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Pronto, chi parla?
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Pronto?
…
Pronto?!?
…Sì, buonasera…Ma chi parla?!?
Mi chiamo…beh, veramente è la prima volta… cioè…non ci conosciamo o
almeno non credo di averla mai incontrata…
Ma… cosa vuole?
No, niente! …Vorrei solo chiacchierare un po’ con lei se non le dispiace…
Chiacchierare?
Sì… parlare di qualcosa, insomma di qualunque cosa le vada di
parlare…Ehm… mi farebbe piacere, tutto qua… Lei come sta?
Ma vada al diavolo!!
[Stlick!]
Era così che si concludevano la maggior parte delle mie conversazioni telefoniche e
questa non era certo fra le più colorite. Una volta ho rischiato persino di beccarmi una
denuncia.
Non lo facevo apposta. Voglio dire, certo che era una scelta consapevole ma non era
mia intenzione importunare o infastidire nessuno. Era diventata una specie di droga
ecco, non riuscivo più a smettere.
A volte la gente si spaventa a parlare con uno sconosciuto. E’ normale.
Insomma, è così! nessuno è abituato ad intrattenere una conversazione con una
qualsivoglia persona solo perché ad un tratto gli telefona a casa. E per giunta di notte.
Bisogna avere fortuna.
La fortuna di pescare nel mare dell’anonimato la persona giusta, quella troppo sicura
di sé che rimane alla cornetta quasi per sfida, oppure quella che ha già perso tutto e
che quindi non gliene frega niente di chi sta dall’altra parte del telefono. Allora si può
fare una bella chiacchierata. E che chiacchierata!
Quando succede è un’esperienza meravigliosa!
Ed era il bisogno di provare ancora una volta questa indescrivibile sensazione che mi
spingeva nelle serate piovose ad uscire di casa, entrare di corsa in una cabina
telefonica e comporre un numero a caso dall’elenco.
Sì, era questo quello che facevo in quel periodo. Erano gli anni dell’università.
Certo non era facile, ci voleva molta pazienza. Decine e decine di tentativi. Ma
quando accadeva…ah! ogni sforzo era appagato. Era come trovare una perla
luccicante in un mare di fango!
Era molto frustrante fare decine di tentativi a vuoto. Sapete quando le persone
sognano ingenuamente di possedere la capacità di conoscere in anticipo il numero
vincente di una lotteria? Ebbene, io a quel tempo sognavo di averla per i numeri
telefonici. Sapere da subito quale fosse tra le migliaia di sequenze silenziose, quella
esatta, quella vincente che mi avrebbe aperto le porte ad una nuova ed emozionante
conversazione…
Non so come spiegarvelo.
Accadeva sempre di sera quando fuori pioveva e non c’era niente di meglio da fare
che starsene davanti alla tv a sgranocchiare nervosamente gallette di mais
bruciacchiate.
Accadeva all’improvviso, inaspettatamente. Mi prendeva questo desiderio
irrefrenabile di uscire e di ascoltare qualche storia.
Qualsiasi storia. Anche quelle raccontate da un perfetto sconosciuto.
Un divoratore di storie. Un collezionista di conversazioni. Ecco chi ero a quel tempo!
Certo, questo strano passatempo aveva anche un costo. Ricordo che usavo gran parte
della mia paghetta settimanale per comperarmi le nuove tessere telefoniche. Ero
arrivato persino a risparmiare sul menu della mensa pur di permettermi la tessera con
il venti percento di traffico prepagato.
Di solito le telefonate duravano una manciata di minuti, a volte delle ore.
Una volta, per esempio, ho chiacchierato con un vecchio pensionato, sulla sessantina.
All’inizio era sospettoso e voleva subito riattaccare ma poi sono riuscito a
tranquillizzarlo.
Abbiamo parlato tutta la notte.
Mi ha raccontato di quando lui e sua moglie si erano conosciuti, quarantadue anni
prima, in treno, durante la tratta Venezia-Pavia. Si ricordava persino il giorno, il 22
febbraio. Lo dovevate sentire, si emozionava ancora nel descrivermi i colori del
foulard, al collo di quella bellissima sconosciuta.
Ora sua moglie non c’è più. Se ne era andata da qualche mese. E’ di questo che
abbiamo parlato tutta la notte: di sua moglie.
C’è stata una volta che la chiacchierata è stata così gradevole e interessante che un
tizio, di professione faceva l’avvocato, voleva ripetermi a voce il suo numero.
Ma questo non era possibile. Era una regola che mi ero prefissato prima di iniziare le
telefonate e che non potevo infrangere in alcun modo. I numeri che prendevo
dall’elenco erano del tutto casuali e chiudevo il registro telefonico ancora prima di
finire di comporre la sequenza. Non sarebbe stato possibile richiamare la stessa
persona due volte. Ero dell’idea che la telefonata dovesse avvenire una volta sola.
Doveva essere unica. Ecco perché voleva darmi il suo numero.
Ma come ho già detto, questo non era possibile.
Oggi ci sono le chat certo, ma non è lo stesso. In chat non si possono sentire le sottili
variazioni del tono della voce: le incertezze, le pause, i colpi di tosse. Sono questi
particolari che trasmettono emozioni, che trasformano una semplice chiacchierata in
qualcosa di vivo.
Se ci penso, in anni di telefonate me ne sono capitate di conversazioni bizzarre!
Per esempio, una volta ho cominciato a chiacchierare con una donna giovane. Era
sposata. Stavamo parlando del più e del meno quando all’improvviso, non so il
perché, la conversazione si è spostata su argomenti di natura sessuale. Sarà stata a
causa del mio timbro di voce o il fatto che stesse parlando con uno sconosciuto ma ad
un certo punto la donna ha cominciato a raccontarmi le sue fantasie erotiche… e ad
eccitarsi.
Ho riattaccato subito.
Non potevo permetterle di rovinare tutto. Non potevo lasciarla insozzare con le sue
oscenità la sacralità di quell’istante. Era una questione di rispetto. Non per me certo
ma per quel prezioso momento di vita che così faticosamente ero riuscito a ricreare.
Lei questo non poteva capirlo.
Il momento più importante della conversazione avveniva verso la fine, quando nella
scheda rimaneva che una manciata di centesimi. Interrompevo bruscamente la
chiacchierata e ponevo a tutti la stessa identica domanda: “Mi perdoni se glielo
chiedo, ma per lei… che cos’è davvero la felicità?
Come potete immaginare, le risposte arrivavano dopo un attimo di indecisione ed
erano sempre molto diverse fra loro. Spesso piuttosto banali.
C’è stata una volta però, non me lo dimenticherò mai… la risposta uscì spontanea,
immediata. Come se fosse la più semplice. La più naturale.
Me la diede una signora anziana. Viveva sola e da qualche tempo aveva scoperto di
avere una grave malattia. Da lì a qualche mese avrebbe perso lucidità e la sua
memoria. Così mi aveva detto.
Si chiamava Maria.
Mi disse che per lei la felicità doveva avere le stesse qualità di una festa a sorpresa o
di un regalo inaspettato.
Mi disse che doveva essere qualcosa di piacevole ma di imprevisto, di inatteso.
Come una telefonata di un perfetto sconosciuto, nel cuore della notte.
”