DELIBERA G C N 72 salvatore esposito

CITTA’ DI MONTALTO UFFUGO
Il presente verbale viene letto e sottoscritto come segue:
IL PRESIDENTE
F.TO Avv. Ugo Gravina
(Provincia di Cosenza)
IL SEGRETARIO GENERALE
COPIA DEL VERBALE DI DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA COMUNALE
N. 72 DEL 09 APRILE 2014
F.TO Dott.ssa Virginia Milano
OGGETTO
Procedimento penale.
L'anno duemilaquattordici addì NOVE del mese di APRILE
Municipale, si è riunita la Giunta Comunale
ESEGUITO L'APPELLO, RISULTANO:
GRAVINA
GIUSEPPE
SALVATORE
EUGENIO
MAURIZIO
ALFREDO
DOMENICO
DOMENICO
UGO
CIRAULO
ESPOSITO
INGRIBELLI
MAROTTA
MUTO
RUNCO
SETTINO
CARICA
alle ore 14,30
nella residenza
PRESENTE ASSENTE
SINDACO
VICE SINDACO
ASSESSORE
ASSESSORE
ASSESSORE
ASSESSORE
ASSESSORE
ASSESSORE
X
X
X
X
X
X
X
X
Assiste alla seduta il Segretario Dott.ssa Virginia Milano. L'Avv. Ugo Gravina nella sua qualità di
Sindaco assume la Presidenza e, riconosciuta legale l'adunanza dichiara aperta la seduta.
Trasmessa contestualmente alla pubblicazione ai Capigruppo con nota prot. __________________
del _______________________(art. 125 D.Lgs. 18.08.2000 n. 267)
n. __________ reg. Pubbl.
REFERTO DI PUBBLICAZIONE
(art. 124 D.Lgs. 18.08.2000 n. 267)
Copia del presente verbale viene pubblicata il giorno _______________________all'albo pretorio ove
rimarrà esposta 15 giorni consecutivi.
Lo stesso E’ DIVENUTO ESECUTIVO, ai sensi del D.Lgs. 18.08.2000, decorsi 10 giorni dalla sua
pubblicazione.
E’ stato dichiarato immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 134 comma 4 del D. Lgs. n° 267/2000
e successive integrazioni e modificazioni
addì _______________
IL SEGRETARIO GENERALE
F.to
(Dott.ssa Virginia Milano)
Copia conforme all'originale in carta libera per uso amministrativo
Li_______________
IL SEGRETARIO GENERALE
(Dott.ssa Virginia Milano)
1
LA GIUNTA COMUNALE
•
PREMESSO CHE
•
In data 4.10.2013 OMISSIS, ha notiziato l’amministrazione dell’apertura di un procedimento penale a suo
carico recante il numero di RGNR 6246/2013, per il reato di cui all’art. 137 comma 6 Dlgs 152/06,OMISSIS
Parantoro, procedeva al trattamento delle acque reflue urbane effettuando scarichi di acque che superano i
valori limiti fissati dalla tabella 3 dell’Allegato 5 alla parte terza del DLGS 152/06;
• che con la predetta nota ha comunicato altresì la sua volontà di procedere alla nomina di un difensore di
fiducia nella persona OMISSIS;
• che in data 11.3.2014 il tribunale di Cosenza Sezione GIP ha comunicato a questo Ente il deposito, avvenuto
il 10.3.2014, del decreto penale di condanna OMISSIS , con il quale lo stesso è stato condannato alla pena di
€ 16.000,00 di ammenda, giusta richiesta del PM del 24.2.14, stante la conversione della pena detentiva in
sola pena pecuniaria;
CONSIDERATO CHE
• Nell’ordinamento vigente non vi sono norme che prevedono la possibilità di rimborsare agli amministratori
locali le spese legali sostenute per giudizi instaurati in relazione a fatti asseritamente posti in essere
nell’esercizio delle proprie funzioni.
• Parte della giurisprudenza, in passato, aveva ritenuto che fosse possibile estendere, in maniera analogica,
agli amministratori locali la normativa che consente tale rimborso per i dipendenti degli enti locali, sulla
base dell’avverarsi di alcuni presupposti (la sussistenza di una connessione con i compiti d’ufficio dei fatti
oggetto del processo penale, la mancanza di conflitto di interessi con l’amministrazione di appartenenza, la
conclusione del processo penale con una sentenza di assoluzione).
• Gli indirizzi giurisprudenziali più recenti ritengono che la possibilità di tale ricorso estensivo per analogia
sia precluso ed escluso nella materia di cui si discorre.
• Si sostiene, infatti, che il richiamo all’analogia non possa ritenersi pertinente nella materia in questione, e
che, invece, risulta evocabile, in maniera corretta, quando emerge un vuoto normativo nell’ordinamento.
• Il Legislatore si è limitato a dare una diversa disciplina per due situazioni non identiche tra loro, in base al
fatto che gli amministratori pubblici non sono dipendenti dell’ente, ma sono eletti dai cittadini, a cui
rispondono del loro operato.
• In sostanza, afferma la Corte di Cassazione, con Sentenza n.12645/2010, che l’uomo politico, che finisce
sotto processo, in relazione a questioni attinenti all’esercizio delle proprie funzioni di pubblico
amministratore non ha diritto al rimborso da parte del Comune delle spese legali sostenute per il processo
anche se è stato assolto.
• Peraltro, con Sentenza 15 ottobre 2012, n. 165, la Sezione giurisdizionale per la Basilicata della Corte dei
Conti si sofferma sulla questione del rimborso delle spese legali sostenute da amministratori di enti locali,
ed esclude la legittimità dell’assunzione a carico del bilancio comunale del rimborso delle spese legali in
favore di un assessore.
• Nessuna disposizione prevede in capo agli amministratori, a differenza dei dipendenti del comparto
Regioni-enti locali, il diritto al rimborso delle spese legali sostenute per un giudizio civile o penale,
conclusosi con esito favorevole, per fatti od atti direttamente connessi all’espletamento del ricoperto
ufficio.
• L’articolo 28 del C.C.N.L. di comparto del 14.9.2000 prevede per i dipendenti degli enti locali l’assunzione
a carico delle amministrazioni locali delle spese processuali relative ai giudizi di responsabilità civile e
penale promossi nei loro confronti, mentre per gli amministratori il diritto al rimborso delle spese legali è
previsto solamente per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti, conclusi con definitivo proscioglimento,
mentre nessuna disposizione prevede esplicitamente questo diritto anche in relazione ai giudizi civili e
penali.
• La Corte dei Conti, con ampi richiami giurisprudenziali, ha confermato, con la sentenza sopra richiamata,
l’esclusione della rimborsabilità delle spese legali per gli amministratori, escludendo un’interpretazione
estensiva della relativa disciplina prevista per i dipendenti, e ha ritenuto, infine, non condivisibile la tesi
dell’applicabilità, con il ricorso al procedimento analogico, dell’articolo 1720 del Codice Civile, ove è
previsto che “il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico”.
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•
•
•
che in virtù dell’oscillazione giurisprudenziale citata in premessa l’assunzione di tale onere avviene a condizioni
che vengano rispettati tutti i criteri di cui sopra ma soprattutto che al momento della liquidazione venga valutata
l’esistenza e prevalenza di una giurisprudenza maggioritaria che si pronunci e/o si sia pronunciata a favore di detto
rimborso;
che nella redazione della relativa parcella, da elaborare secondo i parametri approvati con DM n. 55 del 10.3.2014,
il valore della stessa dovrà essere decurtato del 50%;
che solo alle condizioni di cui sopra è ammissibile e valutabile la richiesta avanzata dal sig. Esposito;
Visto il D. Lgs 267/2000 e successive modificazioni ed integrazioni ed i pareri favorevoli espressi nella proposta di
delibera in ordine alla regolarità Tecnica dal Responsabile del Servizio Avv. Carmelina Pugliese ed in ordine alla
regolarità contabile finanziaria espressa dal responsabile del Servizio Ragioneria;
Dato Atto che la proposta di deliberazione, con riportati i pareri dei responsabili degli uffici competenti,
costituendo atto essenziale propedeutico alla presente, resta acquisita agli atti dell’Ente e presso la Segreteria
Generale;
Ad unanimità di voti favorevoli espressi nei modi e nelle forme di legge;
DELIBERA
1. di costituire la premessa parte integrante e sostanziale della presente deliberazione;
2. di assumere a proprio carico gli oneri di difesa OMISSIS,
3. di dare mandato al responsabile dell’Avvocatura civica di valutare la giurisprudenza che interverrà in subiecta
materia sino alla data di emissione del provvedimento giudiziale definitivo, e solo alle condizioni e limiti espressi
in parte motiva potrà procedere alla relativa corresponsione.
4. di dichiarare, con separata votazione, il presente atto immediatamente eseguibile, ai sensi del comma n. 4, dell’art.
134 del D.Lgs.
2
CONSIDERATO TUTTAVIA CHE
• Il diritto ad esigere il rimborso delle spese legali, espressione del generalissimo principio di bilanciamento
dei beni e degli interessi viene applicato, nel campo del diritto pubblico, a favore di coloro che sono investiti
di una carica ed agiscono per interesse non proprio, in quanto legittimamente investiti (con mandato
pubblico) del compito di realizzare interessi di altri centri di imputazione giuridica (enti o altri organismi
pubblici), con la conseguenza che i pubblici amministratori non devono sopportare nella propria sfera
personale gli effetti svantaggiosi o dannosi della propria attività.
• In tale fattispecie, secondo un parte della giurisprudenza, rientra senza dubbio anche l'ipotesi in cui le spese
siano state effettuate dall'amministratore allo scopo di difendersi in un processo penale iniziato in relazione a
fatti, però, esclusivamente connessi all'incarico, e conclusosi con il proscioglimento; pertanto, i componenti
degli organi statutari degli enti pubblici possono avere titolo per ricevere il rimborso delle spese sostenute ed
il risarcimento dei danni sofferti per adempiere fedelmente il loro mandato.
• Dall'analisi del dettato legislativo degli art. 16 D.P.R. 1979 n. 191 e 67 del D.P.R. 13 maggio 1987 n.
268, art. 1720, II°, c.c., si ricava che l’assunzione dell’onere relativo all’assistenza legale
dell’amministratore da parte dell’ente locale non è automatico, ma deve esser conseguenza di alcune
valutazioni - che si ricavano dalla formulazione degli stessi artt. 16 e 67 (o comunque egualmente dall’art.
1720, II° comma, c.c.) - che l’ente è tenuto a fare nel proprio interesse, per assicurare una buona e
ragionevole amministrazione delle risorse economiche e a tutela del proprio decoro e della propria
immagine. Pertanto, l’esatto adempimento delle statuizioni dei predetti artt. 16 e 67 e dell’art. 1720, II°
comma, c.c. obbliga l'ente, prima di convenire di assumere a proprio carico ogni onere di difesa in un
procedimento di responsabilità civile o penale aperto nei confronti di un proprio amministratore, a valutare la
sussistenza delle seguenti essenziali ed imprescindibili condizioni:
a) se ricorra la necessità di tutelare i propri diritti e propri interessi e la propria immagine;
b) la diretta connessione del contenzioso processuale alla carica espletata o all'ufficio rivestito;
c) la carenza di conflitto di interessi tra gli atti compiuti dall’amministratore e l'ente;
d) la conclusione del procedimento con una sentenza di assoluzione, che abbia accertato la insussistenza
dell'elemento psicologico del dolo o della colpa grave.
• Con riferimento al primo requisito, la più recente giurisprudenza rileva, infatti, che "la difesa nel giudizio
penale del pubblico dipendente risponde all'esigenza di adeguata tutela della pubblica amministrazione, per
la salvaguardia dell'immagine e per la necessità di evitare o limitare i potenziali danni patrimoniali a carico
dell'amministrazione stessa derivanti dalla responsabilità civile in base all'art. 28 della Costituzione e dalle
norme attuative di tali principi, di cui agli artt. 18 e ss. D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3".
• L’obbligo gravante sull’ente di assumere le spese dei procedimenti penali in cui siano implicati i propri
dipendenti o amministratori è strettamente legato alla circostanza che tali procedimenti riguardino fatti ed atti
in concreto imputabili non ai singoli soggetti che hanno agito per conto della pubblica Amministrazione, ma
direttamente ad essa in forza del rapporto di immedesimazione organica.
• E', pertanto, da escludersi che, ai fini del rimborso, assumano rilievo i comportamenti dell’amministratore
che, non esprimendo la volontà dell'Amministrazione, costituiscano esclusiva ed autonoma manifestazione
della personalità dell'agente.
• Il secondo requisito, fondamentale per l’ammissibilità del rimborso, strettamente legato al primo, è costituito
dal fatto che il processo in cui sia implicato il funzionario si sia aperto in conseguenza di atti e fatti
direttamente connessi all'espletamento dei doveri d’ufficio di quest’ultimo.
• In ordine a tale aspetto, si riporta la recentissima sentenza n. 2242/2000 resa dal Consiglio di Stato il quale
ha ribadito l’importanza di tale connessione specificando che "ai fini del rimborso è necessario accertare
che le spese siano state sostenute a causa e non semplicemente in occasione dell’'incarico".
• Tale requisito, ha precisato il Consiglio di Stato in detta sentenza, è direttamente ed unicamente ricavabile
dall’interpretazione, estesa analogicamente agli amministratori nel campo del diritto pubblico, dell’art. 1720,
II° comma, c.c. dettata in tema di rapporti tra mandante e mandatario, così come applicato dalla menzionata
sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 1994 n. 10680, non essendo possibile estendere la normativa
dettata per i dipendenti .
• Il terzo requisito - e punto qualificante dell’ammissibilità del rimborso - è costituito
dall’assenza di conflitto di interessi tra l’attività dell’Amministrazione e l’attività posta in
essere dal singolo amministratore nello specifico adempimento dei compiti d’ufficio: il
rimborso delle spese per gli onorari di difesa sostenute da un amministratore per un
processo penale elevato a suo carico in conseguenza dell’esercizio delle sue funzioni è,
dunque, legittimo a condizione che l’amministratore abbia agito nell’interesse dell’ente e
non in conflitto di interessi.
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Tale situazione conflittuale si verifica quando l’interessato, avendo agito con dolo o con colpa
grave, si è posto in una posizione di contrasto rispetto al perseguimento degli interessi propri
dell’Amministrazione locale, con l’adozione di atti d’ufficio che non siano nell’esclusivo interesse
dell’amministrazione.
In ordine a questo aspetto va rilevato che la giurisprudenza conformemente ritiene che
l’accertamento dell’esistenza di tale conflitto di interessi va compiuto necessariamente ex post,
valutando le determinazioni del giudice in sede penale "gli oneri per la difesa in giudizio di
dipendenti (e amministratori) di enti locali possono essere assunti a carico del bilancio
dell'Amministrazione se, da una valutazione da compiersi successivamente all'esito del giudizio,
non risulti l'esistenza di interessi confliggenti con l'ente stesso; e, pertanto, l'assunzione di spese
per l'assistenza, in un giudizio penale, di taluni amministratori (equiparabili solo secondo una
parte della giurisprudenza ai dipendenti), poi assolti perché il fatto non sussiste, non costituisce
danno risarcibile per l'ente locale".
L'ulteriore ed essenziale condizione per giustificare il fatto che l'amministrazione possa farsi
carico delle spese sostenute dagli imputati è costituita dal fatto che il procedimento penale si sia
concluso con una sentenza, passata in giudicato, di assoluzione che accerti l'inesistenza
dell'elemento psicologico del dolo o della colpa grave negli atti posti in essere
dall'amministratore.
Relativamente a tale aspetto si rileva che la giurisprudenza, sia amministrativa che contabile,
ha più volte affermato la necessità che l'imputato sia assolto con la formula più liberatoria e
non collegata a cause che inibiscano l'accertamento dell'insussistenza dell'elemento psicologico
del reato quali, ad esempio, la prescrizione o il proscioglimento per amnistia, formule decisorie
intermedie che non conferiscono certezza sull'inesistenza del contrasto di interessi tra
l'amministratore e l'ente e lasciano, infatti, ancora spazio per l'accertamento della responsabilità
in sede amministrativa.
Recentemente, peraltro, si è venuto a stabilire il principio che anche la formula assolutoria di
cui all’art. 530, I comma, c.p.p. può essere ostativa al rimborso delle spese sostenute in un
giudizio
penale
qualora
si
ravvisi nel comportamento dell’amministratore o del
dipendente un conflitto d’interessi rilevante in sede disciplinare e le spese non siano
direttamente connesse con l’incarico.
Non è quindi sufficiente, ai fini dell’insorgenza del diritto al rimborso delle spese sostenute per l’assistenza
processuale, che il processo penale per fatti connessi all’espletamento di compiti d’ufficio si sia concluso con
l’assoluzione, ma occorre altresì l’insussistenza di interessi confliggenti tra l’amministratore e l’ente. Quindi, anche
una condotta non sanzionabile penalmente può dare luogo ad un conflitto di interessi se posta in essere in violazione
delle norme che regolamentano l’azione amministrativa. Ai fini della legittimità del rimborso, deve infatti poter
essere esclusa una eventuale responsabilità di tipo disciplinare od amministrativo, per mancanze attinenti al
compimento dei doveri dell’ufficio (Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 7660 del 2004), così come non
devono emergere comportamenti illegittimi o inopportuni, che integrino una deviazione dal fine pubblico e siano
pertanto connotati da eccesso di potere.
Considerate quindi le condizioni di cui sopra, L'Ente è sostanzialmente tenuto a ponderare i propri interessi nel
quadro del pendente procedimento giudiziario, per assicurare una buona e ragionevole amministrazione delle risorse
economiche e a tutela del proprio decoro e della propria immagine.
E’ rimesso al prudente apprezzamento dell’Amministrazione richiedente valutare se, nel caso concreto, ricorrano i
presupposti per poter procedere al rimborso delle predette spese legali nei confronti dei propri Amministratori.
Richiamati, infatti, i principi normativi che vengono in considerazione nel caso in esame, la scelta delle modalità
concrete, con le quali applicare estensivamente la normativa in materia, rientra nell’ambito dell’esercizio della
discrezionalità amministrativa dell’amministrazione comunale e, pertanto, la decisione da parte dell’Amministrazione
di provvedere o meno al rimborso delle spese processuali sostenute dall’amministratore locale relative a giudizi
penali promossi nei suoi confronti e definiti con sentenza di assoluzione, dovrà essere frutto di una valutazione
propria dell’ente medesimo, nel rispetto delle previsioni legali e contrattuali, rientrante nelle prerogative esclusive
degli organi decisionali, trattandosi di ambito riservato alle scelte dell’Ente che deve osservare prudenti regole di
sana gestione finanziaria e contabile.