Verso l’estinzione della classe media? di Luciana Maci Popoli e Missione - Maggio 2014 Il mondo occidentale, un tempo sostenuto da una classe media forte e radicata, da anni si sta caratterizzando per il fenomeno dell’ampliamento di masse di poveri mentre sempre meno persone detengono un potere economico (e non solo) sempre più ampio. Mentre nelle potenze emergenti asiatiche, in particolare in Cina, il ceto medio e il numero di consumatori sono in costante crescita. Nel centro di San Francisco, cuore della Silicon Valley che ha generato la Internet economy e che ha dato i natali ad alcuni degli uomini più ricchi del mondo, sorge l’accampamento The Jungle, il più grande rifugio per homeless d’America. Centinaia di disperati privi di un tetto e del necessario per sopravvivere si muovono lungo le stesse strade calpestate poco prima da Mark Zuckerberg di Fa-cebook o Tim Cook della Apple. E oltre un migliaio di bambini vive per strada. Cosa sta succedendo in questo luogo-simbolo del boom tecnologico? La realtà è che quasi il 55% dei suoi lavoratori non arriva ai 90mila dollari all’anno necessari a mantenere una famiglia di quattro persone. Il prezzo medio di una casa è 550mila dollari, l’affitto di un bilocale 2mila dollari al mese. Un lavoratore medio ne guadagna 20mila l’anno. È chiaro che qualcosa non funziona. San Francisco non fa eccezione: i molto ricchi e i molto poveri sono sparsi per tutta la nazione. Come rileva l’economista statunitense Tyler Cowen, circa tre quarti dei lavori creati negli Usa dalla Grande Recessione in poi hanno previsto una retribuzione di poco superiore al salario minimo. Il reddito reale dell’1% degli statunitensi più ricchi, aggiunge Enrico Moretti, economista a Berkeley, è cresciuto negli ultimi 40 anni del 300%, mentre quello dei più poveri è salito di appena il 40%. Ma gli Usa non sono che l’esempio più eclatante di quello che sta avvenendo nell’intero Occidente: un tempo sostenuto da una robusta classe media, da anni si va polarizzando verso un ceto estremamente benestante ed uno che sta sprofondando nella povertà, mentre la middle class continua pericolosamente ad assottigliarsi. Oggi in Italia i 10 individui più ricchi possiedono una ricchezza uguale a quella dei cinque milioni di più poveri. «Se guardiamo agli ultimi 20 anni del nostro Paese – dice Giuseppe Roma del Censis - sia dal punto di vista del reddito annuale che della ricchezza posseduta, a perdere di più non sono gli strati più bassi ma proprio la parte centrale e maggioritaria del corpo sociale. Il ceto medio nel periodo 1991-2010 ha perso circa il 4% del reddito disponibile complessivo annuo, mentre le famiglie con meno di 15mila euro annui lo 0,2%». Anche in Germania, nazione leader de facto della Ue guidata dal pugno di ferro di Angela Merkel, la situazione non è diversa: secondo Diw, Istituto per la ricerca economica, negli ultimi 15 anni il ceto medio sarebbe diminuito di quasi sette punti, dal 65 al 58,5% della popolazione (47,3 milioni), un calo pari a 5,5 milioni di persone. Così un appartenente su quattro alla classe media teme in un prossimo futuro di non poter mantenere il proprio tenore di vita. A conferma del declino della classe media in Occidente un ulteriore dato, stavolta fornito dall’organizzazione internazionale Oxfam: nel nostro pianeta le 85 persone più ricche possiedono la ricchezza della metà della popolazione mondiale. D’altra parte, mentre il “primo mondo” si impoverisce, invecchia, fa meno figli e non produce più, l’altro mondo, quello orientale e asiatico, vede crescere il proprio ceto medio e il numero di consumatori. In Cina i salari sono aumentati negli ultimi anni e si è formata una classe media che pretende più diritti e tutele sul lavoro, dando luogo anche alle prime unioni sindacali. Non è un caso che molte grandi aziende Usa, che avevano delocalizzato in territorio cinese, abbiano deciso di riportare la produzione in patria, o di spostarla in luoghi ancora più convenienti dal punto di vista economico come il Vietnam. In Brasile i numeri dicono che, tuttora, il 10% dei più ricchi guadagna 37,1 volte di più rispetto al più povero. Eppure, come hanno rilevato recenti inchieste, i benestanti hanno sempre più difficoltà a reperire il personale di servizio, un tempo abbondante e sottopagato, proprio perché si va progressivamente formando una classe media di dipendenti e professionisti. Secondo un documento della Banca mondiale presentato dall’economista Martin Ravallion, tra il 1990 e il 2002, 80 milioni di uomini e donne dei Paesi in via di sviluppo sono entrati a fare parte della “classe media di tipo occidentale”, definita in base agli standard degli Stati Uniti in termini di reddito e tipologia dei consumi. Un ulteriore gruppo di 1,2 miliardi di persone (quattro quinti in Asia e metà in Cina) sono usciti dalla povertà estrema e sono diventati elementi della “classe media del Terzo Mondo”: vivono cioè secondo standard considerati ancora molto bassi in Europa e negli Usa, ma per la prima volta riescono a condurre un’esistenza perlomeno dignitosa. Per Jim O’Neill di Goldman Sachs, che fa riferimento soprattutto ai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), la classe media globale si arricchirà di altri due miliardi di persone da qui al 2030. Nel frattempo nella Silicon Valley nascerà qualche nuovo miliardario, ma anche altre centinaia di poveri.
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