e le titubanze dei pazienti e dei loro familiari rispetto alle
implicazioni del trattamento medico.
Questi risultati pongono quindi l’accento sull’importanza di sviluppare delle buone
capacità empatiche tra i professionisti medici, oltre che sulla necessità di una comunicazione chiara e
sincera, anche nella gestione delle informazioni diagnostiche e di trattamento da fornire al paziente o
ai suoi familiari.
La tendenza medica di determinare il genere e di restringere questa scelta a due possibilità, quella
maschile o quella femminile, è stata da lungo tempo messa in discussione da diversi gruppi di attivisti,
composti dalle stesse persone con DDS. L’Intersex Society of North America – ISNA, uno dei
maggiori gruppi di sostegno in questo settore, promuove la necessità, nei casi in cui non si manifesti
un’urgenza medica o non vi siano elementi obiettivi per la scelta del sesso, di ritardare gli interventi
chirurgici e di posticipare i trattamenti ormonali, al fine di consentire una partecipazione attiva del
soggetto alla decisione, quando ciò sia possibile, sia in riferimento all’identità sessuale percepita, che
in riferimento alla valutazione dei rischi e dei benefici che l’intervento spesso comporta. Inoltre,
l’altra critica mossa da questo gruppo riguarda non soltanto il problema del timing d’intervento
medico per i neonati con ambiguità dei genitali ma, appunto, anche la gestione stessa dell’intero
processo di cura fornita dai servizi sanitari. É chiara quindi l’importanza di fornire e garantire un
appropriato supporto psicologico ed educativo nella scelta del sesso, quale essa sia: femminile,
maschile o di conservazione della condizione di ambiguità.
Un approccio integrato al trattamento dei DDS, che concili le competenze mediche a quelle
psicologiche nella gestione di patologie tanto complesse, è di fondamentale importanza. È necessario,
pertanto, che la gestione a breve e lungo termine del paziente con Disordini della Differenziazione
Sessuale venga affidata ad un centro che disponga di un team multidisciplinare di specialisti in grado
di pianificare la gestione in termini di diagnosi, assegnazione del sesso e opzioni terapeutiche.