Architettura tecnica 1 Cenni di teoria delle strutture 1 Equilibrio statico in campo elastico e reazioni vincolari Nel campo delle costruzioni il termine struttura è usato per indicare il complesso di opere specificamente dedicate a sopportare i carichi che gravano su di esse e necessarie per la stabilità dell’insieme. Ai fini della loro analisi e a partire dallo sviluppo moderno delle scienze matematiche e fisiche si è affermata nel tempo una teoria delle strutture. I carichi si dividono a grandi linee in statici e dinamici. I carichi statici sono il peso proprio della struttura, i carichi permanenti sulla struttura (pavimenti, manti di copertura, macchinari fissi, ecc..) ed i carichi accidentali (o sovraccarichi), gravanti sulla struttura in modo non permanente (persone, arredi, neve, vento, ecc.). I carichi dinamici sono forze di cui può variare l’intensità, come l’azione sismica. I carichi possono essere considerati concentrati se agiscono su una superficie piccola e possono essere pensati come agenti in un punto della struttura, oppure possono essere considerati distribuiti se la loro azione è distribuita su una superficie sufficientemente ampia. La struttura tende a reagire ai carichi con forze di reazione espresse dai vincoli (reazioni vincolari). La struttura è in equilibrio statico quando le reazioni vincolari ed i carichi si annullano a vicenda creando un sistema a risultante nulla. Σ(Fc+Fv) = 0 2 Equilibrio statico in campo elastico e reazioni vincolari Un corpo è in equilibrio nello spazio quando sono inibiti gli spostamenti in tre direzioni (X, Y, Z), e le rotazioni attorno ai tre assi (X, Y, Z). Ognuno di questi movimenti è chiamato grado di libertà. Nello spazio gli elementi hanno dunque 6 gradi libertà; nel piano XY solo 3 gradi di libertà (spostamenti lungo X e lungo Y, e rotazione attorno all’origine). Affinché la struttura sia equilibrata staticamente si ricorre ai vincoli, che devono essere in grado di offrire le reazioni necessarie ad inibire quegli spostamenti e quelle rotazioni. Ad ogni grado di libertà inibito corrisponde una reazione vincolare. Nella realtà le strutture sono tridimensionali. Per semplicità di apprendimento, tuttavia, si iniziano a schematizzare sul piano. Nel piano i vincoli si dividono in semplici, se tolgono un grado di libertà, doppi se ne tolgono due e tripli se ne tolgono tre. •Vincoli semplici sono l’appoggio semplice, il carrello scorrevole e l’asta o pendolo. •Vincoli doppi sono la cerniera fissa nel piano, il manicotto, il pattino e il bipendolo. •Vincoli tripli sono la cerniera ed il tripendolo. 3 Equilibrio statico in campo elastico e reazioni vincolari Questi tipi di vincoli sono schematizzazioni e semplificazioni di quanto avviene nella realtà per le connessioni tra gli elementi strutturali. I vincoli più importanti nel piano sono: •il carrello scorrevole, o carrello (inibisce un grado di libertà e dà una reazione), •la cerniera (inibisce due gradi di libertà e dà due reazioni), •l’incastro (inibisce tre gradi di libertà e dà tre reazioni). 4 Equilibrio statico in campo elastico e reazioni vincolari L’appoggio semplice, il carrello scorrevole, il pendolo inibiscono un grado di libertà; la cerniera fissa, il manicotto, il pattino, il bipendolo e la cerniera (ideale) due gradi di libertà; l’incastro e il tripendolo tre gradi di libertà. Nel caso del bipendolo (due pendoli paralleli ad una certa distanza) la struttura può traslare con piccoli movimenti solo parallelamente alle aste. Nel caso delle cerniera ideale nell’ultima riga i due pendoli non paralleli impediscono tutte le traslazioni ma non la rotazione di un corpo attorno al punto d’incontro del prolungamento dei pendoli stessi. Quando i vincoli sono insufficienti a tenere in equilibrio la struttura si dice che la struttura è labile. Quando i vincoli sono strettamente necessari a mantenere la struttura in equilibrio si dice che essa è isostatica. Quando i vincoli, al contrario, sono sovrabbondanti si dice che la struttura è iperstatica. Nel campo della Scienza delle Costruzioni le strutture in equilibrio statico, ai fini della loro analisi, vengono schematizzate in vario modo. Siccome gran parte delle strutture edilizie è costituita da telai, un modo classico è quello di utilizzare schemi semplici bidimensionali, costituiti da elementi snelli (aste) vincolati tra loro e con l’esterno. Nelle aste una direzione prevale sulle altre e valgono le caratteristiche di deformazione elastica secondo i principi di de Saint-Venant. Se si pone: •Cr = componenti di reazione (max 3 componenti di vincolo) •A = aste o membrature nel piano (3 gradi di libertà) si ha: •Struttura isostatica: Cr uguale a 3·A •Struttura iperstatica: Cr maggiore di 3·A 5 •Struttura labile: Cr minore di 3·A Sollecitazioni, tensioni e deformazioni Una prima generale suddivisione tra i materiali costruttivi si può fare tra materiali elastici ed anelastici. Nella realtà tutti i materiali hanno una certa elasticità, e la teoria delle strutture parte dalla teoria dell’elasticità, cioè considera il comportamento degli elementi strutturali per la loro caratteristica di elasticità. Se si vuole indagare una struttura per il proprio aspetto elastico, in quanto i materiali e gli elementi che la compongono hanno quella caratteristica (per il materiale in sé e per la forma), si può dire che, per effetto dei carichi, si generano nei materiali delle sollecitazioni interne che provocano delle tensioni interne (forze per unità di superficie, in genere indicate con s se normali al piano di sollecitazione e t se tangenziali) che si oppongono alla deformazione. L’elemento strutturale acquisisce una configurazione deformata che assicura l’equilibrio tra forze esterne e tensioni interne che si definisce equilibrio elastico. Le deformazioni sono deformazioni elastiche, nel senso che, al cessare della sollecitazione, cessa anche la deformazione. Oltre il livello massimo consentito dal materiale la deformazione elastica si trasforma in deformazione plastica, nel qual caso essa diventa permanente ed il materiale si “plasticizza”. 6 Sollecitazioni, tensioni e deformazioni In natura non esistono corpi perfettamente elastici o perfettamente rigidi. Tutti i corpi, sottoposti a delle sollecitazioni, si deformano e generano al loro interno tensioni interne (s, t) che si oppongono alle deformazioni stesse. Le caratteristiche di deformazione di un materiale dipendono dal proprio legame costitutivo, cioè dalle proprietà elastiche e di rottura, e dalle condizioni di isotropia od ortotropia, cioè dal fatto di comportarsi rispetto alla sollecitazione in modo uguale in tutte le direzioni oppure secondo direzioni privilegiate. Se le deformazioni elastiche sono direttamente proporzionali all’intensità delle tensioni, l’elemento ha un comportamento elastico di tipo lineare e segue la cosiddetta legge di Hooke: E = s/e ove. Dove E è il modulo elastico, s è la la tensione provocata da una generica sollecitazione, e è la deformazione in una generica direzione Per valutare le tensioni interne bisogna innanzitutto conoscere le caratteristiche di sollecitazione interne. Ci sono sollecitazioni semplici e composte. Quelle semplici sono: A. trazione B. compressione C. flessione D. taglio E. torsione 7 Sollecitazioni, tensioni e deformazioni Il modo per individuare all’interno degli elementi le sollecitazioni è quello di “spezzarli“ in due parti e di individuare delle forze interne che equilibrano quelle esterne (risultanti relative). Nel caso specifico si può scomporre la risultante relativa ad uno stato di sollecitazione piano in una forza normale Rn al piano ed in una tangente Rt. La prima si può sostituire con un sistema equivalente (N e Mf) e così pure la seconda (T e Mt). 8 Effetti delle sollecitazioni Sollecitazioni semplici Trazione (o compressione semplice) e taglio s t N s amm A T t amm A N genera uno sforzo di trazione (o sforzo assiale) s; se fosse nell’altro senso sarebbe di compressione. T genera una sollecitazione di taglio o scorrimento t. I valori di tensione devono rimanere al di sotto di valori ammissibili, samm, tamm deformazioni e = allungamento unitario = DL/L = N/EA g = scorrimento unitario = χT/GA, con χ = fattore di taglio = 1,2 per sezione rettangolare), G = modulo di elasticità tangenziale = E/2(1+n), n= coeff. di Poisson, che dipende dal materiale 9 Effetti delle sollecitazioni Sollecitazioni semplici M s amm W I W ymax s M EI I W ymax Mf rappresenta una sollecitazione di flessione (semplice) con W = modulo di resistenza; per sezione rettangolare W = bh2/6. I = momento d’inerzia baricentrico della sezione Mt rappresenta una sollecitazione di torsione. con = rotazione unitaria q = fattore di torsione Ip = momento d’inerzia polare t Mt t amm Wt q Mt GI p 10 Effetti delle sollecitazioni Sollecitazioni composte La presenza contemporanea di più di una sollecitazione semplice genera una sollecitazione composta. A sinistra, pressoflessione in una sezione rettangolare. Per una sezione rettangolare, con W=bh2/6, si ha un diagramma triangolare quando l’eccentricità è uguale a h/6. Sotto, pressoflessione con centro di pressione comunque disposto s max s max min P Pe s amm A W min P Pe x Pe y s amm A Wy Wx e eccentricità e eccentricità 11 Effetti delle sollecitazioni Pamm 1 2 EJ min n l02 l l0 s r min P s amm A Carico di punta Un altro problema è quello dell’equilibrio dei corpi elastici snelli rispetto ad un carico verticale assiale (carico di punta). In questo caso si ingenera un fenomeno tale per cui non è sufficiente stabilire che la struttura “resista” alle sollecitazioni di compressione, ma assicurarsi che non si instabilizzi. Il livello di instabilità dipende dal tipo di vincolo. Per il dimensionamento dell’elemento si usa la formula di Eulero, con l rapporto di snellezza e l0 lunghezza teorica di calcolo. Il carico ammissibile Pamm è dato dalla formula a sinistra, dove rmin è il raggio di inerzia, n è un coefficiente di sicurezza. Il rapporto di snellezza l varia in ragione della lunghezza teorica di calcolo lo, che dipende dal tipo di vincolo dell’elemento. l0=l nel caso di doppia cerniera l0=2l nel caso di estremo libero e incastro l0= 1/2l nel caso di doppio incastro l0=2/3l nel caso di cerniera ed incastro Nell’operazione di verifica, per determinare la tensione ammissibile si usa il metodo omega, dove è dato da tabelle specifiche sui materiali. 12 Trave elastica con carico concentrato in mezzeria: sollecitazioni di taglio e flessione. Deformazione, linea tratteggiata MA MB 0 M max Pl 4 TAdes VA TB P 2 P 2 VA VB P 2 HA 0 Pl 3 48EJ Pl 2 16 EJ f Trave elastica con carico concentrato non in mezzeria: sollecitazioni di taglio e flessione. Pb Deformazione, linea tratteggiata V 1 Pa b fc 2 2 3 EJl Pb(l 2 b 2 ) 6 EJl TAdes VA TCsin Pa l Pb Tx l TCdes A l Pa VB l HA 0 MA MB 0 Pab l Pb Mx x l MC 13 Teoria delle strutture Trave elastica con carico concentrato in mezzeria: sollecitazioni di taglio e flessione. Deformazione, linea tratteggiata MA MB 0 M max Pl 4 TAdes VA TB P 2 P 2 VA VB P 2 HA 0 Pl 3 48EJ Pl 2 16 EJ f Trave elastica con carico concentrato non in mezzeria: sollecitazioni di taglio e flessione. Pb Deformazione, linea tratteggiata V 1 Pa b fc 2 2 3 EJl Pb(l 2 b 2 ) 6 EJl TAdes VA TCsin Pa l Pb Tx l TCdes A l Pa VB l HA 0 MA MB 0 Pab l Pb Mx x l MC 14 Teoria delle strutture Trave elastica con carico distribuito: sollecitazioni di taglio e flessione. Deformazione, in linea tratteggiata VA VB pl 2 HA 0 TAdes VA pl 2 pl 2 pl Tx px 2 TB MA MB 0 M max pl 2 8 5 pl 4 384 EJ pl 3 24EJ f max 15 Teoria della trave Comportamento elastico di una trave con doppio incastro e di una trave a mensola Trave incastrata Trave a mensola pl 2 HA HB 0 VA VB VA pl HA 0 TAdes VA pl 2 pl 2 pl Tx px 2 TB TB 0 TA pl Tx px pl 2 MA MB 12 2 pl M max 24 px 2 Mx 2 M A M max pl 2 2 f max 1 pl 4 384 EJ pl 4 f 8 EJ pl 3 6 EJ 16 Valutazione della sicurezza In conclusione, il metodo tradizionale per valutare la sicurezza di una struttura, analizzata dal punto di vista elastico, è quello di determinare le sollecitazioni interne attraverso la risoluzione della struttura. Se questa è iperstatica, nella determinazione delle sollecitazioni entrano in gioco le deformazioni elastiche. A questo punto, si deve controllare che il livello calcolato di tensione all’interno del materiale sottoposto alle sollecitazioni esterne non raggiunga il limite di rottura proprio del materiale, che rappresenta la sua resistenza (sr o t r), diminuito di un coefficiente di sicurezza (in ragione del materiale, del tipo di struttura e del tipo di sollecitazione) che è superiore a 1. Il valore tensionale diminuito del coefficiente di sicurezza da non superare si definisce tensione ammissibile, ed il metodo di valutazione di sicurezza della struttura si definisce metodo delle tensioni ammissibili. Negli ultimi cento anni si è usato principalmente il metodo delle tensioni ammissibili per valutare la sicurezza delle costruzioni, sia quelle di conglomerato cementizio armato che quelle di acciaio. 17 Valutazione della sicurezza Tuttavia, si ritiene oggi che usare come valutazione della sicurezza solo il metodo delle tensioni ammissibili sia meno efficace ed anche troppo cautelativo, per cui le norme tecniche più recenti richiedono di usare un altro metodo, conosciuto come metodo agli stati limite. In questo secondo caso il controllo della sicurezza si basa su valutazioni di tipo statistico e probabilistico che non portano a verificare lo stato tensionale interno del materiale nei punti di maggiore sollecitazione, ma a valutare i cosiddetti stati limite di esercizio ed ultimi, assicurandosi attraverso l’uso di particolari coefficienti, che le sollecitazioni non superino condizioni strutturali ritenute statisticamente non sicure. Per fare ciò tuttavia occorre valutare lo stato di sollecitazione di una struttura sotto molteplici condizioni di carico, e ciò implica l’uso di strumenti di calcolo più complessi e quindi di tipo automatico. 18 Valutazione della sicurezza Inoltre, nell’ottica del metodo degli stati limite, valutare solo le condizioni di elasticità lineare dei materiali appare riduttivo, sia in termini di margini di utilizzo del materiale, sia in termini di effettivo comportamento strutturale. In questo caso, nella valutazione della sicurezza si mettono in gioco le cosiddette risorse plastiche del materiale, cioè si valuta il comportamento del materiale oltre uno stato di perfetta elasticità, che riguarderebbe solo stadi di sollecitazione più bassi e quindi poco significativi. Si pensa dunque che la struttura, prima del collasso, attinga a tali risorse oltre il limite di elasticità. Infine, sulla base di complessi algoritmi di calcolo, per avvicinarsi maggiormente al comportamento reale dei materiali, si possono prevedere caratteristiche di deformazione riferite a comportamenti elastici non solo lineari (rapporto costante tra tensione e deformazione) ma anche elastici non lineari. 19 Telai Deformazioni e sollecitazioni in seguito ai carichi verticali Teoria delle strutture - Doppio telaio sottoposto a carico verticale uniformemente distribuito. A destra, diagramma del momento flettente. Il telaio semplice è un elemento strutturale costituito da due ritti e da un traverso rigidamente connesso a questi (portale). L’aggregazione di telai semplici porta a strutture più complesse, costituite da una orditura di travi e pilastri disposta secondo più piani paralleli (telai piani) o pluridirezionata nello spazio (telai spaziali). 20 Telai Deformazione ad azioni orizzontali e verticali Deformazione (tratteggiata) e sollecitazione in un telaio semplice in c.a. formato da tre aste e vincolato con due cerniere. In seguito ai carichi le estremità delle travi ruotano e traslano. I nodi rimangono rigidi, ingenerando momenti flettenti. 21 NOTA: Metodi di risoluzione analitica dei telai complessi Per risolvere strutture complesse, quindi molte volte iperstatiche, ci sono vari metodi manuali della Scienza e della Tecnica delle Costruzioni. Tra i più noti sono il metodo delle forze e i il metodo degli spostamenti. Il primo si usa per telai semplici. Nel metodo delle forze si sostituiscono i gradi di libertà della struttura con le reazioni vincolari corrispondenti, rendendo la struttura isostatica, e si pongono tali reazioni come incognite. Si trovano le incognite ponendo le equazioni di congruenza (è detto anche metodo della congruenza), ossia ponendo il rispetto delle reali condizioni di vincolo. Le equazioni sono tante quanti sono i vincoli sovrabbondanti rispetto alla condizione di isostaticità. Questo metodo diventa molto oneroso per telai complessi in quanto le equazioni e le relative incognite sono troppo numerose. Non va dimenticato che il comportamento dei telai è tridimensionale. Il metodo degli spostamenti o delle deformazioni o dell’equilibrio, viene preferibilmente usato per la risoluzione dei telai complessi. Applicando questo metodo si procede in modo speculare rispetto al precedente: si vincolano i nodi con incastri e si pongono come incognite gli spostamenti o le rotazioni corrispondenti ai movimenti vincolati. Con questo metodo in genere si riduce anche il numero di equazioni. Una versione di questo approccio è chiamato metodo di Cross. Senza ricorrere al calcolatore, i telai si studiano con metodo degli spostamenti semplificandoli. Innanzitutto essi vengono suddivisi per parti e considerati sempre nel piano. Vengono quindi analizzati distinguendo le situazioni in cui i nodi possono ragionevolmente essere considerati fissi, cioè in grado di ruotare ma non di traslare, oppure non fissi, nel qual caso è prevalente, in seguito ad un’azione orizzontale, la componente di spostamento orizzontale. Metodo detto anche delle rigidezze. 22 Rigidezza delle strutture Nella risoluzione dei telai diventa fondamentale l’introduzione del concetto di rigidezza. Esiste una rigidezza alla traslazione ed una rigidezza alla rotazione, intendendo rispettivamente come rigidezza la forza o il momento in grado di assicurare la rotazione o lo spostamento unitario in un nodo. Nei telai complessi in conglomerato cementizio armato i nodi sono (quasi) sempre progettati per essere rigidi (incastri). 23 Rigidezza alla rotazione Dalla teoria delle strutture, la rotazione f di un nodo sottoposto a momento è pari a ML/EJ, ove dipende dal tipo di vincolo. Se chiamiamo R (rigidità alla rotazione) = EJ/L, allora M/R Per rigidezza alla rotazione W chiamiamo il momento M che induce una rotazione f unitaria di un nodo. Quindi W = R per f = 1 si ha W= M La rigidezza è legata alla forma, alle dimensioni e all’elasticità delle aste, nonché al tipo di vincolo tra le aste stesse (incastro o cerniera). I momenti si ripartiscono attraverso i nodi in rapporto a tale rigidezza delle aste ad essi adiacenti. Per la rotazione (f = M/W): a parità di sollecitazione, maggiore è la rigidezza alla rotazione, minore la rotazione. 24 Rigidezza alla rotazione e alla traslazione Trave su due appoggi e un incastro in versione bidimensionale (a destra). Tre aste convergenti in un nodo (a sinistra) Se il nodo j sollecitato dal momento Mj è rigido, le rotazioni j delle estremità delle aste concorrenti in quel nodo sono tutte uguali e, da una breve eguaglianza, si evince che le sollecitazioni (momenti Mi) nelle aste si distribuiscono in base alle rigidezze di quest’ultime. Mi= (Wj/Swj)Mtot R (rigidità alla rotazione) = EJ/L; Nel caso a destra i numeri 3 e 4 sono i coefficienti e derivano dalla risoluzione della struttura con le tecniche di scienza delle costruzioni 25 Rigidezza alla traslazione Dalla teoria delle strutture, la traslazione d di un nodo sottoposto a momento è pari a PL3/EJ, ove dipende dal tipo di vincolo. Se chiamiamo C (rigidità alla traslazione) = EJ/L3, allora d P/C Per rigidezza alla rotazione U chiamiamo la forza P che induce uno spostamento d unitario di un nodo. La rigidezza alla traslazione U si ricava dal rapporto tra forza e spostamento: U = P/d Per d = 1 si ha U = P La rigidezza è legata alla forma, alle dimensioni e all’elasticità delle aste, nonché al tipo di vincolo tra le aste stesse (incastro o cerniera). Le forze si ripartiscono attraverso i nodi in rapporto a tale rigidezza delle aste ad essi adiacenti. Lo spostamento d è dato dal rapporto tra forza e rigidezza (P/U). A parità di forza, o sollecitazione, maggiore è la rigidezza,minore è lo spostamento. 26 Rigidezza alla traslazione Sotto, due telai con pilastri incastrati alla base oppure vincolati con cerniere. Se il nodo è rigido le traslazioni (d) delle estremità delle aste concorrenti in quel nodo sono tutte uguali e, da una breve eguaglianza, si evince che le sollecitazioni nelle aste (travi e pilastri) si distribuiscono in base alle rigidezze di quest’ultime. Il momento si ripartisce in rapporto alla rigidezza dell’asta. Mi= (Wj/Swj)Mtot C (rigidità alla traslazione) = EJ/L3 I numeri 3 e 12 sono gli che derivano dalla risoluzione delle strutture 27 Distribuzione dei momenti flettenti nei piedritti secondo le rigidezze nello schema strutturale di un telaio piano con nodi che traslano soltanto. L’ipotesi è verosimile se le travate, aiutate dalla rigidezza dei solai, si possono considerare infinitamente rigide rispetto ai pilastri, oppure se ci sono elementi irrigidenti come scale o controventi (immagine sotto). In questo caso i nodi traslano soltanto, non ruotano ed è più facile risolvere le equazioni risolutive. Oggi sono i software di calcolo a svolgere l’analisi di telai complessi come questi (anche in 3D), usando in forma matriciale equazioni da schemi strutturali del tipo di cui sopra. 28
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