Il concetto di giustificazione secondo la teologia paolina Introduzione Il concetto di giustificazione ha interessato per lunghi secoli gli storici del cristianesimo . Nella teologia cristiana tale concetto prende le mosse dal presupposto biblico secondo cui la creatura umana non è, nella sua condizione naturale, rispettosa dei principi di giustizia stabiliti e rivelati da Dio. Per giustificazione viene intesa un’azione di Dio verso l’uomo che si rende necessaria dal momento che Dio in quanto tale è Santo e l’uomo per sua colpa è ingiusto. La colpa è il peccato inteso come disobbedienza ai principi di Dio1. Ingiusto è ciò che trasgredisce la giustizia intesa come conformità della vita dell’uomo alla volontà di Dio e alle prescrizioni di legge. 2 Giustificare dunque significa rendere giusto l’uomo, per metterlo in comunione con Dio. Questa azione coincide con una sorta di intervento di natura salvifica mediante cui Dio crea la comunità, fondamento della sua Chiesa, rappresentata da fedeli resi giusti e liberati da ogni peccato. La giustificazione si presenta quindi come un dono proveniente dalla grazia misericordiosa di Dio. Presupposto perché si possa compiere l’opera di giustificazione resta dunque la fede in Cristo. Tale concetto quindi non nasce né da un’alterazione sostanziale dei canoni biblici né da una manipolazione della giustizia divina né tanto meno da una errata interpretazione della legge morale bensì si propone l’obiettivo di adempiere ogni cosa proprio attraverso i canoni di legge e soprattutto seguendo gli insegnamenti di Gesù Cristo quando si presenta come colui che agisce in nome di coloro stessi che si affidano alla sua misericordia. Il concetto di giustificazione secondo la teologia paolina Attraverso l’esegesi del termine “Giustizia”, contenuto nell’Antico Testamento, si può giungere all’esatta interpretazione del concetto di giustificazione così come inteso da Paolo, tralasciando a riguardo le numerose definizioni teologiche risalenti all’epoche posteriori. In realtà ciò è presente in numerosi passi dei profeti e in alcuni salmi come “Io faccio avvicinare la mia giustizia; essa non è lontana, la mia salvezza non tarderà3.”oppure”La mia salvezza durerà in eterno, e la mia giustizia non verrà mai meno… La mia giustizia rimarrà in eterno e la mia salvezza per ogni età.” 4o ancora 1 http://it.wikipedia.org/wiki/Giustificazione_(teologia) 2 Bernard Gillìeron “Lessico dei termini biblici” editrice Elle Di Ci 1992, cit., p.105; << (gr: dikaiosynè). Giustizia= conformità della vita dell’uomo alla volontà di Dio, alle prescrizioni della legge(lc 1,75; At 13,10; fil 3,6; Eb 1,9; cf Gc 1,20); di qui praticare la giustizia= vivere in conformità alle esigenze di Dio>>. 3 (Is. 46:13) 4 (Is.51:6 e 8)” “O Signore, poiché ho confidato in Te, fa che io non sia confuso mai; per la tua giustizia liberami…”Nei Salmi invece ci si può riferire ad altri significativi passaggi come “Per la tua giustizia, liberami, mettimi al sicuro! Porgi a me l’orecchio e salvami!....La mia bocca racconterà ogni giorno la tua giustizia e le tue liberazioni, perché sono innumerevoli.” 5 in cui vengono o viene parimenti menzionati i concetti di giustizia divina e l’immagine che ne consegue relativa all’intervento di Dio volto alla liberazione da ogni peccato. La fede e la pietà in Paolo si sarebbe alimentate proprio alla luce di questi passi, dove la nozione di <<giustizia di Dio>> avrebbe presto acquistato un significato più profondo sebbene al tempo stesso dinamico: Dio che giustificando sostiene l’innocente e l’oppresso sempre secondo la sua infinita misericordia insieme alla necessità di giudicare secondo criteri di giustizia prestabiliti. I punti di riferimento di Paolo restano sicuramente gli insegnamenti di Abramo e il detto di Abacuc citato in Rom. 1:17.6 In aperta polemica con la teologia giudaica, l’apostolo riprende la tradizione profetica d’Israele. I giudei infatti consideravano l’adempimento delle opere previste dalla legge come condizione essenziale e presupposto fondamentale affinchè si potesse essere giudicati da Dio.7 Come motto della sua aperta polemica, Paolo riprende Abacuc 2:4 che nella traduzione storicoletterale dei LXX8 recava, prima della parola equivalente a <<fede>>, il pronome possessivo <<mia>>. Il risultato rappresenta un radicale e significativo mutamento della prospettiva particolare di fede che dal piano dell’uomo inteso in senso lato, come creatura di Dio si sposta a quello divino inteso in senso stretto, portando a concludere che non si tratta di fede (umana) ma di <<fedeltà >> divina dove <<Il giusto vivrà della mia fede>>. Paolo però non sembra citare pedissequamente il testo dei LXX. I dubbi dell’apostolo in realtà si concentrano intorno all’argomento della giustificazione del peccatore, domandandosi a quale giustizia egli debba tendere: quella proveniente dalla fede o quella derivante dalle opere. Una volta appurato che la precisazione <<per fede>> o <<opere>> è usata diverse volte da Paolo sempre per 5 La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur,Nuova Riveduta,2006, Società Biblica di Ginevra,(Salmo 31:1-2, 71:2e15) 6 Eduard Lohse,” Compendio di Teologia del Nuovo Testamento”,Queriniana Brescia, 1987, cit., p.111;<<Per fondare il suo discorso sulla giustizia di Dio Paolo rinvia all’ A. T. Per lui sono pezze d’appoggio, nella Thorà, soprattutto la storia di Abramo, nei profeti la parola di Abacuc 2,4 secondo la quale il giusto vivrà di fede.>> 7 Eduard Lohse,” Compendio di Teologia del Nuovo Testamento”,Queriniana Brescia, 1987, cit., p.112;<<l’interpretazione rabbinica- ha visto nella fede di Abramo un merito che viene messo in conto ad Abramo come opera giusta accanto ad altre azioni dell’ubbidienza verso la legge, così che per i rabbini non c’è dubbio che Abramo è stao giustificato esclusivamente per le opere.>> 8 La versione dei settanta (versione della Bibbia in lingua greca) qualificare la nozione di giustizia o di giustificazione9, giammai per descrivere come l’uomo o il credente debba vivere, la risposta sembra essere che la giustizia provenga dalla fede, quindi il giusto per fede vivrà. Se si analizza la lettera ai Romani per esempio, sembra che ci si riferisca alla costruzione <<il giusto per fede vivrà>> quando all’inizio del cap.5 dice: <<giustificati per fede, abbiamo pace con Dio…>>. Bisogna considerare altresì che tradurre <<il giusto per fede vivrà>> significa anche e soprattutto rispettare la precisa rispondenza che nel pensiero di Paolo sussiste fra la vera nozione di fede e l’attività giustificante di Dio. Il concetto di giustizia, nell’A.T. così come nel pensiero di Paolo partendo da tali presupposti, riesce a trovare compimento laddove si propone come unico obiettivo dunque di ristabilire un rapporto fra Dio e l’uomo, ripristinando in tal modo un rapporto stretto che era stato creato dal Patto per poi essere inesorabilmente deteriorato dall’ingratitudine, dall’infedeltà e dalla continua disubbidienza dell’uomo. Ne consegue che essere giustificato significa essere rimesso nel giusto e originario rapporto con Dio, essere re-inserito nella comunione con Lui. E’ quel che si dice comunemente una <<giustificazione forense>>10, in quanto il Signore in tal modo secondo la sua Misericordia dichiara “giusto” il peccatore come il giudice pronuncia un verdetto di assoluzione. E poiché in Dio la parola e la realtà coincidono, quando Dio dichiara giusto il peccatore, egli è effettivamente giusto ai suoi occhi e viene considerato come tale a tutti gli effetti e senza pregiudizi di alcun tipo. Si tratta di una giustizia forense come già accennato in precedenza; non di una proprietà o di un attributo nell’uomo ma di una azione diretta di Dio nei suoi riguardi. Non a caso Paolo usa il verbo particolare all’attivo sempre soltanto a proposito di Dio,11 mentre a proposito dell’uomo usa generalmente il passivo. 12 Così nel pensiero di Paolo l’uomo non può vantarsi di una giustizia propria “e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge,ma con quella che si ha mediante la fede in 9 La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur,Nuova Riveduta,2006, Società Biblica di Ginevra, (Rom.3.20) “perché mediante le opere della legge nessuno sarà giustificato davanti a lui; infatti la legge dà la conoscenza del peccato”ottemperare perfettamente a tutti i requisiti della legge morale di Dio è impossibile; ognuno porta il peso di tale incapacità. (Gal.2.21) “ io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morte inutilmente”. Coloro che credono di poter ottenere la salvezza mediante i propri sforzi minano il fondamento del cristianesimo e vanificano morte di Cristo. 10 (da foro= tribunale) 11 La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur,Nuova Riveduta,2006, Società Biblica di Ginevra, (rom.3.26)” al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinchè egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù” mediante l’incarnazione, la vita irreprensibile e la morte vicaria di Cristo. Mediante la saggezza del suo piano divino, Dio potè condannare Gesù al posto dei peccatori e giustificare così i colpevoli senza venir meno alla propria giustizia. 12 La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur,Nuova Riveduta,2006, Società Biblica di Ginevra, (rom.3.20)”perché mediante le opere della legge nessuno sarà giustificato davanti a lui; infatti la legge dà la conoscenza del peccato.”Ottemperare perfettamente a tutti i requisiti della legge morale di Dio è impossibile; ognuno porta il peso di tale incapacità. La legge permette di conoscere il peccato, ma non è in grado di salvare. Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede.”13 può solo ringraziare Dio per averlo rimesso nel giusto e originario rapporto con lui. Un tipo di rapporto fondato sulla grazia, e sulla fede.14 Aver posto a fondamento della giustizia la grazia, significa per Paolo affermare con certezza la gratuità della salvezza e il rifiuto del sistema dei meriti: ivi Paolo dichiara espressamente che la grazia esclude le opere, altrimenti non sarebbe più considerabile come tale. Va però aggiunto che quando Paolo si riferisce alla grazia allude non a una qualità insita della persona di Dio, ma alla sua manifestazione storica, cioè alla venuta e alla morte di Gesù Cristo15. Alla grazia da parte di Dio, corrisponde invece la fede da parte dell’uomo. Precisando che la giustificazione viene riconosciuta per fede, Paolo esclude così ogni vanto dell’uomo.16 Così se Abramo per esempio fosse stato giustificato per opere, avrebbe si motivo di vanto; ma non certamente dinanzi a Dio. Il pensiero di Paolo è categorico:<<Per opere della legge nessuno sarà giustificato al suo cospetto>>, cioè davanti a Dio. Anzi, si direbbe che la giustizia di Dio sia ora manifesta indipendentemente dalla legge. Perciò il punto fermo della fede delle nuove comunità fondate sull’insegnamento e sull’opera di Gesù è che l’uomo è giustificato mediante la fede, senza le opere della legge. Ciò che vale per Abramo vale anche per tutti i credenti: ad essi è offerta in nome di Cristo la giustificazione gratuita mediante la fede. Giudei e pagani si trovano inevitabilmente sullo stesso piano, << v’è un Dio solo, il quale giustificherà il circonciso per fede e l’incirconciso ugualmente per mezzo della fede>>. E’ necessario al fine di precisare alcuni punti del contesto preso in esame, aggiungere ancora alcune considerazioni sull’espressione << l’Evangelo….è potenza di Dio>>17. In questa definizione dell’Evangelo è infatti rivelata la giustizia di Dio al centro della riflessione esegetica del pensiero paolino. 13 (cfr.Fil.3:9) 14 A cura di Daniel Marguert, “Introduzione al Nuovo Testamento”, claudiana editrice, Torino, 2004, cit.,pag.187<<l’evento della morte e della risurrezione di Gesù ha rivelato che la giustizia di Dio non è, non è mai stata e non sarà mai una giustizia mediante le opere della legge. E’ una giustizia senza la legge, una giustizia mediante la grazia, oppure una giustizia esercitata gratuitamente; questa giustizia di Dio è una giustizia per mezzo della fede.>> 15 La Sacra Bibbia con note e commenti di John MacArthur,Nuova Riveduta,2006, Società Biblica di Ginevra,(Gal. 2.21) 16 A cura di Daniel Marguert, “Introduzione al Nuovo Testamento”, claudiana editrice, Torino, 2004, cit.,pag.187<<Il vangelo paolino della giustizia di Dio oppure della giustificazione per fede è il risultato di una rivelazione divina di cui l’apostolo è stato il destinatario e che ha costituito la sua vocazione d’apostolo dei pagani. Il suo vangelo non deriva né da tradizioni, né da insegnamenti umani, bensì da una rivelazione di Gesù Cristo.>> 17 (rom 1.16) In tempi moderni infatti alla classica formulazione protestante della giustizia di Dio operante sul piano individuale si è fatta strada un'altra impostazione secondo tale ipotesi: la giustizia di Dio andrebbe considerata come qualcosa di più di un mero dono concesso al credente, giacche si identifica con la natura e l’attività stessa di Dio, richiamando alla memoria da questo particolare punto di vista il suo intervento creatore.18 L’apostolo è sicuramente consapevole di quanto la dottrina della giustificazione da lui presentata sia sconcertante e per alcuni versi paradossale, soprattutto per le affermazioni non certo in linea con la tradizione dei padri e che poco riescono a coincidere con il pensiero e la filosofia greca. Ma secondo il suo pensiero l’evangelo non è solo il buon consiglio da dare agli uomini, ma è esso stesso “potenza di Dio”. L’apostolo quindi giunge alla consapevolezza di come il sacrificio di Gesù possa essere considerato l’unico modo per salvare e giustificare gli uomini, secondo la sapienza di Dio, giacche solo attraverso di essa si rivela la potenza salvifica del Creatore, l‘unica in grado di giustificare e dunque salvare il peccatore, il tutto in netta contrapposizione alla sapienza umana, secondo cui la croce non poteva che essere considerata altro che blasfema. Dunque ciò che l’uomo orgoglioso crede pazzia è in realtà sapienza di Dio, certamente più savia di quella degli uomini. Il messia sofferente in croce rivela la debolezza di Dio che però è più forte di qualsiasi potenza che gli uomini siano mai stati in grado di mostrare.19 Occorre però vigilare affinchè non sia attenuata l’insistenza paolinica sul sola fide . Gli scritti di Qumran20 conoscono la dottrina della grazia, ma non avendo considerato la sola fide interpretano la 18 Eduard Lohse,” Compendio di Teologia del Nuovo Testamento”,Queriniana Brescia, 1987, cit., p.115<<Ciò che a Paolo interessa quando parla della giustizia di Dio viene da lui stesso presentato nelle espressione programmatiche di Rm 1,16, nelle quali afferma di non vergognarsi del Vangelo. Ciò significa che egli professa pubblicamente il messaggio cristiano universale di Cristo crocifisso e risorto.<< Poiché-continua l’Apostolo- la potenza di Dio è per la salvezza di chiunque crede, del giudeo prima e del greco. E’ in questo che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: il giusto vivrà mediante la fede>>. Al concetto di Vangelo sono collegate le due frasi. Di che cosa si tratta nella lieta novella che Paolo proclama nella sua fede dinanzi a giudei e greci? Nella folle predicazione della croce opera la potenza di Dio per la salvezza di tutti coloro che credono>>. 19 Leon Morris,” La prima epistola di Paolo ai Corinzi”, edizioni G.B.U., 1974, pp.50a 55. 20 Qumran è una località sulla riva occidentale del Mar Morto, in Palestina, all'interno del territorio dell'attuale stato di Israele, vicino alle rovine di Gerico. Il sito fu costruito tra il 150 a.C. e il 130 a.C. e vide varie fasi di occupazione finché, nell'estate del 68, Tito, al comando della legione X Fretensis, la distrusse.Qumran è famosa in seguito alla scoperta, risalente alla prima metà del Novecento, dei cosiddetti Manoscritti del Mar Morto e dei resti di un monastero dove si ritiene vivesse una comunità di Esseni. L'importanza storica principale di questo luogo è per la scoperta di papiri antichissimi racchiusi in anfore per preservarli dalla furia distruttrice dei Romani. In alcuni di questi papiri si è trovato un frammento che si adatta perfettamente ad un brano del Vangelo di Marco [1]. Questa è una notizia eccezionale poiché i rotoli sono sicuramente antecedenti la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. e sono attualmente datati intorno al 68 d.C. Confermerebbero innanzitutto la figura storica di Gesù, ed inoltre l'esistenza di brani di scritti sulla sua vita già poche decine di anni dopo la sua morte; scritti molto simili a quelli giunti fino a noi. realizzazione della grazia esclusivamente come compimento delle opere della Legge. 21La messa in evidenza della dynamis ,della potenza dell’evangelo è in realtà estremamente necessaria ovunque essa possa protendere verso una esistenza autonomamente riconosciuta in quanto tale, per essere considerata come un valore universale dal punto di vista religioso, alla stregua di una nuova opera necessaria come condizione sostanziale per essere salvati: la fede non è un’opera religiosa né un’elevazione mistica bensì significa saper ascoltare e accoglire l’annuncio della venuta di Gesù Cristo, offerto da Dio per i nostri peccati e risuscitato secondo le Scritture per la nostra giustificazione: Per tale motivo perciò << la fede viene dall’udire>>22. Nella testimonianza apostolica la fede nasce quindi per l’incontro con l’Iddio onnipotente,<< il quale fa rivivere i morti e chiama le cose che non sono come se fossero>>23. In conclusione si può concludere affermando che la teologia paolina concepisce la giustificazione come atto mediante il quale Dio, tre volte Santo, entra in comunione con il peccatore che si redime. 21 Eduard Lohse,” Compendio di Teol ogia del Nuovo Testamento”,Queriniana Brescia, 1987, p.112 22 (rom.10:17) 23 (rom 4:17)
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