18 .Società STAMPA .LA MERCOLEDÌ 2 APRILE 2014 GIORGIO NOTA/REPORTERS L’ingresso del ristorante Del Cambio in piazza Carignano, a fianco dell’omonimo teatro e a di fronte al palazzo che fu sede del primo Parlamento italiano e oggi ospita il Museo del Risorgimento DA CAFFÈ il caso A “MENSA” DEL CONTE ROCCO MOLITERNI TORINO BRUNO GAMBAROTTA I l divanetto di velluto dove Cavour veniva a mangiare la finanziera e l’uovo con il riso è rimasto lo stesso, ma tutto il resto è cambiato nello storico ristorante Del Cambio che il 14 aprile riapre i battenti a Torino, dopo un anno di chiusura. La ristrutturazione è stata lunga e complessa, ma adesso il locale ha un look contemporaneo e internazionale che con un pizzico di audacia affianca gli stucchi e gli specchi del passato. «Sono stato subissato dagli esageruma nen sabaudi, ma ho una moglie newyorchese che mi ha sostenuto e ho deciso di creare un luogo che prima non c’era», dice Michele De Negri, l’imprenditore 45enne che ha deciso di investire sulla rinascita del Cambio. «Torino - aggiunge - aveva bisogno secondo me di uno spazio di eccellenza, ma che fosse anche accessibile e vivibile da tutti. Questo abbiamo voluto realizzare». E cosa intenda si capisce girando con il naso all’insù per le sale dove hanno messo mano artisti come Michelangelo Pistoletto, Pablo Bronstein o Arturo Herrera. Quest’ultimo è intervenuto sulle volte del Bar Cavour, il nuovo spazio (ricorda un po’ luoghi mitici come l’Hemingway Bar Intervista TORINO M atteo Baronetto, classe 1977, è cresciuto alla scuola di Gualtiero Marchesi, dove ha conosciuto Carlo Cracco e con l’allora non ancora giudice di Masterchef ha vissuto un’esperienza professionale che l’ha portato prima alle Clivie di Piobesi d’Alba e poi a Milano al ristorante Cracco, che vanta due stelle Michelin. Da dicembre è alla guida dello storico locale di Piazza Carignano. Matteo Baronetto, come cambierà il Cambio? «Innanzitutto il Cambio non cambia mestiere, ma ha solo voglia di rifarsi un po’ il trucco come certe principesse che a I I patron Fabio Gallo e Daniele Sacco con lo chef Matteo Baronetto Nelle sale hanno lavorato gli artisti Pistoletto, Bronstein, Herrera Con Cavour e Pistoletto la rinascita del Cambio Il ristorante riapre il 14 a Torino con un look tra Ottocento e XXI secolo 15 mila Tante sono le bottiglie della cantina, che punta su champagne, baroli e Borgogna del Ritz di Parigi) dove si può andare anche solo a bere un Daiquiri o un altro cocktail firmato dal barman Alessandro Cavalli o per cenare fino alle ore piccole. La cantina ha gli spazi di prima, «ma adesso - spiega il sommelier Fabio Gallo che ne tiene le redini - ci sono oltre 15 mila bottiglie. Abbiamo rispettato la tradizione e puntiamo soprattutto su champagne, baroli e Borgogna, anche se non mancano etichette di tutto il mondo e verticali di Supertuscan o di Chateau d’Yquem». La cucina è fantascientifica e forse solo chi ha avuto la «sfor- di Baronetto. Accanto al menu tuna» di vedere com’era prima degustazione che viaggia tra i della ristrutturazione, può ap- 120 e i 140 euro, sarà infatti posprezzarne fino in fondo il cam- sibile spenderne solo 35/40 per biamento. «È stata la causa - un light lunch o 50/60 per quello confessa lo chef che viene definito Matteo BaronetLA NOVITÀ un «déjeuner à la to - del ritardo D’arSi è aggiunto il bar forchette». nella riapertutista sono anche i ra. Ma credo ne per cocktail e spuntini piatti di ceramica fino alle ore piccole di Sévres persovalesse la pena». La vera novità nalizzati da Izhar è che il Cambio, da luogo per ce- Patkin. Come reagiranno i torine o pranzi impegnativi, si tra- nesi? Dal 14 aprile lo sapremo, sforma in uno spazio dove anche certo ora la loro città può vantachi ha pochi soldi in tasca può re in pieno centro un eccellente permettersi di gustare un piatto biglietto da visita. Lo chef: “Ora sogno che ci scoprano anche i giovani” un certo punto della loro vita decidono di farsi conoscere anche fuori della loro città». ne di temere? «Direi proprio di no. Anzi troveranno anche piatti della tradizione che forse non conoscevaSu quale clientela punta? «Senza dimenticare la sacralità no come il riso Cavour. Il conte del posto e quindi amava mangiare la clientela che GLI INTERNI al Cambio un uone ha fatto la sto- «Come una principessa vo con il riso e il ria voglio conquipomodoro, io che si è rifatta il trucco cuocio l’uovo a stare sia i giovani ma senza esagerare» bassa temperache magari prima erano intimotura, metto poriti da specchi e L’ATMOSFERA modorini confit e stucchi, sia gli morbidezza «Torino è una città alla impiegati che del riso bianco cercano un luogo che si concede tempo aggiungo un tocanche per se stessa» co di croccante per la pausa pranzo veloce ma con alcuni chicdi qualità». chi di riso Venere». Alcuni torinesi temono di non trovare più al Cambio i piatti della tradizione. Hanno ragio Torino è la città dove è nato, Milano quella dove si è affer mato, come vede le due città? 35 euro Questo il prezzo di un light lunch, che sale a 120/140 per il menu degustazione Il menu Fantasiadisapori tramareecollina · Salmone coniglio e burro nocciola · Crema all’olio bruciata, vaniglia e garusoli di mare Milano Torino (musetto di maiale in salsa verde, lingua di vitello con zafferano) · Riso Cavour (Uovo cotto a bassa tempe ratura, con riso acquarello e riso venere croccante) · Scamone di vitello allo spiedo · Finanziera · Spaghetti alle spezie · Nuvola di mascarpone alle spezie Da Marchesi a Cracco Matteo Baronetto è nato a Giaveno (Torino): si è formato con Gualtiero Marchesi e si è affermato con Carlo Cracco «Il mio ritorno a Torino mi ha fatto scoprire una città che ha nel Dna una cultura del contemporaneo. Milano ha altri tempi di vita, Torino mi sembra un luogo dove ci si può concedere il lusso di avere più tempo per se stessi». E a tavola come possono in contrarsi? «Ho creato un piatto che si chiama Milano-Torino: sposo il musetto di maiale meneghino con la salsa verde torinese e la lingua di vitello torinese con lo zafferano meneghino». [R.MOL.] l ristorante del Cambio nasce come caffè: «Una delle sere del carnevale del 1710 o 1711 i camerieri del Cambio andavano alla sala del Trinchetto (l’attuale Teatro Carignano) dove, oltre a commedie, si davano spettacoli di varietà e si facevano giostrare i cavalli». Il Trinchetto era sorto sul terreno del Trincotto Rosso, uno sferisterio distrutto nel 1706 dove si giocava a pallapugno. I camerieri del Cambio servivano agli spettatori orzate e cioccolata calda. Giacomo Casanova nel suo primo soggiorno a Torino nel 1760 si faceva chiamare cavaliere di Seingalt; nella «Storia della mia vita», parlando del conte di Saint-Giles scrive: «L’avevo conosciuto al Caffè del Cambio». Il più illustre cliente del Cambio, divenuto nel frattempo ristorante, è Camillo Benso conte di Cavour che godeva di un tavolo riservato, collocato in una posizione strategica, tale da consentirgli di scorgere un segretario affacciato al balcone del Palazzo Carignano per segnalare l’inizio della votazione in Parlamento. Sulla parete affrescata, all’altezza di quel tavolo, uno degli angioletti indossa gli occhialini del conte. Al Cambio qualcuno colloca l’invenzione della finanziera. I contadini sostando al dazio per entrare in città a vendere gli animali da cortile, lasciavano ai finanzieri le regalie, cioè le parti meno nobili, animelle, creste di gallo, fegatini, dai quali il cuoco del ristorante riuscì a ricavare una ricetta sublime. Se fosse vera sarebbe la giusta narrazione per la cucina piemontese, in grado di arrivare ai vertici partendo da materie umili. L’origine del nome? Goffredo Casalis scrive nel 1851 che la piazza Carignano, dove si trova il Cambio, era detta la Piazza della borsa perché lì si davano appuntamento gli uomini d’affari e i banchieri. Per cui il Cambio sarebbe il cambio della moneta. Altra ipotesi, più suggestiva, deriva il nome dal cambio dei cavalli. La piazza era il punto d’arrivo del postale da Parigi e Aleksander Herzen, patriota russo esule in Europa, nel suo «Il passato e i pensieri» descrive la sua trepidazione mentre attende sulla piazza l’arrivo della moglie Natal’ja Aleksandrovna. «Il destino cambia i cavalli», è un verso di Byron, perfetto per augurare buona fortuna al Cambio risorto.
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