DIPENDENZE PATOLOGICHE: SI STA RIDUCENDO IL GAP TRA

COMUNICATO STAMPA
Torino, 27 giugno 2014
DIPENDENZE PATOLOGICHE: SI STA RIDUCENDO IL GAP TRA UOMINI E DONNE
Le donne sono complessivamente meno esposte al consumo di sostanze psicotrope illecite e alle
dipendenze tradizionali, così come manifestano meno frequentemente degli uomini, già
dall’adolescenza, comportamenti a rischio indotti dalla ricerca di emozioni forti. Questa
constatazione, però, tanto vera quanto generica, nasconde significativi elementi di complessità e
problematicità.
È quanto emerge da una ricerca svolta dal Dipartimento Patologia delle Dipendenze “C.
Olievenstein” dell’Asl To2 per conto della Commissione regionale per la realizzazione delle Pari
Opportunità tra uomo e donna, presentato questa mattina nel corso di una conferenza stampa.
In particolare dallo studio è emerso come i mercati, legali e non, di prodotti e servizi potenzialmente
additivi cerchino costantemente di diversificare i loro target, coinvolgendo fasce di popolazione, tra
cui le donne, mostratesi finora meno permeabili.
Inoltre, le trasformazioni sociali e culturali in corso, per cui la sempre maggiore partecipazione
delle donne alla vita sociale e lavorativa è ancora scarsamente accompagnata da un bilanciamento
dei ruoli familiari, determinano non una ridistribuzione, ma un accumulo sulle donne di
responsabilità, impegni e, presumibilmente, fattori stressanti.
Infine, esistono specifiche vulnerabilità delle donne, i cui comportamenti di addiction, per quanto
apparentemente meno frequenti, possono avere conseguenze più gravi, sia per loro stesse, sia per il
loro sistema di riferimento ristretto e allargato, sia per l’intera collettività.
Dato ancora più grave, rivelato da molti studi, è come il gap nelle prevalenze di consumo tra uomini
e donne si stia progressivamente riducendo, soprattutto per quanto riguarda le fasce giovanili e
alcune manifestazioni di abuso caratterizzate, per esempio, da ‘abbuffate’ contemporanee di più
sostanze.
Le differenze tra i generi si riducono ulteriormente se si considerano il consumo di sostanze legali e
i comportamenti non sanzionati dalla legge, come quelli riguardanti l’alcol, il gioco d’azzardo e gli
psicofarmaci.
Rispetto agli psicofarmaci, e in particolare ai gruppi degli ansiolitici e degli antidepressivi, nelle
donne si rilevano tassi di consumo superiori agli uomini ed è stato evidenziato come i consumi
giovanili e quelli senza prescrizione medica, o con dosaggi superiori a quelli prescritti, nel nostro
paese siano superiori a quelli registrati mediamente in Europa.
Se in futuro si allargherà, come sta avvenendo a livello internazionale lo spettro dei comportamenti
che possono configurarsi come dipendenza (cibo, acquisti, social network, ecc.), è probabile che la
presunta maggiore immunità delle donne dovrà essere profondamente ridiscussa.
Appare quindi urgente che le evidenze convergenti provenienti dalla letteratura e dall’esperienza
clinica assumano centralità nel dibattito scientifico e nella programmazione di servizi di cura che,
sul piano strutturale e organizzativo, hanno progressivamente differenziato i propri interventi per
tipologia di dipendenza (servizi di alcologia, per il cocainismo, per il gioco d’azzardo ecc.), per
fasce d’età (giovanissimi, adolescenti, adulti) e per fasi operative (prevenzione, riduzione dei rischi,
trattamento, reinserimento), ma che ancora non presentano significative differenziazioni rispetto
alla dimensione di genere.
Tale processo di evoluzione organizzativa, che non avvallerebbe soltanto le sempre più numerose
evidenze scientifiche, ma potrebbe accompagnare e stimolare un processo culturale in atto, potrà
essere collegato a programmi di collaborazione con i servizi sociali, i consultori, la medicina di
base, la salute mentale, diversi reparti ospedalieri, le scuole e molti altri livelli istituzionali.
Mara Anastasia
Ufficio Stampa della Giunta Regionale
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