laboratorio di parole - Circolo La Fattoria

PAROLE
BIMESTRALE DI POESIA PROSA E DIALETTO
SETTEMBRE – OTTOBRE 2014
ANNO XVIII N° 4
"Notturno emiliano", di Maurizio Caruso, Bologna 2014, acrilico su tela, cm 50xcm70
"Notturno emiliano", di Maurizio Caruso, Bologna 2014, acrilico su tela, cm 50x70
LABORATORIO DI PAROLE
Circolo La Fattoria
BOLOGNA
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Verso il 23° di Oscar De Pauli
“Il Poeta del mese”: Ermanno Krumm, a cura di Rosalba Casetti
Incipit: “possa la voce della mente” da una poesia di Ermanno Krumm
Articolo di fondo di Oscar De Pauli
Visti da Francesco Montori
Un ricordo per Maria Luisa Spaziani di Mirella Gresleri
Scheda di lettura, a cura di Anna Maselli
Poetesse e poeti di Marina Sangiorgi
Pagine delle traduzioni
Le “pâgine dal dialàtt”, a cura di Viviana Santandrea
Incontri, a cura di Angela Falcucci
Il racconto: “Libri” di Rosalba Casetti, a cura di Valeria Bragaglia
Giochi, indovinelli ed altro ancora di Sandro Sermenghi
Il “Laboratorio in trasferta” a cura di Angela Falcucci
Il “Laboratorio in compendio” a cura di Giovanni Vannini
Anno 2014: ventiduesimo anniversario del Laboratorio di Parole
Appuntamenti:
 Sabato 8 e domenica 9 novembre Crocevia di poesia. Programma:
sabato 8 novembre:
 ore 10:00 - 13:00 accoglienza ospiti.
 ore 13:30 buffet offerto dal Laboratorio di Parole nel salone del Circolo;
 ore 15:30 intrattenimento musicale, letture dei poeti partecipanti, interventi del Prof.
Gianfranco Lauretano che conferirà su “Osip Mandel’stam e la poesia russa” e del
Prof. Jonathan Sisco che parlerà della “poesia in Italia tra gli anni ’70 e ’80 del
Novecento”. Pause musicali con la pianista Antonella Belli ed esibizioni dei
Maestri della scuola di Tango Argentino del Circolo La Fattoria;
 ore 21,00 cena al Ristorante del Circolo (€ 15,00).
domenica 9 novembre:
 ore 9,00 ritrovo al Circolo La Fattoria, visita guidata al “Museo della Storia di
Bologna”; ore 13:00 pranzo al “Mercato di Mezzo”;
 Giovedì 4 dicembre presso la Biblioteca Comunale Luigi Spina, via T. Casini 5, alle ore
17:30, in collaborazione con Estro versi Associazione culturale, presentazione del libro I due
volti della Medusa di Angela Falcucci Edizioni le parole Modena 2014. Interverranno
Jonathan Sisco e Cinzia Demi.
Abbonamento annuale 5 numeri € 15,00. Una copia € 4,00.
Tessera ARCI 2015 € 11,50
Iscrizione 2014 al Movimento Difesa del Cittadino € 1,00
Registrazione Tribunale di Bologna N° 8044 del 18/02/2010 Direttore responsabile Primo Mingozzi
Redazione: Anna Maria Boriani, Oscar De Pauli, Nadia Minarelli,
Gabriella Penzo, Viviana Santandrea, Giovanni Vannini..
Stampa: Copisteria Asterisco snc. Pubblicazione a diffusione interna del “Laboratorio di Parole”.
Proprietà
Via Pirandello, 6 - 40127 BOLOGNA - Tel. 051 505117, Fax. 051 6333781, Bar –Bistorante 051 511807
E mail [email protected] Sito internet: www.circolofattoria.it
P. IVA 02552140374 C. FISCALE 80066910375
Editoriale
Giovedì 18 settembre, alle ore 15:30, sono ripresi gli incontri dal Laboratorio di Parole per l’anno accademico 2014 – 2015. Con questa ripresa il Laboratorio s’incammina per arrivare nel mese di aprile 2015 al suo ventitreesimo anniversario. Ventitré anni non sono pochi per un gruppo che si occupa di poesia
da appassionati e con continuità. Oltre alla Poesia è il piacere della compagnia e
della socialità che determina il notevole numero di presenze a tutti gli appuntamenti settimanali, con una media di 22/persone su una cinquantina di iscritti.
La “scaletta” dei nostri giovedì poetici è ampiamente collaudata perché
garantisce una accettabile organizzazione e dà la possibilità a tutti i presenti di
leggere i propri testi. Nel “giro” delle letture gli interventi critici e le discussioni
sono sempre numerose e pertinenti, contribuendo così alla comprensione delle
poesie, delle ispirazioni e delle tecniche degli autori. Ciò porta a un arricchimento che si evidenza nel livello qualitativo in continuo miglioramento.
La persistenza della nostra formula, informazioni e giro di letture, ha
una valenza positiva che si rafforza realizzando dei confronti con altri gruppi
poetici più o meno longevi.
Il Laboratorio di Parole non ha pretese di fare scuola, moda o tendenza.
Non è salotto letterario ma un luogo aperto e libero dove tutti possono partecipare per fare poesia, cultura e per socializzare.
L’età media dei membri del Laboratorio è alta ma, come sempre, cerchiamo ed accettiamo scambi di esperienze e confronti con tutti, siano essi singoli, gruppi o Associazioni.
Vogliamo continuare a coltivare i decennali rapporti con tutte le altre
realtà poetiche, con i professori e le personalità con cui abbiamo avuto la fortuna di collaborare e di godere dei loro contributi.
In questo anno accademico ai nostri incontri mensili di approfondimento,
il 1° giovedì del mese, oltre al prof. Jonathan Sisco saranno invitati anche altre
personalità del mondo poetico e letterario.
Forse è scontato affermare che i giovani con la loro vitalità e freschezza
sono sempre i benvenuti nel Laboratorio, ma un affettuoso benvenuto va indirizzato ai nuovi (giovani e non) che si sono aggregati recentemente.
Anche le idee nuove sono le benvenute, come quella concretizzata da
giovedì 25 settembre da un gruppo di soci che, dopo l’incontro canonico, si
trovano nell’adiacente bar-ristorante per approfondire alcuni temi emersi nella
riunione appena conclusa.
La nostra rivista PAROLE, deve continuare a raccogliere e pubblicare
tutti i contributi dei soci del Laboratorio e dei suoi abbonati, nonché di quanti
sono disponibili ad intervenire per informare, approfondire e analizzare temi
letterari e/o di rilevanza sociale. Ritengo che la parola inclusiva sia quella più
appropriata per caratterizzare il nostro periodico. Con questa linea editoriale si
trasmette l’autentica anima del Laboratorio di Parole che va verso il suo 23°
anno di attività.
Oscar De Pauli
1
Il poeta del mese: Ermanno Krumm a cura di Rosalba Casetti
Nasce a Golasecca (Varese) nel 1942 da padre
pittore, vive e lavora a Milano. Muore a Como nel
2005. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Le cahier
de Monique Charmay (1987), Novecento (Einaudi,
1992), Felicità (Einaudi, 1998 ), Animali e uomini
(2003), Respiro (Mondadori, 2005). È stato saggista, traduttore e critico d’arte del “Corriere della
sera”. La poesia di Krumm parte da rilievi e dati
minimi, da singoli eventi per caricare via via ogni parola di tensione e di spazio, è popolata da una molteplicità di personaggi e animali che condividono lo
stesso giorno, lo stesso cielo. Dal primo libro all’ultimo Respiro del 2005, anno
della morte, il poeta si è andato liberando dei richiami ai saperi di ordine estetico e linguistico per approdare a uno stile essenziale, nitido, una lingua per ricordare e preservare e dire il tragico dell’esistenza. L’ultimo libro Respiro è un
depositarsi dell’esperienza vissuta, brulicante di persone e animali, guardate dalla lontananza di un libro dell’addio.
Da Novecento: Bilder
Arriva Magritte e vede l’esplosione:
è perfetta, esattamente questo
il quadro, la cornice
vede Hölderlin il quadro visibile,
il suo perfetto di cerotto
il ventilatore che ruota all’acquario
di Marussig, coi segnolini rosso
[azzurri.
Ma coi pesci ciò che è immerso
staziona.
Da Novecento
Così dalla bruma si salda
la stagione di foglie nuove, oggi
che mi rincresce sia come inverno
e non ronzino che i fogli,
che la mosca non vada e venga,
[oggi
che io ci sono
minuto o secolo:
è il salto finale del mondo,
il generale osso di balena
vecchio ventre che spazia sul capo.
Esce il tasso sul pipistrello e a trombe spiegate simula un colpo,
un lampo.
Io non faccio che tenere
uno strano equilibrio in quest’assedio
finché non si porta un rafalo acuto
quest’esercito d’insetti
e verdi infiniti alberi e foglie.
Da Felicità
Un vento senza nuvole solleva
lo sporco dei campi: terra e cielo,
nient’altro. Ma il vecchio mulino
spinge: è finito il tempo e tira
tutto fuori quadro. Nessun pensiero
nessuna parola: da sei settimane
guardo questa immagine di Soutine
e non vedo che la pagina con il post-it,
la stessa parete di là dai vetri
e tutto che poco alla volta affonda,
tra cose mai viste in Paradiso.
2
Il poeta del mese: Ermanno Krumm a cura di Rosalba Casetti
Da Felicità : Nevicata
E c’era la macchia sgranata
contro il cielo a fare
imperfezione nel cristallino,
Da Respiro
Possa la voce della mente arrestarsi
e col suo capellino d’aria millenaria
inchiodarsi il pianeta:
pochi grani e pareva
non fosse mai stata
così raggiante l’aria,
spessa più della polvere
a Rosignano Solvay, sporca più
che in una via di Milano,
ammiro, nel movimento
le cose ferme come l’opera scrosciante
del mare, onde e onde
nello stesso punto, immobili.
Da Respiro: ricordando un affresco
del Pinturicchio nella libreria Piccolomini.
Da qualche parte l’alba imporpora
un ramo, due uccelli si rincorrono
e il vento a un lupo arruffa il pelo.
La guardo, nell’ombra lei riposa.
c’era più luce, lì,
in un’arancia
che in tutti i lampioni della città.
Da Felicità: Realismo ingenuo
È un giorno che qui ci sono
mille fruscii: tengono seduta
perché è grigio fuori
e mandano me avanti.
- Fruga tu, mi dicono.
Scalda questo giorno
nemico dei rami che si spogliano -
Non so se questo è l’assoluto
dell’amore, ma penso che anche noi
come i due soavi uccelli
sopra l’unico cipresso alzato sul mare
potremmo, indenni, superare la distanza.
Da Respiro
A tratti congiunti vanno i fari delle auto,
i due punti uniti che non sono mai stati
né i suoi né i miei genitori,
come due ragazzi, a braccetto:
come le nostre fedi, le piccole fedi
nel fuoco dell’immagine
toccano più che nomi cose,
acacie o rami, cose rare e lontane ma monumenti vivi e pieni di luce.
io pesce preso per sfinimento, cane
col campanello alla coda, lei, lampada,
piano di lavoro, mensola, morbido del letto
e azzurro all’alba, col cielo dentro.
Da Respiro
A letto ti voglio sempre dallo stesso lato
non perché sia quello che preferisco
del corpo e del volto, ma perché
come i rami di un vegetale
pendo verso la luce da quella parte
e a vederti mi sporgo
con gli occhi della giovinezza.
Da Respiro: Egadi
Non ci sono scie di barche
attorno alle isole, né smagliature
nell’inumana desolazione della mente
ma cose che possono anche apparire
quali realmente sono: deserti,
solitudini, milioni d’anni
e nulla da temere.
INCIPIT: possa la voce della
mente
3
Incipit
Possa la voce della mente
Parlarmi ancora
Come faceva - lontana - un tempo.
Possa la voce della mente,
la mia, ogni tanto tacere
e ridare al bambino che era
l’etere tolto alle parole di ieri.
Margherita Lollini
Erano libere voci, allora,
un tempo plasmato di sogni
ogni volta bambini, ancora.
Possa la voce della mente
convincere gli uomini
alla pacifica convivenza.
Giampietro Calotti
Elio Manini
Possa la voce della mente
urlare a tutta l’umanità che
siamo figli del medesimo
e infinite varianti DNA
in questo mondo di guerre infinite.
possa la voce della mente soffermarsi
su cose che paiono reali
e scaldano questo giorno
come un sorriso smarrito
Gabriella Penzo
Luigi Cuoco
Possa la voce della mente tacere,
[lasciare
una bianca pagina tutta da scrivere.
Possa la voce della mente
guidare il mio percorso
lungo i meandri alberati della vita
grondanti luci ed ombre
gioie e gemiti.
Rosalba Casetti
Possa la voce della mente
Tacere un attimo
Dare respiro al cuore
Eleonora Cruciani
Possa la voce della mente
quieta
affiorare.
Viviana Santandrea
Possa la voce della mente
mai essere impotente o
svuotata dal niente.
Angela Falcucci
Aurelia Tieghi
Possa la voce della mente
essere l’erba sempre verde
dell’universo.
Possa la voce della mente
sostituirsi alla mano
e condurmi abile al foglio,
ove imperativo sia il segno.
E che esso sia sublime e superbo.
Rosy Giglio.
Anna Zucchini
4
Incipit
Possa
la voce della mente
arrivare
ai cuori di dura costituzione.
Maria Iattoni
Possa la voce della mente.
È meno di un’illusione, che scappa… va nell’aire.
Emelina Pellizzari
Far vibrare il timpano di chi può
Per produrre il legittimo e l’onesto e il lecito
Possa la voce bella della mente
Un tale
Possa la voce della mente
tacitare tutte le grida attorno
e sussurrare pace
ad un cuore stremato, che non sente.
Piero Saguatti
Possa la voce della mente
Correggermi quando dico cavolate.
Oscar De Pauli
"Possa la voce della mente"
lasciare spazio al silenzio
parlare in sintonia
con le altre voci, e in sincronia.
Malena Verdoya (dall’Argentina)
Possa la voce della mente raccontarti storie false per ingannare il tempo.
Possa la voce della mente crescere in un prato di solitudini per maltrattare il
tuo ricordo.
Mente ormai il ciliegio delle nostre aspettative fruttate. Frutti incolti di un amore mai nato, abitacolo di parassiti felici della nostra indifferenza.
Possa io conservarti per sempre… nella mia voce, nella mia mente.
Antea Magno
5
Poesie del Laboratorio
.
Non ti vedo da tanto cara amica
e anche quest’anno l’estate è quasi finita
Dì per favore a tuo fratello
che l’anno scorso è stato molto bello
quella sera a casa dai tuoi
tu seduta sul divano con tuo marito
lui fuori a suonare sotto il cielo stellato
con la tromba nel buio verso l’infinito
Tuo fratello è proprio bello
somiglia un po’ a Bob Dylan
Cara amica che piangi e ridi
e dalle tue mani come nidi
nascono i gorgheggi di una piccola rondine
prendono il volo le ali
colorate e leggere di mille farfalle
Cara amica l’avrai capito sì
sì che mi piace tuo fratello
che piano mi accarezzava l’orecchio e il cervello
Nella notte la bella melodia
ascoltavo ferma sul cancello
non sarei mai voluta andare via
un soffio d’eterno mi aveva fatta nuova
Però lo sai ho le mie fisse
le paure nascoste e silenziose
Ma adesso nelle giornate oziose
nel mal d’amore che mi ha annientata
nella noia in cui mi ha lasciata un amore finito
come una malata cerco qualcosa
che mi apra l’anima e che mi sollevi
Tu mi parli delle tue vacanze delle vostre ore
Io mi accorgo che quella notte l’ho serbata nel cuore
azzurrabianca (Alessandra Generali)
6
Poesie del Laboratorio
Come uccelli morenti
Come uccelli su un trespolo
stanno accovacciati, leggeri,
d’ossa leggere, perduti nella loro pelle.
Creature inesistenti, cittadini del nulla,
animali morenti attraversano la spiaggia,
si spingono in mare dove l’onda è vivace,
si rompe sulla sabbia, scelgono un’onda
e ci si buttano dentro, l’onda li trascina
indietro, si lasciano schiantare dalla schiuma.
Allora la spiaggia è un niente,
e gli umani strappano ore di luce
alla loro sorte quotidiana provenienti
da un inverno in cui la consolazione
è un sedile di una macchina
dai finestrini ghiacciati,
e quando si alzano lo fanno leggermente tramortiti,
come mosche d’inverno.
Ad alcuno di loro non dispiace parlare,
in quei casi il forestiero entra nei loro nidi,
e vi trova qualcosa di inatteso:
un bicchiere colorato, un bastone intagliato,
un bidone, un comodino,
una foto di un bambino.
Oggetti. Ricordi.
Quel che chiamano proprietà è per loro
un regno ai cui confini possono giusto
arrivare allungandosi un po’,
ne possono scorrere il catalogo
in un solo sguardo, nel tempo di un respiro.
Luciana Tinarelli
7
Visti da Francesco Montori
Se siamo già
Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,
O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,
O essendo odiato, non dare spazio all'odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo
saggio;
Spesso mi chiedo attraverso quali
occhi l’uomo che sarò, l’anziano che
sarò, vedrà la persona che sono
adesso. Avrà quell’uomo, quell’anziano, nei suoi occhi un po’ degli
occhi zaffiro di mio padre? La sua
voce veicolerà i consigli che dalla voce
di mio padre hanno percorso la sua
vita e la mia fondendole?
Non vi è dubbio alcuno, amici miei,
noi siamo padri di noi stessi, madri di
noi stessi, figli di noi stessi.
Avrà un giorno quell’uomo, quell’anziano, nelle sue braccia, un po’ degli
abbracci di mia madre? Avrà una stilla
di quella preoccupazione che ancora
ogni tanto mi cade sulla fronte e che
mia madre non avrebbe voluto far
cadere dalla sua?
Non vi è dubbio alcuno, amici miei,
noi adesso potremmo essere già padri
dell’uomo, della donna, degli anziani
che saremo e domani padri, madri, zii
e fratelli di ciò che siamo adesso.
Prendete un compasso e tracciate il
cerchio. Quella è l’unica generazione,
amici miei. Leggete la poesia di
Kipling, Se, ma leggetela come se
doveste dirla all’uomo e alla donna
che sarete o alla persona che eravate.
Lui la scrisse per suo figlio. Ma lui era
anche figlio di se stesso e padre di se
stesso.
Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,
Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina
E trattare allo stesso modo questi due impostori.
Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi,
O a guardare le cose per le quali hai dato la vita,
distrutte,
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi.
Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
senza mai far parola della tua perdita.
Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi
nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tenere duro quando in te non c'è più nulla
Se non la Volontà che dice loro: "Tenete duro!"
Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù,
O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,
Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.
Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!”
…Se da sempre siamo già padri, madri
e figli, l’eternità si toglierà la maschera
del Tempo e dirà, stanca e sorridente:
«Lo spettacolo è finito.»
Torneremo a casa, accorgendoci di
stringere con la mano ciò che
eravamo, ciò che siamo e ciò che
saremo.
Francesco Montori
“Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te
la perdono, e te ne fanno colpa.
Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne
dubitano, tenendo però considerazione anche del loro
dubbio.
8
Poesie del Laboratorio
Senza nome
Nel caso del bisogno arriva cantando la paura, il rumore delle sue aspettative
travolge amorevolmente la mia agonia.
Il tempo passa, io resto e non cambio, l’evoluzione della mia anima sospira
come può fare un animale in attesa d’essere abbattuto.
Gentilezza e misericordia comprai al mercato dell’ottimismo. Quanto zelo,
amore e scetticismo.
Ora mi ritrovo in questa tana di nostalgie, calde opere di uno spettacolo al
tramonto… la vita e il crepuscolo, come flebili flatulenze, dipingono il mio
cuore.
Lo stomaco mangia i resti del mio antico tenore. Digestione assai difficile,
pompa il cuore, il sangue che mai scorse tra lacrime di dolore.
Me ne sto un po’ nascosto, al mio posto, mesto.
I giovani albori di un nuovo inizio tremano davanti le mie urla di indifferenza
ed ad un tratto eccole… assenza e poesia, trucchi di un uomo che cammina
dritto per la sua via.
Antea Magno Bologna, 23/09/2014
Il minimo
un giorno
non si sa
tra quanto
forse
si parlerà
di queste cose
la morte
la terapia
la poesia
la morte
fa migrare
esula dal mondo
l'anima
la rende
straniera
e lieta
libera di allargarsi nel fluido
la terapia
fa pendant
ci esula
dal mondo
della gente
ci rende
stranieri
e tenebrosi
liberi di chiuderci nel se stesso
la poesia
ci fa
esuli
ci rende
liberi
eh! Beh!
immaginifici
dal mondo
indigeni
liberi
La poesia
e basta!
numi tutelari della nostra vita
liberi
di un tale e basta tanto il cognome non vale
9
Poesie del Laboratorio
Obesità
La Pazienza
La pancia è piena il pane non manca
È bello oziare “lavorare stanca”,
fanno sempre male i calli alle mani
facciam festa per lavorare domani.
Grande la luna dalla mia terrazza
La colomba sul filo a riposare
Bagnato ancora il prato dalla guazza
Indugia un poco il sole a primeggiare
Se c’è poi qualcuno che lo fa prima
Noi pensiamo solo a fare la rima
E uno che, siam sicuri che lo farà,
solo per il bene dell’umanità.
Non ricordo cosa devo fare
Pure sapevo dell’alzarmi presto
Per fattori devo preparare
fatico a stare in piedi nel contesto
Augusto Mazzacurati
‘na poesiola serve per dialetto
Un poco di minestra a mezzogiorno
E per “Parole” il solito sonetto…
Immagino l’entrata nella sala
Il “tutto bene” al posto del saluto
Che vuoi che dica ho il groppo nella gola?
Non s’addice a Regina
Tengo il pensiero per un altro giorno
Penso alla cena con pazienza al forno
Maria Iattoni
Liberi fumi d’osteria
Alza il culo da quel cazzo di sedia
senti e non ascolti, guardi e non vedi,
da tempo sono stitici i Doveri,
mentre Diritti intasano latrine.
Sposta il naso, forse il guardare sarà
un diverso uguale, ma porca troia
vedrai il verso ch’è assente al dritto:
“Letame, attento almeno non pestare”.
Effluvi “d’Eau de ledam” incantano.
Bello è posar di propria merda gli altri,
gridare all’uguaglianza e non schiodarsi
mostrar le man pulite e far un cazzo:
-Son mica semo io son l’opposisione
Còmm al dis al mi amig Brambilla: A go
la pultruna vestida de pèl d’anguila?
L’è ‘nculàt ben ben, el cadreghin dedre.Marcirà il Full Stop con l’anima mia,
mi sazierò di colpe, e così sia.
Gianpietro Calotti
10
Scheda di lettura a cura di Anna Maselli
Di Te.
I miei ricordi
sono fatti di te,
la tua voce sta nella mia
e di te ricordo i profondi sorrisi
e non voglio mandarli via.
E bello vivere
se vivere è con te.
Mi ricordo ogni sorso d'acqua
tra le dita e stringo forte
una lacrima nel cuore
perché so che un
giorno tornerai prima che il buio
andrà oltre l'ultima ora del tempo
che verrà in libertà...
Luigi Cuoco
È una composizione in versi di varia
lunghezza legati sporadicamente da
alcune rime e raggruppati in quattro
strofe. Alla prima lettura, si avverte
subito un cambiamento di ritmo fra le
prime due strofe e le altre due. Nelle
prime il ritmo è veloce e scandito, nelle altre è incerto e mutevole. Non si
può fare a meno di notare che il cambiamento del ritmo accompagna quello dello stato d' animo, che passa dalla
certezza granitica delle prime due strofe allo smarrimento delle ultime due.
La prima parte ci parla di un amore
forte ed esclusivo. Già il titolo “Di te”,
così stringato, ci porta al nocciolo del
sentimento, che si esprime poi con
una catena di pronomi e aggettivi personali e possessivi correlati: miei-te,
tua-mia- te, che ci dicono l'intensità
del rapporto assoluto e totalizzante. I
nomi: ricordi, voce, sorrisi, assieme ai
verbi: sono fatti, ricordo, non voglio,
mandarli, vivere, così concreti e molto
forti, esprimono con efficacia l'unicità
essenziale di un rapporto d'amore.
La seconda parte, nella prima strofa,
ci dà l'immagine più significativa della
poesia, che è anche metafora della vita
e della condizione umana: l'acqua che
inonda e sfugge fra le dita e il verbo
“stringo”, che ci parlano della ricchezza dei doni e insieme della loro precarietà e della lotta per non perdere la
forza e la speranza incrollabile e disperata di un ritorno, in un accavallarsi di
contrasti fra i verbi: so-tornerai, andràverrà, che vogliono affermare la certezza contro il buio, e, l'ultima ora del
tempo, inesorabilmente in agguato. Il
nome “libertà”, che chiude la poesia
coi punti di sospensione esprime dolore, smarrimento, paura di perdersi e
nello stesso tempo abbandonarsi alla
speranza.
Anna Maselli
11
Il poeta: Gian Ruggero Manzoni a cura di Cinzia Demi.
Una poetica dove la dimensione cristologica diventa
un pilastro che regge - quale valore esistenziale e profondo
- il coraggio e la disperazione dei protagonisti dei testi, che
sono il coraggio e la disperazione propri dell’uomo-poeta,
che si fa carne straziata e sangue versato, che si cala nella
volontà di una redenzione forse malferma ma conclamata,
che si fa ancora verbo nelle parole umanizzate – prosopoetiche dell’autore.
Gian Ruggero Manzoni è nato nel 1957 a San
Lorenzo di Lugo (RA), dove tuttora risiede. Poeta, narratore, pittore, teorico d’arte, drammaturgo, frequentato il
Liceo Classico a Lugo di Romagna, nel 1975 si iscrive al DAMS di Bologna indirizzo Spettacolo poi Arte. Suoi maestri sono stati Gianni Celati e Umberto Eco.
Nel 1977, a seguito dei fatti riguardanti il famoso "Marzo Bolognese", lascia la città emiliana e parte volontario nell'esercito. Negli anni successivi soggiorna per lunghi periodi in Belgio, in Francia e in Germania, dove frequenta gli
ambienti artistici.
Nel 1982 e nel 1983 è redattore della rivista Cervo Volante di Roma, diretta da Achille Bonito Oliva ed Edoardo Sanguineti. Insegna Storia dell'Arte
presso l'Accademia di Belle Arti di Urbino dal 1990 al 1996, quindi, lasciata la
cattedra, come contrattista, presta docenza presso Accademie e Università italiane e straniere. Nel 1980 pubblica Pesta duro e vai trànquilo/Dizionario del linguaggio giovanile con le Edizioni Feltrinelli.
Nel 1997 dà continuità alla ricerca riguardante i nuovi linguaggi emergenti pubblicando Peso vero sclero/Dizionario del linguaggio giovanile di fine
millennio edito da Il Saggiatore. Come teorico d'arte, pittore e poeta partecipa ai
lavori della Biennale di Venezia negli anni 1984 e 1986, edizioni dirette da Maurizio Calvesi, curando, assieme all'amico Valerio Magrelli, la Sezione Poesia per
Arte allo Specchio.
Dal 1986 al 1998 dirige la rivista d'arte e letteratura Origini. Dal 1985 interpreta a livello teatrale suoi testi accompagnato da musicisti jazz. Sue poesie
sono state musicate da Fernando Mencherini, Nicola Franco Ranieri, John De
Leo, Stefano Scodanibbio. Negli anni '90, sotto la direzione di Gianni Celati e di
Ermanno Cavazzoni, collabora alla realizzazione dell'almanacco di prose Il
Semplice, rivista di narrativa edita da Feltrinelli.
Ha vinto i premi letterari Savignano, per una raccolta inedita di poesie,
Todaro-Faranda, per la narrativa inedita, e Francesco Serantini. È stato incluso
nella cinquina finalista dei premi Mont Blanc, per la narrativa inedita, e BariCostiera di Levante.
12
Il poeta: Gian Ruggero Manzoni a cura di Cinzia Demi
.
Ha al suo attivo oltre 40 pubblicazioni.
Alcune sue opere sono state tradotte in Grecia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Irlanda, Argentina, Uruguay. Ora dirige la rivista d’arte, letteratura e
idee ALI.
Ama abitare in provincia e, come di solito dice, "dell'uomo di provincia possiede
tutti i difetti, ma anche tutti i pregi".
Conosco Gian Ruggero di fama e per averlo incontrato qualche volta a
letture di poesie, a cui abbiamo partecipato entrambi, in Romagna. Di lui mi
colpisce il suo essere così poliedrico dato che - come si vede dalla sua biografia si occupa d’arte a tutto tondo. Leggendo i suoi libri, e ascoltando con interesse
alcune sue interviste, ho compreso che la sua poetica si basa su diversi fattori
che vanno a convergere nella sua dimensione di uomo di Romagna, molto legato al territorio sia geograficamente che storicamente, che tuttavia ha saputo integrare questa sua qualità di genius loci confrontandosi con le culture incontrate nei
suoi viaggi e nelle sue lunghe permanenze all’estero, contribuendo a costruirsi
un’identità formata da varie costituenti sia umane che artistiche, tutte raccolte
nella poetica che esterna nei suoi lavori. Non è poco sapere di far parte di un
universo enorme ed avere i piedi ben piantati nelle proprie radici, saperne ricavare un excursus linguistico e poetico tale da farne la propria forma di rappresentazione. L’ultimo libro pubblicato da Manzoni è “Tutto il calore del mondo”
(edito per le Edizioni SKIRA nel 2013) e direi che rispecchia appieno questa caratteristica dell’autore.
Qualche testo.
da Il fiume di betulle
1
Tu non avesti un corteo funebre, né suoni di tromba, né bandiere rosse a lutto,
né decorazioni…
neppure alla memoria dei parenti fosti affidato leggero fanciullo di
coraggio.
Poi il corpo ti venne cremato, dopo l’impiccagione, in una città lontana
dal tuo fiume, dalla tua isba, e dalla tua canoa, azzurra e bianca.
“Che il Dnepr culli i nostri sogni/ che le onde di quel mare che corre lambiscano i tuoi fianchi rosei /
di figlio e di angelo assieme.// Il tuo colbacco affronta la morte/ mentre la tua sciabola d’argento il
gravame d’essere soldato/ nella culla di una tomba…”
Egli non vedrà mai il sud e quegli alberi d’arancio, venduti agli incroci strade,
com’io ho sparso biglietti da visita per il mondo, senza mai ricevere una chiamata.
Da ragazzo, di notte, correvo nei campi, con le lucciole quali guide, con gambe lunghe,
che lasciavano il profilo di un volto tracciato negli steli piegati dall’affanno di maturare
un discorso per valido alle mani.
Cinzia Demi
Continua al prossimo numero
13
Poesie del laboratorio la
Mater Italiae
Italia come Roma volle formando senza tregua
L’indomani pietà rammentando i padri
È la sorta dei figli nel pensiero
Palmi e sorrisi
Ulivi schianto come donna che ignora no
Morte più ferita che si daran le spighe sulle mani
Porti il proprio altare nel suo cuore
Idiomi monti erge maschere e di scienze
Grande mar abbaglia azzurro ramponi volano al sole
Marmoree cime felice e sirene palazzi moreschi occhi di Giada
Melarance d’oro e tutto intorno è musica che vive.
Amleto Tarroni
Impallidisce e si sperde la sposa ebrea
alla luce fratta del cortile dipinto, aspetta
ancora il suo dibbuk che non arriverà a salvarla. Si
spegne a sinistra il paradigma della cometa
imprigionata nel passo dell’addio ma ancora e ancora
serba eventi e radici. Precisa la sua trama, preciso il fato, l’ordito e
il sortilegio, il fermo chiudersi del tempo che
sempre si riapre.
Cedri le colonne, profumate chiome di Sion,
nel concluso labirinto dove
lo stupore delle parole conduce alla soluzione di
memoria e senso.
Musica racconto libro di preghiere cantico infinito
ritorno al futuro, Aggadàh
gloria trattenuta, guscio che sta sempre per
schiudersi e promette, solo se sai leggere i Numeri che
sbarrano i varchi di portici e finestre.
La suggestione scopre il palinsesto.
Zara Finzi 5 giugno 2013
14
Poesie dal Laboratorio
Padre
Improvvisamente, tu, qui.
Col tuo cappello grigio,
la sigaretta in bocca
e
quel sorriso a mezzo
di bene e rimprovero.
Sono felice e tranquilla,
ti aspettavo da tanto.
Ti sorrido silenziosa
sommersa
da un fiume
d’amore.
Padre dolce,
tornato a me
dalla porta del ricordo
spalancata
dal leggero
colpo d’ala
d’un angelo.
Mi godo dentro il mio silenzio
La radio accesa non la sento più
Il soffitto non preme sulla testa
Riprendo il gioco rimasto sospeso
E gli occhi che sorridono
Scrivo
Prima ancora di pensarlo nasce il verso
Un momento una fase una parentesi
Mia
Tanto i finocchi li ho già cotti nella wok
( aglio peperoncino un po’ d’alloro)
la cena di stasera è assicurata
Paola Tosi
Piera Grosso
Un grillo in via Ugo Bassi
Vita in comune – febbraio 2004
Passavo ore
con te che non c’eri
a parlare di cose non ancora
[accadute
come sarebbe stato un viaggio sulla
[luna
per vedere tutti i colori della terra
quali fantasmi evocare
nelle notti illuni
trovare un pipistrello-guida
senza turbare il buio
vivere solo con la mente porta alla
[fantasia
così i pensieri si aggiungono
[all’infinito
così tutto si ritrova.
Si sbagliava… scambiava
il mio lenzuolo della Zucchi,
verde e tutto fiorito
di margherite, per un prato.
Vattene! Qui non è posto per te!
Gli dissi e tentai di prenderlo
ma saltò sul terrazzino.
Non c’era molto dialogo tra noi…
forse era il grillo parlante in persona
venuto a farmi la ramanzina.
Lo trovai schiacciato
su quel finto prato al mattino.
Entrambi ci sbagliavamo…
e non ci stupivamo
di non sentire odore d’erba
Patrizia Tomba
Franco Lipari
15
Un ricordo per Maria Luisa Spaziani a cura di Mirella Gresleri
Un ricordo per Maria Luisa Spaziani
È scomparsa recentemente un’altra importante
figura della cultura italiana: Maria Luisa Spaziani,
poetessa, autrice di testi teatrali, di saggi e traduttrice di
classici francesi fra cui Racine, Flaubert e, fra i moderni,
Marguerite Yourcenar. La lingua e la letteratura francesi
erano da lei predilette. Significativo il fatto che la sua
tesi di laurea riguardava Marcel Proust.
Spaziani era nata a Torino nel 1922 in una agiata
famiglia borghese. Ancora studentessa fondò una
piccola rivista letteraria “Il Dado”. Conosce e frequenta
personalità come Penna, Saba, Sinisgalli che
contribuirono, come riconosce Maria Luisa stessa, alla sua maturazione di scrittrice.
Tuttavia lei rifiutava di pubblicare sulla rivista i suoi testi: non si riteneva ancora
pronta. La sua prima pubblicazione presso Mondadori, risale infatti solo ai primi anni
’50.
Nel frattempo c’era stato il periodo dello sfollamento a Mongardino d’Asti,
paese natale della madre. Fu lì che come racconta lei stessa educò i suoi sensi al
riconoscimento dei caratteri della natura in particolare e della realtà in generale.
Diceva: i sensi sono le grandi porte dell’anima. Avrebbe potuto dire porte della
conoscenza e della riflessione personale, ma il termine anima è molto più vasto,
comprendendo sia le facoltà intellettive sia quelle emozionali: lei saprà metterle in
campo alternativamente, anche nella medesima poesia.
Così, quando ci accostiamo a un testo di Spaziani, abbiamo dapprima l’idea di una
espressione lineare e colloquiale, salvo poi a scoprire che essa ha improvvisi scatti e
mutamenti di registro. Ad esempio ne IL PAESE DI MIA MADRE del 1954 a un
certo punto c’è questo verso limpidissimo e musicale:
“gotico e lieve il colchico fiorisce”
Ma poco più avanti ecco un tono molto diverso e inquietante:
“Nel silenzio di gelo che impietrisce anche la luna”,
Secondo Spaziani il poeta come un funambolo, deve sempre trovare un equilibrio fra
memoria conscia e quella inconscia (di carattere proustiano) fra intelligenza e istinto.
Possiamo allora leggere Il sogno giusto del 1996
“Se faccio un sogno, e poi
me ne nascono versi,
quei versi sono il sogno
che sognate con me.
Attenti ad incarnarvi
nel sogno giusto. Nascono
da una pagina scritta,
in fitta schiera,
mostri presagio o angeli.”
Qui il funambolo è entrato in azione.
16
Un ricordo per Maria Luisa Spaziani a cura di Mirella Gresleri
Un giorno del 1949 Spaziani si recò al teatro Carignano di Torino per
ascoltare una conferenza tenuta da Eugenio Montale. Al termine l’organizzatrice
dell’evento le disse che desiderava presentarla, assieme ad altri giovani poeti, al
Maestro. Lei si stupì perché come sappiamo, fino a quel momento, non aveva ancora
pubblicato nulla.
Forse Montale la conosceva grazie alla rivista Il Dado, perché quando udì il
suo nome, alzò il viso che fino a quel momento aveva tenuto basso ed esclamò: “Ah, è
lei!” Maria Luisa ne fu così stupita e confusa che reagì con la prima frase che le venne
in mente: “Viene a pranzo da me domani?”
Evidentemente il pranzo ci fu, perché iniziò allora fra i due una
frequentazione costante e un sodalizio fatto di interessi comuni, destinato a durare a
lungo e che avrebbe portato all’ideazione del Premio Montale. Inizialmente il poeta si
era dimostrato restio a questa idea, ma quando Maria Luisa gli fece notare che prima
o poi qualcuno lo avrebbe progettato, magari in modo maldestro, lui si convinse: fissò
l’entità del premio e indicò come giurati fra altri alcune personalità: Bassani, Caproni,
Luzi.
Il nome di Spaziani da quel momento sarà collegato al Premio Montale.
Al Maestro nel 1981 Maria Luisa dedicò una poesia intitolata appunto A MONTALE
che si conclude con questi due versi curiosi:
“Il meglio della seppia è l’osso.
Il resto è per i cuochi.”
Curiosi ma non sorprendenti vista la sua abilità nel padroneggiare una varietà
di registri. Fra gli altri c’è anche quello moraleggiante, come in
Aspetta la tua impronta del 1986
“L’indifferenza è inferno senza fiamme.
Ricordalo scegliendo
fra mille tinte il tuo fatale grigio.
Se il mondo è senza senso,
tua è la vera colpa.
Aspetta la tua impronta
questa palla di cera.”
Certo lei un’impronta l’ha lasciata, con una operosità continua attraverso gli
anni: l’insegnamento universitario, una trentina di testi pubblicati, tre volte candidata
al Nobel.
Fra i suoi lavori c’è anche un poemetto in ottave dedicato a Giovanna
D’Arco, figura che da sempre la affascinava.
Nella rivisitazione Giovanna muore sì nel fuoco, ma non quello del rogo,
bensì quello dell’incendio di una foresta nella quale entra volontariamente: le fiamme
le si rivelano allora come le ali dell’angelo che un tempo le aveva parlato.
Mirella Gresleri
17
Poetesse e poeti di Marina Sangiorgi: Giuliana Rocchi
Giuliana
Rocchi
nasce
a
Santarcangelo di
Romagna nel 1922.
Il padre è un
“fulesta”,
che
racconta
storie
(dette “satre”) nelle
aie dei contadini. È
brava a scuola, ma dopo la quarta
elementare deve andare a lavorare per
contribuire al bilancio famigliare. Fa
l’operaia, la bracciante, la domestica.
Comincia a scrivere poesie in dialetto
negli anni ’60. Nel 1980 esce il suo
primo libro: La vita d’una dona, grazie
all’interessamento dell’amica Rina
Macrelli, compaesana che vive a
Roma e lavora come aiutoregista di
Liliana Cavani. Giuliana pubblica altri
due libri, acquista notorietà. Le scrive
anche il presidente Pertini.
“Diventa
l’emblema
della
Santarcangelo delle contrade, delle
operaie, delle zitelle, delle donne
senza voce, di coloro che utilizzavano
la lingua dei padri, unica donna della
Scuola di poesia santarcangiolese. Ma
anche prototipo delle femmine con il
piglio maschile, che portano i soldi a
casa e faticano senza sosta” (Rita
Giannini in Poeti romagnoli del
Novecento, Il Vicolo editore, pag. 107).
Muore nel 1996.
Riporto alcune poesie che rivelano la
sua vena aspra e brillante, a tratti
intrisa di malinconia.
La streta de mi bà
O sempre lavuroe fin da burdela,
la poega a la daseva me mi ba.
“A faz piò fundament cunè s’un om”
sa ch’ilt e geva.
Mu me, u n m’a mai doe sodisfaziaun.
Però quant è’ mureva,
Che da una poerta l’era pers,
sla moena bona
U m’a stret fort fort la mea.
Senza parloe,
Sal loegrimi ma i occ.
Ho sempre lavorato fin da piccola /
la paga la davo a mio padre. / “Conto
più su di lei che su un uomo” diceva
agli altri. / A me soddisfazione non
ne ha mai data. / Però quando
moriva / e da un lato era perso, / con
l’altra mano / strinse forte la mia. /
Senza parlare, / con le lacrime agli
occhi.
E’ vlen
Al lozli al ni è piò
I li à invlenoedi
E’ groen l’è arvoenz te scheur.
Al zghéli al n’coenta piò cumè una volta
Agli è maloedi
Un po’ agli è morti
Caglilti agli è stunoedi
Il veleno
Le lucciole non ci sono più / le
hanno avvelenate. / Il grano è
rimasto al buio. / Le cicale non
cantano più come una volta, / sono
malate. / Un po’ sono morte, / le
altre sono stonate.
da Ma Tonino Guèra
[…] A so noéda tla cuntroèda
tra la zénta disagéda
l’istruziàun a n la ò véuda
e perdunoè com a so vnèuda.
Mè l’idea a l’avréb bèla
ma u n s’pronéunzia la favèla.
A v dmand sàul te mi dialètt
(e scusé s l’è trop purètt)
d’arcurdoè Tonino Guèra
ch’l’è un poeta dla mi tèra. […]
18
Poetesse e poeti di Marina Sangiorgi: Giuliana Rocchi
(…) Sono nata nella contrada / della
gente disagiata, / l’istruzione non l’ho
vista, / perdonate come sono venuta.
/ Io l’idea l’avrei bella, / ma non so
pronunciare le parole. / Vi domando
nel mio dialetto / (e scusate se è
troppo poveretto) / di ricordare
Tonino Guerra / che è un poeta della
mia terra. (…)
L’an de’ nivon
E’ mi ba l’era cuntent
d’avé mes int e’ d’ ciota
zoch e sarmint
e la nota
u n’andeva piò a la finestra…
L’anno del “nevone”
Mio babbo era contento / d’aver
messo al riparo / legna e grano
trebbiato / e la notte / non andava
più alla finestra…
E’ bufeva
Int e’ d’ciota a n’emi gnint
intent ch’e’ bruseva l’utum zoch
guardend al sfrofli e’ mi ba e’ suspireva…
Nevicava forte
In cantina non avevamo niente /
intanto che bruciava l’ultimo ciocco /
guardando le scintille mio babbo
sospirava…
E’ let ad foj
Int e’ let ad foj
a j ò durmì fina a vant’en.
A sami tre;
quant as muvemi
a femi un gran malan.
A stami ranicedi
toti insem;
al cuerti aglj era pochi
però a stasami ben.
Quant a durmemi
e a sami int e’ pió bel
al polsi agl’incminziva
e’ saltarel.
E no ridì vuit
ch’avì guasi i mi an;
i zuvan in li à cnusudi,
ma aglj era ench ti vost pan.
Il letto di foglie
Nel letto di foglie / ho dormito fino a
vent’anni. / Siamo tre, / quando ci
muoviamo / facciamo un gran
chiasso. Stavamo rannicchiati / tutti
insieme, / le coperte erano poche /
però stavamo bene. / Quando
dormivamo / ed eravamo sul più
bello / le pulci cominciavano / a
saltare. / E non ridete voi / che avete
quasi i miei anni; / i giovani non le
hanno conosciute, / ma erano anche
nei vostri panni.
L’onica verità
L’onica verità
ch’ò santì int la mi vita
l’è stè al busij
dl’oman ch’a j ò vlu ben.
L’unica verità / che ho conosciuto
nella mia vita / sono state le bugie /
degli uomini a cui ho voluto bene.
Marina Sangiorgi
19
Pagina delle traduzioni a cura di Anna Bastelli
Come si traduce una poesia nella propria lingua o, come nel mio caso, nel proprio dialetto?
Io cerco di trovare le parole più simili alle originali, non sempre
uguali, perché il bolognese in certi campi è ricco di termini (il lavoro, i mestieri), e povero in altri (la contemplazione, i sentimenti), e si può anche intuire perché.
Prendiamo ad esempio questa poesia di Pascoli, Arano. Ho dovuto
tradurre pampano con foglia, fratte con macchie, mattinale con della mattina. Per il resto le parole che ho usato sono le stesse dell’originale. Questa
fedeltà crea però un problema: la poesia di Pascoli è in endecasillabi perfetti, con rime ABA-CBC-DEDE. Nella mia traduzione sono in endecasillabi
solo i versi 1-4-5-6, e con nessuna rima. Quindi diciamo che le immagini
originali sono conservate nella traduzione, ma non il ritmo e la musicalità.
Si potrebbe aprire un dibattito su cosa sia meglio.
Anna Bastelli
Arano
Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra pazïente;
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s’ode
il suo sottil tintinno come d’oro.
Giovanni Pascoli
I èren
Int al canp, in dóvv råssa int la piantè
una quèlca fójja la lûś, e dal mâc’
al pèr che la nabbia dla matéńna la fómma,
i èren: a vuśè länti, ón äl länti
vâc al spénnż; di èter i såmmnen; ón l arbât
i madón con la sô zâpa paziänta;
acsé che al pasarén fûrb al gôd bèle in côr sô,
e incôsa al tén d ôc’ dal bròchi spinåuśi dal måur;
e al pètråss: int äl zèd a s sént
al sô canpanlén sutîl cme d ôr.
Traduziån dla Nóccia d Bastèl
20
Pagina delle traduzioni
P’arraggia *
Lengua ’e mammema, lengua ’e nascete
tanto tiempo fa t’abbandunaje
no pe’ scuorne ma p’arraggia:
te credevo matregna
’o pecché nn’ t’ ’o sacce ricere
ma mme sentetto abbandunato
e me ne’ jetto assai luntano.
Mo’ ch’eggio miso ’a lengua rint’ ’o pulito **
t’arricuorde? “chella r’ ’a festa”faccio fatica a prununziarte:
mme ntruppeo comm’a ’nu ninnillo.
Spisso provo a scrivere in dialetto
ma mme s’arrovoglie ’a lengua
eppur, sultant rint’ ’e parole toje
se regnene ’e passione i vierz.
Per rabbia
Lingua materna, lingua d’origine
molto tempo fa ti abbandonai
non per vergogna ma per rabbia:
ti credevo matrigna
il perché non so dirti
ma mi sentii abbandonato e
me ne andai molto lontano.
Ora che ho messo la lingua “nel pulito” **
- ti ricordi? “quella della festa” –
faccio fatica a pronunciarti:
ciangotto come un bambino.
Spesso provo a scrivere in dialetto
ma mi si avvoltola la lingua
eppure, soltanto nel tuo idioma
si impregnano di passione i versi.
* Vernacolo salernitano
** Il parlare italiano
Crescenzo Guadagno
21
Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea
Al pajâz int la véggna
Il pagliaccio nella vigna
Né lèżer né scrîver
al savêva Bérto
però al savêva l’èrt.
L avêva fât un pajâz
cån i ucèl
Ed travêrs l amîg
in sän l û
e al pajâz al dîd
al gêva:
- Bèl al pajâz
mo i ucèl?- Par vadder méi
l amîg di mî stivèl-
Né leggere né scrivere
sapeva Alberto
però sapeva l’arte
Aveva fatto un pagliaccio
con gli occhiali
Di traverso l’amico
l’uva al seno
ed il pagliaccio al dito
diceva:
- Bello il pagliaccio
ma gli occhiali? –
- Per vedere meglio
l’amico dei miei stivali –
Maria Iattoni
Egoîsum
Egoismo
Et stèv såtta a una calòta
invisébbil, un spâzi-buvinèl
dóvv ai caschèva äl tåu parôl
e sóbbet såtta, al fîl suspais
dal mî egoîsum.
Al fîl ch’al strichèva la gåula
sufucànd al tô vérs.
Stavi sotto a una calotta
invisibile, uno spazio imbuto
dove cadevano le tue parole
e subito sotto, il filo sospeso
del mio egoismo.
Il filo che stringeva alla gola
soffocando il tuo grido.
An riusêva brîsa a capîr.
Non riuscivo a capire.
Pò cal tô sguèrd stóff
un scusòt int al mî pèt
e al dstâc nàtt dal mî våul redant
ch’al plèna int al spâzi
e al lébbra al tô vérs.
Poi quel tuo sguardo stanco
un sussulto nel mio petto
e lo stacco netto del mio volo redento
che plana nello spazio
e libera il tuo grido.
Té t î l’ âria d atåuren
ch’l’uriänta al mî våul
al giósst ecuilébbri
al traspôrt, al pónt fairum.
Tu sei l’aria intorno
che orienta il mio volo
il giusto equilibrio
il trasporto, il punto fermo.
Elio Manini
22
Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea
L arlujîr
L’orologiaio
Zirudèla s’avî däl vój
d un anèl opûr d’n arlój
farmèv såura al marciapî
pròpi ed frånt a la cremerî.
Ai é Mandén, quand ali é,
ch’al v aspèta tôtt i dé
con tante ròba da guardèr
e che a psî pò anc cunprèr.
Una storiella con delle voglie
di un anello per vostra moglie,
fermatevi lungo la via
di fronte alla cremeria.
C’è Mandini (quando c’è)
che vi aspetta sapete perché
potete anche guardare
e poi dopo comperare.
Ai é di arlój ed tòtti äl fâta
sie da påuls che da bisâca
ai n’é anc ed divêrs culùr
par psairi vadder anc al bûr.
Ci sono orologi d’ogni marca
da portare anche in barca
di diverse forme e colori
per la casa e anche fuori.
Se avî un “Rostov” ed dusänt ân,
ch’l é bèle tant ch’l é in afàn
Giorgio, con inpàggn e maestrî,
a i chèva sänper i pî.
Un “Rostov” di qualche anno
che ormai è in affanno
Giorgio con maestria
può farvene una poesia.
I muvimént ló ai ingrâsa
e pò ai lósstra anc la câsa
ala fén an i é gnìnt da dîr
ch’l à fât un bèl lavurîr.
I movimenti può ingrassare
come lui solo sa fare
alla fine non c’è che dire
è già bello da morire.
Anc da mûr ai é tant arlój
mo in én brîsa di scazói
såul ch’i vôlen carghè ogni tant
par savair ch’ai pâsa al tänp.
Orologi anche da muro
molto belli di oro puro
da caricare ogni tanto
per capir che passa il tempo.
Dal mustrén là vérs la strè
t’vadd tôtt quall che t è zarchè,
t trôv di urcén grand e cinén
e di anî pròpi ed quî pió fén.
In bella mostra verso la strada
vedi ciò che più t’aggrada
trovi orecchini grandi e piccini
e anelli proprio dei più fini.
Quand ai avî dè anc såul un’ucè
a psî cunprèr a ûc’asrè
stè sicûr ch’avî cunprè
un quèl ed prémma qualitè.
E quand a v sî cavè tôtti äl vói
e pò a vlî cunprèr un arlój
ón ed quî da méttr in sèla
fèv dèr anc la zirudèla.
Quando avete ben guardato
e ad occhi chiusi comperato
state certi che avrete già
qualcosa di prima qualità.
Se la voglia vi siete levato
e un orologio comperato
uno di quelli per il salotto
fatevi dare lo strambotto.
Augusto Mazzacurati
23
Poesie del Laboratorio
Pilastro
Lui s’alza con la voce
E canta la mondo…
Al cielo non arriva
Questa… MUSICA
Cantare per Bologna
Un po’ ci rosica…
Cantare per Bologna
Porta (sfiga)
Peggio: scalogna
Bologna. Bologna.
Io so di Fattoria…
Gente, che abita qui
Di chi viene , da via
Quasi… ogni giovedì
Chiamati alla poesia
In questo territorio
Un grande comprensorio
Confina con il mondo
È qui, che i riconosciuti
Poi vengono applauditi
Arnaldo Morelli
Memoria
lontana irreale
realtà
che brucia
che assale ogni fibra
divora il presente
si libra sugli alti silenzi
Memoria
che torna
con ombre di passi perduti
e immagini come di fiamma
Memoria
che inganna
e appare, compagna improvvisa
alla mente,
tu, forse, risiedi nel cuore.
La verde collina
Gocce di rugiada nell’estate
riverberi il sole
colore come pastelli
tenui dell’aurora.
Questa estate un poco breve
pure il sole sarà triste
manca il suo calore
vado sola per i prati
cammino nella verde collina
raccolgo i fiori
che danno colore al prato.
Chiara Pinghini
Mare
così uguale e diverso
nel tuo continuo ri-andare
di onda in onda
smeraldo liquido e terso
amante che lascia e riprende
l’arresa scogliera,
la plasma e la monda.
Mare,
che conservi memoria
di ogni stupro ed affronto
e ne inghiotti ogni scoria,
affidando da sempre il respiro
ai capricci di un astro,
ora accogli il mio abbraccio
ch’io non tema il tuo bacio
[salmastro
ma sorreggimi come una culla
per rinascere in te
nell'oblìo di ‘sto tutto ch’è nulla.
Viviana Santandrea
Angela Falcucci
24
Poesie del Laboratorio
6 giugno 2011
Non credo
Ventitremila/716 giorni, già trascorsi
ognuno dei quali legato a un’esperienza
ma quanti ingoiati dall’incoscienza
altri riposti in una mente immemore
A da allora fregiati di inutilità,
tanti celati da un io che non mi parla
e quelli buttati da un rancoroso me
altri passati per un martirio che non era
messi in stand-by dalla mia coscienza
annotandoli come giorni inutili.
Non credo
Per quello che vedo
la crudeltà delle genti
il dolore dei malati
i morti di stenti
i bambini venduti
affamati, sfruttati
le madri disperate
donne e bambine violate
uomini torturati, uccisi
Non credo
per lo scempio di guerre
[insensate
le ragioni di fedi diverse
la certezza dei propri Dei
il cibo in cambio di preci
il perdono d’infami delitti
in cambio di solo
[pentimento
Non credo
Dalla povertà annunciata
al costo oltraggioso
di un apparato sfarzoso.
Le adunanze di massa
dove fluiscono belle parole
beati, santi, tutti più buoni
parole che non salvano
quei milioni di morti,
quanti ancora senza dignità
senza diritti, senza cure
senza cibo, senz’acqua,
quanti ancora al macello?
Per le ingiustizie del mondo
Tremila/286 belli, belli da non credere
con un valore doppio, triplo e ancora
con quella voglia di recuperare il perso,
questi sono quelli con il giusto peso
perché esperienza sa anche bilanciare
rivaluta quelli passati nell’errore
per colpe anche un po’ macchiati
per poi pulirli dando nuova luce
allineandoli e poi sfogliarli
cambiando l’occhio solo nel giudicarli.
Settemila/681 sono promessi, e voglio
[mantenere
per proseguire la bella avventura
di questo star bene, quasi irreale
cosciente d’esperienza aggiusta tutto
e di un amore grande come mai
e così, il futuro non fa più paura.
Carlo Boari
Non credo
Maria Luisa Marisaldi
25
Incontri, a cura di Angela Falcucci
Interno del Colombario
Gruppo 8 – colonna 25
Sergio Corazzini
L’incontro con questo giovane poeta
mi ha fatto riflettere su come la sua
poetica abbia contribuito ad imprimere una direzione nuova alla lirica
italiana. Nato a Roma nel 1886, studia per alcuni anni a Spoleto, ma deve lasciare la scuola per contribuire
al sostentamento della famiglia. A
Roma trova lavoro presso la compagnia di assicurazioni “La Prussiana”,
e nel tempo libero frequenta il Caffè
Sartoris, luogo dove conosce letterati
tra cui Luciano Folgore e Corrado
Govoni, e legge soprattutto poesia,
sia italiana che francese.
È la lettura di Francis Jammes, di
Laforgue e Maeterlink, che gli ispira
i versi de La desolazione del povero poeta
sentimentale (da “Piccolo libro inutile”, 1906)
I
Perché tu mi dici : poeta?
Io non sono un poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che
piange.
Vedi: non ho che le lacrime da offrire al
Silenzio.
Perché tu mi dici poeta?
III
Io voglio morire, solamente perché sono
[stanco;
solamente perché i grandi angioli
su le vetrate delle cattedrali
mi fanno tremare d’amore e d’angoscia;
solamente perché, io sono, oramai,
rassegnato come uno specchio,
come un povero specchio melanconico.
Vedi che io non sono un poeta:
sono un fanciullo triste che ha voglia di
[morire.
VII
Io amo la vita semplice delle cose.
Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a
[poco,
per ogni cosa che se ne andava!
Ma tu non comprendi e sorridi.
E pensi che io sia malato.
VIII
Oh, io sono veramente malato!
E muoio un poco, ogni giorno.
Vedi: come le cose.
Non sono dunque un poeta:
io so che per essere detto: poeta, conviene
viver ben altra vita!
Io non so, Dio mio, che morire.
Amen.
“Penser cela est-ce être poète? / Je
ne suis pas. Qu’est-ce que je suis?/
Est-ce que je vis? Est-ce que je
rève?” (Jammes, Les dimanches, in De
l’Angelus de l’aube à l’Angelus du soir)
“Devant le grand rosace/ en vitrail
de Nôtre Dame…” (Laforgue, Les
sanglots de la terre)
Il linguaggio semplice, le parole appartenenti all’uso quotidiano e la
scelta del verso libero, accentuano la
distanza del poeta dai canoni dannunziani: al ritmo ricercato e al musicalismo, Corazzini contrappone
moduli prosastici e un tono di cantilena sostenuto dalle ripetizioni e dalle anafore.
Il desiderio di luce e di sole, metafora della vita, è il tema in Sonata in
bianco minore, dove sembra di vedere
le suore correre e parlare tra di loro,
chiuse nel convento come
26
Incontri, a cura di Angela Falcucci
è prigioniero il giovane Corazzini della sua malattia che lo porta inesorabilmente verso la morte.
I
-Sorelle, venite a vedere!
-C’è il sole, nell’orto, c’è il sole!
[…]-È venuto a trovare
noi, povere sperdute,
e, forse un malato lo aspetta
invano al limitare
della sua casa per la salute.
[…] III
-Oh,Sorelle, e se non torna,
che faremo?
-Se non torna aspetteremo.
-Come è gelido il convento.
[…]
Ancora da “Piccolo libro inutile” Per
organo di Barberia
I
Elemosina triste/ di vecchie arie sperdute,
vanità di un’offerta/ che nessuno raccoglie!/
Primavera di foglie/ in una via diserta!/
Poveri ritornelli/ che passano e ripassano/
e sono come uccelli/ di un cielo musicale!/
Ariette d’ospedale/ che ci sembra domandino/ un’eco in elemosina!
II
Vedi: nessuno ascolta./ Sfogli la tua tristezza/ monotona davanti/ alla piccola casa/ provinciale che dorme;/ singhiozzi quel
tuo brindisi/ folle di agonizzanti/ una seconda volta,/ ritorni su’tuoi pianti/ ostinati
di povero/ fanciullo incontentato,/ e nessuno
ti ascolta.
Anche quando la poesia rientra nella
metrica, scandisce un ritmo che è
quasi un singhiozzo, e ancora è il silenzio a isolare il fanciullo, solo e inascoltato come l’organetto che ripete le
sue note nell’aria, ma nessuno ascolta.
“Con accenti flebili, si assiste in realtà
alla liquidazione di un mondo: del
supermondo “sublime” del poeta superuomo.”(E. Sanguineti)
Da “Libro per la sera della domenica”
(1906)
IV Bando (a Giorgio Lais)
Avanti! Si accendano i lumi/ nelle sale della mia reggia!/ Signori! Ha principio la
vendita/ delle mie idee. /Avanti! Chi le
vuole?/ Idee originali/ a prezzi normali./
Io vendo perché voglio/ raggomitolarmi al
sole/ come un gatto a dormire/ fino alla
consumazione/ de’ secoli!
[…]
Durante la sua breve vita, tra i dispiaceri per la morte dei fratelli e della
madre e la sofferenza personale che
lo vede più volte ricoverato in sanatorio, Corazzini scrive e legge poesia.
Anche nelle prime liriche è già evidente la sua poetica che annuncia e
precorre il crepuscolarismo. Da
“L’amaro calice”
Toblack
I
…E giovinezze erranti per le vie/
piene di un grande sole malinconico,/ portoni semichiusi, davanzali/ deserti, qualche
piccola fontana/ che piange un pianto eternamente uguale/ al passare di ogni funerale,
[…] e in alto un cielo azzurro, pieno/ di
speranza e di consolazione,/ un cielo aperto,
buono…
III
[…] e tutti vanno verso il tetro abisso,/
lungo, Speranza! la tua dolce via!
Versi bellissimi che si commentano
da soli.
Corazzini muore a Roma nel 1907.
Ciao a tutti da Angela.
27
Poesie del Laboratorio
Anni interi di parole
Interi anni trascorsi a scandagliare il buio
a interpretare l’energia dei movimenti
devoti a quei riflessi avari
fioriti fra le pieghe amare delle ombre
favoriti dalle voci gutturali
sussurrate fra le grida sguaiate di ogni giorno
le nostre sagome affilate dai ruggiti
selvaggi delle urgenze
fermentano in lettere maiuscole
sui rifiuti accumulati
nel consumo puntuale delle storie.
Anni interi passati a scrivere
sullo specchio profondo del silenzio
scegliendo tra i propri suoni familiari
gli esercizi quotidiani da elaborare in segni
per trasformare i sogni
in piccoli riassunti personali
da vestire di solide parole senza tempo
magari una manciata di polvere di stelle
sulla pelle pallida dei fogli
potesse garantire un senso prolungato alle vocali
bisbigliate dai pensieri di chi ascolta
intanto ogni cosa nuova
pronta a vivere anche di sola luce trasparente
continua a nascere sulla terra grezza
che non dà voti, non fa prigionieri
comunque sporca.
Piero Saguatti
L' estinzione
Sorprendente
il censimento
sette donne
per maschietto
Quante donne
sono troppe
e non portano
più le gonne
una volta
con la gonna
inibita
era la donna
oggi invece
con le brache
il maschietto
non ha pace
Ieri i posti
di comando
del maschietto
erano vanto
oggi è Eva
la maschietta
che comanda
a bacchetta
Fino a ieri
senza Adamo
vedi anagrafe
non sale
con il seme
in provetta
del maschietto
non c'è traccia
Nel giardino
dell'amore
quante donne
sono sole
Il maschietto
in estinzione
perché a Eva
più non serve
siamo come
quei capponi
che a Natale
dà sapori.
Tommaso Colonnello
28
Poesie del Laboratorio
Albero vittorioso
Albero vittorioso del bosco
colmo di soave rugiada
nel mattino primordiale
hai avuto in premio la tua terra.
Rinvigorita libertà d’essenza
hanno ora le tue radici.
Sei canto osannato dell’uomo
sei il seme della luce
sulla lingua del poeta
che il verde continua a far crescere
nel grande cinguettio.
Alle tue ampie mani ramifica
il mio cuore, inciso di lettere sul legno
batte più forte
nel tuo respiro
mentre prosegui il viaggio verso l’alto
amico mio
tu tendi una nuova chioma
come una divina cattedrale
che allunga al settimo cielo le sue
[guglie.
Aurelia Tieghi
Gatto
Le pagine del diario dormivano
sotto la polvere dell’abitudine
del solito vivere monocolore
Rigiravo con la solita noia
di ogni giorno una clessidra
a contare granelli di sabbia
Mi ha risvegliata dal tepore
una brezza leggera entrata
da una finestra socchiusa
Sei entrato tu gatto di bosco
Pagine bianche si aprono
le nostre mani insieme
per scrivere ancora
una favola nuova.
Livia Corradi
In quel muoversi adagio
di piccole gemme, dischiuse
appena nel vento d’aprile,
ti guardo da lontano
nelle vele stese in cielo,
nei bambini e nei colori
dei giochi
nel tempo vissuto
da giovani madri
e padri, ragazzi, vecchi.
Una nave in corsa la mia,
vista ora che ha girato
l’emiciclo della mia sfera
terrestre, nel crescente
scontento, nell’ironia
sfocata, come una mano
tesa, molle e senza passione.
Ti guardo da lontano
nell’emiciclo che si stringe.
Fosca Andraghetti
29
Il racconto, a cura di Valeria Bragaglia
Libri
È davvero un fatto singolare che il mio rapporto con i libri sia stato condizionato dalla mia bassa statura.
Andò così. Mia madre scodellò con regolarità una lunga serie di bimbi alti e
belli, ma nel bel mezzo della serie ci fu un deragliamento improvviso, io. Briciola fu il
mio nome familiare e come tale vivevo nelle fessure, sotto i tavoli ovunque fosse possibile passare inosservata all’occhio gufesco di mia madre, che regolava la famiglia in base
al principio del “dovere”. Concetto indeterminato e onnicomprensivo, che significava
essere sempre a disposizione. Imboscarmi divenne quindi una mia modalità di vita. Passavo i pomeriggi a nascondermi, quando non ero a zonzo per il paese o in soffitta a
spiare dentro le case dei vicini ricchi, a immaginarmi vite diverse, a raccontarmi storie.
Quando imparai a leggere, i libri divennero la linea Maginot della mia sopravvivenza
personale contro una famiglia ingombrante, chiassosa e invadente. Leggevo a casa della
vicina, una casa di donne, in una veranda chiusa da una grande vetrata e imposte a griglia che in estate davano alla stanza una luce deliziosa, che si mescolava al profumo di
cera del pavimento, al caldo degli interminabili pomeriggi estivi, al silenzio mormorante
della lettura solitaria.
Di quei tempi ricordo vagamente storie di passioni amorose, di romanzi a puntate sulle riviste femminili e il piacere della trasgressione nello starmene in ozio, mentre
mi arrivava il vociare della mia famiglia.
Ho fatto le scuole medie in una classe di futuri contadini, non occorreva studiare e questo mi dava la libertà di leggere per i fatti miei. È l’era della B.U.R, che compravo con la paghetta, un classico alla settimana della letteratura universale. Alcuni non
li capivo, ma costavano poco e mi permettevano ancora una volta di sfuggire ai lavori di
casa. Se mia madre ci beccava senza far niente erano guai; ma i libri erano un ottimo
alibi, l’istruzione era sacra. D’estate me ne stavo seduta sul fico, in fondo al giardino,
fuori della portata di voce della famiglia. Anche in questo caso la lettura era una felicità
del cuore e della mente.
All’università, erano gli anni ’70, furono finestre e porte che si aprirono sul
mondo attraverso le edizioni Einaudi, compravo i libri a rate, con quote mensili molto
basse. Che emozione quando arrivavano, era come avere a portata di mano l’universo.
Leggevo solo saggistica, i romanzi li consideravo cose ormai del passato, per le donnette, mentre noi si doveva rifare il mondo, era il tempo in cui tutto sembrava possibile.
Ho letto la storia del mondo, di tutte le rivoluzioni, l’Asia e l’Africa e l’America Latina,
il fascismo e il nazismo, la negritudine e il femminismo. Cos’è stato leggere Marx in riva
a un mare greco di bellezza assoluta, follia? Con questi libri mi sono formata e ho sofferto le ingiustizie del mondo.
Quello che mi è rimasto ora, di tutto questo leggere, è la curiosità del mondo,
che soddisfo viaggiando faticosamente in paesi difficili e il gusto delle storie a lieto fine
che mi sono portata dietro dall’adolescenza.
Poi il grande piacere di rileggere i classici Guerra e pace o Proust o Jane Austen, seguire i
loro percorsi narrativi, lo sguardo orizzontale che attraversa le vite delle persone, il modo in cui la storia, quella con la S maiuscola, entra nelle esistenze, le acchiappa e le rimescola.
E’ la solidarietà, il respiro collettivo dei libri, che aiuta a tenere sotto controllo
le angosce, un salvavita sempre a portata di mano, non troppo costoso.
Rosalba Casetti
30
Poesie del Laboratorio
Ci vuole la notte perché nel vuoto delle ore
le spie rosse inizino a pulsare avvertendo
che tutte le trappole sono in funzione
e niente impedirà che scattino
con l’inesorabile puntualità del destino.
Ci vuole la notte in semiluce della città
perché nel vuoto delle voci domande
si affollino a sciame lasciando scie
che intrappolano il corpo
in una giostra di inutili rigiri .
Sarà la santa pioggia che rimbalza
sulle tegole sconnesse con un suono di durata
di eterno ritorno dell’uguale
per riconciliare le cose e i giorni
e distendere il tempo in ore protette.
Rosalba Casetti
Il punto perfetto
Si affacciava dentro le ombre
forme inconsce del negativo.
Le sue parole mi gravano come preghiera
per restaurare la trama dei Maestri
una simmetria chiusa: azione-ragione.
Nella sala comandi la sua voce passava
in semicerchio, entrava di persona
in persona come onda simile e contraria
come peso di un corpo senza contrappesi.
Cercava il punto perfetto.
Anna Maria Boriani
31
Laboratorio di Parole
Sottogruppo Poesia in Brigata
I° argomento: La Precisione
Partiti! Dopo la riunione di giovedì 25 settembre, verso le ore 18,00, il
Sottogruppo Poesia in Brigata ha ripreso la sua attività. Che cosa abbiamo
fatto. Abbiamo scelto una serie di argomenti (per ora La Precisione, La
Dissociazione, La Leggerezza, in seguito tratteremo gli argomenti desunti da
quelli del Laboratorio). Ognuno dei partecipanti ha scritto il proprio breve
pensiero sull'argomento, in rapida successione abbiamo anche scritto tre versi
d'acchito e un poeta da solo (e gli altri ad aiutare) ha cercato le relazioni che
esistevano tra i due scritti; quello del pensiero e quello dei versi.
Ovviamente siamo partiti dalle fonti e nelle tre riunioni sulla
precisione di volta in volta: vocabolario Zingarelli, Calvino Lezioni
Americane, Gadda Cognizione del dolore, Isidoro di Siviglia Etimologie o
Origini, Nietzsche Umano troppo umano ci hanno indicato da dove partire.
Le prime due azioni sono state sorprese immanenti. Precisione nello
Zingarelli “assoluta esattezza”. Precisione nel vocabolario De Agostini
“grande esattezza”. Mamma mia, neanche gli Abba (gruppo musicale)
avrebbero potuto scatenare un dibattito così variegato. Lo scontro tra “grande
e assoluto” si è immedesimato nella sintesi che due poetesse hanno definito
sul fare poesia con parole precise. L'una si appassiona alla poesia derivante
dalla precisione scientifica della ragione e l'altra si abbandona all'altro
estremo della precisione che si intride alla perfezione della poesia derivante
dal sentimento.
La seconda sorpresa è stata “politica”, perché la definizione nel senso
figurato di “partito” è discorde e la discussione che stava montando l'abbiamo
rinviata per via del buio incombente. Il giovedì successivo si è comparato il
“discorde” con la definizione, di Isidoro da Siviglia (da Etimologie o Origini),
di “nome”; “nome” come “segno distintivo” perché se non si conosce il nome
viene meno la conoscenza della cosa stessa e così la poesia ne risente e appare
nulla o inconcludente. Abbiamo, poi, terminato il ciclo sulla Precisione con
una discussione di come si potrebbe utilizzare la parola “privilegio” all'interno
di una poesia. Neanche a sera buia, come del resto il giovedì prima, siamo
riusciti a trovare un accordo tra ciò che riporta il vocabolario (settore
giuridico) e il “a me non dice niente il suo significato, l'ho adoperata lì quella
parola, perché lì sta bene, e il suo campo semantico nulla ha in comunione con
questa nuova “utilizzazione”. E qui sta il “bello” della poesia del Laboratorio
si parla per ore, ci si “accende” e ci si lascia bruciare dal “godimento” del
confronto “tanto le nostre poesie e le nostre performance sono [a gratis] o
[dove vuoi tu]” come dice in una canzone un noto (Mingardi) cantante e
compositore bolognese.
Un tale tanto il nome non vale, per ora.
32
Poesie del Laboratorio
Il libro
Così illuminato nella quarta scansia
della finestra accanto,
ogni volta che lo sguardo levo
a contemplare gli alti alberi
che dal viale alla cima dei tetti
ascendono, mi attira il suo
colore cupo, i caratteri d’oro
sul dorso di cuoio, il titolo
dorato della copertina.
Libro austero elegante.
Con emozione lo sfogliai
La prima volta, commosso, trepidante…
Come ogni libro d’altronde.
Quale fu il primo?
Tavole patinate e colorate, ricordo;
altri, illustrati con magico splendore.
Con gli occhi le righe scorrevo
affascinato, le pagine sfogliavo,
attento contemplavo la malia
del tomo. Era infanzia?
Ogni età trascorre,
né rammaricarsi serve
a fermare dei giorni il susseguirsi.
Su ogni libro la polvere del tempo
s’adagia, sbiadiscono i colori
così dei libri come del sembiante
fino a sfumare nel niente.
Colore
Il colore del tempo, forse del cielo
che m’illudo trasporti altre vite
forse ricordi ed oblio d’un volo
[perduto.
Mai più, ecco l’istante di luce
su timide ombre affogate
in cristalli di cielo, sul sentiero
d’un volo smarrito. Privo di voce,
privo di qualsiasi avvenire che
non sia nel silenzio. Colore
di terra, di vita immersa nel vento
tra onde di sabbia dove il tempo
è sepolto. L’anima assorta
nell’essenza del cielo, nel fruscio
della sera, nella pioggia che canta
sui tetti d’una vita piangente.
Cosa mi resta? vivo nel buio
in attesa d’un sogno, nell’idea
del tuo volto, nel ritratto scolpito
che hai lasciato nel tempo felice.
Filippo Finardi
Andrea Venzi
33
Poesie del Laboratorio
Notte d’estate
Scintilli come lava incandescente
in questo vasto buio
separando la terra dal cielo stellato
che brilla come non mai
in questa notte senza fiato.
Resto lì a respirarti
ciò che tu sfoggi
all’iride e al cuore
cercando di deviare i veri desideri
anche se questo buio così vasto e dolce
non fa che accelerarmi ciò che il cuore ribatte.
Lo sguardo si riempie di stelle e il volto
come un tempo i tuoi baci
e non mi accorgo che sogno
in questa notte d’estate.
Rosy Giglio. 13/08/2014-Saracena
quell’andarsene del tempo
quell’andarsene del tempo non lascia
traccia, si fa collana e catena assieme
in una dimensione senza spazio
in una suggestione evanescente
volta le spalle al futuro, tocca
le mani al passato, svela i segreti
senza nome, scolpisce pietre miliari
con ago e filo tesse una stella di notte
al mattino la spegne e riprende la strada
tracciata verso il giorno infinito
Gabriella Penzo
34
Poesie del Laboratorio
Se chiedessero delle mie estati bambine
dovrei rispondere con memorie semplici.
Racconterei di gite al vicino fiume
di formiche in processione, di voli di mosche.
Direi di sporte e di una millecento. Di frittate nei panini.
Farei sapere di un cappello rosa
e della coperta a quadri sull’erba secca.
Confesserei una nostalgia d’affetto
per la lusinga di un cocomero
ammollato a mezzo, nel fiume al fresco,
la promessa più golosa
di un pomeriggio assolato e buono.
Anna Zucchini
35
Poesie del Laboratorio
Dalla mia linda, sto respirando
le ore piccole
dove non passa altro che… la signora con il cane
ho io il mondo piccolissimo,
la fontana canta le solite chiacchere
e mi sto scoprendo in fosforescenza
dove io percorrerò i versi carichi di riflussi
forse ricostruirò la luce delle arguzie
spero… o… potrò ricevere una estrema gioia
dove forse mi trasformerò seducente
stella, e io girellando nel cielo, per sospirare
mi vedo, solitaria tra le lampare.
Estasiata e sfiderò le verdi primavere.
Emelina Pellizzari
Impasto
Guerra
Impasto
desiderio e sentimento
mi nutro di occhi belli
di tumide fragole
e di sospiri
Là dove siete
caduti
fa ancora rumore
il vento ha rotto le ossa
Oscar De Pauli
Si sentono ancora
le preghiere e il
rintocco
del campanile
austero
Frana
Voi, domatori di catastrofi
plasmate la montagna
con sassi e muretti
dissotterrando
umori antichi.
Rotolate radici,
gli stivali
grondanti fango,
menta,
cristalli impastati.
In una lotta
impari
con la pioggia di domani
Là dove siete
caduti
ho visto il sole
andare via
lasciare il buio
coprire la terra
- ancora -
Margherita Lollini
Valeria Bragaglia
36
Giochi e indovinelli di Sandro Sermenghi e altro
LA GRANDE FOLA 1
Arrivo in Fattoria 2 e ho il fiato in gola
mi accuso e mi punisco: - Gran somaro! -,3
quindi sebbene i miei pensier si sgolano 4
avanzo a ricercare il fior più raro.
Poi palpitante assisto alla gran fola
che il prof sta analizzando 5 e vedo il faro 6
di lettere-parole che s'involano 7
e fra il verde di sfondo un almo maro. 8
… e un tavol sparecchiato e una bottiglia,
lì goderecci e immersi in uliveto
immagini rotonde voci e risi, 9
scendendo dalle nuvole al concreto,
incerti causa un'ansia che ci piglia, 10
c’immoleremo magici e... narcisi! 11
Sonetto visivo in 14 versi endecasillabi;
Circolo "La Fattoria", sede degli incontri di
poesia del Gruppo "Laboratorio di Parole"; 3 sono in ritardo; 4 sgolano: pensieri
che urlano, enciclopedie, rebus, quotidiani,
parole incrociate, dizionari che dentro la
testa si inseguono giorno e notte, grazie ai
quali, e nonostante!, cerco la migliore fra le
possibili poesie (il fior più raro); verso 3:
sgolano è sdrucciola e, per rispettare la rima,
la sillaba finale no si fonde per sinafìa con la
prima del 4; sgolano, per metaplasmo/
/apocope, può divenire sgola;
..5 sale in me forte emozione mentre il prof.,
con bisturi raffinato, sta smembrando Pasolini; 6 luce di lettere/parole che van fra l'àere e
'l verde; ..7 verso 7 come verso 3; 8 almo,
s.m., animo; almo, agg., che dà vita, nutre,
divino, fertile, nobile; maro, s.m., arbusto
mediterraneo delle Labiate, odore intenso,
sapore amaro piccante, detto erba dei gatti
perché ne son ghiotti; maro, per metaplasmo
/aferesi, significa anche amaro; in conclusione,
almo maro può/vuole dire: a) animo/pianta (la vita?) fertile/divina / /nutriente, se il poeta è lieto; b)
animo amaro, cioè dolore, se il poeta è tetro. O forse entrambi e ancora qualcos'altro; 9 i versi
9-10-11 sono priapei visivi raffiguranti il pasto buccale (tavol/bottiglia vuoti) e sessuale
(goderecci) consumati e la pace del postludio
fra ulivi e curve/suoni sensuali; 10 dopo il
paradiso, i dubbi della vita terrena ma 11 narcisisticamente affascinati per la magica forza
espressa, no alla quotidianità e pronti al sacrificio finale: avanti ad oltranza per soddisfare il nostro appetito pantagruelico!
Sandro Sermenghi – per Cantierepoesia
sabato 8 maggio 2010 a San Casciano in
Val Di Pesa c/o ristorante “Mammarosa”.
Gemellaggio di
http://cantierepoesia.wordpress.com/con il Laboratorio di Parole-Circolo
Fattoria di Bologna.
Dall’alto a sinistra: Flavio- BI -Cantiere; Giovanni – BO; Sandro Ciaosandren – BO; Ersilia, supporter- BO, Aurelia- BO, VivianaBO, Oscar-BO; Mercedes, supporter- BO;
Rosy- BO; Edo, supporter- FI. -Cant.; Renzo
cineoperatore ufficiale- FI.-Cant.; Massimo,
PG, “lìder maximo” Cantiere; Marcello -TOCant.; Ciolini- PO,Cant.; Tinti Baldini- TOCant.; Graziella-FI -Cant.; Roberta-FI-Cant.;
Maristella- MC -Cant., Sandro Orlandi-RM Cantiere.
1
2
37
Poesie del Laboratorio
Lo scricchiolio
Dicono le vecchie guide di montagna
quelle che hanno gli occhi piccolini
per lo splendore delle nevi
e la pelle ispessita come il cuoio,
dicono che il momento più
[terrificante
non è quando la valanga
comincia a scivolare verso valle
e in alto si solleva
un polverio di minuscoli ghiaccioli.
Il momento più terrificante
è quando nel silenzio sterminato
si produce un sinistro scricchiolio
che agghiaccia il sangue
e mette in fuga i falchi roteanti.
Così è anche per noi, vero?
povere creature spaventate
dal primo crik crik dell’esistenza.
Ci si stringe il cuore
e cominciamo a sospettare
che quello scricchiolio
sia solo il primo.
Mirella Gresleri
Esistere
Pesante nube
sul bordato mare,
dalle vie del monte l’acqua
giù correva inseguita dal
vento impetuoso.
Stridula la ghiaia del
giardino sotto i piedi nudi
a raggiungere la tua finestra
sul mare chiassoso …
Lame di luci nel tuo sguardo
a conficcarsi nel midollo
del mio mondo; ci sei
rimasta come la verità
dell’esistenza, nostra …
Luigi Cuoco
38
Poesie del Laboratorio
Prima
si romperà pure
la tazzina con l’unicorno dipinto
Prima o poi si staccherà pure
il manico di ceramica fine
E la partita del mio cordone ombelicale
sarà spezzata.
Getterò tutto
tra i cartoni e le piastrelle
fra pezzi di pane
e alfabeti di linee e punti croce
Tutti ripresi
dall’alto delle mie occhiaie.
Sarà l’odore del pane incrostato
tra dita abbuiate.
Poi subito dopo il dolore,
più a fondo dell’osso
Non basterà il sentirlo
Per raggiungerlo tutto
La coroncina di zia Tina
La chiavano zia Tina
era suora di clausura a
Roma ancella del Sacro Cuore
nata signora dalla casa al
convento.
Il volto incorniciato nell’amido
la gioia di vederci nel parlatorio
piccole lettere piene di amore
e di sante raccomandazioni.
Il poeta è forse un savant?
È questo che ti aspetti da lui?
Ho parole dolci o di fuoco?
Lucido con pollice e indice
un suo cerchietto di ferro con
la croce e dieci pallini.
Paolo Senni Guidotti Magnani
Nadia Minarelli
All’Osteria
Una goccia di canto
cade sulle mie labbra
È il vino
corposo, tenebroso
limpido, fuggevole.
Un sorso, un sorso
il piacere scende
nella gola
lubrifica i sensi
viaggia nel mio corpo
vivace senza meta
avvolge.
La resa
La poesia domina
la mia mente arida
molto più di quanto
io domini entrambi.
Ardente spirito
fresco una festa
Dono di natura
Sapore di vita
Ho vino!!
Ho vita!!
Una fuga infinita
dai giorni dalla vita
mi rifugio in metafore
e in anfratti di resa.
Silvano Notari
Paola Mattioli
399
Il Laboratorio in trasferta a cura di Angela Falcucci
L’Associazione Insieme, nell’ ambito della Lettura di poesia che da qualche anno precede la serata conclusiva del Premio Tortoreto, ha organizzato una
estemporanea di scrittura in versi, coinvolgendo il pubblico in sala. Era il sei
giugno e ci siamo riuniti al bar 100%, a Tortoreto. Durante la lettura ogni partecipante ha pescato a caso tre parole; il gioco era provare a inserirle in un componimento in versi. Alla fine del pomeriggio ci siamo divertiti a leggere alcune
di queste poesie. Non è semplice, e nessuno si aspettava l’invito a cimentarsi in
prima persona con la scrittura poetica. A mio parere ne sono scaturite delle autentiche chicche!
Shhh ascolta…
dentro il mio cuore scorre
silente un fiume
di parole…
Francesca Serpilli
Il caffè è bollente
l’attimo perfetto
è fuggenteCon te il tempo corre
sempre
Ascoltare, parlare, litigare
Ora o mai più
Guardi solo il gatto
ma anche lui
come me fugge
Luciana Censi
Era facile odiare
i tuoi rimandi.
Ma da quando
hai colato il miele
sono felice e
stregato
Oscar De Pauli
Ah, se solo tu volessi…
potresti volare dall’Hangar
del buio,
ricordando a memoria
la scia di polvere
nel sole
del pomeriggio
In solitudine,
dopo aver toccato il fondo
piango
In questo mondo
dove il nulla emerge,
mi sommerge,
piangoPoi uno spiraglio di luce
intravedo
nel buio profondo:
è il mondo di INSIEME
fatto di amiche, di eventi
e non mi sento più sola,
mi basta una parola
per rinascere
M. Teresa Capriotti
Uccello
vienimi
sopra!!!
Concetta Pecoriello
Una crisalide d’aria
occhieggia in una
bottiglia iridataSorrido alla vista
e il mio animo arido
s’illumina d’immenso-
Eleonora Cruciani
Grazia Colli
40
Il Laboratorio in trasferta a cura di Angela Falcucci
Una nuvola si affaccia alla finestra
E’ sera.
La fanciulla
esce con fare sensuale
senza guardare indietro l’uscio
Dolores Cimini,
Arianna Del Sordo,
Rosita Di Mizio
E’ sera.
A Londra piove, come
sempre e scende
tanta acqua.
La vedo sbattere
contro i vetri grigi
della piccola mansardaLa vedo cadere,
a scroscio, costante
e silenziosaL’anima mia
lacerante ancora,
più non sorride:
perché è sola.
Silvana Anna
Maria Di Giuseppe
Se in questo mondo di plastica
dove ognuno corre per cercare
ciò che non troverà
ci si potesse fermare a
guardarci dentro potremmo
trovare un lago dove
immergerci nella sua
pace.
Aldo Zechini
Cari amici del Laboratorio, in questo
tempo incredibilmente assurdo e feroce, che uno vorrebbe solo rinchiudersi e sparire, non riesco a scrivere
versi su quanto accade. Non posso.
Voglio trovare un sorriso nella poesia,
e mi collego quindi ai versi di Mazzacurati, La mortadella, apparsi nel
numero 3 di PAROLE. Da un lettore
che mantiene l’anonimato sotto lo
pseudonimo di De Norcinis, mi è
pervenuto il componimento in risposta ad Augusto.
> Prosciutto cotto
>
> Yum yum prosciutto cotto
> Come darti men di otto
> Per le mie attente nari
> Per profumo non hai pari
> Ma se avvolgi il buon grissino
> Sei davvero sopraffino
> Ed il tuo verde pistacchio
> Dir mi fa cacchio, cacchio
> Due tre fette nel panino
> Questo si è uno spuntino
> Steso sulla cotoletta
> tu la fai inver perfetta
> colesterol scordar mi fai
> e ti mangio quindi assai
> bravo fu quel contadino
> che allevò il maialino
un certo De Norcinis
A presto. Ciao a tutti da Angela
41
Laboratorio di Parole
Sottogruppo Poesia in Brigata
La dissociazione
Scarichiamo accordi alla rinfusa, sconvochiamo lo stabile, ma al di là
delle definizioni linguistiche e strutturali della Dissociazione è il grande fiume
della poesia, la freccia della tradizione con le sue vere presenze, ma anche il
senso della continuità della nostra specie e perfino lo stesso principio di realtà
non hanno vera consistenza se rimangono inerti senza ciascuno di noi, senza
intensità, la necessità del nostro cuore, senza che ogni volta sia la nostra
fiamma ad accendersi ed accendere.
Il resto non conta, rimane lettera e scoria; questo è quanto è risultato
dalle riunioni sulla dissociazione. Per questo è così importante, davanti gli uni
agli altri con in mezzo un bicchiere di vino (anche i the e i caffè non erano
esclusi) per ragionare della dissociazione in questa maniera.
È risultato, in un intervento, sulla definizione di dissociazione che è la
necessità di non ascoltare il vuoto delle parole che s'incontrano ma che non si
conoscono veramente e ci siamo chiesti se è per questo che dovremmo
sezionare e analizzare con l'aiuto del vocabolario il “valore” di un termine, di
una parola, di un sintagma. Ma analizzare e scegliere è compito della
precisione ed allora ci dobbiamo spostare sui significati e già con-testare è
dissociazione. C'è però “un fantasma che s'aggira per l'Europa”, ed è
l'interpretazione (ideologica) delle vite parallele che non sappiamo dove
collocare se non nel vuoto a disposizione tra una parola e l'altra e tra un segno
e l'altro (se scriviamo in stampatello) di cui si scriveva prima. La sostanza di chi
scrive in versi è la dissociazione perenne e questa condizione salva, chi scrive e
chi legge, dal grigiore della quotidianità del percorso che ci avvicina alla morte.
A questo punto, il poeta cancella le tracce perché le poesie sono visioni
del mondo tramite fatti oggettivi o inconsci.
Dissociazione: disgiungere, superare con tecniche di rottura che
modificano, non aderire, tenersi fuori, ribaltare le convenzioni, sconvolgere gli
stereotipi, far rivivere la vita, contropiede ed in fine; dissociazione mentale,
grave alterazione del potere logico, tipico della schizofrenia.
Ebbene, noi poeti (spero si colga il senso ironico) lavoriamo dietro la
scrittura dei padri, mostrando il di dietro nudo dei loro-nostri miti, magari poi,
confermandoli masochisticamente in una furia parodica contraddittoria.
Per finire, prendiamoci controluce:
da Amelia Rosselli, Libellula 27;
Ben fortificata alla pioggia, ben sommessa
al dolore, ben recapitata fra i tanti filtri
delle esperienze-sapere che la luce è tua madre,
e il sole è quasi padre, e le membra tue
tuoi figli ...
Nadia Minarelli
42
Il Laboratorio in compendio
Il Compendio sett. – ott. 2014
Chi?
Che cosa?
Come?
Dove?
Quando?
I “poveti” del Laboratorio di Parole.
Scrivono e discutono di “poesia”.
Leggono le “loro” poesie e intervengono osservando e “criticando”.
Nella già abbastanza “famosa Sala del Camino.
Giovedì alle ore 15,30 (da settembre a maggio).
Da tempo occorreva una pagina, all'interno del nostro Bimestrale di
Poesia, che reclamizzasse “lo stare insieme” del Gruppo che è il “valore” della
poesia dei nostri poeti. Non si vuole qui riaprire vecchie polemiche sui giudizi
che rilevavano errori lessicali e semantici nelle poesie dei partecipanti al
Laboratorio, ma si vuole solo fare i passaparola su che cosa succede all'interno
della ormai nota Sala del Camino. Occorre però ribadire che il VALORE del
Laboratorio sta nel fatto che il GRUPPO si riunisce da ventitré anni e non nel
fatto di sfornare “fenomeni” della poesia (si tornerà sul punto del valore della
poesia del GRUPPO in altri numeri del Bimestrale).
Dall'inizio dell'attività, metà settembre, alla fine di ottobre sono stati sei
i giovedì nei quali si sono lette e discusse le poesie. Che cosa ne è risultato? Da
subito s'è trattato del tipo, o modo, o maniera di lettura, mettendo a confronto
la lettura degli accademici con quella di chi sussurra e quella interpretativa con
quella che sembra incolore e inespressiva. È successo anche che si sia tentato
un interessantissimo esperimento con la poesia in dialetto. Siccome la
provenienza dei partecipanti è diversificata, allora si è provato a leggere prima
la poesia in italiano e poi in dialetto, garantendo così anche a chi non ha
bolognese (o il romagnolo o napoletano o il calabrese o il friulano o il veneto)
come seconda lingua, il godimento dell'ascolto di musicalità altre.
Altri argomenti sono emersi, e ognuno di questi avrebbe il diritto di
discussione ampia ed esauriente. Per esempio l'argomento di come il poeta
intende il “problema del lettore”; oppure l'argomento che consegue dalla
traduzione dialetto- italiano o vice-verso (sic). Nonostante il certo poco tempo
a disposizione la riunione sempre intride argomenti alla lettura di ogni poesia.
Per finire occorre completare il bollettino delle cose trattate. La poesia
è per sé o è la poesia per gli altri. Spiegare o non spiegare; prima o dopo la
lettura della poesia. Come si fa a mantenere il Mistero della poesia. Si è evocato
Sanguineti con il suo “da un piccolo fatto vero” dove piccolo è da considerare
nella definizione di “poco conto”. Si è paragonata la poesia ad un Mandala e
come rapidamente si dissolve il suo disegno anche ad una lieve folata di vento.
Ed infine il “problemone”: come riuscire nel discutere di una poesia ad
escludere la critica al “senso”. Il limite delle tremila battute si stanno
avvicinando, grazie per l'attenzione e alla prossima.
Per la redazione: per ora, un tale.
43
Indice
Cognome e nome
N° di pag.
Cognome e nome
Andraghetti Fosca
Magno Antea
29
Anna Silvana
Manini Elio
41
Bastelli Anna
Manzoni G. Ruggero
20
Boari Carlo
Marisaldi Maria Luisa
25
Boriani Anna Maria
Maselli Anna
31
Bragaglia Valeria
Mattioli Paola
30, 36
Calotti Gian Pietro
Mazzacurati Augusto
4, 10
Capriotti Maria Teresa 40
Minarelli Nadia
Caruso Maurizio
Montori Francesco
1 cop.
Casetti Rosalba
2, 3, 4, 30, 31 Morelli Arnaldo
Censi Luciana
Notari Silvano
40
Cimini Dolores
Pascoli Giovanni
41
Colli Grazia
Pecoriello Concetta
40
Colonnello Tommaso 28
Pellizzari Emelina
Corazzini Sergio
Penzo Gabriella
26, 27
Corradi Livia
Pinghini Chiara
29
Cruciani Eleonora
Rocchi Giuliana
4, 40
Cuoco Luigi
Rosselli Amelia
4, 11, 38
Del Sordo Arianna
Saguatti Piero
41
Demi Cinzia
Sangiorgi Marina
12, 13
De Norcinis
Santandrea Viviana
41
De Pauli Oscar
Senni Paolo
1, 5, 36, 40
Di Giuseppe Maria
Sermenghi Sandro
41
Di Mizio Rosita
Serpilli Francesca
41
Falcucci Angela
Spaziani Maria Luisa
4, 24, 26, 27, 40, 41
Finardi Filippo
Tarroni Amleto
33
Finzi Zara
Tieghi Aurelia
14
Generali Alessandra
Tinarelli Luciana
6,
Giglio Rosy
Tomba Patrizia
4, 34
Gresleri Mirella
Tosi Paola
16, 17, 38
Grosso Piera
Vannini Giovanni
15
Guadagno Crescenzo
Venzi Andrea
21
Iattoni Maria
Verdoya Malena
5, 10, 22
Kipling Rudyard
Zechini Aldo
8
Krumm Ermanno
Zucchini
Anna
2, 3
Lipari Franco
15
Lollini Margherita
4, 36
44
N° di pag.
5, 9
4, 22
12, 13
25
11
39
10, 23
39, 42
8
24
39
20
40
5, 36
4, 34
24
18, 19
42
5, 28
18, 19
4, 22, 23, 24
39
37
40
16, 17
14
4, 29
7
15
15
5, 9, 32, 43
33
5
41
4, 35
Movimento Difesa del Cittadino (MDC) è un’associazione dei Consumatori
senza scopo di lucro, nata a Roma nel 1987, che opera a livello nazionale
ed è indipendente da partiti e sindacati. MDC è membro del Consiglio
Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) costituito presso il
Ministero dello Sviluppo Economico, di Consumers’ Forum ed è anche
Associazione di Promozione Sociale riconosciuta dal Ministero del Lavoro
e delle Politiche sociali. Inoltre collabora con Legambiente e le principali
associazioni nazionali di tutela dei diritti dei cittadini e dei consumatori.
MDC
Promuove la Tutela dei Diritti dei Cittadini, informandoli e dotandoli di
strumenti giuridici di autodifesa, prestando Assistenza e Consulenza
Legale su problematiche collettive ed individuali.
Porta avanti una serie di iniziative per rendere i cittadini sempre più
informati su come contrastare le Insidie del Mercato, anche attraverso
Azioni Legali per la Difesa degli Interessi Collettivi e Diffusi.
I cittadini che hanno bisogno di un consiglio e
assistenza legale in tema di famiglia, lavoro, proprietà
e locazione di immobili (liti condominiali), consumo e
commercio, infortunistica stradale e multe, viaggi e
turismo, possono usufruire, previo tesseramento, della consulenza
GRATUITA di un esperto.
SI RICEVE TUTTI I MARTEDì SOLO SU APPUNTAMENTO
DALLE 17:00 ALLE 20:00
E TUTTI I GIOVEDÌ ANCHE SENZA APPUNTAMENTO
DALLE 17:00 ALLE 20:00
PRESSO LA SEDE DEL CIRCOLO LA FATTORIA
Per maggiori informazioni: tel. 051505117, E-mail [email protected]
I pittori del Laboratorio di Parole
Elio Manini “Ricordo ecologico” olio su tela cm. 40 x 40 Bologna 2012"