La presenza di Gesù Nell'eucaristia Ritiro ai preti di Nuoro "Fate questo in memoria di me" Eucarestia e memoriale Dal Vangelo secondo Giovanni (6,48-58) "In quel tempo Gesù disse: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Reverendi confratelli nei nostri ritiri mensili stiamo considerando le varie presenze con le quali il Signore ha voluto amabilmente restare con noi, per accogliere il suo invito a "camminare alla sua presenza". Nella prima meditazione abbiamo riflettuto sul tema della Parola di Dio, Parola attraverso la quale conosciamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ed entriamo in comunione vitale con loro. È l'ascolto della Parola, principio della nostra esperienza di fede, che fa passare dalla morte alla vita, converte, purifica, illumina ed evangelizza tutta la nostra vita. In questa seconda meditazione consideriamo la presenza di Gesù nell'Eucaristia. È un il tema centrale della spiritualità cristiana ed è centrale per una feconda vita spirituale presbiterale. Lo ha capito bene la gente quando, volendo dire cosa fa il prete afferma: "dice Messa". Prete e Parola, prete ed eucaristia; il resto viene da sé. Con la mensa della Parola, abbiamo la grazia, tutti i giorni di sedere al banchetto dell'Eucaristia e fare comunione con lui realmente presente nel Pane di vita. È opportuno fermarsi sovente a riflettere su questo grande mistero, centrale della nostra fede perché la natura umana è portata all'abitudine, alla stanchezza, a non sentire più l'originalità di un'esperienza che si vive quotidianamente... si arriva così a dare per scontato cose che scontate non sono e a vivere senza stupore il miracolo eucaristico. E così diciamo che l'Eucaristia, è fonte e culmine della vita della Chiesa, esperienza attorno alla quale tutta la nostra vita dovrebbe ruotare. Ma poi è proprio così? Si legge nell'Istruzione Generale del Messale Romano al n. 16: "La Messa è il culmine dell'azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo... e del culto che gli uomini rendono al Padre... Tutte le altre azioni sacre e ogni attività della vita cristiana sono in stretta relazione con la Méssa, da essa derivano e ad essa sono ordinate". Davvero ogni nostra azione deriva, anche se indirettamente dall'incontro con Gesù Eucaristia o, per bene che vada, la Messa è un momento della giornata che ha poco a che vedere con tutto il resto? La liberalità e la disponibilità con cui il Signore, sacramentalmente ma realmente, si mette nelle nostre mani, possono rischiare facilmente di depauperare e forse anche sfigurare il dono che riceviamo. Per questo preghiamo perché il pane consacrato "non sia per leigiudizio di condanna, maforza, rimedio e difesa dell'anima e del corpo", come prega il sacerdote prima di comunicarsi. Il ci sono nel Pane di vita La pagina evangelica che abbiamo letto è la nota catechesi eucaristica di Gesù che l'evangelista Giovanni riporta al cap. VI. Con l'autorevolezza divina, espressa dalla nota formula "Io sono", richiamo al nome stesso di Dio, Gesù si rivela come del Pane della Vita, disceso dal Cielo. Proprio perché questo pane è Lui stesso, la sua carne donata a noi, è un pane che porta con sé una potenza straordinaria. Nel Vangelo ascoltato Gesù sottolinea 4 doni particolari: - per la potenza di questo pane noi dimoriamo in Dio e Dio dimora in noi - per la forza di questa pane il mondo riceve la vita - per il dono di questo pane l'uomo riceve il pegno della resurrezione - per l'efficacia di questo pane l'uomo riceve la vita eterna. Il Pane disceso dal Cielo Se l'immagine del Pane ci fa pensare a Gesù come nutrimento e dunque come possibilità di vita, la menzione disceso dal Cielo ci ricorda la provenienza e la modalità. E' un pane che viene dal Cielo, cioè da Dio, perché i Cieli indicano la sua abitazione ed è un pane che è disceso. In questo "discendere" troviamo riaffermata la logica dell'incarnazione. Il Verbo di Dio potremmo dire prima si è fatto carne e poi con lo stesso amore si è fatto pane, nutrimento, senza nessun timore di non essere riconosciuto e disprezzato. Non ha temuto di farsi pane liberamente disponibile a tutti, al discepolo fedele che lo accoglie con le dovute disposizioni e a Colui che nonio riconosce e non lo ama o che addirittura Io disprezza. E' un mistero d'amore grande. Ela spiegazione definitiva di cosa significa questa libera identificazione di Gesù conla fragilità del pane, la troviamo al capitolo 13: il Maestro, il Signore, si cinge di un grembiule e lava i piedi agli apostoli. Quel pane poi diventerà memoria di un abbassamento ancora più grande: la sua morte in croce "prò nobis" nella quale sì fa peccato e maledizione per la nostra salvezza. Il Papa Benedetto XVI riferendosi all'Eucaristia così si esprime nella sua enciclica Deus Caritas est al n°13: "La mistica del Sacramento che sifonda nell'abbassamento di Dio verso di noi è di ben altra portata e conduce ben più in alto di quanto qualsiasi mistico innalzamento dell'uomo potrebbe realizzare". In quel pane riceviamo la trasformazione più radicale che una creatura può ricevere, diventando partecipe della natura divina. E' il pane per la vita del mondo. Sappiamo che il "mondo" secondo il IVVangelo indica la realtà avversa a Dio, che lo rifiuta e che a volte addirittura lo combatte. Ora è bene considerare che il primo "il mondo" che ha bisogno della vita divina siamo di noi, "il mondo" è ciascuno di noi quando fa l'esperienza della tenebra quando è lontano da Dio. E' anzitutto per noi che Gesù eucaristia si fa pane, per farci dono della vita nuova, di redenti, santificati, capaci di dare novità di vita ad ogni cosa. Ma qui è opportuno fare un altro passaggio: se diventiamo partecipi della vita divina, di conseguenza noi diventiamo capaci anche di portare la vita divina al mondo, quel mondo che non conosce Dio ma al quale il Figlio di Dio è stato mandato perché abbia la vita Chi mangia il pane della vita diventa per il mondo ciò che Dio è per noi: pane spezzato, dono incondizionato, misericordia verso ogni uomo, amico o nemico che sia. Perché come afferma ancora il papa Benedetto XVI nella sua enciclica "Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione" (n°13). Cosa si attenda il mondo da noi? 0 meglio cosa vuole Colui che mi assimila a sé che io sia per il mondo? E' questa la domanda che dovremmo farci dopo ogni comunione con il Cristo eucaristico. Cosa si aspettano i poveri a cui siamo mandati, cosa si aspettano i poveri di Dio, che non hanno ancora avuto la gioia di accostarsi alla fonte della salvezza? Per celebrare l'Eucarestia con consapevolezza ed efficacia è necessario farci illuminare dal mistero perché essa è "mistero di Luce" come ci ricordava nel 2004 la Mane, nobiscum Domine, 12 di Giovanni Paolo II. Dobbiamo conoscere il mistero che celebriamo e il dono che riceviamo. Dobbiamo conoscere le condizioni necessarie perché l'Eucarestia possa essere dono di Grazia efficace. Ma cosa significa conoscere? La conoscenza ha sempre 2 dimensioni: una intellettuale e l'altra esperienziale. Una non può prescindere dall'altra. Intellettuale. E' la dimensione del sapere, presupposto dell'esperienza. Abbiamo il tesoro prezioso della Parola. E' nella Parola che Eucarestia è pienamente rivelata. Abbiamo la teologia, il catechismo e l'esperienza dei santi, dei mistici. Ma la conoscenza intellettuale non basta. Nella vita spirituale essa è propedeutica all'esperienza. Si contempla il mistero per vivere del mistero. E' la vita che dice quanto il mistero è stato profondamente conosciuto, autenticamente celebrato e fruttuosamente adorato, perché si può essere dei dotti teologi ed andare all'Inferno! E' importante che nelle nostre comunità ci siano progetti atti a migliorare il nostro culto eucaristico e le nostre celebrazioni. Ma l'attenzione al culto non basta! Dobbiamo convertirci all'Eucarestia con uno stile di vita che la esprima. Occorre fare l'esperienza che "Dal ben ascoltare la S. Messa dipende il buon andamento della Casa" come diceva il Cottolengo (Detti e pensieri del Cottolengo, n. 277). Attraverso la preghiera, l'adorazione, le celebrazioni e ogni approfondimento che abbiamo a disposizione dobbiamo rendere attuale l'invito di Gesù "fate l'Eucarestia in memoria di me" che potremmo parafrasare, senza tradire il testo, "ponete in essere"- "siate eucarestia in memoria di me". Guardiamo più da vicino alcune parole che ogni giorno diciamo durante la consacrazione per cogliere alcuni elementi utili alla nostra riflessione. "In memoria di me" Il catechismo ci ha insegnato che l'Eucarestia è la memoria della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù. Cosa significa "memoria"? Non voglio fare una trattazione teologica: Non è il luogo e la teologia eucaristica la conoscete meglio di me, ma offrire alcune considerazioni di spiritualità eucaristica, certamente fondate su una sana teologia, per aiutarci ad essere veramente preti eucaristici. Padre R. Cantalamessa1 scrive che l'Eucarestia è presente in tutta la storia della salvezza: nell'Antico Testamento comefigura, nel Nuovo Testamento come evento e nel tempo della Chiesa come sacramento. Come figura: Cito alcuni testi: la manna nel deserto (Es 16,4ss; Gv 6,31ss); il sacrificio di Melchisedek che offrì pane e vino (Gè 14,18 Eb.7,1); il sacrificio di Isacco; la Pasqua con l'offerta dell'Agnello, figura di Gesù Agnello di Dio. Il sangue dell'Agnello salvò Israele dalla morte, (Es 12,13) come il sangue di Cristo versato è causa di salvezza per l'uomo. Il sangue, sappiamo fu offerto durante la cena e versato durante la Pasqua di Israele. Come evento: è "il fatto" compiuto da Gesù nell'ultima cena e nella Pasqua, dal Giovedì Santo alla Pasqua di Resurrezione. È evento perché storicamente accaduto una volta sola nel tempo. È l'evento celebrato nel Cenacolo e vissuto sul calvario. S. Efrem il Siro2 afferma: "Nella cena Gesù si immolò da se stesso; nella crocefu immolato dagli altri". E' l'evento che per eccellenza rivela l'Amore della SS. Trinità. " Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" [Ef 5,2). E' l'Amore di un Padre che non gode della morte del Figlio ma che lo dona per la nostra salvezza, nella forza dello Spirito. Di questo evento, nel tempo della Chiesa il sacramento dell'Eucarestia ci fa fare memoria. "Fate questo in memoria di me": grazie a queste parole Gesù ci fa un dono straordinario: ci dà la possibilità mediante il memoriale di diventare contemporanei all'evento che Gesù ha celebrato nel Cenacolo e che ha vissuto nella Pasqua: la sua passione, morte e resurrezione. Siamo presenti nel cenacolo e siamo presenti sotto la croce. Le tante liturgie eucaristiche che si celebrano nel mondo ci mettono in relazione con l'unica Eucarestia celebrata da Cristo Gesù perché i frutti di grazia e di salvezza ottenuti da quell'unico sacrificio siano presenti a noi oggi. (Paolo VI nell'Enciclica Misterium Fidei parla di ri - presentazione dei frutti di redenzione della Pasqua di Cristo. E nel medesimo tempo, ancora una volta Gesù ci presenta al Padre e la sua offerta sale a nostro beneficio. 1 R. Cantalamessa,L'Eucarestia nostra santificazione, Ancora Milano 2 Efrem, Inni sulla Crocifissione ,3,1 Come può avvenire tutto questo? Grazie allo Spirito Santo. Per lo Spirito Santo vivo e presente nella Chiesa, un evento del passato si fa presente a noi e noi all'Evento. Comprendiamo così l'importanza dell'Epiclesi durante l'Eucarestia così sottolineata dalla tradizione Orientale da vedere in quel momento e attraverso quel gesto il momento proprio della consacrazione. Spezzare il pane e offrirsi in sacrificio Importanti nella consacrazione con le parole pronunciate sul pane e sul vino sono anche i gesti compiuti: Spezzato il pane, Gesù lo dà ai discepoli e dopo averli invitati a mangiare quel pane, ricorda che è offerto in sacrificio per loro. Il gesto di spezzare il pane è fondamentale nella celebrazione: lo hanno capito bene i primi cristiani che diedero ben presto all'Eucarestia il nome difractio panis. Il profeta Isaia parlando del servo di Jahvè aveva detto: "Egli è stato spezzato per i nostri delitti" (Is 53,5). Lo spezzare il pane nel cenacolo è il segno dell'offerta che Gesù fa di sé. E' il momento in cui Gesù offre al Padre e offre a noi tutto se stesso. Gesù ci offre il pane dell'obbedienza. Questo pane spezzato, viene dato ai fratelli perché sia mangiato, perché la sua vita nutra altra vita. Il versamento del sangue invece sottolinea l'aspetto cruento, di immolazione, di morte per la remissione dei peccati. E qui il richiamo all'Agnello pasquale del libro dell'esodo è evidente. Dunque pane-corpo: segno di vita donata che genera altra vita, vino-sangue versato segno della morte, del sacrifìcio. Fate questo in memoria di me. Così Gesù conclude l'istituzione dell'Eucaristia. Che cosa dobbiamo fare in sua memoria? Dobbiamo semplicemente ripetere quel rito ricordandoci di lui? Forse ci viene chiesto qualcosa di più! Su quell'altare c'è il Corpo reale di Cristo ma c'è anche il Corpo Mistico che è la Sua Chiesa, la sua sposa/consorte, che ripete quelle parole e che con Cristo si offre, siano essi sacerdoti o laici. Ne consegue che la chiesa (luogo) in cui celebriamo l'Eucarestia è il cenacolo, il mondo in cui dobbiamo consumare quell'Eucarestia è fuori dalla porta del Cenacolo e a volte può addirittura fuori dalle mura della città, e qualche volta trattati da malfattori e delinquenti. Ci vengono in mente le parole di Cirillo di Ignazio di Antiochia e alla chiave eucaristica con la quale legge il suo martirio. Un'autentica spiritualità eucaristica fa sì che usciti dal cenacolo noi possiamo dire ad ogni fratello "Questo è il mio corpo, cioè la mia vita, offerto in sacrifìcio per voi". Tempo, salute, energie, capacità, affetto, servizio, (rappresentato dal corpo offerto) ma anche umiliazioni, insuccessi, malattie, limite (rappresentato dal sangue versato) diventano la nostra Eucarestia vissuta, la nostra offerta al Padre e ai fratelli. Il cristiano che celebra l'Eucarestia non si appartiene più e si rende disponibile al dono anche quando i fratelli mangeranno il pane della sua oblazione con poco garbo e scarsa riconoscenza. Se celebriamo l'Eucarestia con verità, con Cristo, ci dichiariamo disposti ad essere mangiati. Il buon andamento della casa viene dal ben celebrare la Messa, cioè dalla verità con cui celebriamo l'Eucarestia, dalla reale disposizione a mettere sul corporale anche noi stessi. Ancora oggi dobbiamo sentire Gesù che ci ripete "Sii Eucarestia come me! Sii Pane Spezzato facendo della tua vita un dono, servo che lava i piedi, sii vino versato disposto a soffrire per me e per i tuoi fratelli, sii causa di comunione con quanti mangiano il mio stesso Corpo, annuncia la vita eterna vivendo nell'attesa della sua venuta". L'Eucarestia opera la divinizzazione Ma come è possibile per noi essere Eucaristia? Grazie al dono stesso portato dall'Eucarestia: essa infatti opera in noi una trasformazione in Cristo. Potremmo dire che grazie all'Eucarestia il cristiano diventa veramente ciò che mangia! S. Leone Magno afferma: "La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che afarci diventare quello che mangiamo" (Serm.12 sulla Passione 3,7). Lo stesso s. Agostino ci ricorda che "A colui che si accosta a riceverlo Gesù dice: "Sono il cibo dei grandi. Cresci e mangerai di me e non tu cambierai me in te, come ilcibo della tua carne, ma sarai trasformato in me". (Conf. Vili, 10). Per la potenza di Dio qui accade esattamente il contrario di quello che accade con il cibo naturale. Noi essendo un principio più forte assimiliamo il cibo a noi. Qui è Cristo che ci assimila a sé. S. Cirillo di Gerusalemme scrive: "Sotto le specie del pane ti è dato il Corpo di Cristo, sotto quelle del vino il Sangue, affinché, reso partecipe del Corpo e delSangue di Cristo, tu divenga concorporeo e.consanguineo con lui. Così infatti diventiamo anche portatori di Cristo, perché il suo corpo ed ilsuo sangue si distribuiscono nelle nostre membra; secondo l'espressione di san Pietro diventiamo portatori della natura divina". (Cat. Mist IV,3) E S. Tommaso d'Aquino con linguaggio teologico ma che fa venire "le vertigini", se ci pensiamo bene, scrive: "Effetto proprio dell'Eucarestia è la trasformazione dell'uomo in Dio": la divinizzazione. Tutto questo lo avevano capito bene i mistici. Scrive S. Teresina: "il mio cielo è nascosto nella particola dove Gesù, il mio sposo, si vela per amore... Quale divino istante quando, o Beneamato nella tua tenerezza vieni a trasformarmi in tei Questa unione d'amore ed ineffabile ebbrezza, ecco il cielo ch'è mio. Gesù ogni mattina trasforma in se stesso una bianca particola percomunicarti la sua vita; anzicon un di più d'amore ti vuole trasformare il lui stesso". Allora chiediamoci con sincerità se la nostra vita di preti ha una tonalità eucaristica! IL Altri effetti e condizioni "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione al Sangue di Cristo? E il pane che spezziamo, non è forse una comunione al Corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pan. (ICor 10,16-18). Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna (1 Cor 11,27-29). Nella prima meditazione ci siamo fermati a considerare l'effetto proprio dell'Eucaristia: la trasformazione dell'uomo in Dio, la partecipazione alla vita divina. Lo afferma con estrema chiarezza anche il Concilio Vaticano II quando nella Lumen Gentium cita il testo di S. Leone Magno: "La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo altro nonfa, se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo". (LG 26; Leone Magno, Serm. 63,6) li secondo effetto proprio dell'Eucaristia è la comunione con i fratelli, l'unità. Se il Battesimo è il sacramento mediante il quale la Chiesa cresce in estensione, in quantità, l'Eucaristia è il sacramento che fa crescere la Chiesa in intensità, qualitativamente, perché la trasforma a immagine del suo Capo, Cristo. E se considerando l'Eucaristia come sacrificio di Cristo riconosciamo l'altare come il luogo sul quale il Figlio di Dio si è offerto e con Lui ci offriamo anche noi, nel considerare l'Eucaristia come comunione consideriamo che quell'altare è anche una mensa attorno alla quale il Signore ci riunisce come fratelli, membra di un unico corpo. I cristiani ricevendo il dono di essere resi partecipi della vita stessa di Dio, ricevono anche il dono di essere un solo corpo. S. Paolo nel testo letto prima è molto forte: non usa il futuro (sarà Corpo di Cristo) bensì quanti si nutrono dell'unico pane sono l'unico corpo di Cristo. S. Giovanni Damasceno in una delle sue opere principali, "La fede ortodossa": così si esprime "L'Eucaristia è detta comunione e lo è veramente, perché per essa noi comunichiamo al Cristo... e poi perché per essa comunichiamo e ci uniamogli uni con gli altri: diventiamo membra gli uni degli altri, dato che siamo concorporei di Cristo" (La fede ortodossa, IV,13). S. Alberto Magno nel suo approfondimento teologico e spirituale aggiunge un particolare: ricorda che la comunione al Corpo di Cristo è contemporaneamente comunione alla sua Chiesa. "Come il pane, la materia di questo sacramento è fatto uno da molti chicchi i quali si comunicano tutto il loro contenuto e l'un l'altro si compenetrano, cosi da formare il vero corpo di Cristo... così molti fedeli uniti nell'affetto e comunicanti con Cristo-Capo, misticamente costituiscono l'unico corpo di Cristo... e perciò questo sacramento apre la comunione di tutti i nostri beni temporali e spirituali": (A. Magno, su Giovanni 6,64). "Per ilfatto stesso che Cristo unisce tutti a sé, li unisce vicendevolmente; perché se più cose sono unite ad una terza, sono anche unitefra loro" (Sulla Chiesa, 8,a 11). Il teologo dell'Eucaristia, S. Tommaso con parlare chiaro, sintetico ed efficace afferma: "Ilfine ultimo dell'Eucaristia è l'unità del Corpo Mistico" (S. Th. Ili, q.73, a.3). Diventare uomini eucaristici significa far crescere in noi la passione per la comunione fraterna fino l'unità, rotta con il peccato e riconciliata dal sacrificio di Cristo. Un teologo contemporaneo ricordando che la comunione si realizza con uomini disposti a soffrire e morire per essa afferma: "Noi non possiamo dire di avere gli stessi sentimenti di Gesù se non partecipiamo alla sua febbre di comunione, perché il primo patito di comunione è Gesù Cristo. Questa passione di comunione, quésta febbre eucaristica costa caro all'uomo; essa è una sconfitta permanente del proprio egoismo ed è un duro procedere controcorrente... Come Gesù, offre la sua vita perché tutti siano una cosa sola, come lui è ilPadre (Gv 17,11) perfetti nell'unità fGv 17,23). (A. Paoli, Eucarestia, legge dell'uomo) Giovanni Paolo II" Non possiamo illuderci dall'amore vicendevole e, in particolare, dalla sollecitudine perchi è nel bisogno saremo riconosciuti come veri discepoli di Cristo (cfr. Gv 13,35 e Mt 25,31-46). E' questo il criterio in base al quale sarà comprovata l'autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche. fMND,28). Il Signore ci faccia grazia di autentiche celebrazioni eucaristiche. Per la vita dei fratelli Il terzo effetto dell'Eucaristia che vorrei ricordare, già accennato ma che approfondiremo ina una meditazione successiva, è la vita donata. Come ho fatto io, così fate anche voi: essere cioè pane per la vita del mondo. L'Eucaristia, sacramento che il Signore dona alla sua Chiesa perché Dio sia tutto in tutti, porta con sé una dinamica capace di generare uomini nuovi, uomini che al servizio del Regno di Dio, sono suoi collaboratori per portare in ogni ambito di vita la proposta evangelica. Benedetto XVI nella enciclica Deus caritas est scrive che l'Eucaristia ha un carattere sociale, perché nella comunione sacramentale io vengo unito al Signore come tutti gli altri comunicanti... Io non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli solo in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi... Nel culto stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l'essere amati e l'amarea propria voltagli altri. Un'Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata". (14). Sono parole che devono farci riflettere. Il pegno della vita futura Vorrei ricordare un ultimo dono, straordinario, che riceviamo dalla comunione al Corpo di Cristo: "il pegno della vita futura". Questa verità ce la dice la parola di Dio, (rimando al testo letto nella prima meditazione) e ce lo ricordano i padri e i maestri di spirito. S. Giustino nel suo trattato sull'Eucaristia scrive: "... L'Eucaristia rende immortali i nostri corpi e inizia effettivamente la resurrezione. A chi la mangia comunica la sua immortalità, perché il Verbo di Dio è immortale". Così Origene: "... a chi mangia il suo pane, Cristo comunica la sua immortalità, perché il Verbo di Dio è immortale". A questo proposito vorrei invitare a valorizzare un po' di più la pastorale "del Viatico", anzitutto per noi e poi per i nostri fedeli. Infatti è l'Eucaristia, farmaco di immortalità, il sacramento dei morenti e non l'Unzione degli infermi che è il sacramento dei malati. Di fronte a queste verità non possiamo che rendere grazie a Dio, con riconoscente affetto per averci ritenuti degni di doni così grandi. Ma da parte nostra dobbiamo anche fare un serio esame di coscienza. Ogni giorno noi ci accostiamo al Santissimo Sacramento, ma con quali disposizioni? Le condizioni Questa domanda mi introduce a richiamare alcune predisposizioni o condizioni necessarie perché l'Eucaristia possa essere degnamente ricevuta in noi e portare frutto? E' pensiero della Didachè, scritto contemporaneo se non antecedente ai vangeli, che le condizioni o disposizioni necessarie per celebrare degnamente l'Eucaristia siano: credere alla dottrina di Cristo, essere battezzati, aver fede in ciò che è l'Eucaristia; vivere secondo gli insegnamenti di Cristo; pentirsi e confessare i propri peccati per accostarsi all'Eucaristia con cuore puro; riconciliarsi con i fratelli con i quali non si fosse nella pace; essere in comunione con la Chiesa, col vescovo; avere il desiderio di quell'unione con Cristo e con i fratelli che l'Eucaristia realizza. Non possiamo qui approfondire ciascuna di queste disposizioni. Ne sottolineo solo alcune, pur ritenendo tutte assolutamente necessarie. La prima: accostarsi a Dio con cuore puro. Al sacrificio eucaristico e alla comunione con Lui dobbiamo arrivare portando all'altare il dono di una vita in grazia di Dio. La Didachè ricorda: "Non date le cose sante ai cani... nel giorno del Signore, riunitevi; spezzate il pane e rendete grazie, dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro". Occorre essere attenti e vigili perché a volte ci si accosta a ricevere l'Eucaristia con una certa superficialità. Nessuno di noi potrà mai sentirsi degno di accostarsi ad un dono così grande e sappiamo anche che l'Eucaristia è medicina! Questo non significa l'importanza di verificare con accortezza se in noi ci sono o meno le disposizioni necessarie alla comunione sacramentale e se c'è un sincero sforzo di vivere con purezza di cuore, verità e giustizia. Una seconda condizione che vorrei sottolineare è la comunionefraterna. Nella lettera ai Corinzi, Paolo è preoccupato perché la vivace comunità cristiana a cui è indirizzata, celebra l'Eucaristia in modo indegno. La comunità di Corinto profondamente divisa, trascura la cura dei poveri; addirittura in nome di Dio stesso e dei carismi da lui ricevuti dimentica il carisma più grande: la carità (Cfr. ICor 12 e 13). Eppure celebra l'Eucaristia! Questo per Paolo è scandaloso e inammissibile. Per questo afferma "chi mangia e beve indegnamente il Corpo di Cristo, mangia la sua condanna" (ICor 11,19). Giovanni Paolo II nella Ecclesia de Eucaristia si chiede: cosa si intende per "indegnamente"? e risponde: "Paolo qualifica indegno di una comunità cristiana il partecipare alla Cena del Signore, quando ciò avvenga in un contesto di divisione e di indifferenza verso i poveri" (n. 20). I Padri della Chiesa e i santi hanno insistito molto e con grande forza su questa verità, venuta un po' meno dopo il Concilio di Trento quando la preoccupazione della Controriforma era di sottolineare la presenza reale di Gesù Eucaristia ha messo in polemica a quanti la negavano. Forse è giunto il momento in cui dobbiamo verificare con più attenzione se tra i presupposti per accostarci alla mensa eucaristica è presente la comunione fraterna, consapevoli che la Chiesa o è comunione, oppure non è Chiesa. Tra i numerosissimi testi patristici su questo tema cito quello di S. Cipriano nel suo commento al Padre nostro: "Dio non accoglie il sacrificio offerto da chi nutre inimicizia. Vuole che costui si allontani dall'altare e si rechi prima a riconciliarsi con il fratello, poiché Dio non può essere propiziato da chi prega con ilcuore agitato da odio. 11 più alto sacrificio agli occhi di Dio è la nostra pace, la concordiafraterna e ilsuo popolo raccolto nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo". (Commento al Padre nostro, 23). L'adorazione Vorrei concludere accennando ad un tema richiamato tante volte dai Sommi Pontefici e in particolare da papa Francesco quando si rivolge ai preti: l'adorazione dal Santo Padre ritenuta "atto di umiltà e di sottomissione che, riconoscendo la sua Signoria, ci dona lo sguardo di Cristo". Già papa Benedetto XVI, dieci anni fa, al Convegno di Verona, volendo indicare come la Chiesa italiana può rispondere alle attese del nostro tempo così si è espresso: "La nostra vera forza è nutrirci della sua parola e del suo corpo, unirci alla sua offerta per noi... prima di ogni attività e di ogni nostro programma deve esserci l'adorazione che cirende davvero liberi e cidà i criteri del nostro agire". Eucarestia celebrata, adorata e vissuta è il programma di vita del prete. La presenza di Cristo nell'Eucaristia ci tocchi il cuore, si sorprenda e ci santifichi. 10
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