Salute | c o n s e r v a z i o n e d e l l e c e l l u l e s t a m i n a l i Anche in Italia si conserva la Placenta Non gettare via una risorsa importante per il tuo bambino! Oltre alle cellule staminali del cordone ombelicale, è ora possibile conservare anche le cellule staminali che si trovano nella placenta: un’opportunità in più per l’eventuale cura di future malattie. L e cellule staminali sono i “generatori” del nostro organismo: sono le cellule che durante lo sviluppo del feto si differenziano nei tessuti del sangue, delle ossa, degli organi. Quando siamo adulti, risiede nelle cellule staminali la capacità del nostro corpo di guarire e rinnovare i tessuti, un processo che avviene costantemente durante tutta la vita. In caso di malattie e forti traumi, però, la riserva che ognuno di noi ha all’interno del proprio corpo (principalmente nel midollo osseo) non è più sufficiente, oppure la patologia riesce a danneggiare anche le staminali. Ecco perché si ricorre a un trapianto. Va da sé che avere “da parte” una scorta di cellule staminali da poter even- tualmente utilizzare al bisogno, sia uno degli obiettivi futuri della scienza medica. Questo negli ultimi anni è possibile conservando il sangue del cordone ombelicale e, scoperta ancor più recente, la placenta: materiali fino a poco tempo fa considerati come rifiuti biologici, da eliminare dopo il parto. Sangue cordonale e placenta: le differenze Quello che comunemente chiamiamo “trapianto di midollo”, regolarmente utilizzato per la cura di malattie legate al sangue (leucemie, anemie, neoplasie e non solo), è un trapianto di cellule staminali emopoietiche prelevate dal midollo osseo. è degli anni ‘80 la scoperta che il sangue Quanto “durano” le cellule staminali crioconservate? Il più lungo caso di crioconservazione di cellule staminali da sangue cordonale è di 23 anni e mezzo, sperimentato dal dottor Hal Broxmeyer in uno studio pubblicato sulla rivista di fama internazionale Blood nel 2011 (H.E. Broxmeyer, M.R. Lee, G. Hangoc et al., Hematopoietic stem/progenitor cells, generation of induced pluripotent stem cells, and isolation of endothelial progenitors from 21- to 23.5-year cryopreserved cord blood. Maggio 2011). Tuttavia non sono conosciute cause che facciano prevedere deterioramenti significativi delle cellule sottoposte a crioconservazione per periodi più lunghi. European Medicines Agency (EMEA) e US Food and Drugs Administration (FDA), le istituzioni che monitorano lo stoccaggio di materiale biologico a livello europeo e internazionale, non hanno pubblicato alcuna restrizione sull’utilizzo di cellule staminali conservate per periodi superiori. Inoltre in medicina sono state già utilizzate cellule umane, tra cui midollo spinale e sperma, congelate da diverse decine di anni. Il caso più lungo di conservazione e utilizzo con successo di cellule umane è di 50 anni. 22 n o v e m e s i cordonale sia ricco di cellule staminali della stessa tipologia. Oggi le due fonti sono considerate alternative, equivalenti, oppure sinergiche (utilizzate contemporaneamente), in base alla storia personale di ogni patologia. E proprio poche settimane fa il Ministero della Salute ha aggiunto la sindrome di Down e le immunodeficienze acquisite (tra queste l’AIDS) al lungo elenco di malattie per cui è auspicabile e gratuita la conservazione delle cellule staminali da sangue cordonale alla nascita (vedi box nella pagina accanto). La scoperta che anche la placenta contenga cellule staminali, invece, è più recente, e impressionanti sono i passi che sono stati fatti dalla medicina nell’ultimo decennio: una delle ultime sperimentazioni con cellule placentari ha guarito il cuore di un maialino colpito da infarto (vedi l’intervista a pag. 24). Le cellule staminali contenute nella placenta, infatti, sono prevalentemente di tipo mesenchimale e sono in grado di riparare un ampio numero di tessuti: da quelli cardiovascolari a quelli neuronali, a quelli delle ossa. Non esistono ancora terapie standard per la rigenerazione di organi e tessuti che utilizzino cellule staminali mesenchimali, ma i successi sugli animali, e sull’uomo in via sperimentale, sono numerosi. Grazie alle loro spiccate proprietà antinfiammatorie, inoltre, queste cellule sono già largamente utilizzate nell’uomo in coinfusione con le cellule emopoietiche, per contrastare il possibile rigetto in seguito a trapianto. Come e dove conservare •Cordone ombelicale In Italia, il sangue cordonale viene conservato dal Servizio Sanitario Nazionale ad esclusivo utilizzo del proprietario soltanto se nel feto sia già stata riscontrata una delle malattie per cui il trapianto di cellule staminali è utilizzato come terapia standard, oppure se è presente in famiglia un’ereditarietà stretta per tali patologie. Diversamente, è possibile donare il sangue cordonale in forma anonima, mettendolo a disposizione della collettività, oppure esportarlo all’estero per conservarlo in una banca privata, tenendolo a disposizione della propria famiglia. • Placenta Né la donazione, né la conservazione della placenta sono ancora previste dal Servizio Sanitario Nazionale e il solo modo per non sprecare questa risorsa è stoccarla in una banca estera. L’unica realtà che offre questo servizio alla mamme italiane, mettendo loro a disposizione un informatore medico che le incontra di persona in Italia, è l’azienda svizzera Genico. Ha sede ad Ascona, nel Canton Ticino, e da oltre dieci anni custodisce le cellule staminali del sangue cordonale dei bambini di tutta Europa, sotto l’occhio attento di un consiglio scientifico guidato dal professore di biologia molecolare Carlo Ventura, uno dei luminari della ricerca sulle staminali a livello internazionale. Il servizio di conservazione della placenta funziona esattamente come quello del sangue cordonale e le due cose, infatti, si possono combinare per conser- una volta ricevuto il kit, occorre conservarlo in un luogo fresco e asciutto, e consegnarlo al personale medico all’ingresso della sala parto. il kit è composto da una scatola termoisolata che contiene tutto il necessario per la raccolta e la spedizione dei campioni di sangue cordonale e di placenta in laboratorio (compresi pannetti refrigeranti e un data-logger attivo che segna la temperatura). vare sia le cellule staminali cordonali, che rigenerano il sangue, sia quelle placentari, che rigenerano i tessuti. Nelle settimane prima della nascita del bambino la famiglia riceve un kit, che consegnerà al personale della sala parto. A parto avvenuto, il sangue cordonale e la placenta vengono raccolti negli appositi contenitori sterili e il kit, opportunamente refrigerato, parte immediatamente per il laboratorio, dove sangue e placenta sono lavorati e congelati, per essere conservati in vapori di azoto ad una temperatura di -196 °C. Il preziosissimo kit che contiene il materiale raccolto in sala parto è seguito passo passo dal consulente Genico che si occupa della famiglia, in modo che giunga senza intoppi e nel più breve tempo possibile in laboratorio. Il consulente si occupa personalmente della verifica (corretta chiusura dei contenitori e confezionamento) e del ritiro del kit, che in meno di 48 ore, anche nei weekend, giunge a destinazione. L’accordo di conservazione iniziale è della durata di 30 anni a partire dalla nascita del bambino, con la possibilità che sia poi lui a rinnovarlo alla scadenza. è possibile prenotare la visita senza impegno di un informatore al numero verde 0041 840 888 555. Ulteriori Informazioni su www.genico.ch. opportunità di cura Il Ministero della Salute prevede la conservazione ad uso dedicato delle cellule staminali da sangue cordonale in banche pubbliche italiane nel caso sia riscontrata nel feto o tra i parenti stretti una delle patologie curabili attraverso un trapianto. Tra le principali indicazioni numerose leucemie, anemie e neoplasie, i linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin, le immunodeficienze combinate (SCID) e, aggiunte di recente perché le persone colpite hanno un rischio aumentato di sviluppare neoplasie, la sindrome di Down, la neurofibromatosi di Tipo I e le immunodeficienze acquisite (come la sindrome da HIV). L’elenco completo si trova nell’Allegato 1 al Decreto del 18 novembre 2009: Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato, aggiornato con il Decreto del 22 aprile 2014: Modifiche e integrazioni al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 18 novembre 2009. La stessa lista e le altre malattie riconosciute come curabili dalla comunità scientifica internazionale, sono visualizzabili nel sito genico.ch alla voce “approfondimenti - cellule staminali - opportunità di cura”. La ricerca sulle cellule staminali mesenchimali (sono di questa tipologia quelle della placenta), comprende invece trial clinici che riguardano il diabete, il morbo di Alzheimer, la sclerosi multipla, la sclerosi amiotrofica laterale, la rigenerazione del fegato e delle valvole cardiache. nove mesi 23 Salute | c o n s e r v a z i o n e d e l l e c e l l u l e s t a m i n a l i La Placenta una risorsa preziosa e “ancestrale” Che cosa rende così speciali le cellule staminali prelevate dalla placenta? Per approfondire l’argomento, abbiamo fatto una breve intervista al Professor Carlo Ventura, biologo molecolare e specialista in medicina rigenerativa. Quali sono i vantaggi delle cellule staminali della placenta? Prof. Carlo Ventura, MD, PhD, professore ordinario di Biologia Molecolare, della Scuola di Medicina dell’Università di Bologna; direttore di SWITH (Stem Wave Institute for Tissue Healing), Gruppo Villa Maria (GVM) - Ettore Sansavini Health Science Foundation ONLUS di Lugo (Ravenna) e direttore scientifico di Genico SA 24 N o v e M e s i La placenta umana a termine viene normalmente eliminata dopo il parto, ma rappresenta una fonte estremamente importante, rispetto al midollo osseo, di cellule staminali dotate di capacità differenziativa e proliferativa, che rilasciano molecole ad azione rigenerativa e antinfiammatoria. Le staminali della placenta sono più “ancestrali”, ossia più simili alle staminali embrionali per le loro capacità rigenerative di quanto non siano le cellule staminali isolate dal midollo osseo. Rispetto a queste ultime, inoltre, le staminali placentari non presentano problemi di invecchiamento e dopo il loro isolamento possono essere crioconservate (congelate) in apposite banche biologiche mantenendo inalterate le loro proprietà per lungo tempo al momento dello scongelamento. Le cellule staminali placentari, infine, sono particolarmente interessanti perché prive di problematiche etiche (provengono da quello che fino a oggi è stato considerato un rifiuto biologico) e perché per averle a disposizione non sono necessari interventi debilitanti per il donatore, come quello di prelievo del midollo osseo. A questo si aggiunge che sono generalmente ben tollerate anche a seguito di trapianto allogenico (donatore diverso dal ricevente). Diversi studi hanno infatti evidenziato come le staminali placentari siano caratterizzate da un rischio di rigetto estremamente basso o praticamente assente (potere immunomodulatorio). Per tale proprietà, queste cellule potrebbero essere anche utilizzate in futuro in un contesto di medicina rigenerativa su vasta scala. Tale strategia è sostenuta dalla possibilità di avere una vasta disponibilità di cellule attraverso un gesto relativamente semplice, come la conservazione e il bancaggio della placenta. Quando sarà possibile curare l’uomo con le staminali placentari? Ritengo realistico pensare che nei prossimi 5 anni si assisterà a molte importanti svolte positive per il trattamento nell’uomo di disturbi cardiovascolari, metabolici, e di patologie osteo-articolari di vario genere. È più difficile dire con precisione quando si potranno usare le cellule staminali mesenchimali per riparare tutti i tessuti sofferenti del nostro organismo, perché ogni tessuto, ogni danno di un tessuto e ogni individuo che ne soffre sono storie a sé. Se prendiamo in esame le patologie più complesse, come quelle cardio- e neuro-degenerative, o il diabete, siamo oggi in una fase analitica avanzata del problema, cioè stiamo “parlando” alle cellule staminali per capire come poter usare il loro potenziale terapeutico a fini rigenerativi. Fino a pochi anni fa si pensava che la riparazione del tessuto dipendesse dal fatto che le cellule staminali trapiantate si trasformassero in cellule nuove, sostituendo quelle danneggiate, l’evolvere degli studi ha portato a pensare che la riparazione avvenga perché le staminali trapiantate sono in grado di rilasciare nel tessuto che le riceve sostanze capaci di stimolare l’autoriparazione. Non più quindi la cellula staminale che si differenzia (trasforma), ma la cellula staminale come una sorta di “armadietto dei medicinali intelligente”: un laboratorio di produzione di molecole capaci di creare un ambiente chimico e fisico che guidi il recupero di un tessuto leso. Molti passi sono stati fatti in questo senso e, a giudicare dai risultati pubblicati sulle più prestigiose riviste Le staminali della placenta sono più simili alle staminali embrionali per le loro capacità rigenerative di quanto non siano le cellule staminali isolate dal midollo osseo internazionali, la mole di conoscenze che si stanno accumulando aumenta in modo esponenziale di mese in mese. Ad esempio, a seguito del trapianto di staminali umane isolate da varie fonti, inclusa la placenta a termine, stiamo ottenendo importanti fenomeni di riparazione di cuori danneggiati da infarto nel ratto e nel maiale. I risultati sono particolarmente rilevanti quando le cellule staminali vengono trattate ex vivo (in provetta), prima del trapianto, con molecole naturali o di sintesi, capaci di esaltarne il potenziale differenziativo e di produzione di sostanze utili a guidare, dopo il trapianto, quel processo di autoguarigione di cui parlavo prima. I risultati dello studio del professor Ventura sono pubblicati sulle prestigiose riviste “The Journal of Biological Chemistry” (C. Ventura et al., Hyaluronan mixed esters of butyric and retinoic Acid drive cardiac and endothelial fate in term placenta human mesenchymal stem cells and enhance cardiac repair in infarcted rat hearts. Maggio 2007) e “Cardiovascular Research” (A. Simioniuc et al., Placental stem cells pre-treated with a hyaluronan mixed ester of butyric and retinoic acid to cure infarcted pig hearts: a multimodal study. Giugno 2011). Che cosa ha dimostrato la sperimentazione eseguita dal suo team su un maialino infartuato? I nostri studi si sono concentrati sulle cellule staminali umane isolate da placenta a termine e sull’ottimizzazione del loro potenziale riparativo per mezzo di alcune molecole di sintesi da noi sviluppate: composti contenenti acido ialuronico, butirrico e retinoico (HBR). A seguito del trapianto di cellule staminali umane placentari pre-trattate in vitro con HBR in cuori di ratti o maiali infartuati, abbiamo dimostrato un recupero pressoché completo della funzione contrattile del cuore ed una riduzione molto significativa dell’area infartuale. I risultati ottenuti nel maiale sono particolarmente importanti, in quanto questo animale di grossa taglia, per la grande somiglianza della struttura, della funzione e della irrorazione del suo cuore col cuore umano, è ritenuto universalmente un modello ottimale per lo sviluppo di strategie di terapia cardiovascolare trasferibili all’uomo. Nove Mesi 25
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