Screening combinato

SCIENZE Biologia clinica
Screening combinato
per aneploidie fetali
nel I° trimestre di gravidanza:
risultati di uno studio prospettico
e considerazioni di laboratorio
S. Carlucci*
A. Fedele*
S. Raho*
L. Leone*
P. Menegazzi*
V. Pellegrino*
L. Tagliaferro*
G. Lorenzo**
*Laboratorio
“P. Pignatelli” - Lecce.
**Sezione Diagnosi
Prenatale, Centro Medico
“P. Pignatelli” - Lecce.
L
Riassunto
a pressante richiesta di
indagini prenatali invasive ha fatto sì che negli ultimi anni molte risorse siano
state spese nell’individuazione di screening biochimici
sempre più affidabili e precisi, in modo da selezionare la
popolazione a cui eventualmente suggerire un’analisi
citogenetica.
Tutto ciò per ottimizzare le
diagnosi e ridurre gli eventuali rischi. Il nostro lavoro
illustra i dati di uno studio
condotto su un campione elevato di gestanti che si sono
sottoposte ad uno screening
combinato del I° trimestre di
gravidanza.
Sebbene non si tratti di un
esame di tipo diagnostico,
ma probabilistico, i risultati
ottenuti dimostrano l’efficacia del test e ci dicono che la
strada intrapresa è quella
giusta.
Introduzione
La diagnosi prenatale comprende un insieme di tecniche
strumentali e di laboratorio finalizzate al monitoraggio della gravidanza, dal concepimento al momento immediatamente precedente il parto.
È noto che le anomalie
cromosomiche rappresentano importanti cause di morte
perinatale e di handicap infantile.
Tra le aneuploidie la Sindrome di Down è la più frequente, presentando una incidenza di circa 1/800 nati vivi;
altri difetti cromosomici sono
meno frequenti alla nascita
anche perché più gravi e caratterizzati da una più elevata
mortalità intrauterina.
La maggiore divulgazione
di informazioni a questo riguardo ha originato, negli ultimi anni, una crescente richiesta di indagini prenatali
invasive finalizzate all’accer-
Marzo 2014 ⎟ Biologi Italiani ⎟
1
SCIENZE Biologia clinica
tamento citogenetico.
Molte coppie giovani decidono per l’amniocentesi anche in assenza di rilevanti fattori di rischio per aneuploidie
e nonostante vengano informate del rischio abortivo
connesso alle metodiche.
È dunque comprensibile
che la comunità scientifica,
conscia sia delle dimensioni
del problema che dei rischi
legati ad una condotta troppo
“interventistica” in questo
campo, abbia mobilitato, soprattutto negli anni più recenti, notevoli energie al fine di
individuare metodi di screening biochimici e/o ecografici sempre più precoci ed affidabili, in modo da ottimizzare la scelta della popolazione
a cui proporre l’accertamento
citogenetico, migliorando così le possibilità di diagnosi e
riducendo i rischi inutili. In
tal modo verrebbe consigliato
il prelievo di villi coriali o
l’amniocentesi solo a quelle
coppie ove i test di screening
“non invasivi” fossero risultati alterati.
A nostro avviso, i buoni risultati ottenuti finora sono da
attribuire soprattutto alla
scelta di un metodo analitico
valido ed alla scrupolosa applicazione del protocollo diagnostico e di esecuzione del
test.
Lo screening combinato,
pur con i suoi limiti (è un esame probabilistico e non dia2
⎟ Biologi Italiani ⎟Marzo 2014
gnostico), rappresenta un riuscito esempio di approccio
multidisciplinare ad un importante problema medico e
sociale.
Materiali e metodi
Sono stati analizzati 24546
sieri di gestanti raccolti tra il
mese di gennaio 1999 e il mese di agosto 2011 (figura 1).
Il protocollo di screening
applicato (figura 2) è stato il
seguente: per tutte le pazienti, al momento del prelievo, è
stata compilata una scheda in
cui sono state riportate le
informazioni utili per lo
screening tra cui l’età materna e l’età gestazionale, determinata sia attraverso l’indagine ecografica (CRL) che
con il calcolo dei giorni intercorsi tra la data dell’ultima
mestruazione e la data del
prelievo; durante il controllo
Fig. 1.
ecografico viene misurato lo
spessore della Nuchal Translucency (N.T.), che è una
raccolta di fluido compresa
tra la cute e la colonna cervicale del feto (si considera
normale uno spessore della
N.T. non superiore a 3 mm).
Inoltre è stato registrato il
peso, la presenza di diabete,
il numero di sigarette fumate,
la presenza di minacce di
aborto nel corso della gravidanza e dati relativi ad eventuali gravidanze precedenti
con feti affetti da patologie
cromosomiche.
Le gestanti sottoposte al
test avevano un’età compresa tra i 18 e i 44 anni e un’epoca gestazionale compresa
tra la 10a e la 13a+6 settimana. Nelle figure 3, 4 e 5 sono
illustrate le distribuzioni dell’età materna delle gestanti
che si sono sottoposte allo
screening e le relative età gestazionali.
SCIENZE Biologia clinica
chemiluminescenza).
Su questi sieri è stata determinata la concentrazione di
PAPP-A (proteina plasmatica
A specifica della gravidanza)
e Free-CG (subunità libera
della gonadotropina corionica
umana), ottimizzati per il dosaggio di questi analiti nel primo trimestre di gravidanza.
I dati anamnestici, ultrasonografici e biochimici sono
stati elaborati mediante il
programma computerizzato
“Antenatal screening software for Down’s Syndrome and
Neural Tube Defects” (Alpha
- Logical Medical System
Ltd., London) con lo scopo di
ottenere per ogni singola
donna le probabilità di rischio di feto affetto da cromosomopatia.
Il cut-off di rischio utilizzato per la Sindrome di Down
(SD) è stato di 1 su 350 (a termine) e per la Trisomia 18 di
1 su 200 (a termine).
A tutte le pazienti sottoposte allo screening è stato consegnato, durante la consulenza con uno specialista del
Centro, il referto scritto con
allegato uno stampato da
compilare dopo il parto e spedire al nostro laboratorio per
il follow-up della gravidanza.
Fig. 2.
Fig. 3.
Fig. 4.
I campioni di sangue delle
gestanti sono stati centrifugati al momento dell’arrivo in
laboratorio e quindi il test è
stato eseguito con metodica
CLIA (dosaggio in immuno-
Risultati
Nel gruppo in esame (figura 6) sono risultate a rischio
Marzo 2014 ⎟ Biologi Italiani ⎟
3
SCIENZE Biologia clinica
Fig. 5.
aumentato per SD 1057 pazienti (4,3%).
Attenendoci al protocollo di
screening, è stato consigliato a
tutte le pazienti con risultato
positivo di sottoporsi a villocentesi o ad amniocentesi per la
determinazione del cariotipo
fetale. Il 95% di dette pazienti
ha effettuato l’amniocentesi e
sono state identificate 43 ge-
Fig. 6.
4
⎟ Biologi Italiani ⎟Marzo 2014
stanti con feto affetto (figura 7);
di questi 26 con sindrome di
Down (figure 8, 9, 10, 11).
Sono state inoltre identificate una trisomia 15 a mosaico, 6
trisomie 18, 2 trisomie 13, 2
traslocazioni cromosomiche,
tre triploidie, una sindrome di
Prune Bell, una sindrome di
Dandy-Walker, una sindrome
di Turner (figure 12 e 13).
Le figure 8, 9, 10 e 11 riportano i livelli sierici degli
analiti ed i rispettivi indici di
rischio relativi ai 26 casi di
SD osservati mediante lo
screening in pazienti con meno e più di 35 anni.
Attualmente, siamo a conoscenza di un solo caso falso negativo riguardante una
donna di 30 anni.
Il follow-up della gravidanza è noto nel 76% delle
pazienti sottoposte allo screening (alcune pazienti non
hanno inviato al laboratorio
le schede di follow-up allegate al referto).
Discussione
Esistono dei fattori che
possono influenzare in maniera determinante le prestazioni dello screening: la scelta dei marcatori, la scelta del
cut-off di rischio, la scelta del
periodo di gravidanza in cui
eseguire l’esame.
Per quanto concerne la
scelta dei marcatori è importante confrontare le prestazioni di ciascun marcatore o
combinazione di marcatori
mantenendo fissa la capacità
di individuazione e valutando
la percentuale di falsi positivi
e la eventuale variazione della capacità di individuazione
dei soggetti affetti.
La scelta del cut-off di rischio determina la capacità di
SCIENZE Biologia clinica
Fig. 7.
Fig. 8.
Fig. 9.
individuazione dei soggetti
affetti e il tasso di falsi positivi. Infatti, un cut-off di rischio più basso (1/350) determina un buona capacità di
identificazione, un maggior
numero di test positivi ed un
conseguente maggior numero
di amniocentesi con feto normale; per contro, l’utilizzo di
un cut-off di rischio più alto
(1/200) comporta una minore
capacità di identificazione,
ma anche un minor numero
di test positivi.
Circa la scelta del periodo
di gravidanza in cui eseguire
il test, va tenuto conto che le
prestazioni di ogni singolo
marcatore variano a seconda
del periodo di gravidanza in
cui viene dosato, del tempo
medio previsto per fornire alla paziente la stima del rischio, del tempo medio previsto per eseguire una tecnica
invasiva e la diagnosi citogenetica in caso di rischio aumentato.
Un fattore che influenza la
valutazione del rischio, spesso sottovalutato, è la determinazione dell’epoca gestazionale: bisogna evitare se si è
optato di calcolare le settimane e i giorni di gestazione in
base all’ultima mestruazione,
di ridatare ecograficamente
l’epoca di gravidanza di una
paziente, il cui rischio è risultato aumentato o vicino al
cut-off ed evitare, inoltre, di
utilizzare le datazioni inteMarzo 2014 ⎟ Biologi Italiani ⎟
5
SCIENZE Biologia clinica
Fig. 10.
Fig. 11.
grate degli ecografi in quanto
queste tengono conto di altre
misurazioni ecografiche del
feto quale la circonferenza
addominale e la lunghezza
del femore che in caso di feto
affetto da cromosomopatia
potrebbero essere inferiori a
quelle di un feto normale di
pari età gestazionale.
Per ottenere un equilibrio
fra l’aumento della capacità
di identificazione dei soggetti affetti e la percentuale di
6
⎟ Biologi Italiani ⎟Marzo 2014
donne con screening positivo, sono necessari un’accurata selezione e un attento monitoraggio dei metodi impiegati per lo screening stesso.
Per valutare alcune caratteristiche del metodo di dosaggio, come la precisione e la
linearità, e per tenere sotto
controllo la qualità del dosaggio stesso, dovrebbero essere
utilizzati due accorgimenti
particolari.
Il primo è la necessità di
calcolare propri valori di riferimento (mediane), che sono
specifici per il metodo di dosaggio utilizzato; è necessario che tali mediane siano
calcolate utilizzando valori
ottenuti con lo stesso metodo
analitico che verrà impiegato
per lo screening.
Devono essere dosati almeno 100 pazienti con feto
normale per ogni settimana di
gravidanza; non è possibile
utilizzare come mediane di
riferimento i dati riportati nei
fogli illustrativi forniti con i
kit; la datazione dell’epoca di
gravidanza di queste gestanti
deve essere seguita con lo
stesso metodo che poi si eseguirà nel programma di
screening.
L’utilizzo di mediane non
corrette è una delle principali
cause di un cattivo risultato
dello screening e accertarsi
che le mediane siano corrette
è una delle responsabilità
principali del laboratorio. Il
secondo accorgimento è la
necessità di fornire risultati
validi per lunghi periodi di
tempo. I risultati dei metodi
di analisi vengono interpretati utilizzando mediane calcolate mesi o addirittura anni
prima e variazioni dei valori,
anche se modeste, in positivo
o in negativo possono causare variazioni significative
dell’efficienza dello screening. Quelli che inizialmente
possono sembrare cambia-
SCIENZE Biologia clinica
di screening stesso; la messa
a punto di una scheda di ingresso al programma di
screening in cui siano raccolte tutte le informazioni elaborabili dal software in modo
tale da ottenere un calcolo
preciso delle probabilità di
avere un feto affetto; scelta
delle modalità pratiche di
esecuzione della eventuale
ecografia e del prelievo; scelta delle modalità di refertazione così da fornire un tipo
di informazione completa
sull’esito del test stesso; stesura di un modulo da consegnare alla paziente allegato al
referto per essere informati
sull’esito della gravidanza
(follow-up); scelta delle modalità di consegna del referto
che riporta il risultato dello
screening.
Fig. 12.
Conclusioni
Fig. 13.
menti relativamente modesti
del dosaggio, possono far aumentare in maniera significativa la percentuale di falsi positivi e possono essere associati solo ad un piccolo miglioramento della capacità di
individuazione dei soggetti
affetti.
Inoltre, è a nostro avviso
importante, l’organizzazione
logistica del programma di
screening impiegato.
Tale organizzazione dovrebbe essere preventivamente decisa e prevedere:
l’informazione delle pazienti
sui vantaggi e limiti del test
È indubbio che negli ultimi
anni sono stati fatti notevoli
progressi nel campo delle
metodiche di identificazione
della popolazione ostetrica a
rischio per aneuploidie fetali
a cui offrire l’approfondimento diagnostico mediante
metodiche invasive, anche se
allo stato attuale non esiste
ancora un metodo di screening delle cromosomopatie
universalmente riconosciuto
come il migliore. Probabilmente sono ancora necessari
Marzo 2014 ⎟ Biologi Italiani ⎟
7
SCIENZE Biologia clinica
studi più approfonditi (eseguiti con criteri di standardizzazione e su campioni più
ampi di popolazione) ma è
comunque opportuno proseguire su questa via.
Il medico che si occupa di
diagnosi prenatale si trova
oggi a fronteggiare tendenze
opposte.
Da un parte c’è una vera e
propria “corsa all’amniocentesi” da parte di coppie a
basso rischio per le quali l’esigenza di una risposta certa
riguardo alla “normalità” del
feto è assolutamente prioritaria e rende pienamente accettabile il rischio di perdita
fetale insito nell’esame invasivo (anche se, a ben guardare, questo è superiore rispetto al rischio di anomalia cromosomica).
Il fatto che le strutture sanitarie pubbliche offrano l’amniocentesi alle donne a partire
dall’ età di 37 anni non rappresenta un reale ostacolo per le
donne più giovani che hanno
la possibilità economica di rivolgersi alle strutture private,
mentre quelle che non hanno
tale disponibilità finiscono per
sentirsi gravemente discriminate essendo precluso un esame tanto utile, ritenuto ormai
quasi indispensabile (alcuni si
chiedono addirittura come
mai l’amniocentesi non sia
obbligatoria).
Ad un altro estremo si trovano invece coppie ad alto ri8
⎟ Biologi Italiani ⎟Marzo 2014
schio che rifiutano l’accertamento citogenetico perché
hanno un tale rispetto della
vita, anche se “anormale”,
che sono disposte ad accettarla comunque.
La maggior parte delle coppie, però, non è così decisa e
chiede al medico specialista
un consiglio, anzi a volte vorrebbe addirittura delegargli la
decisione: questo ovviamente
non è possibile e non sarebbe
nemmeno giusto.
Chi opera in questo settore
è dunque chiamato a fare il
più possibile chiarezza offrendo alla coppia gli strumenti razionali di valutazione
del caso; a ciò la singola coppia aggiungerà inevitabilmente il proprio bagaglio etico, culturale, emotivo, relazionale e deciderà liberamente e con coscienza il da farsi.
Il perfezionamento delle
metodiche di screening delle
aneuploidie e la loro diffusione “controllata”, ossia con
standard di qualità garantiti,
potrebbe dunque veramente
modificare l’approccio alla
diagnosi prenatale invasiva
sia da parte delle coppie, per
i motivi suddetti, sia da parte
del servizio sanitario.
Sarebbe infatti ragionevole,
una volta provata la validità di
tali metodi, cambiare i criteri
di inclusione in quel 5% di popolazione ostetrica considerata ad alto rischio ed avente diritto all’amniocentesi, e inclu-
.
dere come criteri di rischio
non solo l’età materna, ma anche altri fattori biochimici e/o
ecografici visto che ciò permetterebbe, a parità di amniocentesi effettuate, un salto del
“detection rate” di aneuploidie dal 20 all’ 80%.
Bibliografia
1) Botkin Jr. (1990). Prenatal screening:
professional standards and limits of parental choice. Obst. Ginec.. 75 (5): 87580.
2) Canini, S. (1997). Interpretazione dei test
tramite programmi computerizzati e organizzazione dei programmi di screening.
Screening prenatali per le cromosomopatie e DTN nel I° e II° trimestre di gravidanza: 175-187.
3) De Biasio P., Siccardi M., Volpe G., Famularo L., Santi F., Canini S. (1999):
First trimester screening for Down’s sindrome using nuchal translucency measurement with free B-hCG and PAPP-A
between 10 and 13 weeks of pregnancy –
the combined test. Prenatal Diagnosis.
19: 360-363.
4) Forest J., Masse J., Moutquin J. (1997).
Screening for Down’s Sindrome during
first trimester... Clinical biochemistry.
vol. 30 (4) 99. 333-338.
5) Knight G. J. (1993): Considerazioni di laboratorio nello screening biochimico. The
Ligand Quarterly . v. 12, 302-307.
6) Reynolds T.M., Nix B.J., Dunstan F.D.J.,
Dawson A.S. (1993): Age specific detection and false positive Rates: an aid to
counseling in Down syndrome risk
screening. Obstet. Gynecol. 81: 447-450.
7) Schuchter K., Wald N., Hackshaw A.K.,
Hafner E., Liebhar E.(1998): The distribution of nuchal translucency at 10-13
weeks of pregnancy. Prenatal diagnosis.
18: 281-286.
8) Spencer K., Souter V., Tul N., Snijders R.,
Nicolaides K.H. (1999): A screening program for trisomy 21 at 10-14 weeks using
fetal nuchal translucency, maternal serum
free beta-chorionic gonadotropin and
pregnancy associated plasma protein-A.
Obstetric Gynecol. 13: 231-237.
9) Wald N.J., Cukle H.S., Densem J.W., et
al. (1988): Maternal serum screening for
Down syndrome in early pregnancy.
B.M.J. 297:883-7.
10) Wald N.J., Hackshaw A.K. (1997):
Combining ultrasound and biochemistry
in first trimester screening for Down’s
Sindrome. Prenatal Diagnosis. 17: 9 :
821-829.