Leader, policies e voti. Da Bersani a Renzi la trasformazione

Convegno Società Italiana di Scienza Politica
Perugia, 11-13 settembre 2014
Leader, policies e voti.
Da Bersani a Renzi la trasformazione dell’offerta politica del PD
Nicola Martocchia Diodati
[email protected]
Introduzione
In poco più di un anno, considerando esclusivamente i fatti più rilevanti e citandoli strettamente
in ordine cronologico, il Partito Democratico ha: perso delle elezioni che apparivano una vittoria
certa, visto dimettersi il suo terzo segretario, guidato con la figura del vicesegretario nazionale il
secondo governo consecutivo di coalizione con il centro destra, affrontato un congresso che ha
eletto ad ampissima maggioranza il candidato sconfitto alle primarie dell’anno precedente, eletto
un presidente del partito che dopo poco più di un mese si è dimesso per evidenti contrasti con il
segretario, sostituito il Presidente del Consiglio insediando a Palazzo Chigi l’attuale segretario
nazionale, ma mantenendo identica la tipologia di maggioranza ed infine vinto le elezioni
europee guadagnando il 40,8% dei consensi dei votanti.
Due considerazioni vengono pressoché spontanee osservando i fatti citati supra: in primo luogo il
PD non appare essere morto nelle giornate concitate in cui si andava ad eleggere il Presidente
della Repubblica1; in secondo luogo, il cambio di leadership da Bersani a Renzi sembra essere
stato fondamentale nel cambiamento dell’offerta politica.
Per quanto simili osservazioni possano apparire evidenti e scontate, tanto quanto si è speso nel
descrivere prima la (presunta) morte e poi la (presunta) resurrezione del partito, quanto poco si è
cercato di indagarne le cause, evitando scorciatoie esplicative e prendendo in considerazione i
vari aspetti che hanno concorso ad un cambio di scenario così evidente e repentino.
Conseguentemente, nel tentare di fornire un’immagine in grado di rappresentare le
trasformazioni dell’offerta politica dall’inizio 2013 alla metà del 2014 ed aggiungere un poco di
consapevolezza in merito alle motivazioni che hanno portato un incremento di più di due milioni
A seguito delle candidature di Marini e Prodi affossate durante le votazioni, anche i giornali più vicini alla sinistra
(ed i protagonisti attraverso il loro megafono) hanno per lo più descritto quei momenti come gli ultimi istanti di vita
dell’organizzazione nata pochi anni addietro. Si veda Marco Damilano (2013).
1
1 e mezzo voti per il Partito Democratico (a fronte di una diminuzione dei votanti di oltre sei
milioni) è utile partire proprio da simili dati di fatto, banali ed evidenti.
Cercheremo così di osservare il cambiamento avvenuto negli ultimi quindici mesi prendendo in
considerazione variabili d’indagine proprie di due differenti approcci allo studio del
comportamento politico: quella economico razionale (considerando l’asse sinistra/destra e lo
spazio di policy) e quella sociopsicologica (utilizzando la dimensione valoriale e i tratti di
personalità dei leaders).
Al fine di tenere conto dei sopracitati aspetti si utilizzeranno prevalentemente dati raccolti da
Candidate & Leader Selection durante le consultazioni primarie per l’elezione del segretario
democratico e la scelta del candidato premier della coalizione Italia Bene Comune, le interviste
effettuate dal Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università di Milano ai delegati
all’Assemblea Nazionale del Partito Democratico e i dati ITANES sulle elezioni 1994/2013.
Una progressiva moderazione
Sin dalla fine degli anni cinquanta, grazie all’applicazione del modello di Hotelling (1929) sulle
problematiche della sfera elettorale effettuata da Anthony Downs (1957), gli studiosi di
comportamento politico e strategie partitiche hanno iniziato a pensare la competizione tra le
organizzazioni e l’allineamento dei voti su di una scala unidimensionale, ovvero sulla dimensione
superiore ed onnicomprensiva (Sani Sartori 1983) sinistra/destra in grado di permettere una
comparazione tra differenti situazioni storico-istituzionali.
Nonostante l’evidente semplificazione che analisi monodimensionali necessitano, il continuum
ideologico rimane la variabile più utilizzata e la migliore opzione di base (Mair 2009, 217) per
studiare il mercato elettorale rispetto ad entrambe le sue componenti, ovvero la proposta
partitica (offerta) e le preferenze degli elettori (domanda).
Considerando quindi, secondo tale prospettiva teorica, che ciascun cittadino vota per il partito
che reputa gli consegnerà un maggior reddito-utilità rispetto a ogni altro (Downs 1957, p. 38),
uno spostamento dell’offerta politica in direzione dell’elettore mediano (o della classe in cui si
colloca ampia parte dell’elettorato) consente un guadagno di voti in funzione dell’aumento
dell’utilità fornito agli elettori. È secondo questa prospettiva, di cui abbiamo accennato solo
alcune caratteristiche 2 , che andiamo ad osservare l’evoluzione della collocazione del Partito
Democratico negli anni sul continuum sopracitato. Dunque, a fronte di una maggiore
concentrazione dell’elettorato sulle posizioni centrali dello spazio politico (Baldassarri 2014),
2
Per una trattazione più ampia si veda Giannetti (2004) e Martelli (2010)
2 presupponiamo che spostandosi verso il centro per il PD sia possibile allargare la propria base di
consenso.
Nell’Immagine 1 è riportata l’autocollocazione media sulla dimensione sinistra/destra dei delegati
(suddivisi per mozione) in tutte e tre le assemblee nazionali del PD che si sono insediate fino ad
ora. Essa mostra un’evidente trasformazione del posizionamento delle fazioni interne a seguito
del congresso dello scorso dicembre, oltre che un progressivo e costante spostamento verso
posizioni più moderate della maggioranza interna eletta attraverso le primarie.
Imm. 1. Autocollocazione delegati Assemblea Nazionale 2007/2013
Fonte: Sondaggi 2007, 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano
Nonostante quasi la totalità dei delegati delle assemblee nazionali si collochi nell’alveo del
centrosinistra 3 si riscontrano marcate differenze tra le differenti anime presenti all’interno
dell’assise.
Il primo elemento che è possibile rilevare rispetto alla collocazione dei delegati è la presenza di
un progressivo e continuo riposizionamento della maggioranza in carica verso posizioni più
moderate. Infatti, i delegati che sostenevano Veltroni si posizionavano mediamente al 3,7, la
maggioranza di Bersani nel 2009 al 3,82, mentre quella eletta con le primarie dell’8 dicembre
scorso al 3,94. Per quanto la variazione sia minima e non rilevante rispetto ad una trasformazione
Il continuum ideologico è stato misurato attraverso una scala in cui 1 corrisponde ad “estrema sinistra” e 10 ad
“estrema destra”, conseguentemente per “centrosinistra” si intende il posizionamento su valori di 3 e 4.
3
3 del posizionamento dell’intero partito4, data la stabilità del trend, quest’ultimo è certamente un
fattore da prendere in considerazione rispetto alle scelte politiche future che l’organizzazione
andrà a compiere.
Il secondo aspetto che merita di essere sottolineato è la differente collocazione, avvenuto grazie
al passaggio di consegne tra Bersani e Renzi, della maggioranza attualmente in carica rispetto alle
mozioni di minoranza. La maggioranza che sosteneva Veltroni, difatti, avendo a propria
opposizione le mozioni Bindi e Letta e subendo l’influenza dell’elevata dipendenza dalle
appartenenze pregresse, si collocava a sinistra delle altre fazioni, divenendo baluardo della cultura
socialdemocratica propria dei DS. La maggioranza che invece sosteneva Bersani si collocava al
centro dello spazio politico occupato dall’intera organizzazione, mantenendo una posizione
mediale rispetto alle due minoranze uscite dal congresso. Tale posizione permetteva di
intraprendere con maggiore facilità processi decisionali il più possibile consensuali tra le diverse
anime del partito, così da portare avanti una gestione consociativa dell’organizzazione, gestione
che ha permesso all’ex segretario di essere sostenuto dalla quasi totalità del gruppo dirigente
durante le primarie di fine 2012. Dunque, contrariamente a quanto è stato possibile osservare in
precedenza, l’elezione a segretario di Matteo Renzi ha visto l’insediamento di una maggioranza
che si colloca alla destra di entrambe le minoranze interne. Per quanto le dimensioni numeriche
delle fazioni lascino pochi margini per un’opposizione interna in grado di scalfire la capacità di
Renzi di guidare monocraticamente (in termini di leader di riferimento) il partito 5 , essa è
certamente una novità per quanto riguarda il Partito Democratico ed i suoi predecessori (Fasano
2009; 2010; Bellucci & all 2000) che merita di essere sottolineata .
In terzo luogo, la media delle autocollocazioni dei delegati per mozione (dal 2007 ad oggi)
permette di osservare come sia presente un aumento della distanza interna tra le diverse
componenti presentatesi a congresso. Rispetto al 2007, quando la distanza tra la mozione
collocata più a sinistra (Veltroni) e quella più a destra (Letta) era di 0,73 punti, la distanza
presente tra Civati e Renzi è aumentata di circa mezzo punto, attestandosi a 1,22 punti. Se in
queste due situazioni la maggioranza risulta essere ad uno degli estremi dello spazio politico
occupato dalle tre mozioni, nel 2009, come abbiamo osservato in precedenza, la maggioranza si
collocava in una posizione privilegiata, distante da Marino e Franceschini in entrambi i casi ci
circa 0,4 punti.
Partito che peraltro nel suo complesso si è leggermente spostato verso sinistra (Fasano & Martocchia Diodati
2014).
5 A questo proposito è utile ricordare come entrambi i presidenti del partito siano stati scelti tra le fila dei dirigenti
eletti nella mozione Cuperlo. Per quanto la rilevanza di un simile fatto non sia decisiva nel definire le linee politiche
delle differenti mozioni, esso rappresenta un chiaro esempio di come, nei fatti, l’unica mozione che si sia palesata
come opposizione interna (rispetto alle decisioni di voto in Direzione ed Assemblea) sia quella guidata da Civati.
4
4 Spostando il focus d’analisi dalle dirigenze elette attraverso le primarie ai selettori che hanno
votato nei gazebo è possibile comprendere non solo quale posizione adotti la maggioranza interna
al partito, ma anche le posizioni dei “principali del segretario”, ovvero di chi delega la propria
rappresentanza. Questo assume un’importanza via via più cruciale a fronte del progressivo
processo di personalizzazione che ha investito la sfera politica (Garzia 2014; Karvonen 2009),
processo grazie al quale i leaders personificano le piattaforme politiche dei rispettivi partiti (Garzia
2014, p.40). In una condizione in cui la rappresentanza politica è caratterizzata da una delega
diretta cittadino/leader (Manin 1997) il posizionamento ideologico sull’asse sinistra/destra dei
selettori, ovvero della costituency di riferimento del segretario eletto, è una variabile che aiuta
ulteriormente a fornire una spiegazione circa la reale posizione sullo spazio politco dei diversi
leaders democratici.
Come è possibile osservare in Tabella 1, se non si riscontra una differenza elevata di collocazione
tra i delegati eletti che sostenevano Bersani e quelli che sostiengono tutt’ora Renzi, risulta invece
evidente una maggiore moderazione rispetto all’asse sinistra/destra dei selettori che nel 2013
hanno propeso per l’attuale Presidente del Consiglio rispetto a coloro che nel 2009 hanno votato
l’ex presidente dell’Emilia Romagna.
Tab. 1. Autocollocazione selettori e dirigenti di Bersani e Renzi
Renzi 2013
Bersani 2009
Renzi 2012
Bersani 2012
Utenti
Selettori
Delegati
Selettori
Delegati
Selettori
Selettori
Sinistra
29,06
4,74
45,6
6,21
23,24
49,49
Centrosinistra
49,68
65,61
43,6
68,22
44,03
40,33
Centro
17,86
29,02
9
25,59
26,01
9,16
Centrodestra
2,76
0,63
0,9
Destra
0,64
5,54
0,79
1,17
0,22
0,9
Fonte: Sondaggi 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano;
Sondaggi 2009, 2012, 2013, Candidate & Leader Selection
Se, infatti, il 45,6% dei selettori che hanno espresso la loro preferenza per Bersani nel 2009 si
percepivano di sinistra (valori 1 e 2), solo il 29,06% degli elettori di Renzi si collocavano su simili
posizioni. Altrettanto rilevante risulta (di conseguenza) la percentuale di coloro che si ritrovano
nella metà destra del continuum: nel 2009, infatti, solo il 10,8% dei votanti Bersani alle elezioni si
collocava tra il 5 ed il 10 del continuum sinistra/destra, mentre più del 21% dei selettori che nel
2013 hanno preferito Renzi a Cuperlo e Civati si attesta su simili posizioni. Risulta così evidente
come sia presente una minore concentrazione dei selettori di Renzi nell’alveo più proprio del
centrosinistra e come, rispetto alle primarie precedenti, ampia parte dei simpatizzanti democratici
non si collochi più sulle posizioni proprie di un partito socialdemocratico.
5 Eppure era già stato possibile osservare tale evoluzione nell’inverno 2012, quando i due segretari
si sono contesi la candidatura a premier nelle primarie di Italia Bene Comune. In quell’occasione,
l’autocollocazione dei votanti ha consegnato una situazione ancor più polarizzata. Quasi il 50%
dei votanti Bersani si collocavano a sinistra dello schieramento, mentre più del 30% degli elettori
di Renzi si percepivano di centro o centrodestra. La differenza di posizione delle costituency di
riferimento, quindi, appare particolarmente elevata e risulta così in grado di amplificare le leggere
differenze presenti all’interno degli organismi dirigenti del Partito Democratico stesso,
confermando il riposizionamento dell’organizzazione su posizioni più moderante e centriste.
In direzione pro-market e pro-life
Il riposizionamento della maggioranza rispetto alla dimensione sinistra/destra e i cambiamenti
osservati poco sopra permettono, quantomeno in una fase iniziale, di supporre come
effettivamente sia presente uno spostamento del PD verso posizioni più moderate dello spazio
politico. Eppure, a fronte del fatto che gli individui portano a compimento processi decisionali in
funzione di più di una dimensione (Adams & all 2005), è utile prendere in considerazione le
questioni di policy in grado di spiegare se effettivamente sia stato presente un riposizionamento
dell’organizzazione (e della sua maggioranza) nel passaggio 2012/2013.
Considerando che la diade antitetica sinistra/destra si ritrova ovunque in politica (Bobbio, 2004)
e che essa risulta in grado di sintetizzare (seppur con limiti di semplificazione) la distinzione di
vedute e di convinzioni rispetto a tutti quei temi posizionali (Stokes, 1963; De Sio 2010) grazie ai
quali i partiti si distinguono (Budge & all 2001), è utile innanzitutto comprendere se le variabili di
policy considerate siano in grado di spiegare le determinanti della dimensione sinistra/destra e, in
secondo luogo, se differenti posizioni politiche sulle prime siano utili a evidenziare le motivazioni
dell’appartenenza a differenti anime interne. Nel caso, infatti, siano presenti differenze
esplicative, sarebbe possibile comprendere quale tipologia di cambiamento sia avvenuto
nell’ultimo anno e verso quali direzioni questo sia diretto. D’altronde, se vi fosse coerenza con
quanto osservato in precedenza attraverso un’analisi prettamente descrittiva, si osserverebbe che,
a posizioni più moderate rispetto problemi di policy, corrisponde una maggiore propensione a far
parte della maggioranza che sostiene Renzi rispetto a quella di Veltroni e Bersani.
Le variabili prese in considerazione per indagare le determinanti della collocazione sull’asse
sinistra/destra sono questioni che attengono alla dimensione economica (come l’aumento delle
tasse a fronte di maggiori servizi pubblici, l’intervento dello stato in economia ed il potere dei
sindacati), a quella religiosa (ad esempio l’importanza della religione nella propria vita, il grado di
6 accordo con l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e la partecipazione della Chiesa
al dibattito pubblico) ed infine a quella etico/morale (come l’accoglienza degli immigrati,
l’aumento delle pene per il consumo di droghe leggere, l’eutanasia e le unioni civili)6.
La rilevanza di simili categorie nella determinazione della dimensione sinistra/destra è
riscontrabile nell’ampia letteratura che ha affrontato la questione della definizione delle variabili
utili alla scelta di voto. In primo luogo, le issues economiche quali l’intervento dello Stato in
economia e la dicotomia tasse/servizi sono considerate variabili centrali per la determinazione
del posizionamento e dell’opposizione reciproca tra due partiti (Lipset Rokkan 1967).
Altro fattore determinante nello studiare e misurare la collocazione degli attori politici è
certamente la questione religiosa, che non può essere intesa esclusivamente come conflitto
stato/chiesa o potere politico/potere religioso quanto invece come un fattore di lungo periodo
in grado di influenzare in misura sostanziale il comportamento di individui e di collettività
(Maraffi & all 2010).
In terzo luogo, come è già stato sottolineato in relazione alla transizione italiana (Fasano & Pasini
2014), le questioni eticamente sensibili e la problematica immigratoria rivestono un ruolo centrale
nel definire i cleavages del periodo post-1994.
Infine, recenti riscontri empirici (Hanspeter & all 2006; Wouter 2009) evidenziano come
questioni culturali (quali ad esempio gli stili di vita tradizionali e i diritti degli immigrati) hanno
aumentato la loro rilevanza nella determinazione della competizione partitica, mostrando così la
loro efficacia esplicativa anche in funzione della collocazione spaziale dei soggetti politici.
L’analisi di regressione effettuata e riportata in Tabella 2 evidenza come le variabili considerate
per ampia parte rispettano i criteri di significatività. Le uniche variabili che spiegano
significativamente l’autocollocazione sono la dicotomia “stato/mercato” e la problematica del
fine-vita. Data la significatività esplicativa dell’ampia maggioranza delle variabili considerate per
indagare le determinanti del posizionamento sul continuum sinistra/destra, è possibile ipotizzare
che queste ultime risultino determinanti per l’appartenenza ad una mozione.
Nel ricodificare le variabili esplicative si è provveduto a riordinare le risposte secondo il continuum sinistra/destra:
relativamente alle variabili economiche l’estremo sinistro è rappresentato da “maggiore rilevanza del pubblico e
aumento del potere dei sindacati”, il polo destro da “meno rilevanza del pubblico e diminuzione del potere dei
sindacati”; relativamente alle variabili religiose l’estremo progressista è dato dall’assunzione “non rilevanza della
religione e minore presenza della Chiesa nella società”, il polo conservatore da “importanza religione e maggiore
presenza della Chiesa nella società”; per quanto concerne le variabili etico/morali/culturali il polo sinistro viene
identificato in “accoglienza immigrati e libertà di scelta individuale”, il polo destro invece da “minore flessibilità
sull’immigrazione e limiti morali alle scelte individuali”.
6
7 Tab. 2 Regressione lineare su determinanti dell’autocollocazione
ECONOMY
ECONOMY
RELIGION
imprel
0,161***
(0,021)
0,215***
(0,031)
0,037
(0,034)
-
chiesa
-
relscuo
-
immigrati
-
0,117***
(0,020)
0,192***
(0,030)
0,041
(0,032)
0,121***
(0,029)
0,096***
(0,034)
0,208***
(0,028)
-
pacs
-
-
eutanasia
-
-
droghe
-
-
cons
2,612***
(0,105)
1341
1,778***
(0,116)
1341
servizi
sindacati
statoeco
N osservazioni
ECONOMY
RELIGION
ETHIC/MORAL F.
0,088***
(0,021)
0,162***
(0,291)
0,044
(0,031)
0,062**
(0,031)
0,064*
(0,034)
0,118***
(0,029)
0,080***
(0,019)
0,307***
(0,055)
0,061
(0,048)
0,125***
(0,028)
1,314***
(0,125)
1341
Note: * variabile significativa al 90%, ** variabile significativa al 95%, *** variabile significativa al 99%
Fonte: Sondaggi 2007, 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano
Per confermare o smentire l’ipotesi che a posizioni più moderate rispetto alle questioni di policy
considerati corrisponda una più elevata probabilità di appartenere alla maggioranza renziana del
Partito Democratico abbiamo effettuato una analisi di regressione logistica, per poi verificare,
sulla base dei risultati ottenuti, l’influenza marginale di ciascuna variabile sull’appartenenza alla
mozione stessa.
Quanto riportato in Tabella 3 ci permette di osservare come, se su certe problematiche come
quelle economiche, l’attuale maggioranza interna al PD mantiene posizioni molto più moderate
rispetto alle fazioni dominanti che in precedenza avevano occupato l’ufficio di governo
dell’organizzazione, rispetto alle issues morali/religiose la componente che assume la posizione
più conservatrice è la maggioranza che appoggiò a seguito delle primarie del 2009.
8 Tab. 3 Determinanti appartenenza mozione di maggioranza
servizi
sindacati
statoeco
imprel
chiesa
relscuo
immigrati
pacs
eutanasia
droghe
cons
N osservazioni
Log Lokelihood
VELTRONI
-0,022
(0,047)
-0,330***
(0,067)
0,130*
(0,071)
-0,400***
(0,071)
-0,149*
(0,077)
0,008
(0,056)
0,068
(0,044)
0,280**
(0,127)
-0,147
(0,110)
0,340***
(0,063)
0,372
(0,280)
721
-332,67
BERSANI
0,284***
(0,826)
-0,328***
(0,115)
-0,049
(0,120)
-0,085
(0,117)
0,516***
(0,126)
-0,097
(0,096)
0,170**
(0,073)
0,146
(0,209)
0,221
(0,183)
-0,216**
(0,109)
-1,808***
(0,465)
232
-114,81
RENZI
0,303***
(0,060)
0,840***
(0,091)
-0,149*
(0,088)
0,437***
(0,090)
-0,232**
(0,098)
0,214***
(0,070)
0,116**
(0,056)
-0,837***
(0,168)
0,014
(0,136)
-0,163**
(0,076)
-4,659***
(0,418)
414
156,61
Note: * variabile significativa al 90%, ** variabile significativa al 95%, *** variabile significativa al 99%
Fonte: Sondaggi 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano;
Per quanto in questo caso le variabili vengono considerate separatamente per osservare la loro
influenza sull’appartenenza ad una mozione congressuale, l’evidenza statistica consegna una
immagine nitida e ben delineata del percorso compiuto dal PD nei suoi primi sette anni di vita.
Le issues economiche risultano infatti centrali nel percorso di moderazione della proposta politica
intrapreso dall’attuale Presidente del Consiglio.
La convinzione che i sindacati abbiano troppo potere (rappresentata in Figura 2) e la preferenza
di un sistema di tassazione che privilegi la diminuzione delle imposte rispetto all’aumento dei
servizi forniti dallo Stato sono infatti predittori significativi rispetto alla decisione di sostenere
Renzi piuttosto che Cuperlo e Civati all’ultimo congresso. Ciò a dispetto di quanto avvenuto
nelle precedenti occasioni, in cui la maggioranza democratica era caratterizzata dall’esprimere
convinzioni sulle questioni economico-sociali più vicine a posizioni strettamente di stampo
socialdemocratico.
9 Circa le problematiche di carattere etico/morali (riportate in Figura 3), invece, è possibile
riscontrare quel cleavage interno che ha caratterizzato e certamente reso più complesso il processo
di federazione del centrosinistra iniziato nel 1995 con la nascita dell’Ulivo (Di Virgilio & all
2008). Il sostegno all’allora segretario Bersani era infatti dato non solo da anime
socialdemocratiche (D’Alema), ma anche da cattolico-democratiche (Bindi) e cattolico-liberali
(Letta), che, grazie anche alla rilevanza della religione, fanno di simili problematiche uno dei
cardini del loro impegno politico e conseguentemente della dialettica intrapresa con la
componente
post
comunista
che
risultava
in
ogni
caso
maggioritaria
all’interno
dell’organizzazione.
Imm. 2 Influenza marginale del grado di accordo con l’assunzione “il potere dei sindacati è eccessivo” su appartenenza a
maggioranza 2007/2009/2013
Fonte: Sondaggi 2007, 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano
Imm. 3 Influenza marginale dell partecipazione della Chiesa al dibattito pubblico su appartenenza maggioranza
2007/2009/2013
Fonte: Sondaggi 2007, 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano
Dopo aver osservato come le preferenze di policy siano buoni esplicatori sia della collocazione dei
delegati sull’asse sinistra/destra che della decisione di sostenere una piuttosto che un’altra
mozione congressuale dal 2007 ad oggi, diventa rilevante ai fini di questo nostro scritto osservare
quali siano le dimensioni maggiormente rilevanti all’interno del PD e quali posizioni abbiano
assunto le differenti mozioni nello spazio politico da esse generato. Ridurre a 2 assi le preferenze
che sono state indagate attraverso numerosi items permette di comprendere
in maniera
10 appropriata (e semplificare dal punto di vista grafico ed esplicativo) quali siano i cleavages più
rilevanti sui quali le differenti fazioni del Partito Democratico si sono collocate negli anni.
Considerando le variabile già utilizzate in precedenza per indagare le determinanti dello spazio
politico interno del Partito Democratico, andremo ad effettuare un’Analisi delle Componenti
Principali, così da trovare le due principali dimensioni latenti utili a definire la collocazione delle
mozioni congressuali che si sono sfidate sin dal 2007 e, conseguentemente, a comprendere se
effettivamente sia riscontrabile un ricollocamento più moderato a seguito dell’elezione di Matteo
Renzi a segretario.
Imm. 4 Collocazione Mozioni PD 2007/2013 su dimensione etica ed economica
Fonte: Sondaggi 2007, 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano
La varianza spiegata dai due fattori latenti (a fronte di dieci variabili manifeste) è del 44,46%, a
fronte di un rendimento di 2,22. Poiché il rendimento ottenuto a fronte dell’indagine svolta è
superiore a 2 (Ricolfi 1987), i risultati ottenuti possono essere considerati soddisfacenti in quanto
«i benefici ottenuti sono più che doppi rispetto ai costi sostenuti. Un tale rendimento è auspicabile
indipendentemente dalla percentuale di varianza spiegata e dal numero di fattori estratti» (Albano
2006).
I risultati forniti dall’analisi statistica consegnano lo spazio rappresentato in Figura 5. Essa ci
permette di ottenere, quindi, una conferma di quanto avevamo già in parte ipotizzato e
11 riscontrato attraverso l’analisi di regressione binomiale riportata poco sopra, ovvero un sensibile
smarcamento verso posizioni più moderate sulla dimensione economica da parte dell’attuale
segretario. L’unica fazione che precedentemente aveva esplicitato una posizione simile a quella
assunta attualmente da Renzi rispetto alle questioni che attengono il libero mercato e la gestione
delle relazioni sindacali/industriali era stata la componente cattolico-liberale che aveva deciso di
sostenere Enrico Letta durante le primarie del 2007. Nonostante quindi la posizione di Renzi
non si possa considerare una novità all’interno del PD, è però fondamentale osservare che tra i
risultati ottenuti dalle due candidature alle primarie vi è una differenza in termini di voti di oltre il
55%.
Per quanto l’elezione di Renzi come segretario sia stata certamente indotta anche da un
ragionamento di tipo controfattuale successivamente all’esito del voto (Barisione & all 2014)
delle elezioni politiche, fattore che ha permesso all’allora Sindaco di Firenze di incentrare la
competizione delle primarie più che altro sulla propria figura e non sulle questioni di policy
(Pasquino & Valbruzzi 2014), l’elemento che più desta stupore e risulta essere particolarmente
rilevante è la distanza tra la collocazione della mozione renziana rispetto alle passate
maggioranze. Difatti, sia Veltroni (a differenza di quanto emergeva dall’autocollocazione), che
Bersani mantennero una posizione mediana, posizione che permetteva loro (nonostante avessero
una maggioranza assoluta all’interno di tutti gli organi) di discutere ed approvare le linee guida
delle proposte politiche in maniera più consensuale possibile. Al contrario del passato, quindi,
Renzi evidenzia una collocazione certamente non mediana e particolarmente distante da quelle
delle altre due mozioni presentatesi al congresso di fine 2013.
Difatti, il 68,1% dei delegati che compongono la maggioranza interna mostra preferenze promarket piuttosto che pro-labour, sottolineando come l’influenza dei sindacati, la tassazione per
possedere maggiori servizi e l’intervento dello stato in economia siano comportamenti non
condivisibili. E questo a differenza delle maggioranze precedenti che invece si riconoscevano in
posizioni pro-labour: il 59,5% di quella che sosteneva Bersani ed il 59% di quella eletta nel 2007
sostenevano la rilevanza di simili convinzioni (Fasano 2009; 2010).
Il secondo cleavage che l’Analisi delle Componenti Principali evidenzia come rilevante per definire
la collocazione delle mozioni congressuali in uno spazio politico bidimensionale è la frattura
etico/religiosa, in grado di discriminare tra posizioni più liberali (pro choice) e collocazioni più
paternaliste (pro life). Rispetto a quest’ultima dimensione, la maggioranza attualmente in carica nel
Partito Democratico evidenzia una preferenza politica in continuità con quelle adottate dalle
precedenti segreterie. Essa però permette di sottolineare come sia in atto un processo di
progressivo avvicinamento a posizioni più conservatrici. Difatti, la maggioranza Veltroniana nel
12 2007 risultava, tra le tre mozioni che si erano presentate davanti all’elettorato, la più liberale, in
quanto Bindi e Letta si collocavano su posizioni sensibilmente pro-life. Difatti, dicotomizzando
sulla media ciascuna mozione, si riscontra che il 63,4% dei delegati eletti nelle liste a sostegno di
Veltroni evidenziavano un orientamento pro-choice, mentre il 55,4% ed il 68,8% dei delegati
sostenenti, rispettivamente, Bindi e Letta evidenziavano preferenze più paternaliste, ovvero prolife (Fasano 2009).
Con l’elezione a segretario di Bersani si è invece assistito ad una maggiore moderazione delle
preferenze della maggioranza PD, moderazione certamente influenzata dal sostegno al segretario
da parte dei precedenti sfidanti di Veltroni. Infatti, solamente il 56% dei delegati appartenenti alla
maggioranza rivela posizioni liberali circa le questioni etico/morali. Considerando che le
minoranze rappresentate da Marino e Franceschini mostravano tendenze rispettivamente
posizioni pro-choice (con il 79,4%) e pro-life (con il 53,7%d), Bersani risulta così mediano anche
rispetto a questa seconda dimensione.
Il trend che si è potuto evidenziare nelle prime due Assemblee Nazionali viene completamente
confermato dall’elezione di Renzi (Fasano & Martocchia Diodati 2014), che grazie al 66,9% della
propria maggioranza su posizioni paternaliste evidenzia una propensione a politiche più
conservatrici su questioni etico/morali rispetto alle due minoranze: il 78% dei delegati che hanno
sostenuto Civati alle primarie ed il 52,2% dell’opposizione interna facente riferimento a Cuperlo
mostrano preferenze liberali circa le questioni etiche.
I valori come bussola di riferimento
Dopo aver osservato il riposizionamento delle anime interne (e principalmente delle maggioranze
che hanno governato il partito dal 2007) rispetto allo spazio politico ideologico e di policy, è utile
osservare quali differenze (ove ve ne siano) sono riscontrabili tra le preferenze della maggioranza
di Bersani e quella di Renzi circa le questioni di stampo politico-psicologico, e quindi, in primo
luogo, quelle concernenti i principali valori a cui dovrebbe ispirarsi l’organizzazione.
Nonostante questi ultimi siano stati considerati da differenti prospettive teoriche afferenti a
diverse discipline, faremo in questo caso riferimento ai valori come «convinzioni, relativamente
stabili, circa modi ideali e desiderabili di agire o essere, scopi motivazionali che guidano il
pensiero e il comportamento in vari ambiti della vita» (Catellani & Milesi 2010). Sin dal 1992 con
il lavoro pioneristico di Schwartz, la psicologia politica ha spesso preso in considerazione i valori
come una delle variabili esplicative del voto e della partisanship (Catellani & Milesi 2010;
Vecchione & all 2010). Nelle sue ricerche in più di sessanta paesi, lo studioso ha individuato dieci
13 valori principali: universalismo, benevolenza, tradizione, conformismo, sicurezza, potere,
successo, stimolazione, edonismo e autodirezione 7. La struttura dei valori di Schwartz delinea
due principali dimensioni lungo la quale i valori possono essere rappresentati:
•
conservazione/apertura al cambiamento, ovvero la contrapposizione tra il desiderio di
indipendenza e quello di conformità alle norme sociali e a quelle della tradizione;
•
autoaffermazione/autotrascendenza, quindi la dicotomia “impegnarsi per il benessere
collettivo” e “ricerca del successo personale e del predominio sui propri simili.
Diverse ricerche hanno dimostrato come la dimensione autoaffermazione/autotrascendenza sia
quella maggiormente in grado di spiegare il comportamento politico e l’autocollocazione sul
continuum sinistra/destra degli individui. Infatti, «gli elettori del centrodestra presentano punteggi
superiori nel potere e nella sicurezza rispetto agli elettori di centrosinistra, che invece presentano
punteggi superiori nell’universalismo e nella benevolenza» (Vechione & all 2010, p. 231).
La struttura dei valori di Schwartz e la dicotomia autodirezione/autotrascendenza riporta al
cento del nostro studio la distinzione tra interessi individuali e perseguimento del successo e del
potere da un lato, e interessi sociali e perseguimento del benessere sociale dall’altro. Al fine di
ricostruire uno spazio valoriale nel quale fosse possibile collocare le differenti anime del Partito
Democratico nel 2009 e nel 2013 tale che richiamasse la struttura dei valori di Schwartz, si è
provveduto a costruire due continuum in grado di misurare simili propensioni.
L’asse dei Valori Individuali contempla il grado d’importanza che i delegati hanno attribuito a
valori quali la competizione, il mercato e il merito. La dimensione costruita sui Valori Collettivi si
basa invece sull’importanza data a valori quali l’eguaglianza, il pacifismo e le pari opportunità.
Tab. 4 I valori nel PD
Priorità valoriale
Pari
Eguaglianza
Pacifismo
opportunità
Merito
Competizione
Civati
71,74
2,17
8,70
10,87
4,35
Cuperlo
64,29
0,00
14,29
19,05
0,00
Renzi
34,98
5,42
10,34
45,81
1,48
Bersani
64,41
0,00
8,47
25,42
1,69
Franceschini
40,91
4,55
18,18
36,36
0,00
Marino
38,89
0,00
27,78
27,78
5,56
Fonte: Sondaggi 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano
Mercato
2,17
2,38
1,97
0,00
0,00
0,00
Non è possibile in questo caso approfondire descrivendo ciascun valore, si rimanda quindi per un
approfondimento ai testi citati nel testo.
7
14 Osservando inizialmente le preferenze espresse dai delegati nei termini di priorità, risulta
evidente come siano presenti sostanziali differenze nella percezione delle priorità tra le mozioni.
Rispetto a tutte le altre mozioni, l’attuale maggioranza democratica reputa parimenti rilevanti
valori quali l’eguaglianza, le pari opportunità e il pacifismo. Infatti, rispetto alla maggioranza di
Bersani (che il 72,88% sostiene che la priorità sono i valori collettivi), il 49,26% dei delegati che
sostengono Renzi valuta come prioritari valori quali il merito, la competizione ed il mercato.
Se si prende poi in considerazione la moda nella distribuzione di preferenze dei delegati che
hanno sostenuto i differenti candidati alla segreteria si osserva una evidente differenza di
percezione tra quanti sostengono l’attuale segretario e gli altri delegati. Il valore che viene
reputato come la principale priorità dalla fazione attualmente dominante nel Partito Democratico
è difatti il merito, a differenza di tutte le altre mozioni che hanno ritenuto l’eguaglianza il valore
più rilevante. Appare così evidente come vi sia una sostanziale dicotomizzazione tra l’attuale
fazione dominante e il resto del partito, sia rispetto all’opposizione attualmente eletta che rispetto
alle mozioni presenti nel 2009.
Questo è d’altronde osservabile in misura più dettagliata ed intuitiva se si prende a riferimento lo
spazio costruito sulle due dimensioni “valori collettivi” e “valori individuali”.
L’Immagine 5 consegna una ulteriore ed ultima evidenza di come il passaggio politico avvenuto
nel dicembre 2013 abbia comportato una sensibile moderazione del posizionamento della
maggioranza Partito Democratico. Difatti, nonostante i delegati esprimano valori di consenso
particolarmente elevati su entrambe le dimensioni, è possibile osservare una tendenza lineare
nella collocazione delle mozioni rispetto ai due continuum valoriali considerati. Se posti in
confronto con la mozione Bersani, infatti, i delegati che sostengono l’attuale Presidente del
Consiglio dimostrano una maggiore propensione a valutare rilevante la dimensione dei valori
individuali, ponendo così particolare accento sul merito, la competizione ed il mercato piuttosto che
sull’eguaglianza, le pari opportunità ed il pacifismo.
Difatti, su tale dimensione, Bersani mantiene una posizione mediana rispetto alle due mozioni
che nel quadriennio 2009-2013 componevano l’opposizione interna, alla pari di quanto era già
stato possibile rilevare riguardo all’asse economico nel paragrafo precedente.
Contrariamente, la maggioranza dell’allora sindaco di Firenze mostra una tendenza individualista
rispetto alla rimanente parte dell’Assemblea, collocandosi in una posizione estrema sia in
funzione dei valori individuali che dei valori collettivi.
15 Imm. 5 Collocazione su Valori Collettivi ed Individuali, Mozioni 2009/2013
Fonte: Sondaggi 2009, 2013, Dipartimento Studi Sociali e Politici, Università degli Studi di Milano
L’evoluzione di posizionamento riscontrato sia per quanto concerne l’autocollocazione che le
dimensioni di policy e quelle valoriali lasciano così intendere come, a seguito dell’elezione di
Matteo Renzi a segretario, il Partito Democratico abbia continuato quel percorso di progressiva
moderazione della proposta politica in parte già iniziato con la segreteria Bersani. La valutazione
del merito come valore più rilevante ed il posizionamento nello spazio rappresentato in Figura 6
permettono così di sostenere come, a fronte del successo elettorale ottenuto sia alle primarie che
alle elezioni europee, per il Partito Democratico si sia aperta una nuova possibilità di
istituzionalizzazione, di ridefinizione del pantheon valoriale e delle prospettive più prettamente
politiche. Prospettive che, come i dati consegnano, risultano protese verso il centro dello spettro
politico, abbandonando così su alcune issues quelle certezze socialdemocratiche e
cristianodemocratiche che hanno caratterizzato i primi sei anni di vita dell’organizzazione.
Una nuova leadership
L’ultimo aspetto che è utile considerare in questo frangente per delineare il cambiamento
dell’offerta politica del Partito Democratico tra le elezioni politiche dello scorso anno e quelle
europee del passato giugno è quello relativo alla figura del leader, in grado di impersonificare le
16 posizioni politiche del partito e che, in un’ottica di campagna elettorale permanente (Blumenthal
1980), è sempre più decisiva nelle scelte elettorali dei cittadini.
Dopo aver affrontato le tematiche posizionali grazie alle quali è stato possibile osservare
l’evoluzione della collocazione della maggioranza reggente il PD negli anni, è ora necessario
introdurre il tema delle valence issues al fine di comprendere la rilevanza della leadership nella
prospettiva da noi adottata in questo paragrafo.
Secondo Donald Stokes (1963), che fu il primo ad introdurre il concetto di valence politics in un
articolo/risposta alla ricerca di Downs (1957), i partiti politici non competono esclusivamente su
temi posizionali, quanto invece anche grazie a argomenti su cui vi è un generale accordo da parte
dell’elettorato e delle forze politiche tutte. In questo senso, quindi, le scelte degli elettori sono
determinate non solo dalla vicinanaza/lontananza rispetto al posizionamento di un partito, ma
anche dai quei fattori che semplicemente creano un collegamento tra le organizzazioni politiche
ed alcune condizioni valutate positivamente o negativamente dall’elettorato (Stokes 1963, p.373).
Se di conseguenza i partiti prendono posizione su temi quali quelli riportati in precedenza
(matrimoni omosessuali, eutanasia, influenza della religione nella vita pubblica, eccessivo potere
dei sindacati, aumento delle tasse per maggiori servizi) e rispetto a tali variabili si distinguono l’un
l’altro cercando di occupare posizioni strategicamente convenienti dal punto di vista elettorale,
rispetto alle valence issue non è possibile mettere in atto simili strategie. Riguardo a problematiche
come la crescita economica, la diminuzione del crimine, la difesa nazionale (Clark 2004) tutti i
partiti hanno infatti convenienza a mantenere le stesse posizioni (più crescita economica, più
sicurezza per la nazione), così che per acquisire un vantaggio elettorale è necessario competere
sulla credibilità del partito o del leader nel sostenere simili questioni (Curini e Martelli 2010).
E secondo questa prospettiva, uno degli aspetti decisivi (anche se non l’unico) per ottenere un
vantaggio rispetto a valence issues sono appunto i tratti caratteristici del leader e la fiducia che viene
in loro riposta.
Prima di prendere in considerazione e confrontare le caratteristiche personali dei due leaders è
però importante soffermarsi su quali motivazioni hanno spinto i selettori ad eleggere candidato
premier nel 2012 Bersani e nel 2013 Renzi. Questo permette di comprendere non solo quali
aspettative gli elettori democratici riversavano nelle due personalità, quanto anche quale tipologia
di rapporto si è instaurato tra la figura del leader e la sua costituency di riferimento.
I dati raccolti da Candidate & Leader Selection nelle due occasioni (le primarie di Italia Bene
Comune del 2012 e quelle congressuali democratiche del 2013) rendono evidente come in
entrambe le occasioni, il leader vincente la competizione interna sia stato premiato
prevalentemente grazie alle proprie caratteristiche personali.
17 Per quanto Bersani abbia impersonificato una leadership collettiva (sintetizzata attraverso le
sfortunate metafore de “la ditta” e “la bocciofila”) durante tutto il periodo della propria
segretaria e della sua candidatura a premier, nel 2012 i selettori hanno preferito la sua immagine a
quella degli altri candidati in funzione delle sue caratteristiche personali e della convinzione che
egli fosse la personalità adatta per vincere contro il centrodestra, governare l’Italia e
rappresentarla in Europa.
Risulta però sorprendente come Renzi, che dai media era stato accreditato come “la figura” in
grado di aprire a nuove tipologie di elettorato, è stato preferito (sempre nel 2012) dai suoi elettori
prevalentemente per le proprie posizioni politiche e valoriali più che per le proprie caratteristiche
personali.
Entrambe le ricerche, condotte ad un anno di distanza, hanno fornito risultati simili, utili ad
evidenziare una situazione identica (seppur con attori differenti) e la rilevanza degli aspetti nondi-policy nella selezione dei candidati, come d’altronde ampia letteratura sulle primarie americane
dimostra.
Se si osservano le motivazioni che hanno portato i simpatizzanti democratici a votare per Renzi,
Cuperlo o Civati nel dicembre 2013 si denota infatti come, al pari dell’anno precedente, il
candidato che ha vinto la competizione, al contrario dei suoi sfidanti, ha scontato un vantaggio
rilevante grazie alle proprie caratteristiche personali piuttosto che per la linea politica.
Imm. 6. Rilevanza policy/candidato per scelta selettori
40 20 20 0 0 Tutti Policy Civati Renzi Candidate Cuperlo Policy Tutti 60 40 Renzi 60 Vendola 80 Puppato 80 Tabacci 100 Bersani 100 Candidate Fonte: sondaggi Candidate & Leader Selection 2012, 2013
Prendendo ora in considerazione le opinioni dei delegati all’Assemblea Nazionale Democratica
eletti nel 2009, appare però come il primo e principale compito per il Segretario sia quello di
consolidare l’identità del partito stesso (secondo il 62,9% dei delegati) piuttosto che costruire
alleanze per poter vincere le elezioni successive. A tre anni di distanza, invece, nel momento in
18 cui Matteo Renzi si è insediato alla segreteria del Partito Democratico, la maggioranza dei
dirigenti (il 57,4%) del più ampio organo del PD ha ritenuto che Renzi dovesse concentrarsi
prevalentemente sull’effettuare proposte concrete per vincere le prossime elezioni piuttosto che
impegnarsi in un’opera di consolidamento identitario dell’organizzazione.
Se la figura di Bersani era percepita prevalentemente dai dirigenti di partito come quella utile e
necessaria a completare quel processo di istituzionalizzazione necessario e non concluso (Fasano
2010; Fasano Martocchia Diodati 2012), quella di Renzi al momento dell’elezione a segretario
democratico era già percepita come figura spendibile sul piano elettorale. È a fronte della
differente tipologia di affidamento che delegati e selettori hanno riposto in Bersani e Renzi, che è
ora utile considerare le valutazioni circa i tratti di personalità che hanno espresso gli elettori sui
leader presenti sulla scena politica in differenti momenti.
Recenti ricerche (Garzia 2014; Catellani Alberici 2012), infatti, ponendosi in contrasto con parte
della letteratura sul tema (Curtice e Holmberg 2005; King 2002), dimostrano come i tratti e le
caratteristiche delle leadership sono capaci di influenzare le scelte di differenti tipologie di
elettorato.
Se la rilevanza della leadership nella determinazione di un successo elettorale è ancora sfera
dibattuta all’interno delle comunità scientifiche, secondo la ricerca psicosociale gli individui
colpiscono maggiormente l’attenzione in funzione di due grandi dimensioni: quella dell’azione e
quella della comunione (Catellani 2011).
Le ricerche politico psicologiche sull’importanza della leadership conseguentemente si sono
focalizzate su queste due grandi caratteristiche, ulteriormente suddivisibili nella sfera dell’energia,
della competenza, dell’empatia e dell’onestà. La condizione dei leader del centrosinistra è stata
sempre caratterizzata da un’elevata onestà, empatia e competenza (ad eccezione di Rutelli), a
differenza della leadership di Berlusconi, che si è sempre contraddistinta per una elevata energia,
seppur a discapito dell’onestà. Le ricerche condotte negli anni sul caso italiano (si veda Barisione
& Catellani 2008; Barisione & all 2013) hanno confermato come la necessità di una leadership
forte ed energica sia una richiesta particolarmente importante da parte dell’elettorato e come tale
caratteristica sia in grado di incidere sostanzialmente sui risultati elettorali. Fattore da aggiungere
per comprendere a pieno la rilevanza di tale tratto di personalità nella decisione di voto degli
elettori è certamente la condizione economico-sociale in cui ha versato il paese negli ultimi anni
ed al momento delle elezioni, condizione caratterizzata da un aumento dell’incertezza rispetto al
futuro dell’economia statale. Se consideriamo infatti che «quando l’incertezza diventa per le
persone una percezione dominante l’obiettivo primario di molte scelte può essere proprio quello
di ridurre l’incertezza, (…) un modo di raggiungere questo obiettivo rispetto alla scelta di voto può
19 essere quello di scegliere il candidato che ci appare più deciso, più determinato, più abile nel
comunicare in modo diretto, semplice ed efficace la propria intenzione di risolvere i problemi del
paese» (Barisione & Catellani 2008, p. 146-147). Se quindi il tratto energetico acquista rilevanza
in simili condizioni, esso risulta decisivo nel caso in cui ampia parte della competizione elettorale
sia giocata su valence issue.
Alla stregua di quanto osservato in precedenza, anche rispetto ai tratti della leadership è possibile
rilevare marcate differenze tra l’offerta democratica impersonificata in Bersani nel 2013 e quella
rappresentata da Renzi nel 2014.
Tab. 5 Tratti personali dei leader
2013
Energia
Competenza
Grillo
68
41
Bersani
35
71
Monti
35
80
Berlusconi
83
62
2014
Berlusconi
72
69
Alfano
39
63
Letta
54
80
Renzi
82
84
Fonte: per i dati 2013 ITANES(2014); per i dati 2014 De Sio (2013)
Empatia
67
56
31
43
Onestà
62
68
64
22
38
40
54
77
25
55
72
82
Come è possibile osservare in Tabella 58, quindi, i due leader si distinguono sensibilmente su tutti
e quattro i tratti di personalità, evidenziando come rispetto a tutte e quattro le variabili Renzi
mantenga un vantaggio rilevante in termini di apprezzamento della propria figura. A fronte di
simili risultati e se si tiene presente come la richiesta di una leadership energica sia una necessità
riconosciuta (durante le elezioni politiche del 2013) dall’86% dell’elettorato (Barisione & all 2014)
è possibile comprendere un ulteriore fattore utile a spiegare la differente performance del Partito
Democratico durante le elezioni europee rispetto a quella avuta nelle politiche.
Conclusioni
I quattro fattori che abbiamo considerato per descrivere l’evoluzione dell’offerta politica del
Partito Democratico tra le elezioni politiche dell’anno scorso e quelle europee appena tenutesi
Va in questo caso sottolineato, per correttezza metodologica, come le rilevazioni effettuate da ITANES si siano
svolte successivamente alle elezioni, con la probabilità, quindi, che i valori consegnati abbiano subito un bias in
funzione del risultato delle elezioni oramai noto agli intervistati, mentre i dati relativi i leader presentatisi alle elezioni
europee sono stati rilevati dal CISE nel dicembre 2013, quindi quando Renzi non era ancora divenuto Presidente del
Consiglio (ma non aveva ancora varato la misura degli “80 euro”).
8
20 permettono di evidenziare come, rispetto al passato, l’elezione a segretario del partito di Matteo
Renzi abbia comportato significative trasformazioni dell’orizzonte ideologico e valoriale
dell’organizzazione. Se osservate complessivamente, le differenze evidenziate rispetto
all’autocollocazione dei delegati di maggioranza, alle preferenze in termini di policy e di valori, ci
consegnano l’immagine di un partito che si scopre il 9 dicembre 2013 molto più moderato e
liberale rispetto al passato, conservando però quel permanente ancoraggio agli orizzonti
ideologici proposti dalla socialdemocrazia europea. Le posizioni pro-market che si riscontrano
considerando le preferenze di policy dei delegati di maggioranza all’Assemblea Nazionale,
unitamente alle priorità che rivestono per questi ultimi i valori individuali, confermano (ed in
parte rafforzano) l’ulteriore moderazione dell’offerta politica che si è avuto modo di rilevare
considerando il continuum destra/sinistra. Ad esso va aggiunto l’ultimo aspetto che abbiamo
considerato nelle pagine addietro, ovvero il rafforzamento della leadership, percepita dagli
elettori non più solamente come onesta e competente, quanto invece anche come
particolarmente energica, soprattutto se confrontata con le altre figure attualmente presenti sulla
scena politica.
Quattro aspetti che, secondo le due differenti scuole di pensiero a cui abbiamo fatto riferimento
nel testo, risultano decisivi nel mercato elettorale e che hanno contraddistinto questo nuovo
capitolo del Partito Democratico, oltre che, presumibilmente, permesso all’organizzazione di
vincere per la prima volta una competizione su scala nazionale.
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