ANNO IX numero 5 Maggio 2014 distribuzione gratuita mensile di informazione della Diocesi di Oria MemOria VOCE DEL VESCOVO PROSPETTIVE DIOCESANA Sappi che Egli ti abbraccia Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro Il Corpo di Santa Lucia a Erchie 1 Speciale GMG 2014 ANNO IX numero 5 Maggio 2014 mensile di informazione della Diocesi di Oria MemOria Sommario Memoria Mensile di informazione della Diocesi di Oria - Periodico di informazione Religiosa Direttore editoriale: ✠ Vincenzo Pisanello Direttore Responsabile: Franco Dinoi Redazione: Gianni Caliandro Franco Candita Alessandro Mayer Francesco Sternativo Pierdamiano Mazza VOCE del VESCOVO Sappi che Egli ti abbraccia 3 PROSPETTIVE Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro 4 Votare per quale Europa? 6 DIOCESANA Il Corpo di Santa Lucia a Erchie Grande Raduno Ministranti 2014 Il coraggio dell’agire 10 12 16 In copertina: Santuario di San Cosimo alla Macchia in Oria MEMORIA SPECIALE Gmg diocesana 2014: inno alla vita 14 Progetto grafico impaginazione: Progettipercomunicare Alimentare la speranza 15 EDIZIONI E COMUNICAZIONE www.progettipercomunicare.it CULTURALE Vangelo, annuncio e testimonianza Stampa: ITALGRAFICA Edizioni Oria (Br) s.r.l. Curia Diocesana: Piazza Cattedrale, 9 - 72024 Oria Tel 0831.845093 www.diocesidioria.it e-mail: [email protected] Registrazione al Tribunale di Brindisi n° 16 del 7.12.2006 17 MEMORIA pillole di catechismo Perché si deve credere ai preti e al papa? Non basta credere in Dio e in Gesù? 18 PRO-MEMORIA Agenda pastorale del Vescovo, maggio 2014 20 IN... VERSI facebook.com/memoria.diocesidioria MemOria ... Lino Curci 22 anno IX n. 5 Maggio 2014 VOCE del VESCOVO ✠ Vincenzo Pisanello Sappi che Egli ti abbraccia C aro Amico Pellegrino, implorare da Dio una guarigione, una protezione: sappi che Egli ti abbraccia, ti stringe a Sé perché provo una grandissima gioia nel pensare vede in te il Suo Figlio crocifisso che dona la vita che sei giunto in questo Santuario di San Cosimo per la salvezza del mondo. Forse sei qui perché alla Macchia in Oria, e desidero accoglierti con porti il peso del tuo peccato: ricorda che “il suo le parole del grande papa Giovanni Paolo II, ora amore è per sempre” (Sal 136). Il sacramento della Santo intercessore: “Non abbiate paura! Aprite, Riconciliazione ti attende, l’Eucarestia ti nutrirà e anzi, spalancate le porte a Cristo!”. la Parola t’incoraggerà. Condividi ciò che hai con Si, mio caro Amico, non avere paura di spalancare le chi è più bisognoso: cosi avrai aperto la tua vita a porte del tuo cuore, della tua vita a Cristo. Lascialo Cristo. entrare, offrigli accoglienza, fallo riposare sul tuo I Santi Medici, che sei venuto ad onorare, ti cuore: ti accorgerai che un grande senso di pace proteggano e ti sostengano per tutta la tua vita. t’invaderà. Percepirai che la Sua presenza non è Nel tuo cuore orante ci sia spazio per coloro che, ingombrante, non reca fastidio; piuttosto rimuove per motivi di salute, non possono venire in questo gli ostacoli, offre la giusta luce ai tuoi occhi perché Santuario e per coloro che sono lontani dalla fede, tu possa vedere il mondo, e te stesso nel mondo, perché la misericordia di Dio tocchi anche il loro come lo vede Dio: con grande misericordia, con cuore. Ti conforti la mia preghiera per te e la immenso amore! Allora scoprirai di essere un figlio benedizione del Signore che volentieri invoco su te amato e, perciò, beato. Scoprirai che la tua vocazione e i tuoi cari. è amare: Dio, più di te stesso e il prossimo, come te stesso. Forse sei qui per ringraziare il Signore 22 maggio 2014 per una grazia, un favore celeste che hai ricevuto: è stata una carezza di Dio alla tua vita travagliata, un incoraggiamento a continuare il tuo cammino sapendo che Egli veglia su di te. Forse sei qui per MemOria messaggio del Vescovo ai pellegrini nel Santuario di San Cosimo alla Macchia anno IX n. 5 Maggio 2014 3 PROSPETTIVE DI Pierdamiano Mazza* Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro Il Papa e la sfida appassionante della comunicazione. I 4 mass media di tutto il mondo gli stanno addosso ormai H24; papa Francesco buca lo schermo, il suo italiano condito da un piccantino accento spagnolo corre istantaneamente per il mondo, rappresentanti istituzionali non possono fare a meno di strappargli un selfie (come accaduto mentre salutava le delegazioni diplomatiche lo scorso 27 aprile, al termine della santa Messa in cui aveva canonizzato i suoi predecessori Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II), la Mondadori nel suo resoconto intermedio di gestione sul primo trimestre 2014 registra un sensibile miglioramento dei guadagni anche grazie al lancio della rivista dedicatagli, un nuovo tweet papale compare anche più volte al giorno raggiungendo in una frazione di secondo milioni di persone. Insomma, potremmo dire che Bergoglio sa cosa sia la comunicazione e come adoperarla e sembra più che lapalissiana l’etichetta di “papa comunicatore” conferitagli da Giacomo Galeazzi, vaticanista de La Stampa (Vatican Insider, 11 marzo 2014); per questa volta però vogliamo concentrare la nostra attenzione su un aspetto differente dal solito che riguarda lo stile comunicativo e le capacità trasmissive del Papa. Trovo utile dare un’occhiata al messaggio che il Papa ha scritto e diffuso per la XLVIII Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali prevista per l’1 giugno 2014; il titolo non lascia spazio a equivoci o velleità di singolari interpretazioni: comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro. Poco più di 9mila battute quelle utilizzate da papa Francesco per portare all’attenzione delle persone di buona volontà una considerazione e una proposta. Il Papa porge la sua considerazione fin dall’inizio, affermando: «oggi viviamo in un mondo che sta diventando sempre più MemOria “piccolo” e dove, quindi, sembrerebbe essere facile farsi prossimi gli uni agli altri», dove ad avvicinarci sono gli sviluppi dei trasporti e delle tecnologie di comunicazione, pur rimanendo nette e ben chiare le divisioni all’interno del genere umano in cui è lampante una «scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri». Guardando alla vita di tutti i giorni è dunque ovvio che l’uomo, sia nella sua individualità che nel suo vivere in comunità non deve soccombere all’ingranaggio di questa macchina: il Papa sottolinea come «l’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino». Vi sono dunque dei limiti che – se ben inquadrati – fanno dei media sociali uno strumento utile che non va affatto rifiutato. Al riguardo Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”, in un’intervista pubblicata da Radio Vaticana il 24 gennaio 2014, ha evidenziato: «La cultura della comunicazione è in diretta collisione con la cultura dello scarto, quindi della divisione, delle divisioni di tipo economico, ideologico. La comunicazione - e l’incontro - è al centro, è al cuore della visione bergogliana della vita e della Chiesa». Non dividersi dunque ma andarsi incontro. Le domande sul “come” e sul “perché” sorgono spontanee e il Papa stesso se ne fa portavoce: «Come allora la comunicazione può essere a servizio di un’autentica cultura dell’incontro? E per noi discepoli del Signore, che cosa significa incontrare una persona secondo il Vangelo? Come è possibile, nonostante tutti i nostri limiti e peccati, essere veramente vicini gli uni agli altri?». Aggiungiamo noi: l’incontro deve essere mezzo o fine? E la comunicazione che ruolo ha in questa situazione? Papa Francesco anno IX n. 5 Maggio 2014 PROSPETTIVE DI inquadra la comunicazione in termini di prossimità e chiarisce: «Potremmo tradurla così: come si manifesta la “prossimità” nell’uso dei mezzi di comunicazione e nel nuovo ambiente creato dalle tecnologie digitali? Trovo una risposta nella parabola del buon samaritano, che è anche una parabola del comunicatore. Chi comunica, infatti, si fa prossimo. E il buon samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada. Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l’altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro. Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere della comunicazione come prossimità». Molto spesso la comunicazione è un mezzo per indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, configurandosi – come suggerisce il Papa – quale una «aggressione violenta come quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada» in cui «il levita e il sacerdote non vedono un loro prossimo, ma un estraneo da cui era meglio tenersi a distanza». Bisogna dunque stare attenti a non ignorare il prossimo reale, perdendosi nelle strade “digitali” e in una comoda propria astrazione, utile a guardarsi esclusivamente MemOria l’orticello di proprietà. Aiuta in questo ovviamente il dialogo, principale e più efficace ponte dell’incontro. Infatti, aggiunge papa Francesco, «dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute». La comunicazione stessa non potrebbe esistere senza la struttura dialogica che prevede la presenza di un mittente e di un destinatario, parti che possono – anzi, devono – invertirsi in una equilibrata alternanza. Incontro, prossimità, dialogo. Tre pilastri per una buona comunicazione interpersonale ma anche una saggia linea guida per l’amplissimo universo dei media, la cui presenza – divenuta ormai totalizzante nella quotidianità della maggior parte di noi – deve concretizzarsi in un’ottica di servizio espletato seguendo la bontà e la verità della comunicazione. *Direttore dell’Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali e la Cultura anno IX n. 5 Maggio 2014 5 PROSPETTIVE DI Franco Candita Votare per quale Europa? I 6 l 25 maggio si vota per eleggere i rappresentanti al Parlamento Europeo. Per farlo con consapevolezza dovremmo sapere: Chi è e che fa l’Europa per i cittadini europei e italiani in particolare. Nonostante il nome (UE) non credo che l’Europa sia in tutto e per tutto sempre se stessa, perché, l’unione è molto labile nei fatti, e manca quel tanto che la renda stabile, coesa, efficiente. Il cittadino europeo si sente tradito dal sistema della moneta unica su cui scarica le frustrazioni del benessere evaporato. Il fatto è che si dovrebbe cominciare a parlare, urgentemente, di una Europa politica, Patria unica e confederata. Finché saremo un grande mercato, favoriremo gli Stati più forti e i caimani della finanza. Un’Europa senz’anima è sul Titanic, dove ognuno suona la propria musica. L’Europa, mentre dettaglia la lunghezza delle banane e la misura del cetriolo, perde la visione olistica e complessiva dell’economia, fa disperare il cittadino che manda tutti a quel paese. Ci vuole una volontà politica nuova e una cultura politica diversa. Chi sbraita e vuole meno Europa dovrebbe capire che forse ci vuole più Europa, ma diversa, capace di controllare il capitalismo, ma non a spese del welfare! Un’Europa non alle dipendenze di Berlino. Il cambio lira-euro iniziò svantaggioso per gli italiani; poi, non fu imposto con sanzioni il mantenere il doppio prezzo per almeno due anni visibile sui prodotti; ed ora che si fa? Si torna indietro? Sul piano monetario, 14 personalità, giornalisti e docenti universitari, hanno scritto: «le autorità pubbliche devono essere messe nella condizione di poter riacquistare il controllo sul MemOria capitalismo finanziario globalizzato nel XXI secolo e di regolamentarlo in maniera efficace. Un’unica valuta con 18 debiti pubblici diversi sui quali i mercati possono speculare liberamente, e 18 sistemi fiscali e benefit in competizione incontrollata tra di loro non funziona e non funzionerà mai». L’ideale di un’Europa unita s’impose perché nel ‘900 vivemmo una storia in cui fu alto, in vite umane, il tributo pagato ai nazionalismi (prima guerra mondiale 1914) e al mito della razza superiore, della potenza delle armi, del Mein Kampf, di hitleriana memoria, negazione dell’umanesimo dell’Antica Grecia e del Rinascimento Italiano ed europeo (seconda guerra mondiale 70 anni fa). È vero che evitiamo le guerre intraeuropee, ma paghiamo un prezzo enorme e continueremo a pagarlo, sempre più salato; a lungo andare neppure il più forte si salverà. L’impoverimento è il prezzo ora pagato all’Euro, per le situazioni sopra denunciate e per l’irrinunciabile sovranità rivendicata dai singoli Stati, da ogni amministrazione. Tanti gli Stati, tanti eserciti ci sono in Europa, tanti gli acquisti di armi e aerei da combattimento, tanti i debiti, le politiche economiche e industriali, le sedi diplomatiche e le politiche estere. La diplomazia è scassata; nella crisi dell’Ucraina: la Russia si amplia, l’America minaccia, l’UE balbetta e non ha una voce unica. L’Italia, che ha contribuito alla nascita della UE, non può ridursi di contare poco più del due di briscola. Essa deve recuperare l’assenza di cultura politica, e di visione giuridica ed etica egualitaria, di solidarietà che ci fa essere, agli occhi degli altri europei, precari nel diritto e nei doveri. Quante condanne pendono e sono state comminate dalla Corte di giustizia europea nei confronti dell’Italia! Condanne per la situazione delle carceri, per i ritardi nel pagamento da parte degli organi pubblici dei debiti verso aziende e privati, condanne per non aver introdotto il reato di tortura nell’ordinamento giuridico, per la lunghezza dei processi. Abbiamo il anno IX n. 5 Maggio 2014 PROSPETTIVE DI primato di condanne e sanzioni economiche. L’Italia versa all’Europa (13 mld €) più di quanto riceve (9 mld €), ma perde somme ingenti perché non sa fare progetti, e perchè spende male le somme assegnatele (le intascano i corrotti e i corruttori). 1) Che ci guadagna l’Italia da questa Europa? I comici vogliono sciogliere l’Italia dal vincolo dall’Euro e tornare alla liretta, pensando di salvare così l’economia, la produzione e il lavoro nel nostro Paese; i semicomici, colpevoli di sperperi e privilegi di casta mai ridotti o aboliti, vogliono svincolarsi dal pareggio di bilancio e da tutto ciò che l’Europa, un pò matrigna a dire il vero, ha preteso dal governo italiano; i bulli vogliono battere i pugni sul tavolo, come nei saloon dei film western, e rivedere le trattative. L’Italia europea può ridiventare forte, produttiva, creativa; deve saper dare spazio alla formazione dei giovani, ampliare l’esperienza “Erasmus”, deve far studiare all’estero gli studenti bravi e volenterosi, deve sburocratizzare lo Stato, colpire il nepotismo nelle Università e nei gangli statali, colpire la corruzione, aumentare le eccellenze ospedaliere, promuovere le fonti alternative energetiche. Per questo, e per altro ancora, bisogna rimanere in Europa. 2) Bisogna rimanervi per attuare l’art. 9 della Costituzione Italiana: «La Repubblica (cioè tutti noi) tutela (cioè conserva nel tempo) il paesaggio (cioè l’ambiente in cui viviamo) e il patrimonio storico e artistico (cioè le cose belle che abbiamo costruito in quell’ambiente) della nazione (cioè di tutti noi). Abbiamo scritto queste cose perché in quel momento terribile [dopo la seconda guerra mondiale] abbiamo capito che per ricostruire una comunità è importante anche ricostruire i luoghi che danno forma a quella comunità. L’abbiamo scritto per non dimenticarcene» (T. Montanari). Purtroppo, abbiamo dimenticato e disatteso. La cultura antropizza il paesaggio e ne fa non la casa dell’uomo ma quasi un partner, e all’uomo assegna la responsabilità dell’utilizzo che assume carattere e impegno socio-politico e religioso. Il bisogno dell’uomo di vivere in una natura non snaturata si collega all’efficienza dell’ingegno (scienza e tecnica), alla politica (del territorio) e alla religione, come dovere etico di consegnare alle generazioni future una natura non depredata e degradata. Questo dovere non è solo politica ambientalista ma anche premessa al sistema MemOria “Lavoro”. 3) Il lavoro della terra, la coltura e la cultura hanno bisogno di affermarsi e radicarsi nella legalità e nella solidarietà in quest’Italia e in questa Europa dove ci sono terre di frontiera, di periferia in cui si tengono in soggezione e assoggettamento gli uomini e il loro lavoro, condizionando commerci e guadagni. Ci vogliono paletti fissati, ben più alti rispetto alla sociologia politica, che facciano riferimento a criteri di dignità dell’uomo, di rispetto del lavoro e della fatica e dei bisogni personali e familiari che la dottrina sociale cristiana evidenzia in modo chiaro e legittimo. È vero, fanno luce i piccoli rivoli, le zone franche dove la lotta all’illegalità è contrastata; e le terre sottratte ai malavitosi diventano oasi di lavoro libero, di prodotti non avvelenati come altrove dai sotterrati materiali inquinanti. Bisogna far fiorire le cooperative giovanili, nelle cui tenute agrarie si rispettano le leggi, si pagano i raccoglitori secondo contratto e non si manomette la terra con i veleni». L’Italia è a dimensione Europea se fa interventi legislativi che sviluppano fiducia nella giustizia e proteggono l’imprenditorialità antimafiosa. Quando la legalità è salvaguardata, allora la politica, solida e costruttiva, sa contrapporsi alle altre due dominanti: quella che dal basso dà l’assalto alle Istituzioni e quella che dall’alto vuol calare le innovazioni sul capo dei cittadini, spesso a scapito dei medesimi, fomentando una motivata antipolitica. Si pensi alla povertà di mezzi e metodi di interpretazione della multiculturalità di alcuni partiti europei e italiani. Si pensi alla dimensione del rifiuto a anno IX n. 5 Maggio 2014 7 PROSPETTIVE DI 8 priori o del disinteresse nei confronti dell’emigrazione, confinandolo a problema italiano solo perché gli sbarchi avvengono sulle coste Italiane. E ci sono già pericolosi segnali di nazionalismi risorgenti, di razzismi duri, di soppresse solidarietà in nome del “prima noi” (noi della Padania, noi francesi, noi....). 4) Le prossime elezioni ci interpellano sul carattere interpretativo dei bisogni: perché nasce la fame del pane e dei diritti? La politica ricettaria (ora si cita C. Marx ora A. Schmitt, ora il premio Nobel Stiglitz, critico con il FMI, perché Wall Street «nazionalizza le perdite e privatizza i guadagni», ora l’economista favorevole al rigore, ora il politico di destra ora il politico di sinistra) fa perdere la bussola, origina costellazioni di partitini monotematici. L’interpretazione dei bisogni, “ermeneutica”, richiede rigore intellettuale ed etico. a) Un primo criterio interpretativo della politica lo trovo nell’Evangelii Gaudium: «Esiste una tensione bipolare tra l’idea e la realtà. La realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà. È pericoloso vivere nel regno della sola parola, dell’immagine, del sofisma. Da qui si desume che occorre postulare un principio: la realtà è superiore all’idea. Questo implica di evitare diverse forme di occultamento della realtà: i purismi angelicati, i totalitarismi del relativo, i nominalismi dichiarazionisti, i progetti più formali che reali, i fondamentalismi antistorici, gli eticismi senza bontà, gli intellettualismi senza saggezza” (n. 231). «L’empirismo pastorale di papa Francesco, integra le circostanze concrete nella comprensione strutturata e fondamentale del Vangelo» (Mc Gavin); la visione d’insieme e un sano empirismo eliminerebbero dalla politica odierna ritardi, chiacchiere e spot twittati. b) Un secondo criterio interpretativo lo formula papa Francesco: «Sono convinto che: i grandi cambiamenti della storia si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro, ma dalla periferia. È una questione ermeneutica: si comprende la realtà solamente se la si guarda dalla periferia, e non se il nostro sguardo è posto in un centro equidistante. Per capire la realtà, dobbiamo spostarci dalla posizione centrale di calma e tranquillità e dirigerci verso la zona periferica. Stare in periferia aiuta a vedere e capire meglio, a fare un’analisi più corretta della realtà rifuggendo dal centralismo e da approcci ideologici». L’approccio a una politica deideologizzata è indispensabile, scrive il filosofo P. Ricoeur; egli «ritiene che per uscire dalla logica della violenza, del dominio dell’uomo sull’uomo, dei conflitti armati tra gli stati, sia necessario soprattutto uscire dalla concezione moderna della politica, secondo cui solo il ‘contratto’ tra le parti impedirebbe l’ ‘homo homini lupus’». Bisogna opporre «coraggiosamente, alla logica hobbesiana, la logica del “dono”, fondata sull’etica del “riconoscimento”, e che non è solo quella dello scambio e della reciprocità (contrattualistica), ma è piuttosto quella della gratuità e della generosità; è, per dirla con Ricoeur, la logica della “festività dell’esistenza”» (G. Mura). A queste parole fa eco l’Evangelii Gaudium: «Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!» (n.210). c) Terzo criterio ermeneutico della politica; lo enuncio con le parole di papa Francesco: «il cristiano avvia processi non occupa spazi»; chi occupa spazi ama il potere, e avvia processi di corruzione (vedi i latitanti e alcuni dirigenti implicati nelle mazzette per Expò 2015); essi sono lupi famelici fuori dai criteri di legittimità giuridica e di ogni fede. Il pluralismo culturale, il primato del reale, il riconoscimento dell’altro fanno capire, dove vanno l’Europa e l’Italia, e dove noi vogliamo collocarci da cittadini Europei! anno IX n. 4 Aprile 2014 DIOCESANA Cosimo Vincenzo Morleo Il Corpo di Santa Lucia a Erchie D 10 al pomeriggio del 23 aprile al 2 maggio 2014 Erchie ha vissuto un grande avvenimento storico: il Corpo di Santa Lucia, gelosamente custodito a Venezia per 659 anni in un magnifico tempio sull’isola di San Giorgio e negli ultimi 151 anni nella chiesa dei Ss. Geremia e Lucia, ha sostato per dieci giorni nel Santuario di Erchie a lei dedicato. Il forte vento che soffiava il giorno dell’arrivo e la pioggia che costantemente è caduta sul paese come se accompagnasse le celebrazioni non hanno impedito che la Vergine e Martire di Siracusa fosse venerata e implorata da migliaia di devoti. Agli occhi del frettoloso e disattento viandante queste inclemenze atmosferiche son potute sembrare segno di contrarietà da parte della Santa. A mio parere, son sicuro invece, che il tutto sembra dovuto alla benevolenza che la Martire Siracusana da secoli nutre per il paese di Erchie. È come se, per rendere un migliore omaggio e offrire una degna accoglienza alla Martire il vento che ha imperversato nei primi due giorni abbia voluto spazzare quanto di peccaminoso e di grave spirasse su Erchie. A sua volta la pioggia caduta a fasi alterne nei successivi otto giorni, è servita a purificare l’aria qualora aleggiasse uno spirito non idoneo al grande evento. Sarebbe troppo lungo fare una cronistoria sottoforma diaristica di ogni momento che gli innumerevoli ercolani e pellegrini hanno vissuto dall’istante gioioso dell’arrivo e della preghiera, sino al triste e commovente distacco, non privo di qualche lacrima, del decimo giorno. File interminabili di devoti hanno atteso pazientemente per avvicinarsi alla fascinosa teca contenente l’esile corpo dell’angelica ragazza con il volto coperto da una maschera d’argento e il corpo avvolto in una tunica color porpora. Nel complesso si è trattato di un evento improntato in MemOria gran parte ala religiosità con la sosta, la visita, la preghiera e l’implorazione di grazie e la partecipazione alle liturgie eucaristiche. La prima, nella suggestiva piazza di Erchie e dedicata all’accoglienza del Corpo della Santa, è stata concelebrata da S.E. mons. Vincenzo Pisanello, Vescovo di Oria, mons. Orlando Barbaro, delegato dal Patriarca di Venezia, mons. Sebastiano Amenta, delegato dell’Arcivescovo di Siracusa, don Franco Candita, Rettore del Santuario di Santa Lucia, don Domenico Carenza, Arciprete della Chiesa Madre e molti altri Sacerdoti. Erano presenti anno IX n. 5 Maggio 2014 Foto di Oria.info DIOCESANA il Sindaco di Erchie Giuseppe Margheriti, il Prefetto di Brindisi Nicola Prete, l’assessore Silvana Gambuzza delegata dal Sindaco di Siracusa, la Giunta e alcuni membri del Consiglio comunale di Erchie, il presidente della BCC di Erchie Giovanni Carrozzo, il maresciallo Michele Bisazza comandante la stazione dell’Arma dei Carabinieri di Erchie e molte altre autorità civili e religiose. Nei giorni successivi le Messe sono state dedicate al Malato, al Disabile e all’Anziano; alle Confraternite; alle Forze Armate; alle Scolaresche e ai Giovani. Il Primo maggio festa di Santa Lucia, prima della solenne Processione con il corpo della Santa, alla quale hanno partecipato migliaia di fedeli, la Messa ancora una volta è stata celebrata da S.E. mons. Vincenzo Pisanello. La serata si è conclusa con l’esibizione delle bande Città di Conversano e di Erchie e con le mille luci di fantastici fuochi pirotecnici. Nei giorni in cui è stata effettuata l’Ostensione hanno avuto luogo altre manifestazioni. Molto significativa, e senza dubbio seconda solo alla venerazione del Sacro Corpo, è stata la riproposta della rappresentazione del dramma “Santa Lucia da Siracusa a Erchie” che, grazie al testo, alla bravura degli interpreti e dello staff tecnico, ha convogliato in piazza circa mille e cinquecento persone. È stata organizzata anche una fiaccolata per l’Adorazione Eucaristica definita Una luce nella notte; uno Sweet table sul Barocco e le vesti di Lucia, una Reading su Santa Lucia, MemOria un Musical sulla “Cena del Signore”, i Convegni su Santi, Beati e Testimoni e Santa Lucia: la vita come possibilità di scelta. Non sono mancate esternazioni civili come l’esibizione del Tenore Simone Ciccarese e del Soprano Rosanna Volpe all’arrivo del Corpo. Nelle serate successive i concerti dei cantanti Giuseppe Cionfoli e Davide Berardi, del coro polifonico “Alma Gaudia” e del Soprano Valeria Lombardi, dei gruppi Folk irlandese e Nuvole dal Messico e delle Estemporanee di pittura a cura di Pasquale Scarciglia e Laura Sammarco. Per l’instancabile ardore e perseveranza dimostrata un particolare e sentito ringraziamento imperituro va tributato agli artefici di questo grande evento: a S.E. mons. Vincenzo Pisanello, Vescovo di Oria, a Giuseppe Margheriti, Sindaco di Erchie e a tutte le personalità religiose, civili e militari che hanno partecipato e contribuito alla realizzazione dell’evento. Un grazie anche a tutti gli Ercolani e pellegrini che si sono prodigati notevolmente per tributare la giusta devozione religiosa e civile alla loro Protettrice Santa Lucia. anno IX n. 5 Maggio 2014 11 DIOCESANA a cura dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Vocazionale Grande Raduno Ministranti 2014 Una giornata indimenticabile. L 12 a pioggia intermittente e dispettosa di sabato 26 aprile u.s. non è riuscita a frenare l’entusiasmo degli oltre 300 ministranti, ragazzi e ragazze, per lo più bambini e adolescenti, provenienti da 23 parrocchie della Diocesi di Oria. Quasi tutti i comuni presenti: da Ceglie a Sava, da Villa Castelli ad Avetrana, da Latiano a Manduria, da Erchie ad Uggiano, senza dimenticare le più vicine Francavilla ed Oria. “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 15) il tema della giornata, attorno al quale si sono svolte le varie attività. I gruppi dei ministranti avevano già preparato per tempo le insegne per contraddistinguere il proprio gruppo e dei cartelloni che spiegassero con dei disegni il tema della giornata. Ad accoglierli in sala è stato il vescovo, mons. Vincenzo Pisanello, che – in partenza per Roma in occasione della canonizzazione di san Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II – non ha voluto allontanarsi da Oria senza prima incontrare i ministranti. “Quando domani vedrete in tv papa Francesco che proclamerà i nuovi santi, sappiate che ci sarete anche voi assieme a me” li ha assicurati, superando a fatica con la sua voce i tanti applausi e la gioia incontenibile dei giovani. L’equipe della pastorale vocazionale ha poi proposto una riflessione ed una attività legate al brano del vangelo di Marco scelto per la giornata e ai due papi che sarebbero stati proclamati santi l’indomani. A fine mattina una piccola apertura tra le nuvole ha regalato ai partecipanti qualche timido raggio di sole e la possibilità di recarsi – tra lo stupore e l’ammirazione dei passanti - con un’allegra e composta processione presso la chiesa di S. Francesco d’Assisi, per la S. Messa presieduta da d. Alessandro Mayer, responsabile diocesano della pastorale vocazionale e rettore del Seminario. Uno spettacolo i nostri ragazzi: festa, preghiera, partecipazione attiva, garbo e canto… sono state le caratteristiche di una celebrazione eucaristica che resterà certamente nel ricordo di ciascuno. Nel pomeriggio grande kermesse di giochi a squadre ed il tanto atteso “Mister X”, il quiz wi-fi con le domande sul vangelo e sulla vita dei nuovi papi santi. Al termine la preghiera di ringraziamento e la premiazione delle parrocchie che hanno guadagnato più punti durante la giornata. Al primo posto, senza ombra di dubbio, la commissione di valutazione ha premiato la parrocchia di S. Eligio in Francavilla Fontana con un’opera artistica di valore raffigurante Gesù in croce. Più difficile determinare il secondo e terzo posto, perché erano tante le parrocchie con un punteggio quasi equivalente. Alla fine: secondo anno IX n. 5 Maggio 2014 DIOCESANA posto per la parrocchia S. Giovanni Bosco di Manduria, premiata con un’icona dipinta a mano e terzo posto per quella di S. Giovanni Battista in Avetrana, premiata con una stampa raffigurante la Trinità di Rublev. Da parte dell’équipe dell’ufficio diocesano di pastorale vocazionale va ai ragazzi un meritatissimo GRAZIE per il prezioso servizio svolto durante l’anno nelle parrocchie, per aver regalato alla nostra diocesi un esempio di vita buona del Vangelo e per averci regalato una giornata indimenticabile. Voleva il Paradiso Alessio è un bambino di 10 anni dinamico, forte e intraprendente, alle volte forse per la troppa vivacità anche insopportabile. Una sfida per tutti quelli, che come me, passano la vita a cercare di stare con i bambini. Una sfida perché dall’alto della sua superba intelligenza è sempre pronto a metterti in difficoltà con una domanda, una proposta, un gioco. Starsene fermo e zitto per lui è una tortura, ama il gioco e il mettersi in primo piano. E forse questa è la sua caratteristica principale, il volerci essere. Dovunque e comunque. Voler essere partecipe alla commedia dialettale che ama fare sua nonna Concetta, voler imparare l’arte del mestiere agricolo del nonno, saper guidare la macchinina avuta per Natale, imparare bene la fisarmonica così magari potrà suonare alle festicciole estive che adora in campagna, voler servire la messa sull’altare. Ama la sua parrocchia fino a sacrificare tempo per se stesso. Attivo ministrante e cantore nel coro, le ha provate tutte per il gusto sempre di esserci, di essere un bambino attivo e vivace, come il Signore lo ha voluto creare. Un bambino che scoppia di vita, che vuole insegnarcela a tutti, la vita, quella che vale la pena godersi fino alla fine, proprio come ha voluto fare lui. Si, perché Alessio non c’è più. Se le voluto portare via un tardo pomeriggio di un venerdì triste di febbraio. Alessio soffriva di una malattia rarissima, ma al vederlo non lo avrebbe detto nessuno. Nessuno mai si sarebbe accorto che quel bambino, così vivo, camminasse con la morte, nessuno mai, conoscendolo, avrebbe immaginato un esito così. Eppure così è stato. A noi non resta che consolarci che adesso le sua breve, ma intensa vita ci sia stata da immenso esempio, di amore e sacrificio, perché Alessio era consapevole che sarebbe dovuto accadere prima o poi, ma dava coraggio a chi gli stava vicino. A me resta il ricordo costante della sua immagine viva, di lui che mi cercava per salutarmi, per dirmi io ci sono, sono vivo ed è quello che continuerà sempre a dirci. Ciao Alessio. MemOria Giuseppe Vitale dott. Pastrocchio 13 SPECIALE GMG Valentina Miano Gmg diocesana 2014: inno alla vita S 14 i è svolto anche quest’anno il consueto appuntamento con la GMG diocesana. Ad ospitare l’evento, il 12 aprile scorso, è stata la città di Avetrana, in provincia di Taranto. Giornata fantastica, ricca di emozioni intense, felicità e una voglia immensa di unire tanti giovani in un unico cuore, quello di Dio. La fede è gioia, condivisione, calore, amore ed energia: questo esprimevano gli occhi e i sorrisi di tutti. Spesso si incrociavano sguardi mai visti eppure era come se si appartenessero, come se avessero tanto in comune. Questa è la forza della fede: amalgamarci, incastrarci l’un l’altro pur nelle nostre diversità. L’amore di Dio si canta, si balla, si urla ma sempre con MemOria dolcezza e semplicità. L’amore di Dio si trasmette agli altri e si vive anche sul campo, non si esprime solo a parole. Questo è il senso che abbiamo voluto dare alla raccolta di viveri fatta porta a porta in quella giornata, con la collaborazione della Caritas diocesana. È meraviglioso pregare e riflettere con gente che ti accoglie in casa e ti ascolta, poi ti offre quello che può con gli occhi che brillano come i tuoi in quei momenti. Preziosissima e tenerissima la testimonianza di fede e di vita di Simona Atzori che con la sua presenza ci ha arricchito. Simona è una meravigliosa ballerina senza le braccia ma le sue gambe, il suo sorriso e il suo cuore esprimono tutta la sua forza e il suo carisma. Quando danza, vola. Simona ha un dono che si chiama disabilità. Ecco il suo segreto. Ecco perché ha il sole dentro, ecco perché ha una voglia infinita di regalare agli altri la sua leggerezza e profondità. Brillanti e ricche di amore anche le parole del nostro vescovo monsignor Vincenzo Pisanello che nel suo saluto finale ai ragazzi ha espresso tutta la sua gratitudine nei confronti della GMG come occasione di crescita umana e spirituale. Ha inoltre esortato i giovani a non perdere mai la loro freschezza e il loro entusiasmo nel testimoniare il Signore e la Sua grandezza perché è solo cosi che il messaggio di Dio può esprimersi e restare vivo nella sua pienezza. Abbiamo bisogno di giornate come la GMG perché vivere queste esperienze è come rinascere ogni volta. anno IX n. 5 Maggio 2014 SPECIALE GMG Maria Rosaria Gallo Alimentare la speranza “A voi giovani affido in modo particolare il compito di rimettere al centro della cultura umana la solidarietà.” Queste le parole di Papa Francesco dalle qualii ha preso vita l’importante evento promosso ed organizzato dall’Ufficio per la Pastorale giovanile della Diocesi di Oria, che si è realizzato ad Avetrana il 12 aprile 2014. Poiché solidarietà e carità erano le parole chiave, l’appuntamento della GMG che si tiene annualmente il giorno prima della Domenica delle Palme, quest’anno ha avuto come particolare attività la “raccolta alimentare porta a porta”, realizzata da circa 600 giovani giunti da diverse parrocchie della Diocesi di Oria. Ad essi è stato affidato il compito di “sporcarsi le mani” per una delle cause più giuste: la carità verso il prossimo! Valore aggiunto di questo evento è stata la collaborazione tra la Pastorale Giovanile e la Caritas Diocesana, sperimentata in maniera positiva per la prima volta nell’ambito di un’iniziativa del genere. Nelle prime ore del pomeriggio del 12 Aprile, mentre in piazza Vittorio Veneto iniziava l’accoglienza dei giovani con canti e danze, in un’altra piazzetta posta a pochi metri, l’equipe della Caritas Diocesana riceveva i 70 volontari delle 21 Caritas parrocchiali coinvolti in maniera attiva nell’iniziativa. Questi hanno preso parte alla raccolta alimentare posizionandosi nei 32 punti dislocati per le vie cittadine, ove giungevano i giovani con quanto riuscivano man mano a raccogliere. I beni collocati in tali postazioni venivano poi presi da altri volontari impegnati con 10 automezzi, pronti a scaricare quanto raccolto nella piazza centrale di Avetrana. Qui infatti, era posizionato il “camion Caritas” con gli addetti al carico merci. La capillare organizzazione e la distribuzione chiara dei compiti per ogni volontario, ha permesso la buona riuscita dell’iniziativa, oltre che la positiva collaborazione tra tutti “gli amici Caritas” coinvolti. MemOria La gara della solidarietà ha così portato i suoi frutti: circa 15 quintali gli alimenti raccolti “porta a porta”. La gente di Avetrana è stata oltremodo generosa, donando pasta, pelati, biscotti, zucchero, olio e altri beni alimentari che hanno riempito le sacche dei giovani presenti alla GMG diocesana e quindi il relativo camion posizionato in piazza, che a fine serata era colmo di beni alimentari, al massimo della portata. Quanto raccolto è stato poi integrato da altri beni acquistati dalla Caritas Diocesana, e quindi ridistribuito nei giorni seguenti alle 21 parrocchie che hanno preso parte all’iniziativa, al fine di sostenere le proprie mense e l’aiuto ai bisognosi nei loro territori. Il successo dell’iniziativa lo si trae in maniera evidente ed oggettiva dai numeri: circa 600 giovani coinvolti per le vie del paese accompagnati da 50 volontari delle due parrocchie di Avetrana, 15 volontari della Caritas Diocesana impegnati nell’organizzazione della giornata e nel coordinamento, 70 volontari di 21 Caritas parrocchiali, 15 quintali di alimenti raccolti. Le foto dell’evento sono disponibili sul sito www.caritasoria.it Oltre ai numeri, ciò che ci permette di valutare l’iniziativa come estremamente positiva, è l’esperienza umana vissuta. La collaborazione tra Servizio di Pastorale Giovanile e Caritas, tra tutti i volontari presenti e la solidarietà della gente ci hanno arricchito e riscaldato il cuore, alimentando in noi la speranza a proseguire il cammino del bene. anno IX n. 5 Maggio 2014 15 DIOCESANA a cura dell’Azione Cattolica diocesana Il coraggio dell’agire Rinnovato il Consiglio diocesano di Azione Cattolica per il triennio 2014-2017 I 16 l 22 aprile 2014 si è riunito per la prima volta il Consiglio diocesano di Azione Cattolica della Diocesi di Oria eletto per il triennio 2014-2017, presieduto da Corradino De Pascalis, nominato pochi giorni prima dal vescovo mons. Pisanello. Il nuovo Consiglio, in un clima di comprensibile emozione, molti dei componenti sono in quel consesso per la prima volta, ha salutato con gioia gli assistenti, a partire da don Franco Dinoi, assistente unico, e dagli assistenti di settore: don Francesco Sternativo per gli adulti, don Mimmo Sternativo per i giovani e don Angelo Micocci per l’ACR. Il neo Presidente, pur precisando che la brevità del tempo intercorso tra la nomina e l’insediamento del Consiglio non consente di tracciare compitamente linee programmatiche dell’associazione (la cui presentazione veniva rinviata a data successiva) ha tuttavia voluto trasmettere a tutti i consiglieri quanto comunicatogli dal Vescovo, ovvero la ferma volontà di rilanciare l’azione di AC diocesana e quindi di ogni singola AC parrocchiale, con particolare riferimento alla esigenza di uscire dagli ambiti tradizionali, per andare tra la gente e con la gente, per farsi appunto «azione», interpretando la volontà di papa Francesco e di tutta la Chiesa. Azione Cattolica deve recuperare il ruolo di portavoce del mondo cattolico, non solo con le parole ma con il coraggio dell’agire, del denunciare, del proporre: deve dunque accantonare l’accidia e assumere responsabilmente il ruolo sociale che le compete. Troppo spesso, in questi anni, per quieto vivere, per convenienza e per pudore, si è assistito ad un lento ripiegare dei cattolici nelle sagrestie e nei locali delle opere parrocchiali; i tempi oggi necessitano di un laicato nuovo, protagonista e corresponsabile con i sacerdoti nella presenza sociale, nelle idee e nelle azioni di una Chiesa che è del mondo perché è di Cristo! A distanza di qualche giorno, il 4 maggio, si è riunito nuovamente il Consiglio, stavolta alla presenza del Vescovo che ha voluto condividere con i consiglieri un momento di preghiera e di riflessione, sollecitando e incitando tutti a dare il meglio di se, per la chiesa e per AC diocesana, con spirito di collaborazione con tutte le associazioni laicali, MemOria ma anche con la consapevolezza che Azione Cattolica per storia e tradizione ha rappresentato sempre per tutta la Chiesa un punto di riferimento importante. Infine il Vescovo ha comunicato la nomina del nuovo Assistente unico nella persona di don Antonio Andriulo, ringraziando don Franco Dinoi per lo straordinario lavoro svolto in questi anni. Il Consiglio si associato ai ringraziamenti nei confronti di don Franco e ha espresso grande gioia per la nomina di don Antonio, sacerdote da sempre vicino alla Azione Cattolica, di cui è stato in passato educatore e dirigente. Il Consiglio nelle scorse adunanze ha provveduto a completare le cariche sociali. Per il triennio 2014-2017 pertanto, la composizione del Consiglio diocesano di Azione Cattolica è il seguente: don Antonio Andriulo, assistente unitario don Francesco Sternativo, assistente adulti don Mimmo Sternativo, assistente giovani don Angelo Micocci, assistente ACR Corradino De Pascalis, presidente unitario Domenica Venerito, amministratore Antonio Carriere, vicepresidente adulti Rita Martellotti, vicepresidente adulti Giuseppe Elia, vicepresidente giovani Elena Irene Palumbo, vicepresidente giovani Antonio Martina, responsabile ACR Elisa Cosma, viceresponsabile ACR Giuseppe d’Ambrosio, segretario MLAC Aurelia Decataldo, incaricata adesioni web Vito D’Errico, consigliere adulti Maria Serino, consigliere adulti Antonia Carucci, consigliere giovani Lucia Chiffi, consigliere giovani Antonio Meo, consigliere giovani Anna Rita Chiego, consigliere ACR Antonella Roma, consigliere ACR Eleonora Scarciglia, consigliere ACR anno IX n. 5 Maggio 2014 CULTURALE Ivan Cavaliere e Roberto Lonoce Vangelo, annuncio e testimonianza “Evangelii gaudium e formazione al presbiterato nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta” A volte, nella dinamica della Chiesa, i temi,i progetti e i “segni dei tempi” si rincorrono dando vita ad una catena i cui anelli sono unici per il loro specifico e completi per la “trama di fede” nella quale vengono inseriti. Un anno fa, in questo periodo, il Papa presiedeva in San Pietro la sua prima Messa Crismale da Vescovo di Roma; in questa occasione la sua omelia è stata una vera “lode liturgica” della figura del presbitero e nel contempo una scossa al suo ministero, apice di quell’omelia fu l’espressione: «Pastori con l’odore delle pecore». 21 Settembre 2013: nel Seminario Regionale di Molfetta viene inaugurato l’anno formativo, proprio con la traccia “Pastori che profumano di popolo”, a sfondo pastorale, mirata a sensibilizzare in chi è in discernimento la passione per il popolo, per il gregge di Dio, primo soggetto evangelizzatore e corpo evangelizzato. 24 Novembre 2013: Papa Francesco dona alla Chiesa l’esortazione post-sinodale “Evangelii gaudium”, a seguito del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. Superato il puro interesse per le parole che il Papa usa (un linguaggio semplice, chiaro non per questo ingenuo!), la meraviglia sorge grazie alla linea di continuità che si è colta tra l’omelia del Giovedì Santo e questa esortazione, tra il desiderio di Benedetto XVI di vedere una “Chiesa trasparente” e la voglia di Francesco di vivere una “Chiesa tra la gente”. Una continuità che si è vista e si è inserita anche nel cammino formativo del nostro Seminario Regionale. Espressioni come “Chiesa in uscita” non sono frasi che mirano a bastonare alcuni per acquistarsi simpatia di altri (sarebbe mortificante leggere così gli scritti di Papa Francesco!), ma arrivano alla nostra coscienza e quindi alla coscienza di tutti cristiani come monito a rendere il Vangelo annuncio e testimonianza al tempo stesso. “Nulla di nuovo sotto il sole” potrebbe MemOria dire un giovane seminarista in formazione! E potrebbe essere anche vero, se non fosse che la novità risiede in una “gerarchia di attenzioni” che la Chiesa si è sempre data rispetto all’uomo, al suo essere persona, alla sua anima, alle realtà che vive. Una gerarchia di attenzioni che, oltre a ribadire la chiarezza con la quale la Chiesa sostiene l’uomo in rapporto a Dio, invita a rimodellare la propria prassi su quella buona notizia annunciata una volta per tutte! (e il Papa nell’Evangelii gaudium di questo ne parla). Tra noi seminaristi è emersa l’attenzione al popolo, alla sua espressione e alle sue istanze senza correre il rischio, però, di non cogliere il cammino fatto e quello che c’è ancora da fare. L’Evangelii gaudium non piomba dall’alto come “regola d’oro” ma si inserisce, come un anello, in quella “trama di fede” che è propria della Chiesa. La ricchezza di un popolo è la sua storia e un futuro presbitero non può desiderare altro che farsi anello di quella storia con il presupposto chiaro che saremo gli ultimi ad arrivare in una comunità e i primi ad andare via da essa. Lungi da populismi e da forme di becera compiacenza, il Seminario di Molfetta si è chiesto in che modo i seminaristi, che da esso usciranno, saranno “amici dello sposo” a cui consegnare una Chiesa bella e forte del suo Credo. Il modo sarà la fedeltà a Dio, accompagnata dalla fedeltà all’uomo in uno sfondo di “carità pastorale” al passo con i tempi che la storia offre e nei quali il popolo di Dio intravede la grazia di Dio che plasma e vivifica. La gioia del Vangelo! Un programma di vita e una certezza: un andare incontro al “problema dell’uomo” che Dio redime, perfeziona e salva con la certezza che, prima di ogni nostro agire pastorale, è lo Spirito il protagonista di tutta l’Evangelizzazione, è lo Spirito che cammina avanti a noi, è lo Spirito che gonfia le vele della Chiesa perché dal porto navighi in mare aperto. anno IX n. 5 Maggio 2014 17 PILLOLE DI catechismo Alessandro Mayer Perché si deve credere ai preti e al papa? Non basta credere in Dio e in Gesù? H 18 o voluto lasciare la domanda così come mi è stata rivolta, senza cambiare niente, proprio perché il modo stesso con cui è posta ci rivela la logica ad essa sottesa e ci aiuta nella risposta. Alla persona che me l’ha posta verbalmente, potevo permettermi di rispondere in modo ironico e così ho semplicemente ribattuto, chiedendo a mia volta: “Perché “si deve” credere? Fa’ ciò che vuoi!”. Si capisce che la questione va oltre. La persona voleva dire che vive con difficoltà il rapporto con la struttura gerarchica della chiesa, pur sentendo forte l’attrattiva di un rapporto intimo con Dio che conosce attraverso la vita e le parole di Gesù. Spesso la fede, vissuta in un contesto religioso o devozionale sin da bambini - e quindi in stretto rapporto con le strutture e le tradizioni della chiesa cattolica - è percepita come un “dovere”, un obbligo, quantomeno una pratica da cui è meglio non allontanarsi, per non incappare in qualche guaio, in qualche sorta di punizione divina o in un’eventuale esclusione sociale. Allo stesso tempo, talvolta si avvertono le difficoltà di rapporto con qualche membro della propria comunità o addirittura con il prete; non si è pienamente d’accordo con alcuni pronunciamenti del papa o del magistero in genere, ma non si vuole compromettere il rapporto con Dio. Come risolvere allora l’impasse? Innanzi tutto riprendiamo il messaggio dell’ironia iniziale. Perché mai si “dovrebbe” credere? La fede non può mai essere un “dovere”. Essa è un atto spontaneo, parallelo e concomitante ad un rapporto interpersonale MemOria d’amore. Io ho fiducia, mi affido… come conseguenza di un rapporto di amore. Nessuno mi può obbligare a provare un sentimento! Semmai io “voglio” credere. In secondo luogo è importante dire che – secondo la dottrina cristiana – non siamo chiamati a credere al papa o ai preti tout-court. La nostra professione di fede non contiene un articolo in cui si chiede di credere ai preti. L’Antico testamento ci mette in guardia dal porre la nostra fiducia negli uomini. “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo” tuona l’oracolo del profeta Geremia (Ger 17, 5). Anche gli sforzi, spesso inascoltati, del profeta Isaia, soprattutto nei testi più antichi della tradizione, insistono proprio nella critica che il profeta rivolge al re e al popolo che cercano la loro stabilità nelle alleanze politiche, anziché riconoscere che la forza di Israele è sempre stata e continua ad essere la fedeltà a Dio (cf. Is 7). Nel Nuovo Testamento ci viene poi presentato Gesù nel suo esemplare rapporto di fiducia e unità con Dio Padre. E’ un rapporto di fede nel quale Egli desidera far entrare anche noi. La preghiera del Padre nostro che Gesù insegna ai discepoli, per esempio, non è tanto una nuova orazione, quanto più è il tentativo di inserire anche i discepoli in un rapporto di fiducia filiale con Dio. Così come Gesù può rivolgersi da Figlio al Padre, così anche noi possiamo in Lui rivolgerci allo stesso modo. E’ per questo che l’autore della Lettera agli Ebrei ci chiede di avere fisso lo sguardo su Gesù “autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2). Dopo la Pasqua poi Gesù stesso sarà anche l’oggetto della fede della chiesa primitiva che proclamerà con forza che egli è risorto ed è vivo. anno IX n. 5 Maggio 2014 PILLOLE DI catechismo Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica ci aiuta a purificare il nostro pensiero in questa direzione. Esso definisce la fede “risposta dell’uomo a Dio che rivela” (CCC 143). E nel n. 166 specifica che tale risposta è necessariamente “libera”. Esiste però un articolo del nostro credo, in cui affermiamo anche “Credo la Chiesa” (cf. DS 150, CCC 184). Esso si riferisce al progetto di Gesù di costituire la sua Chiesa (dal latino ecclesia, a sua volta dal verbo greco ek-kaléo = chiamare, e quindi “convocazione”), come comunità dei chiamati alla fede e alla comunione con lui e tra di loro. “La chiesa è il popolo che Dio raduna nel mondo intero” (cf. CCC 752), la comunità dei credenti che Gesù ha voluto come strumento della sua presenza nella storia. Ad essa i cristiani credono, perché sanno – come ci ricorda il Concilio Vaticano II - che “Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità” (LG 9). Ed attenzione: la Chiesa ha per capo Cristo! Ha per legge il comandamento dell’amore! Ha per missione di essere il sale della terra e la luce del mondo! Ha per fine il Regno di Dio! (Cf. CCC 782). All’interno di questo popolo di chiamati però esistono anche dei doni particolari che Dio elargisce, sempre per il bene comune e per far sì, per dirla in parole semplici, che questo strumento che Egli stesso si è inventato per il bene di tutti – la Chiesa – funzioni sempre meglio. Sono i cosiddetti “carismi”, i doni particolari dello Spirito, ai quali spesso corrispondono anche dei ministeri, dei “compiti”, sempre al servizio di tutti e per il fine ultimo che è il Regno di Dio. E’ il caso del ministero dei vescovi, considerati da sempre i successori degli apostoli. Essi hanno il carisma di servire e conservare la comunione, l’unità della Chiesa. L’unità è sempre e comunque un dono di Dio, ma Egli si serve anche di strumenti umani, come appunto quelle persone – i vescovi e poi i loro collaboratori - che hanno il compito di santificare i credenti, di insegnare loro e di dirigerli nella vita della fede e dell’amore. Per questo noi ascoltiamo il papa (capo del collegio dei vescovi) ed i nostri vescovi, coadiuvati dai presbiteri. Non “crediamo” in loro, nel senso che questo verbo ha in riferimento alla fede/fiducia che riponiamo in Dio e MemOria in Dio solo. Ma sappiamo che il loro compito è aiutarci a non deviare da ciò che noi stessi vogliamo fare: ascoltare la voce del Signore, lasciarci guidare dal suo Spirito e cercare ad ogni costo la comunione tra di noi. Si capisce che talvolta possiamo costruirci una fede troppo “a modo nostro”. Ed allora i richiami del papa o dell’autorità ecclesiastica in genere ci possono dare fastidio, perché vanno a toccare le corde più intime della nostra coscienza, lì dove talvolta non vogliamo essere disturbati. Oppure può succedere che alcune indicazioni che i nostri presbiteri ci danno, per preservare la comunione all’interno delle nostre comunità, ci creino qualche affanno, proprio perché la comunione costa sacrificio e spesso chiede delle rinunce. Tuttavia sforzarci di entrare per questa porta stretta è la via maestra che ci conduce ad una più profonda unità con Dio. Gesù stesso ha voluto che vivessimo il nostro rapporto con Dio in una forma comunitaria. Ricordiamo il suo stile di preghiera: “Padre nostro!”; ricordiamo la legge della chiesa, che è l’amore vicendevole (non ci si può amare se non si è almeno in due!). La fede cristiana – e quindi di conseguenza la vita dei credenti – pur richiedendo un assenso personale, è fondamentalmente ed essenzialmente comunitaria. E da qui l’esigenza anche di servirsi di quegli strumenti che Gesù stesso ha indicato per preservare questa comunione: i vescovi con a capo il Papa. E da qui anche la prudenza di diffidare di noi stessi ogni volta che incappiamo nella tentazione di prendere la via che appare più semplice e facile, quella di una fede troppo individualistica, che spesso diventa poi una fede troppo accondiscendente alle esigenze del momento. E’ per questo che “vogliamo” (e quindi in qualche modo anche “dobbiamo” per fedeltà alla nostra coscienza) ascoltare il papa e tutti coloro che Gesù ha posto al nostro fianco come guide, per credere sempre di più e meglio in Dio e fare la sua volontà. I grandi santi ci insegnano tanto. Essi hanno potuto raggiungere le più alte vette dell’unità con Dio ed il più alto servizio a tutti coloro che erano loro vicini, proprio grazie al grande impegno che hanno profuso nel conservare a tutti i costi l’unità della chiesa e la comunione, nell’ascolto e nell’obbedienza dei pastori che il grande, bello ed unico Pastore ha voluto come suoi strumenti. anno IX n. 5 Maggio 2014 19 PRO Agenda pastorale del Vescovo, maggio 2014 giovedì 1 maggio 2014 domenica 11 maggio 2014 ore 10.30 - Sava, parrocchia “Sacra Famiglia”: Cresime ore 10.30 - Avetrana, parrocchia “Sacro Cuore”: Cresime ore 17.00 - Erchie: santa Messa e processione nella Perdonanza di Santa Lucia ore 18.00 - Manduria, parrocchia “San Giovanni Bosco”: Cresime sabato 3 maggio 2014 lunedì 12 maggio 2014 ore 18.00 - Ceglie Messapica, parrocchia “San Rocco”: Cresime ore 18.00 - Francavilla Fontana, Basilica del Rosario: santa Messa nell’arrivo delle reliquie di San Giovanni Paolo II domenica 4 maggio 2014 ore 9.30 - Uggiano Montefusco, chiesa matrice “Maria Assunta in Cielo”: Cresime ore 11.00 - Oria, santuario dei Santi Medici: santa Messa e benedizione della statua di San Giovanni Paolo II ore 18.00 - Francavilla Fontana, parrocchia “San Lorenzo martire”: Cresime martedì 6 maggio 2014 sabato 17 maggio 2014 ore 10.30 - Torre Santa Susanna, Istituto scolastico comprensivo “G. Mazzini”: il Vescovo incontra gli studenti ore 18.00 - Manduria, parrocchia “San Michele Arcangelo”: Cresime domenica 18 maggio 2014 ore 10.30 - Oria, parrocchia “San Francesco d’Assisi”: Cresime ore 17.00 - Latiano, Collegiata “Santa Maria della Neve”: santa Messa nella festa della Madonna di Cotrino ore 18.30 - Francavilla Fontana, Basilica del Rosario: Cresime venerdì 9 maggio 2014 giovedì 22 maggio 2014 ore 19.00 - Oria, santuario dei Santi Medici: scuola di preghiera ore 9.00 - Oria, santuario dei Santi Medici: santa Messa nella Perdonanza dei Santi Medici sabato 10 maggio 2014 ore 18.00 - Manduria, parrocchia “San Michele Arcangelo”: Cresime ore 18.00 - Oria, Basilica Cattedrale: santa Messa Pontificale e processione nella Perdonanza dei Santi Medici PRO sabato 24 maggio 2014 COMPLEANNI ore 18.00 - Manduria, parrocchia “San Giovanni Bosco”: santa Messa nella festa della Madonna Ausiliatrice 3 maggio ✠ Mons. Vincenzo Pisanello 4 maggio Sac. Franco Candita domenica 25 maggio 2014 6 maggio ore 9.00 - Oria, santuario dei Santi Medici: santa Messa Mons. Franco Dinoi ore 10.30 - Latiano, parrocchia “San Giuseppe Lavoratore” (Santuario della Madonna di Cotrino): Cresime ore 18.30 - Francavilla Fontana, parrocchia “Immacolata”: Cresime 12 magigo Sac. Tommaso Prisciano 13 maggio Sac. Cosimo Sternativo 14 maggio Sac. Franco Ferretti 16 maggio mercoledì 28 maggio 2014 ore 18.30 - Oria, santuario dei Santi Medici: santa Messa all’arrivo del pellegrinaggio delle reliquie dei Santi Medici giunte dalla Basilica Cattedrale giovedì 29 maggio 2014 Sac. Domenico Carenza 20 maggio Sac. Francesco Sternativo 23 maggio Mons. Giuseppe Desantis Mons. Antonio De Stradis Sac. Umberto Pezzarossa 27 maggio ore 18.00 - Francavilla Fontana, parrocchia “Spirito Santo”: Cresime Sac. Dario De Stefano sabato 31 maggio 2014 ANNIVERSARI di ORDINAZIONE ore 19.00 - Maruggio, Chiesa matrice “Natività di Maria”: Cresime 2 maggio Don Paolo Manna XXVII 13 maggio Don Tommaso Pezzarossa XXX 22 maggio Don Alessandro Mayer XV IN...VERSI a cura di Francesco Sternativo ... Lino Curci 22 Poesia, montagna ripida, a te mi aggrappo per non cadere, sento nell’abisso come urlano i venti, la vita. Che condizione ho scelto, ho detto sì fin dalla prima azione. Abbraccio la parete con le mani invecchiate, con un’anima rotta. Ma in te continuo a credere che basti per salvarmi una parola. poesia inedita pubblicata da “La Fiera Letteraria” nel 1976 Il Comando (da “L’esule e il regno”) Concedimi, Signore, che il mio dolore non sia più disordine, che l’opera si compia: che il mio giorno non si concluda in tardo pentimento. E prevalga la mia storia segreta su ogni avvenimento e condizione, solo in essa tu parli e si rivela il tuo comando. Se un comando a ognuno tu dai, più forte d’ogni vano sogno, da eseguirsi finchè duri la vita, agli obbedienti promettesti un tempo in cui l’anima avrà la sua vendemmia. Tu consacra e distingui il mio cammino d’uno fra tanti, fa che non disperda ciò che mi hai dato e la ricchezza lieviti dal mio sudore. Nulla mi appartiene che da te non provenga: alla mia fonte fa che non resti in debito d’amore. E fa che non dimentichi quest’ordine, IN...VERSI questa certezza d’esser vivo, e degno sia di lottare e risalire in te, fisso al tuo volto invisibile, ardendo della tua voce chiara e silenziosa. “Chi manderò, chi andrà per me?”. Risposi, pronto sulla tua via, come risponde l’allodola al chiarore del suo cielo, l’onda alla luna, la sorgente al vento; come la valle modula in collina la sua bassura. E fa che non cancelli la tua immagine in me, fa che l’accresca, e fammi forza verso la mia altura. Il Dio Povero (da “Con tutto l’uomo”) Ecco l’orrenda strada degli ingorghi natalizi, l’urlo dei clacson dove si fa più aguzzo il quotidiano inferno; e il senso d’ogni nostra redenzione che si dissolve nella pioggia fredda. Per l’orgia dei regali l’età dei consumi divora se stessa, questa ridda delle larve ombrellifere al negozio illuminato che le ingoia, e il balzo del negoziante sulla preda. Dio, nato povero su questa terra, ricordi i doni così ricchi venuti di lontano, doni di re. La grotta, il viaggio, la stella; l’ultima povertà sulla paglia e lo strame. Dio di contraddizione, tra l’oro e l’incenso, l’asino e il bove, scoppiami dentro poichè sono giunto a maledire questi giorni. Scoppia nella dura testuggine di macchine imbottigliate sulle strade immobili; e in noi tutti coinvolti nel sistema a comprare e a venderci, Dio povero. Ho perduto l’infanzia e l’amore del domani, il mio presente è cieco tra passato e futuro. E ora devi veramente nascere tra l’asino e il bove, come ogni anno, una nascita spoglia per un cuore deserto. Devi nascere con noi nell’umore del tempo. Dirci che i ricchi doni a te indirizzati giustamente erano per un altro, per un re non conosciuto ancora. Con te dobbiamo ricominciare, e tu devi ritornare a crescere fino a scacciare i mercanti dal tempio. 23 Senza più scampo Gli alberi silenziosi Aspettando la pioggia mi dissero: pace. Sulla montagna grigia io non risposi nulla Poiché nulla era il tempo caduto nel crepuscolo. Non sfondo d’altri sogni né ritmo di pensieri. Solo una grande attesa immobile, qualcuno che stava per parlare nel silenzio del numero, del bosco allineato, la presente purezza di un eterna assemblea verso l’uomo più esposto nella selva degli uomini come se tutto fosse registrato senza più scampo. (poesia inedita pubblicata da “La fiera letteraria” nel 1976) Lino Curci nacque a Napoli il primo marzo del 1912. Dopo essersi laureato in giurisprudenza ed in scienze politiche, nel 1937 si trasferì a Roma, dove entrò a far parte del mondo giornalistico come redattore ed inviato speciale del quotidiano politico e letterario d’importanza nazionale “La Tribuna”. Durante la guerra fu corrispondente presso la flotta, e raccolse le sue esperienze nel bellissimo “L’equipaggio” del 1942, a cui presto seguì la sua prima raccolta di versi, “I Canti del Sud”. Nel 1943, Lino abbandonò il giornalismo militante per dedicarsi completamente alla poesia, che intendeva e praticava come un sacerdozio, una responsabilità totale, un impegno quotidiano rigoroso. Tuttavia, continuò a collaborare con molti quotidiani e periodici. Nel 1951, Lino pubblicò una seconda raccolta di versi, “Mi rifarò vivente”, nella quale la tensione spirituale della fede religiosa trovò esiti di straordinaria persuasione lirica, indicandolo come uno dei maggiori e più schietti poeti di voce cattolica della nuova generazione. Lino Curci morì improvvisamente a Roma il 26 dicembre del 1975. MemOria anno IX n. 4 Aprile 2014
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