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Speciale Green Economy
Decreto Spalmaincentivi: rimedi e opzioni
Approfondimento a cura di Rödl & Partner
Edizione: Ottobre 2014 - www.roedl.com/it
Periodo residuo (anni)
Decreto Spalmaincentivi
>
Il contenuto
>
I decreti ministeriali attuativi
>
Gli effetti sulla redditività degli impianti
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14
15
16
17
18
oltre 19
>
L’impatto sui rapporti contrattuali e i titoli
autorizzativi: le misure da vagliare subito
>
I rimedi secondo Rödl & Partner
> Il contenuto
Come è noto, la Legge 11 agosto 2014 n.116 ha convertito il Decreto Legge 24 giugno 2014 n.91 (“Decreto
Spalmaincentivi” o semplicemente “Decreto”), che,
dall’1 gennaio 2015, comporterà una riduzione delle
tariffe incentivanti già riconosciute a impianti fotovoltaici sulla base di uno dei decreti cd. "Conto Energia".
Percentuale di riduzione dell’incentivo
25%
24%
22%
21%
20%
19%
18%
17%
b) mantenimento del periodo di incentivazione originario di 20 anni con una rimodulazione della tariffa che
prevede un primo periodo di fruizione di un incentivo
ridotto rispetto all’attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le
percentuali di rimodulazione avrebbero dovuto essere
stabilite con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, da emanarsi entro il 1° ottobre 2014, di cui, alla
data di stesura del presente approfondimento, si attende la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;
c) mantenimento del periodo di incentivazione originario di 20 anni con una riduzione forfettaria degli incentivi a seconda della taglia dell’impianto:
−
6% per gli impianti con potenza nominale tra 200
kW e fino a 500 kW;
7% per gli impianti con potenza nominale tra 500
kW e fino a 900 kW;
8% per gli impianti con potenza nominale superiore
a 900 kW.
L’art. 26 del Decreto prevede che i titolari degli impianti
fotovoltaici con una potenza nominale di oltre 200 kW,
entro il 30 novembre 2014, dovranno scegliere tra le
seguenti tre opzioni:
−
a)
In assenza di comunicazione da parte dell'operatore il
GSE applicherà l'opzione sub c).
estensione del periodo di incentivazione da 20 a 24
anni con contestuale riduzione della tariffa incentivante annua sulla base di un fattore di riduzione parametrato al periodo residuo di incentivazione secondo la seguente tabella:
−
E’ altresì previsto che i beneficiari delle tariffe incentivanti potranno accedere a finanziamenti bancari fino ad
un importo massimo pari alla differenza tra l’incentivo
già spettante e l’incentivo rimodulato; tali finanziamenti
saranno coperti da provviste o garanzie della Cassa
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Speciale Green Economy
Depositi e Prestiti S.p.A. al fine di mitigare gli svantaggi
economici causati dalla riduzione.
L’art.26 del Decreto stabilisce infine che a decorrere dal
secondo semestre 2014, il GSE eroghi le tariffe incentivanti con rate mensili costanti, in misura pari al 90%
della producibilità media annua stimata di ciascun impianto nell’anno solare di produzione, ed effettui il conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il
30 giugno dell’anno successivo. Le modalità operative
avrebbero dovuto essere definite dal GSE entro 15 giorni dalla pubblicazione della nuova normativa ed approvate con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico.
Del contenuto concreto dei decreti ci occuperemo nel
prosieguo. Qui evidenziamo in particolare quanto segue.
Decreto sull’opzione b):

***
Il 30 novembre 2014 è ormai alle porte. Occorre quindi
valutare con estrema sollecitudine:

i presumibili effetti del Decreto Spalmaincentivi e
dei decreti ministeriali attuativi sulla redditività degli
impianti;

le implicazioni contrattuali legate alle tre opzioni
offerte ai Soggetti Responsabili dall’articolo 26 del
Decreto;

i possibili rimedi offerti dall’ordinamento ai Soggetti
Responsabili a tutela dei diritti e degli interessi pregiudicati dal Decreto Spalmaincentivi.
> I decreti ministeriali attuativi
Nonostante la legge di conversione del Decreto Spalmaincentivi sia stata pubblicata, e sia entrata in vigore,
nel mese di agosto 2014, soltanto con comunicato
stampa del 17 ottobre 2014 il Ministero dello Sviluppo
Economico ha annunciato di avere sottoscritto:

il decreto datato 16 ottobre
all’opzione b);
2014, relativo

il decreto datato 17 ottobre 2014, relativo alle modalità di erogazione delle tariffe.
Il testo dei due decreti ministeriali si può rinvenire sul
sito
del
Ministero
all’indirizzo:
http://www.sviluppoeconomico.gov.it.
Al momento in cui scriviamo, i due decreti non sono
ancora stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale; entreranno in vigore il giorno successivo detta pubblicazione.
per l’opzione b) è previsto che al fine di agevolare la
visualizzazione delle percentuali di rimodulazione
spettanti a ciascun impianto, entro 3 giorni
dall’entrata in vigore, il GSE pubblichi sul proprio sito internet le tabelle dei fattori moltiplicativi da applicare ai previgenti incentivi per il calcolo
dell’incentivo rimodulato, in funzione del periodo
residuo di diritto agli incentivi, espresso in anni e in
mesi.
Decreto sulle modalità operative per l’erogazione
delle tariffe:

a regime è previsto che, per gli impianti di potenza
superiore a 20 kW, i pagamenti in acconto sono effettuati con cadenza mensile e il pagamento del
conguaglio entro 60 giorni dal ricevimento delle misure e comunque entro il 30 giugno dell’anno successivo;

per il secondo semestre 2014, il GSE ha facoltà di
adottare diverse tempistiche di pagamento, per tener conto dei tempi di adeguamento dei sistemi informatici; in ogni caso, però, gli importi dovuti per
tale periodo sono erogati entro il 31 dicembre
2014;

per gli impianti di potenza superiore a 200 kW,
saranno effettuati specifici controlli, con cadenza
quadrimestrale; per l’anno 2014 il primo controllo
sarà effettuato nel mese di dicembre 2014 rispetto
al periodo luglio-ottobre 2014.
> Gli effetti sulla redditività
degli impianti
Come detto, il Decreto Spalmaincentivi ha introdotto
rilevanti novità nel settore delle tariffe incentivanti per il
fotovoltaico, obbligando i Soggetti Responsabili a scegliere tra tre opzioni.
A seguito dell’emanazione del decreto ministeriale datato 16 ottobre 2014, relativo all’opzione b), è ora possibile
analizzare
compiutamente
gli
effetti
sull’investimento delle varie scelte messe a disposizione
dal Legislatore.
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Speciale Green Economy
Ottobre 2014
L’analisi dimostra che tutte le opzioni hanno forti implicazioni negative sia sulla redditività dell’impianto sia sui
flussi finanziari futuri attesi. Vediamo in che misura.
>
>
L’opzione B prevede il mantenimento del periodo di
incentivazione con una rimodulazione della tariffa che
prevede un primo periodo di fruizione di un incentivo
ridotto rispetto all’attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura.
Opzione A) – Estensione del periodo di incentivazione da 20 a 24 anni
Con questa opzione, il Soggetto Responsabile acconsente ad una riduzione della tariffa incentivante erogata in
corso d’anno con contestuale prolungamento del periodo di incentivazione a 24 anni. Benché, i flussi di cassa
positivi attesi dalla tariffa incentivante non cambiano,
essendo solamente prolungato il periodo di incasso, gli
effetti connessi all’Opzione A sono estremamente significativi.
La riduzione della tariffa incentivante avrà, infatti, forti
implicazioni negative sui flussi di cassa generati dalla
gestione operativa dell’impianto, sia attraverso la riduzione della tariffa stessa, sia come conseguenza di ulteriori costi necessari per l’accensione di un finanziamento
ponte previsto dal Decreto all’art. 26, comma 5 (costi di
consulenza e interessi), ma anche per effetto della riduzione della potenza nominale futura dell’impianto (negli
anni da 21 a 24 del nuovo periodo di incentivazione il
rendimento sarà inferiore rispetto all’originario periodo
di 20 anni, riducendo così ancora una volta i ricavi previsti).
Di conseguenza, per gli impianti finanziati, il Debt Service Cover Ratio (“DSCR”) per l’intera durata
dell’eventuale contratto di finanziamento, mutuo o
leasing potrebbe ridursi al di sotto della soglia minima
concordata con la società finanziatrice/di leasing. Una
simile evenienza, ove non siano state pattuite delle clausole di salvaguardia particolari e in mancanza di misure
di mitigazione concordate con gli istituti di credito, potrebbe comportare una situazione di default, cioè
l’impossibilità da parte del Soggetto Responsabile di
adempiere alle obbligazioni contrattuali verso l’istituto
finanziario/di leasing e la conseguente facoltà, da parte
dell’istituto finanziario, di domandare o dichiarare la
risoluzione del contratto, con conseguente diritto - nei
contratti di mutuo - all’integrale restituzione del finanziamento.
L’opzione A) comporta poi anche costi aggiuntivi da
sostenersi negli anni da 21 a 24 per la gestione operativa dell’impianto (si pensi, ad esempio, ai contratti di
O&M o ai contratti di locazione conclusi a servizio
dell’Impianto Fotovoltaico), che faranno sì che
l’estensione del periodo di incentivazione con una tariffa
costante non sarà sufficiente per bilanciare il taglio sofferto dall’anno 2015 fino alla scadenza originaria del
periodo di incentivazione.
Opzione B) – Mantenimento del periodo di
incentivazione originario di 20 anni con una
rimodulazione della tariffa
Il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico datato
16 ottobre 2014 indica una riduzione per il primo periodo di fruizione che va dall’31,39% al 9,70% a seconda degli anni e i mesi residui del periodo di incentivazione dell’impianto; il periodo di riduzione va dal
2015 fino al 2019 per gli impianti la cui convenzione è
stata stipulata nel 2006 (anno più risalente previsto dal
decreto), ovvero fino, al massimo, al 2023 per gli impianti la cui convenzione è stata stipulata nel 2014 (anno più recente previsto dal decreto). Per le convenzioni
stipulate negli anni intercorrenti tra il 2006 ed il 2014, il
periodo di riduzione varierà proporzionalmente agli anni
residui di incentivazione.
Anche questa opzione – comportando il recupero di un
taglio iniziale della tariffa incentivante mediante un
contestuale aumento della tariffa incentivante nel periodo finale di incentivazione - a prima vista, sembrerebbe non comportare impatti negativi sulla redditività
dell’investimento. A ben guardare, tuttavia, non è così.
Anche qui, infatti, per gli impianti finanziati, la riduzione
iniziale della tariffa incentivante potrebbe plausibilmente
riflettersi in un DSCR al di sotto della soglia minima
concordata con l’istituto finanziario/di leasing, portando
la società in una situazione di default verso la banca.
Inoltre, a causa della riduzione del rendimento
dell’impianto atteso in futuro, l’aumento concesso nel
secondo periodo di incentivazione (dal 2020, per gli
impianti entrati in esercizio nel 2006, ovvero dal 2023,
per quelli entrati in esercizio nel 2014) non bilancerà
perfettamente la riduzione applicata per il primo periodo, causando così un ulteriore svantaggio economico al
Soggetto Responsabile.
Se poi si considerano eventuali ulteriori costi per
l’erogazione del finanziamento previsto dall’art. 26,
comma 5 del Decreto (interessi e costi di consulenza), si
può comprendere subito che gli effetti della rimodulazione saranno tutt’altro che neutri.
>
Opzione C) – Mantenimento del periodo di
incentivazione originario di 20 anni con una riduzione forfettaria degli incentivi
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Speciale Green Economy
Probabilmente, l’opzione C - il mantenimento del periodo di incentivazione originario di 20 anni con una riduzione forfettaria degli incentivi - ha l’impatto negativo
più forte sulla redditività dell’investimento. L’opzione,
infatti, non prevede un recupero temporale della riduzione, così come previsto per le opzioni A) e B).
Il taglio condurrà ad una riduzione permanente dei flussi
di cassa della gestione operativa dell’impianto; per gli
impianti finanziati, il taglio secco degli incentivi – in
difetto di misure di mitigazione a livello finanziario potrebbe comportare una riduzione del DSCR al di sotto
della soglia minima prevista nel contratto di finanziamento/di leasing dell’impianto, con grave rischio di default.
>
Il nodo dei finanziamenti bancari di cui al 5°
comma dell’articolo 26
L’art. 26, comma 5, del Decreto prevede la possibilità
per il Soggetto Responsabile di chiedere finanziamenti
bancari fino ad un importo massimo pari alla differenza
tra l’incentivo già spettante e l’incentivo rimodulato.
Tuttavia, mancando ad oggi ancora il decreto attuativo
circa le modalità della garanzia da prestarsi da parte
della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. alle banche finanziatrici, non è possibile prevedere le condizioni esatte di
questo finanziamento, né le modalità esatte di erogazione e restituzione delle somme. Le condizioni del finanziamento, unitamente all’incertezza su quello che
sarà il comportamento degli istituti bancari (i flussi di
cassa positivi attesi da questo finanziamento verranno
considerati al fine del calcolo del DSCR ?), avranno sicuramente un’influenza notevole sulla redditività
dell’impianto.
Ad oggi, però, non si hanno indicazioni che il finanziamento possa sostituire a tutti gli effetti - e cioè anche
agli effetti del calcolo del DSCR dalla gestione operativa
dell’impianto - la riduzione della tariffa incentivante.
Rimane, pertanto, molto elevato il rischio di default per
tutti gli impianti finanziati, quale che sia l’opzione che
verrà scelta dal Soggetto Responsabile.
> L’impatto sui rapporti contrattuali e i titoli autorizzativi: le misure da vagliare subito
Non potendo – nel momento in cui scriviamo - prevedere se e in quale misura il sistema creditizio sarà in grado
di mitigare gli effetti del Decreto Spalmaincentivi attra-
verso le misure previste dal 5° comma dell’articolo 26,
dobbiamo supporre che la riduzione degli incentivi a
partire dal 1° gennaio 2015 si rifletterà - con ogni probabilità - in una minor redditività degli impianti fotovoltaici nei termini sopra accennati.
La necessità di esercitare entro il 30 novembre 2014
l’opzione tra le 3 diverse soluzioni offerte dall’articolo
26 del Decreto impone di condurre immediatamente
opportune riflessioni, e ciò anche in riferimento al tema
centrale dei rimedi giudiziali esperibili a tutela dei propri
diritti (si veda l’ampia trattazione sul punto nel prosieguo del presente approfondimento).
Prima di scegliere tra le diverse soluzioni, occorrerà verificarne gli effetti – in termini di riduzione degli incentivi
ovvero di rimodulazione nella relativa erogazione - sui
rapporti contrattuali in essere. L’analisi dovrà riguardare
ciascun impianto fotovoltaico interessato dalle misure
legislative, quindi superiore ai 200 kW di potenza installata, ed estendersi, in taluni casi, all’intero set contrattuale di cui sia parte il Soggetto Responsabile.
>
Il nodo della sostenibilità finanziaria e i suoi
effetti contrattuali in caso di esercizio
dell’opzione B) o C)
Ove la scelta dovesse ricadere sull’opzione B) o C), il
tema da approfondire sarà principalmente finanziario,
tenuto conto della necessità di conciliare la riduzione
degli incentivi con gli obblighi nascenti dai contratti di
finanziamento, mutuo o leasing in essere.
Laddove emergesse la necessità di rivedere termini e
modalità di rimborso dei finanziamenti ovvero di pagamento dei canoni di leasing ai fini della sostenibilità
finanziaria dell’impianto, occorrerà appurare se sia possibile oppure no rinegoziare con gli istituti di credito e i
partner finanziari le condizioni e i termini contrattuali
concordati alla luce del regime di incentivi previgente al
Decreto Spalmaincentivi.
Decisiva, sul punto, sarà l’analisi circa la presenza di
clausole dalle quali possa dedursi la rilevanza delle tariffe incentivanti originariamente conseguite dall’impianto
quale elemento presupposto per la conclusione
dell’accordo ovvero quale vera e propria condizione di
efficacia o risoluzione del medesimo.
Altrettanto rilevante, quanto meno sul piano negoziale,
potrebbe essere la presenza di clausole di recesso legate
al mutamento dei regimi incentivanti rispetto a quelli in
vigore alla data di stipula degli accordi.
Il tema, evidentemente, andrà considerato caso per caso
in relazione a ciascun Impianto Fotovoltaico, anche alla
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Speciale Green Economy
luce dei finanziamenti bancari cui sarà possibile accedere in concreto per effetto di quanto previsto dal 5°
comma dell’articolo 26 del Decreto.
>
I riflessi dell’opzione A) sui contratti di durata
o a tempo determinato
Ove la scelta dovesse invece ricadere sull’opzione A) –
quella, per intendersi, che prevede l’estensione del periodo di incentivazione da 20 a 24 anni con contestuale
riduzione della tariffa incentivante annua – si tratterà di
valutare, oltre al tema finanziario, se l’allungamento del
periodo di erogazione degli incentivi sia compatibile con
la durata degli accordi conclusi in relazione agli impianti
e se, in caso di durata inferiore ai 24 anni, sia comunque possibile ottenerne la proroga. In difetto, diverrà
imprescindibile rinegoziare, per quanto possibile, durata
e termini dei contratti originariamente stipulati attraverso accordi modificativi ed integrativi. In tale contesto,
sarà evidentemente opportuno calcolare tutti gli eventuali costi ed oneri correlati, potenzialmente significativi,
in particolare, con riferimento agli accordi stipulati per
atto notarile o comunque soggetti a registrazione.
>
Le verifiche da condurre ai fini dell’opzione
In linea di principio, per ogni contratto (ivi compresi,
contratti costitutivi di diritti di superficie e servitù, contratti di locazione, leasing, finanziamento, O&M) occorrerà considerare:




>
la durata e l’eventuale possibilità di procedere
ad una proroga;
l’eventuale disponibilità dei partner contrattuali
alla rinegoziazione dei termini di durata e/o delle condizioni;
l’esistenza di clausole che attribuiscano/escludano la facoltà di recesso / risoluzione
ovvero che consentano / impediscano la rinegoziazione dei termini e delle condizioni dei contratti in caso di modifiche inerenti le tariffe incentivanti;
la concreta possibilità di accedere ai finanziamenti di cui al 5° comma dell’articolo 26 del
Decreto Spalmaincentivi.
Le implicazioni dell’opzione A) sui titoli autorizzativi
Il 6° comma dell’articolo 26 del Decreto stabilisce che
“le Regioni e gli Enti Locali adeguano, ciascuno per la
parte di competenza e ove necessario, alla durata
dell'incentivo come rimodulata ai sensi del comma 3,
lettera a), la validità temporale dei permessi rilasciati,
comunque denominati, per la costruzione e l'esercizio
degli impianti fotovoltaici”.
Ottobre 2014
Relativamente agli impianti assoggettati a Comunicazione di Inizio Attività (“CIA”) e Procedura Abilitativa
Semplificata (“PAS”), sarà necessario verificare se eventuali atti di assenso resi nell’ambito del procedimento
per la realizzazione dell’impianto e delle opere di connessione prevedono termini di scadenza; in caso positivo, sarà necessario chiedere l’adeguamento temporale
alle Amministrazioni competenti.
L’Autorizzazione Unica, in linea generale, non ha scadenza, a meno che norme regionali o provinciali prevedano diversamente e sempre che le autorizzazioni confluite nel relativo provvedimento non ne prevedano una.
Il proponente dovrà quindi chiedere l’adeguamento
temporale del titolo unico all’Amministrazione competente al rilascio dell’Autorizzazione Unica, ovvero, a
seconda dei casi, all’Amministrazione che ha rilasciato
l’autorizzazione
che
è
confluita
all’interno
dell’Autorizzazione Unica.
Segnaliamo tuttavia che, in virtù del tenore letterale del
comma 6, l’adeguamento della validità temporale dei
titoli, comunque denominati, può considerarsi atto dovuto, non residuando, in capo all’Amministrazione,
alcun potere discrezionale sul punto.
> I rimedi secondo Rödl &
Partner
Si è detto che entro il 30 novembre 2014, i Soggetti
Responsabili dovranno scegliere una delle tre opzioni
previste dall’art.26 Decreto Spalmaincentivi. Questo vale
anche per i Soggetti Responsabili che intendessero opporsi in sede giurisdizionale all’applicazione del Decreto:
infatti, in mancanza di opzione espressa entro il termine, automaticamente varrà l’opzione c) (mantenimento
del periodo di incentivazione originario di 20 anni con la
riduzione forfettaria degli incentivi a seconda della taglia
dell’impianto).
I Soggetti Responsabili che fossero interessati ad
un’opzione diversa da quella sub c) e, al contempo, ad
opporsi in sede giurisdizionale alla modifica della convenzione per le tariffe, dovranno pertanto avere cura di
non procedere alla comunicazione sull’opzione senza
aver prima reso manifesta, al GSE, la propria intenzione
di ricorrere in sede giurisdizionale. Lo stesso vale, peraltro, anche per coloro che tenderebbero a scegliere comunque l’opzione c). L’accettazione dell’una o dell’altra
opzione senza alcuna riserva di opporsi in sede giurisdizionale, infatti, potrebbe essere considerata come acquiescenza che impedisce la proposizione dei rimedi
disponibili.
5
Speciale Green Economy
Invero, con il Decreto Spalmaincentivi sono state introdotte norme con effetti retroattivi ai danni di investitori
che avevano fatto affidamento sul sistema incentivante
italiano di cui ai vari Conti Energia. A nostro avviso tutte
e tre le opzioni previste, anche se in misura e/o tempi
diversi, comportano ripercussioni negative sulla rimuneratività degli impianti, sui business plans, sulla liquidità e
sui ricavi dei Soggetti Responsabili.
Il diritto nazionale italiano, come anche precisi strumenti
normativi e convenzionali europei, offrono una serie di
possibili rimedi, che andiamo ad analizzare.
L’analisi delle azioni esperibili non può prescindere
dall’assunto che le nuove disposizioni sugli incentivi
sono contenute in un testo di legge che,
nell’ordinamento giuridico italiano, non è suscettibile di
essere impugnato in quanto tale, ma deve essere rimosso attraverso particolari procedure.
Di seguito la descrizione dei rimedi giudiziali che, a nostro avviso, sono disponibili agli interessati.
>
Ricorso al TAR Lazio (Roma)
A livello nazionale, allo stato, a nostro avviso, la via
migliore per mettere in discussione la norma lesiva contenuta nel Decreto Legge Spalmaincentivi, è quella della
proposizione di un ricorso al Tribunale Amministrativo
Regionale del Lazio con sede in Roma.
Sulla base della giurisprudenza sviluppatasi finora in
materia, infatti, la maggior parte delle questioni che si
possono porre rientrano nella giurisdizione, anche esclusiva, del Giudice Amministrativo e quindi del TAR Lazio,
Roma, che, in generale, è competente in relazione ad
atti che abbiano efficacia sull’intero territorio nazionale.
In particolare, riteniamo che l’art.26 Decreto Spalmaincentivi (e la sua attuazione concreta da parte del
Ministero dello Sviluppo Economico prima e del GSE
poi), costituisce modifica unilaterale della convenzione,
imposta al Soggetto Responsabile, e ciò sia per quanto
riguarda l’entità delle tariffe e la loro durata, sia per
quanto riguarda il nuovo meccanismo di corresponsione
degli acconti e del conguaglio.
Non vi è dubbio, a nostro avviso, circa l’appartenenza
della giurisdizione al Giudice Amministrativo per quanto
riguarda l’impugnazione dei decreti ministeriali attuativi.
Alla stessa conclusione, tuttavia, si può pervenire anche
in relazione all’impugnazione dei provvedimenti che,
concretamente, saranno adottati dal GSE (sia pure in
forma dematerializzata). In situazioni di modifica unilaterale di convenzioni da parte della Pubblica Amministrazione e/o soggetti a questa equiparati, infatti, la
giurisprudenza tende ad affermare la giurisdizione del
Giudice Amministrativo che, nella fattispecie, come
accennato, è anche esclusiva in base all’art.133 Codice
Processo Amministrativo.
A nostro avviso, il ricorso è proponibile anche prima
della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei decreti
ministeriali attuativi - precisamente in forma di domanda di accertamento del diritto di percepire le tariffe
previste nella convenzione stipulata con il GSE e per il
periodo da questa previsto.
Tuttavia, stante l’imminente pubblicazione dei decreti
ministeriali attuativi nella Gazzetta Ufficiale, la quale
farà decorrere il termine di legge di 60 giorni per la
proposizione del ricorso al TAR Lazio, a questo punto la
soluzione migliore consiste nell’impugnazione di tali
decreti ministeriali da parte dei Soggetti Responsabili.
Controparti principali sono quindi il Ministero dello Sviluppo Economico e il GSE.
L’impugnazione di provvedimenti di carattere generale
(come sono i decreti ministeriali attuativi) presuppone la
sussistenza di un interesse, concreto ed attuale del ricorrente. Per tale motivo, ed anche in considerazione della
giurisprudenza nonché dell’atteggiamento difensivo in
precedenza assunto dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal GSE in altre controversie riguardanti provvedimenti di carattere generale sulle tariffe incentivanti,
al fine di radicare maggiormente l’interesse processuale
al ricorso, a nostro avviso la domanda di annullamento
dei decreti attuativi deve essere successivamente integrata con l’impugnazione degli ulteriori provvedimenti
attuativi che verranno adottati dal GSE (e cioè dei provvedimenti che applichino la norma riconoscendo soltanto l’acconto del 90% e che riconoscano la tariffa decurtata).
Nello stesso ricorso potrà poi essere proposta:
−
la domanda di accertamento del diritto di percepire
le tariffe previste nella convenzione stipulata con il
GSE e per il periodo da questa previsto.
−
domanda di risarcimento dei danni causati dai provvedimenti impugnati (ove questi venissero, ad esito
del giudizio, dichiarati illegittimi
Sono altresì proponibili, richieste di misure cautelari, in
particolare nei casi in cui sia possibile dimostrare che
l’applicazione del Decreto Spalmaincentivi sia suscettibile di far fallire il Soggetto Responsabile ovvero di porlo
in situazione di inadempimento rispetto, ad esempio, a
contratti di finanziamento.
6
Speciale Green Economy
A nostro avviso, i motivi fondanti tutte le domande si
appuntano sulla contrarietà del Decreto Spalmaincentivi,
sotto vari profili, al diritto comunitario e internazionale,
alla Costituzione italiana e alla Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo.
Per quanto riguarda i soggetti legittimati alla proposizione del ricorso, questi sono i Soggetti Responsabili di
impianti fotovoltaici incentivati.
Circa le modalità di proposizione del ricorso, considerata
la giurisprudenza, nonché l’atteggiamento difensivo
assunto dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal
GSE in altre controversie riguardanti provvedimenti di
carattere generale sulle tariffe incentivanti, a nostro
avviso non è opportuna la proposizione di ricorsi collettivi da parte di più Soggetti Responsabili: la giurisprudenza, infatti, tende a considerare inammissibili i ricorsi
collettivi:
−
quando non vi sia perfetta identità sostanziale delle
posizioni dei ricorrenti;
−
quando vengano impugnati provvedimenti diversi
(questa sarebbe la situazione nel momento in cui
venissero impugnati i provvedimenti attuativi del
GSE, che, come già rilevato, a nostro avviso debbono essere impugnati in quanto andranno a cristallizzare una volta per tutte la modifica unilaterale del
rapporto contrattuale di cui si è detto e l’interesse
concreto ed attuale al ricorso).
−
quando vengano proposte domande di risarcimento
dei danni.
In aggiunta, osserviamo che, in definitiva, il nocciolo
delle questioni potrebbe ridursi a questo: lo Stato Italiano ha effettuato un equo bilanciamento di tutti gli interessi contrapposti ? La risposta a questa domanda, a
nostro avviso, deve essere data sulla base di un approccio caso per caso che mal si concilia con un ricorso collettivo.
Circa lo svolgimento del giudizio, poiché la lesione del
diritto dipende da una norma di legge che, come detto,
non è direttamente impugnabile, è possibile che,
all’interno del giudizio davanti al Giudice Amministrativo, si innestino delle fasi incidentali davanti alla Corte di
Giustizia dell’Unione Europea e/o la Corte Costituzionale italiana, come verrà descritto nel prosieguo.
Inoltre, con particolare riferimento all’impugnazione dei
provvedimenti del GSE, poiché non vi sono precedenti
specifici
in
termini
e
sempre
considerato
l’atteggiamento difensivo assunto dal Ministero dello
Sviluppo Economico e dal GSE in altre controversie ri-
Ottobre 2014
guardanti le tariffe incentivanti, è altresì possibile, da un
lato, che si svolga un’altra fase incidentale, riguardante
la giurisdizione, davanti alla Corte di Cassazione; e,
dall’altro, che la Corte di Cassazione si pronunci in favore della giurisdizione del Giudice Ordinario, davanti al
quale i giudizi dovranno essere riassunti.
>
Regolamento di giurisdizione davanti alla Corte di Cassazione (Roma) e giudizi davanti al
Tribunale Civile (Roma)
Come già rilevato, riteniamo di poter escludere che la
giurisdizione possa spettare al Giudice Ordinario, salvo
per taluni profili particolari che, però, a nostro avviso
non metterebbero in discussione l’intero impianto del
Decreto Legge Spalmaincentivi.
Poiché non vi sono precedenti giurisprudenziali, tuttavia,
con particolare riferimento all’impugnazione dei provvedimenti del GSE, non possiamo escludere che, nel
ricorso al TAR, i resistenti non eccepiscano il difetto di
giurisdizione del Giudice Amministrativo a favore della
giurisdizione del Giudice Ordinario, ovvero non propongano direttamente l’apposito regolamento preventivo di
giurisdizione davanti alla Corte di Cassazione. Il regolamento preventivo di giurisdizione, peraltro, potrebbe
essere proposto anche autonomamente dai ricorrenti,
per far affermare definitivamente la giurisdizione prima
che si pervenga ad una sentenza di merito.
Per lo stesso motivo, non possiamo neppure escludere
con certezza che la Corte di Cassazione non si pronunci
per la giurisdizione del Giudice Ordinario, davanti al
quale i ricorsi, inizialmente proposti davanti al Giudice
Amministrativo, debbano quindi essere riassunti (in
tutto o in parte). A seguito della riassunzione, il giudizio
proseguirebbe quindi davanti al Tribunale Civile di Roma
(competente territorialmente). Nel giudizio civile, le
domande sarebbero principalmente volte ad ottenere
l’accertamento del diritto di percepire le tariffe previste
nella convenzione stipulata con il GSE e per il periodo
da questa previsto.
>
Rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia
dell’Unione Europea (Lussemburgo)
All’interno del giudizio di merito (sia davanti al Giudice
Amministrativo che davanti al Giudice Ordinario) è possibile chiedere al Giudice Nazionale la disapplicazione
della nuova normativa in quanto in contrasto con principi generali del diritto comunitario, e/o che il Giudice
Nazionale disponga il rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia dell’Unione Europea al fine di far accertare che
il diritto comunitario (in particolare i principi generali di
tutela dell’affidamento e degli investimenti) osta ad una
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Speciale Green Economy
normativa quale quella contenuta nel Decreto Spalmaincentivi.
Ove il Giudice di Merito, come potrebbe fare, accertasse
direttamente che la norma interna è contraria al diritto
comunitario, la norma interna potrebbe essere disapplicata. Nel secondo caso, il Giudice di Merito deferirebbe
la questione di interpretazione alla Corte di Giustizia.
Ove la Corte di Giustizia dichiarasse che la normativa
comunitaria osta alla nuova norma nazionale, questa
non potrebbe trovare applicazione. In entrambi i casi,
quindi, l’intento e l’effetto sarebbero quelli di bloccare
l’applicazione del Decreto Spalmaincentivi, con conseguente diritto degli interessati di percepire le tariffe
nella misura, e per il periodo, previsti dalla convenzione
stipulata con il GSE.
Circa gli effetti di una pronuncia della Corte di Giustizia
che dovesse accertare l’incompatibilità del Decreto
Spalmaincentivi al diritto comunitario, si veda quanto
verrà esposto nel prosieguo circa gli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale italiana: la giurisprudenza,
infatti, tanto interna quanto della Corte di Giustizia,
tende ad applicare sul punto i medesimi principi.
−
non potendosi conoscere, a priori, il contenuto
concreto della statuizione, non è possibile affermare
con certezza che l’eventuale sentenza svolgerà effetti favorevoli anche per tutti i Soggetti Responsabili che non abbiano agito in giudizio.
Infatti, la giurisprudenza è consolidata nell’affermare
che le sentenze della Corte Costituzionale che dichiarano l’illegittimità costituzionale di una norma hanno
effetti retroattivi e tendenzialmente erga omnes.
Tuttavia vi sono alcuni limiti al principio dell’operatività
retroattiva e erga omnes, nel senso che lo stesso non
opera in relazione a rapporti che possono considerarsi
esauriti in virtù, ad esempio, di: prescrizione, decadenza,
atti negoziali.
Nella specie sono in astratto concepibili almeno alcune
circostanze che non rendono certa, a priori, l’operatività
dell’eventuale sentenza della Corte Costituzionale (e,
per quanto sopra detto, dell’eventuale sentenza della
Corte di Giustizia dell’Unione Europea che accertasse
l’incompatibilità del Decreto con il diritto comunitario):
−
se si parte dall’assunto che la giurisdizione spetta al
Giudice Amministrativo, è possibile che si incorra in
decadenza per mancata impugnazione dei provvedimenti attuativi nel termine di legge (60 giorni dalla conoscenza);
−
la scelta per una delle tre opzioni alternative ovvero
la mancata scelta nel termine che, per espressa disposizione, si risolve in scelta dell’opzione c), potrebbe essere considerata come un atto negoziale di
accettazione della modifica contrattuale (imposta
per legge);
La devoluzione alla Corte Costituzionale postula che
l’Organo Giudicante ritenga la questione rilevante e non
manifestamente infondata. A sua volta, la Corte Costituzionale dovrà giudicare se la questione è fondata. In
tal caso la norma verrebbe dichiarata incostituzionale..
A seguito della fase incidentale davanti alla Corte Costituzionale, il giudizio torna di fronte al Giudice di Merito
per la decisione nel merito.
−
la stessa Corte Costituzionale, come ha fatto in
alcune occasioni in passato, potrebbe limitare gli effetti della propria sentenza, ad esempio motivando
in relazione a “oneri economico insopportabili” che
potrebbero discendere dall’applicazione indiscriminata anche a tutti i soggetti, titolari di convenzioni
per le tariffe incentivanti, che non abbiano proposto
ricorso.
Circa gli effetti dell’eventuale sentenza della Corte Costituzionale che dovesse accertare l’incostituzionalità
dell’art.26 Decreto Spalmaincentivi, si possono svolgere,
in astratto, le seguenti considerazioni:
>
Ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
(Strasburgo)
>
Questione di costituzionalità (Corte Costituzionale italiana, Roma)
Sempre nell’ambito del giudizio di merito (sia davanti al
Giudice Amministrativo che davanti al Giudice Ordinario), è altresì possibile sollevare, insieme alla questione
inerente la violazione del diritto comunitario, la questione di costituzionalità del Decreto Spalmaincentivi per
violazione di varie disposizioni della Costituzione italiana
(in particolare gli articoli 3, 41, 42, 117).
−
la sentenza favorevole svolgerebbe certamente
effetti nel giudizio a quo e in tutti i giudizi pendenti
al momento della sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale;
Indipendentemente dai giudizi nazionali, e considerato
che la lesione primaria subita dai Soggetti Responsabili
dipende direttamente da un atto normativo, a nostro
avviso è proponibile, fin da subito, anche ricorso alla
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione della
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dei suoi
Protocolli.
8
Speciale Green Economy
Infatti, la regola generale è che tale ricorso sia proponibile soltanto a seguito dell’esaurimento dei rimedi interni, e nel termine di sei mesi dalla sentenza interna definitiva; nel caso, tuttavia, di violazioni dipendenti direttamente da leggi, vi sono precedenti riguardanti casi
italiani, in cui la Corte Europea, ritenendo che, per
l’Italia, la questione di costituzionalità non possa costituire rimedio effettivo in quanto rimessa al giudice a
quo, ha considerato ammissibili ricorsi proposti anche
prima dell’esaurimento dei rimedi interni, ovvero tardivi
ricorsi non proposti entro il termine di sei mesi dalla
pubblicazione della legge.
A differenza del ricorso nazionale di cui si è detto, tale
ricorso è a nostro avviso proponibile anche in forma
collettiva da più Soggetti Responsabili.
In considerazione della particolarità dei giudizi davanti
alla Corte Europea, non è possibile stabilire con certezza, a priori, quale possa essere l’effetto di tale ricorso; la
Corte Europea, tendenzialmente, dovrebbe accertare
che lo Stato Italiano, emanando il Decreto Spalmaincentivi, ha violato i diritti degli interessati tutelati dalla Convenzione (in particolare il diritto ad un pacifico godimento del possesso); la Corte potrebbe altresì condannare lo Stato Italiano al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dai ricorrenti e/o indicare
le ulteriori misure, anche di carattere generale, che lo
Stato Italiano dovrebbe porre in essere per riparare la
violazione così accertata (ad esempio l’abrogazione e/o
modificazione della normativa).
>
Rimedi previsti dalla Energy Charta
Ottobre 2014
> Rödl & Partner
Un team dedicato alle misure da intraprendere alla luce
del Decreto Spalmaincentivi
Il Decreto Spalmaincentivi impone un’immediata verifica
di tutti i profili finanziari, fiscali, e legali legati a ciascuna
delle 3 opzioni offerte dall’articolo 26.
Rödl & Partner Italia ha costituito un gruppo di lavoro
interdisciplinare dedicato alle problematiche discendenti
dal Decreto Spalmaincentivi. Il gruppo di lavoro – con il
coordinamento dei Partner Roberto Pera, Alessandra
Mari, Svenja Bartels, Thomas Giuliani e Paolo Peroni – è
composto da avvocati esperti di diritto dell’energia,
diritto amministrativo, diritto commerciale e diritto
bancario, nonché da dottori commercialisti in possesso
di specifiche expertise sui temi fiscali e finanziari legati
agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Il team potrà seguirVi nelle trattative contrattuali e nei
giudizi illustrati sopra. A livello internazionale è stato
costituito un gruppo di lavoro per i giudizi previsti dalla
Energy Charta, composto da professionisti operanti in
ambito energetico ed arbitrale in Germania, Spagna ed
Italia.
Il Team Energy di Rödl & Partner Italia è a vostra disposizione per qualsiasi approfondimento.
Infine, per quanto riguarda gli investitori stranieri (cioè
di nazionalità non italiana), è ipotizzabile anche il ricorso
ai rimedi previsti dall’art.26 dell’Energy Charter Treaty
(Trattato sulla Carta dell’Energia).
Occorre prestare attenzione al fatto che questi rimedi,
ad un certo stadio della procedura, possono divenire
incompatibili con rimedi domestici. Il loro fondamento è
una violazione, da parte dello Stato Italiano, di una delle
obbligazioni che gli derivano dalla Parte III della Carta,
relative alla promozione e tutela degli investimenti.
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SpecialeGreen
GreenEconomy
Economy
Rödl & Partner in Italia | Team Energy
Dott. Comm. Thomas Giuliani
E-Mail: [email protected]
Avv. Paolo Peroni
E-Mail: [email protected]
Avv. Svenja Bartels
E-Mail: [email protected]
Avv. Roberto Pera
E-Mail: [email protected]
Altri membri del Team Energy
Avv. Anna Maria Desiderà - Padova
Dott. Giorgio Castorina - Padova
Avv. Matteo Corbo - Padova
Avv. Tiziana Fiorella - Milano
Dott. Comm. Philipp Mitterer - Bolzano
Rödl & Partner Milano
Largo Donegani, 2
20121 Milano
Telefono: +39 02 63 28 84
Telefax: + 39 02 63 28 84 20
e-mail: [email protected]
Rödl & Partner Padova
Via Francesco Rismondo, 2/E
35131 Padova
Telefono: +39 049 80 46 91 1
Telefax: + 39 049 80 46 92 0
e-mail: [email protected]
Avv. Alessandra Mari
E-Mail: [email protected]
Avv. Maurizio Oropesa - Milano
Avv. Pietro Pizzolato - Padova
Avv. Giorgia Simonetti - Roma
Avv. Carlo Spampinato - Roma
Avv. Gennaro Sposato - Roma
Rödl & Partner Roma
Piazza S. Anastasia, 7
00186 Roma
Telefono: +39 06 96 70 12 70
Telefax: + 39 06 32 23 39 4
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Rödl & Partner Bolzano
Piazza Walther-von-der-Vogelweide, 8
39100 Bolzano
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Telefax: + 39 0471 19 43 22 0
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