Corriere della sera – 19 maggio 2014

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Lunedì 19 Maggio 2014 Corriere della Sera
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Cultura
&Tempo libero
TEATRO ALLA SCALA
Con Maurizio Pollini tra le note di Beethoven
Dapprima accompagnato da un gruppo di
sodali con cui condivide l’entusiasmo e la
fiducia per la musica d’oggi. Poi da solo,
quasi a voler rimarcare come l’estrema
sfida di Beethoven sia una scalata
solitaria verso una vetta musicale e una
vertigine spirituale. Stasera alla Scala
Maurizio Pollini (foto) giunge alla fine del
Progetto cui ha dato il nome e al fine di
quel meraviglioso viaggio nell’arte e
nell’umano che sono le 32 Sonate di
Beethoven, accostandovi come da cliché
del ciclo un brano contemporaneo. Nella
prima parte il Musik Fabrick di Colonia
diretto da Emilio Pomarico accompagna il
72enne pianista milanese in «…zwei
Gefühle, Musik mit Leonardo», scritto da
Helmut Lachenmann nel 1991 nella casa
di Luigi Nono in Sardegna. Il compositore
era scomparso l’anno prima e fu il suo
ricordo, come spiegato da Lachenmann, a
dar forma a questo brano. Quindi le
ultime tre Sonate in cui Beethoven,
retrocedendo fino al barocco, esaurisce le
possibilità della forma classica e si
proietta verso il futuro. Alle 17.30
l’incontro con Lachenmann e Pomarico
nel Ridotto dei Palchi (ingr. lib.), alle 20 il
concerto (€ 5-73) (Enrico Parola)
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Al Cambio Il nuovo re del famoso ristorante storico di Torino si è formato alla scuola lombarda di Marchesi
Pasticceri
di tutto
il mondo
a congresso
STORIE
DI CHEF
R
istoranti come questo dovrebbero essere studiati dalle scolaresche. Molti dei più importanti fatti dei libri di storia si sono
formati nella mente di un gruppo di
commensali attovagliati. Così è stato
Al Cambio di piazza Carignano, Torino, il preferito di Cavour. Ma perché
una «storia di chef» comincia dalla
fine? Per capire meglio una scelta
esistenziale. Per nessun altro locale
al mondo Matteo Baronetto, il cuoco
alter ego di Carlo Cracco, avrebbe lasciato Milano. «Ho comprato il ristorante per salvarlo dalla rovina», dice
il proprietario Michele Denegri.
«Avevamo iniziato con un progetto,
ma quando siamo stati sicuri della
presenza di Matteo tutto si è modificato: bisognava riportare alla luce
questo luogo in maniera grandiosa».
È commosso mentre lo sguardo si
posa sulle sagome ideate da Michelangelo Pistoletto, uno degli artisti
chiamati a far risorgere il ristorante,
con Izhar Patkin, Martino Gamper,
Pablo Bronstein, Arturo Herrera.
Grandioso lo è davvero, nelle pareti,
i marmi e le tappezzerie, gli specchi,
gli stucchi, nelle ceramiche di Sèvres
&Limoges, negli affreschi restaurati.
Ma la vera scommessa della proprietà è su Matteo Baronetto.
Vive la sua adolescenza a Giaveno,
nel Torinese. Il padre lavora per la
Fiat, la mamma è casalinga, Matteo
vuole far vivere il sogno piccolo borghese dei genitori: vedere il figlio geometra. «Da ragazzino ero completamente confuso. Mi sentivo frustrato
a studiare materie che non mi piacevano. Lavoravo in una pizzeria, cominciai dal basso, dando una mano
in cucina e sala. Poi accadde uno di
quei fatti che sembrano insignificanti, ma che sono stati fatali. Il pizzaiolo si rompe una gamba e la proprietaria mi chiede di sostituirlo». Cambia scuola e si iscrive all’alberghiera
di Pinerolo, dove conosce il professor Pautassi. «Che commozione vederlo ieri sera Al Cambio, è stato il
Four Seasons
Da sapere
Dove e come
Il ristorante Del
Cambio è a Torino,
piazza Carignano
2, tel. 011.546690.
Menu
degustazione,
110-140 e.
All’interno c’è il
Bar Cavour (dalle
19 all’ 1.30), con
servizio cucina.
Nel ristorante dove
andava Cavour
(e molti altri nomi,
dagli Agnelli a
dive come
Maria Callas e
Audrey Hepburn)
gli interventi di
grandi artisti
contemporanei,
come Michelangelo
Pistoletto (sopra,
la sala con
la sua opera)
Poltrone Matteo Baronetto, 37 anni, al Cambio. «Questo posto merita una sferzata di energia»
Baronetto
«Per 13 anni sono stato l’alter ego di Cracco
Ho nostalgia di Milano, ma qui do il meglio»
professore che mi ha dato fiducia: il
primo posto Alla Betulla, dopo il diploma, lo devo a lui. Mi ha insegnato
eleganza e precisione in cucina».
Poi approda a Erbusco, la cucina di
Marchesi, fucina di giovani menti
vulcaniche; nella squadra con Andrea Berton e Davide Oldani, conobbe l’uomo che avrebbe accompagnato la sua vita per più di un decennio:
Carlo Cracco. «Una eccitazione continua. Ciascuno di noi sapeva che da
Marchesi si sviluppava una sorta di
Risorgimento della cucina italiana.
Così è stato. Il mio periodo con Carlo
è durato 13 anni, i più formativi della
mia vita. La mia mente si è aperta. Di
Milano ho nostalgia, certo. Mi mancano certi paesaggi notturni. Dopo
15 ore di lavoro, tornavo al Parco Solari, nel quartiere dove abitavo, a farmi un panino e una birra nel baracchino sotto casa». Poi l’abbandono
di Cracco, il taglio doloroso del cordone ombelicale un anno fa e gli
amici che dicono: «sei pazzo?».
«Ho passato più tempo con Cracco
che con mio padre. Gli sono riconoscente, a lui e alla famiglia Stoppani
di Peck. Ma sono un romantico, non
potevo più andare d’accordo con un
cuoco sempre più imprenditore,
sempre meno sognatore. Questo posto ricco di storia farà uscire il meglio di me. Il Cambio merita una sferzata di energia». C’è, vibrante e talentuosa, nel musetto di maiale, peperoni e acciughe; francescana nel
brodo ristretto di gallina e vermouth;
effervescente nelle fragole, gamberi
e pomodori; impeccabile nel piccione allo spiedo. «Improvvisazione ragionata», dice Baronetto. Di Cavour
si diceva che parlava francese, pensava italiano e mangiava piemontese. Di Baronetto si può dire che pensa milanese, la sua cucina parla piemontese (con inflessioni francesi), e
che ogni giorno si nutre della bellezza che lo circonda.
Roberta Schira
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Oggi al Four Seasons per la
prima volta si incontrano
a Milano i dieci migliori
pasticceri del mondo. Il
convegno è già sold out: le
iscrizioni si sono esaurite
dopo poche ore
dall’apertura.
I professionisti del dolce
(fuori dall’Italia) sono
quasi tutti imprenditori e
vengono a raccontare le
loro storie. Un lavoro che
nasce come artigianale
può trasformarsi in
impresa redditizia senza
perdere poesia. La
giornata, in regia tra gli
altri Carla Icardi, nasce
dalla collaborazione tra
Italian Gourmet e Ampi
(Accademia maestri
pasticceri italiani): si
chiama World Pastry
Stars. Sul palco anche
relatori italiani: Andrea
Illy e Roberta Schira, che
declina il suo format
«Le 7 regole del dolce»;
Carlo Meo, esperto di
marketing e
comunicazione food.
I pasticceri: il bresciano
Iginio Massari (foto), della
pasticceria Veneto; da
Padova, Luigi Biasetto; il
belga Pierre Marcolini;
dagli Usa, Norman Love;
dalla Francia, Jean Paul
Hevin e Philippe
Conticini; dalla Spagna
Paco Torreblanca e Carles
Mampel; dall’Inghilterra,
William Curley; dalla
Germania Volker Gmeiner.
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