Elisabetta ti racconta la sua esperienza a Gulu

Elisabe(a
“Mamma, ma chi 0 ha chiesto di andare in Uganda?” E’ la domanda che mi ha rivolto Eleonora,
mia figlia allora di 6 anni, quando sono tornata dal primo viaggio. Non ho saputo rispondere allora
e neppure adesso saprei cosa dire. Forse per curiosità, perché amo viaggiare e sono interessata alle
gen0 e ai luoghi. Ma anche perché mi appar0ene lo spirito del “samaritano”: l’a(enzione verso il
prossimo e la compassione.
Dieci anni volano, ma se cerco nella scatola dei ricordi trovo tan0 vol0, molte storie, sento odori,
mi riempio le orecchie di suoni e gli occhi di colori.
Quando penso a Gulu lo faccio con familiarità. Se chiudo gli occhi posso percorrere strade rosse di
terra e, se di novembre, anche l’aria sarà rossa, resa opaca e quasi densa dalla polvere. Mi lascio la
Round About alle spalle e proseguo sulla Gulu road, passo davan0 all’ufficio postale, viaggio ancora
un po’ sobbalzando fra le buche che costellano le strade e arrivo fuori dal centro abitato. Dove adesso ci sono campi col0va0 e belle capanne circolari con il te(o di paglia, nel 2004 c’era
ancora uno dei campi profughi più grandi della ci(à. Stavamo andando al campo per
accompagnare una bambina da uno zio. Poche noU prima Doreen era stata violentata dai ribelli
giun0 nel suo villaggio. Aveva perso tu(o; oltre all’innocenza, i genitori, tre sorelline e due fratelli
più grandi rapi0 dall’esercito di Kony. Le Sisters comboniane l’hanno accolta ed hanno cercato un
parente a cui affidarla. Lungo la strada Doreen piangeva. Se non la guardavi potevi non
accorgertene: non un singhiozzo, una parola né un movimento del corpo a manifestare il dolore. Fu
il mio primo impa(o con gli effeU devastan0 della guerra e da allora la mia vita è cambiata. Gulu
mi è entrata nel cuore. Ero arrivata in Uganda con un compito: aiutare una piccola coopera0va di donne sieroposi0ve a
realizzare bigio(eria che potesse trovare mercato in Italia. Ho trascorso i primi giorni gironzolando
con Rosemary e Richard nei dintorni dell’Anima0on Center, guardando so(o gli alberi e fra i
cespugli: cercavo dei semi che potessero essere usa0 per realizzare collane. Ricordo ancora gli
sguardi allibi0 e le risate quando ho proposto di usare i petali del fiore di mogano per fare una
collana. Era nata la prima collezione: un successo che ci ha dato la spinta a con0nuare e a sognare
una coopera0va diversa. Oggi si realizzano perle di carta, si intreccia la fibra del banano, si tesse,
0nge, taglia e cuce. La coopera0va è un piccolo mondo di varie aUvità.
Gulu è anche la casa di persone care. Margaret che una volta mi ha invitata a pranzo ma poi non
aveva i soldi per me(ere alcunché nella pentola e mi ha offerto tante chiacchiere e molte risate
ben condite. Florence che mi guarda con occhi sgrana0 quando in visita a Milano vede una signora
passeggere con il cane al guinzaglio, coperto da un cappoUno e pensa ai bambini nudi che corrono
sulle strade di Gulu. Masimo che quando mi invita a casa sua mi mostra le fotografie della sua vita,
cen0naia… e Paul suo figlio che salta e grida felice alla vista di una giraffa nel parco. Dorina,
Fernanda e Lina, donne e suore comboniane, tenaci, concrete e devote, un esempio che tengo
sempre presente.
Ma in questa storia decennale c’è anche Good Samaritan e i suoi cuori pulsan0. Nell’associazione
ho trovato tan0 amici, persone appassionate, professionis0 competen0. Ho imparato, sono
cresciuta, mi sono confrontata. La vita associa0va è stata mo0vo di gioie e fa0che, ma sempre
nutrita da tanto amore.