Speciale GMG 2014 - Diocesi di Oria

ANNO IX
numero 5
Maggio 2014
distribuzione gratuita
mensile di informazione della Diocesi di Oria
MemOria
VOCE DEL VESCOVO
PROSPETTIVE
DIOCESANA
Sappi che Egli ti abbraccia
Comunicazione al servizio
di un’autentica cultura
dell’incontro
Il Corpo di Santa
Lucia a Erchie
1
Speciale GMG 2014
ANNO IX numero 5
Maggio 2014
mensile di informazione della Diocesi di Oria
MemOria
Sommario
Memoria
Mensile di informazione della Diocesi
di Oria - Periodico di informazione
Religiosa
Direttore editoriale:
✠ Vincenzo Pisanello
Direttore Responsabile:
Franco Dinoi
Redazione:
Gianni Caliandro
Franco Candita
Alessandro Mayer
Francesco Sternativo
Pierdamiano Mazza
VOCE del VESCOVO
Sappi che Egli ti abbraccia
3
PROSPETTIVE
Comunicazione al servizio di un’autentica
cultura dell’incontro
4
Votare per quale Europa?
6
DIOCESANA
Il Corpo di Santa Lucia a Erchie
Grande Raduno Ministranti 2014
Il coraggio dell’agire
10
12
16
In copertina:
Santuario di San Cosimo alla
Macchia in Oria
MEMORIA SPECIALE
Gmg diocesana 2014: inno alla vita
14
Progetto grafico
impaginazione:
Progettipercomunicare
Alimentare la speranza
15
EDIZIONI E COMUNICAZIONE
www.progettipercomunicare.it
CULTURALE
Vangelo, annuncio e testimonianza
Stampa:
ITALGRAFICA Edizioni
Oria (Br)
s.r.l.
Curia Diocesana:
Piazza Cattedrale, 9 - 72024 Oria
Tel 0831.845093
www.diocesidioria.it
e-mail: [email protected]
Registrazione al Tribunale di Brindisi
n° 16 del 7.12.2006
17
MEMORIA pillole di catechismo
Perché si deve credere ai preti e al papa?
Non basta credere in Dio e in Gesù?
18
PRO-MEMORIA
Agenda pastorale del Vescovo, maggio 2014
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IN... VERSI
facebook.com/memoria.diocesidioria
MemOria
... Lino Curci
22
anno IX n. 5 Maggio 2014
VOCE del VESCOVO
✠ Vincenzo Pisanello
Sappi che Egli ti abbraccia
C
aro Amico Pellegrino,
implorare da Dio una guarigione, una protezione:
sappi che Egli ti abbraccia, ti stringe a Sé perché
provo una grandissima gioia nel pensare
vede in te il Suo Figlio crocifisso che dona la vita
che sei giunto in questo Santuario di San Cosimo
per la salvezza del mondo. Forse sei qui perché
alla Macchia in Oria, e desidero accoglierti con
porti il peso del tuo peccato: ricorda che “il suo
le parole del grande papa Giovanni Paolo II, ora
amore è per sempre” (Sal 136). Il sacramento della
Santo intercessore: “Non abbiate paura! Aprite,
Riconciliazione ti attende, l’Eucarestia ti nutrirà e
anzi, spalancate le porte a Cristo!”.
la Parola t’incoraggerà. Condividi ciò che hai con
Si, mio caro Amico, non avere paura di spalancare le
chi è più bisognoso: cosi avrai aperto la tua vita a
porte del tuo cuore, della tua vita a Cristo. Lascialo
Cristo.
entrare, offrigli accoglienza, fallo riposare sul tuo
I Santi Medici, che sei venuto ad onorare, ti
cuore: ti accorgerai che un grande senso di pace
proteggano e ti sostengano per tutta la tua vita.
t’invaderà. Percepirai che la Sua presenza non è
Nel tuo cuore orante ci sia spazio per coloro che,
ingombrante, non reca fastidio; piuttosto rimuove
per motivi di salute, non possono venire in questo
gli ostacoli, offre la giusta luce ai tuoi occhi perché
Santuario e per coloro che sono lontani dalla fede,
tu possa vedere il mondo, e te stesso nel mondo,
perché la misericordia di Dio tocchi anche il loro
come lo vede Dio: con grande misericordia, con
cuore. Ti conforti la mia preghiera per te e la
immenso amore! Allora scoprirai di essere un figlio
benedizione del Signore che volentieri invoco su te
amato e, perciò, beato. Scoprirai che la tua vocazione
e i tuoi cari.
è amare: Dio, più di te stesso e il prossimo, come
te stesso. Forse sei qui per ringraziare il Signore
22 maggio 2014
per una grazia, un favore celeste che hai ricevuto:
è stata una carezza di Dio alla tua vita travagliata,
un incoraggiamento a continuare il tuo cammino
sapendo che Egli veglia su di te. Forse sei qui per
MemOria
messaggio del Vescovo ai pellegrini nel
Santuario di San Cosimo alla Macchia
anno IX n. 5 Maggio 2014
3
PROSPETTIVE DI
Pierdamiano Mazza*
Comunicazione al servizio
di un’autentica cultura
dell’incontro
Il Papa e la sfida appassionante della comunicazione.
I
4
mass media di tutto il mondo gli stanno addosso
ormai H24; papa Francesco buca lo schermo, il suo
italiano condito da un piccantino accento spagnolo
corre istantaneamente per il mondo, rappresentanti
istituzionali non possono fare a meno di strappargli un
selfie (come accaduto mentre salutava le delegazioni
diplomatiche lo scorso 27 aprile, al termine della santa
Messa in cui aveva canonizzato i suoi predecessori
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II), la Mondadori
nel suo resoconto intermedio di gestione sul primo
trimestre 2014 registra un sensibile miglioramento dei
guadagni anche grazie al lancio della rivista dedicatagli,
un nuovo tweet papale compare anche più volte al giorno
raggiungendo in una frazione di secondo milioni di
persone.
Insomma, potremmo dire che Bergoglio sa cosa sia
la comunicazione e come adoperarla e sembra più che
lapalissiana l’etichetta di “papa comunicatore” conferitagli
da Giacomo Galeazzi, vaticanista de La Stampa (Vatican
Insider, 11 marzo 2014); per questa volta però vogliamo
concentrare la nostra attenzione su un aspetto differente
dal solito che riguarda lo stile comunicativo e le capacità
trasmissive del Papa. Trovo utile dare un’occhiata al
messaggio che il Papa ha scritto e diffuso per la XLVIII
Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali prevista
per l’1 giugno 2014; il titolo non lascia spazio a equivoci
o velleità di singolari interpretazioni: comunicazione al
servizio di un’autentica cultura dell’incontro.
Poco più di 9mila battute quelle utilizzate da papa
Francesco per portare all’attenzione delle persone di
buona volontà una considerazione e una proposta. Il Papa
porge la sua considerazione fin dall’inizio, affermando:
«oggi viviamo in un mondo che sta diventando sempre più
MemOria
“piccolo” e dove, quindi, sembrerebbe essere facile farsi
prossimi gli uni agli altri», dove ad avvicinarci sono gli
sviluppi dei trasporti e delle tecnologie di comunicazione,
pur rimanendo nette e ben chiare le divisioni all’interno
del genere umano in cui è lampante una «scandalosa
distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più
poveri». Guardando alla vita di tutti i giorni è dunque
ovvio che l’uomo, sia nella sua individualità che nel suo
vivere in comunità non deve soccombere all’ingranaggio
di questa macchina: il Papa sottolinea come «l’ambiente
comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a
disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può
finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più
vicino». Vi sono dunque dei limiti che – se ben inquadrati
– fanno dei media sociali uno strumento utile che non va
affatto rifiutato. Al riguardo Antonio Spadaro, direttore
de “La Civiltà Cattolica”, in un’intervista pubblicata da
Radio Vaticana il 24 gennaio 2014, ha evidenziato: «La
cultura della comunicazione è in diretta collisione con la
cultura dello scarto, quindi della divisione, delle divisioni
di tipo economico, ideologico. La comunicazione - e
l’incontro - è al centro, è al cuore della visione bergogliana
della vita e della Chiesa».
Non dividersi dunque ma andarsi incontro. Le domande
sul “come” e sul “perché” sorgono spontanee e il Papa
stesso se ne fa portavoce: «Come allora la comunicazione
può essere a servizio di un’autentica cultura dell’incontro?
E per noi discepoli del Signore, che cosa significa
incontrare una persona secondo il Vangelo? Come è
possibile, nonostante tutti i nostri limiti e peccati, essere
veramente vicini gli uni agli altri?». Aggiungiamo noi:
l’incontro deve essere mezzo o fine? E la comunicazione
che ruolo ha in questa situazione? Papa Francesco
anno IX n. 5 Maggio 2014
PROSPETTIVE DI
inquadra la comunicazione in termini di prossimità e
chiarisce: «Potremmo tradurla così: come si manifesta la
“prossimità” nell’uso dei mezzi di comunicazione e nel
nuovo ambiente creato dalle tecnologie digitali? Trovo
una risposta nella parabola del buon samaritano, che è
anche una parabola del comunicatore. Chi comunica,
infatti, si fa prossimo. E il buon samaritano non solo
si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede
mezzo morto sul ciglio della strada. Gesù inverte la
prospettiva: non si tratta di riconoscere l’altro come un
mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro.
Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di
essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere
della comunicazione come prossimità».
Molto spesso la comunicazione è un mezzo per indurre
al consumo o alla manipolazione delle persone,
configurandosi – come suggerisce il Papa – quale una
«aggressione violenta come quella subita dall’uomo
percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada» in
cui «il levita e il sacerdote non vedono un loro prossimo,
ma un estraneo da cui era meglio tenersi a distanza».
Bisogna dunque stare attenti a non ignorare il prossimo
reale, perdendosi nelle strade “digitali” e in una comoda
propria astrazione, utile a guardarsi esclusivamente
MemOria
l’orticello di proprietà.
Aiuta in questo ovviamente il dialogo, principale e
più efficace ponte dell’incontro. Infatti, aggiunge papa
Francesco, «dialogare significa essere convinti che l’altro
abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo
punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa
rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa
che siano uniche ed assolute». La comunicazione stessa
non potrebbe esistere senza la struttura dialogica che
prevede la presenza di un mittente e di un destinatario,
parti che possono – anzi, devono – invertirsi in una
equilibrata alternanza.
Incontro, prossimità, dialogo. Tre pilastri per una buona
comunicazione interpersonale ma anche una saggia linea
guida per l’amplissimo universo dei media, la cui presenza
– divenuta ormai totalizzante nella quotidianità della
maggior parte di noi – deve concretizzarsi in un’ottica
di servizio espletato seguendo la bontà e la verità della
comunicazione.
*Direttore dell’Ufficio diocesano per le
Comunicazioni sociali e la Cultura
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PROSPETTIVE DI
Franco Candita
Votare per quale Europa?
I
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l 25 maggio si vota per eleggere i rappresentanti al
Parlamento Europeo. Per farlo con consapevolezza
dovremmo sapere: Chi è e che fa l’Europa per i
cittadini europei e italiani in particolare. Nonostante
il nome (UE) non credo che l’Europa sia in tutto e per
tutto sempre se stessa, perché, l’unione è molto labile
nei fatti, e manca quel tanto che la renda stabile, coesa,
efficiente. Il cittadino europeo si sente tradito dal sistema
della moneta unica su cui scarica le frustrazioni del
benessere evaporato. Il fatto è che si dovrebbe cominciare
a parlare, urgentemente, di una Europa politica, Patria
unica e confederata. Finché saremo un grande mercato,
favoriremo gli Stati più forti e i caimani della finanza.
Un’Europa senz’anima è sul Titanic, dove ognuno
suona la propria musica. L’Europa, mentre dettaglia la
lunghezza delle banane e la misura del cetriolo, perde la
visione olistica e complessiva dell’economia, fa disperare
il cittadino che manda tutti a quel paese. Ci vuole una
volontà politica nuova e una cultura politica diversa. Chi
sbraita e vuole meno Europa dovrebbe capire che forse
ci vuole più Europa, ma diversa, capace di controllare il
capitalismo, ma non a spese del welfare! Un’Europa non
alle dipendenze di Berlino.
Il cambio lira-euro iniziò svantaggioso per gli italiani;
poi, non fu imposto con sanzioni il mantenere il doppio
prezzo per almeno due anni visibile sui prodotti; ed
ora che si fa? Si torna indietro? Sul piano monetario,
14 personalità, giornalisti e docenti universitari, hanno
scritto: «le autorità pubbliche devono essere messe
nella condizione di poter riacquistare il controllo sul
MemOria
capitalismo finanziario globalizzato nel XXI secolo e di
regolamentarlo in maniera efficace. Un’unica valuta con
18 debiti pubblici diversi sui quali i mercati possono
speculare liberamente, e 18 sistemi fiscali e benefit in
competizione incontrollata tra di loro non funziona e
non funzionerà mai».
L’ideale di un’Europa unita s’impose perché nel ‘900
vivemmo una storia in cui fu alto, in vite umane, il
tributo pagato ai nazionalismi (prima guerra mondiale
1914) e al mito della razza superiore, della potenza delle
armi, del Mein Kampf, di hitleriana memoria, negazione
dell’umanesimo dell’Antica Grecia e del Rinascimento
Italiano ed europeo (seconda guerra mondiale 70
anni fa). È vero che evitiamo le guerre intraeuropee,
ma paghiamo un prezzo enorme e continueremo a
pagarlo, sempre più salato; a lungo andare neppure il
più forte si salverà. L’impoverimento è il prezzo ora
pagato all’Euro, per le situazioni sopra denunciate e per
l’irrinunciabile sovranità rivendicata dai singoli Stati,
da ogni amministrazione. Tanti gli Stati, tanti eserciti
ci sono in Europa, tanti gli acquisti di armi e aerei da
combattimento, tanti i debiti, le politiche economiche e
industriali, le sedi diplomatiche e le politiche estere. La
diplomazia è scassata; nella crisi dell’Ucraina: la Russia
si amplia, l’America minaccia, l’UE balbetta e non ha una
voce unica.
L’Italia, che ha contribuito alla nascita della UE, non
può ridursi di contare poco più del due di briscola. Essa
deve recuperare l’assenza di cultura politica, e di visione
giuridica ed etica egualitaria, di solidarietà che ci fa
essere, agli occhi degli altri europei,
precari nel diritto e nei doveri. Quante
condanne pendono e sono state
comminate dalla Corte di giustizia
europea nei confronti dell’Italia!
Condanne per la situazione delle
carceri, per i ritardi nel pagamento da
parte degli organi pubblici dei debiti
verso aziende e privati, condanne per
non aver introdotto il reato di tortura
nell’ordinamento giuridico, per la
lunghezza dei processi. Abbiamo il
anno IX n. 5 Maggio 2014
PROSPETTIVE DI
primato di condanne e sanzioni economiche.
L’Italia versa all’Europa (13 mld €) più di
quanto riceve (9 mld €), ma perde somme
ingenti perché non sa fare progetti, e perchè
spende male le somme assegnatele (le
intascano i corrotti e i corruttori).
1) Che ci guadagna l’Italia da questa
Europa? I comici vogliono sciogliere l’Italia
dal vincolo dall’Euro e tornare alla liretta,
pensando di salvare così l’economia, la
produzione e il lavoro nel nostro Paese; i
semicomici, colpevoli di sperperi e privilegi
di casta mai ridotti o aboliti, vogliono
svincolarsi dal pareggio di bilancio e da
tutto ciò che l’Europa, un pò matrigna a
dire il vero, ha preteso dal governo italiano;
i bulli vogliono battere i pugni sul tavolo,
come nei saloon dei film western, e rivedere
le trattative. L’Italia europea può ridiventare
forte, produttiva, creativa; deve saper dare spazio alla
formazione dei giovani, ampliare l’esperienza “Erasmus”,
deve far studiare all’estero gli studenti bravi e volenterosi,
deve sburocratizzare lo Stato, colpire il nepotismo nelle
Università e nei gangli statali, colpire la corruzione,
aumentare le eccellenze ospedaliere, promuovere le fonti
alternative energetiche. Per questo, e per altro ancora,
bisogna rimanere in Europa.
2) Bisogna rimanervi per attuare l’art. 9 della Costituzione
Italiana: «La Repubblica (cioè tutti noi) tutela (cioè
conserva nel tempo) il paesaggio (cioè l’ambiente in
cui viviamo) e il patrimonio storico e artistico (cioè le
cose belle che abbiamo costruito in quell’ambiente)
della nazione (cioè di tutti noi). Abbiamo scritto queste
cose perché in quel momento terribile [dopo la seconda
guerra mondiale] abbiamo capito che per ricostruire
una comunità è importante anche ricostruire i luoghi
che danno forma a quella comunità. L’abbiamo scritto
per non dimenticarcene» (T. Montanari). Purtroppo,
abbiamo dimenticato e disatteso. La cultura antropizza
il paesaggio e ne fa non la casa dell’uomo ma quasi un
partner, e all’uomo assegna la responsabilità dell’utilizzo
che assume carattere e impegno socio-politico e religioso.
Il bisogno dell’uomo di vivere in una natura non
snaturata si collega all’efficienza dell’ingegno (scienza e
tecnica), alla politica (del territorio) e alla religione, come
dovere etico di consegnare alle generazioni future una
natura non depredata e degradata. Questo dovere non è
solo politica ambientalista ma anche premessa al sistema
MemOria
“Lavoro”.
3) Il lavoro della terra, la coltura e la cultura hanno
bisogno di affermarsi e radicarsi nella legalità e nella
solidarietà in quest’Italia e in questa Europa dove ci
sono terre di frontiera, di periferia in cui si tengono in
soggezione e assoggettamento gli uomini e il loro lavoro,
condizionando commerci e guadagni. Ci vogliono paletti
fissati, ben più alti rispetto alla sociologia politica, che
facciano riferimento a criteri di dignità dell’uomo, di
rispetto del lavoro e della fatica e dei bisogni personali
e familiari che la dottrina sociale cristiana evidenzia in
modo chiaro e legittimo. È vero, fanno luce i piccoli rivoli,
le zone franche dove la lotta all’illegalità è contrastata; e
le terre sottratte ai malavitosi diventano oasi di lavoro
libero, di prodotti non avvelenati come altrove dai
sotterrati materiali inquinanti.
Bisogna far fiorire le cooperative giovanili, nelle
cui tenute agrarie si rispettano le leggi, si pagano i
raccoglitori secondo contratto e non si manomette la
terra con i veleni». L’Italia è a dimensione Europea se fa
interventi legislativi che sviluppano fiducia nella giustizia
e proteggono l’imprenditorialità antimafiosa. Quando
la legalità è salvaguardata, allora la politica, solida e
costruttiva, sa contrapporsi alle altre due dominanti:
quella che dal basso dà l’assalto alle Istituzioni e quella che
dall’alto vuol calare le innovazioni sul capo dei cittadini,
spesso a scapito dei medesimi, fomentando una motivata
antipolitica. Si pensi alla povertà di mezzi e metodi di
interpretazione della multiculturalità di alcuni partiti
europei e italiani. Si pensi alla dimensione del rifiuto a
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PROSPETTIVE DI
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priori o del disinteresse nei confronti dell’emigrazione,
confinandolo a problema italiano solo perché gli sbarchi
avvengono sulle coste Italiane. E ci sono già pericolosi
segnali di nazionalismi risorgenti, di razzismi duri, di
soppresse solidarietà in nome del “prima noi” (noi della
Padania, noi francesi, noi....).
4) Le prossime elezioni ci interpellano sul carattere
interpretativo dei bisogni: perché nasce la fame del pane
e dei diritti? La politica ricettaria (ora si cita C. Marx ora
A. Schmitt, ora il premio Nobel Stiglitz, critico con il FMI,
perché Wall Street «nazionalizza le perdite e privatizza
i guadagni», ora l’economista favorevole al rigore, ora il
politico di destra ora il politico di sinistra) fa perdere la
bussola, origina costellazioni di partitini monotematici.
L’interpretazione dei bisogni, “ermeneutica”, richiede
rigore intellettuale ed etico.
a) Un primo criterio interpretativo della politica lo
trovo nell’Evangelii Gaudium: «Esiste una tensione
bipolare tra l’idea e la realtà. La realtà semplicemente è,
l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo
costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla
realtà. È pericoloso vivere nel regno della sola parola,
dell’immagine, del sofisma. Da qui si desume che occorre
postulare un principio: la realtà è superiore all’idea.
Questo implica di evitare diverse forme di occultamento
della realtà: i purismi angelicati, i totalitarismi del
relativo, i nominalismi dichiarazionisti, i progetti più
formali che reali, i fondamentalismi antistorici, gli
eticismi senza bontà, gli intellettualismi senza saggezza”
(n. 231). «L’empirismo pastorale di papa Francesco,
integra le circostanze concrete nella comprensione
strutturata e fondamentale del Vangelo» (Mc Gavin); la
visione d’insieme e un sano empirismo eliminerebbero
dalla politica odierna ritardi, chiacchiere e spot twittati.
b) Un secondo criterio interpretativo lo formula papa
Francesco: «Sono convinto che: i grandi cambiamenti
della storia si sono realizzati quando la realtà è stata
vista non dal centro, ma dalla periferia. È una questione
ermeneutica: si comprende la realtà solamente se la si
guarda dalla periferia, e non se il nostro sguardo è posto
in un centro equidistante. Per capire la realtà, dobbiamo
spostarci dalla posizione centrale di calma e tranquillità e
dirigerci verso la zona periferica. Stare in periferia aiuta a
vedere e capire meglio, a fare un’analisi più corretta della
realtà rifuggendo dal centralismo e da approcci ideologici».
L’approccio a una politica deideologizzata è
indispensabile, scrive il filosofo P. Ricoeur; egli «ritiene
che per uscire dalla logica della violenza, del dominio
dell’uomo sull’uomo, dei conflitti armati tra gli stati, sia
necessario soprattutto uscire dalla concezione moderna
della politica, secondo cui solo il ‘contratto’ tra le parti
impedirebbe l’ ‘homo homini lupus’». Bisogna opporre
«coraggiosamente, alla logica hobbesiana, la logica
del “dono”, fondata sull’etica del “riconoscimento”, e
che non è solo quella dello scambio e della reciprocità
(contrattualistica), ma è piuttosto quella della gratuità e
della generosità; è, per dirla con Ricoeur, la logica della
“festività dell’esistenza”» (G. Mura).
A queste parole fa eco l’Evangelii Gaudium: «Come sono
belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano
i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo
fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, nel loro
disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano,
mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento
dell’altro!» (n.210).
c) Terzo criterio ermeneutico della
politica; lo enuncio con le parole di
papa Francesco: «il cristiano avvia
processi non occupa spazi»; chi occupa
spazi ama il potere, e avvia processi
di corruzione (vedi i latitanti e alcuni
dirigenti implicati nelle mazzette per
Expò 2015); essi sono lupi famelici
fuori dai criteri di legittimità giuridica
e di ogni fede.
Il pluralismo culturale, il primato del
reale, il riconoscimento dell’altro fanno
capire, dove vanno l’Europa e l’Italia,
e dove noi vogliamo collocarci da
cittadini Europei!
anno IX n. 4 Aprile 2014
DIOCESANA
Cosimo Vincenzo Morleo
Il Corpo di Santa Lucia a
Erchie
D
10
al pomeriggio del 23 aprile al 2 maggio 2014
Erchie ha vissuto un grande avvenimento
storico: il Corpo di Santa Lucia, gelosamente
custodito a Venezia per 659 anni in un magnifico tempio
sull’isola di San Giorgio e negli ultimi 151 anni nella
chiesa dei Ss. Geremia e Lucia, ha sostato per dieci giorni
nel Santuario di Erchie a lei dedicato.
Il forte vento che soffiava il giorno dell’arrivo e la
pioggia che costantemente è caduta sul paese come se
accompagnasse le celebrazioni non hanno impedito che
la Vergine e Martire di Siracusa fosse venerata e implorata
da migliaia di devoti.
Agli occhi del frettoloso e disattento viandante queste
inclemenze atmosferiche son potute sembrare segno di
contrarietà da parte della Santa. A mio parere, son sicuro
invece, che il tutto sembra dovuto alla benevolenza che la
Martire Siracusana da secoli nutre per il paese di Erchie.
È come se, per rendere un migliore omaggio e offrire
una degna accoglienza alla Martire il vento che ha
imperversato nei primi due giorni abbia voluto spazzare
quanto di peccaminoso e di grave spirasse su Erchie. A
sua volta la pioggia caduta a fasi alterne nei successivi
otto giorni, è servita a purificare l’aria qualora aleggiasse
uno spirito non idoneo al grande evento.
Sarebbe troppo lungo fare una cronistoria sottoforma
diaristica di ogni momento che gli innumerevoli ercolani
e pellegrini hanno vissuto dall’istante gioioso dell’arrivo e
della preghiera, sino al triste e commovente distacco, non
privo di qualche lacrima, del decimo giorno.
File interminabili di devoti hanno atteso pazientemente
per avvicinarsi alla fascinosa teca contenente l’esile corpo
dell’angelica ragazza con il volto coperto da una maschera
d’argento e il corpo avvolto in una tunica color porpora.
Nel complesso si è trattato di un evento improntato in
MemOria
gran parte ala religiosità con la sosta, la visita, la preghiera
e l’implorazione di grazie e la partecipazione alle liturgie
eucaristiche.
La prima, nella suggestiva piazza di Erchie e dedicata
all’accoglienza del Corpo della Santa, è stata concelebrata
da S.E. mons. Vincenzo Pisanello, Vescovo di Oria, mons.
Orlando Barbaro, delegato dal Patriarca di Venezia,
mons. Sebastiano Amenta, delegato dell’Arcivescovo di
Siracusa, don Franco Candita, Rettore del Santuario di
Santa Lucia, don Domenico Carenza, Arciprete della
Chiesa Madre e molti altri Sacerdoti. Erano presenti
anno IX n. 5 Maggio 2014
Foto di Oria.info
DIOCESANA
il Sindaco di Erchie Giuseppe Margheriti, il Prefetto
di Brindisi Nicola Prete, l’assessore Silvana Gambuzza
delegata dal Sindaco di Siracusa, la Giunta e alcuni
membri del Consiglio comunale di Erchie, il presidente
della BCC di Erchie Giovanni Carrozzo, il maresciallo
Michele Bisazza comandante la stazione dell’Arma
dei Carabinieri di Erchie e molte altre autorità civili e
religiose.
Nei giorni successivi le Messe sono state dedicate al
Malato, al Disabile e all’Anziano; alle Confraternite; alle
Forze Armate; alle Scolaresche e ai Giovani.
Il Primo maggio festa di Santa Lucia, prima della solenne
Processione con il corpo della Santa, alla quale hanno
partecipato migliaia di fedeli, la Messa ancora una volta
è stata celebrata da S.E. mons. Vincenzo Pisanello. La
serata si è conclusa con l’esibizione delle bande Città di
Conversano e di Erchie e con le mille luci di fantastici
fuochi pirotecnici.
Nei giorni in cui è stata effettuata l’Ostensione hanno
avuto luogo altre manifestazioni. Molto significativa,
e senza dubbio seconda solo alla venerazione del Sacro
Corpo, è stata la riproposta della rappresentazione del
dramma “Santa Lucia da
Siracusa a Erchie” che, grazie
al testo, alla bravura degli
interpreti e dello staff tecnico,
ha convogliato in piazza circa
mille e cinquecento persone.
È stata organizzata anche una
fiaccolata per l’Adorazione
Eucaristica definita Una luce
nella notte; uno Sweet table
sul Barocco e le vesti di Lucia,
una Reading su Santa Lucia,
MemOria
un Musical sulla “Cena del Signore”, i Convegni su Santi,
Beati e Testimoni e Santa Lucia: la vita come possibilità di
scelta.
Non sono mancate esternazioni civili come l’esibizione
del Tenore Simone Ciccarese e del Soprano Rosanna
Volpe all’arrivo del Corpo. Nelle serate successive i
concerti dei cantanti Giuseppe Cionfoli e Davide Berardi,
del coro polifonico “Alma Gaudia” e del Soprano Valeria
Lombardi, dei gruppi Folk irlandese e Nuvole dal Messico e
delle Estemporanee di pittura a cura di Pasquale Scarciglia
e Laura Sammarco.
Per l’instancabile ardore e perseveranza dimostrata
un particolare e sentito ringraziamento imperituro va
tributato agli artefici di questo grande evento: a S.E.
mons. Vincenzo Pisanello, Vescovo di Oria, a Giuseppe
Margheriti, Sindaco di Erchie e a tutte le personalità
religiose, civili e militari che hanno partecipato e
contribuito alla realizzazione dell’evento.
Un grazie anche a tutti gli Ercolani e pellegrini che si sono
prodigati notevolmente per tributare la giusta devozione
religiosa e civile alla loro Protettrice Santa Lucia.
anno IX n. 5 Maggio 2014
11
DIOCESANA
a cura dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Vocazionale
Grande Raduno Ministranti
2014
Una giornata indimenticabile.
L
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a pioggia intermittente e dispettosa di sabato 26
aprile u.s. non è riuscita a frenare l’entusiasmo
degli oltre 300 ministranti, ragazzi e ragazze, per lo
più bambini e adolescenti, provenienti da 23 parrocchie
della Diocesi di Oria. Quasi tutti i comuni presenti: da
Ceglie a Sava, da Villa Castelli ad Avetrana, da Latiano
a Manduria, da Erchie ad Uggiano, senza dimenticare le
più vicine Francavilla ed Oria.
“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni
creatura” (Mc 16, 15) il tema della giornata, attorno al
quale si sono svolte le varie attività.
I gruppi dei ministranti avevano già preparato per tempo
le insegne per contraddistinguere il proprio gruppo e dei
cartelloni che spiegassero con dei disegni il tema della
giornata.
Ad accoglierli in sala è stato il vescovo, mons. Vincenzo
Pisanello, che – in partenza per Roma in occasione della
canonizzazione di san Giovanni XXIII e san Giovanni
Paolo II – non ha voluto allontanarsi da Oria senza
prima incontrare i ministranti. “Quando domani vedrete
in tv papa Francesco che proclamerà i nuovi santi, sappiate
che ci sarete anche voi assieme a me” li ha assicurati,
superando a fatica con la sua voce i tanti applausi e la
gioia incontenibile dei giovani.
L’equipe della pastorale vocazionale ha poi proposto una
riflessione ed una attività legate al brano del vangelo di
Marco scelto per la giornata e ai due papi che sarebbero
stati proclamati santi l’indomani.
A fine mattina una piccola apertura tra le nuvole ha
regalato ai partecipanti qualche timido raggio di sole e la
possibilità di recarsi – tra lo stupore e l’ammirazione dei
passanti - con un’allegra e composta processione presso la
chiesa di S. Francesco d’Assisi, per la S. Messa presieduta
da d. Alessandro Mayer, responsabile diocesano della
pastorale vocazionale e rettore del Seminario.
Uno spettacolo i nostri ragazzi: festa, preghiera,
partecipazione attiva, garbo e canto… sono state le
caratteristiche di una celebrazione eucaristica che resterà
certamente nel ricordo di ciascuno.
Nel pomeriggio grande kermesse di giochi a squadre ed
il tanto atteso “Mister X”, il quiz wi-fi con le domande sul
vangelo e sulla vita dei nuovi papi santi.
Al termine la preghiera di ringraziamento e la
premiazione delle parrocchie che hanno guadagnato più
punti durante la giornata.
Al primo posto, senza ombra di dubbio, la commissione
di valutazione ha premiato la parrocchia di S. Eligio
in Francavilla Fontana con un’opera artistica di valore
raffigurante Gesù in croce. Più difficile determinare il
secondo e terzo posto, perché erano tante le parrocchie
con un punteggio quasi equivalente. Alla fine: secondo
anno IX n. 5 Maggio 2014
DIOCESANA
posto per la parrocchia S. Giovanni Bosco di Manduria,
premiata con un’icona dipinta a mano e terzo posto per
quella di S. Giovanni Battista in Avetrana, premiata con
una stampa raffigurante la Trinità di Rublev.
Da parte dell’équipe dell’ufficio diocesano di pastorale
vocazionale va ai ragazzi un meritatissimo GRAZIE
per il prezioso servizio svolto durante l’anno nelle
parrocchie, per aver regalato alla nostra diocesi un
esempio di vita buona del Vangelo e per averci regalato
una giornata indimenticabile.
Voleva il Paradiso
Alessio è un bambino di 10 anni dinamico, forte e
intraprendente, alle volte forse per la troppa vivacità anche
insopportabile. Una sfida per tutti quelli, che come me,
passano la vita a cercare di stare con i bambini. Una sfida
perché dall’alto della sua superba intelligenza è sempre pronto
a metterti in difficoltà con una domanda, una proposta, un
gioco. Starsene fermo e zitto per lui è una tortura, ama il
gioco e il mettersi in primo piano. E forse questa è la sua
caratteristica principale, il volerci essere. Dovunque e
comunque. Voler essere partecipe alla commedia dialettale
che ama fare sua nonna Concetta, voler imparare l’arte del
mestiere agricolo del nonno, saper guidare la macchinina
avuta per Natale, imparare bene la fisarmonica così magari
potrà suonare alle festicciole estive che adora in campagna,
voler servire la messa sull’altare. Ama la sua parrocchia fino
a sacrificare tempo per se stesso. Attivo ministrante e cantore
nel coro, le ha provate tutte per il gusto sempre di esserci,
di essere un bambino attivo e vivace, come il Signore lo ha
voluto creare. Un bambino che scoppia di vita, che vuole
insegnarcela a tutti, la vita, quella che vale la pena godersi fino
alla fine, proprio come ha voluto fare lui. Si, perché Alessio
non c’è più. Se le voluto portare via un tardo pomeriggio di
un venerdì triste di febbraio. Alessio soffriva di una malattia
rarissima, ma al vederlo non lo avrebbe detto nessuno.
Nessuno mai si sarebbe accorto che quel bambino, così
vivo, camminasse con la morte, nessuno mai, conoscendolo,
avrebbe immaginato un esito così. Eppure così è stato. A noi
non resta che consolarci che adesso le sua breve, ma intensa
vita ci sia stata da immenso esempio, di amore e sacrificio,
perché Alessio era consapevole che sarebbe dovuto accadere
prima o poi, ma dava coraggio a chi gli stava vicino. A me
resta il ricordo costante della sua immagine viva, di lui che
mi cercava per salutarmi, per dirmi io ci sono, sono vivo ed
è quello che continuerà sempre a dirci. Ciao Alessio.
MemOria
Giuseppe Vitale
dott. Pastrocchio
13
SPECIALE GMG
Valentina Miano
Gmg diocesana 2014: inno alla vita
S
14
i è svolto anche quest’anno il consueto
appuntamento con la GMG diocesana. Ad
ospitare l’evento, il 12 aprile scorso, è stata la città
di Avetrana, in provincia di Taranto.
Giornata fantastica, ricca di emozioni intense, felicità e
una voglia immensa di unire tanti giovani in un unico
cuore, quello di Dio. La fede è gioia, condivisione, calore,
amore ed energia: questo esprimevano gli occhi e i sorrisi
di tutti. Spesso si incrociavano sguardi mai visti eppure
era come se si appartenessero, come se avessero tanto
in comune. Questa è la forza della fede: amalgamarci,
incastrarci l’un l’altro pur nelle nostre diversità.
L’amore di Dio si canta, si balla, si urla ma sempre con
MemOria
dolcezza e semplicità. L’amore di Dio si trasmette agli altri
e si vive anche sul campo, non si esprime solo a parole.
Questo è il senso che abbiamo voluto dare alla raccolta
di viveri fatta porta a porta in quella giornata, con la
collaborazione della Caritas diocesana. È meraviglioso
pregare e riflettere con gente che ti accoglie in casa e
ti ascolta, poi ti offre quello che può con gli occhi che
brillano come i tuoi in quei momenti.
Preziosissima e tenerissima la testimonianza di fede e
di vita di Simona Atzori che con la sua presenza ci ha
arricchito. Simona è una meravigliosa ballerina senza
le braccia ma le sue gambe, il suo sorriso e il suo cuore
esprimono tutta la sua forza e il suo carisma. Quando
danza, vola. Simona ha un dono che si chiama disabilità.
Ecco il suo segreto. Ecco perché ha il sole dentro, ecco
perché ha una voglia infinita di regalare agli altri la sua
leggerezza e profondità.
Brillanti e ricche di amore anche le parole del nostro
vescovo monsignor Vincenzo Pisanello che nel suo saluto
finale ai ragazzi ha espresso tutta la sua gratitudine nei
confronti della GMG come occasione di crescita umana e
spirituale. Ha inoltre esortato i giovani a non perdere mai
la loro freschezza e il loro entusiasmo nel testimoniare
il Signore e la Sua grandezza perché è solo cosi che il
messaggio di Dio può esprimersi e restare vivo nella sua
pienezza.
Abbiamo bisogno di giornate come la GMG perché vivere
queste esperienze è come rinascere ogni volta.
anno IX n. 5 Maggio 2014
SPECIALE GMG
Maria Rosaria Gallo
Alimentare la speranza
“A
voi giovani affido in modo particolare il
compito di rimettere al centro della cultura
umana la solidarietà.”
Queste le parole di Papa Francesco dalle qualii ha preso
vita l’importante evento promosso ed organizzato
dall’Ufficio per la Pastorale giovanile della Diocesi di
Oria, che si è realizzato ad Avetrana il 12 aprile 2014.
Poiché solidarietà e carità erano le parole chiave,
l’appuntamento della GMG che si tiene annualmente il
giorno prima della Domenica delle Palme, quest’anno ha
avuto come particolare attività la “raccolta alimentare
porta a porta”, realizzata da circa 600 giovani giunti da
diverse parrocchie della Diocesi di Oria. Ad essi è stato
affidato il compito di “sporcarsi le mani” per una delle
cause più giuste: la carità verso il prossimo!
Valore aggiunto di questo evento è stata la collaborazione
tra la Pastorale Giovanile e la Caritas Diocesana,
sperimentata in maniera positiva per la prima volta
nell’ambito di un’iniziativa del genere.
Nelle prime ore del pomeriggio del 12 Aprile, mentre
in piazza Vittorio Veneto iniziava l’accoglienza dei
giovani con canti e danze, in un’altra piazzetta posta a
pochi metri, l’equipe della Caritas Diocesana riceveva
i 70 volontari delle 21 Caritas parrocchiali coinvolti in
maniera attiva nell’iniziativa. Questi hanno preso parte
alla raccolta alimentare posizionandosi nei 32 punti
dislocati per le vie cittadine, ove giungevano i giovani
con quanto riuscivano man mano a raccogliere.
I beni collocati in tali postazioni venivano poi presi
da altri volontari impegnati con 10 automezzi, pronti
a scaricare quanto raccolto nella piazza centrale di
Avetrana. Qui infatti, era posizionato il “camion
Caritas” con gli addetti al carico merci. La capillare
organizzazione e la distribuzione chiara dei compiti
per ogni volontario, ha permesso la buona riuscita
dell’iniziativa, oltre che la positiva collaborazione tra
tutti “gli amici Caritas” coinvolti.
MemOria
La gara della solidarietà ha così portato i suoi frutti: circa
15 quintali gli alimenti raccolti “porta a porta”. La gente
di Avetrana è stata oltremodo generosa, donando pasta,
pelati, biscotti, zucchero, olio e altri beni alimentari che
hanno riempito le sacche dei giovani presenti alla GMG
diocesana e quindi il relativo camion posizionato in
piazza, che a fine serata era colmo di beni alimentari, al
massimo della portata.
Quanto raccolto è stato poi integrato da altri beni
acquistati dalla Caritas Diocesana, e quindi ridistribuito
nei giorni seguenti alle 21 parrocchie che hanno preso
parte all’iniziativa, al fine di sostenere le proprie mense e
l’aiuto ai bisognosi nei loro territori.
Il successo dell’iniziativa lo si trae in maniera evidente
ed oggettiva dai numeri: circa 600 giovani coinvolti
per le vie del paese accompagnati da 50 volontari
delle due parrocchie di Avetrana, 15 volontari della
Caritas Diocesana impegnati nell’organizzazione della
giornata e nel coordinamento, 70 volontari di 21 Caritas
parrocchiali, 15 quintali di alimenti raccolti. Le foto
dell’evento sono disponibili sul sito www.caritasoria.it
Oltre ai numeri, ciò che ci permette di valutare l’iniziativa
come estremamente positiva, è l’esperienza umana
vissuta. La collaborazione tra Servizio di Pastorale
Giovanile e Caritas, tra tutti i volontari presenti e la
solidarietà della gente ci hanno arricchito e riscaldato
il cuore, alimentando in noi la speranza a proseguire il
cammino del bene.
anno IX n. 5 Maggio 2014
15
DIOCESANA
a cura dell’Azione Cattolica diocesana
Il coraggio dell’agire
Rinnovato il Consiglio diocesano di Azione Cattolica per il
triennio 2014-2017
I
16
l 22 aprile 2014 si è riunito per la prima volta il
Consiglio diocesano di Azione Cattolica della Diocesi
di Oria eletto per il triennio 2014-2017, presieduto da
Corradino De Pascalis, nominato pochi giorni prima dal
vescovo mons. Pisanello.
Il nuovo Consiglio, in un clima di comprensibile emozione,
molti dei componenti sono in quel consesso per la prima
volta, ha salutato con gioia gli assistenti, a partire da don
Franco Dinoi, assistente unico, e dagli assistenti di settore:
don Francesco Sternativo per gli adulti, don Mimmo
Sternativo per i giovani e don Angelo Micocci per l’ACR.
Il neo Presidente, pur precisando che la brevità del tempo
intercorso tra la nomina e l’insediamento del Consiglio non
consente di tracciare compitamente linee programmatiche
dell’associazione (la cui presentazione veniva rinviata
a data successiva) ha tuttavia voluto trasmettere a tutti i
consiglieri quanto comunicatogli dal Vescovo, ovvero
la ferma volontà di rilanciare l’azione di AC diocesana e
quindi di ogni singola AC parrocchiale, con particolare
riferimento alla esigenza di uscire dagli ambiti tradizionali,
per andare tra la gente e con la gente, per farsi appunto
«azione», interpretando la volontà di papa Francesco e di
tutta la Chiesa.
Azione Cattolica deve recuperare il ruolo di portavoce
del mondo cattolico, non solo con le parole ma con il
coraggio dell’agire, del denunciare, del proporre: deve
dunque accantonare l’accidia e assumere responsabilmente
il ruolo sociale che le compete. Troppo spesso, in questi
anni, per quieto vivere, per convenienza e per pudore, si è
assistito ad un lento ripiegare dei cattolici nelle sagrestie e
nei locali delle opere parrocchiali; i tempi oggi necessitano
di un laicato nuovo, protagonista e corresponsabile con i
sacerdoti nella presenza sociale, nelle idee e nelle azioni di
una Chiesa che è del mondo perché è di Cristo!
A distanza di qualche giorno, il 4 maggio, si è riunito
nuovamente il Consiglio, stavolta alla presenza del Vescovo
che ha voluto condividere con i consiglieri un momento di
preghiera e di riflessione, sollecitando e incitando tutti a
dare il meglio di se, per la chiesa e per AC diocesana, con
spirito di collaborazione con tutte le associazioni laicali,
MemOria
ma anche con la consapevolezza che Azione Cattolica per
storia e tradizione ha rappresentato sempre per tutta la
Chiesa un punto di riferimento importante.
Infine il Vescovo ha comunicato la nomina del nuovo
Assistente unico nella persona di don Antonio Andriulo,
ringraziando don Franco Dinoi per lo straordinario
lavoro svolto in questi anni. Il Consiglio si associato ai
ringraziamenti nei confronti di don Franco e ha espresso
grande gioia per la nomina di don Antonio, sacerdote
da sempre vicino alla Azione Cattolica, di cui è stato in
passato educatore e dirigente.
Il Consiglio nelle scorse adunanze ha provveduto a
completare le cariche sociali. Per il triennio 2014-2017
pertanto, la composizione del Consiglio diocesano di
Azione Cattolica è il seguente:
don Antonio Andriulo, assistente unitario
don Francesco Sternativo, assistente adulti
don Mimmo Sternativo, assistente giovani
don Angelo Micocci, assistente ACR
Corradino De Pascalis, presidente unitario
Domenica Venerito, amministratore
Antonio Carriere, vicepresidente adulti
Rita Martellotti, vicepresidente adulti
Giuseppe Elia, vicepresidente giovani
Elena Irene Palumbo, vicepresidente giovani
Antonio Martina, responsabile ACR
Elisa Cosma, viceresponsabile ACR
Giuseppe d’Ambrosio, segretario MLAC
Aurelia Decataldo, incaricata adesioni web
Vito D’Errico, consigliere adulti
Maria Serino, consigliere adulti
Antonia Carucci, consigliere giovani
Lucia Chiffi, consigliere giovani
Antonio Meo, consigliere giovani
Anna Rita Chiego, consigliere ACR
Antonella Roma, consigliere ACR
Eleonora Scarciglia, consigliere ACR
anno IX n. 5 Maggio 2014
CULTURALE
Ivan Cavaliere e Roberto Lonoce
Vangelo, annuncio e
testimonianza
“Evangelii gaudium e formazione al presbiterato nel Pontificio Seminario
Regionale di Molfetta”
A
volte, nella dinamica della Chiesa, i temi,i
progetti e i “segni dei tempi” si rincorrono
dando vita ad una catena i cui anelli sono
unici per il loro specifico e completi per la “trama
di fede” nella quale vengono inseriti. Un anno fa, in
questo periodo, il Papa presiedeva in San Pietro la sua
prima Messa Crismale da Vescovo di Roma; in questa
occasione la sua omelia è stata una vera “lode liturgica”
della figura del presbitero e nel contempo una scossa
al suo ministero, apice di quell’omelia fu l’espressione:
«Pastori con l’odore delle pecore». 21 Settembre 2013: nel
Seminario Regionale di Molfetta viene inaugurato l’anno
formativo, proprio con la traccia “Pastori che profumano
di popolo”, a sfondo pastorale, mirata a sensibilizzare
in chi è in discernimento la passione per il popolo,
per il gregge di Dio, primo soggetto evangelizzatore
e corpo evangelizzato. 24 Novembre 2013: Papa
Francesco dona alla Chiesa l’esortazione post-sinodale
“Evangelii gaudium”, a seguito del Sinodo sulla Nuova
Evangelizzazione. Superato il puro interesse per le parole
che il Papa usa (un linguaggio semplice, chiaro non per
questo ingenuo!), la meraviglia sorge grazie alla linea di
continuità che si è colta tra l’omelia del Giovedì Santo e
questa esortazione, tra il desiderio di Benedetto XVI di
vedere una “Chiesa trasparente” e la voglia di Francesco
di vivere una “Chiesa tra la gente”. Una continuità che si
è vista e si è inserita anche nel cammino formativo del
nostro Seminario Regionale. Espressioni come “Chiesa in
uscita” non sono frasi che mirano a bastonare alcuni per
acquistarsi simpatia di altri (sarebbe mortificante leggere
così gli scritti di Papa Francesco!), ma arrivano alla nostra
coscienza e quindi alla coscienza di tutti cristiani come
monito a rendere il Vangelo annuncio e testimonianza
al tempo stesso. “Nulla di nuovo sotto il sole” potrebbe
MemOria
dire un giovane seminarista in formazione! E potrebbe
essere anche vero, se non fosse che la novità risiede in
una “gerarchia di attenzioni” che la Chiesa si è sempre
data rispetto all’uomo, al suo essere persona, alla sua
anima, alle realtà che vive. Una gerarchia di attenzioni
che, oltre a ribadire la chiarezza con la quale la Chiesa
sostiene l’uomo in rapporto a Dio, invita a rimodellare
la propria prassi su quella buona notizia annunciata
una volta per tutte! (e il Papa nell’Evangelii gaudium di
questo ne parla). Tra noi seminaristi è emersa l’attenzione
al popolo, alla sua espressione e alle sue istanze senza
correre il rischio, però, di non cogliere il cammino fatto
e quello che c’è ancora da fare. L’Evangelii gaudium non
piomba dall’alto come “regola d’oro” ma si inserisce, come
un anello, in quella “trama di fede” che è propria della
Chiesa. La ricchezza di un popolo è la sua storia e un
futuro presbitero non può desiderare altro che farsi anello
di quella storia con il presupposto chiaro che saremo gli
ultimi ad arrivare in una comunità e i primi ad andare
via da essa. Lungi da populismi e da forme di becera
compiacenza, il Seminario di Molfetta si è chiesto in che
modo i seminaristi, che da esso usciranno, saranno “amici
dello sposo” a cui consegnare una Chiesa bella e forte del
suo Credo. Il modo sarà la fedeltà a Dio, accompagnata
dalla fedeltà all’uomo in uno sfondo di “carità pastorale”
al passo con i tempi che la storia offre e nei quali il popolo
di Dio intravede la grazia di Dio che plasma e vivifica. La
gioia del Vangelo! Un programma di vita e una certezza:
un andare incontro al “problema dell’uomo” che Dio
redime, perfeziona e salva con la certezza che, prima di
ogni nostro agire pastorale, è lo Spirito il protagonista di
tutta l’Evangelizzazione, è lo Spirito che cammina avanti
a noi, è lo Spirito che gonfia le vele della Chiesa perché
dal porto navighi in mare aperto.
anno IX n. 5 Maggio 2014
17
PILLOLE DI
catechismo
Alessandro Mayer
Perché si deve credere ai
preti e al papa?
Non basta credere in Dio e
in Gesù?
H
18
o voluto lasciare la domanda così come mi è
stata rivolta, senza cambiare niente, proprio
perché il modo stesso con cui è posta ci rivela la
logica ad essa sottesa e ci aiuta nella risposta.
Alla persona che me l’ha posta verbalmente, potevo
permettermi di rispondere in modo ironico e così ho
semplicemente ribattuto, chiedendo a mia volta: “Perché
“si deve” credere? Fa’ ciò che vuoi!”.
Si capisce che la questione va oltre. La persona voleva
dire che vive con difficoltà il rapporto con la struttura
gerarchica della chiesa, pur sentendo forte l’attrattiva di
un rapporto intimo con Dio che conosce attraverso la
vita e le parole di Gesù.
Spesso la fede, vissuta in un contesto religioso o
devozionale sin da bambini - e quindi in stretto rapporto
con le strutture e le tradizioni della chiesa cattolica - è
percepita come un “dovere”, un obbligo, quantomeno
una pratica da cui è meglio non allontanarsi, per non
incappare in qualche guaio, in qualche sorta di punizione
divina o in un’eventuale esclusione sociale. Allo stesso
tempo, talvolta si avvertono le difficoltà di rapporto con
qualche membro della propria comunità o addirittura
con il prete; non si è pienamente d’accordo con alcuni
pronunciamenti del papa o del magistero in genere, ma
non si vuole compromettere il rapporto con Dio.
Come risolvere allora l’impasse?
Innanzi tutto riprendiamo il messaggio dell’ironia
iniziale. Perché mai si “dovrebbe” credere? La fede non
può mai essere un “dovere”. Essa è un atto spontaneo,
parallelo e concomitante ad un rapporto interpersonale
MemOria
d’amore. Io ho fiducia, mi affido… come conseguenza
di un rapporto di amore. Nessuno mi può obbligare a
provare un sentimento! Semmai io “voglio” credere.
In secondo luogo è importante dire che – secondo la
dottrina cristiana – non siamo chiamati a credere al papa
o ai preti tout-court. La nostra professione di fede non
contiene un articolo in cui si chiede di credere ai preti.
L’Antico testamento ci mette in guardia dal porre la nostra
fiducia negli uomini. “Maledetto l’uomo che confida
nell’uomo” tuona l’oracolo del profeta Geremia (Ger 17,
5). Anche gli sforzi, spesso inascoltati, del profeta Isaia,
soprattutto nei testi più antichi della tradizione, insistono
proprio nella critica che il profeta rivolge al re e al popolo
che cercano la loro stabilità nelle alleanze politiche,
anziché riconoscere che la forza di Israele è sempre stata
e continua ad essere la fedeltà a Dio (cf. Is 7).
Nel Nuovo Testamento ci viene poi presentato Gesù
nel suo esemplare rapporto di fiducia e unità con Dio
Padre. E’ un rapporto di fede nel quale Egli desidera far
entrare anche noi. La preghiera del Padre nostro che
Gesù insegna ai discepoli, per esempio, non è tanto una
nuova orazione, quanto più è il tentativo di inserire anche
i discepoli in un rapporto di fiducia filiale con Dio. Così
come Gesù può rivolgersi da Figlio al Padre, così anche
noi possiamo in Lui rivolgerci allo stesso modo. E’ per
questo che l’autore della Lettera agli Ebrei ci chiede di
avere fisso lo sguardo su Gesù “autore e perfezionatore
della fede” (Eb 12, 2). Dopo la Pasqua poi Gesù stesso
sarà anche l’oggetto della fede della chiesa primitiva che
proclamerà con forza che egli è risorto ed è vivo.
anno IX n. 5 Maggio 2014
PILLOLE DI
catechismo
Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica ci aiuta a
purificare il nostro pensiero in questa direzione. Esso
definisce la fede “risposta dell’uomo a Dio che rivela”
(CCC 143). E nel n. 166 specifica che tale risposta è
necessariamente “libera”.
Esiste però un articolo del nostro credo, in cui affermiamo
anche “Credo la Chiesa” (cf. DS 150, CCC 184).
Esso si riferisce al progetto di Gesù di costituire la sua
Chiesa (dal latino ecclesia, a sua volta dal verbo greco
ek-kaléo = chiamare, e quindi “convocazione”), come
comunità dei chiamati alla fede e alla comunione con lui
e tra di loro. “La chiesa è il popolo che Dio raduna nel
mondo intero” (cf. CCC 752), la comunità dei credenti
che Gesù ha voluto come strumento della sua presenza
nella storia. Ad essa i cristiani credono, perché sanno –
come ci ricorda il Concilio Vaticano II - che “Dio volle
santificare e salvare gli uomini non individualmente e
senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un
popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse
nella santità” (LG 9). Ed attenzione: la Chiesa ha per capo
Cristo! Ha per legge il comandamento dell’amore! Ha per
missione di essere il sale della terra e la luce del mondo!
Ha per fine il Regno di Dio! (Cf. CCC 782).
All’interno di questo popolo di chiamati però esistono
anche dei doni particolari che Dio elargisce, sempre per
il bene comune e per far sì, per dirla in parole semplici,
che questo strumento che Egli stesso si è inventato per il
bene di tutti – la Chiesa – funzioni sempre meglio. Sono i
cosiddetti “carismi”, i doni particolari dello Spirito, ai quali
spesso corrispondono anche dei ministeri, dei “compiti”,
sempre al servizio di tutti e per il fine ultimo che è il Regno
di Dio. E’ il caso del ministero dei vescovi, considerati da
sempre i successori degli apostoli. Essi hanno il carisma
di servire e conservare la comunione, l’unità della Chiesa.
L’unità è sempre e comunque un dono di Dio, ma Egli
si serve anche di strumenti umani, come appunto quelle
persone – i vescovi e poi i loro collaboratori - che hanno
il compito di santificare i credenti, di insegnare loro e di
dirigerli nella vita della fede e dell’amore.
Per questo noi ascoltiamo il papa (capo del collegio dei
vescovi) ed i nostri vescovi, coadiuvati dai presbiteri.
Non “crediamo” in loro, nel senso che questo verbo ha
in riferimento alla fede/fiducia che riponiamo in Dio e
MemOria
in Dio solo. Ma sappiamo che il loro compito è aiutarci a
non deviare da ciò che noi stessi vogliamo fare: ascoltare
la voce del Signore, lasciarci guidare dal suo Spirito e
cercare ad ogni costo la comunione tra di noi.
Si capisce che talvolta possiamo costruirci una fede
troppo “a modo nostro”. Ed allora i richiami del papa
o dell’autorità ecclesiastica in genere ci possono dare
fastidio, perché vanno a toccare le corde più intime della
nostra coscienza, lì dove talvolta non vogliamo essere
disturbati. Oppure può succedere che alcune indicazioni
che i nostri presbiteri ci danno, per preservare la
comunione all’interno delle nostre comunità, ci creino
qualche affanno, proprio perché la comunione costa
sacrificio e spesso chiede delle rinunce. Tuttavia sforzarci
di entrare per questa porta stretta è la via maestra che
ci conduce ad una più profonda unità con Dio. Gesù
stesso ha voluto che vivessimo il nostro rapporto con
Dio in una forma comunitaria. Ricordiamo il suo stile
di preghiera: “Padre nostro!”; ricordiamo la legge
della chiesa, che è l’amore vicendevole (non ci si può
amare se non si è almeno in due!). La fede cristiana
– e quindi di conseguenza la vita dei credenti – pur
richiedendo un assenso personale, è fondamentalmente
ed essenzialmente comunitaria. E da qui l’esigenza anche
di servirsi di quegli strumenti che Gesù stesso ha indicato
per preservare questa comunione: i vescovi con a capo il
Papa. E da qui anche la prudenza di diffidare di noi stessi
ogni volta che incappiamo nella tentazione di prendere
la via che appare più semplice e facile, quella di una fede
troppo individualistica, che spesso diventa poi una fede
troppo accondiscendente alle esigenze del momento.
E’ per questo che “vogliamo” (e quindi in qualche modo
anche “dobbiamo” per fedeltà alla nostra coscienza)
ascoltare il papa e tutti coloro che Gesù ha posto al nostro
fianco come guide, per credere sempre di più e meglio in
Dio e fare la sua volontà.
I grandi santi ci insegnano tanto. Essi hanno potuto
raggiungere le più alte vette dell’unità con Dio ed il più alto
servizio a tutti coloro che erano loro vicini, proprio grazie
al grande impegno che hanno profuso nel conservare a
tutti i costi l’unità della chiesa e la comunione, nell’ascolto
e nell’obbedienza dei pastori che il grande, bello ed unico
Pastore ha voluto come suoi strumenti.
anno IX n. 5 Maggio 2014
19
PRO
Agenda pastorale del Vescovo, maggio 2014
giovedì 1 maggio 2014
domenica 11 maggio 2014
ore 10.30 - Sava, parrocchia “Sacra
Famiglia”: Cresime
ore 10.30 - Avetrana, parrocchia “Sacro
Cuore”: Cresime
ore 17.00 - Erchie: santa Messa e
processione nella Perdonanza di Santa
Lucia
ore 18.00 - Manduria, parrocchia “San
Giovanni Bosco”: Cresime
sabato 3 maggio 2014
lunedì 12 maggio 2014
ore 18.00 - Ceglie Messapica, parrocchia
“San Rocco”: Cresime
ore 18.00 - Francavilla Fontana, Basilica
del Rosario: santa Messa nell’arrivo delle
reliquie di San Giovanni Paolo II
domenica 4 maggio 2014
ore 9.30 - Uggiano Montefusco, chiesa
matrice “Maria Assunta in Cielo”:
Cresime
ore 11.00 - Oria, santuario dei Santi
Medici: santa Messa e benedizione della
statua di San Giovanni Paolo II
ore 18.00 - Francavilla Fontana,
parrocchia “San Lorenzo martire”:
Cresime
martedì 6 maggio 2014
sabato 17 maggio 2014
ore 10.30 - Torre Santa Susanna, Istituto
scolastico comprensivo “G. Mazzini”: il
Vescovo incontra gli studenti
ore 18.00 - Manduria, parrocchia “San
Michele Arcangelo”: Cresime
domenica 18 maggio 2014
ore 10.30 - Oria, parrocchia “San Francesco
d’Assisi”: Cresime
ore 17.00 - Latiano, Collegiata “Santa
Maria della Neve”: santa Messa nella
festa della Madonna di Cotrino
ore 18.30 - Francavilla Fontana, Basilica
del Rosario: Cresime
venerdì 9 maggio 2014
giovedì 22 maggio 2014
ore 19.00 - Oria, santuario dei Santi
Medici: scuola di preghiera
ore 9.00 - Oria, santuario dei Santi Medici:
santa Messa nella Perdonanza dei Santi
Medici
sabato 10 maggio 2014
ore 18.00 - Manduria, parrocchia “San
Michele Arcangelo”: Cresime
ore 18.00 - Oria, Basilica Cattedrale: santa
Messa Pontificale e processione nella
Perdonanza dei Santi Medici
PRO
sabato 24 maggio 2014
COMPLEANNI
ore 18.00 - Manduria, parrocchia “San
Giovanni Bosco”: santa Messa nella festa
della Madonna Ausiliatrice
3 maggio
✠ Mons. Vincenzo Pisanello
4 maggio
Sac. Franco Candita
domenica 25 maggio 2014
6 maggio
ore 9.00 - Oria, santuario dei Santi Medici:
santa Messa
Mons. Franco Dinoi
ore 10.30 - Latiano, parrocchia “San
Giuseppe Lavoratore” (Santuario della
Madonna di Cotrino): Cresime
ore 18.30 - Francavilla Fontana, parrocchia
“Immacolata”: Cresime
12 magigo
Sac. Tommaso Prisciano
13 maggio
Sac. Cosimo Sternativo
14 maggio
Sac. Franco Ferretti
16 maggio
mercoledì 28 maggio 2014
ore 18.30 - Oria, santuario dei Santi
Medici: santa Messa all’arrivo del
pellegrinaggio delle reliquie dei Santi
Medici giunte dalla Basilica Cattedrale
giovedì 29 maggio 2014
Sac. Domenico Carenza
20 maggio
Sac. Francesco Sternativo
23 maggio
Mons. Giuseppe Desantis
Mons. Antonio De Stradis
Sac. Umberto Pezzarossa
27 maggio
ore 18.00 - Francavilla Fontana, parrocchia
“Spirito Santo”: Cresime
Sac. Dario De Stefano
sabato 31 maggio 2014
ANNIVERSARI di ORDINAZIONE
ore 19.00 - Maruggio, Chiesa matrice
“Natività di Maria”: Cresime
2 maggio
Don Paolo Manna XXVII
13 maggio
Don Tommaso Pezzarossa XXX
22 maggio
Don Alessandro Mayer XV
IN...VERSI
a cura di Francesco Sternativo
... Lino Curci
22
Poesia, montagna ripida, a te mi aggrappo
per non cadere, sento nell’abisso
come urlano i venti, la vita.
Che condizione ho scelto,
ho detto sì fin dalla prima azione.
Abbraccio la parete
con le mani invecchiate,
con un’anima rotta.
Ma in te continuo a credere
che basti per salvarmi una parola.
poesia inedita pubblicata da “La Fiera Letteraria” nel 1976
Il Comando (da “L’esule e il regno”)
Concedimi, Signore,
che il mio dolore non sia più disordine,
che l’opera si compia: che il mio giorno
non si concluda in tardo pentimento.
E prevalga la mia storia segreta
su ogni avvenimento e condizione,
solo in essa tu parli e si rivela
il tuo comando. Se un comando a ognuno
tu dai, più forte d’ogni vano sogno,
da eseguirsi finchè duri la vita,
agli obbedienti promettesti un tempo
in cui l’anima avrà la sua vendemmia.
Tu consacra e distingui il mio cammino
d’uno fra tanti, fa che non disperda
ciò che mi hai dato e la ricchezza lieviti
dal mio sudore. Nulla mi appartiene
che da te non provenga: alla mia fonte
fa che non resti in debito d’amore.
E fa che non dimentichi quest’ordine,
IN...VERSI
questa certezza d’esser vivo, e degno
sia di lottare e risalire in te,
fisso al tuo volto invisibile, ardendo
della tua voce chiara e silenziosa.
“Chi manderò, chi andrà per me?”. Risposi,
pronto sulla tua via, come risponde
l’allodola al chiarore del suo cielo,
l’onda alla luna, la sorgente al vento;
come la valle modula in collina
la sua bassura. E fa che non cancelli
la tua immagine in me, fa che l’accresca,
e fammi forza verso la mia altura.
Il Dio Povero
(da “Con tutto l’uomo”)
Ecco l’orrenda strada
degli ingorghi natalizi, l’urlo
dei clacson dove si fa più aguzzo
il quotidiano inferno;
e il senso d’ogni nostra redenzione
che si dissolve nella pioggia fredda.
Per l’orgia dei regali l’età dei consumi
divora se stessa, questa ridda
delle larve ombrellifere al negozio
illuminato che le ingoia, e il balzo
del negoziante sulla preda.
Dio,
nato povero su questa terra, ricordi i doni così ricchi
venuti di lontano,
doni di re. La grotta, il viaggio, la stella;
l’ultima povertà sulla paglia e lo strame.
Dio di contraddizione, tra l’oro e l’incenso,
l’asino e il bove,
scoppiami dentro poichè sono giunto
a maledire questi giorni. Scoppia
nella dura testuggine di macchine
imbottigliate sulle strade immobili;
e in noi tutti coinvolti nel sistema
a comprare e a venderci, Dio povero.
Ho perduto l’infanzia e l’amore del domani,
il mio presente è cieco tra passato e futuro.
E ora devi veramente nascere
tra l’asino e il bove, come ogni anno,
una nascita spoglia per un cuore deserto.
Devi nascere con noi nell’umore del tempo.
Dirci che i ricchi doni
a te indirizzati giustamente
erano per un altro, per un re
non conosciuto ancora.
Con te dobbiamo ricominciare,
e tu devi ritornare a crescere
fino a scacciare i mercanti dal tempio.
23
Senza più scampo
Gli alberi silenziosi
Aspettando la pioggia mi dissero: pace.
Sulla montagna grigia io non risposi nulla
Poiché nulla era il tempo
caduto nel crepuscolo. Non sfondo d’altri sogni
né ritmo di pensieri. Solo una grande attesa
immobile, qualcuno che stava per parlare
nel silenzio del numero, del bosco allineato,
la presente purezza di un eterna assemblea
verso l’uomo più esposto nella selva degli uomini
come se tutto fosse registrato
senza più scampo.
(poesia inedita pubblicata da “La fiera letteraria” nel 1976)
Lino Curci nacque a Napoli il primo marzo del 1912. Dopo essersi laureato in giurisprudenza ed in scienze politiche, nel 1937 si
trasferì a Roma, dove entrò a far parte del mondo giornalistico come redattore ed inviato speciale del quotidiano politico e letterario
d’importanza nazionale “La Tribuna”. Durante la guerra fu corrispondente presso la flotta, e raccolse le sue esperienze nel bellissimo
“L’equipaggio” del 1942, a cui presto seguì la sua prima raccolta di versi, “I Canti del Sud”. Nel 1943, Lino abbandonò il giornalismo
militante per dedicarsi completamente alla poesia, che intendeva e praticava come un sacerdozio, una responsabilità totale, un
impegno quotidiano rigoroso. Tuttavia, continuò a collaborare con molti quotidiani e periodici.
Nel 1951, Lino pubblicò una seconda raccolta di versi, “Mi rifarò vivente”, nella quale la tensione spirituale della fede religiosa
trovò esiti di straordinaria persuasione lirica, indicandolo come uno dei maggiori e più schietti poeti di voce cattolica della nuova
generazione.
Lino Curci morì improvvisamente a Roma il 26 dicembre del 1975.
MemOria
anno IX n. 4 Aprile 2014