BOLLETTINO LIDU 26 MAGGIO 2014

Piazza dell'Aracoeli, 12 - 00186 Roma - tel *30 06 6784168
Bollettino del 26 Maggio 2014
A cura di Manlio Lo Presti
ESERGO
L'immaginazione è più importante della conoscenza.
La conoscenza è limitata, l'immaginazione abbraccia
il mondo.
A. EINSTEIN, Pensieri di un uomo curioso, Mondadori, 1997, pag.
169
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COMUNICAZIONI LIDU
La Lidu è la più antica antica Organizzazione laica che difende i diritti
dell’Uomo.
Si è aperta la campagna tesseramenti 2014.
Sosteniamola affinché non si spenga una delle poche voci indipendenti esistenti
in Italia
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L.I.D.U. Lega Italiana dei Diritti dell’uomo
TESSERAMENTO 2014
Socio Giovane
Socio Ordinario
Socio Sostenitore
Socio Benemerito
quota minima
quota minima
versamento minimo
versamento minimo
data ultima di versamento per il rinnovo
€ 10,00= (fino a 30 anni)
€ 50,00=
€ 200,00=
€ 500,00=
30 GIUGNO
NOTA
Poiché la L.I.D.U. è un'Associazione Onlus e la quota associativa è stata fissata ad euro 50,00- ogni
versamento maggiore della quota suddetta, verrà considerata come versamento liberale e potrà
essere dedotta, nei termini di legge, dalla dichiarazione dei redditi.
La condizione necessaria è che il versamento debba essere effettuato direttamente alla L.I.D.U.
nazionale, in qualsiasi forma, salvo che in contanti.
L'attestato del versamento dovrà essere richiesta alla Tesoreria nazionale.
si può effettuare il pagamento della quota dovuta a mezzo:
contanti; assegno; bollettino di c/c/postale n° 64387004
bonifico bancario IBAN IT 90 W 05216 03222 000000014436
bonifico postale IBAN IT 34 N 07601 03200 000064387004
Intestati a: F.I.D.H. Fédération International des Droits de l’Homme - Lega Italiana onlus
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5 x 1000
Come previsto dalla legge è possibile destinare il 5 x 1000 del reddito delle persone fisiche a fini
sociali.
La nostra Associazione è ONLUS e può beneficiare di tale norma.
Per effettuare la scelta per la destinazione, occorre apporre la propria firma e indicare il Codice
Fiscale
97019060587
nell'apposito riquadro previsto nei modelli dell'annuale denuncia dei redditi.
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Cari amici e amiche,
il 30 maggio alle 17, vi sarà la presentazione del volume "Antiche novità", a cui ho
partecipato con un breve saggio sulla giustizia penale internazionale.
Poiché la presentazione si terrà al Senato, chi fosse interessato è pregato di
comunicarmelo,
in modo tale da poter far inserire il nominativo nella lista dei partecipanti.
Questo è il link per maggiori dettagli: http://www.senato.it/3421?evento=237
.
Minerva Eventi: prossimamente
Antiche novita. Una guida transdisciplinare per interpretare il vecchio e il nuovo
sala degli Atti parlamentari, venerdì 30 maggio 2014, ore 17
Presentazione del volume di Gabriele Balbi e Cecilia Winterhalter "Antiche
novità. Una guida transdisciplinare per interpretare il vecchio e il nuovo"
(Orthotes, 2013).
Prefazione di Victoria De Grazia, con testi di Maria Stefania Cataleta, Massimo
Cerulo, Alberto Fragio, Alessandra Guigoni e Marco Pedroni.
Interventi di: Marco de Nicolò, Francesca Lagorio, Luca La Rovere.
Cari saluti
M. Stefania Cataleta
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Spett.le
Lega Italiana Dei Diritti dell’Uomo,
con gentile preghiera di diffusione,
Siamo lieti di comunicarLe che, come di consueto da 10 anni a questa parte, ci avviamo a
realizzare il Corso Robert Schuman 2014 - Professione Legale Internazionale ed
Europea per la Tutela dei Diritti Fondamentali dell'Uomo, in programma a Strasburgo
dal 14 luglio all' 8 agosto.
Il Corso, promosso da DUit SRL (società editrice della Rivista "Diritti Umani in Italia, ISSN
2240 - 2861 [online] www.duitbase.it) in partnership con il CNR - Istituto di Studi Giuridici
Internazionali (Sede di Napoli) e con lo lo Studio Legale Internazionale Romano, è già
stato accreditato dal Consiglio Nazionale Forense per n. 24 CF.
Quest'anno, specie in considerazione delle plurime condanne indirizzate all'Italia, la ratio
dell'iniziativa riposa sull'esigenza di promuovere e tutelare, fattivamente, concretamente e
professionalmente, dinanzi alle autorità giurisdizionali domestiche prima, e sovranazionali
poi, i diritti fondamentali, divenuti, ormai, sempre più marginali nell'attuale panorama
segnato da una profonda crisi economica, politica e sociale.
Progressivamente l’Europa è stata in grado di dotarsi di strumenti giuridici eccezionali che
rappresentano un “unicum” rispetto ad altri ordinamenti continentali, in grado di fornire una
elevata protezione dei diritti fondamentali. Se sulla carta l’Europa rappresenta, quindi, il
baluardo della protezione dei diritti fondamentali, non può non rilevarsi come, aldilà delle
dichiarazioni d’intenti, i singoli Stati nazionali siano ancora ben lungi dal garantire una full
compliance con gli standard di tutela codificati dal diritto europeo ed internazionale. In
particolare, i gravi deficit di tutela di cui soffre il nostro paese dimostrano quanto sia
ancora lunga la strada da percorrere.
Alla luce di queste considerazioni, il Corso Robert Schuman intende offrire agli operatori
giuridici gli strumenti idonei per conoscere, comprendere e competere in questi nuovi
scenari, adeguando la propria professionalità alle mutate esigenze del sistema di garanzia
e tutela dei diritti fondamentali dell’uomo. La riflessione e l’approfondimento proposto
avranno dunque quale scopo precipuo la formazione di una nuova classe dell’avvocatura
e della magistratura italiana, conscia dei problemi che affliggono il nostro ordinamento ma
capace di proporre soluzioni in linea con gli standard di tutela dei diritti fondamentali
codificati a livello sovranazionale.
Durante il corso si offriranno spunti critici e di riflessione su problemi cruciali che
interessano il nostro paese. Particolare impegno sarà profuso nell’analisi dei risvolti
squisitamente pratici delle materie oggetto del Corso - quali, ad esempio, il dialogo tra le
corti nazionali, internazionali ed europee, il divieto di trattamenti inumani e la situazione
carceraria italiana, la ragionevole durata del processo e le disfunzioni strutturali
dell’impianto processuale italiano, la tutela della proprietà e i relativi affaires legati a
vicende espropriative, il rispetto del diritto alla salute e ad un ambiente salubre nonché il
diritto ad un equo processo penale - affidandone la trattazione ad esperti avvocati operanti
nel settore ed a giuristi provenienti dalle Corti Internazionali.
In allegato alla presente, trasmettiamo il Bando Ufficiale del Corso.
Cogliamo inoltre l'occasione per segnalarVi la possibilità di stipulare una Convenzione
Operativa che preveda forme di collaborazione scientifica e formativa, oltre che
agevolazioni a favore dei Vs. iscritti per l'iscrizione al Corso.
Ringraziando per la gentile attenzione, e sicuri di un Vostro positivo riscontro, porgiamo
Distinti Saluti.
Dott.ssa Lidia Cappai
Responsabile Area Formazione
Tel. 06 92928005
Diritti Umani in Italia
Rivista Scientifica di Informazione Giuridica
ISSN 2240 - 2861
DUit è una società attiva nel campo dell’editoria, della formazione, dell’informatica.
Avvalendosi dell’expertise dei propri soci e del proprio Staff, lancia nel 2010 la rivista
scientifica online “Diritti Umani in Italia” - ISSN 2240 - 2861 - la quale, grazie anche al più
vasto Database della Giurisprudenza CEDU in Italia, diventa rapidamente un punto di
riferimento nel panorama giuridico nazionale, contando, nel suo primo anno di
pubblicazione, oltre 10.000 lettori al mese. In prima linea nel campo della formazione
professionale per gli operatori del diritto, oltre al Corso Robert Schuman - organizzato
annualmente a Strasburgo - realizza iniziative in partnership con Università, Ordini
Professionali, Scuole per l’Alta Formazione Professionale.
DUit SRL - Sede Legale Via Valadier n. 43, 00193 Roma
C.F. & P. IVA 11338301002 Numero REA : RM - 1295478
Società iscritta nel Registro degli Operatori della Comunicazione con numero 21671
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RASSEGNA STAMPA
http://opinione.it
Precarietà e lavoro, ora bisogna agire
di Maria Vittoria Arpaia
Il tema del lavoro è oggetto di dibattito e di studio da diversi anni. Nel corso del tempo
gli aspetti sensazionalistici ed emotivi hanno prevalso sulle misurazioni statistiche
generosamente sfornate da enti pubblici e da istituti di ricerca, con esiti molto spesso
in contrasto fra loro. I ricercatori vengono poi invitati ad esporre le loro argomentazioni
in articolati dibattiti nelle numerose trasmissioni politiche oramai presenti in ogni
catena televisiva e in gran parte delle testate giornalistiche del Belpaese.
La proliferazione di rubriche che trattano di politica e di economia induce a pensare
che sia in atto un vero e proprio disegno di ingegneria sociale, con grande gioia dei
complottisti che lo dicono da anni. Si parla di “lavoro che non c’è”, di economia
liquida, di democrazia liquida, di globalizzazione, ecc. Il mantra è ripetuto con
martellante ossessività dappertutto, ma non abbiamo ancora visto la realizzazione di
una qualsiasi decisione che affronti la disoccupazione con metodo e linearità.
A questa inerzia negligente delle classi politiche precedenti ed attuali, va aggiunto il
macigno dei limiti imposti (qualcuno ha ancora il coraggio di chiamarli accordi) dalle
strutture decisionali “apicali” dell’Unione Europea composte da funzionari strapagati e
non eletti da nessuno. Ci riferiamo al Fiscal Compact, all’interno del quale è prevista la
totale immunità dei burocrati di Bruxelles anche in caso di errore conclamato! A
dispetto delle dichiarazioni ottimistiche che provengono dal Quirinale, la situazione
appare diversa, molto diversa. I governi dei Paesi membri avrebbero dovuto elaborare
un vasto piano di riconversione dei lavoratori con ampio anticipo rispetto alle brutali
trasformazioni che si sono poi realizzate in Europa, provocando una vera e propria
macelleria sociale che ha letteralmente distrutto un’intera generazione di cittadini.
Parliamo dei giovani senza futuro e nell’impossibilità di avere un lavoro dignitoso sia in
termini di retribuzione netta, sia in termini di compatibilità con la vita privata. Si parla
tanto di equilibrio lavoro/vita privata, ma tale equilibrio è inattuabile in presenza di un
diffuso precariato che getta l’Europa in mano a strutture per l’impiego che assomigliano
sempre più ai “caporali” che assumevano sulla piazza del paese alle quattro del
mattino.
La costruzione di un’Unione Europea totalmente asservita alle esigenze delle imprese e
delle banche multinazionali, ha prodotto scarsità di lavoro e quello che esiste è
totalmente precario. La precarietà provoca enormi costi umani, ha raso al suolo le
conquiste sociali e reso impotenti le persone a reagire agli abusi di datori di lavoro,
sempre meno interessati alla crescita professionale dei propri addetti che possono
assumere con costi ridotti nella ruota girevole delle agenzie per l’impiego e pescando
all’interno dei Paesi dove le tutele sociali sono più deboli o addirittura inesistenti.
La precarizzazione del lavoro, peraltro dequalificato perché tutto viene sempre più
demandato alle macchine e all’informatica, sta creando un paesaggio sociale lunare e
privo di prospettive sociali di futuro. La natalità precipita a livelli esistenti nei conflitti
armati. La tenuta sociale dei Paesi membri dell’Unione sta scricchiolando sotto i colpi
della crescente sfiducia verso le istituzioni comunitarie che cinicamente non intendono
risolvere il problema disoccupazione, perché una manodopera affamata accetta
comportamenti servili e salari più bassi.
La situazione non accennerà a migliorare finché non esisteranno strutture elettive
aventi il potere di legiferare e di condurre l’Europa lungo un disegno politico che ponga
particolare attenzione alla piaga della disoccupazione, causata in gran parte
dall’assenza di piani nazionali di riconversione professionale adeguata alle nuove
tecnologie e alle nuove logiche dello scambio che si sta affacciando in Europa e
nell’Occidente in generale. Il binomio formazione-lavoro stabile sarà la risposta giusta
per abbassare i tragici numeri da guerra civile che oggi sono presenti nell’Unione, con
particolare gravità nell’area sud. Il diluvio di chiacchiere, l’assenza di formazione
percepita come un costo e non come una opportunità, l’assenza di investimenti
innovativi delle filiere produttive e dell’erogazione dei servizi non portano da nessuna
parte, aggravano la disoccupazione ponendo in serio pericolo la tenuta sociale in Europa
a favore della speculazione finanziaria che guadagna sul crollo dei Paesi in difficoltà, e
con una struttura industriale sempre più gracile che getterà l’intera Unione Europea
nelle mani della Cina, dell’India e della Russia. Saremo capaci di agire per tempo?
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http://www.catanzaroinforma.it/
All'Università si discute di diritti umani e
politiche migratorie
Mercoledì 28 maggio ultimo appuntamento del ciclo di seminari “Justice&Legality UMG”
Sabato 24 Maggio 2014 - 18:20
Si terrà mercoledì 28 maggio, a partire dalle ore 15.00, presso l’aula Giovanni Paolo II dell’Edificio
di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali di Catanzaro, l’ultimo appuntamento del
ciclo di seminari “Justice&Legality UMG”. Titolo dell’incontro conclusivo, promosso in
collaborazione con l’European Law Student Association (ELSA) di Catanzaro nelle persone del suo
presidente Antonio Arnò e del suo vice-Presidente per le attività accademiche Domenico Costa,
sarà: “Diritti umani, politiche migratorie, normative comunitarie e l’immigrazione”.
Interverranno i docenti dell’Università “Magna Græcia” di Catanzaro : Alberto Scerbo Professore Ordinario di Filosofia del Diritto presso, Andrea Lollo - docente di Giustizia
Costituzionale e Ivan Valia – Dottorando di Ricerca . Previste anche le relazioni dell’Avvocato
Francesco Trimboli e della Dott.ssa Donatella Cristiano, Presidente dell’organizzazione
IN.CA.STRI.
Modererà l’incontro l’avvocato del Foro di Catanzaro Aldo Costa. Saluti e ringraziamenti
conclusivi affidati agli organizzatori del programma “Justice&Legality UMG” : Damiano Carchedi,
Yves Catanzaro e Sebastian Ciancio. Previsto un ampio dibattito con il pubblico.
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http://www.udinetoday.it/
"Diritti & rovesci" con Damatrà
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A scuola di diritti umani
"Diritti & rovesci", il progetto triennale dedicato ai bambini delle scuole
primarie della città
Redazione23 maggio 2014
Educare i cittadini più giovani al rispetto dei diritti umani e alla cittadinanza attiva. E’
questo il principio che sta alla base del progetto triennale dedicato ai bambini delle scuole
primarie della città, “Diritti & Rovesci”, promosso dall’Assessorato all’Istruzione del
Comune di Udine e giunto in questi giorni alla sua conclusione.
Ideato e curato dalla Cooperativa Damatrà onlus, grazie ad una Convenzione stipulata col
Comune per gli anni 2011-2014, il percorso, dopo aver affrontato il tema del diritto
all’ambiente e alla legalità, in questa sua ultima annualità, ha coinvolto oltre 500 alunni in
una riflessione maieutica sul tema del “Diritto dei bambini all’arte e alla cultura” .
“Grazie alla fattiva collaborazione con il Teatro nuovo Giovanni da Udine e l’Ente
Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia nell’ambito delle attività teatroescuola –
sottolinea Mara Fabro, della Cooperativa Damatrà – abbiamo cercato di dar vita a dei
laboratori di cittadinanza in grado di far riflettere i cittadini più giovani sul valore civile
del’arte e dei luoghi della cultura, in particolare il teatro, con l’obiettivo di trasformare il
concetto veicolato in esperienza”.
Il percorso educativo, nello specifico, è iniziato nel dicembre scorso, con un
appuntamento formativo per insegnanti, curato da Giuseppe Bevilacqua, direttore
artistico del teatro Giovanni da Udine, con l’intento di favorire la sinergia e l’incontro tra
scuola- teatro –presidi culturali, e si è poi dipanato tra il Teatro nuovo e le classi. “In
questo modo - continua la Fabro – siamo riusciti a relazionarci in maniera univoca e chiara
con i bambini, ad offrire loro numerose attività culturali, a rilanciare la scuola come luogo di
opportunità democratiche, favorendo nel contempo la partecipazione delle famiglie”.
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°°°°°°°°°°°°°°http://lepersoneeladignita.corriere
.it/
Guantanamo, tutte le promesse
mancate di Obama
di Monica Ricci Sargentini
Campagne |
“Un altro anno, gli stessi ingredienti mancanti”. E’ questo il titolo del rapporto di Amnesty
International che esce oggi, il 23 maggio, a un anno di distanza da quando Obama fece la
sua promessa di chiudere il carcere di massima sicurezza di Guantanamo. Per
questo le organizzazioni per i diritti umani, da Amnesty International a Witness Against
Torture, si ritroveranno oggi, il 23 maggio, a Washington per chiedere al presidente
Obama di chiudere finalmente Guantanamo e mettere fine alla detenzione preventiva a
tempo indeterminato. Un anno fa Obama aveva detto che l’America era a un bivio nella
lotta al terrorismo: “Dobbiamo definire la natura e lo scopo di questa lotta, altrimenti sarà
lei a definire noi”.
Purtroppo, è il commento di Amnesty nel rapporto, “un anno dopo poco è cambiato perché
gli Usa continuano a non mettere il rispetto dei diritti umani al centro della strategia antiterrorismo, loro che si dichiarano da sempre i campioni dei diritti umani”.
La promessa del presidente americano, lo scorso anno, arrivò nel mezzo di uno sciopero
della fame da parte di circa 100 detenuti nel carcere di massima sicurezza per protestare
contro le loro condizioni di vita. Nelle parole dello stesso Obama Guantanamo era
diventata “il simbolo in tutto il mondo di un’America che sfida le regole della legge”.
Eppure ancora oggi sono 140 i detenuti nel carcere ormai tristemente famoso.
Il 23 maggio davanti alla Casa Bianca e in altre 35 città del mondo gli attivisti si
presenteranno in tuta arancione in rappresentanza di quei detenuti cui è negato il diritto di
parola.
Giovedì 22 maggio la Camera ha bocciato a larga maggioranza un emendamento, sostenuto
fortemente dalla Casa Bianca, che avrebbe permesso la chiusura del carcere a partire dal
2017.
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http://www.lanazione.it/
Peacekeeping e diritti umani: vertice europeo alla
Sant'Anna
Due giorni promossi dal professor Andrea De Guttry: oggi e domani, presenti anche i rappresentanti
delle Nazioni Unite
Pisa, 19 maggio 2014 - Approfondire la cooperazione tra le istituzioni formative europee impegnate
nel settore della formazione per attività di peace keeping, assistenza umanitaria, monitoraggio dei
diritti umani, ricostruzione post bellica: sono i temi della riunione che inizia oggi e che si
concluderà domani (20 maggio) alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, con la partecipazione di
tutti i centri europei di formazione del personale civile coinvolto nelle missioni internazionali
raggruppate nel consorzio “European New Training Initiative for Civilian Crisis Managament”
(“Entri”), finanziato dall’Unione europea.
L’incontro è stato promosso su impulso di Andrea de Guttry, Ordinario di diritto internazionale e
fondatore dell’International training programma for conflict management.
Alla riunione parteciperanno rappresentanti di alto livello delle Nazioni Unite, per verificare come
attivare forme ulteriori di cooperazione con i partner europei.
Secondo Andrea de Guttry, “questa riunione rappresenta il riconoscimento all’attività svolta dalla
Scuola Superiore Sant’Anna dal 1995 e che ha contribuito a renderla uno dei centri più conosciuti
ed apprezzati in tutto il mondo per la qualità della formazione impartita in questo settore”.
Il Sant’Anna, infatti, promuove ogni anno circa 20 corsi di alta specializzazione, gli ultimi dei
quali si sono tenuti – oltre che a Pisa e a Roma - in Egitto, per il personale impegnato in Somalia, in
Somaliland, in Sud Africa, in Cameroon. Da sottolineare come un numero rilevante di queste
attività di formazione sia organizzata in collaborazione con il Reggimento Tuscania del’Arma dei
Carabinieri.
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http://www.ilmessaggero.it/
Latina, «Migrazioni di ieri e di oggi»: al liceo classico l'ultimo
appuntamento di Cittadinanza attiva
LATINA - Giornata conclusiva del progetto “Cittadinanza attiva. Diritti umani, uguaglianza
e solidarietà. Migrazioni di ieri e di oggi: il caso pontino”: martedì 20 maggio, alle 9, presso
l’Auditorium del Liceo Classico “Dante Alighieri” di Latina ultimo appuntamento del
progetto selezionato dal Parlamento italiano nell’ambito del concorso “Lezioni di
Costituzione”.
Nel corso della manifestazione saranno presentati i lavori prodotti dagli alunni e inaugurata
la Mostra “Nessuno resta dove è nato”, «che rappresenta la sintesi - spiegano dal Liceo delle molteplici attività svolte».
Interverranno, insieme agli alunni e ai docenti del Liceo Classico, i partner del progetto: gli
allievi di alcune scuole secondarie di primo grado del territorio, quali gli Istituti comprensivi
Don Milani, Vito Fabiano, N. 5 di Via Tasso, Frezzotti-Corradini e i rappresentanti degli
Enti locali coinvolti, come l’Ordine degli Avvocati di Latina, la Fondazione Avvocatura
Pontina “M.Pierro”, la Coldiretti di Latina, l’Esel-Ente scuola formazione, Famiglia
Migrante, SenzaFrontiereOnlus.
Lunedì 19 Maggio 2014 - 13:07
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http://www.unisob.na.it/
Luigi Manconi
Dove sono finiti i diritti umani
I diritti umani in Italia sono costantemente violati. A dirlo è il Presidente della Commissione
straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani al Senato, Luigi Manconi, all'Università
Suor Orsola Benincasa di Napoli per la lezione conclusiva del ciclo d'incontri "Margini e Confini".
Organizzati dalla Facoltà di Scienze della Formazione, questi appuntamenti segnano "un percorso
interdisciplinare incentrato sul tema del margine declinato secondo diverse prospettive e proposto
come cifra identificativa della società contemporanea", spiega la storica e curatrice dell'evento
Vittoria Fiorelli.
Ospite d'onore della giornata, Luigi Manconi ha spiegato perché l'Italia non si trova in una buona
condizione. "È stata sanzionata ripetutamente dalla Corte europea dei diritti dell'uomo sia per la
condizione del nostro sistema penitenziario, sia per il trattamento nei confronti dei richiedenti asilo
- dice il Presidente della commissione - Per due problematiche essenziali del nostro sistema
giuridico l'Italia è sotto osservazione e sotto sanzione. Per le carceri la sanzione è già stata inflitta. Il
28 maggio scade l'ultimatum per l'Italia affinché rientri nella legalità".
Le condizioni di salute delle nostre carceri non sono buone. Il nostro sistema penitenziario è "come
un corpaccione malato, - spiega Manconi - che non ha bisogno di terapie ordinarie. Questa febbre
altissima può essere abbassata solo con misure straordinarie come l'amnistia o l'indulto. Solo su un
sistema non più febbricitante, com'è ora, si potranno operare le riforme del sistema giudiziario.
L'altra sanzione inflitta al nostro Paese riguarda l'immigrazione: la politica di respingimenti dei
governo Maroni-Berlusconi e le mancate verifiche delle richieste d'asilo.
La lezione di Manconi, dedicata al tema "Diritti delle persone nello spazio dell'Europa e dell'Italia
contemporanea", ha concentrato l'attenzione sul linguaggio prima ancora che sulle leggi. E' il
linguaggio che noi usiamo che segna il confine tra lecito e illecito e condiziona la percezione della
realtà. Dire clandestino, zingaro o vu cumprà non è dunque lo stesso del dire migrante, rom e
straniero. "Nonostante oggi il reato di clandestinità sia stato abolito, - spiega Manconi - sia prima
che dopo la cancellazione, clandestino resta il termine più utilizzato per indicare l'immigrato".
Questo termine è il punto d'arrivo di una perversione linguistica. "La parola 'clandestino' evoca
l'idea di qualcuno che si nasconde nell'ombra, qualcuno che ci sta alle spalle, un'insidia". Per il
Presidente della commissione Diritti umani "attraverso le parole noi costruiamo il mondo. Se io
dico clandestino sto già operando per attribuire al migrante l'etichetta di nemico".
Non si tratta solo di utilizzare un linguaggio politically correct, ma di mettere in discussione "una
parte della classe politica che ha fatto di questo linguaggio uno strumento efficace per promuovere
azioni ostili nei confronti dei migranti". Luigi Manconi non fa parte però del partito dell'antipolitica,
perché ricorda che la colpa è anche dei cittadini: "La nostra responsabilità è di aver accettato questo
linguaggio".
Lisa D’ignazio
[19.5.2014 - 15.54]
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http://www.adnkronos.com/
Onu: avviate anche per Italia procedure esame
situazione diritti umani
Articolo pubblicato il: 19/05/2014
Le Nazioni Unite hanno avviato anche per l'Italia le procedure per il nuovo esame della
situazione dei diritti umani in tutti i Paesi membri. Il Comitato interministeriale per i Diritti
umani (Cidu), informa un suo comunicato, ha aperto una consultazione pubblica in vista
della redazione del rapporto nazionale che sarà inoltrato al Segretariato del Consiglio dei
Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra il 15 luglio 2014. Sarà poi il Consiglio dei Diritti
Umani dell'Onu (CDU), alla fine di ottobre, a valutare l'Italia.
L'esame degli Stati membri ha una cadenza ciclica di quattro anni e mezzo e si articola in
quattordici sessioni di un apposito gruppo di lavoro del Consiglio dei Diritti Umani (UPR
Working Group ). Tutte le informazioni sulle modalità di partecipazione alla consultazione
pubblica si possono trovare sul sito del CIDU:
http://www.cidu.esteri.it/ComitatoDirittiUmani/Menu/Informazione_formazione/Revisione_P
eriodica_Universale/
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http://amisnet.org/
Arrestate lo straniero! La violazione dei diritti
umani in Grecia
09/05/2014
“Qui in questa stazione di polizia sono tre mesi che non vedo la luce del sole”, questo
denuncia uno dei tanti migranti trattenuti da mesi dalle forze di sicurezza greche in uno
delle centinaia di centri di detenzione sorti all’indomani dell’avvio dell’operazione Xenios
Zeus, nell’estate del 2012.
Sono oltre 80.000 gli stranieri fermati nel corso di questa brutale operazione che ha
sbattuto in carcere migliaia di persone senza alcun precedente penale e con i documenti
in regola.
Mentre tutto questo accade intanto, ai porti, altre migliaia di persone cercano di
nascondersi sotto i tir per imbarcarsi sui traghetti che partono alla volta dell’Italia.
Chi ci riesce, in molti casi torna indietro perché scoperto dalla polizia italiana allo sbarco,
gli altri, tra riti propiziatori e disillusione, ci riprovano ininterrottamente, da anni, logorando
mente e forze nel difficile tentativo di scappare da un Paese che non li vuole e di arrivare
in un altro che, in molti casi, non è altro che l’ennesima tappa del lungo viaggio alla volta
del nord Europa.
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http://news.supermoney.eu/
Amnistia e Indulto 2014, news da
Napolitano: intollerabile situazione di
sovraffollamento
17-05-2014 - Stefano Gatto
Amnistia e Indulto 2014: le parole di Napolitano e del Ministro Orlando.
Torna ancora sotto i riflettori quando si parla di Amnistia e Indulto 2014 il Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano, protagonista nei mesi scorsi di discorsi indirizzati alle forze
politiche in cui si invitava a porre rimedio a quella che è una situazione insostenibile dal punto di
vista dei diritti umani. Del resto siamo nel mese in cui è prevista la scadenza del termine per
ottemperare, fissata proprio dalla Corte Europea dei Diritti Umani, ad un problema così
controverso che rimane di difficile soluzione.
Amnisita e Indulto 2014 news: le parole di Napolitano
Le parole del Presidente sono stavolta indirizzate non a forze politiche, ma proprio al Capo del
Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, a cui il Capo dello Stato si è rivolto
sottolineando come sia "urgente" rimediare "all'intollerabile situazione di sovraffollamento".
Nessun esplicito richiamo alle parole Amnistia e Indulto 2014 che tanti detenuti si aspettavano,
alla vigilia dell'ultimatum che ci vede protagonisti e responsabili di un problema che è e rimane di
lontana soluzione. Se è vero che dalle forze politiche maggioritarie non c'è da aspettarsi
provvedimenti quali Amnistia e Indulto nel 2014, l'unica strada percorribile, come più volte
discusso, rimane quella delle pene alternative al carcere e una ridefinizione delle sanzioni da
svolgersi in quest'ottica, per quanto non in linea con la scadenza fissata dalla Corte Europea.
Amnistia e Indulto 2014 news: le parole del Ministro Orlando
Anche il Ministro Orlando è sembrato a favore di quest'eventualità nonostante l'imminente
scadenza, piuttosto che aderire a soluzioni più veloci quali Amnistia e Indulto. Tuttavia, le parole
usate in occasione dell'ultima riunione del Csm individuano misure e "soluzioni rapide", "anche di
carattere straordinario", che lascerebbe invece intendere proprio Amnistia ed Indulto, per quanto
manchi anche nelle parole del ministro qualsiasi riferimento ad esse. Che sia la solita retorica
politica priva di sostanza? Intanto i tempi si fanno sempre più stretti e un problema che grava sui
diritti umani ci rende internazionalmente responsabili. Proprio il Ministro Orlando dovrebbe recarsi
settimana prossima a Strasburgo a prendere atto delle decisioni della sopramenzionata Corte. In
una dell'eventualità peggiori, scatterebbero le condanne al nostro paese per circa 4.000 ricorsi
pendenti relativamente al problema carceri, problema che se non venisse risolto in tempi a questo
punto strettissimi attraverso Amnistia e Indulto o qualsivoglia altro mezzo, rischia di costare al
nostro paese circa 28 milioni di euro.
Queste le ultime notizie riguardo ad Amnistia e Indulto 2014 e più in generale al problema del
sovraffollamento delle carceri. Voi cosa ne pensate? Fatecelo sapere utilizzando il box dei
commenti posto in calce all'articolo!
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http://www.rainews.it/
Reazione furiosa di Mosca
Ucraina, allarme Onu per i diritti umani
nell'est
Un rapporto delle Nazioni Unite denuncia "Assassinii, torture, apimenti e intimidazioni"
contro civili, politici ucraini locali e giornalisti e 127 morti.
Stati Uniti e Francia minacciano la Russia di "costi ulteriori" se continuerà con il
suo atteggiamento "provocatorio e destabilizzante" in Ucraina.
Prorussi a Sloviansk (Epa/Roman Pilipey)
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L'Onu accusa l’Ucraina di uso illecito del proprio logo sugli elicotteri
Ucraina, ultimatum dei filorussi a Kiev: ritiratevi o distruggiamo tutto
Ucraina, Lavrov: "Paese sull'orlo della guerra civile". Al via il tavolo di unità
nazionale
16 maggio 2014Uccisioni mirate, torture e pestaggi, rapimenti, intimidazioni e alcuni casi di
molestie sessuali, per lo più svolte da gruppi filorussi ben organizzati e ben armati nell'est. Il nuovo
rapporto dell'Onu sull'Ucraina punta il dito su Mosca e la Russia non sta a guardare: Mosca reagisce
con furia e per il Cremlino la reazione dell'Onu "manca totalmente di obiettività". Per la Russia,
l'Onu punta il dito contro una parte sola e il rapporto è un tentativo dell'Occidente di "ripulire" le
responsabilità dei governanti di Kiev. E in serata, alle parole seguono i fatti: Mosca ha annunciato
manovre militari nel giorno delle elezioni presidenziali ucraine.
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http://italian.ruvr.ru/
Il Consiglio per i diritti umani presso la Presidenza
russa ha esortato l'OSCE e l'ONU a sostenere
l'organizzazione dei negoziati tra le parti in conflitto in
Ucraina. Da parte sua il Consiglio è pronto a
partecipare come partner della missione degli
osservatori dell'OSCE.
Il Consiglio insiste sulla pubblicazione degli elenchi di tutti i detenuti catturati e arrestati da
entrambi i lati e chiede il loro rilascio immediato sotto il controllo degli osservatori
internazionali. Il Consiglio inoltre invita le competenti autorità ucraine a far entrare nelle
regioni colpite dalla violenza le missioni umanitari e straniere, tra cui la Russia, per fornire
assistenza medica e psicologica ai cittadini colpiti.
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/news/2014_05_05/Il-Consiglio-per-i-diritti-umaniesorta-lONU-e-lOSCE-ad-organizzare-i-colloqui-sullUcraina-9790/
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http://www.giornalettismo.com/
Kim Jong-un critica il rispetto dei diritti umani negli Stati
Uniti
di Redazione - 05/05/2014 - La mossa ricorda quella dell'Arabia Saudita che di recente
ha criticato per lo stesso motivo la Norvegia
Con il consueto sprezzo del ridicolo, la propaganda nordcoreana mette sotto accusa Washington per
la lesione dei diritti dei propri cittadini.
IL REGIME SALE IN CATTEDRA - A Pyongyang non hanno preso bene il rapporto ONU sui
diritti umani nel paese che, pubblicato a febbraio, ha già suscitato numerose reazioni da parte del
regime, che ha accusato l’ONU di ogni nefandezza ed è arrivato persino a deridere il rapporto
perché il capo della commissione incaricata di redigerla sarebbe omosessuale e quindi in evidente
conflitto d’interessi perché nel paese gli omosessuali non esistono.
IL RAPPORTO COREANO - Ora è il momento per Pyongyang di fare le pulci al nemico sul
piano dei diritti umani, ma anche se la situazione negli Stati Uniti non è rosea, come al solito la
propaganda esagerata finisce per trasformare in farsa anche questioni che meriterebbero ben altra
attenzione, oltre a trasformare il tema dei diritti umani in un’arma della propaganda svuotandolo di
senso.
IL PULPITO SBAGLIATO - Così se il rapporto coreano indica correttamente l’esistenza di una
discriminazione razziale nemmeno troppo latente o sulla massiccia sorveglianza elettronica del
governo americano nei confronti dei suoi cittadini, deraglia presto puntando il dito sull’esistenza di
una discreta massa di statunitensi poveri o sui disoccupati, una critica che dal pulpito coreano
appare ancora più paradossale delle precedenti. Difficile accogliere le critiche all’alto numero di
detenuti da parte di un paese nel quale i gulag sono ancora uno strumento di controllo sociale usato
diffusamente e dove il regime mantiene da mezzo secolo uno stato di polizia e un controllo sui
propri cittadini ormai senza paragoni al mondo. Difficile accogliere la critica all’esistenza di poveri
negli Stati Uniti da parte di un governo che si trascina da una carestia all’altra e che proprio grazie
agli aiuti americani ha potuto sfamare i suoi.
I DIRITTI UMANI AL MACELLO DELLA PROPAGANDA - E difficile è anche accogliere
la critica al presidente Obama, accusato di vivere nel lusso e viaggiare per il mondo a spese degli
americani che vivono di fame, come se il giovane Kim Jong-un non si fosse già segnalato per il suo
amore per il lusso e come se non vivesse una vita di agi del tutto proibiti ai suoi concittadini. Ma ci
vuole altro per intimorire la macchina della propaganda nordcoreana, che ha già annunciato un
simile dossier sulle violazioni dei diritti umani da parte dei fratelli del Sud, nel quale si sostiene che
a Seul ci sia la peggiore situazione al mondo per quel che riguarda i diritti umani e che i cittadini
sud-coreani siano «privati di tutto» dagli americani e che si mantengano offrendo i loro corpi per i
test farmaceutici. Come al solito quando parla la propaganda più ottusa il vero si mescola al falso
finendo per perdere di valore, l’uso strumentale della questione dei diritti umani, un abuso a lungo
perpetrato anche dall’Occidente impegnato a «civilizzare» il resto del mondo, non è meno
pericoloso della loro negazione.
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http://www.tgcom24.mediaset.it/
Kiev: "Uccisi dei civili a Sloviansk" Mosca: "A
rischio la pace in Europa"
Il ministero degli Esteri ucraino accusa i ribelli di usare la popolazione come
"scudo umano". Intanto la Russia presenta un "Libro Bianco" sulle violazioni di
massa dei diritti umani nel Paese confinante
15:01 - Il ministero degli Interni ucraino ha reso noto che negli scontri vicino a Sloviansk contro i
separatisti filorussi sono morti quattro membri delle forze dell'ordine, mentre circa 30 sono rimasti
feriti. Secondo il ministero, che accusa i ribelli di usare la popolazione come "scudi umani" e di dar
fuoco alle case, ci sono vittime anche tra i civili.
Mosca: "A rischio la pace in Europa" - La Russia chiede una reazione internazionale nella crisi
ucraina "senza partito preso" prefigurando, in caso diverso,"conseguenze distruttive per la pace, la
stabilità e lo sviluppo democratico dell'Europa". Lo si legge nel "Libro Bianco" che denuncia
violazioni di massa dei diritti umani "delle forze ultra-nazionaliste, estremiste e neo-naziste"
dell'attuale dirigenza di Kiev e dei suoi sostenitori.
Le violazioni del "Libro Bianco" - Il "Libro Bianco" presentato dal ministero degli Esteri russo al
Cremlino denuncia rilevanti violazioni di massa dei principi e delle norme fondamentali nella
sfera dei diritti umani in Ucraina. Il documento contiene numerosi episodi di violazioni tra la fine
novembre e fine marzo, raccolti da media russi, ucraini, occidentali, da dichiarazioni dell'attuale
dirigenza di Kiev e dei suoi sostenitori, da testimonianze oculari e da rilevazioni e interviste sul
posto da parte di ong russe.
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http://www.asca.it/
Cina: avvocato diritti umani arrestato
in vista anniversario Tiananmen
06 Maggio 2014 - 09:03
(ASCA) - Roma, 6 mag 2014 - Pu Zhiqiang, uno dei piu' noti avvocati per i diritti umani in
Cina, e' stato arrestato a un mese dal 25mo anniversario dei fatti di piazza Tiananmen. La
polizia lo ha fermato a Pechino con l'accusa di disturbo della quiete pubblica e lo ha
rinchiuso in uno dei centri di detenzione della citta'. Lo ha rivelato all'AFP un altro avvocato
attivista, Si Weijiang. Pu, che aveva difeso anche l'artista dissidente Ai Weiwei, stava
partecipando a un seminario sabato scorso per ricordare la brutale repressione avvenuta il
4 giugno del 1989, quando la polizia cinese uccise migliaia di persone. Le autorita' di
Pechino hanno definito la manifestazione ''un atto contro rivoluzionario''. (fonte AFP). uda/
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http://www.sbilanciamoci.info/
Lavoratori precari,
isolati e
privatizzati
Lelio Demichelis
17.05.2014
Eureka!/Oggi si è compiuta la volontà della Thatcher: la
società non esiste, esistono gli individui. E i cittadini vivono
soli, scontenti e connessi
La solitudine dei lavoratori è il titolo di un libro di Giorgio Airaudo. Insieme ma soli è il
titolo di un saggio di Sherry Turkle sul rapporto degli uomini con la tecnologia, ciascuno
aspettandosi sempre di più dalla tecnica (perfino l' amicizia ) e sempre meno dagli altri (e
dando agli altri sempre meno di sé). Lavoratori oggi lasciati soli dalla crisi, dal sindacato,
dalla sinistra; ma anche (e prima ancora) cittadini sempre più soli. In una democrazia
dove sono stati fatti cadere i legami e le relazioni di solidarietà e fraternità e i diritti sociali
e di libertà e dove viene progressivamente meno la possibilità di stare/fare/decidere
insieme dal basso. Dove lo spazio pubblico è residuale, ogni cosa viene privatizzata e tutto
si gioca sul carisma individuale (reale o frutto di marketing politico). Tra lavoro e politica
l'unico rapporto possibile, ammesso e anzi incentivato è quello personale e individuale : di
delega in politica; di isolamento, sub-ordinazione e assoggettamento individuale nel
lavoro; o le due cose insieme.
Si è così compiuta la volontà di Margaret Thatcher, ovvero la società non esiste, esistono
solo gli individui: era una evidente stupidaggine e invece è diventata la grammatica dei
nostri tempi e il discorso comune che tutti dicono e confermano. Con disuguaglianze
crescenti al crescere della solitudine. Indignatevi! , diceva Stéphane Hessel. E poi:
Impegnatevi! E invece, poca indignazione e pochissimo impegno. E moltissima
rassegnazione. Cornelius Castoriadis negava che la storia fosse lotta di classe («Di solito
gli schiavi, gli oppressi, i contadini poveri eccetera sono rimasti al loro posto, hanno
accettato lo sfruttamento e l'oppressione, arrivando a benedire gli zar»), ma aggiungeva
che «caratteristica specifica del mondo occidentale è stata proprio questa dinamica interna
del conflitto, questo mettere costantemente in discussione la società . Ma oggi? Conclusosi
con un fallimento il tentativo di democratizzare il capitalismo, a mettere costantemente in
discussione la società è il capitalismo nella sua ultima follia chiamata neoliberismo. Il
conflitto è scomparso mentre si moltiplicano gli scontri. Anche chi dice di essere il 99% si
ritrova solo. Solitudine. O isolamento. Un effetto inevitabile? Quando si analizzano i
caratteri strutturali dell'organizzazione del lavoro, da un lato vi è la sua divisione ma
questa divisione/individualizzazione del lavoro è funzionale alla sua totalizzazione. I due
processi sono strettamente connessi (Foucault) e stabili nel tempo. Dalla catena di
montaggio alla rete (come prosecuzione della catena di montaggio con altri mezzi ).
Isolamento e individualizzazione e poi totalizzazione: un tempo avvenivano dentro la
grande fabbrica fordista, permettendo ancora una contro-organizzazione dei lavoratori. Un
problema risolto dal sistema facendo stipulare il famoso (ma oggi dimenticato) matrimonio
di interesse tra capitale e lavoro. Poi (semplificando), il capitale ha fatto credere di aver
capito che la disciplina e la fabbrica-caserma erano controproducenti (non tutti: Foxconn,
Fiat e Amazon credono ancora nella fabbrica-caserma) e che il mercato richiedeva altro. Il
toyotismo è stato così la trasformazione della fabbrica disciplinare in (Marco Revelli)
comunità di lavoro. L'alienazione non scompariva, ma veniva ben mascherata dall'idea di
autonomazione e di comunità . E l'isolamento aveva nell'offerta comunitaria e nell'illusione
di autonomia la compensazione alle dissonanze cognitive create dal nuovo modello
organizzativo. Mentre il fordismo usciva dalla grande fabbrica e si territorializzava
suddividendo il lavoro e la produzione sul territorio, per ricomporle in vario modo nel
distretto; e poi si deterritorializzava nella globalizzazione e nella catena globale del valore.
Comunità e isolamento. Meccanismo che si replica e accresce appunto in rete, dalla
wikinomics al lavoro di conoscenza alle retoriche del condividere e dell'essere connessi; e
nella compensazione emotiva data dalla moltiplicazione delle comunità / community di
lavoro o di brand. Obiettivo: eliminare il conflitto tra impresa e lavoro o tra consumatore e
produttore (ecco l'invenzione del prosumer ), non far percepire il senso di vuoto prodotto
e mascherare l'immutabile alienazione grazie magari all'ultima invenzione della psicologia,
il thing agent , l'agente comunitario capace di sviluppare relazioni tra le parti al lavoro.
Perché l'alienazione è anche in rete, se il possesso di un personal computer non evita che
il mezzo di lavoro (materiale o di conoscenza), così come il prodotto e il profitto di questo
lavoro siano sempre di qualcun altro . Isolati, dunque. Ma connessi. Quindi docili e utili .
Individui falsi e falsamente liberi di scegliere : falsi come i falsi bisogni secondo Marcuse,
utili al rafforzamento del sistema che li produce . Anche contro tutto questo serve un'altra
Europa .
Lo stagno europeo
di Mario Pianta
15.05.2014
L’Europa è uno stagno. Il Prodotto interno lordo dei primi tre mesi del 2014 cresce di
appena lo 0,3%. Tutta la crescita è a Berlino e Londra, con qualche risveglio nell’est.
Frana il Sud Europa dei paesi in crisi – da Cipro al Portogallo –, cade l’Italia (-0,1%, che
diventa -0,5 a confronto col primo trimestre di un anno fa), la Francia è a zero, la Spagna
va poco meglio. La caduta si diffonde al nord: Olanda e Finlandia sono in recessione da
due anni. Il declino dell’Italia è un grande balzo indietro di 14 anni: in termini reali il
prodotto è ai livelli del 2000.
Non era questa la “narrazione” del governo Renzi. Appena un mese fa, il Documento di
economia e finanza prometteva una crescita dello 0,8% nel 2014, più della crescita media
degli ultimi vent’anni, un risultato che avrebbe richiesto mezzo punto di crescita in più nei
passati tre mesi. E per il periodo 2014-2018 la crescita promessa era del 7,4%, un
risultato mai realizzato, neanche nei periodi di “boom”. Certo, si trattava di promesse
elettorali. Certo, si tratta di conti sbagliati: in questi anni le previsioni di governi, Ocse, Bce
e Commissione sono state significativamente sbagliate due volte su tre
(http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Economia-europea-sono-pessime-quelleprevisioni-16018). Ma, soprattutto, si tratta di una politica sbagliata: l’austerità soffoca
l’economia, e solo a Roma e Berlino credono ancora che i tagli e la precarietà del lavoro
siano la via della ripresa.
Per una volta, il principio di realtà rimpiazza le chiacchiere della politica televisiva, mostra il
volto della grande depressione che segna l’Italia e due terzi d’Europa. Lo fa alla vigilia del
voto per il Parlamento europeo, un’ultima scossa per un elettorato distratto e sfiduciato.
Metà degli europei è tentata dall’astensione e dalla protesta populista: una rinuncia a
cambiare politiche. L’altra metà sembra rassegnata al pensiero unico delle “grandi
coalizioni” al potere, che si preparano a occupare anche il nuovo Parlamento europeo. È
incerta la futura guida della Commissione – il democristiano Juncker o il socialdemocratico
Schulz – ma è certo che entrambi parlano tedesco e praticano l’austerità. Depressione,
disoccupazione di massa, impoverimento si estenderebbero ancora, la divisione tra la
Germania – ormai sola – e il resto d’Europa diverrebbe insanabile, l’Europa finirebbe in
pezzi. Ma rinuncia o rassegnazione non sono vie obbligate: c’è anche un’altra strada,
quella dell’Appello di Euro-pen, la Rete europea degli economisti progressisti
(http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Un-altra-strada-per-l-Europa-24289).
Fine
dell’austerità, banche da legare, il lavoro al primo posto, uno sviluppo giusto e sostenibile,
il ritorno della democrazia. La via d’uscita dallo stagno.
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La non puntualità ci
costa fino a 44 miliardi
l'anno
Se si calcola il costo sociale dei ritardi si scopre che l'Italia perde tra 1,5 e 2,6
punti percentuali di Pil annui. Lo svela il libro "Elogio della puntualità".
di WSI
Pubblicato il 20 maggio 2014| Ora 08:55
ROMA (WSI) - La puntualità, come virtù e come pregio, è stata spesso trascurata negli elogi, nei
trattati di educazione, persino nei manuali di business etiquette. Eppure si tratta di una dote di
grande valore, e non solo morale. Infatti il costo sociale della non puntualità potrebbe essere
calcolato in termini di PIL, con una perdita annua almeno di 1,5 punti percentuali, che
corrispondono a circa 22 miliardi di euro annui. Sembra incredibile, ma è questa la conclusione a
cui giunge, dopo un accurato calcolo matematico, Andrea Battista, chapter chair di YPO e autore
con Marco Ongaro del saggio "Elogio della puntualità". Il costo sociale della non puntualità"
Andrea Battista muove, con un approccio modellistico, da alcuni assunti necessari, alla luce dei
quali potranno poi essere interpretati e utilizzati i risultati: il tempo è una risorsa scarsa e il suo
mancato impiego rappresenta quello che gli economisti definiscono costo-opportunità il reddito
prodotto dal tempo dedicato al lavoro è una buona misura del valore del tempo medesimo il sistema
economico non sta lavorando al massimo potenziale consentito dal capitale disponibile. Le
variabili del modello economico La prima questione chiave è dunque: quanto tempo impieghiamo
aspettando e quanto non ne riusciamo a recuperare improvvisando attività alternative comunque a
valore aggiunto (controllare la posta elettronica, leggere materiale lavorativo, ecc)? Si tratta
ovviamente di una questione totalmente fattuale e non verificabile con precisione, per cui è stato
preso in considerazione un valore ipotetico: ogni individuo perde in media 20 minuti a causa della
non puntualità altrui e ne riesce a recuperare 10. Non esiste comunque alcun modo in cui il tempo
dell’attesa possa essere impiegato produttivamente al 100%. In secondo luogo, va stimato il numero
di individui che partecipa attivamente alla vita lavorativa. Nel modello di Andrea Battista, vengono
presi in considerazione come estremi di target la forza lavoro propriamente detta (poco oltre i 20
milioni di persone), e le persone "non nullafacenti": i due aggregati vengono utilizzati come limite
inferiore e superiore del range del valore target della variabile dipendente. Altri valori fondamentali
per il calcolo sono la quantità di ore lavorative per individuo (si assume che le ore giornaliere utili
siano sette, e che siano tutte produttive) e il valore del tempo lavorativo (si considera che la quota di
valore aggiunto destinata ai redditi da lavoro sia strutturalmente attorno al 60%, senza tener conto
delle differenze a livello di reddito. Fino a 44 miliardi di euro sprecati in ritardi Determinati i
range delle variabili, non resta che calcolare matematicamente il valore del tempo totale di lavoro
netto sprecato, moltiplicato per la quota di valore aggiunto del fattore lavoro, per tradurlo in termini
di reddito prodotto. Scopriamo così che se ciascuno di noi spreca anche solo 10 minuti netti al
giorno per la non puntualità altrui, il costo in termini di benessere per il sistema economico-sociale
italiano è annualmente stimabile ai valori del 2013: tra 1,5 e 2,6 punti percentuali di PIL tra circa 22
e 44 miliardi di euro annui. Siamo nell’ordine di grandezza della tipica manovra di finanza pubblica
annua, superiore al budget dei Ministeri di Giustizia o Difesa, più elevato delle spese dedicate alla
ricerca scientifica. In quest’ottica, la mancanza di puntualità si può considerare addirittura
"un’emergenza sociale" trascurata.
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http://temi.repubblica.it/micromega-online/
Un’ulteriore stretta di vite del Finanzcapitalismo contro
gli abitanti del pianeta Terra. Il TTIP (Transatlantic Trade
and Investment Partnership), l’accordo intercommerciale,
in discussione tra Usa e Ue, comporterà l’istituzione di un
tribunale che tutela solo i privati nelle dispute tra
investitore estero e Stato.
di Andrea Baranes, da il manifesto, 16 Maggio 2014
Dopo il disastro di Fukushima, la Germania decide di uscire dal nucleare. Pochi mesi dopo,
basandosi su un accordo internazionale sugli investimenti in ambito energetico, il colosso
dell’energia Vattenfall chiede allo stato tedesco una compensazione di 3,5 miliardi di euro.
L’anno prima la Philip Morris cita l’Australia, sostenendo che la nuova legge pensata per
limitare il consumo di sigarette deprime il valore dei suoi investimenti nel Paese e ne
“compromette irragionevolmente il pieno uso e godimento”.
Benvenuti nel mondo delle dispute tra investitore e Stato, o Investor-State Dispute Settlement (Isds). Semplificando, una sorta di tribunale in cui le imprese private possono direttamente citare in giudizio gli Stati, quando questi dovessero introdurre delle legislazioni
con impatti negativi sugli investimenti realizzati e persino sui potenziali profitti futuri.
Legislazioni in ambito ambientale, del diritto del lavoro, della tutela dei consumatori, sulla
sicurezza e chi più ne ha più ne metta.
Tali «tribunali» sono parte integrante di diversi accordi commerciali o sugli investimenti,
come nel caso del Nafta, siglato tra Canada, Usa e Messico. È così che la statunitense
Metalclad si è vista riconoscere un rimborso di oltre 15 milioni di dollari quando un
Comune messicano ha revocato l’autorizzazione a costruire una discarica di rifiuti pericolosi sul proprio territorio; o ancora che la Lone Pine Resources ha chiesto 250 milioni di
dollari al Canada a causa della moratoria approvata dal Quebec sulle attività di fracking —
una pratica di estrazione di petrolio dalle rocce con enormi rischi ambientali.
Tutto questo potrebbe diventare la norma nei prossimi anni anche in Italia e in tutta
Europa, se passasse il Ttip o Transatlantic Trade and Investment Partnership in discussione tra Ue e Usa. Se da una parte già si moltiplicano studi e ricerche che magnificano i
presunti vantaggi di una completa liberalizzazione di commercio e investimenti, dall’altra
fino a oggi i contenuti dell’accordo filtrano dalla Commissione europea e dai governi con il
contagocce. Quello che sembra però confermato è che uno dei pilastri del Ttip dovrebbe
essere proprio l’istituzione di un meccanismo di risoluzione delle dispute tra investitori e
Stati.
Tralasciando i pur enormi potenziali impatti di tale accordo in ogni attività immaginabile,
per quale motivo gli investitori esteri che si sentissero penalizzati non dovrebbero rivolgersi ai tribunali esistenti tanto in Usa quanto in Ue, come un qualsiasi cittadino o impresa
locale? Secondo la Commissione «alcuni investitori potrebbero pensare che i tribunali
nazionali sono prevenuti». Fa piacere sapere che la Commissione si preoccupa per quello
che alcuni investitori esteri potrebbero pensare più che dei cittadini che dovrebbe rappresentare. Tenendo poi conto che un singolo non può rivolgersi a tali tribunali nel caso in cui
fosse danneggiato dal comportamento di un investitore estero, che giustizia è quella in cui
unicamente una delle due parti può intentare causa all’altra? Ancora prima, nel momento
in cui si sancisce un diverso trattamento tra imprese locali e investitori esteri, ha ancora
senso affermare che «la legge è uguale per tutti»?
Con tali meccanismi si rischia di minare le stesse fondamenta della sovranità democratica.
Non vi è appello possibile, così come non c’è nessuna trasparenza sulle decisioni di tre
«esperti» che si riuniscono e decidono a porte chiuse, nel nome della «confidenzialità commerciale», ma che di fatto possono influenzare, pesantemente, le legislazioni di Stati
sovrani.
Spesso non è nemmeno necessario arrivare a giudizio: la semplice minaccia di una disputa
basta a bloccare o indebolire una nuova legislazione. In parte per il costo di tali procedimenti, in parte per il rischio di dovere poi pagare multe che possono arrivare a miliardi di
euro, ma anche per un altro aspetto: un governo che dovesse incorrere in diverse dispute
dimostrerebbe di essere poco incline agli investimenti internazionali. In un mondo che ha
fatto della competitività il proprio faro e che si è lanciato in una corsa verso il fondo in
materia ambientale, sociale, fiscale, sui diritti del lavoro pur di attrarre i capitali esteri,
l’introduzione di leggi «eccessive» e l’essere citato in giudizio in un Investor-State Dispute
Settlement diventano macchie inaccettabili.
O forse, al contrario, è semplicemente inaccettabile un mondo in cui la tutela dei profitti
delle imprese ha definitivamente il sopravvento sui diritti delle persone. Come sostiene la
campagna promossa anche in Italia da decine di organizzazioni - http:// stop-ttip-italia.net
-, a essere inaccettabile è il Ttip nel suo insieme. E non è probabilmente necessario il giudizio di un tribunale internazionale per capire da che parte stare.
(16 maggio 2014)
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http://www.lanazione.it/
Peacekeeping e diritti umani: vertice europeo
alla Sant'Anna
Due giorni promossi dal professor Andrea De Guttry: oggi e domani,
presenti anche i rappresentanti delle Nazioni Unite
Pisa, 19 maggio 2014 - Approfondire la cooperazione tra le istituzioni formative europee impegnate
nel settore della formazione per attività di peace keeping, assistenza umanitaria, monitoraggio dei
diritti umani, ricostruzione post bellica: sono i temi della riunione che inizia oggi e che si
concluderà domani (20 maggio) alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, con la partecipazione di
tutti i centri europei di formazione del personale civile coinvolto nelle missioni internazionali
raggruppate nel consorzio “European New Training Initiative for Civilian Crisis Managament”
(“Entri”), finanziato dall’Unione europea.
L’incontro è stato promosso su impulso di Andrea de Guttry, Ordinario di diritto internazionale e
fondatore dell’International training programma for conflict management.
Alla riunione parteciperanno rappresentanti di alto livello delle Nazioni Unite, per verificare come
attivare forme ulteriori di cooperazione con i partner europei.
Secondo Andrea de Guttry, “questa riunione rappresenta il riconoscimento all’attività svolta dalla
Scuola Superiore Sant’Anna dal 1995 e che ha contribuito a renderla uno dei centri più conosciuti
ed apprezzati in tutto il mondo per la qualità della formazione impartita in questo settore”.
Il Sant’Anna, infatti, promuove ogni anno circa 20 corsi di alta specializzazione, gli ultimi dei
quali si sono tenuti – oltre che a Pisa e a Roma - in Egitto, per il personale impegnato in Somalia, in
Somaliland, in Sud Africa, in Cameroon. Da sottolineare come un numero rilevante di queste
attività di formazione sia organizzata in collaborazione con il Reggimento Tuscania del’Arma dei
Carabinieri.
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http://unipd-centrodirittiumani.it/
20/5/2014
Nasce lo European Institute
of Peace
Lunedì 12 Maggio 2014, è stato presentato, a Bruxelles, lo European Institute of Peace
(EIP).
L’EIP, nato dall’idea comune dei Ministri degli esteri di Svezia e Finlandia, ha l’obiettivo di
appoggiare e rafforzare le iniziative europee volte alla prevenzione dei conflitti e alla loro
risoluzione, primariamente attraverso l’attività di dialogo e mediazione. Inoltre, si propone
come polo di ricerca e di azione capace di connettere le diverse esperienze e conoscenze
interne all’Europa e di promuovere la multi-track diplomacy.
Nello specifico, l’EIP sarà responsabile delle seguenti funzioni: mediazione; facilitazione
e dialogo politico; mobilitazione di mediatori esperti; ricerca nel campo della prevenzione e
risoluzione dei conflitti; valutazione e definizione delle best practices; attività di formazione;
predisposizione di grants.
Lo European Institute of Peace è una fondazione internazionale, indipendente dalle
istituzioni europee. Questo status gli permetterà di attivarsi in contesti delicati,
muovendosi attraverso una gestione più snella ed efficace nonché con maggiore
flessibilità rispetto alle politiche dell'Unione Europea.
L’Istituto ha un budget annuale di 3 milioni di euro volontariamente messo a disposizione
dagli Stati che vi hanno aderito. Inoltre, può acquisire fondi da enti pubblici e privati.
Il Consiglio di amministrazione dell’EIP si compone dei rappresentanti degli 8 Paesi
fondatori - Svezia, Finlandia, Belgio, Ungheria, Polonia, Lussemburgo, Svizzera e Italia,
cui si è appena aggiunta la Spagna. Il diplomatico italiano, Steffan de Mistura, dirigerà la
fondazione come Presidente.
20/5/2014
4° Concorso Nazionale sulla realizzazione di
video sui temi dei rischi di internet
Il portale InternetInSicurezza.it e la Provincia di Treviso promuovono il 4° Concorso
nazionale per la sensibilizzazione sui rischi di Internet. Obiettivo generale del
concorso è la promozione di riflessioni sull'autotutela del minore nell'utilizzo della Rete.
In linea con la scorsa edizione, il tema di quest’anno è il “sexting”. Il termine sexting
indica lo scambio di immagini sessualmente esplicite tra persone mediante smartphone,
email o altri dispositivi Web. La scelta di rilanciare il tema della terza edizione è dipesa
dalla diffusione endemica del fenomeno sexting tra i giovani con conseguenze allarmanti.
Per partecipare al concorso è necessaria la realizzazione di un video sul tema indicato. Il
lavoro dovrà essere un video originale e, nel caso ci sia una colonna sonora, dovrà
utilizzare musica inedita o non coperta da copyright o comunque con diritti commerciali
appositamente acquisiti (per i dettagli
http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1804336 ).
La partecipazione al concorso - rivolto agli studenti di tutte le scuole italiane - è
totalmente gratuita, non comporta nessuna iscrizione o acquisto da parte dei partecipanti.
La scadenza per l’invio materiale è fissata per il 3 novembre 2014.
Per ulteriori informazioni e modalità di partecipazione al concorso si rimanda ali link nel
box sottostante.
Diritto all’educazione ed
educazione ai diritti umani
Il dossier introduce al tema dell’educazione ai diritti umani. L’obiettivo è quello di
presentare il quadro normativo internazionale relativo al diritto all’educazione, i principali
programmi di promozione dell’educazione ai diritti umani (promossi in particolare dall'ONU,
dall'UNESCO e dal Consiglio d’Europa), nonché gli attori coinvolti in tale processo.
Attenzione specifica è rivolta, inoltre, all’educazione ai diritti umani in Italia. Il dossier
intende rispondere all’esigenza di comprendere ed organizzare le indicazioni istituzionali,
internazionali e nazionali, che si riferiscono all’educazione ai diritti umani ed alla
cittadinanza democratica, al fine di fornire agli educatori che si avvicinano a tale tematica
una guida operativa da mettere in pratica a partire dalle esperienze quotidiane in classe.
Per una definizione di cultura ispirata
al paradigma diritti umani
Questa scheda fornisce spunti di riflessione sul legame tra la
definizione aperta di “cultura” e il paradigma diritti umani, riferendosi
ai documenti internazionali più rilevanti in materia e alle Conferenze
promosse dall’UNESCO.
Autore: Desirée Campagna, MA in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace,
Università di Padova
Nell’Articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dedicato al diritto a
prendere parte alla vita culturale, “la dimensione umanistica che pervade il diritto e il
sapere dei diritti umani trova esplicito riconoscimento e incentivo”, come affermato da A.
Papisca (Dossier: “La Dichiarazione universale dei diritti umani commentata dal Prof.
Antonio Papisca”). La cultura, per l’ampiezza delle esperienze e dei significati che
racchiude, non si presta ad una definizione univoca ed esaustiva. Tuttavia, come
affermato in diversi documenti formulati soprattutto in ambito UNESCO, essa attiene
profondamente alla dignità umana e può esserne espressione.
Una definizione aperta
Nel Preambolo della Dichiarazione universale dell’UNESCO sulla diversità culturale
(2001) si afferma che:
“[…] la cultura deve essere considerata come l’insieme dei tratti distintivi spirituali e
materiali, intellettuali e affettivi che caratterizzano una società o un gruppo sociale e
include, oltre alle arti e alle lettere, modi di vita e di convivenza, sistemi di valori, tradizioni
e credenze.”
Questa definizione riprende quanto già era stato affermato nella Dichiarazione di Città
del Messico sulle politiche culturali (1982), nel Rapporto della Commissione
mondiale su cultura e sviluppo, “La nostra diversità creativa” del 1990 (World
Commission on Culture and Development, “Our Creative Diversity”) e nel Piano d’azione
della Conferenza intergovernativa sulle politiche culturali per lo sviluppo tenutasi a
Stoccolma nel 1998.
Nel Preambolo della Raccomandazione dell’UNESCO sulla partecipazione e il
contributo delle persone alla vita culturale (1976) si definisce, inoltre, la cultura quale
“fenomeno sociale, che risulta dall’interazione degli individui attraverso attività creative [e]
che non si limita alla fruizione di opere d’arte e di contenuti umanistici, ma è allo stesso
tempo acquisizione di conoscenza, scelta di uno stile di vita e bisogno di comunicare”.
All’ampiezza di tale concetto, la Convenzione dell’UNESCO sulla salvaguardia del
patrimonio culturale intangibile (2003) aggiunge una ulteriore connotazione
immateriale, affermando, all’art.2, che:
“Il patrimonio culturale intangibile include le pratiche, le rappresentazioni, le espressioni, le
conoscenze, le competenze oltre che gli strumenti, gli oggetti, gli artefatti e gli spazi
culturalmente significativi che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui,
riconoscono come parte del loro patrimonio culturale. […] Esso è costantemente ricreato
dalle comunità e dai gruppi […] e fornisce loro un senso di identità e di continuità […].”
Alla luce di ciò, la definizione di “diversità culturale”, che specifica ma non sostituisce il
significato di “cultura”, presenta una natura altrettanto aperta. La Convenzione
dell’UNESCO sulla promozione e la promozione della diversità delle espressioni
culturali (2005), primo strumento internazionale legalmente vincolante in materia,
afferma, all’art.4, che:
“Diversità culturale rimanda alla moltitudine di forme mediante cui le culture dei gruppi e
delle società si esprimono. Queste espressioni culturali vengono tramandate all’interno dei
gruppi e delle società e diffuse tra loro.”
Il paradigma diritti umani come riferimento
Le definizioni di “cultura” e di “diversità culturale”, per quanto aperte, trovano nei diritti
umani un necessario orizzonte di riferimento e limitazione. La Convenzione
dell’UNESCO sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni
culturali (2005) afferma, all’art.2, che:
“La protezione e la promozione della diversità culturale presuppongono il rispetto dei diritti
umani, delle libertà fondamentali quali la libertà di espressione, d’informazione e di
comunicazione nonché la possibilità degli individui di scegliere le proprie espressioni
culturali.”
Allo stesso modo, la Dichiarazione universale dell’UNESCO sulla diversità culturale
(2001), all’art.4, stabilisce che:
“La difesa della diversità culturale è un imperativo etico inscindibile dal rispetto della
dignità della persona umana. Essa implica l’impegno a rispettare i diritti dell’uomo e le
libertà fondamentali, in particolare i diritti delle minoranze e dei popoli autoctoni.”
Alle radici dell’umanità
Il legame tra una definizione, seppur aperta e controversa, di “cultura” e il paradigma
diritti umani, si definisce, tuttavia, ancora più profondamente, facendo riferimento alla
nozione di “dignità umana”. Pur riportandone l’ampiezza di significati ed espressioni,
molti documenti internazionali citati riconoscono, infatti, nella cultura una fondamentale
espressione di umanità. Nella Dichiarazione di Città del Messico sulle politiche
culturali (1982) si afferma a questo proposito:
“[…] È la cultura che ci rende specificatamente umani, esseri razionali, dotati di giudizio
critico e di impegno morale. È attraverso la cultura che scegliamo i valori a cui appellarci e
compiamo delle scelte. È attraverso la cultura che l’uomo esprime se stesso, diviene
consapevole della sua umanità, riconosce la sua incompletezza, mette in discussione le
sue conquiste, ricerca instancabilmente nuovi significati e crea delle opere attraverso le
quali trascende i suoi limiti.”
Con lo stesso tono si esprime la Dichiarazione di Friburgo sui diritti culturali, redatta
nel 2007 dal cosiddetto “Gruppo di Friburgo”, gruppo di esperti affiliati all’Istituto
interdisciplinare di etica e dei diritti dell’uomo (IIEDH) dell’omonima università svizzera.
Questo documento definisce, all’art.2b, l’identità culturale come:
“[…] l’insieme dei riferimenti culturali con il quale una persona, da sola o in comune con gli
altri, si definisce, si costituisce, comunica e intende essere riconosciuta nella sua dignità.”
Il Rapporto UNESCO 2009, primo rapporto dell’organizzazione che riguarda tutti i settori
di sua competenza, afferma ugualmente, nella Prefazione, che:
“La cultura è la più autentica radice di tutte le attività umane, che traggono da essa il loro
valore e significato.”
Si spiega dunque, proprio riconoscendo nella cultura una primaria emanazione
dell’umano, perché all’art.1 della Dichiarazione Universale dell’UNESCO sulla
diversità culturale si affermi che:
“Fonte di scambi, d’innovazione e di creatività, la diversità culturale è, per il genere
umano, necessaria quanto la biodiversità per ogni forma di vita.”
Strumenti internazionali
Dichiarazione universale dei diritti umani (1948)
Collegamenti
UNESCO, Settore Cultura
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http://www.liquida.it/diritti-umani/
Libertà di stampa in Italia: allarme
dell’Onu. Anche il nuovo disegno di
legge contrario alle regole
internazionali
Un quadro allarmante. Una débâcle in tutti i settori, dal servizio pubblico alla situazione lavorativa
dei giornalisti. Con l’obbligo per l’Italia di mettere mano all’intero settore della libertà di stampa
per adeguarsi in modo effettivo agli standard internazionali, tuttora non rispettati. E’ quello che
emerge dal rapporto del Relatore speciale sulla promozione del diritto alla libertà di opinione e di
espressione dell’Onu Frank La Rue adottato il 29 aprile e che sarà discusso nel corso della prossima
sessione del Consiglio per i diritti umani che si svolgerà a Ginevra il 26 giugno 2014 (A-HRC-2630-Add3_en). Il rapporto, il secondo dopo quello del 2004, è il frutto della visita condotta in Italia
nel novembre 2013. Le richieste dell’Onu sono chiare, senza margini di fraintendimento. Certo,
però, l’Italia da tempo, malgrado i richiami internazionali e le condanne della Corte europea dei
diritti dell’uomo, continua a non fare nulla. Prima di tutto, il Relatore speciale intima all’Italia la
depenalizzazione della diffamazione proprio per evitare che l’attuale normativa, che tra l’altro
prevede il carcere, produca un effetto deterrente sulla libertà di espressione. Il nuovo disegno di
legge è solo parzialmente in linea con gli standard internazionali. Va bene nella parte in cui elimina
il carcere, ma non nella decisione di mantenere il reato di diffamazione. In questo modo – osserva
La Rue – non è rispettata l’esigenza di una totale depenalizzazione. Non solo. Anche sul piano
civile il disegno di legge non convince perché prevede sanzioni pecuniarie troppo elevate, con un
obbligo di rettifica pressocché automatico. Una scelta che entrerà in conflitto con la libertà di
stampa. Giusto prevedere la rettifica, ma solo per fatti falsi stabilendo altresì che, laddove concessa,
si disponga il divieto di azioni giudiziarie. Da bloccare poi gli assalti ai giornalisti in sede
giudiziaria. Sono troppo le azioni temerarie e pretestuose, senza reale fondamento, che
costituiscono una spada di Damocle per i giornalisti. In questa direzione, l’Onu chiede, per coloro
che intraprendono queste azioni con il fine di intimorire il giornalista, non solo il pagamento delle
spese processuali ma anche una sanzione economica pari all’entità del risarcimento richiesto al
giornalista.
Il Parlamento dovrebbe poi abrogare l’articolo 341 bis che ha reintrodotto con il pacchetto sicurezza
(legge n. n. 94/2009) il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, punito con la reclusione fino a 3 anni:
un’eliminazione necessaria per diffondere uno spirito di maggiore tolleranza alle critiche.
Nell’ottica di garantire la libertà di stampa – osserva La Rue – dovrebbe essere assicurato l’effettivo
svolgimento di indagini verso coloro che intimidiscono i giornalisti e la punizione di coloro che
compiono atti di intimidazione. Sarebbe necessaria una normativa ad hoc per prevenire e indagare
gli attacchi alla stampa.
Da assicurare poi un equo compenso ai giornalisti e migliorare le condizioni di lavoro, ormai
deteriorate. Con gravi situazioni di sfruttamento e con una proliferazione di tipologie contrattuali
che hanno portato a una totale deregulation. Basti pensare, aggiunge il Relatore, che i giornalisti
freelance sono pagati da 5 a 50 euro ad articolo e addirittura 4 centesimi per rigo.
Manca – ancora – una legge efficace sul conflitto di interessi: indispensabile l’introduzione di una
norma che vieti a membri del governo o a politici eletti di possedere e controllare i media. Basta,
poi, al controllo politico della Rai. La nomina di due membri del Consiglio di amministrazione della
Rai direttamente dal Governo e degli altri 7 dal Parlamento non assicura un’effettiva indipendenza
dalla politica. Così come preoccupa lo stretto legame, finanche nella concessione delle frequenze,
dal ministero dell’economia. Necessarie modifiche che conducano all’individuazione dei membri
del consiglio di amministrazione con la partecipazione della società civile e con nomine scaglionate
nel tempo. Ma il Relatore speciale chiede molto di più per assicurare la piena realizzazione del
servizio pubblico e cioè che la possibilità di agire in sede giurisdizionale in relazione all’effettivo
rispetto dell’obbligo di garantire trasmissioni di servizio pubblico da parte della Rai sia consentita
non solo all’altro contraente ossia al Ministero dell’economia, ma ad ogni cittadino.
Stessa trasparenza richiesta per i membri dell’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni): non in linea con gli standard internazionali la nomina di 5 membri da parte del
Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio d’intesa con il Ministero dello
sviluppo economico. L’Italia fa poi orecchie da mercante sul divieto di concentrazione nella
proprietà che intacca la libera concorrenza. La recente abrogazione del divieto per coloro che
posseggono televisioni di acquistare azioni nel settore della carta stampata è un motivo di allarme.
Da modificare anche la normativa sull’accesso alle informazioni e sugli atti della pubblica
amministrazione, eliminando ogni forma di restrizione.
L’Italia fa poco anche sul fronte del contrasto all’hate speech. Va bene la proposta di legge sul
contrasto all’omofobia e alla transfobia ma devono essere eliminate le eccezioni previste per coloro
che compiono atti in questa direzione all’interno di organizzazioni politiche, culturali etc.
Ultima richiesta: l’istituzione di un organo nazionale sui diritti umani che abbia un ruolo centrale
proprio nel rafforzamento della libertà di opinione e di espressione. Una richiesta già presentata nel
2004. Sempre ignorata dall’Italia. Come tutte le altre.
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www.ilo.org
COMUNICATO STAMPA ILO
Martedì 20 maggio 2014
ILO: il lavoro forzato genera profitti
annuali per 150 miliardi di dollari
Secondo il nuovo Rapporto dell’ILO, i profitti illeciti del lavoro forzato che
coinvolge circa 21 milioni di persone sarebbero tre volte superiori a quelli
precedentemente stimati.
GINEVRA (ILO News) – Nell’economia privata, il lavoro forzato genera
annualmente profitti illeciti tre volte superiori a quelli precedentemente stimati.
E’ quanto afferma un nuovo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del
Lavoro (ILO).
Secondo il Rapporto dell’ILO, Profits and Poverty: The Economics of
Forced Labour (Profitti e povertà: l’economia del lavoro forzato), i due terzi
del totale stimato di 150 miliardi di dollari, ovvero 99 miliardi, deriverebbero
dallo sfruttamento sessuale a fini commerciali, mentre i restanti 51 miliardi
sarebbero il risultato dello sfruttamento forzato a fini economici in settori
come il lavoro domestico, agricolo e altre attività economiche.
“Questo nuovo Rapporto porta la nostra comprensione della tratta, del lavoro
forzato e della moderna schiavitù ad un livello superiore”, ha dichiarato il
Direttore Generale dell’ILO, Guy Ryder. “Il lavoro forzato è nocivo per le
imprese e per lo sviluppo, e soprattutto per le sue vittime. Questo rapporto
attribuisce un nuovo carattere di urgenza ai nostri sforzi per sradicare il prima
possibile questa pratica nefasta, ma estremamente redditizia”.
I nuovi dati si basano su uno studio dell’ILO pubblicato nel 2012 secondo il
quale il numero delle persone vittime del lavoro forzato, tratta e schiavitù
moderna ammontava a 21 milioni.
Secondo il nuovo rapporto, più della metà delle vittime sono donne e
ragazze, principalmente sfruttate sessualmente a fini commerciali e nel
lavoro domestico, mentre gli uomini e i ragazzi sono perlopiù sfruttati
per fini economici nei settori dell’agricoltura, costruzioni e minerario.
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