Cambiamento Climatico e Ambiente_Emma Aloe

A cura di Emma ALOE
Cambiamento climatico e ambiente
INTRODUZIONE
Nell'ultimo decennio la lotta al cambiamento climatico ha rappresentato una delle maggiori
sfide dell'agenda politica dell'UE in materia di ambiente e sta assumendo un carattere
orizzontale coinvolgendo altri settori come quello energetico, dei trasporti e dello sviluppo
regionale.
L'Ue sta mettendo in campo azioni volte a promuovere una società a basse emissioni di
carbonio all'interno di un modello di sviluppo economicamente efficiente in grado di
garantire la sicurezza degli investimenti nel lungo periodo.
L’obiettivo principale della politica climatica dell’Unione è quello di limitare il
riscaldamento globale a 2°C di temperatura media rispetto ai livelli preindustriali. A questo
scopo la UE ha assunto un impegno vincolante di riduzione entro il 2020 delle le emissioni
di gas ad effetto serra di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990, migliorando, al tempo
stesso, l’efficienza energetica del 20% ed elevando la quota di consumo di energia
proveniente da fonti rinnovabili del 20%. Un meccanismo fondamentale per raggiungere
l’insieme di questi obiettivi è il sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto
serra nell'Unione (ETS).
1
Negli scorsi mesi è stato avviato l’iter legislativo per la definizione del nuovo “Pacchetto
Clima” che entro il 2015 dovrebbe definire i nuovi obiettivi Ue di politica climatica da
raggiungere entro il 2030
2
Contesto generale: Cause e conseguenze del cambiamento climatico
Nel corso degli ultimi 100 anni le temperature rilevate a livello mondiale hanno fatto
registrare un aumento di circa 0,7°C. In Europa questo dato risulta maggiormente elevato
con temperature di circa 1,0°C maggiori rispetto all’inizio del ‘900.
Diversi studi indipendenti dimostrano che in assenza di politiche di contenimento delle
emissioni, la temperatura globale media potrà aumentare fra 1,1°C e 6,4°C già nel corso di
questo secolo.
Le prime conseguenze di questo fenomeno sono già visibili in Europa e si stima che potranno
intensificarsi nei prossimi decenni. Basta notare come insieme ad un aumento delle
temperature, l'andamento delle precipitazioni si stia destagionalizzando, i ghiacciai si stiano
sciogliendo, i livelli del mare si stiano sempre più innalzando e la siccità stia diventando
sempre più comune. La resilienza dell'ecosistema rischia di andare perduta e si potrebbe
determinare il passaggio da uno stato stazionario a un altro nel giro di pochi anni. La
scienza dimostra che il rischio di cambiamenti irreversibili e catastrofici aumenterebbe in
modo rilevante qualora il riscaldamento globale superasse i 2°C rispetto ai valori
preindustriali
Questi cambiamenti meteorologici rappresentano una grave minaccia per le vite umane, per
lo sviluppo economico e per il mondo naturale da cui dipende gran parte dell’economia
globale.
È ormai dimostrato che la responsabilità maggiore del riscaldamento è imputabile alle
emissioni di gas ad effetto serra prodotte dalle attività antropiche. I gas a effetto serra
catturano,infatti, il calore irradiato dalla superficie terrestre e impediscono la sua
dispersione nello spazio, provocando il riscaldamento globale.
Il gas serra più comunemente prodotto dalle attività umane è l'anidride carbonica (CO2),
responsabile di circa il 63% delle emissioni totali. Una delle principali fonti di CO2
nell'atmosfera è la combustione di combustibili fossili - carbone, petrolio e gas.
Negli ultimi due secoli e mezzo, le nostre società hanno bruciato una quantità crescente di
combustibili fossili per alimentare macchine industriali, produrre energia elettrica,
riscaldare gli edifici e trasportare merci e persone. E’ indicativo,infatti, sottolineare come
dalla rivoluzione industriale (1750) ad oggi, la concentrazione di CO2 nell'atmosfera è
aumentata di circa il 40%, e continua a salire.
3
Focus-I costi della non azione:”La relazione Stern”
La relazione Stern,ex capo economista della Banca Mondiale, pubblicata dal governo
britannico nell’ottobre del 2006, afferma che la gestione del riscaldamento globale
costerebbe all’incirca l’1% del PIL mondiale l’anno, mentre il costo dell’inazione si
attesterebbe intorno ad almeno il 5% del PIL, fino ad arrivare al 20% nello scenario
peggiore fra quelli ipotizzabili. Secondo l’economista l’obiettivo è stabilizzare le emissioni di
Co2 a 500-550 parti per milione rispetto alle attuali 430. Questo risultato che all’apparenza
sembra piuttosto ragionevole, in base ai dati presentati dal rapporto, da qui al 2050,
bisognerà ridurre di tre quarti le emissioni potenziali che si accumulerebbero al ritmo di
crescita attuale. Per fare ciò, oltre a ridurre le emissioni di Co2, i Governi dovranno porre al
più presto un freno alla deforestazione che pesa per ben il 18% delle emissioni mondiali, più
di quanto causato dall’intero sistema dei trasporti.
Nella valutazione d’impatto che accompagna il COM(2007)2, la Commissione dimostra che
gli interventi sono del tutto compatibili con la crescita. Per investire in un’economia a bassa
emissione di carbonio nel periodo 2013-2030 basterebbe circa lo 0,5% del PIL mondiale. In
tal modo, la crescita del PIL mondiale diminuirebbe dello 0,19% l'anno fino al 2030 (vale a
dire soltanto una minima parte del tasso annuale di crescita del PIL previsto, pari al 2,8%),
senza considerare i relativi vantaggi sotto il profilo della salute, di una maggiore sicurezza
energetica e dei minori danni. Sulla base dei modelli nell'ambito della quarta relazione di
valutazione da parte del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico si
stima che in assenza d'interventi la temperatura media globale potrebbe aumentare di 3,4°C
entro il 2080. L'UE è riuscita a svincolare le sue emissioni di gas a effetto serra dalla
crescita economica.
Un Approccio globale al cambiamento climatico :”L’UNFCCC e il Protocolo di Kyoto”
I due più importati accordi internazionali in materia di cambiamenti climatici sono: La
Convenzione Quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici (1992) e il Protoccolo di Kyoto
(1997). Entrambi gi accordi sono basati sul principio secondo cui i paesi industrializzati
dovrebbero assumere un ruolo guida nella lotta al cambiamento climatico in
quanto
4
responsabili della maggior parte delle emissioni a effetto serra a partire dalla Rivoluzione
industriale e dotate di maggiori risorse finanziarie.
L'UNFCCC è stata ratificata da 194 paesi tra cui l'Unione europea ed e’ entrato in vigore il
21 Marzo 1994 L'obiettivo del trattato è quello di "stabilizzare le concentrazioni di gas serra
nell'atmosfera a un livello tale da impedire pericolose interferenze antropogeniche con il
sistema climatico". Non sono stati posti limiti vincolanti per le emissioni di gas serra per i
singoli paesi e non contiene meccanismi di applicazione. Per questo motivo, il trattato è
considerato giuridicamente non vincolante. Tuttavia l’accordo stipulato prevede un quadro
per la negoziazione di specifici trattati internazionali (denominati "protocolli") che possono
fissare limiti vincolanti in materia di gas serra. Le parti firmatarie della convenzione si sono
riunite ogni anno a partire dal 1995 nelle cosiddette Conferenze delle Parti (COP) per
valutare i progressi nell'affrontare il cambiamento climatico. Nel 1997 la COP
fu
organizzata a Kyoto, in Giappone, e segna una svolta nella politica climatica a livello
mondiale con la firma del primo accordo globale sul cambiamento climatico:il Protocollo di
Kyoto.
L'obiettivo principale del Protocollo di Kyoto è quello di contenere le emissioni di gas a
effetto serra (GHG) di origine antropica principale prendendo in considerazione le
differenze nazionali di emissioni, la ricchezza di ogni singolo Stato e la capacità di attuare
un piano di riduzione. In questo contesto e’ previsto che ogni parte l'obbligo di operare una
riduzione delle emissioni di elementi di inquinamento (biossido di carbonio ed altri cinque
gas serra, ovvero metano, ossido di azoto idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro
di zolfo) in una misura non inferiore al 8% rispetto alle emissioni registrate nel 1990
,considerato come anno base – nel periodo 2008-2013.
Principali aspetti del Protocollo di Kyoto
Impegni giuridicamente vincolanti come indicato nell'allegato I per ridurre le emissioni di
gas serra
Attuazione: le Parti firmatarie del protocollo sono tenute a predisporre politiche e misure per
la riduzione dei gas serra nei rispettivi Paesi. E’ stabilita la possibilità di avvalersi di sistemi
di meccanismi flessibili per l'acquisizione di crediti di emissioni (Clean Development
5
Mechanism, Emission Trade System) e la creazione di un fondo di adattamento al
cambiamento climatico per i paesi in via di sviluppo.
Contabilità , relazione e valutazione dei risultati di riduzione delle emissioni ottenuti al fine
di garantire l'integrità del protocollo.
Compliance: istituzione di un comitato a far rispettare gli impegni assunti nell'ambito del
protocollo
La Politica climatica dell’Ue post Kyoto
Con l’adesione al protocollo di Kyoto, l’Ue inizia a mettere in atto azioni vincolanti volte a
ridurre le proprie emissioni di gas serra e si impegna ad adottare strategie di medio e lungo
termine per vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici, all’interno del suo territorio e
in collaborazione con la comunità internazionale. Il Consiglio europeo,infatti, nelle sue
conclusioni della riunione di marzo 2004 aveva invitato “a elaborare un’analisi costi-benefici
che tenga conto degli aspetti connessi sia all’ambiente che alla competitività”, in vista di un
dibattito sulle “strategie di riduzione delle emissioni a medio e lungo termine, inclusi i
traguardi”. Sulla base di questa analisi fatta, la Commissione, attraverso la COM 2005 (35)
“Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici” propone una serie di elementi che
dovrebbero figurare nelle future strategie dell’UE sui cambiamenti climatici. In questa
comunicazione la Commissione presenta un’analisi dei costi-benefici, che mette in luce come
sia possibile ridurre al minimo i costi delle politiche di abbattimento delle emissioni e gli
effetti sulla competitività applicando tali misure a tutti i settori e i gas serra, ampliando la
partecipazione alle iniziative di riduzione delle emissioni a tutti i principali paesi responsabili
delle emissioni stesse, facendo un ricorso ottimale ai meccanismi di progetto e allo scambio
dei diritti di emissione del protocollo di Kyoto e sfruttando al massimo le sinergie con le altre
politiche comunitarie.
Le prime azioni concrete per raggiungere questi obiettivi sono illustrate dalla Commissione
Europea nella COM 2007 (2) “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a
6
+2 gradi Celsius - La via da percorrere fino al 2020 e oltre”. Nella relazione la Commissione
sottolinea come l'UE abbia già dimostrato, attraverso le proprie politiche interne, di essere
capace di ridurre le emissioni di gas serra senza compromettere la crescita economica.
Nella Comunicazione la Commissione suggerisce la necessità per l’Ue di adottare obiettivi
vincolanti di riduzione delle emissioni di gas serra, nonché un accordo globale per una
riduzione delle emissioni del 30% (rispetto ai livelli del 1990) nei paesi sviluppati. Si chiede
che l'UE ha fissato l'obiettivo nei negoziati internazionali di riduzione delle emissioni di gas
serra nei paesi sviluppati. Si sottolinea, però, come fintanto questo accordo non sia siglato a
livello globale, l’UE debba assumersi immediatamente l’impegno unilaterale di abbattere le
proprie emissoni del 20% entro il 2020.
La Commissione raccomanda di adottare le seguenti misure in materia di energia:
•
migliorare
l'efficienza
energetica
•
aumentare
la
di
quota
energie
della
UE
rinnovabili
del
20%
entro
il
2020;
al
20%
entro
il
2020;
• lo sviluppare una politica di stoccaggio del carbonio sicura per l’ambiente.
E' necessario rafforzare il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas
serra (conosciuto anche con la sigla inglese EU ETS), con interventi come l’aumento periodo
per il quale vengono assegnate le quote al di là dei cinque anni attualmente previsti ed
estendere il sistema ad altri gas e ad altri settori.
E' evidente come questa comunicazione abbia gettato le basi per l’adozione del pacchetto
clima “20-20-20”.
Pacchetto Clima 20-20-20
Il 17 dicembre 2008, iI Parlamento europeo ha adottato a Strasburgo il pacchetto
clima/energia dell'Unione europea, noto anche attraverso la formula "20/20/20" che
riassume gli obiettivi principali contenuti nel pacchetto:
- ridurre, entro il 2020, le emissioni di gas serra del 20%, portare la quota di energie
rinnovabili al 20% del consumo energetico finale e ridurre il consumo;
7
- del 20% attraverso misure di efficienza energetica. Questi cosiddetti obiettivi " 20-20-20"
sono stati concordati dai leader dell'UE nel 2007 e attuato attraverso la legislazione
menzionata nel pacchetto clima ed energia del 2009.
Sei gli obiettivi principali:
1) Revisione del Sistema EU-ETS (European Union Emission Trading Scheme) cioè il
sistema che prevede lo scambio delle quote delle emissioni di gas serra, che prevede dal
partire dal 2013 l’introduzione di
un sistema comunitario di aste (auctioning) per
l’acquisizione delle quote di emissione.
2) Promozione del sistema “Effort sharing extra EU-ETS”, include i settori non coperti dal
sistema ETS (come edilizia, agricoltura, trasporti eccetto quello aereo) per cui ai singoli stati
membri viene assegnato un obiettivo di riduzione di emissioni (per l’Italia il 13%).
3) Promozione del meccanismo del Carbon Capture and Storage – CCS (Cattura e
stoccaggio geologico del carbonio): una delle possibili modalità della riduzione della CO2 in
atmosfera è il suo stoccaggio in serbatoi geologici. Tale modalità rientra nel mix di strategie
disponibili tramite l’istituzione di uno specifico quadro giuridico
4) Energia da fonti rinnovabili: l’obiettivo è quello che tramite queste fonti si produca il 20
% di energia nella copertura dei consumi finali (usi elettrici, termici e per il trasporto). Per
raggiungere questa quota, sono definiti obiettivi nazionali vincolanti (17% per l’Italia): nel
settore trasporti in particolare almeno il 10% dell’energia utilizzata dovrà provenire da fonti
rinnovabili.
5) Nuovi limiti di emissione di CO2 per le auto: già dal 2011 il limite di emissioni per le auto
nuove é stabilito in 130 g CO2/km, mentre entro il 2020 il livello medio delle emissioni per il
nuovo parco macchine dovrà essere di 95 gr. CO2/km.
6) Miglioramento dei combustibili: verranno introdotte nuove restrizioni (legate a salute e
ambiente) sui gas serra prodotti dai combustibili. Durante l’intero ciclo di vita della loro
produzione i gas serra dovranno essere ridotti del 6%.
8
Roadmap 2050 verso una società a basse emissioni di carbonio
Nel marzo 2011 l’ UE ha adottato una tabella di marcia di lungo periodo per la riduzione
graduale delle emissioni di gas serra con l’obiettivo di trasformarsi in un’economia
competitiva a basse emissioni di carbonio. Questa tabella traccia la via per la politica
climatica post 2020 ed impegna la UE ad abbattere le proprie emissioni interne di gas serra
del 40 % entro il 2030 e dell’80 % entro il 2050. Tali livelli di emissioni sono calcolati
rispetto ai livelli del 1990.
All’interno della tabella di marcia la Commissione delinea strategie settoriali di riduzione e
pone al centro di queste il tema dell’innovazione tecnologica.
Per i diversi settori sottolinea in particolare le necessità di :

rendere il settore dell’elettricità maggiormente sicuro e competitivo portandolo allo
stesso tempo ad avere emissioni zero. Questo si potrà ottenere garantendo un mix
energetico diversificato ricorrendo alle nuove forme di energie rinnovabili;

creare un sistema di mobilità sostenibile attraverso la riduzione delle emissioni di
CO2 dei mezzi di trasporto, l’ottimizzazione delle reti di trasporto, l’elettrificazione e
nuovi combustibili puliti

migliorare l’efficienza energetica degli edifici con lo scopo di ottenere un
abbattimento delle emissioni di gas serra del 90 % nel 2050 in questo settore;

creare un sistema industriale a bassa emissione tramite innovazioni nell’impiego delle
risorse nel riciclaggio e nell’utilizzo della cattura di carbonio su larga scala. Questo
9
potrebbe consentire una riduzione delle emissioni compresa tra l’83 e l’87 % entro il
2050.

rendere l’agricoltura maggiormente sostenibile, in particolare tramite la gestioni dei
suoli e dei concimi, l’uso efficiente dei fertilizzanti, la diversificazione e la
commercializzazione della produzione locale, nonché l’agricoltura estensiva.
Per ottenere questi risultati secondo la tabella della Commissione è fondamentale un pieno
sviluppo delle fonti di energia a basse emissioni di carbonio per cui è necessario un piano di
investimenti finanziari sostenibili e diversificati. Questo piano finanziario dovrà garantire
uno sviluppo delle infrastrutture energetiche di supporto nonché le reti e le tecnologiche
intelligenti. Dovrà essere implementata una strategia di diversificazione delle risorse
energetiche interne per ridurre la dipendenza dell’UE dalle importazioni di combustibili
fossili.
10
Focus su Roadmap - intervista dell'On. Pirillo (S&D) relatore per la Commissione ITRE
del Parlamento europeo
Le attuali politiche climatiche europee comprese nel “Pacchetto Energia” 20-20-20 hanno
dato finora risultati significativi e continueranno a darli oltre il 2020, contribuendo a
ridurre le emissioni del 40% circa entro il 2050.
Per raggiungere, però, una diminuzione dell´85-90% delle emissioni di CO2, così come
previsto nella “Tabella di marcia 2050 verso una società a basse emissioni di carbonio”
ulteriori azioni devono essere messe in campo.
In questa direzione si è mosso il Parlamento Europeo con il voto sul rapporto di cui sono
stato co-relatore insieme a Chris Davies.
Il Parlamento ha affermato come la creazione di una società a bassa emissione di carbonio
sia imprescindibile dallo sviluppo di un sistema energetico basato sull´espansione delle
energie rinnovabili combinato con l´adozione, oltre il 2020, di obiettivi settoriali concreti e
misurabili in grado di attrarre gli investimenti privati e creare un clima di fiducia e
cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti
In base ai dati disponibili l'UE ha ottenuto nel 2008 il 10.3% del proprio consumo di energia
da fonti rinnovabili e i primi dati sul 2009 attestano ad un livello dell´11,6%. Dati
incoraggianti
che,
come
evidenziato
nella
Roadmap
2050,
devono
suggerire
l´implementazione rapida di un approccio europeo alle energie rinnovabili con lo scopo di
un´integrazione del mercato e favorire investimenti di breve periodo che si tradurranno in
minori costi tra il 2011 e il 2050 e creeranno minori disagi nel lungo termine.
Come espresso dalla “Energy Roadmap 2050″ un prerequisito per un sistema energetico più
sostenibile e sicuro è l’aumento, dopo il 2020 della quota di energia rinnovabile. Per il
2030, si prevedono aumenti delle quote di rinnovabili per arrivare ad un target del 30%, è
evidente che la strada per una economia decarbonizzata è stata già intrapresa. La sfida
politica per l’Europa consiste nel fare in modo che gli operatori di mercato possano ridurre i
11
costi
dell’energia
rinnovabile
attraverso
il
miglioramento
della
ricerca,
dell’industrializzazione e della catena di approvvigionamento. Ma soprattutto bisogna
investire nella ricerca, per riuscire a migliorare e ad aumentare lo stoccaggio dell’energia
prodotta da fonte rinnovabile.
Occorrerà creare un circolo virtuoso nel quale man mano che le tecnologie maturano, i costi
diminuiscono e il sostegno finanziario può essere ridotto. In futuro, infatti, con l’aumento
della quota di energie rinnovabili, gli incentivi dovranno diventare più efficienti, creare
economie di scala, stimolare una maggiore integrazione di mercato e, di conseguenza, a un
approccio più europeo.
Si capisce bene, dunque, come i due pilastri su cui si dovranno focalizzare le politiche future
nel campo delle rinnovabili siano il loro finanziamento e la loro integrazione.
Nelle conclusioni della Roadmap 2050 l´Unione Europea e i propri Stati Membri debbono
instaurare un sistema di investimento nelle nuove tecnologie a forte efficienza energetica e a
basso tenore di carbonio. In quest´ambito un ruolo cruciale dovrà essere ricoperto dalla
futura politica di coesione 2014-2020, dove almeno il 20% del Fondo europeo di sviluppo
regionale (FESR) dovrà essere destinato alle energie rinnovabili e agli investimenti a favore
dell’efficienza energetica in modo da mettere in essere azioni utili a realizzare gli obiettivi
della Roadmap.
L’energia rappresenta un’importante opportunità non solo per gli effetti sull’ambiente ma
anche dal punto di vista sociale ed economico. L’energia rinnovabile è a mio avviso il volano
per uscire dalla crisi economica sulla quale finora si è agito solo sugli effetti come è stato il
salvataggio delle banche; occorre invece agire con rapidità sulle cause, creando posti di
lavoro stabili a livello locale e, gli investimenti nelle energie rinnovabili potrà certamente
innescare meccanismi di ripresa.
Ma è un processo che può essere accelerato o rallentato, solo se le politiche climatiche ed
energetiche favoriranno modelli energetici basati sulla produzione distribuita, sostenibile e
sull’innovazione tecnologica.
12
Come già detto l´altro pilastro, è rappresentato dall´integrazione delle energie rinnovabili
nel sistema d’infrastrutture energetiche europee. Il mercato energetico dell’UE è oggi un
mosaico la cui integrazione richiede investimenti importanti e un´azione concertata tra gli
Stati Membri. Un importante passo in questa direzione è la proposta di Regolamento sulle
infrastrutture energetiche, presentata dalla Commissione Europea il 19 ottobre 2011 adesso
in discussione al Parlamento. Basti pensare come il fabbisogno finanziario per le
infrastrutture definito nella Comunicazione “Priorità per le infrastrutture energetiche oltre il
2020 è di un trilione di euro di cui 200 mld solo per le infrastrutture energetiche di rilevanza
transfrontaliera e oltre 100 mld di investimenti rischiano di non andare a buon fine a causa
degli ostacoli burocratici. Si capisce bene come l´obiettivo fondamentale sia reperire
finanziamenti e snellire le pratiche: i project bond potrebbero essere la soluzione.
13
L'energia vista dal gruppo S&D
La politica energetica per i Socialisti e Democratici al Parlamento europeo è centrale per lo
sviluppo dell'UE e deve essere chiaramente incentrata sulla promozione di una crescita
economica sostenibile, sulla creazione di posti di lavoro di alta qualità e sulla promozione
della competitività dell'industria europea.
È importante che il nuovo modello energetico risponda agli obiettivi che il gruppo S&D ha
difeso negli anni in materia di ambiente e cambiamento climatico, garantendo, inoltre,
un'energia sicura e accessibile a tutti. Questa sarà ed è la sfida dei prossimi anni. Oggi
l'Europa è intrappolata tra due diversi modelli:
Il primo è quello esistente, basato su un'eccessiva dipendenza dai combustibili fossili che
ostacola la transizione verso una società sostenibile. Il secondo è un modello nuovo, che si
avvale di un'infrastruttura intelligente per integrare e distribuire energia rinnovabile
all'industria e ai consumatori a prezzi competitivi e che diventerà sempre più accessibile con
lo sviluppo tecnologico e l'estensione delle economie di scala. Ci sarà ancora da lavorare
sulla pianificazione di questo modello anche perché le fonti di energia rinnovabile sono
ancora insufficienti per soddisfare tutte le necessità.
L'incertezza su quale sarà il futuro modello energetico e come sarà strutturato crea un clima
di incertezza all'industria europea per prepararsi alla transizione verso una economia a basse
emissioni di carbonio che ne scoraggia gli investimenti.
I Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento europeo si sono impegnati a favore di questo
nuovo modello che comporterà la decarbonizzazione della produzione di energia in tutta
l'Unione europea.
I punti centrali sull'energia per il gruppo S&D ´, possono essere cosi brevemente riassunti:
Mix energetico: più energie da fonti rinnovabili con obiettivi vincolanti a breve, medio e
lungo termine e con politiche dell'UE che consentano agli Stati membri di pervenire a
14
un'economia basata sull'energia rinnovabile, sostenibile e pulita entro il 2050 in linea con la
roadmap;
Competitività,occupazione e crescita: investimenti a favore dell'efficienza energetica e delle
infrastrutture per rilanciare l'economia, unitamente al sostegno al nuovo modello energetico
al fine di garantire prezzi dell'energia stabili e contenuti per l'industria e la
reindustrializzazione;
Energia accessibile a tutti: una transizione inclusiva verso il nuovo modello energetico, con
una particolare attenzione alle fasce più vulnerabili, all'accessibilità e alla povertà energetica;
Efficienza energetica: Il risparmio energetico e l'efficienza energetica rappresentano le
soluzioni più rapide ed economiche a temi come la sicurezza energetica, la dipendenza
esterna, i prezzi elevati e i problemi ambientali. Il risparmio energetico e l'efficienza
energetica rappresentano le soluzioni più rapide ed economiche a temi come la sicurezza
energetica, la dipendenza esterna, i prezzi elevati e i problemi ambientali.
Infrastrutture energetiche moderne: ammodernamento delle reti energetiche dell'Europa,
per arrivare alla creazione di una super-rete europea, e la promozione della microgenerazione
di energia rinnovabile.
Mercato interno dell'energia integrato e competitivo: Un mercato dell'energia aperto e
realmente integrato consentirebbe una reale concorrenza e una vera scelta dei consumatori,
abbassando i prezzi per i cittadini e le industrie e contribuendo a ridurre la povertà energetica
per le famiglie vulnerabili. Il gruppo S&D ha fatto espressamente richiesta alla Commissione
europea di intensificare il monitoraggio sull'implementazione della normativa vigente e nel
caso di mancata applicazione da parte degli Stati membri gli strumenti disponibili, incluse le
procedure di infrazione, siano messe in atto;
15
Un approccio rivoluzionario alla mobilità: lo sviluppo di veicoli ecologici e la promozione
di altri modi di trasporto a più bassa intensità energetica. Questo ridurrebbe i problemi
sanitari causati dai gas di scarico e i livelli di rumore delle automobili nelle città e nei
villaggi, migliorando così la qualità della vita con conseguente risparmio nei bilanci sanitari
pubblici;
Politica energetica esterna: allo stato attuale l'UE non ha una politica energetica esterna, ciò
mette gli Stati membri e la stessa Unione in una posizione di vulnerabilità e svantaggio
rispetto ai maggiori fornitori di energia e paesi di transito. Per questo motivo il gruppo
auspica una "governance" energetica globale basata sulla garanzia della sicurezza energetica
a livello mondiale, dando mandato alla Commissione di negoziare per conto degli Stati
membri con i grandi fornitori energetici. Solo cosi, l'UE potrebbe attestarsi sulla scena
mondiale come unico interlocutore.
A cura di Emma Aloe
16