PAROLE BIMESTRALE DI POESIA PROSA E DIALETTO SETTEMBRE – OTTOBRE 2014 ANNO XVIII N° 4 "Notturno emiliano", di Maurizio Caruso, Bologna 2014, acrilico su tela, cm 50xcm70 "Notturno emiliano", di Maurizio Caruso, Bologna 2014, acrilico su tela, cm 50x70 LABORATORIO DI PAROLE Circolo La Fattoria BOLOGNA O O o o o o o o o o o o o o o Verso il 23° di Oscar De Pauli “Il Poeta del mese”: Ermanno Krumm, a cura di Rosalba Casetti Incipit: “possa la voce della mente” da una poesia di Ermanno Krumm Articolo di fondo di Oscar De Pauli Visti da Francesco Montori Un ricordo per Maria Luisa Spaziani di Mirella Gresleri Scheda di lettura, a cura di Anna Maselli Poetesse e poeti di Marina Sangiorgi Pagine delle traduzioni Le “pâgine dal dialàtt”, a cura di Viviana Santandrea Incontri, a cura di Angela Falcucci Il racconto: “Libri” di Rosalba Casetti, a cura di Valeria Bragaglia Giochi, indovinelli ed altro ancora di Sandro Sermenghi Il “Laboratorio in trasferta” a cura di Angela Falcucci Il “Laboratorio in compendio” a cura di Giovanni Vannini Anno 2014: ventiduesimo anniversario del Laboratorio di Parole Appuntamenti: Sabato 8 e domenica 9 novembre Crocevia di poesia. Programma: sabato 8 novembre: ore 10:00 - 13:00 accoglienza ospiti. ore 13:30 buffet offerto dal Laboratorio di Parole nel salone del Circolo; ore 15:30 intrattenimento musicale, letture dei poeti partecipanti, interventi del Prof. Gianfranco Lauretano che conferirà su “Osip Mandel’stam e la poesia russa” e del Prof. Jonathan Sisco che parlerà della “poesia in Italia tra gli anni ’70 e ’80 del Novecento”. Pause musicali con la pianista Antonella Belli ed esibizioni dei Maestri della scuola di Tango Argentino del Circolo La Fattoria; ore 21,00 cena al Ristorante del Circolo (€ 15,00). domenica 9 novembre: ore 9,00 ritrovo al Circolo La Fattoria, visita guidata al “Museo della Storia di Bologna”; ore 13:00 pranzo al “Mercato di Mezzo”; Giovedì 4 dicembre presso la Biblioteca Comunale Luigi Spina, via T. Casini 5, alle ore 17:30, in collaborazione con Estro versi Associazione culturale, presentazione del libro I due volti della Medusa di Angela Falcucci Edizioni le parole Modena 2014. Interverranno Jonathan Sisco e Cinzia Demi. Abbonamento annuale 5 numeri € 15,00. Una copia € 4,00. Tessera ARCI 2015 € 11,50 Iscrizione 2014 al Movimento Difesa del Cittadino € 1,00 Registrazione Tribunale di Bologna N° 8044 del 18/02/2010 Direttore responsabile Primo Mingozzi Redazione: Anna Maria Boriani, Oscar De Pauli, Nadia Minarelli, Gabriella Penzo, Viviana Santandrea, Giovanni Vannini.. Stampa: Copisteria Asterisco snc. Pubblicazione a diffusione interna del “Laboratorio di Parole”. Proprietà Via Pirandello, 6 - 40127 BOLOGNA - Tel. 051 505117, Fax. 051 6333781, Bar –Bistorante 051 511807 E mail [email protected] Sito internet: www.circolofattoria.it P. IVA 02552140374 C. FISCALE 80066910375 Editoriale Giovedì 18 settembre, alle ore 15:30, sono ripresi gli incontri dal Laboratorio di Parole per l’anno accademico 2014 – 2015. Con questa ripresa il Laboratorio s’incammina per arrivare nel mese di aprile 2015 al suo ventitreesimo anniversario. Ventitré anni non sono pochi per un gruppo che si occupa di poesia da appassionati e con continuità. Oltre alla Poesia è il piacere della compagnia e della socialità che determina il notevole numero di presenze a tutti gli appuntamenti settimanali, con una media di 22/persone su una cinquantina di iscritti. La “scaletta” dei nostri giovedì poetici è ampiamente collaudata perché garantisce una accettabile organizzazione e dà la possibilità a tutti i presenti di leggere i propri testi. Nel “giro” delle letture gli interventi critici e le discussioni sono sempre numerose e pertinenti, contribuendo così alla comprensione delle poesie, delle ispirazioni e delle tecniche degli autori. Ciò porta a un arricchimento che si evidenza nel livello qualitativo in continuo miglioramento. La persistenza della nostra formula, informazioni e giro di letture, ha una valenza positiva che si rafforza realizzando dei confronti con altri gruppi poetici più o meno longevi. Il Laboratorio di Parole non ha pretese di fare scuola, moda o tendenza. Non è salotto letterario ma un luogo aperto e libero dove tutti possono partecipare per fare poesia, cultura e per socializzare. L’età media dei membri del Laboratorio è alta ma, come sempre, cerchiamo ed accettiamo scambi di esperienze e confronti con tutti, siano essi singoli, gruppi o Associazioni. Vogliamo continuare a coltivare i decennali rapporti con tutte le altre realtà poetiche, con i professori e le personalità con cui abbiamo avuto la fortuna di collaborare e di godere dei loro contributi. In questo anno accademico ai nostri incontri mensili di approfondimento, il 1° giovedì del mese, oltre al prof. Jonathan Sisco saranno invitati anche altre personalità del mondo poetico e letterario. Forse è scontato affermare che i giovani con la loro vitalità e freschezza sono sempre i benvenuti nel Laboratorio, ma un affettuoso benvenuto va indirizzato ai nuovi (giovani e non) che si sono aggregati recentemente. Anche le idee nuove sono le benvenute, come quella concretizzata da giovedì 25 settembre da un gruppo di soci che, dopo l’incontro canonico, si trovano nell’adiacente bar-ristorante per approfondire alcuni temi emersi nella riunione appena conclusa. La nostra rivista PAROLE, deve continuare a raccogliere e pubblicare tutti i contributi dei soci del Laboratorio e dei suoi abbonati, nonché di quanti sono disponibili ad intervenire per informare, approfondire e analizzare temi letterari e/o di rilevanza sociale. Ritengo che la parola inclusiva sia quella più appropriata per caratterizzare il nostro periodico. Con questa linea editoriale si trasmette l’autentica anima del Laboratorio di Parole che va verso il suo 23° anno di attività. Oscar De Pauli 1 Il poeta del mese: Ermanno Krumm a cura di Rosalba Casetti Nasce a Golasecca (Varese) nel 1942 da padre pittore, vive e lavora a Milano. Muore a Como nel 2005. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Le cahier de Monique Charmay (1987), Novecento (Einaudi, 1992), Felicità (Einaudi, 1998 ), Animali e uomini (2003), Respiro (Mondadori, 2005). È stato saggista, traduttore e critico d’arte del “Corriere della sera”. La poesia di Krumm parte da rilievi e dati minimi, da singoli eventi per caricare via via ogni parola di tensione e di spazio, è popolata da una molteplicità di personaggi e animali che condividono lo stesso giorno, lo stesso cielo. Dal primo libro all’ultimo Respiro del 2005, anno della morte, il poeta si è andato liberando dei richiami ai saperi di ordine estetico e linguistico per approdare a uno stile essenziale, nitido, una lingua per ricordare e preservare e dire il tragico dell’esistenza. L’ultimo libro Respiro è un depositarsi dell’esperienza vissuta, brulicante di persone e animali, guardate dalla lontananza di un libro dell’addio. Da Novecento: Bilder Arriva Magritte e vede l’esplosione: è perfetta, esattamente questo il quadro, la cornice vede Hölderlin il quadro visibile, il suo perfetto di cerotto il ventilatore che ruota all’acquario di Marussig, coi segnolini rosso [azzurri. Ma coi pesci ciò che è immerso staziona. Da Novecento Così dalla bruma si salda la stagione di foglie nuove, oggi che mi rincresce sia come inverno e non ronzino che i fogli, che la mosca non vada e venga, [oggi che io ci sono minuto o secolo: è il salto finale del mondo, il generale osso di balena vecchio ventre che spazia sul capo. Esce il tasso sul pipistrello e a trombe spiegate simula un colpo, un lampo. Io non faccio che tenere uno strano equilibrio in quest’assedio finché non si porta un rafalo acuto quest’esercito d’insetti e verdi infiniti alberi e foglie. Da Felicità Un vento senza nuvole solleva lo sporco dei campi: terra e cielo, nient’altro. Ma il vecchio mulino spinge: è finito il tempo e tira tutto fuori quadro. Nessun pensiero nessuna parola: da sei settimane guardo questa immagine di Soutine e non vedo che la pagina con il post-it, la stessa parete di là dai vetri e tutto che poco alla volta affonda, tra cose mai viste in Paradiso. 2 Il poeta del mese: Ermanno Krumm a cura di Rosalba Casetti Da Felicità : Nevicata E c’era la macchia sgranata contro il cielo a fare imperfezione nel cristallino, Da Respiro Possa la voce della mente arrestarsi e col suo capellino d’aria millenaria inchiodarsi il pianeta: pochi grani e pareva non fosse mai stata così raggiante l’aria, spessa più della polvere a Rosignano Solvay, sporca più che in una via di Milano, ammiro, nel movimento le cose ferme come l’opera scrosciante del mare, onde e onde nello stesso punto, immobili. Da Respiro: ricordando un affresco del Pinturicchio nella libreria Piccolomini. Da qualche parte l’alba imporpora un ramo, due uccelli si rincorrono e il vento a un lupo arruffa il pelo. La guardo, nell’ombra lei riposa. c’era più luce, lì, in un’arancia che in tutti i lampioni della città. Da Felicità: Realismo ingenuo È un giorno che qui ci sono mille fruscii: tengono seduta perché è grigio fuori e mandano me avanti. - Fruga tu, mi dicono. Scalda questo giorno nemico dei rami che si spogliano - Non so se questo è l’assoluto dell’amore, ma penso che anche noi come i due soavi uccelli sopra l’unico cipresso alzato sul mare potremmo, indenni, superare la distanza. Da Respiro A tratti congiunti vanno i fari delle auto, i due punti uniti che non sono mai stati né i suoi né i miei genitori, come due ragazzi, a braccetto: come le nostre fedi, le piccole fedi nel fuoco dell’immagine toccano più che nomi cose, acacie o rami, cose rare e lontane ma monumenti vivi e pieni di luce. io pesce preso per sfinimento, cane col campanello alla coda, lei, lampada, piano di lavoro, mensola, morbido del letto e azzurro all’alba, col cielo dentro. Da Respiro A letto ti voglio sempre dallo stesso lato non perché sia quello che preferisco del corpo e del volto, ma perché come i rami di un vegetale pendo verso la luce da quella parte e a vederti mi sporgo con gli occhi della giovinezza. Da Respiro: Egadi Non ci sono scie di barche attorno alle isole, né smagliature nell’inumana desolazione della mente ma cose che possono anche apparire quali realmente sono: deserti, solitudini, milioni d’anni e nulla da temere. INCIPIT: possa la voce della mente 3 Incipit Possa la voce della mente Parlarmi ancora Come faceva - lontana - un tempo. Possa la voce della mente, la mia, ogni tanto tacere e ridare al bambino che era l’etere tolto alle parole di ieri. Margherita Lollini Erano libere voci, allora, un tempo plasmato di sogni ogni volta bambini, ancora. Possa la voce della mente convincere gli uomini alla pacifica convivenza. Giampietro Calotti Elio Manini Possa la voce della mente urlare a tutta l’umanità che siamo figli del medesimo e infinite varianti DNA in questo mondo di guerre infinite. possa la voce della mente soffermarsi su cose che paiono reali e scaldano questo giorno come un sorriso smarrito Gabriella Penzo Luigi Cuoco Possa la voce della mente tacere, [lasciare una bianca pagina tutta da scrivere. Possa la voce della mente guidare il mio percorso lungo i meandri alberati della vita grondanti luci ed ombre gioie e gemiti. Rosalba Casetti Possa la voce della mente Tacere un attimo Dare respiro al cuore Eleonora Cruciani Possa la voce della mente quieta affiorare. Viviana Santandrea Possa la voce della mente mai essere impotente o svuotata dal niente. Angela Falcucci Aurelia Tieghi Possa la voce della mente essere l’erba sempre verde dell’universo. Possa la voce della mente sostituirsi alla mano e condurmi abile al foglio, ove imperativo sia il segno. E che esso sia sublime e superbo. Rosy Giglio. Anna Zucchini 4 Incipit Possa la voce della mente arrivare ai cuori di dura costituzione. Maria Iattoni Possa la voce della mente. È meno di un’illusione, che scappa… va nell’aire. Emelina Pellizzari Far vibrare il timpano di chi può Per produrre il legittimo e l’onesto e il lecito Possa la voce bella della mente Un tale Possa la voce della mente tacitare tutte le grida attorno e sussurrare pace ad un cuore stremato, che non sente. Piero Saguatti Possa la voce della mente Correggermi quando dico cavolate. Oscar De Pauli "Possa la voce della mente" lasciare spazio al silenzio parlare in sintonia con le altre voci, e in sincronia. Malena Verdoya (dall’Argentina) Possa la voce della mente raccontarti storie false per ingannare il tempo. Possa la voce della mente crescere in un prato di solitudini per maltrattare il tuo ricordo. Mente ormai il ciliegio delle nostre aspettative fruttate. Frutti incolti di un amore mai nato, abitacolo di parassiti felici della nostra indifferenza. Possa io conservarti per sempre… nella mia voce, nella mia mente. Antea Magno 5 Poesie del Laboratorio . Non ti vedo da tanto cara amica e anche quest’anno l’estate è quasi finita Dì per favore a tuo fratello che l’anno scorso è stato molto bello quella sera a casa dai tuoi tu seduta sul divano con tuo marito lui fuori a suonare sotto il cielo stellato con la tromba nel buio verso l’infinito Tuo fratello è proprio bello somiglia un po’ a Bob Dylan Cara amica che piangi e ridi e dalle tue mani come nidi nascono i gorgheggi di una piccola rondine prendono il volo le ali colorate e leggere di mille farfalle Cara amica l’avrai capito sì sì che mi piace tuo fratello che piano mi accarezzava l’orecchio e il cervello Nella notte la bella melodia ascoltavo ferma sul cancello non sarei mai voluta andare via un soffio d’eterno mi aveva fatta nuova Però lo sai ho le mie fisse le paure nascoste e silenziose Ma adesso nelle giornate oziose nel mal d’amore che mi ha annientata nella noia in cui mi ha lasciata un amore finito come una malata cerco qualcosa che mi apra l’anima e che mi sollevi Tu mi parli delle tue vacanze delle vostre ore Io mi accorgo che quella notte l’ho serbata nel cuore azzurrabianca (Alessandra Generali) 6 Poesie del Laboratorio Come uccelli morenti Come uccelli su un trespolo stanno accovacciati, leggeri, d’ossa leggere, perduti nella loro pelle. Creature inesistenti, cittadini del nulla, animali morenti attraversano la spiaggia, si spingono in mare dove l’onda è vivace, si rompe sulla sabbia, scelgono un’onda e ci si buttano dentro, l’onda li trascina indietro, si lasciano schiantare dalla schiuma. Allora la spiaggia è un niente, e gli umani strappano ore di luce alla loro sorte quotidiana provenienti da un inverno in cui la consolazione è un sedile di una macchina dai finestrini ghiacciati, e quando si alzano lo fanno leggermente tramortiti, come mosche d’inverno. Ad alcuno di loro non dispiace parlare, in quei casi il forestiero entra nei loro nidi, e vi trova qualcosa di inatteso: un bicchiere colorato, un bastone intagliato, un bidone, un comodino, una foto di un bambino. Oggetti. Ricordi. Quel che chiamano proprietà è per loro un regno ai cui confini possono giusto arrivare allungandosi un po’, ne possono scorrere il catalogo in un solo sguardo, nel tempo di un respiro. Luciana Tinarelli 7 Visti da Francesco Montori Se siamo già Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare, O essendo calunniato, non rispondere con calunnia, O essendo odiato, non dare spazio all'odio, Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio; Spesso mi chiedo attraverso quali occhi l’uomo che sarò, l’anziano che sarò, vedrà la persona che sono adesso. Avrà quell’uomo, quell’anziano, nei suoi occhi un po’ degli occhi zaffiro di mio padre? La sua voce veicolerà i consigli che dalla voce di mio padre hanno percorso la sua vita e la mia fondendole? Non vi è dubbio alcuno, amici miei, noi siamo padri di noi stessi, madri di noi stessi, figli di noi stessi. Avrà un giorno quell’uomo, quell’anziano, nelle sue braccia, un po’ degli abbracci di mia madre? Avrà una stilla di quella preoccupazione che ancora ogni tanto mi cade sulla fronte e che mia madre non avrebbe voluto far cadere dalla sua? Non vi è dubbio alcuno, amici miei, noi adesso potremmo essere già padri dell’uomo, della donna, degli anziani che saremo e domani padri, madri, zii e fratelli di ciò che siamo adesso. Prendete un compasso e tracciate il cerchio. Quella è l’unica generazione, amici miei. Leggete la poesia di Kipling, Se, ma leggetela come se doveste dirla all’uomo e alla donna che sarete o alla persona che eravate. Lui la scrisse per suo figlio. Ma lui era anche figlio di se stesso e padre di se stesso. Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone; Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo, Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina E trattare allo stesso modo questi due impostori. Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi, O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte, E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi. Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce, E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio senza mai far parola della tua perdita. Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti, E a tenere duro quando in te non c'è più nulla Se non la Volontà che dice loro: "Tenete duro!" Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù, O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso, Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti, Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo. Se saprai riempire ogni inesorabile minuto Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi, Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa, E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!” …Se da sempre siamo già padri, madri e figli, l’eternità si toglierà la maschera del Tempo e dirà, stanca e sorridente: «Lo spettacolo è finito.» Torneremo a casa, accorgendoci di stringere con la mano ciò che eravamo, ciò che siamo e ciò che saremo. Francesco Montori “Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te la perdono, e te ne fanno colpa. Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano, tenendo però considerazione anche del loro dubbio. 8 Poesie del Laboratorio Senza nome Nel caso del bisogno arriva cantando la paura, il rumore delle sue aspettative travolge amorevolmente la mia agonia. Il tempo passa, io resto e non cambio, l’evoluzione della mia anima sospira come può fare un animale in attesa d’essere abbattuto. Gentilezza e misericordia comprai al mercato dell’ottimismo. Quanto zelo, amore e scetticismo. Ora mi ritrovo in questa tana di nostalgie, calde opere di uno spettacolo al tramonto… la vita e il crepuscolo, come flebili flatulenze, dipingono il mio cuore. Lo stomaco mangia i resti del mio antico tenore. Digestione assai difficile, pompa il cuore, il sangue che mai scorse tra lacrime di dolore. Me ne sto un po’ nascosto, al mio posto, mesto. I giovani albori di un nuovo inizio tremano davanti le mie urla di indifferenza ed ad un tratto eccole… assenza e poesia, trucchi di un uomo che cammina dritto per la sua via. Antea Magno Bologna, 23/09/2014 Il minimo un giorno non si sa tra quanto forse si parlerà di queste cose la morte la terapia la poesia la morte fa migrare esula dal mondo l'anima la rende straniera e lieta libera di allargarsi nel fluido la terapia fa pendant ci esula dal mondo della gente ci rende stranieri e tenebrosi liberi di chiuderci nel se stesso la poesia ci fa esuli ci rende liberi eh! Beh! immaginifici dal mondo indigeni liberi La poesia e basta! numi tutelari della nostra vita liberi di un tale e basta tanto il cognome non vale 9 Poesie del Laboratorio Obesità La Pazienza La pancia è piena il pane non manca È bello oziare “lavorare stanca”, fanno sempre male i calli alle mani facciam festa per lavorare domani. Grande la luna dalla mia terrazza La colomba sul filo a riposare Bagnato ancora il prato dalla guazza Indugia un poco il sole a primeggiare Se c’è poi qualcuno che lo fa prima Noi pensiamo solo a fare la rima E uno che, siam sicuri che lo farà, solo per il bene dell’umanità. Non ricordo cosa devo fare Pure sapevo dell’alzarmi presto Per fattori devo preparare fatico a stare in piedi nel contesto Augusto Mazzacurati ‘na poesiola serve per dialetto Un poco di minestra a mezzogiorno E per “Parole” il solito sonetto… Immagino l’entrata nella sala Il “tutto bene” al posto del saluto Che vuoi che dica ho il groppo nella gola? Non s’addice a Regina Tengo il pensiero per un altro giorno Penso alla cena con pazienza al forno Maria Iattoni Liberi fumi d’osteria Alza il culo da quel cazzo di sedia senti e non ascolti, guardi e non vedi, da tempo sono stitici i Doveri, mentre Diritti intasano latrine. Sposta il naso, forse il guardare sarà un diverso uguale, ma porca troia vedrai il verso ch’è assente al dritto: “Letame, attento almeno non pestare”. Effluvi “d’Eau de ledam” incantano. Bello è posar di propria merda gli altri, gridare all’uguaglianza e non schiodarsi mostrar le man pulite e far un cazzo: -Son mica semo io son l’opposisione Còmm al dis al mi amig Brambilla: A go la pultruna vestida de pèl d’anguila? L’è ‘nculàt ben ben, el cadreghin dedre.Marcirà il Full Stop con l’anima mia, mi sazierò di colpe, e così sia. Gianpietro Calotti 10 Scheda di lettura a cura di Anna Maselli Di Te. I miei ricordi sono fatti di te, la tua voce sta nella mia e di te ricordo i profondi sorrisi e non voglio mandarli via. E bello vivere se vivere è con te. Mi ricordo ogni sorso d'acqua tra le dita e stringo forte una lacrima nel cuore perché so che un giorno tornerai prima che il buio andrà oltre l'ultima ora del tempo che verrà in libertà... Luigi Cuoco È una composizione in versi di varia lunghezza legati sporadicamente da alcune rime e raggruppati in quattro strofe. Alla prima lettura, si avverte subito un cambiamento di ritmo fra le prime due strofe e le altre due. Nelle prime il ritmo è veloce e scandito, nelle altre è incerto e mutevole. Non si può fare a meno di notare che il cambiamento del ritmo accompagna quello dello stato d' animo, che passa dalla certezza granitica delle prime due strofe allo smarrimento delle ultime due. La prima parte ci parla di un amore forte ed esclusivo. Già il titolo “Di te”, così stringato, ci porta al nocciolo del sentimento, che si esprime poi con una catena di pronomi e aggettivi personali e possessivi correlati: miei-te, tua-mia- te, che ci dicono l'intensità del rapporto assoluto e totalizzante. I nomi: ricordi, voce, sorrisi, assieme ai verbi: sono fatti, ricordo, non voglio, mandarli, vivere, così concreti e molto forti, esprimono con efficacia l'unicità essenziale di un rapporto d'amore. La seconda parte, nella prima strofa, ci dà l'immagine più significativa della poesia, che è anche metafora della vita e della condizione umana: l'acqua che inonda e sfugge fra le dita e il verbo “stringo”, che ci parlano della ricchezza dei doni e insieme della loro precarietà e della lotta per non perdere la forza e la speranza incrollabile e disperata di un ritorno, in un accavallarsi di contrasti fra i verbi: so-tornerai, andràverrà, che vogliono affermare la certezza contro il buio, e, l'ultima ora del tempo, inesorabilmente in agguato. Il nome “libertà”, che chiude la poesia coi punti di sospensione esprime dolore, smarrimento, paura di perdersi e nello stesso tempo abbandonarsi alla speranza. Anna Maselli 11 Il poeta: Gian Ruggero Manzoni a cura di Cinzia Demi. Una poetica dove la dimensione cristologica diventa un pilastro che regge - quale valore esistenziale e profondo - il coraggio e la disperazione dei protagonisti dei testi, che sono il coraggio e la disperazione propri dell’uomo-poeta, che si fa carne straziata e sangue versato, che si cala nella volontà di una redenzione forse malferma ma conclamata, che si fa ancora verbo nelle parole umanizzate – prosopoetiche dell’autore. Gian Ruggero Manzoni è nato nel 1957 a San Lorenzo di Lugo (RA), dove tuttora risiede. Poeta, narratore, pittore, teorico d’arte, drammaturgo, frequentato il Liceo Classico a Lugo di Romagna, nel 1975 si iscrive al DAMS di Bologna indirizzo Spettacolo poi Arte. Suoi maestri sono stati Gianni Celati e Umberto Eco. Nel 1977, a seguito dei fatti riguardanti il famoso "Marzo Bolognese", lascia la città emiliana e parte volontario nell'esercito. Negli anni successivi soggiorna per lunghi periodi in Belgio, in Francia e in Germania, dove frequenta gli ambienti artistici. Nel 1982 e nel 1983 è redattore della rivista Cervo Volante di Roma, diretta da Achille Bonito Oliva ed Edoardo Sanguineti. Insegna Storia dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Urbino dal 1990 al 1996, quindi, lasciata la cattedra, come contrattista, presta docenza presso Accademie e Università italiane e straniere. Nel 1980 pubblica Pesta duro e vai trànquilo/Dizionario del linguaggio giovanile con le Edizioni Feltrinelli. Nel 1997 dà continuità alla ricerca riguardante i nuovi linguaggi emergenti pubblicando Peso vero sclero/Dizionario del linguaggio giovanile di fine millennio edito da Il Saggiatore. Come teorico d'arte, pittore e poeta partecipa ai lavori della Biennale di Venezia negli anni 1984 e 1986, edizioni dirette da Maurizio Calvesi, curando, assieme all'amico Valerio Magrelli, la Sezione Poesia per Arte allo Specchio. Dal 1986 al 1998 dirige la rivista d'arte e letteratura Origini. Dal 1985 interpreta a livello teatrale suoi testi accompagnato da musicisti jazz. Sue poesie sono state musicate da Fernando Mencherini, Nicola Franco Ranieri, John De Leo, Stefano Scodanibbio. Negli anni '90, sotto la direzione di Gianni Celati e di Ermanno Cavazzoni, collabora alla realizzazione dell'almanacco di prose Il Semplice, rivista di narrativa edita da Feltrinelli. Ha vinto i premi letterari Savignano, per una raccolta inedita di poesie, Todaro-Faranda, per la narrativa inedita, e Francesco Serantini. È stato incluso nella cinquina finalista dei premi Mont Blanc, per la narrativa inedita, e BariCostiera di Levante. 12 Il poeta: Gian Ruggero Manzoni a cura di Cinzia Demi . Ha al suo attivo oltre 40 pubblicazioni. Alcune sue opere sono state tradotte in Grecia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Irlanda, Argentina, Uruguay. Ora dirige la rivista d’arte, letteratura e idee ALI. Ama abitare in provincia e, come di solito dice, "dell'uomo di provincia possiede tutti i difetti, ma anche tutti i pregi". Conosco Gian Ruggero di fama e per averlo incontrato qualche volta a letture di poesie, a cui abbiamo partecipato entrambi, in Romagna. Di lui mi colpisce il suo essere così poliedrico dato che - come si vede dalla sua biografia si occupa d’arte a tutto tondo. Leggendo i suoi libri, e ascoltando con interesse alcune sue interviste, ho compreso che la sua poetica si basa su diversi fattori che vanno a convergere nella sua dimensione di uomo di Romagna, molto legato al territorio sia geograficamente che storicamente, che tuttavia ha saputo integrare questa sua qualità di genius loci confrontandosi con le culture incontrate nei suoi viaggi e nelle sue lunghe permanenze all’estero, contribuendo a costruirsi un’identità formata da varie costituenti sia umane che artistiche, tutte raccolte nella poetica che esterna nei suoi lavori. Non è poco sapere di far parte di un universo enorme ed avere i piedi ben piantati nelle proprie radici, saperne ricavare un excursus linguistico e poetico tale da farne la propria forma di rappresentazione. L’ultimo libro pubblicato da Manzoni è “Tutto il calore del mondo” (edito per le Edizioni SKIRA nel 2013) e direi che rispecchia appieno questa caratteristica dell’autore. Qualche testo. da Il fiume di betulle 1 Tu non avesti un corteo funebre, né suoni di tromba, né bandiere rosse a lutto, né decorazioni… neppure alla memoria dei parenti fosti affidato leggero fanciullo di coraggio. Poi il corpo ti venne cremato, dopo l’impiccagione, in una città lontana dal tuo fiume, dalla tua isba, e dalla tua canoa, azzurra e bianca. “Che il Dnepr culli i nostri sogni/ che le onde di quel mare che corre lambiscano i tuoi fianchi rosei / di figlio e di angelo assieme.// Il tuo colbacco affronta la morte/ mentre la tua sciabola d’argento il gravame d’essere soldato/ nella culla di una tomba…” Egli non vedrà mai il sud e quegli alberi d’arancio, venduti agli incroci strade, com’io ho sparso biglietti da visita per il mondo, senza mai ricevere una chiamata. Da ragazzo, di notte, correvo nei campi, con le lucciole quali guide, con gambe lunghe, che lasciavano il profilo di un volto tracciato negli steli piegati dall’affanno di maturare un discorso per valido alle mani. Cinzia Demi Continua al prossimo numero 13 Poesie del laboratorio la Mater Italiae Italia come Roma volle formando senza tregua L’indomani pietà rammentando i padri È la sorta dei figli nel pensiero Palmi e sorrisi Ulivi schianto come donna che ignora no Morte più ferita che si daran le spighe sulle mani Porti il proprio altare nel suo cuore Idiomi monti erge maschere e di scienze Grande mar abbaglia azzurro ramponi volano al sole Marmoree cime felice e sirene palazzi moreschi occhi di Giada Melarance d’oro e tutto intorno è musica che vive. Amleto Tarroni Impallidisce e si sperde la sposa ebrea alla luce fratta del cortile dipinto, aspetta ancora il suo dibbuk che non arriverà a salvarla. Si spegne a sinistra il paradigma della cometa imprigionata nel passo dell’addio ma ancora e ancora serba eventi e radici. Precisa la sua trama, preciso il fato, l’ordito e il sortilegio, il fermo chiudersi del tempo che sempre si riapre. Cedri le colonne, profumate chiome di Sion, nel concluso labirinto dove lo stupore delle parole conduce alla soluzione di memoria e senso. Musica racconto libro di preghiere cantico infinito ritorno al futuro, Aggadàh gloria trattenuta, guscio che sta sempre per schiudersi e promette, solo se sai leggere i Numeri che sbarrano i varchi di portici e finestre. La suggestione scopre il palinsesto. Zara Finzi 5 giugno 2013 14 Poesie dal Laboratorio Padre Improvvisamente, tu, qui. Col tuo cappello grigio, la sigaretta in bocca e quel sorriso a mezzo di bene e rimprovero. Sono felice e tranquilla, ti aspettavo da tanto. Ti sorrido silenziosa sommersa da un fiume d’amore. Padre dolce, tornato a me dalla porta del ricordo spalancata dal leggero colpo d’ala d’un angelo. Mi godo dentro il mio silenzio La radio accesa non la sento più Il soffitto non preme sulla testa Riprendo il gioco rimasto sospeso E gli occhi che sorridono Scrivo Prima ancora di pensarlo nasce il verso Un momento una fase una parentesi Mia Tanto i finocchi li ho già cotti nella wok ( aglio peperoncino un po’ d’alloro) la cena di stasera è assicurata Paola Tosi Piera Grosso Un grillo in via Ugo Bassi Vita in comune – febbraio 2004 Passavo ore con te che non c’eri a parlare di cose non ancora [accadute come sarebbe stato un viaggio sulla [luna per vedere tutti i colori della terra quali fantasmi evocare nelle notti illuni trovare un pipistrello-guida senza turbare il buio vivere solo con la mente porta alla [fantasia così i pensieri si aggiungono [all’infinito così tutto si ritrova. Si sbagliava… scambiava il mio lenzuolo della Zucchi, verde e tutto fiorito di margherite, per un prato. Vattene! Qui non è posto per te! Gli dissi e tentai di prenderlo ma saltò sul terrazzino. Non c’era molto dialogo tra noi… forse era il grillo parlante in persona venuto a farmi la ramanzina. Lo trovai schiacciato su quel finto prato al mattino. Entrambi ci sbagliavamo… e non ci stupivamo di non sentire odore d’erba Patrizia Tomba Franco Lipari 15 Un ricordo per Maria Luisa Spaziani a cura di Mirella Gresleri Un ricordo per Maria Luisa Spaziani È scomparsa recentemente un’altra importante figura della cultura italiana: Maria Luisa Spaziani, poetessa, autrice di testi teatrali, di saggi e traduttrice di classici francesi fra cui Racine, Flaubert e, fra i moderni, Marguerite Yourcenar. La lingua e la letteratura francesi erano da lei predilette. Significativo il fatto che la sua tesi di laurea riguardava Marcel Proust. Spaziani era nata a Torino nel 1922 in una agiata famiglia borghese. Ancora studentessa fondò una piccola rivista letteraria “Il Dado”. Conosce e frequenta personalità come Penna, Saba, Sinisgalli che contribuirono, come riconosce Maria Luisa stessa, alla sua maturazione di scrittrice. Tuttavia lei rifiutava di pubblicare sulla rivista i suoi testi: non si riteneva ancora pronta. La sua prima pubblicazione presso Mondadori, risale infatti solo ai primi anni ’50. Nel frattempo c’era stato il periodo dello sfollamento a Mongardino d’Asti, paese natale della madre. Fu lì che come racconta lei stessa educò i suoi sensi al riconoscimento dei caratteri della natura in particolare e della realtà in generale. Diceva: i sensi sono le grandi porte dell’anima. Avrebbe potuto dire porte della conoscenza e della riflessione personale, ma il termine anima è molto più vasto, comprendendo sia le facoltà intellettive sia quelle emozionali: lei saprà metterle in campo alternativamente, anche nella medesima poesia. Così, quando ci accostiamo a un testo di Spaziani, abbiamo dapprima l’idea di una espressione lineare e colloquiale, salvo poi a scoprire che essa ha improvvisi scatti e mutamenti di registro. Ad esempio ne IL PAESE DI MIA MADRE del 1954 a un certo punto c’è questo verso limpidissimo e musicale: “gotico e lieve il colchico fiorisce” Ma poco più avanti ecco un tono molto diverso e inquietante: “Nel silenzio di gelo che impietrisce anche la luna”, Secondo Spaziani il poeta come un funambolo, deve sempre trovare un equilibrio fra memoria conscia e quella inconscia (di carattere proustiano) fra intelligenza e istinto. Possiamo allora leggere Il sogno giusto del 1996 “Se faccio un sogno, e poi me ne nascono versi, quei versi sono il sogno che sognate con me. Attenti ad incarnarvi nel sogno giusto. Nascono da una pagina scritta, in fitta schiera, mostri presagio o angeli.” Qui il funambolo è entrato in azione. 16 Un ricordo per Maria Luisa Spaziani a cura di Mirella Gresleri Un giorno del 1949 Spaziani si recò al teatro Carignano di Torino per ascoltare una conferenza tenuta da Eugenio Montale. Al termine l’organizzatrice dell’evento le disse che desiderava presentarla, assieme ad altri giovani poeti, al Maestro. Lei si stupì perché come sappiamo, fino a quel momento, non aveva ancora pubblicato nulla. Forse Montale la conosceva grazie alla rivista Il Dado, perché quando udì il suo nome, alzò il viso che fino a quel momento aveva tenuto basso ed esclamò: “Ah, è lei!” Maria Luisa ne fu così stupita e confusa che reagì con la prima frase che le venne in mente: “Viene a pranzo da me domani?” Evidentemente il pranzo ci fu, perché iniziò allora fra i due una frequentazione costante e un sodalizio fatto di interessi comuni, destinato a durare a lungo e che avrebbe portato all’ideazione del Premio Montale. Inizialmente il poeta si era dimostrato restio a questa idea, ma quando Maria Luisa gli fece notare che prima o poi qualcuno lo avrebbe progettato, magari in modo maldestro, lui si convinse: fissò l’entità del premio e indicò come giurati fra altri alcune personalità: Bassani, Caproni, Luzi. Il nome di Spaziani da quel momento sarà collegato al Premio Montale. Al Maestro nel 1981 Maria Luisa dedicò una poesia intitolata appunto A MONTALE che si conclude con questi due versi curiosi: “Il meglio della seppia è l’osso. Il resto è per i cuochi.” Curiosi ma non sorprendenti vista la sua abilità nel padroneggiare una varietà di registri. Fra gli altri c’è anche quello moraleggiante, come in Aspetta la tua impronta del 1986 “L’indifferenza è inferno senza fiamme. Ricordalo scegliendo fra mille tinte il tuo fatale grigio. Se il mondo è senza senso, tua è la vera colpa. Aspetta la tua impronta questa palla di cera.” Certo lei un’impronta l’ha lasciata, con una operosità continua attraverso gli anni: l’insegnamento universitario, una trentina di testi pubblicati, tre volte candidata al Nobel. Fra i suoi lavori c’è anche un poemetto in ottave dedicato a Giovanna D’Arco, figura che da sempre la affascinava. Nella rivisitazione Giovanna muore sì nel fuoco, ma non quello del rogo, bensì quello dell’incendio di una foresta nella quale entra volontariamente: le fiamme le si rivelano allora come le ali dell’angelo che un tempo le aveva parlato. Mirella Gresleri 17 Poetesse e poeti di Marina Sangiorgi: Giuliana Rocchi Giuliana Rocchi nasce a Santarcangelo di Romagna nel 1922. Il padre è un “fulesta”, che racconta storie (dette “satre”) nelle aie dei contadini. È brava a scuola, ma dopo la quarta elementare deve andare a lavorare per contribuire al bilancio famigliare. Fa l’operaia, la bracciante, la domestica. Comincia a scrivere poesie in dialetto negli anni ’60. Nel 1980 esce il suo primo libro: La vita d’una dona, grazie all’interessamento dell’amica Rina Macrelli, compaesana che vive a Roma e lavora come aiutoregista di Liliana Cavani. Giuliana pubblica altri due libri, acquista notorietà. Le scrive anche il presidente Pertini. “Diventa l’emblema della Santarcangelo delle contrade, delle operaie, delle zitelle, delle donne senza voce, di coloro che utilizzavano la lingua dei padri, unica donna della Scuola di poesia santarcangiolese. Ma anche prototipo delle femmine con il piglio maschile, che portano i soldi a casa e faticano senza sosta” (Rita Giannini in Poeti romagnoli del Novecento, Il Vicolo editore, pag. 107). Muore nel 1996. Riporto alcune poesie che rivelano la sua vena aspra e brillante, a tratti intrisa di malinconia. La streta de mi bà O sempre lavuroe fin da burdela, la poega a la daseva me mi ba. “A faz piò fundament cunè s’un om” sa ch’ilt e geva. Mu me, u n m’a mai doe sodisfaziaun. Però quant è’ mureva, Che da una poerta l’era pers, sla moena bona U m’a stret fort fort la mea. Senza parloe, Sal loegrimi ma i occ. Ho sempre lavorato fin da piccola / la paga la davo a mio padre. / “Conto più su di lei che su un uomo” diceva agli altri. / A me soddisfazione non ne ha mai data. / Però quando moriva / e da un lato era perso, / con l’altra mano / strinse forte la mia. / Senza parlare, / con le lacrime agli occhi. E’ vlen Al lozli al ni è piò I li à invlenoedi E’ groen l’è arvoenz te scheur. Al zghéli al n’coenta piò cumè una volta Agli è maloedi Un po’ agli è morti Caglilti agli è stunoedi Il veleno Le lucciole non ci sono più / le hanno avvelenate. / Il grano è rimasto al buio. / Le cicale non cantano più come una volta, / sono malate. / Un po’ sono morte, / le altre sono stonate. da Ma Tonino Guèra […] A so noéda tla cuntroèda tra la zénta disagéda l’istruziàun a n la ò véuda e perdunoè com a so vnèuda. Mè l’idea a l’avréb bèla ma u n s’pronéunzia la favèla. A v dmand sàul te mi dialètt (e scusé s l’è trop purètt) d’arcurdoè Tonino Guèra ch’l’è un poeta dla mi tèra. […] 18 Poetesse e poeti di Marina Sangiorgi: Giuliana Rocchi (…) Sono nata nella contrada / della gente disagiata, / l’istruzione non l’ho vista, / perdonate come sono venuta. / Io l’idea l’avrei bella, / ma non so pronunciare le parole. / Vi domando nel mio dialetto / (e scusate se è troppo poveretto) / di ricordare Tonino Guerra / che è un poeta della mia terra. (…) L’an de’ nivon E’ mi ba l’era cuntent d’avé mes int e’ d’ ciota zoch e sarmint e la nota u n’andeva piò a la finestra… L’anno del “nevone” Mio babbo era contento / d’aver messo al riparo / legna e grano trebbiato / e la notte / non andava più alla finestra… E’ bufeva Int e’ d’ciota a n’emi gnint intent ch’e’ bruseva l’utum zoch guardend al sfrofli e’ mi ba e’ suspireva… Nevicava forte In cantina non avevamo niente / intanto che bruciava l’ultimo ciocco / guardando le scintille mio babbo sospirava… E’ let ad foj Int e’ let ad foj a j ò durmì fina a vant’en. A sami tre; quant as muvemi a femi un gran malan. A stami ranicedi toti insem; al cuerti aglj era pochi però a stasami ben. Quant a durmemi e a sami int e’ pió bel al polsi agl’incminziva e’ saltarel. E no ridì vuit ch’avì guasi i mi an; i zuvan in li à cnusudi, ma aglj era ench ti vost pan. Il letto di foglie Nel letto di foglie / ho dormito fino a vent’anni. / Siamo tre, / quando ci muoviamo / facciamo un gran chiasso. Stavamo rannicchiati / tutti insieme, / le coperte erano poche / però stavamo bene. / Quando dormivamo / ed eravamo sul più bello / le pulci cominciavano / a saltare. / E non ridete voi / che avete quasi i miei anni; / i giovani non le hanno conosciute, / ma erano anche nei vostri panni. L’onica verità L’onica verità ch’ò santì int la mi vita l’è stè al busij dl’oman ch’a j ò vlu ben. L’unica verità / che ho conosciuto nella mia vita / sono state le bugie / degli uomini a cui ho voluto bene. Marina Sangiorgi 19 Pagina delle traduzioni a cura di Anna Bastelli Come si traduce una poesia nella propria lingua o, come nel mio caso, nel proprio dialetto? Io cerco di trovare le parole più simili alle originali, non sempre uguali, perché il bolognese in certi campi è ricco di termini (il lavoro, i mestieri), e povero in altri (la contemplazione, i sentimenti), e si può anche intuire perché. Prendiamo ad esempio questa poesia di Pascoli, Arano. Ho dovuto tradurre pampano con foglia, fratte con macchie, mattinale con della mattina. Per il resto le parole che ho usato sono le stesse dell’originale. Questa fedeltà crea però un problema: la poesia di Pascoli è in endecasillabi perfetti, con rime ABA-CBC-DEDE. Nella mia traduzione sono in endecasillabi solo i versi 1-4-5-6, e con nessuna rima. Quindi diciamo che le immagini originali sono conservate nella traduzione, ma non il ritmo e la musicalità. Si potrebbe aprire un dibattito su cosa sia meglio. Anna Bastelli Arano Al campo, dove roggio nel filare qualche pampano brilla, e dalle fratte sembra la nebbia mattinal fumare, arano: a lente grida, uno le lente vacche spinge; altri semina; un ribatte le porche con sua marra pazïente; ché il passero saputo in cor già gode, e il tutto spia dai rami irti del moro; e il pettirosso: nelle siepi s’ode il suo sottil tintinno come d’oro. Giovanni Pascoli I èren Int al canp, in dóvv råssa int la piantè una quèlca fójja la lûś, e dal mâc’ al pèr che la nabbia dla matéńna la fómma, i èren: a vuśè länti, ón äl länti vâc al spénnż; di èter i såmmnen; ón l arbât i madón con la sô zâpa paziänta; acsé che al pasarén fûrb al gôd bèle in côr sô, e incôsa al tén d ôc’ dal bròchi spinåuśi dal måur; e al pètråss: int äl zèd a s sént al sô canpanlén sutîl cme d ôr. Traduziån dla Nóccia d Bastèl 20 Pagina delle traduzioni P’arraggia * Lengua ’e mammema, lengua ’e nascete tanto tiempo fa t’abbandunaje no pe’ scuorne ma p’arraggia: te credevo matregna ’o pecché nn’ t’ ’o sacce ricere ma mme sentetto abbandunato e me ne’ jetto assai luntano. Mo’ ch’eggio miso ’a lengua rint’ ’o pulito ** t’arricuorde? “chella r’ ’a festa”faccio fatica a prununziarte: mme ntruppeo comm’a ’nu ninnillo. Spisso provo a scrivere in dialetto ma mme s’arrovoglie ’a lengua eppur, sultant rint’ ’e parole toje se regnene ’e passione i vierz. Per rabbia Lingua materna, lingua d’origine molto tempo fa ti abbandonai non per vergogna ma per rabbia: ti credevo matrigna il perché non so dirti ma mi sentii abbandonato e me ne andai molto lontano. Ora che ho messo la lingua “nel pulito” ** - ti ricordi? “quella della festa” – faccio fatica a pronunciarti: ciangotto come un bambino. Spesso provo a scrivere in dialetto ma mi si avvoltola la lingua eppure, soltanto nel tuo idioma si impregnano di passione i versi. * Vernacolo salernitano ** Il parlare italiano Crescenzo Guadagno 21 Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea Al pajâz int la véggna Il pagliaccio nella vigna Né lèżer né scrîver al savêva Bérto però al savêva l’èrt. L avêva fât un pajâz cån i ucèl Ed travêrs l amîg in sän l û e al pajâz al dîd al gêva: - Bèl al pajâz mo i ucèl?- Par vadder méi l amîg di mî stivèl- Né leggere né scrivere sapeva Alberto però sapeva l’arte Aveva fatto un pagliaccio con gli occhiali Di traverso l’amico l’uva al seno ed il pagliaccio al dito diceva: - Bello il pagliaccio ma gli occhiali? – - Per vedere meglio l’amico dei miei stivali – Maria Iattoni Egoîsum Egoismo Et stèv såtta a una calòta invisébbil, un spâzi-buvinèl dóvv ai caschèva äl tåu parôl e sóbbet såtta, al fîl suspais dal mî egoîsum. Al fîl ch’al strichèva la gåula sufucànd al tô vérs. Stavi sotto a una calotta invisibile, uno spazio imbuto dove cadevano le tue parole e subito sotto, il filo sospeso del mio egoismo. Il filo che stringeva alla gola soffocando il tuo grido. An riusêva brîsa a capîr. Non riuscivo a capire. Pò cal tô sguèrd stóff un scusòt int al mî pèt e al dstâc nàtt dal mî våul redant ch’al plèna int al spâzi e al lébbra al tô vérs. Poi quel tuo sguardo stanco un sussulto nel mio petto e lo stacco netto del mio volo redento che plana nello spazio e libera il tuo grido. Té t î l’ âria d atåuren ch’l’uriänta al mî våul al giósst ecuilébbri al traspôrt, al pónt fairum. Tu sei l’aria intorno che orienta il mio volo il giusto equilibrio il trasporto, il punto fermo. Elio Manini 22 Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea L arlujîr L’orologiaio Zirudèla s’avî däl vój d un anèl opûr d’n arlój farmèv såura al marciapî pròpi ed frånt a la cremerî. Ai é Mandén, quand ali é, ch’al v aspèta tôtt i dé con tante ròba da guardèr e che a psî pò anc cunprèr. Una storiella con delle voglie di un anello per vostra moglie, fermatevi lungo la via di fronte alla cremeria. C’è Mandini (quando c’è) che vi aspetta sapete perché potete anche guardare e poi dopo comperare. Ai é di arlój ed tòtti äl fâta sie da påuls che da bisâca ai n’é anc ed divêrs culùr par psairi vadder anc al bûr. Ci sono orologi d’ogni marca da portare anche in barca di diverse forme e colori per la casa e anche fuori. Se avî un “Rostov” ed dusänt ân, ch’l é bèle tant ch’l é in afàn Giorgio, con inpàggn e maestrî, a i chèva sänper i pî. Un “Rostov” di qualche anno che ormai è in affanno Giorgio con maestria può farvene una poesia. I muvimént ló ai ingrâsa e pò ai lósstra anc la câsa ala fén an i é gnìnt da dîr ch’l à fât un bèl lavurîr. I movimenti può ingrassare come lui solo sa fare alla fine non c’è che dire è già bello da morire. Anc da mûr ai é tant arlój mo in én brîsa di scazói såul ch’i vôlen carghè ogni tant par savair ch’ai pâsa al tänp. Orologi anche da muro molto belli di oro puro da caricare ogni tanto per capir che passa il tempo. Dal mustrén là vérs la strè t’vadd tôtt quall che t è zarchè, t trôv di urcén grand e cinén e di anî pròpi ed quî pió fén. In bella mostra verso la strada vedi ciò che più t’aggrada trovi orecchini grandi e piccini e anelli proprio dei più fini. Quand ai avî dè anc såul un’ucè a psî cunprèr a ûc’asrè stè sicûr ch’avî cunprè un quèl ed prémma qualitè. E quand a v sî cavè tôtti äl vói e pò a vlî cunprèr un arlój ón ed quî da méttr in sèla fèv dèr anc la zirudèla. Quando avete ben guardato e ad occhi chiusi comperato state certi che avrete già qualcosa di prima qualità. Se la voglia vi siete levato e un orologio comperato uno di quelli per il salotto fatevi dare lo strambotto. Augusto Mazzacurati 23 Poesie del Laboratorio Pilastro Lui s’alza con la voce E canta la mondo… Al cielo non arriva Questa… MUSICA Cantare per Bologna Un po’ ci rosica… Cantare per Bologna Porta (sfiga) Peggio: scalogna Bologna. Bologna. Io so di Fattoria… Gente, che abita qui Di chi viene , da via Quasi… ogni giovedì Chiamati alla poesia In questo territorio Un grande comprensorio Confina con il mondo È qui, che i riconosciuti Poi vengono applauditi Arnaldo Morelli Memoria lontana irreale realtà che brucia che assale ogni fibra divora il presente si libra sugli alti silenzi Memoria che torna con ombre di passi perduti e immagini come di fiamma Memoria che inganna e appare, compagna improvvisa alla mente, tu, forse, risiedi nel cuore. La verde collina Gocce di rugiada nell’estate riverberi il sole colore come pastelli tenui dell’aurora. Questa estate un poco breve pure il sole sarà triste manca il suo calore vado sola per i prati cammino nella verde collina raccolgo i fiori che danno colore al prato. Chiara Pinghini Mare così uguale e diverso nel tuo continuo ri-andare di onda in onda smeraldo liquido e terso amante che lascia e riprende l’arresa scogliera, la plasma e la monda. Mare, che conservi memoria di ogni stupro ed affronto e ne inghiotti ogni scoria, affidando da sempre il respiro ai capricci di un astro, ora accogli il mio abbraccio ch’io non tema il tuo bacio [salmastro ma sorreggimi come una culla per rinascere in te nell'oblìo di ‘sto tutto ch’è nulla. Viviana Santandrea Angela Falcucci 24 Poesie del Laboratorio 6 giugno 2011 Non credo Ventitremila/716 giorni, già trascorsi ognuno dei quali legato a un’esperienza ma quanti ingoiati dall’incoscienza altri riposti in una mente immemore A da allora fregiati di inutilità, tanti celati da un io che non mi parla e quelli buttati da un rancoroso me altri passati per un martirio che non era messi in stand-by dalla mia coscienza annotandoli come giorni inutili. Non credo Per quello che vedo la crudeltà delle genti il dolore dei malati i morti di stenti i bambini venduti affamati, sfruttati le madri disperate donne e bambine violate uomini torturati, uccisi Non credo per lo scempio di guerre [insensate le ragioni di fedi diverse la certezza dei propri Dei il cibo in cambio di preci il perdono d’infami delitti in cambio di solo [pentimento Non credo Dalla povertà annunciata al costo oltraggioso di un apparato sfarzoso. Le adunanze di massa dove fluiscono belle parole beati, santi, tutti più buoni parole che non salvano quei milioni di morti, quanti ancora senza dignità senza diritti, senza cure senza cibo, senz’acqua, quanti ancora al macello? Per le ingiustizie del mondo Tremila/286 belli, belli da non credere con un valore doppio, triplo e ancora con quella voglia di recuperare il perso, questi sono quelli con il giusto peso perché esperienza sa anche bilanciare rivaluta quelli passati nell’errore per colpe anche un po’ macchiati per poi pulirli dando nuova luce allineandoli e poi sfogliarli cambiando l’occhio solo nel giudicarli. Settemila/681 sono promessi, e voglio [mantenere per proseguire la bella avventura di questo star bene, quasi irreale cosciente d’esperienza aggiusta tutto e di un amore grande come mai e così, il futuro non fa più paura. Carlo Boari Non credo Maria Luisa Marisaldi 25 Incontri, a cura di Angela Falcucci Interno del Colombario Gruppo 8 – colonna 25 Sergio Corazzini L’incontro con questo giovane poeta mi ha fatto riflettere su come la sua poetica abbia contribuito ad imprimere una direzione nuova alla lirica italiana. Nato a Roma nel 1886, studia per alcuni anni a Spoleto, ma deve lasciare la scuola per contribuire al sostentamento della famiglia. A Roma trova lavoro presso la compagnia di assicurazioni “La Prussiana”, e nel tempo libero frequenta il Caffè Sartoris, luogo dove conosce letterati tra cui Luciano Folgore e Corrado Govoni, e legge soprattutto poesia, sia italiana che francese. È la lettura di Francis Jammes, di Laforgue e Maeterlink, che gli ispira i versi de La desolazione del povero poeta sentimentale (da “Piccolo libro inutile”, 1906) I Perché tu mi dici : poeta? Io non sono un poeta. Io non sono che un piccolo fanciullo che piange. Vedi: non ho che le lacrime da offrire al Silenzio. Perché tu mi dici poeta? III Io voglio morire, solamente perché sono [stanco; solamente perché i grandi angioli su le vetrate delle cattedrali mi fanno tremare d’amore e d’angoscia; solamente perché, io sono, oramai, rassegnato come uno specchio, come un povero specchio melanconico. Vedi che io non sono un poeta: sono un fanciullo triste che ha voglia di [morire. VII Io amo la vita semplice delle cose. Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a [poco, per ogni cosa che se ne andava! Ma tu non comprendi e sorridi. E pensi che io sia malato. VIII Oh, io sono veramente malato! E muoio un poco, ogni giorno. Vedi: come le cose. Non sono dunque un poeta: io so che per essere detto: poeta, conviene viver ben altra vita! Io non so, Dio mio, che morire. Amen. “Penser cela est-ce être poète? / Je ne suis pas. Qu’est-ce que je suis?/ Est-ce que je vis? Est-ce que je rève?” (Jammes, Les dimanches, in De l’Angelus de l’aube à l’Angelus du soir) “Devant le grand rosace/ en vitrail de Nôtre Dame…” (Laforgue, Les sanglots de la terre) Il linguaggio semplice, le parole appartenenti all’uso quotidiano e la scelta del verso libero, accentuano la distanza del poeta dai canoni dannunziani: al ritmo ricercato e al musicalismo, Corazzini contrappone moduli prosastici e un tono di cantilena sostenuto dalle ripetizioni e dalle anafore. Il desiderio di luce e di sole, metafora della vita, è il tema in Sonata in bianco minore, dove sembra di vedere le suore correre e parlare tra di loro, chiuse nel convento come 26 Incontri, a cura di Angela Falcucci è prigioniero il giovane Corazzini della sua malattia che lo porta inesorabilmente verso la morte. I -Sorelle, venite a vedere! -C’è il sole, nell’orto, c’è il sole! […]-È venuto a trovare noi, povere sperdute, e, forse un malato lo aspetta invano al limitare della sua casa per la salute. […] III -Oh,Sorelle, e se non torna, che faremo? -Se non torna aspetteremo. -Come è gelido il convento. […] Ancora da “Piccolo libro inutile” Per organo di Barberia I Elemosina triste/ di vecchie arie sperdute, vanità di un’offerta/ che nessuno raccoglie!/ Primavera di foglie/ in una via diserta!/ Poveri ritornelli/ che passano e ripassano/ e sono come uccelli/ di un cielo musicale!/ Ariette d’ospedale/ che ci sembra domandino/ un’eco in elemosina! II Vedi: nessuno ascolta./ Sfogli la tua tristezza/ monotona davanti/ alla piccola casa/ provinciale che dorme;/ singhiozzi quel tuo brindisi/ folle di agonizzanti/ una seconda volta,/ ritorni su’tuoi pianti/ ostinati di povero/ fanciullo incontentato,/ e nessuno ti ascolta. Anche quando la poesia rientra nella metrica, scandisce un ritmo che è quasi un singhiozzo, e ancora è il silenzio a isolare il fanciullo, solo e inascoltato come l’organetto che ripete le sue note nell’aria, ma nessuno ascolta. “Con accenti flebili, si assiste in realtà alla liquidazione di un mondo: del supermondo “sublime” del poeta superuomo.”(E. Sanguineti) Da “Libro per la sera della domenica” (1906) IV Bando (a Giorgio Lais) Avanti! Si accendano i lumi/ nelle sale della mia reggia!/ Signori! Ha principio la vendita/ delle mie idee. /Avanti! Chi le vuole?/ Idee originali/ a prezzi normali./ Io vendo perché voglio/ raggomitolarmi al sole/ come un gatto a dormire/ fino alla consumazione/ de’ secoli! […] Durante la sua breve vita, tra i dispiaceri per la morte dei fratelli e della madre e la sofferenza personale che lo vede più volte ricoverato in sanatorio, Corazzini scrive e legge poesia. Anche nelle prime liriche è già evidente la sua poetica che annuncia e precorre il crepuscolarismo. Da “L’amaro calice” Toblack I …E giovinezze erranti per le vie/ piene di un grande sole malinconico,/ portoni semichiusi, davanzali/ deserti, qualche piccola fontana/ che piange un pianto eternamente uguale/ al passare di ogni funerale, […] e in alto un cielo azzurro, pieno/ di speranza e di consolazione,/ un cielo aperto, buono… III […] e tutti vanno verso il tetro abisso,/ lungo, Speranza! la tua dolce via! Versi bellissimi che si commentano da soli. Corazzini muore a Roma nel 1907. Ciao a tutti da Angela. 27 Poesie del Laboratorio Anni interi di parole Interi anni trascorsi a scandagliare il buio a interpretare l’energia dei movimenti devoti a quei riflessi avari fioriti fra le pieghe amare delle ombre favoriti dalle voci gutturali sussurrate fra le grida sguaiate di ogni giorno le nostre sagome affilate dai ruggiti selvaggi delle urgenze fermentano in lettere maiuscole sui rifiuti accumulati nel consumo puntuale delle storie. Anni interi passati a scrivere sullo specchio profondo del silenzio scegliendo tra i propri suoni familiari gli esercizi quotidiani da elaborare in segni per trasformare i sogni in piccoli riassunti personali da vestire di solide parole senza tempo magari una manciata di polvere di stelle sulla pelle pallida dei fogli potesse garantire un senso prolungato alle vocali bisbigliate dai pensieri di chi ascolta intanto ogni cosa nuova pronta a vivere anche di sola luce trasparente continua a nascere sulla terra grezza che non dà voti, non fa prigionieri comunque sporca. Piero Saguatti L' estinzione Sorprendente il censimento sette donne per maschietto Quante donne sono troppe e non portano più le gonne una volta con la gonna inibita era la donna oggi invece con le brache il maschietto non ha pace Ieri i posti di comando del maschietto erano vanto oggi è Eva la maschietta che comanda a bacchetta Fino a ieri senza Adamo vedi anagrafe non sale con il seme in provetta del maschietto non c'è traccia Nel giardino dell'amore quante donne sono sole Il maschietto in estinzione perché a Eva più non serve siamo come quei capponi che a Natale dà sapori. Tommaso Colonnello 28 Poesie del Laboratorio Albero vittorioso Albero vittorioso del bosco colmo di soave rugiada nel mattino primordiale hai avuto in premio la tua terra. Rinvigorita libertà d’essenza hanno ora le tue radici. Sei canto osannato dell’uomo sei il seme della luce sulla lingua del poeta che il verde continua a far crescere nel grande cinguettio. Alle tue ampie mani ramifica il mio cuore, inciso di lettere sul legno batte più forte nel tuo respiro mentre prosegui il viaggio verso l’alto amico mio tu tendi una nuova chioma come una divina cattedrale che allunga al settimo cielo le sue [guglie. Aurelia Tieghi Gatto Le pagine del diario dormivano sotto la polvere dell’abitudine del solito vivere monocolore Rigiravo con la solita noia di ogni giorno una clessidra a contare granelli di sabbia Mi ha risvegliata dal tepore una brezza leggera entrata da una finestra socchiusa Sei entrato tu gatto di bosco Pagine bianche si aprono le nostre mani insieme per scrivere ancora una favola nuova. Livia Corradi In quel muoversi adagio di piccole gemme, dischiuse appena nel vento d’aprile, ti guardo da lontano nelle vele stese in cielo, nei bambini e nei colori dei giochi nel tempo vissuto da giovani madri e padri, ragazzi, vecchi. Una nave in corsa la mia, vista ora che ha girato l’emiciclo della mia sfera terrestre, nel crescente scontento, nell’ironia sfocata, come una mano tesa, molle e senza passione. Ti guardo da lontano nell’emiciclo che si stringe. Fosca Andraghetti 29 Il racconto, a cura di Valeria Bragaglia Libri È davvero un fatto singolare che il mio rapporto con i libri sia stato condizionato dalla mia bassa statura. Andò così. Mia madre scodellò con regolarità una lunga serie di bimbi alti e belli, ma nel bel mezzo della serie ci fu un deragliamento improvviso, io. Briciola fu il mio nome familiare e come tale vivevo nelle fessure, sotto i tavoli ovunque fosse possibile passare inosservata all’occhio gufesco di mia madre, che regolava la famiglia in base al principio del “dovere”. Concetto indeterminato e onnicomprensivo, che significava essere sempre a disposizione. Imboscarmi divenne quindi una mia modalità di vita. Passavo i pomeriggi a nascondermi, quando non ero a zonzo per il paese o in soffitta a spiare dentro le case dei vicini ricchi, a immaginarmi vite diverse, a raccontarmi storie. Quando imparai a leggere, i libri divennero la linea Maginot della mia sopravvivenza personale contro una famiglia ingombrante, chiassosa e invadente. Leggevo a casa della vicina, una casa di donne, in una veranda chiusa da una grande vetrata e imposte a griglia che in estate davano alla stanza una luce deliziosa, che si mescolava al profumo di cera del pavimento, al caldo degli interminabili pomeriggi estivi, al silenzio mormorante della lettura solitaria. Di quei tempi ricordo vagamente storie di passioni amorose, di romanzi a puntate sulle riviste femminili e il piacere della trasgressione nello starmene in ozio, mentre mi arrivava il vociare della mia famiglia. Ho fatto le scuole medie in una classe di futuri contadini, non occorreva studiare e questo mi dava la libertà di leggere per i fatti miei. È l’era della B.U.R, che compravo con la paghetta, un classico alla settimana della letteratura universale. Alcuni non li capivo, ma costavano poco e mi permettevano ancora una volta di sfuggire ai lavori di casa. Se mia madre ci beccava senza far niente erano guai; ma i libri erano un ottimo alibi, l’istruzione era sacra. D’estate me ne stavo seduta sul fico, in fondo al giardino, fuori della portata di voce della famiglia. Anche in questo caso la lettura era una felicità del cuore e della mente. All’università, erano gli anni ’70, furono finestre e porte che si aprirono sul mondo attraverso le edizioni Einaudi, compravo i libri a rate, con quote mensili molto basse. Che emozione quando arrivavano, era come avere a portata di mano l’universo. Leggevo solo saggistica, i romanzi li consideravo cose ormai del passato, per le donnette, mentre noi si doveva rifare il mondo, era il tempo in cui tutto sembrava possibile. Ho letto la storia del mondo, di tutte le rivoluzioni, l’Asia e l’Africa e l’America Latina, il fascismo e il nazismo, la negritudine e il femminismo. Cos’è stato leggere Marx in riva a un mare greco di bellezza assoluta, follia? Con questi libri mi sono formata e ho sofferto le ingiustizie del mondo. Quello che mi è rimasto ora, di tutto questo leggere, è la curiosità del mondo, che soddisfo viaggiando faticosamente in paesi difficili e il gusto delle storie a lieto fine che mi sono portata dietro dall’adolescenza. Poi il grande piacere di rileggere i classici Guerra e pace o Proust o Jane Austen, seguire i loro percorsi narrativi, lo sguardo orizzontale che attraversa le vite delle persone, il modo in cui la storia, quella con la S maiuscola, entra nelle esistenze, le acchiappa e le rimescola. E’ la solidarietà, il respiro collettivo dei libri, che aiuta a tenere sotto controllo le angosce, un salvavita sempre a portata di mano, non troppo costoso. Rosalba Casetti 30 Poesie del Laboratorio Ci vuole la notte perché nel vuoto delle ore le spie rosse inizino a pulsare avvertendo che tutte le trappole sono in funzione e niente impedirà che scattino con l’inesorabile puntualità del destino. Ci vuole la notte in semiluce della città perché nel vuoto delle voci domande si affollino a sciame lasciando scie che intrappolano il corpo in una giostra di inutili rigiri . Sarà la santa pioggia che rimbalza sulle tegole sconnesse con un suono di durata di eterno ritorno dell’uguale per riconciliare le cose e i giorni e distendere il tempo in ore protette. Rosalba Casetti Il punto perfetto Si affacciava dentro le ombre forme inconsce del negativo. Le sue parole mi gravano come preghiera per restaurare la trama dei Maestri una simmetria chiusa: azione-ragione. Nella sala comandi la sua voce passava in semicerchio, entrava di persona in persona come onda simile e contraria come peso di un corpo senza contrappesi. Cercava il punto perfetto. Anna Maria Boriani 31 Laboratorio di Parole Sottogruppo Poesia in Brigata I° argomento: La Precisione Partiti! Dopo la riunione di giovedì 25 settembre, verso le ore 18,00, il Sottogruppo Poesia in Brigata ha ripreso la sua attività. Che cosa abbiamo fatto. Abbiamo scelto una serie di argomenti (per ora La Precisione, La Dissociazione, La Leggerezza, in seguito tratteremo gli argomenti desunti da quelli del Laboratorio). Ognuno dei partecipanti ha scritto il proprio breve pensiero sull'argomento, in rapida successione abbiamo anche scritto tre versi d'acchito e un poeta da solo (e gli altri ad aiutare) ha cercato le relazioni che esistevano tra i due scritti; quello del pensiero e quello dei versi. Ovviamente siamo partiti dalle fonti e nelle tre riunioni sulla precisione di volta in volta: vocabolario Zingarelli, Calvino Lezioni Americane, Gadda Cognizione del dolore, Isidoro di Siviglia Etimologie o Origini, Nietzsche Umano troppo umano ci hanno indicato da dove partire. Le prime due azioni sono state sorprese immanenti. Precisione nello Zingarelli “assoluta esattezza”. Precisione nel vocabolario De Agostini “grande esattezza”. Mamma mia, neanche gli Abba (gruppo musicale) avrebbero potuto scatenare un dibattito così variegato. Lo scontro tra “grande e assoluto” si è immedesimato nella sintesi che due poetesse hanno definito sul fare poesia con parole precise. L'una si appassiona alla poesia derivante dalla precisione scientifica della ragione e l'altra si abbandona all'altro estremo della precisione che si intride alla perfezione della poesia derivante dal sentimento. La seconda sorpresa è stata “politica”, perché la definizione nel senso figurato di “partito” è discorde e la discussione che stava montando l'abbiamo rinviata per via del buio incombente. Il giovedì successivo si è comparato il “discorde” con la definizione, di Isidoro da Siviglia (da Etimologie o Origini), di “nome”; “nome” come “segno distintivo” perché se non si conosce il nome viene meno la conoscenza della cosa stessa e così la poesia ne risente e appare nulla o inconcludente. Abbiamo, poi, terminato il ciclo sulla Precisione con una discussione di come si potrebbe utilizzare la parola “privilegio” all'interno di una poesia. Neanche a sera buia, come del resto il giovedì prima, siamo riusciti a trovare un accordo tra ciò che riporta il vocabolario (settore giuridico) e il “a me non dice niente il suo significato, l'ho adoperata lì quella parola, perché lì sta bene, e il suo campo semantico nulla ha in comunione con questa nuova “utilizzazione”. E qui sta il “bello” della poesia del Laboratorio si parla per ore, ci si “accende” e ci si lascia bruciare dal “godimento” del confronto “tanto le nostre poesie e le nostre performance sono [a gratis] o [dove vuoi tu]” come dice in una canzone un noto (Mingardi) cantante e compositore bolognese. Un tale tanto il nome non vale, per ora. 32 Poesie del Laboratorio Il libro Così illuminato nella quarta scansia della finestra accanto, ogni volta che lo sguardo levo a contemplare gli alti alberi che dal viale alla cima dei tetti ascendono, mi attira il suo colore cupo, i caratteri d’oro sul dorso di cuoio, il titolo dorato della copertina. Libro austero elegante. Con emozione lo sfogliai La prima volta, commosso, trepidante… Come ogni libro d’altronde. Quale fu il primo? Tavole patinate e colorate, ricordo; altri, illustrati con magico splendore. Con gli occhi le righe scorrevo affascinato, le pagine sfogliavo, attento contemplavo la malia del tomo. Era infanzia? Ogni età trascorre, né rammaricarsi serve a fermare dei giorni il susseguirsi. Su ogni libro la polvere del tempo s’adagia, sbiadiscono i colori così dei libri come del sembiante fino a sfumare nel niente. Colore Il colore del tempo, forse del cielo che m’illudo trasporti altre vite forse ricordi ed oblio d’un volo [perduto. Mai più, ecco l’istante di luce su timide ombre affogate in cristalli di cielo, sul sentiero d’un volo smarrito. Privo di voce, privo di qualsiasi avvenire che non sia nel silenzio. Colore di terra, di vita immersa nel vento tra onde di sabbia dove il tempo è sepolto. L’anima assorta nell’essenza del cielo, nel fruscio della sera, nella pioggia che canta sui tetti d’una vita piangente. Cosa mi resta? vivo nel buio in attesa d’un sogno, nell’idea del tuo volto, nel ritratto scolpito che hai lasciato nel tempo felice. Filippo Finardi Andrea Venzi 33 Poesie del Laboratorio Notte d’estate Scintilli come lava incandescente in questo vasto buio separando la terra dal cielo stellato che brilla come non mai in questa notte senza fiato. Resto lì a respirarti ciò che tu sfoggi all’iride e al cuore cercando di deviare i veri desideri anche se questo buio così vasto e dolce non fa che accelerarmi ciò che il cuore ribatte. Lo sguardo si riempie di stelle e il volto come un tempo i tuoi baci e non mi accorgo che sogno in questa notte d’estate. Rosy Giglio. 13/08/2014-Saracena quell’andarsene del tempo quell’andarsene del tempo non lascia traccia, si fa collana e catena assieme in una dimensione senza spazio in una suggestione evanescente volta le spalle al futuro, tocca le mani al passato, svela i segreti senza nome, scolpisce pietre miliari con ago e filo tesse una stella di notte al mattino la spegne e riprende la strada tracciata verso il giorno infinito Gabriella Penzo 34 Poesie del Laboratorio Se chiedessero delle mie estati bambine dovrei rispondere con memorie semplici. Racconterei di gite al vicino fiume di formiche in processione, di voli di mosche. Direi di sporte e di una millecento. Di frittate nei panini. Farei sapere di un cappello rosa e della coperta a quadri sull’erba secca. Confesserei una nostalgia d’affetto per la lusinga di un cocomero ammollato a mezzo, nel fiume al fresco, la promessa più golosa di un pomeriggio assolato e buono. Anna Zucchini 35 Poesie del Laboratorio Dalla mia linda, sto respirando le ore piccole dove non passa altro che… la signora con il cane ho io il mondo piccolissimo, la fontana canta le solite chiacchere e mi sto scoprendo in fosforescenza dove io percorrerò i versi carichi di riflussi forse ricostruirò la luce delle arguzie spero… o… potrò ricevere una estrema gioia dove forse mi trasformerò seducente stella, e io girellando nel cielo, per sospirare mi vedo, solitaria tra le lampare. Estasiata e sfiderò le verdi primavere. Emelina Pellizzari Impasto Guerra Impasto desiderio e sentimento mi nutro di occhi belli di tumide fragole e di sospiri Là dove siete caduti fa ancora rumore il vento ha rotto le ossa Oscar De Pauli Si sentono ancora le preghiere e il rintocco del campanile austero Frana Voi, domatori di catastrofi plasmate la montagna con sassi e muretti dissotterrando umori antichi. Rotolate radici, gli stivali grondanti fango, menta, cristalli impastati. In una lotta impari con la pioggia di domani Là dove siete caduti ho visto il sole andare via lasciare il buio coprire la terra - ancora - Margherita Lollini Valeria Bragaglia 36 Giochi e indovinelli di Sandro Sermenghi e altro LA GRANDE FOLA 1 Arrivo in Fattoria 2 e ho il fiato in gola mi accuso e mi punisco: - Gran somaro! -,3 quindi sebbene i miei pensier si sgolano 4 avanzo a ricercare il fior più raro. Poi palpitante assisto alla gran fola che il prof sta analizzando 5 e vedo il faro 6 di lettere-parole che s'involano 7 e fra il verde di sfondo un almo maro. 8 … e un tavol sparecchiato e una bottiglia, lì goderecci e immersi in uliveto immagini rotonde voci e risi, 9 scendendo dalle nuvole al concreto, incerti causa un'ansia che ci piglia, 10 c’immoleremo magici e... narcisi! 11 Sonetto visivo in 14 versi endecasillabi; Circolo "La Fattoria", sede degli incontri di poesia del Gruppo "Laboratorio di Parole"; 3 sono in ritardo; 4 sgolano: pensieri che urlano, enciclopedie, rebus, quotidiani, parole incrociate, dizionari che dentro la testa si inseguono giorno e notte, grazie ai quali, e nonostante!, cerco la migliore fra le possibili poesie (il fior più raro); verso 3: sgolano è sdrucciola e, per rispettare la rima, la sillaba finale no si fonde per sinafìa con la prima del 4; sgolano, per metaplasmo/ /apocope, può divenire sgola; ..5 sale in me forte emozione mentre il prof., con bisturi raffinato, sta smembrando Pasolini; 6 luce di lettere/parole che van fra l'àere e 'l verde; ..7 verso 7 come verso 3; 8 almo, s.m., animo; almo, agg., che dà vita, nutre, divino, fertile, nobile; maro, s.m., arbusto mediterraneo delle Labiate, odore intenso, sapore amaro piccante, detto erba dei gatti perché ne son ghiotti; maro, per metaplasmo /aferesi, significa anche amaro; in conclusione, almo maro può/vuole dire: a) animo/pianta (la vita?) fertile/divina / /nutriente, se il poeta è lieto; b) animo amaro, cioè dolore, se il poeta è tetro. O forse entrambi e ancora qualcos'altro; 9 i versi 9-10-11 sono priapei visivi raffiguranti il pasto buccale (tavol/bottiglia vuoti) e sessuale (goderecci) consumati e la pace del postludio fra ulivi e curve/suoni sensuali; 10 dopo il paradiso, i dubbi della vita terrena ma 11 narcisisticamente affascinati per la magica forza espressa, no alla quotidianità e pronti al sacrificio finale: avanti ad oltranza per soddisfare il nostro appetito pantagruelico! Sandro Sermenghi – per Cantierepoesia sabato 8 maggio 2010 a San Casciano in Val Di Pesa c/o ristorante “Mammarosa”. Gemellaggio di http://cantierepoesia.wordpress.com/con il Laboratorio di Parole-Circolo Fattoria di Bologna. Dall’alto a sinistra: Flavio- BI -Cantiere; Giovanni – BO; Sandro Ciaosandren – BO; Ersilia, supporter- BO, Aurelia- BO, VivianaBO, Oscar-BO; Mercedes, supporter- BO; Rosy- BO; Edo, supporter- FI. -Cant.; Renzo cineoperatore ufficiale- FI.-Cant.; Massimo, PG, “lìder maximo” Cantiere; Marcello -TOCant.; Ciolini- PO,Cant.; Tinti Baldini- TOCant.; Graziella-FI -Cant.; Roberta-FI-Cant.; Maristella- MC -Cant., Sandro Orlandi-RM Cantiere. 1 2 37 Poesie del Laboratorio Lo scricchiolio Dicono le vecchie guide di montagna quelle che hanno gli occhi piccolini per lo splendore delle nevi e la pelle ispessita come il cuoio, dicono che il momento più [terrificante non è quando la valanga comincia a scivolare verso valle e in alto si solleva un polverio di minuscoli ghiaccioli. Il momento più terrificante è quando nel silenzio sterminato si produce un sinistro scricchiolio che agghiaccia il sangue e mette in fuga i falchi roteanti. Così è anche per noi, vero? povere creature spaventate dal primo crik crik dell’esistenza. Ci si stringe il cuore e cominciamo a sospettare che quello scricchiolio sia solo il primo. Mirella Gresleri Esistere Pesante nube sul bordato mare, dalle vie del monte l’acqua giù correva inseguita dal vento impetuoso. Stridula la ghiaia del giardino sotto i piedi nudi a raggiungere la tua finestra sul mare chiassoso … Lame di luci nel tuo sguardo a conficcarsi nel midollo del mio mondo; ci sei rimasta come la verità dell’esistenza, nostra … Luigi Cuoco 38 Poesie del Laboratorio Prima si romperà pure la tazzina con l’unicorno dipinto Prima o poi si staccherà pure il manico di ceramica fine E la partita del mio cordone ombelicale sarà spezzata. Getterò tutto tra i cartoni e le piastrelle fra pezzi di pane e alfabeti di linee e punti croce Tutti ripresi dall’alto delle mie occhiaie. Sarà l’odore del pane incrostato tra dita abbuiate. Poi subito dopo il dolore, più a fondo dell’osso Non basterà il sentirlo Per raggiungerlo tutto La coroncina di zia Tina La chiavano zia Tina era suora di clausura a Roma ancella del Sacro Cuore nata signora dalla casa al convento. Il volto incorniciato nell’amido la gioia di vederci nel parlatorio piccole lettere piene di amore e di sante raccomandazioni. Il poeta è forse un savant? È questo che ti aspetti da lui? Ho parole dolci o di fuoco? Lucido con pollice e indice un suo cerchietto di ferro con la croce e dieci pallini. Paolo Senni Guidotti Magnani Nadia Minarelli All’Osteria Una goccia di canto cade sulle mie labbra È il vino corposo, tenebroso limpido, fuggevole. Un sorso, un sorso il piacere scende nella gola lubrifica i sensi viaggia nel mio corpo vivace senza meta avvolge. La resa La poesia domina la mia mente arida molto più di quanto io domini entrambi. Ardente spirito fresco una festa Dono di natura Sapore di vita Ho vino!! Ho vita!! Una fuga infinita dai giorni dalla vita mi rifugio in metafore e in anfratti di resa. Silvano Notari Paola Mattioli 399 Il Laboratorio in trasferta a cura di Angela Falcucci L’Associazione Insieme, nell’ ambito della Lettura di poesia che da qualche anno precede la serata conclusiva del Premio Tortoreto, ha organizzato una estemporanea di scrittura in versi, coinvolgendo il pubblico in sala. Era il sei giugno e ci siamo riuniti al bar 100%, a Tortoreto. Durante la lettura ogni partecipante ha pescato a caso tre parole; il gioco era provare a inserirle in un componimento in versi. Alla fine del pomeriggio ci siamo divertiti a leggere alcune di queste poesie. Non è semplice, e nessuno si aspettava l’invito a cimentarsi in prima persona con la scrittura poetica. A mio parere ne sono scaturite delle autentiche chicche! Shhh ascolta… dentro il mio cuore scorre silente un fiume di parole… Francesca Serpilli Il caffè è bollente l’attimo perfetto è fuggenteCon te il tempo corre sempre Ascoltare, parlare, litigare Ora o mai più Guardi solo il gatto ma anche lui come me fugge Luciana Censi Era facile odiare i tuoi rimandi. Ma da quando hai colato il miele sono felice e stregato Oscar De Pauli Ah, se solo tu volessi… potresti volare dall’Hangar del buio, ricordando a memoria la scia di polvere nel sole del pomeriggio In solitudine, dopo aver toccato il fondo piango In questo mondo dove il nulla emerge, mi sommerge, piangoPoi uno spiraglio di luce intravedo nel buio profondo: è il mondo di INSIEME fatto di amiche, di eventi e non mi sento più sola, mi basta una parola per rinascere M. Teresa Capriotti Uccello vienimi sopra!!! Concetta Pecoriello Una crisalide d’aria occhieggia in una bottiglia iridataSorrido alla vista e il mio animo arido s’illumina d’immenso- Eleonora Cruciani Grazia Colli 40 Il Laboratorio in trasferta a cura di Angela Falcucci Una nuvola si affaccia alla finestra E’ sera. La fanciulla esce con fare sensuale senza guardare indietro l’uscio Dolores Cimini, Arianna Del Sordo, Rosita Di Mizio E’ sera. A Londra piove, come sempre e scende tanta acqua. La vedo sbattere contro i vetri grigi della piccola mansardaLa vedo cadere, a scroscio, costante e silenziosaL’anima mia lacerante ancora, più non sorride: perché è sola. Silvana Anna Maria Di Giuseppe Se in questo mondo di plastica dove ognuno corre per cercare ciò che non troverà ci si potesse fermare a guardarci dentro potremmo trovare un lago dove immergerci nella sua pace. Aldo Zechini Cari amici del Laboratorio, in questo tempo incredibilmente assurdo e feroce, che uno vorrebbe solo rinchiudersi e sparire, non riesco a scrivere versi su quanto accade. Non posso. Voglio trovare un sorriso nella poesia, e mi collego quindi ai versi di Mazzacurati, La mortadella, apparsi nel numero 3 di PAROLE. Da un lettore che mantiene l’anonimato sotto lo pseudonimo di De Norcinis, mi è pervenuto il componimento in risposta ad Augusto. > Prosciutto cotto > > Yum yum prosciutto cotto > Come darti men di otto > Per le mie attente nari > Per profumo non hai pari > Ma se avvolgi il buon grissino > Sei davvero sopraffino > Ed il tuo verde pistacchio > Dir mi fa cacchio, cacchio > Due tre fette nel panino > Questo si è uno spuntino > Steso sulla cotoletta > tu la fai inver perfetta > colesterol scordar mi fai > e ti mangio quindi assai > bravo fu quel contadino > che allevò il maialino un certo De Norcinis A presto. Ciao a tutti da Angela 41 Laboratorio di Parole Sottogruppo Poesia in Brigata La dissociazione Scarichiamo accordi alla rinfusa, sconvochiamo lo stabile, ma al di là delle definizioni linguistiche e strutturali della Dissociazione è il grande fiume della poesia, la freccia della tradizione con le sue vere presenze, ma anche il senso della continuità della nostra specie e perfino lo stesso principio di realtà non hanno vera consistenza se rimangono inerti senza ciascuno di noi, senza intensità, la necessità del nostro cuore, senza che ogni volta sia la nostra fiamma ad accendersi ed accendere. Il resto non conta, rimane lettera e scoria; questo è quanto è risultato dalle riunioni sulla dissociazione. Per questo è così importante, davanti gli uni agli altri con in mezzo un bicchiere di vino (anche i the e i caffè non erano esclusi) per ragionare della dissociazione in questa maniera. È risultato, in un intervento, sulla definizione di dissociazione che è la necessità di non ascoltare il vuoto delle parole che s'incontrano ma che non si conoscono veramente e ci siamo chiesti se è per questo che dovremmo sezionare e analizzare con l'aiuto del vocabolario il “valore” di un termine, di una parola, di un sintagma. Ma analizzare e scegliere è compito della precisione ed allora ci dobbiamo spostare sui significati e già con-testare è dissociazione. C'è però “un fantasma che s'aggira per l'Europa”, ed è l'interpretazione (ideologica) delle vite parallele che non sappiamo dove collocare se non nel vuoto a disposizione tra una parola e l'altra e tra un segno e l'altro (se scriviamo in stampatello) di cui si scriveva prima. La sostanza di chi scrive in versi è la dissociazione perenne e questa condizione salva, chi scrive e chi legge, dal grigiore della quotidianità del percorso che ci avvicina alla morte. A questo punto, il poeta cancella le tracce perché le poesie sono visioni del mondo tramite fatti oggettivi o inconsci. Dissociazione: disgiungere, superare con tecniche di rottura che modificano, non aderire, tenersi fuori, ribaltare le convenzioni, sconvolgere gli stereotipi, far rivivere la vita, contropiede ed in fine; dissociazione mentale, grave alterazione del potere logico, tipico della schizofrenia. Ebbene, noi poeti (spero si colga il senso ironico) lavoriamo dietro la scrittura dei padri, mostrando il di dietro nudo dei loro-nostri miti, magari poi, confermandoli masochisticamente in una furia parodica contraddittoria. Per finire, prendiamoci controluce: da Amelia Rosselli, Libellula 27; Ben fortificata alla pioggia, ben sommessa al dolore, ben recapitata fra i tanti filtri delle esperienze-sapere che la luce è tua madre, e il sole è quasi padre, e le membra tue tuoi figli ... Nadia Minarelli 42 Il Laboratorio in compendio Il Compendio sett. – ott. 2014 Chi? Che cosa? Come? Dove? Quando? I “poveti” del Laboratorio di Parole. Scrivono e discutono di “poesia”. Leggono le “loro” poesie e intervengono osservando e “criticando”. Nella già abbastanza “famosa Sala del Camino. Giovedì alle ore 15,30 (da settembre a maggio). Da tempo occorreva una pagina, all'interno del nostro Bimestrale di Poesia, che reclamizzasse “lo stare insieme” del Gruppo che è il “valore” della poesia dei nostri poeti. Non si vuole qui riaprire vecchie polemiche sui giudizi che rilevavano errori lessicali e semantici nelle poesie dei partecipanti al Laboratorio, ma si vuole solo fare i passaparola su che cosa succede all'interno della ormai nota Sala del Camino. Occorre però ribadire che il VALORE del Laboratorio sta nel fatto che il GRUPPO si riunisce da ventitré anni e non nel fatto di sfornare “fenomeni” della poesia (si tornerà sul punto del valore della poesia del GRUPPO in altri numeri del Bimestrale). Dall'inizio dell'attività, metà settembre, alla fine di ottobre sono stati sei i giovedì nei quali si sono lette e discusse le poesie. Che cosa ne è risultato? Da subito s'è trattato del tipo, o modo, o maniera di lettura, mettendo a confronto la lettura degli accademici con quella di chi sussurra e quella interpretativa con quella che sembra incolore e inespressiva. È successo anche che si sia tentato un interessantissimo esperimento con la poesia in dialetto. Siccome la provenienza dei partecipanti è diversificata, allora si è provato a leggere prima la poesia in italiano e poi in dialetto, garantendo così anche a chi non ha bolognese (o il romagnolo o napoletano o il calabrese o il friulano o il veneto) come seconda lingua, il godimento dell'ascolto di musicalità altre. Altri argomenti sono emersi, e ognuno di questi avrebbe il diritto di discussione ampia ed esauriente. Per esempio l'argomento di come il poeta intende il “problema del lettore”; oppure l'argomento che consegue dalla traduzione dialetto- italiano o vice-verso (sic). Nonostante il certo poco tempo a disposizione la riunione sempre intride argomenti alla lettura di ogni poesia. Per finire occorre completare il bollettino delle cose trattate. La poesia è per sé o è la poesia per gli altri. Spiegare o non spiegare; prima o dopo la lettura della poesia. Come si fa a mantenere il Mistero della poesia. Si è evocato Sanguineti con il suo “da un piccolo fatto vero” dove piccolo è da considerare nella definizione di “poco conto”. Si è paragonata la poesia ad un Mandala e come rapidamente si dissolve il suo disegno anche ad una lieve folata di vento. Ed infine il “problemone”: come riuscire nel discutere di una poesia ad escludere la critica al “senso”. Il limite delle tremila battute si stanno avvicinando, grazie per l'attenzione e alla prossima. Per la redazione: per ora, un tale. 43 Indice Cognome e nome N° di pag. Cognome e nome Andraghetti Fosca Magno Antea 29 Anna Silvana Manini Elio 41 Bastelli Anna Manzoni G. Ruggero 20 Boari Carlo Marisaldi Maria Luisa 25 Boriani Anna Maria Maselli Anna 31 Bragaglia Valeria Mattioli Paola 30, 36 Calotti Gian Pietro Mazzacurati Augusto 4, 10 Capriotti Maria Teresa 40 Minarelli Nadia Caruso Maurizio Montori Francesco 1 cop. Casetti Rosalba 2, 3, 4, 30, 31 Morelli Arnaldo Censi Luciana Notari Silvano 40 Cimini Dolores Pascoli Giovanni 41 Colli Grazia Pecoriello Concetta 40 Colonnello Tommaso 28 Pellizzari Emelina Corazzini Sergio Penzo Gabriella 26, 27 Corradi Livia Pinghini Chiara 29 Cruciani Eleonora Rocchi Giuliana 4, 40 Cuoco Luigi Rosselli Amelia 4, 11, 38 Del Sordo Arianna Saguatti Piero 41 Demi Cinzia Sangiorgi Marina 12, 13 De Norcinis Santandrea Viviana 41 De Pauli Oscar Senni Paolo 1, 5, 36, 40 Di Giuseppe Maria Sermenghi Sandro 41 Di Mizio Rosita Serpilli Francesca 41 Falcucci Angela Spaziani Maria Luisa 4, 24, 26, 27, 40, 41 Finardi Filippo Tarroni Amleto 33 Finzi Zara Tieghi Aurelia 14 Generali Alessandra Tinarelli Luciana 6, Giglio Rosy Tomba Patrizia 4, 34 Gresleri Mirella Tosi Paola 16, 17, 38 Grosso Piera Vannini Giovanni 15 Guadagno Crescenzo Venzi Andrea 21 Iattoni Maria Verdoya Malena 5, 10, 22 Kipling Rudyard Zechini Aldo 8 Krumm Ermanno Zucchini Anna 2, 3 Lipari Franco 15 Lollini Margherita 4, 36 44 N° di pag. 5, 9 4, 22 12, 13 25 11 39 10, 23 39, 42 8 24 39 20 40 5, 36 4, 34 24 18, 19 42 5, 28 18, 19 4, 22, 23, 24 39 37 40 16, 17 14 4, 29 7 15 15 5, 9, 32, 43 33 5 41 4, 35 Movimento Difesa del Cittadino (MDC) è un’associazione dei Consumatori senza scopo di lucro, nata a Roma nel 1987, che opera a livello nazionale ed è indipendente da partiti e sindacati. MDC è membro del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) costituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico, di Consumers’ Forum ed è anche Associazione di Promozione Sociale riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Inoltre collabora con Legambiente e le principali associazioni nazionali di tutela dei diritti dei cittadini e dei consumatori. MDC Promuove la Tutela dei Diritti dei Cittadini, informandoli e dotandoli di strumenti giuridici di autodifesa, prestando Assistenza e Consulenza Legale su problematiche collettive ed individuali. Porta avanti una serie di iniziative per rendere i cittadini sempre più informati su come contrastare le Insidie del Mercato, anche attraverso Azioni Legali per la Difesa degli Interessi Collettivi e Diffusi. I cittadini che hanno bisogno di un consiglio e assistenza legale in tema di famiglia, lavoro, proprietà e locazione di immobili (liti condominiali), consumo e commercio, infortunistica stradale e multe, viaggi e turismo, possono usufruire, previo tesseramento, della consulenza GRATUITA di un esperto. SI RICEVE TUTTI I MARTEDì SOLO SU APPUNTAMENTO DALLE 17:00 ALLE 20:00 E TUTTI I GIOVEDÌ ANCHE SENZA APPUNTAMENTO DALLE 17:00 ALLE 20:00 PRESSO LA SEDE DEL CIRCOLO LA FATTORIA Per maggiori informazioni: tel. 051505117, E-mail [email protected] I pittori del Laboratorio di Parole Elio Manini “Ricordo ecologico” olio su tela cm. 40 x 40 Bologna 2012"
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