N. 01 anno 2014 - CISL Università

TRIMESTRALE DI CULTURA E INFORMAZIONE SINDACALE DELLA FEDERAZIONE CISL UNIVERSITÀ
Anno XVIII - N. 1/2014
Gennaio - Marzo
Poste Italiane S.p.A.
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T RIMESTRALE DI C ULTURA
E I NFORMAZIONE S INDACALE
Anno XVIII - n. 1/2014
Gennaio - Marzo 2014
Direore
Antonio Marsilia
Direore responsabile
Marino Midena
Comitato di Direzione
Domenico Di Simone
Cinzia Pace - Gian Paolo Favo
Francesco De Simone Sorrentino
Segreteria di redazione
Olga Beffa
Direzione, Redazione, Amministrazione
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Agli iscrii al Sindacato Cisl Università
viene inviato gratuitamente
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V.le R. Margherita, 176 - 00198 Roma
Tel. 068553982 - Fax 068540512
Finito di stampare nel mese di marzo 2014
Sommario
Aspettando il nuovo (per il Paese)!
di Antonio Marsilia ...............................................................................
Tor Vergata: progetti e innovazione
intervista al Rettore Giusepe Novelli .................................................
Il lavoro ha bisogno di rappresentanza e di tutele
intervista a Paolo Mezzio .....................................................................
La semplificazione amministrativa: chimera o obiettivo
raggiungibile?
di Domenico Di Simone ............................................................
L’abilitazione? Un grande pasticcio!
di Francesco De Simone Sorrentino ....................................................
Con l’accordo al via nuove relazioni sindacali
di Marino Midena ..................................................................................
CNR: è allarme per l’inquinamento dell’aria negli ambienti
chiusi
di Rosanna Mabilia ................................................................................
Il telelavoro conquista di conciliazione
di Massimo Marra ..................................................................................
Con Mini-Imu, Tares è allarme tasse
intervista a Valeriano Canepari ...........................................................
L’ A R T E
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I N C O P E RT I N A
Sei un artista? Studi o lavori in una Accademia di Belle
Arti o in una Università? Mandaci l’immagine di un
tuo lavoro. Potrà essere la nostra prossima copertina.
In questo numero è riprodoa un’opera di
Luigi Di Santo, vincitore del concorso “Arte in Luce”
2013 promosso dalla Fondazione Roma Sapienza.
All’iniziativa possono partecipare anche
gli studenti universitari e AFAM
Luigi Di Santo, L’abbraccio, tecnica mista su tela,
40x60, 2013.
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Sindacato Università
EDITORIALE
Aspettando il nuovo
(per il Paese)!
di Antonio Marsilia - Segretario Generale Federazione CISL Università
Più nuovo non c’è. Il carattere di forte rottura rispetto al passato, in un contesto politico che chiedeva a gran voce segnali di discontinuità, dovrebbe far sperare che il Governo di Matteo Renzi,
insediatosi a febbraio, abbia lunga vita. Il malcontento generalizzato che ha caratterizzato la vivace
protesta nei confronti della classe politica del
Paese di questi ultimi anni, che ha dato vita ad
esempio al Movimento Cinque Stelle, ha trovato
nel nuovo Presidente del Consiglio un momento
di sintesi e speriamo di superamento. È necessario,
infatti, a prescindere da chi sia il premier di turno,
che il Paese trovi una sua stabilità.
L’Italia deve voltare pagina, deve fermare quel
processo di discesa che abbiamo ormai intrapreso
e che ci sta facendo perdere posizioni in Europa e
a livello internazionale. C’è quindi da augurarsi
che la tanto annunciata voglia di rottamare un
passato incapace di scelte diventi il punto di forza
del nuovo Governo.
A giudicare, però, più nel dettaglio il presunto
punto di svolta rappresentato dal “prima” e
“dopo” Renzi si sfuma e diventa più difficile da
demarcare. Sembra che il nuovo si fondi con il vecchio. Almeno andando sommariamente a valutare
i temi di maggiore rilievo, che sono emersi dagli
annunci programmatici del neopresidente, ovvero
la riforma del lavoro (il Job acts), il rilancio dei
consumi attraverso il cuneo fiscale e la centralità
della cultura nel rilancio del Paese.
Tre snodi che sicuramente trovano ampio consenso e sono stati anche i settori dove l’azione sindacale di questi mesi si è concentrata in maniera
particolare. Sul piano del lavoro non è un caso che
CGIL, CISL, UIL e Confindustria abbiano trovato
di recente la forza e l’intelligenza di concludere
unitariamente un Accordo sulla rappresentanza,
sui nuovi modelli contrattuali e sulla produttività
Antonio Marsilia
industriale anticipando l’ipotesi di un intervento
legislativo in materia. Con il Testo Unico sulla
Rappresentanza viene messo nero su bianco come
l’esigenza di rendere il Paese più affidabile ed anche più attrattivo per il capitale estero fosse una
delle priorità per la CISL. Il pacchetto lavoro ha
dettato prioritariamente la presenza sindacale anche su altri fronti. Nell’inverno scorso ci siamo
mobilitati e abbiamo scioperato per chiedere la
modifica della Legge di stabilità. E per cercare di
modificare la legge “finanziaria”, anzi, i tre sindacati principali hanno capito la necessità di trovare
un comune percorso sino a giungere alla convocazione di esecutivi unitari.
Per quanto riguarda il secondo punto è inutile ricordare, poi, che la battaglia per la redistribuzione
fiscale sia considerata dalla CISL come strategica
da sempre e resa ancora più urgente per il Paese
per l’obbligo morale di perseguire finalità di equità
sociale. In questo senso abbiamo sempre ritenuto
odioso il carico fiscale sul lavoro oltre che un errore
per l’effetto depressivo che porta in sè. Per questo
abbiamo chiesto di “liberare” il lavoro dalle tasse.
Sindacato Università
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Sulla centralità dell’università, infine, abbiamo
speso fiumi di parole per ribadire un concetto di
cui siamo profondamente convinti ovvero l’idea
che la conoscenza e la cultura debbano diventare
il motore per un nuovo sviluppo sociale ed economico del Paese. Se vogliamo uscire dalla crisi attuale dobbiamo prendere finalmente coscienza
che l’unica via possibile da percorrere è quella
della formazione e dell’innovazione.
Condividiamo, quindi, perfettamente con la
Renzi-ricetta. Ma dopo gli annunci, ai primi interventi le posizioni iniziano a distanziarsi e il
“nuovo” inizia a sembrare simile al vecchio.
Il Job Act, ad esempio. Annunciato per la prima
volta l’8 gennaio da Matteo Renzi, è stato presentato (e approvato) nella sua prima parte dal Consiglio dei Ministri lo scorso 12 marzo. Nella stessa
occasione è stato approvato anche un decreto per
il rilancio dell’occupazione.
Uno dei primi punti del provvedimento prevede
l’innalzamento da 12 a 36 mesi della durata dei
contratti a tempo determinato senza causale. Si triplica quindi il periodo di durata di un contratto
che non prevede l’indicazione dello scopo dell’assunzione e che può quindi consentire un utilizzo
diversificato del lavoratore nel tempo. Per quanto
riguarda la fase d’ingresso al lavoro, poi, per assumere nuovi apprendisti (al 35% dello stipendio)
non sarà obbligatorio confermare i precedenti. Ad
una prima lettura, pur comprendendo l’esigenza
di garantire all’impresa un’ampia sfera d’azione e
di manovra, l’insieme delle misure individuate
non possono non leggersi come un aumento della
precarizzazione. Si rischia di avere reso ancora
più incerto il futuro dei giovani. Il modello del
mercato del lavoro che viene così proposto si inserisce nella direzione già intrapresa dagli ultimi
governi. Anche di quelli che a posteriori hanno
raccolto un giudizio negativo da tutte le parti politiche. Nulla di nuovo, quindi.
Per quanto riguarda, poi, il reperimento delle risorse il ritorno al “vecchio” è ancora più evidente.
È perfettamente condivisibile l’idea di trovare le risorse tagliando le spese inefficienti, eliminando le
ruberie e tramite una seria lotta all’evasione. Ma il
consenso sparisce quando queste sacche degli
sperperi vengono, senza grandi sforzi, individuate
principalmente e forse unicamente nel settore
pubblico. Non c’è dubbio che molto si possa e si
debba fare per ridare efficienza al settore, ma troviamo erroneo non allargare l’indagine ad una
prospettiva più ampia. La politica dei tagli lineari
per comparti è l’espressione, riteniamo, di un ap6
Sindacato Università
proccio totalmente sbagliato. Colpevole è poi continuare a indicare, dopo 10 anni di sostanziale
blocco delle assunzioni, 6 anni di stop alla contrattazione e una riduzione del potere di acquisto del
10% nei soli ultimi cinque anni, i dipendenti pubblici come il male da estirpare e mai come una risorsa da valorizzare.
La spending review del Commissario straordinario Carlo Cottarelli deve davvero ridursi al numero di quanti lavoratori della pubblica amministrazione mettere in mobilità o da pensionare? Di
quante pensioni di reversibilità ridurre o di quanto
sfoltire gli assegni di invalidità? La sensazione è
che per l’ennesima volta si è guardato al solito
posto per raschiare il barile. Non c’è stato il coraggio di colpire le pensioni e gli stipendi d’oro, per
combattere con forza l’evasione e l’elusione fiscale.
Eppure su quanto sia sbilanciato il nostro Paese
l’ultimo rapporto OCSE parla chiaro: con la crisi il
10% più svantaggiato della popolazione ha avuto
una flessione del 12%, il 10% più ricco ha sofferto
perdite di solo il 2%“. L’Italia è uno dei Paesi che
favorisce maggiormente la popolazione con reddito maggiore, rispetto a quella con reddito basso.
Crediamo che il governo Renzi debba cogliere
l’opportunità di avviare profonde riforme. Tra
queste, in particolare, quella dell’assetto istituzionale crediamo sia di basilare importanza. È infatti
fondamentale oggi riformulare compiti e articolazioni di Stato, Regioni ed Enti locali, società
partecipate e controllate. Solo con la visione di
una più ampia azione riformatrice si possono
operare interventi riparatori mirati, altrimenti si
rischia di creare più danni che benefici o più
semplicemente una spalmatura dei risparmi. Solo
in un contesto di riorganizzazione generale si
può affrontare una organica analisi dei fabbisogni e giungere quindi all’abbattimento dei costi,
ottenendo un risultato di revisione strutturale
della spesa.
Ora, per una prima valutazione dell’operato del
nuovo esecutivo, occorrerà verificare se nelle buste
paga di maggio dei lavoratori ci saranno i soldi
promessi. Al di là degli importi assume importanza il segnale di fiducia che verrebbe dato al
Paese. La sfiducia, infatti, è l’epidemia che si sta
diffondendo nel Paese dove un giovane su 5 non
è né occupato, né cerca lavoro
È stato sicuramente importante che nelle dichiarazioni programmatiche Renzi abbia indicato scuola
e università come priorità ma al di là delle medaglie oggi serve la capacità d’investire nel settore
della cultura.
U N I V E R S I TÀ
Tor Vergata: progetti e
innovazione
Intervista al Reore Giuseppe Novelli dell’Università di Tor Vergata - a cura di Marino Midena
Con 40.000 studenti, 1500 docenti, 1000 tecnici e
amministrativi Tor Vergata è un’Università che
strizza l’occhio all’estero, all’ambiente, all’industria e alla tecnologia. Progettato sul modello dei
campus universitari anglosassoni, l’ateneo romano ha iniziato l’attività didattica nel 1982 e occupa un’estensione territoriale di circa 600 ettari.
Tor Vergata si presenta, quindi, come un centro
del sapere pronto a valorizzare le sue eccellenze
e a lanciare progetti nuovi. A quasi sei mesi dalla
sua elezione abbiamo chiesto al Rettore Giuseppe
Novelli di tracciare un primo bilancio.
“In questo periodo iniziale uno dei primi snodi
su cui siamo intervenuti è quello di assicurare al
nostro Ateneo le condizioni adatte per avviare
una fase di rilancio dell’università nelle relazioni,
complessivamente intese, con l’estero. Per questa
ragione abbiamo puntato all’organizzazione
dell’ufficio di supporto per la ricerca internazionale. Il passo successivo è stato quello di attivare
importanti convenzioni con università straniere.
Tra queste credo di poter dire che la più significativa sia stata quella avviata con l’Università di
Harvard, una struttura che ormai da anni si pone
ai vertici dei ranking internazionali”.
Di cosa si tratta?
“Con l’accordo abbiamo dato vita ad un vero e
proprio ponte tra Boston e Roma per lo studio dei
tumori. Abbiamo siglato un progetto scientifico
che prevede, come primo passo, la realizzazione
di una fondazione che abbiamo chiamato HBT
(Hope to Beat Tumorigenesis). Si occuperà di ricerca per combattere i tumori. La fondazione sarà
presto operativa. Abbiamo praticamente concluso
la parte burocratica e siamo ormai pronti a partire. L’idea di HBT è quella di sviluppare un centro di ricerca che si basi sulla nuova medicina che
Giuseppe Novelli
viene indicata come “medicina personalizzata”,
basata sullo studio del DNA, allo scopo di scoprire farmaci innovativi e più efficaci. Grazie alla
convenzione possiamo usufruire della collaborazione dei migliori ricercatori di Harvard. Non
si tratta, quindi, di un progetto che favorisce la
fuga dei cervelli, ma che stimola lo scambio di
esperienze e competenze. A noi interessa che i
cervelli restino in Italia ma che si possano formare
al meglio anche andando per un periodo fuori e
che ci siano anche le condizioni perché ne vengano, di cervelli, con diverse forme di collaborazione, dall’estero. Con l’accordo manderemo a
Boston un gruppo selezionato di nostri laureati,
che trascorreranno due anni a Boston e poi uno a
Tor Vergata lavorando su un progetto comune.
Un’operazione di grande prestigio per la nostra
Università. Credo che possiamo considerarlo un
vero e proprio successo. L’accordo, infine, prevede la costituzione di un laboratorio di ricerca
avanzato. Devo dire che oltre a quello con Harvard stiamo operando per attivare progetti di
collaborazione con il Kuwait e con Washington”.
Sindacato Università
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Ci sono anche altre iniziative?
“Sul fronte dell’internalizzazione devo anche ricordare che abbiamo attivato corsi in lingua inglese e abbiamo incrementato il numero di corsi
di laurea in lingue. Ma quello dell’internazionalizzazione non è il solo settore a cui ho cercato di
dare nuovo impulso. Ci stiamo impegnando
molto anche per la cosiddetta “Terza Missione”,
per l’ambiente e per il territorio”.
Cosa intende per terza missione?
“Faccio riferimento a una serie di iniziative e interventi attraverso cui l’Università si apre al
mondo del lavoro per offrire servizi, prestazioni,
consulenze e collaborazioni. In sostanza l’Ateneo
dialoga con le imprese e offre supporto alla nascita e alla crescita di imprese che provengono
dal mondo della ricerca per sviluppare prodotti
innovativi. Da una collaborazione tra università
laziali e sistema produttivo regionale è nato l’Incubatore d’ imprese che opererà nel centro sud
Italia. L’incubatore, quale strumento di “Terza
Missione”, vuole essere una realtà “aperta” al
mondo produttivo, integrata nel territorio e
punto di cooperazione strategico tra le realtà accademiche che incidono sullo stesso bacino territoriale, Regione Lazio e centro sud dell’Italia.
L’impegno verso questo settore, oltre che per avvicinare università e mondo del lavoro, è indispensabile per recuperare risorse. I soldi statali
per le Università pubbliche non ci sono più o comunque non bastano. Dove possiamo recupere
nuove risorse? Le uniche possibilità sono rappresentate dai progetti di ricerca nazionali ed internazionali e dalle iniziative da realizzare in collaborazione con le grandi industrie”.
E sull’ambiente?
“Abbiamo la fortuna di avere uno dei più grandi
Campus d’Europa, l’ateneo occupa un’estensione
Università di Tor Vergata
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Sindacato Università
territoriale di circa 600 ettari. È sicuramente un
punto di forza e ci impegna a sostenere molte iniziative per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente. In questo senso abbiamo avviato una serie
di attività per la gestione dei rifiuti e la creazione
di un anello protetto ciclabile intorno all’università. Siamo dunque riusciti a muoverci bene in una
zona difficile di Roma. Per le iniziative in quest’ambito ho nominato un delegato all’ambiente.
Per la prima volta, in un Ateneo, esiste un delegato all’ecosostenibilità. Tutto ciò sta dando grandi
risultati. Stiamo lavorando per un’università sempre più green. Per concludere il quadro generale
aggiungerei che abbiamo dato un grande impulso
alle attività culturali dando vita nuovamente alla
stagione dei concerti che si era arenata per un periodo e stiamo sviluppando iniziative di medicina
solidale: medici volontari, in collaborazione con il
Policlinico, forniscono assistenza medica nei quartieri più disagiati della area sud - sud est di Roma.
Abbiamo poi attivato iniziative di collaborazione
con il carcere di Rebibbia. Portare dei corsi di laurea ai carcerati non è cosa semplice: vorremmo avviare lì un corso di laurea in Scienze Motorie per
offrire ai carcerati l’opportunità di fare sport e
conseguire una laurea e per avere quindi in futuro
una prospettiva di lavoro”.
Proprio in questi giorni avete firmato il contratto integrativo 2014 per il personale tecnico
amministrativo. Quali sono i punti di maggior
rilievo?
“Credo che il primo aspetto da sottolineare sia
proprio la rapidità con cui siamo giunti alla
firma. Aggiungo inoltre che l’accordo è stato siglato da tutte le sigle sindacali il che significa che
siamo riusciti a trovare una giusta soluzione ai
diversi problemi sullo scacchiere. Credo che il
successo sia da ascrivere anche al processo di
riorganizzazione dell’Ateneo in atto e in particolare devo mettere in evidenza che abbiamo insediato da poche settimane un delegato alla contrattazione, Maurizio Decastri, ordinario di
Organizzazione aziendale. Una scelta che mi
sembra sia stata considerata da tutte le parti contrattanti come adeguata. Nel giro di pochi mesi,
infatti, Decastri, è riuscito a stabilire un franco e
costruttivo dialogo con i sindacati e di questo
sono particolarmente soddisfatto. Dal punto di
vista dei contenuti voglio sottolineare gli aspetti
della formazione, il problema delle risorse aggiuntive e il progetto di costruzione del sistema
di valutazione delle prestazioni. I sindacati più
rappresentativi hanno apprezzato il nostro la-
voro e il nostro impegno nel venire incontro alle
esigenze del personale”.
Particolarmente significativa è stata la proposta
nei mesi scorsi di non far pagare le tasse ai figli
di disoccupati. Com’è nata questa idea?
“Mi è sembrata una proposta necessaria in un periodo di crisi profonda come quella che stiamo vivendo. Sul piano realizzativo devo confessare
che stiamo incontrando notevoli vincoli burocratici che ne stanno rallentando l’applicazione.
Siamo riusciti comunque a predisporre per alcune famiglie un esonero parziale delle tasse universitarie e proveremo ad allargare la prospettiva,
entro il prossimo anno, a tutte le famiglie di disoccupati con figli all’Università. Sul fronte degli
studenti mi premeva ricordare la figura del garante degli studenti. Si tratta, nello specifico, di un
giovane professore di diritto privato. Sino ad ora
uno studente, portatore di una particolare problematica, veniva sballottato da un ufficio all’altro.
Oggi con il garante tutti gli studenti possono
avere una specifica figura di riferimento”.
Qual è la sua idea di Università?
“Per me l’università deve essere moderna, a contatto con il territorio, con la città, con gli enti, con
le industrie. Le eccellenze nascono sempre nell’Università. Il problema è che non diventano
mai prodotto. I grandi progetti, come ci mostra
la storia della Apple, sono nati da spin off universitari. Dobbiamo fare in modo che le industrie
vengano qui a cercare le eccellenze. Abbiamo
varato da poco un bando che abbiamo chiamato
“Scovare le Eccellenze”, a cui non possono partecipare i professori, ma esclusivamente per ricercatori. A loro chiediamo di proporre progetti
e noi finanzieremo quello migliore”.
Ci troviamo in un momento politico di grandi
cambiamenti. Cosa chiederebbe al nuovo ministro Giannini per il sistema universitario?
“Non chiederei soldi, non avrebbe senso perché so
benissimo che il problema delle risorse è a monte
e non dipende dalla volontà di un ministro. Chiederei piuttosto delle cose che sono e restano basilari per il sistema universitario nazionale. Innanzitutto una autonomia vera, accompagnata da una
valutazione seria e subordinerei i finanziamenti
solo a situazioni valutative positive. Occorre però
fare chiarezza su un punto. La valutazione dovrebbe riguardare non solo le pubblicazioni universitarie, ma anche i prodotti, l’interazione con
l’industria e le politiche di reclutamento. Occorre
tenere presente poi che un’ università generalista
ha esigenze diverse valutative rispetto agli atenei
specialistici, anche perché accoglie una grande varietà di futuri professionisti. Questa diversità deve
essere un valore aggiunto per l’Università mentre
oggi i criteri valutativi la penalizzano”.
Qual è lo stato di salute della ricerca in Italia?
“Devo dire che ci collochiamo ad altissimi livelli
nonostante la scarsità di risorse. L’Italia è al
quarto posto nella classifica dei Paesi più attivi
nella ricerca scientifica. La ricerca deve essere
grande e di grande dimensione, tutto questo può
avvenire solo premiando le sinergie. La Francia,
ad esempio, finanzia i progetti dove si ritrovano
insieme diverse figure professionali. In Italia
manca l’attenzione alla sinergia, bisognerebbe
facilitare le unioni. È quello che sto cercando di
fare a Tor Vergata. La competizione tra dipartimenti in uno stesso Ateneo non serve”.
La politica di sviluppo del Policlinico Universitario a Tor Vergata è un tema che preoccupa il
personale. Qual è la sua posizione in merito?
“Nel Campus è presente una delle strutture ospedaliere più moderne d’Italia, il Policlinico Universitario Tor Vergata, centro assistenziale e di ricerca per tutta la Regione, con attrezzature di
assoluta avanguardia, dove opera anche la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Sono intervenuto
per quanto riguarda la riorganizzazione, sulla ristrutturazione del Pronto Soccorso e della Medicina d’urgenza. La situazione è migliorata e non
ci sono più barelle in fila e i tempi di attesa stanno
rientrando nella normalità. Il mio progetto è
quello di trasformare il Policlinico in un IRCCS
(Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), le leggi attuali consentono la trasformazione
della Fondazione Policlinico in un istituto di ricerca a carattere scientifico. Vorrei che Tor Vergata diventasse uno dei 43 IRCCS in Italia. Abbiamo le carte in regola per competere con gli altri
istituti. Sono sicuro che ciò consentirebbe di aumentare le possibilità di lavoro anche con nuove
assunzioni e di competere per il fondo sanitario
di ricerca. Per il personale attualmente in servizio
non ci saranno cambiamenti. La legge prevede la
trasformazione in IRCCS automatica per cui il
personale universitario rimarrà nel proprio comparto e quello ospedaliero passerà al comparto
sanitario, dipenderà dal Ministero della salute e
non più dalla Regione. Daremo anche garanzie al
personale che risulti assunto direttamente dalla
fondazione policlinico”.
Sindacato Università
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CISL
Il lavoro ha bisogno di
rappresentanza e di tutele
Intervista a Paolo Mezzio - Segretario confederale CISL - a cura di Marino Midena
Col nuovo anno è partita la campagna di tesseramento 2014. Al segretario Paolo Mezzio, responsabile
del Dipartimento Politiche Organizzative della CISL
abbiamo chiesto di raccontarci i risultati conclusivi
del 2013 e le prossime strategie.
Il movimento sindacale in questi ultimi anni quali
difficoltà incontra nel raccogliere consensi tra i Lavoratori? Quali politiche organizzative sta pensando di mettere in campo la Cisl?
“Credo che alla base delle difficoltà che il mondo
della rappresentanza, in particolare il mondo sindacale, sta vivendo, ci sia un ritardo nella capacità di
leggere fino in fondo i tumultuosi processi di cambiamento che stanno caratterizzando la società, nella
sua interezza, e il mondo del lavoro nello specifico.
Ci troviamo di fronte a una situazione dicotomica
per cui, il mondo del lavoro tradizionale, profondamente in crisi, ha più bisogno di sindacato, quindi di
rappresentanza e di tutele, dall’altro c’è un pezzo
importante della società che non riesce ad entrare nel
mercato del lavoro e attribuisce allo stesso sindacato
la responsabilità per avere costruito, nel tempo, una
serie di garanzie che di fatto bloccano, congelano, ingessano le dinamiche del mercato del lavoro e che,
Paolo Mezzio
10 Sindacato Università
nello stesso tempo, escludono una intera generazione
di forze giovani che nella migliore della ipotesi
stanno ai margini o vivono una condizione di “stabile precariato”.
Occorre una capacità dirompente strategica organizzativa, come sta tentando di fare la Cisl attraverso
il progetto di riorganizzazione, capace di rimettere in
modo dinamiche positive di semplificazione, di sburocratizzazione, di trasparenza e di presenza forte e
radicata nei posti di lavoro e nel territorio.
Cioè riprendere da lì, da dove abbiamo cominciato e,
soprattutto,”come” abbiamo cominciato e cioè come
un sindacato che lotta per combattere le povertà e affermare la giustizia sociale, capace quindi di saldare
le fratture e sanare le lacerazioni sociali e contribuire
alla crescita sociale ed economica del Paese.
Per fare questo dobbiamo avere la capacità di riprendere quella funzione pedagogica che ha segnato
il tempo e il ritmo della crescita nel nostro Paese, anche dal punto di vista dell’offerta democratica”.
Come si è chiuso, dal punto di vista del tesseramento il 2013? Quali saranno i punti di forza della
campagna di tesseramento 2014?
“I dati di chiusura del tesseramento 2013 ci confortano dal punto di vista della tenuta della Cisl rispetto alla platea di riferimento dei nostri iscritti.
Certo tenendo conto delle dinamiche negative che
stanno investendo l’intero mercato del Lavoro, sempre più parcellizzato e precario oltre che condizionato pesantemente da un ricorso agli ammortizzatori sociali senza precedenti e comunque legato a
quello che sembra l’inarrestabile processo di crisi
economica e alla fase pericolosa di deindustrializzazione che sta caratterizzando il mondo produttivo
del nostro Paese. Nonostante ciò riteniamo esistano
ampissimi margini di sindacalizzazione se solo la
Cisl e il suo gruppo dirigente continuerà a saper cogliere i segni del cambiamento con politiche di attenzione verso giovani e pensionati, i lavoratori stra-
nieri, cercando anche di utilizzare al meglio quello
che noi definiamo il “fronte interno” e cioè le opportunità che il nostro sistema dei servizi è in grado di
poter offrire.
Qual è il progetto per avvicinare i giovani al sindacato?
“Resta sempre il primo impegno in assoluto. Abbiamo sperimentato alcune iniziative formative per
giovani laureati che hanno dato ottimi risultati. Ma
è ancora poco. Formazione, formazione e ancora formazione resta l’elemento fondamentale nell’approccio con la Cisl. Ma occorre ancora altro. Diciamolo il
sindacato non è nella testa dei giovani lavoratori
(pochi) e dei giovani”.
La maggiore vicinanza delle confederazioni dopo
la firma del regolamento applicativo dell’accordo
del 31 maggio come influirà sulle politiche organizzative della Cisl?
“Possiamo dire che la riorganizzazione ha in qualche
modo anticipato i contenuti del regolamento applicativo dell’accordo del 31 Maggio su rappresentanza
e rappresentatività, e la ripresa, ancora tutta da verificare, considerate le problematiche che all’interno
di qualche sindacato si stanno verificando, del percorso unitario, in questo senso ci aiuta.
Il Paese ha bisogno, a mio modo di vedere, di un sindacato che, pur nelle diversità, sia in grado di dare
un segnale forte di coesione e di unità, perché da
questo non dipende “solo” la difesa di tutto un sistema di diritti che altrimenti sarebbero messi in discussione da una politica autoreferenziale e poco
“sensibile” alle istanze del mondo che rappresentiamo. (Cgil Cisl e Uil rappresentano più di 12 milioni di lavoratori e pensionati), ma anche l’affermazione di un’idea di democrazia capace di includere
e di interpretare i bisogni di tutti, a prescindere dal
dato generazionale, dalle coordinate geografiche,
dall’appartenenza di genere e, se mi è consentito, dal
colore della pelle.
Attraverso l’anagrafe degli iscritti, che come Cisl abbiamo attivato già da qualche anno, siamo in condizione, già da ora, di certificare il numero degli iscritti,
per cui siamo pronti rispetto a quanto sull’argomento
prevede l’accordo.
Sarà estremamente importante la gestione dell’accordo alla luce delle novità che contiene, sulla misurazione della rappresentanza, sulle regole, per esempio da adottare per la elezione delle RSU, per la
valorizzazione del ruolo delle stesse e tra le stesse,
quindi, come garantire una continuità di rapporto in
grado di individuare nella prima linea la vera nuova
sfida del sindacato del futuro.
Non dimenticando che lo stesso accordo assegna
alle RSA un ruolo importante di cuneo per le aziende
dove non è possibile attivare le RSU e dove, più c’è
bisogno di Sindacato e di sindacalizzazione.
L’ultimo congresso ha già stabilito che alla prima linea vanno dedicate attenzioni particolari e risorse,
nella logica della valorizzazione dei presidi nei posti
di lavoro e nei territori. Diciamo che il processo di
riorganizzazione va nel senso della sburocratizzazione, della semplificazione della rappresentanza
categoriale e anche dell’alleggerimento degli apparati. E lo faremo, per semplificare, ma è veramente
solo una semplificazione, con meno dirigenti e più
sindacalisti.
Ricordo che da più o meno 120 strutture territoriali
siamo arrivati a 70 e ancora il processo non è finito”.
Il suo dipartimento svolge anche il compito di coordinamento degli enti e delle associazioni promosse con i dipartimenti confederali, com’è articolata questa galassia Cisl?
“Si tratta di un sistema complesso che spesse volte si
interseca e che è alla continua ricerca di sinergia e di
coordinamento. Il sistema dei servizi Cisl poggia su
alcuni pilastri fondamentali che vedono nel Patronato e nelle società fiscali fondamentali punti di riferimento. Il nostro sistema va sempre più radicandosi nell’intero territorio nazionale, solo nel 2012 ha
avuto qualcosa come 4 milioni di contatti. Se consideriamo che solo il 35% dei nostri iscritti si rivolge al
nostro sistema dei servizi, sono chiari i margini di
miglioramento e di crescita che si possono ottenere.
Tra l’altro parte importante del proselitismo passa
dalla funzionalità ed efficacia che i nostri servizi
hanno il compito difficile di dare riposte ai bisogni
sempre più impellenti e drammatici dei Lavoratori,
italiani e stranieri, e dei Pensionati. Per usare uno slogan vecchio ma sempre efficace, dobbiamo avere la
capacità di fare diventare i nostri iscritti utenti, e gli
utenti nostri iscritti.
C’è poi l’ambito che attiene alla tutela dei cittadini,
dei suoi bisogni primari e dei suoi diritti fondamentali come quelli della cittadinanza a prescindere dalle
coordinate geografiche, dal colore della pelle, dalla
loro provenienza. L’Anolf in questo senso compie
un’opera difficile e delicata di grande importanza e,
spesse volte, essenziale che, dopo la conferenza dei
servizi del 2010, lavora in sinergia con l’Iscos per la
cooperazione internazionale e l’ufficio internazionale
della Cisl. Come l’attenzione nei confronti del consumatore che si estrinseca attraverso l’Adiconsum e
rappresenta un punto importante nella tutela di quei
diritti che spesse volte con troppa disinvoltura vengono calpestati e mortificati.
Complessivamente un sistema dei servizi che tenta
di garantire una tutela globale dell’iscritto e del
cittadino”.
Sindacato Università 11
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
La semplificazione amministrativa:
chimera o obiettivo raggiungibile?
di Domenico Di Simone - Segretario Nazionale Federazione CISL Università
In una fase contrassegnata da una grave crisi economica a livello nazionale ed europeo nel nostro Paese
si stanno mettendo in campo strumenti sulla cosiddetta “spending review” e in particolare su come la
Pubblica Amministrazione possa diventare un catalizzatore positivo per il sistema economico italiano e
come si possa riformarla per renderla capace di rilanciare la competitività del sistema Paese.
La riflessione però deve essere accompagnata, oltre
che sulle regole e sulla qualità del suo enforcement,
anche sul costo della Pubblica Amministrazione
nella sua attività. In altre parole, è ormai ora di mettere in campo la questione principale ovvero la semplificazione e la responsabilità in capo degli organi
di governo.
Da anni se ne discute ma il problema è che e le regole
restano eccessive, contraddittorie, mutevoli nel
tempo.
Nel mondo universitario recentemente i rettori, ma
la stessa cosa la possiamo affermare e sottoscrivere
per il comparto AFAM, hanno denunciato che, in un
momento difficile come questo, gli oneri amministrativi, cui sono sottoposte le amministrazioni universitarie per tutta la recente legislazione e il centralismo
dei provvedimenti ministeriali, sono dei macigni
sulla gestione aziendale.
È ormai evidente che il taglio dei costi della burocrazia da solo, senza la semplificazione effettiva degli
adempimenti, possa rappresentare una sterile leva
per ridare slancio alla competitività della stessa macchina burocratica.
Nonostante le buone intenzioni e i positivi provvedimenti in atto, la semplificazione fin qui attuata
non ha prodotto gli effetti sperati e le stesse amministrazioni pubbliche subiscono la pesantezza degli
oneri gestionali.
Se nella indagine, che si sta portando avanti in questi
ultimi giorni sulla “spending review”, per esempio
nel settore dell’Università e Afam, andassimo a guardare il numero di giornate/uomo dedicate agli adempimenti amministrativi (indice che stima i costi interni, ovvero quanti giorni il personale di una
qualunque istituzione pubblica spende per espletare
gli oneri amministrativi), questa ci darebbe uno spaccato sorprendente. I costi potrebbero risultare supe12 Sindacato Università
riori a quelli che si avrebbero con un sistema semplificato e non duplicato fra centro e periferia. Tutta la
partita per l’assegnazione dei fondi alle università, il
nuovo sistema di reclutamento dei docenti a livello
nazionale con successiva chiamata da parte degli
Atenei, il meccanismo di autorizzazione delle assunzione nel comparto Afam fra Istituzioni, Miur,
Mef e Funzione Pubblica, impegnano strutture, risorse umane, appalti i cui costi incidono direttamente sui bilanci e sull’organizzazione del lavoro
delle Università e delle Istituzioni AFAM.
Lo stesso succede per i cosiddetti costi esterni cioè
quelli legati all’elevato ricorso a consulenti esterni.
Se accanto a questo mettiamo poi l’inadempienza e
i ritardi burocratici fra centro e periferia aumenta il
cosiddetto “onere da Pubblica Amministrazione”
nei confronti prima della stessa macchina burocratica
e poi verso l’esterno: il mondo dell’imprenditoria,
della ricerca e della didattica.
Il funzionario pubblico continua ad avere un “approccio adempimentale” alle questioni, cioè concentrato sul rispetto formale della norma e poco orientato alla valutazione dei risultati della sua azione.
Allora quale possibile semplificazione possiamo realizzare in un settore come quello dell’Alta Formazione e ricerca? Le parole chiave per una possibile via
d’uscita possono essere:
• abolizione delle norme inutili. La semplificazione
degli adempimenti, che si traduce in nuove
norme che si pretendono più semplici, anche con
la soppressione tout court degli adempimenti inutili, che sono ancora numerosi.
• digitalizzazione ed e-government e trasparenza
dell’azione amministrativa.
• razionalizzazione dei processi e cambiamento
dell’approccio culturale dei dirigenti pubblici.
Occorre cambiare la cultura e le pratiche quotidiane.
L’ultimo e forse più importante ambito di intervento
è quello volto a recuperare nella Pubblica Amministrazione l’etica del civil servant. Occorre insomma
“cambiare passo” e andare avanti con la “stagione
della semplificazione”, il decentramento verso le
Istituzioni, basata sulle responsabilità e il cambiamento dell’approccio culturale della Pubblica Amministrazione.
DOCENZA
L’abilitazione? Un
grande pasticcio!
di Francesco De Simone Sorrentino - Segretario Nazionale Federazione CISL Università
Dopo una serie infinita di rinvii finalmente è giunta al
termine la tornata 2012 dell’Abilitazione Scientifica
Nazionale introdotta dalla Legge n. 240/2010.
A dire il vero allo stato mancherebbero ancora i risultati di alcune Commissioni Esaminatrici per le quali
le scadenze imposte dalla norma sembrano assumere
una valenza relativa, ma nel Paese delle cose eternamente incompiute, fatte, disfatte e rifatte non possiamo che prendere atto di questa ennesima strana
circostanza che, a nostro avviso, conferma l’inadeguatezza di chi sarebbe preposto a vigilare su procedure pubbliche di estrema rilevanza per il futuro del
Sistema Universitario Italiano di cui non riusciamo a
comprendere il mancato intervento.
Com’era inevitabile, tuttavia, la pubblicazione dei risultati resi disponibili dalla maggioranza delle Commissioni ha suscitato nella Comunità Scientifica molto
clamore e malcontento, fortemente alimentato da indiscrezioni e supposizioni circa le modalità di valutazione adottate dalle stesse Commissioni che, a dire di
molti, in tanti casi si sarebbero discostate perfino dalle
disposizioni fornite dal MIUR con la nota operativa n.
12477 del 27.05.2013 della Direzione Generale per
l’Università.
La cosa che più ha attirato la nostra attenzione è che
l’indignazione non proviene solo da coloro i quali
non hanno ottenuto l’abilitazione, ma assume rilevanza l’idea diffusa che un sistema ideato per troncare
le “prassi del passato” possa divenire ancora oggi
strumento per accreditare sistemi feudali che non rispondono a logiche meritocratiche e di trasparenza.
Questa idea, alla fine, diffusa nell’opinione pubblica
non fa altro che mortificare i tanti che con il loro lavoro appassionato hanno conquistato l’ambita abilitazione gettando contestualmente fango su tutto il Sistema Universitario.
Certamente non spetta a noi giudicare cosa sia accaduto, ma la costatazione di talune circostanze porta a
confermare il giudizio negativo che come Sindacato
dell’Università abbiamo sempre dato dell’ASN regolamentata e gestita con provvedimenti attuativi, a nostro avviso, molto criticabili.
Anche per queste ragioni, prima dell’ufficializzazione
dei suddetti risultati, la Federazione CISL Università
chiese al MIUR di vigilare affinché tutti gli atti delle
Francesco De Simone Sorrentino
Commissioni Esaminatrici fossero verificati ponendo
una particolare attenzione sui seguenti aspetti:
a) rispetto delle normative stabilite sui criteri di valutazione specie in ordine a quelli integrativi;
b) rispetto dell’effettiva parità di trattamento dei candidati specie in ordine a eventuali situazione di
svantaggio che potevano interessare allievi di
“scuole minori” e soprattutto “precari”;
c) rispetto delle norme sull’analiticità dei giudizi dati
alle singole pubblicazioni presentate dai candidati;
d) diritto dei candidati dei settori bibliometrici di
avere certezza del calcolo delle mediane per evitare che persone meritevoli e qualificate potessero
mancare l’abilitazione in virtù di pur sempre possibili errori materiali e involontarie omissioni connesse al calcolo dei loro punteggi.
All’indomani della pubblicazione dei risultati della
tornata 2012 dell’ASN 2012 sono seguiti numerosi e
critici articoli delle maggiori testate giornalistiche
italiane, interrogazioni parlamentari presentate da
esponenti dei Partiti politici di maggioranza e di opposizione a cui ancora oggi non è stata data risposta
ma, soprattutto, è cresciuto un enorme fermento che,
ha confermato le forti perplessità più volte dichiarate
dalla nostra Federazione che ci hanno indotto a chiedere un incontro urgente all’ex Ministro Carozza per
ipotizzare soluzioni condivise atte a superare evi-
Sindacato Università 13
denti criticità emerse e a prevenire l’enorme contenzioso che si prospettava inevitabile sia avverso ai
giudizi delle Commissioni che avverso all’operato
del MIUR e che avrebbe potuto mettere in seria discussione tutto il sistema dell’ASN con un enorme
danno per gli abilitati meritevoli e per il Sistema Universitario nel suo complesso.
Riteniamo che l’improvvisa caduta del Governo Letta
abbia pregiudicato il confronto politico che su tale
problematica si sarebbe potuto avere con il Ministro.
In questo contesto l’assenza di un nuovo interlocutore
istituzionale non ha fatto altro che accelerare la presentazione di ricorsi in sede TAR.
A fronte di una prima iniziale serie di giudizi negativi
promossi dai singoli interessati, con orgoglio possiamo dire che sono stati accolti successivamente tutti
i ricorsi basati sui consigli forniti dalla Federazione
CISL Università, la cui struttura territoriale di Milano
si è distinta per la significativa azione posta in essere.
In alcuni giudizi la novità assoluta sta nel fatto che il
TAR anziché dare la sospensiva o rigettarla ha dichiarato validi gli esiti degli abilitati, e ordinato al
MIUR di nominare una nuova Commissione per giudicare il ricorrente non abilitato.
Tale decisione è in linea con quanto avremmo voluto
proporre all’ex Ministro Carozza e che continuerà a
contraddistinguere la nostra azione sindacale con il
nuovo “titolare” del dicastero di Viale Trastevere, il
ministro Giannini.
A nostro avviso, infatti, sarebbe necessario:
a) che le Commissioni, in autotutela, rivedano con
l’opportuna attenzione i giudizi formulati per i
14 Sindacato Università
non abilitati che abbiano presentato istanza di riesame apportando le necessarie variazioni ove sussistano le condizioni;
b) che si proceda a riaprire i termini di partecipazione
alla tornata 2013 dell’ASN per coloro i quali non
abbiano conseguito l’abilitazione 2012 anche tenuto conto della dichiarazione apparsa sulla
stampa della volontà del nuovo Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di non
avviare la tornata 2014;
c) che il MIUR provveda a nominare nuove Commissioni Esaminatrici per l’ASN 2013 tenuto conto
della naturale scadenza al 31.03.2014 delle Commissioni che hanno gestito la tornata 2012;
d) che sia necessario riconsiderare il sistema dell’ASN, del reclutamento e dell’ordinamento del
personale docente ipotizzando soluzioni innovative come il ruolo unico della docenza, previo confronto con le parti sociali.
Riteniamo che solo in questo modo si potrà garantire
la maggiore serenità al Sistema Universitario Italiano
provato da molti anni bui di miope politica che hanno
favorito, magari anche inconsapevolmente, gruppi di
potere e lobby d’interesse impedendo, in molti casi,
l’emersione del “merito” e dei “migliori”.
La Federazione CISL Università, prima fra tutte le
Organizzazioni e Associazioni sindacali del settore
universitario, ha sempre creduto che solo dal mondo
dell’Università, della Ricerca e dell’Alta Formazione
possa venire quella “spinta” propulsiva capace di
generare una nuova crescita non solo economica
del Paese.
S I N D A C AT O
Con l’accordo al via
nuove relazioni sindacali
di Marino Midena - Direttore Responsabile “Sindacato Università”
E se fosse la contrattazione il motore per trovare soluzioni alla crisi economica e del lavoro? Con questo
obiettivo Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno siglato
lo scorso gennaio l’accordo sul regolamento di attuazione del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 sulla
rappresentanza. Un accordo di grande rilievo perché
costituisce un vero e proprio testo unico che va a disciplinare in maniera complessiva e coerente la materia.
Regole chiare in tema di rappresentatività, efficacia ed
esigibilità dei contratti sono quindi da oggi una realtà
che segna una vera inversione di rotta rispetto al passato. Il nuovo modello, infatti, supera la natura conflittuale, antagonistica, caratterizzata da regole “liquide”
che connotato la storia degli ultimi decenni. In termini
di azione sindacale si passa così dalla protesta al confronto di merito.
Il documento è composto da quattro parti.
Nella prima, l’accordo dà attuazione al sistema di misurazione della rappresentanza a livello nazionale previsto dall’accordo del 2013 e si realizza con la collaborazione dell’INPS e del CNEL. La misurazione di
ciascun sindacato, infatti, avverrà calcolando la media
tra il numero delle deleghe sindacali espresse dai lavoratori e i voti ottenuti alle elezioni per le RSU. Si procederà ogni anno, sulla scorta di queste misurazioni,
alla certificazione della rappresentatività dei vari sindacati per i diversi contratti nazionali.
La seconda parte individua la regolamentazione della
rappresentanza in azienda per la quale la novità più rilevante consiste nell’adozione di un meccanismo di natura esclusivamente proporzionale per la composizione della RSU nella sua interezza.
Nella terza parte, l’Accordo disciplina la contrattazione
collettiva con particolare riferimento alla titolarità e
all’efficacia della contrattazione nazionale ed aziendale. Cambiano in maniera profonda le regole riguardanti i partecipanti alla negoziazione. In questo settore
si registrano le novità maggiori. Possono prendere
parte alla negoziazione le organizzazioni sindacali che
abbiano raggiunto il 5% di rappresentanza e che abbiano partecipato alla negoziazione e alla definizione
della piattaforma e abbiano fatto parte della delegazione trattante dell’ultimo rinnovo del CCNL.
Si mette in atto cioè un meccanismo di partecipazione
che si caratterizza per una forte responsabilizzazione
dei soggetti trattanti. Anche la contrattazione aziendale
non è esente da importanti novità. In particolare si prevede che il livello di contrattazione decentrata venga
esercitata per le materie delegate e con le modalità stabilite dal CCNL o dalla legge. In situazioni specifiche
(crisi, investimenti etc.) inoltre le rappresentanze aziendali possono concludere intese che modificano (deroghe) il contratto collettivo nazionale di lavoro. Le deroghe decise vanno adottate d’intesa con le “relative”
organizzazioni territoriali di categoria.
Nella quarta parte viene previsto che i CCNL debbano
individuare clausole e procedure finalizzate a garantire
l’esigibilità dei contratti collettivi nazionali e a prevenire il conflitto. Con tale previsione si vuole assicurare
un meccanismo di superamento di quella fluidità che
ha caratterizzato per decenni il nostro sistema di relazioni industriali. Tali regole, infatti, dovranno riguardare i comportamenti di tutte le parti contraenti e prevedere sanzioni in caso di inadempimento.
Infine un’ultima sezione è riservata alla disciplina
della fase transitoria e riinvia, in fase di prima applicazione dei principi sopra enunciati, in caso di controversia, ad una procedura arbitrale da svolgersi a livello
confederale, da attivarsi principalmente in caso di
eventuali comportamenti non conformi agli accordi.
La firma dell’accordo, con un impianto regolamentare
messo a punto dagli attori stessi delle relazioni industriali, dà la possibilità di fissare un sistema più adeguato e più consono alle dinamiche sindacali. Con il
valore aggiunto di una unitarietà delle sigle finalmente
riconquistata si realizza quindi un modello più efficace
e affidabile di quello che si sarebbe potuto affrontare
in sede legislativa.
Nessuna paura per un modello “parlamentare” di relazioni ma si afferma, così, l’esigenza di una più penetrante capacità di interpretazione del tessuto produttivo del Paese con l’affermazione del principio
dell’autoregolamentazione.
Per liberare un lavoro bloccato e che non c’è, come accade in Italia, occorre affermare che il sapere organizzativo dei lavoratori è un fattore strategico per saper inSindacato Università 15
novare il modo di produrre nel Paese. Sono sempre più
numerosi i casi di imprese in fallimento che vengono
salvate dai lavoratori che ostinatamente si riorganizzano tornando a produrre e a vendere. Non si tratta di
trovare modelli solidaristici di contrattazione, né di gestire situazioni crisi. Sul piatto della bilancia va messa
la capacità e la valorizzazione del lavoro per il recupero
di competitvità.
Una legge sulla rappresentatività, in particolare nell’attuale panorama, aprirebbe la strada ad uno scontro politico e ideologico che ci allontanerebbe dal
raggiungimento di una possibile soluzione, andando
di fatto, con la spaccatura delle parti, alla paralisi regolamentare.
Misurare la rappresentatività degli attori e garantire la
piena attuazione degli accordi raggiunti sono quindi
due passaggi fondamentali per assicurare chiarezza e
trasparenza alle relazioni industriali. L’accordo diventa, così, un contributo per migliorare nel Paese il
quadro di riferimento e per assicurare regole certe per
tutti coloro che vogliono investire nel nostro Paese. Anche se fa riferimento al settore privato, l’accordo, che va
recepito nei contratti sindacali che si andranno via via
a siglare, costituisce un segnale forte per forze politiche
e istituzioni del Paese introducendo regole che pos-
sono costituire un indirizzo per tutti i comparti produttivi. Del resto è stato, in qualche modo, proprio il modello delle relazioni sindacali del pubblico a tracciare
la strada.
Il Testo Unico rappresenta un risultato di grande rilievo per tutto il movimento sindacale confederale e
pone in essere un modello di rappresentanza sindacale
uniformato da principi di democraticità, aperto alla
partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici.
Si procede, con l’accordo, in una ulteriore tappa di un
processo riformatore avviato grazie all’Accordo Interconfederale del 2011, ma che a ben vedere ha radici
più antiche è profonde.
Il nuovo modello rappresenta il superamento culturale
dei modelli negoziali del passato.
Si affacciano sui tavoli nuove idee portanti: responsabilità e capacità di proposta per un recupero di
produttività.
Cgil Cisl e Uil unitariamente, con l’accordo, hanno
posto le premesse perché la contrattazione sia capace,
non solo di gestire la crisi, ma di dare un contributo a
rilanciare occupazione e crescita.
Le forze sindacali intendono così facilitare quel processo di ripresa che tutti si aspettano dal nuovo Governo Renzi.
Raffaele Bonanni è Segretario generale della Cisl dal 2006,
dopo essere stato Segretario generale della Cisl Sicilia e della
Filca (Federazione italiana lavoratori costruzioni e affini)
16 Sindacato Università
SALUTE
CNR: è allarme per l’inquinamento
dell’aria negli ambienti chiusi
di Rosanna Mabilia - Ricercatrice CNR
Il CNR ha conseguito risultati rilevanti, derivanti da attività internazionali con diversi partner europei, relativamente allo studio dell’inquinamento dell’aria negli spazi
chiusi (“confinati”, secondo il linguaggio tecnico). I risultati e le prospettive future per la tematica di inquinamento
indoor sono state presentate durante il workshop tenutosi
il 12 dicembre 2013 presso il CNR dal titolo: “Inquinamento Indoor: le emissioni dei materiali da costruzione,
la questione della ventilazione e il ruolo delle piante negli
ambienti chiusi”.
Durante il workshop sono stati presentati i risultati di un
progetto a livello europeo (OFFICAIR Project – On the reduction of health effects from combined exposure to indoor air pollutants in modern offices), finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del VII Programma
Quadro, per l’identificazione e la valutazione di un gran
numero di inquinanti (più di 30) presenti negli ambienti
indoor. Nell’ambito di questo ampio studio sperimentale
sono stati investigati 197 edifici moderni adibiti ad uffici
in 8 Paesi europei, rappresentativi delle diverse condizioni geografiche e meteorologiche (Italia, Francia, Grecia,
Olanda, Portogallo, Ungheria, Spagna, Finlandia).
Lo studio è stato orientato verso gli ambienti che rappresentano un esempio di spazi più standardizzati e hanno
le stesse caratteristiche in tutto il mondo: gli uffici moderni. Essi presentano, infatti, attrezzature (sistemi di climatizzazione, ventilazione meccanica dell’aria, illuminazione artificiale, ecc.) che li rendono indifferenti alle
condizioni climatiche esterne nelle quali sono collocati.
Generalmente viene favorita una disposizione open space
ad alta densità occupazionale, aumentando in tal modo
la richiesta di ventilazione meccanica. Nelle ultime due
decadi gli uffici moderni, a causa della loro collocazione,
del design, dello spazio e del microclima nonché delle attrezzature e facilities, sono stati caratterizzati dalla presenza di nuovi inquinanti. Questi sono prodotti da nuove
sorgenti di emissioni che possono portare all’esposizione
dei lavoratori a conseguenti rischi per la salute.
Il progetto OFFICAIR è rivolto e fornisce un sostegno alle
“Thematic Strategies on Air Pollution” e all’ “European
Environmental and Health Action Plan” attraverso i suoi
obiettivi principali:
Rosanna Mabilia
– descrivere la qualità dell’aria (Indoor Air QualityIAQ) negli uffici moderni in Europa;
– inventariare e verificare le cause (eventi, sorgenti) di
problemi negli uffici moderni europei;
– comprendere meglio la correlazione tra IAQ e salute,
comfort e produttività negli uffici moderni.
Una percentuale significativa della popolazione degli
Stati membri dell’UE lavora quotidianamente negli uffici.
Questa percentuale è destinata ad aumentare in futuro. Di
conseguenza l’ Indoor Air Quality negli edifici adibiti ad
uso ufficio è una questione di fondamentale interesse
poiché riguarda i lavoratori che forniscono prestazioni di
estrema rilevanza per le aziende e le pubbliche amministrazioni. La loro produttività è un parametro critico,
non solo perché il lavoro dell’uomo rappresenta uno dei
fattori più costosi, ma anche perché esistono ancora molte
incertezze su come affrontare la questione nel contesto
delle assicurazioni per quanto riguarda i casi di malattia
in questi ambienti. La preoccupazione riguardante la
produttività non è collegata soltanto all’assenteismo associato a malattie che possono essere dovute all’ambiente di
lavoro, ma può risultare anche da condizioni di lavoro
“poco confortevoli” secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Sindacato Università 17
Il fattore cruciale per conseguire l’effetto desiderato (salute, comfort e produttività negli uffici moderni) è la
stretta collaborazione di tutte le parti interessate (es. industria edilizia, operatori sanitari, decisori politici). I risultati del progetto OFFICAIR sono rivolti a questi
gruppi con lo scopo di elevare la consapevolezza e la
comprensione.
Gli studi di laboratorio e di campo sono stati progettati
per avere un’ampia rappresentazione geografica delle
diverse zone climatiche e delle condizioni realistiche
dell’UE. A tal fine sono state condotte circa 1500 analisi affidate dai responsabili europei del progetto ai laboratori
del CNR sia per il know-how esistente sia per avere
un’omogeneità dei risultati.
Il progetto è stato condotto usando un approccio innovativo attraverso 3 fasi complementari: un’Indagine generale, uno Studio di dettaglio e uno Studio di intervento.
Nella prima fase è stato effettuato un sondaggio generale
in 20 edifici ad uso ufficio. Gli edifici sono stati selezionati
in città con caratteristiche climatiche differenti dell’Europa meridionale, centrale e settentrionale, privilegiando
gli uffici open space.
Tra i 20 edifici è stato selezionato un numero variabile tra
3 e 5 per Paese per uno studio di dettaglio. In questa fase
sono state effettuate indagini sul campo attraverso 2 campagne di monitoraggio condotte in 37 edifici europei:
una estiva (2012) e una invernale (2013) durante le quali
sono stati misurati un gran numero di inquinanti (20
VOCs e 13 aldeidi) nonché dei parametri fisici (temperatura, umidità relativa, flussi di aria). In ogni edificio, per
18 Sindacato Università
ciascuna specie, sono stati considerati 4 punti di campionamenti indoor e 1 punto di campionamento outdoor, per
5 giorni lavorativi.
Per quasi tutti gli edifici europei sono stati riscontrati livelli degli inquinanti all’interno superiori rispetto a quelli
dell’aria esterna (outdoor). In particolare, per la maggior
parte degli edifici sono stati riscontrati concentrazioni di
formaldeide, benzene, terpeni elevati. Sono state riscontrate inoltre differenze stagionali: generalmente per tutti
i Paesi è stato osservato che i terpeni (limonene, a-pinene)
sono più alti in inverno e più bassi in estate.
Obiettivo della terza fase (Studio di intervento) è stato
quello di valutare l’effetto di un intervento atto a migliorare la qualità dell’aria indoor. Durante questa indagine
sono state modificate le modalità di pulizia: gli arredi e i
mobili sono stati puliti con acqua e i pavimenti sono stati
puliti con prodotti di pulizia diversi da quelli abitualmente utilizzati
Durante l’indagine sono state condotte 2 campagne di
monitoraggio, prima e dopo l’intervento, in 8 edifici
europei. Per ciascun edificio sono state individuate
due stanze: in una stanza non è stato effettuato alcun
intervento ed è stata utilizzata come “controllo”
per monitorare l’effetto dell’intervento effettuato
nell’altra stanza.
I risultati complessivi ottenuti dal progetto OFFICAIR saranno forniti ai policy makers, ai responsabili della salute
pubblica e agli stakeholder e costituiranno utili indicazioni su come affrontare l’inquinamento indoor al fine di
garantire la salute e il benessere dei lavoratori.
DALLE SEDI
Il telelavoro conquista
di conciliazione
di Massimo Marra - Università del Salento
Il telelavoro all’Università del Salento nasce in
risposta a un bando regionale Puglia sulla “Parità di genere” del 2010. Il progetto è stato fortemente voluto dall’allora Comitato Pari Opportunità dell’ateneo che, dopo una fase di
concertazione con organizzazioni sindacali e altre pubbliche amministrazioni interessate all’iniziativa, ha proposto il telelavoro come strumento per dare risposta alle esigenze di
conciliazione fra vita privata e lavorativa del
personale tecnico/amministrativo. Il progetto è
stato approvato dalla Regione Puglia un anno
dopo ed è diventato operativo a metà del 2012.
L’avvio del progetto è stato abbastanza lento e le
difficoltà incontrate per arrivare al bando di selezione dei lavoratori sono state davvero numerose. Senza voler entrare negli aspetti amministrativi, è stata più volte percepita in modo
evidente la sensazione che il telelavoro, al di là
delle affermazioni ufficiali, fosse in realtà considerato come qualcosa che andava a destabilizzare una organizzazione del lavoro che tutti accettavano e la cui modifica poteva diventare
incontrollabile. La preoccupazione più grande
che spesso si è percepita da parte dell’amministrazione è stata quella di trovare metodi efficaci
di controllo del telelavoratore onde scongiurare
che le giornate telelavorate non divenissero
giornate di vacanza. Ad esempio si è avuta notizia di accurate indagini per individuare innovativi strumenti informatici di telecontrollo del
lavoratore e di riunioni fiume nelle quali veniva
invece decisa la linea di privilegiare un rapporto
fiduciario con il telelavoratore, salvo un controllo ex-post del suo operato. Come organizzazioni sindacali si è più volte intervenuti per sollecitare il rispetto dei tempi del progetto e solo
grazie ad alcune proroghe della Regione si è fi-
Massimo Marra
nalmente arrivati a licenziare, nel gruppo di
progetto, una bozza di contratto decentrato.
Seppure il documento fosse stato redatto con i
rappresentanti sindacali, in sede di contrattazione decentrata è stato necessario intervenire
più volte per perfezionarlo. La prima importante miglioria è stata quella di privilegiare le
esigenze di conciliazione del lavoratore rispetto
alle esigenze organizzative della struttura di
appartenenza. Questo ha infatti consentito, per
il richiedente il telelavoro, di poter presentare il
suo progetto individuale anche senza la preventiva approvazione del responsabile di struttura ponendo poi, in capo all’amministrazione,
la responsabilità di trovare il giusto compromesso sino anche a prevedere, in determinate situazioni, un trasferimento temporaneo sostitutivo. Proprio a tal fine, è stato formalmente
inserito nell’accordo che alla fine del periodo di
telelavoro il dipendente rientrasse nel posto
precedentemente occupato. Altra importante
miglioria introdotta in sede di contrattazione
Sindacato Università 19
decentrata è stata l’inserimento di un punteggio
ai lavoratori portatori loro stessi di disabilità. Infatti, l’impostazione del progetto tutto orientato
alla conciliazione, partiva dall’errato presupposto che un lavoratore richiedesse il beneficio
per assistere altri e non anche per esigenze personali e che non fosse da intendersi conciliazione il tempo per sé. Infine, una istanza non accolta senza alcuna giustificazione particolare, è
stata la richiesta di riconoscere un punteggio aggiuntivo ai lavoratori che avevano il coniuge
lavoratore fuori regione. Si è dunque, nel luglio
2013, arrivati alla pubblicazione del bando. Nonostante dalla indagine preliminare si fossero
dichiarati interessati al telelavoro 150 colleghi
dei quali 26 dichiaravano la presenza di un disabile in famiglia, al bando che prevedeva la
capienza di 30 posti, hanno risposto solo in 17 di
cui 15 ammessi. I due colleghi non ammessi
hanno vista rigettata l’istanza perché non avevano disabili nel nucleo familiare né bambini di
età inferiore ai 12 anni. Il perché di questa ridotta partecipazione al bando è in parte da attribuire alla scadenza delle domande in un periodo di punta per le ferie estive ed anche dalla
incompatibilità, espressamente prevista nel contratto integrativo, del telelavoro con qualsiasi attività esterna e di conto terzi. Dei 2 colleghi
esclusi, uno ha presentato ricorso adducendo a
giustificazione delle esigenze di conciliazione
l’avere bambini di età superiore ai 12 anni ma
comunque minorenni ed il coniuge lavoratore
fuori. Al momento l’amministrazione non si è
ancora espressa nel merito, ma in sede di contrattazione si è proceduto a una interpretazione
autentica estensiva che include favorevolmente
il caso prospettato.
Per 14 dei 15 vincitori il telelavoro ha avuto
operativamente avvio il 15 novembre 2013 e terminerà il 14 maggio 2014. Per il 15esimo collega,
che presta servizio presso la segreteria studenti,
il progetto è partito circa 10 giorni dopo perché
aveva presentato domanda senza il preventivo
nulla osta del suo responsabile di struttura. Indispensabile l’intervento risolutivo posto in essere dal direttore generale che, sposando appieno lo spirito di sperimentazione del progetto,
ha inteso autorizzare il collega affinché possano
aversi elementi oggettivi utili al fine della corretta definizione delle posizioni telelavorabili
o meno. In effetti tale atteggiamento positivo
dell’amministrazione si rafforza considerando il
fatto che sono state autorizzate tutte le 15 do20 Sindacato Università
mande presentate indipendentemente dal ruolo
ricoperto. Ad una prima approssimativa analisi,
infatti, in pochi avrebbero tranquillamente acconsentito ad autorizzare il telelavoro al direttore di biblioteca, a un responsabile di laboratorio, a un impiegato di protocollo e altri
responsabili di uffici. Al momento si sono conclusi i primi mesi di telelavoro e alcune considerazioni possono essere fatte. In linea generale vi
è un atteggiamento timido dei telelavoratori
sempre in ansia a essere prontamente reperibili
alla prima chiamata telefonica o via skype e
sempre pronti a raggiungere puntualmente gli
obiettivi assegnati affinché nessuna omissione o
mancanza possa essere loro imputata.
La valutazione del lavoro svolto dai telelavoratori è effettuata mensilmente mediante relazione
del responsabile di struttura. Si segnala che tali
relazioni non sono controfirmate dai lavoratori
che perciò spesso non ne conoscono il contenuto. Altro elemento su cui riflettere è che essendo l’università una pubblica amministrazione e avendo il contratto collettivo indicazioni
stringenti sulle ore settimanali da lavorare, ciascun lavoratore deve redigere settimanalmente
un foglio presenze con l’indicazione dell’orario
svolto. Il rendiconto è firmato dal responsabile
di struttura. Tale procedura però in più di un
caso ha creato diversi problemi. In effetti il responsabile può attestare che il telelavoratore ha
svolto i compiti assegnati ma non ha alcun elemento per valutare la veridicità degli orari di lavoro indicati che sono e restano una mera autocertificazione del lavoratore medesimo.
L’impegno che come sigla sindacale ci poniamo
è quello di far diventare il telelavoro da strumento sperimentale a strumento ordinario di
svolgimento della giornata lavorativa. In effetti
in tempi brevi l’amministrazione dovrà redigere
il piano di telelavoro e sarà questo l’occasione
per far valere le nostre ragioni e dare risposta alle
aspettative dei colleghi. Il telelavoro sta infatti sta
raccogliendo una sempre più diffusa accoglienza
tra i lavoratori. In tanti hanno già avviato la sperimentazione e hanno manifestato estremo interesse a continuarlo e sarà quindi anche l’occasione affinché nuovi colleghi possano accedere a
tale strumento. Come CISL abbiamo realizzato
una brochure informativa del progetto e abbiamo organizzato una giornata studio; per il futuro saremo sempre in prima linea per difendere
il diritto alla conciliazione fra vita privata e lavorativa dei lavoratori dell’ateneo.
FISCO
Con Mini-Imu, Tares è
allarme tasse
intervista a Valeriano Canepari - Presidente Caf CISL, a cura di Dalila Pucciarelli
Nel delirio fiscale di questi mesi l’unico modo per trovare un aiuto concreto e per orientarsi è quello di rivolgersi ai centri di assistenza fiscale. Con Valeriano
Canepari, presidente nazionale Caf Cisl, facciamo il
punto sulle nuove tasse con alcuni suggerimenti per
affrontare al meglio la complessa materia fiscale.
Venerdì 24 Gennaio è scaduto il termine per il pagamento della Mini-Imu. È possibile, già a questo
punto, effettuare un bilancio della risposta dei contribuenti italiani?
“Assolutamente sì. Possiamo contare più di 540 mila
persone che hanno provveduto al pagamento della
Mini-Imu. In un arco di tempo estremamente breve,
il numero dei contribuenti è stato davvero elevato”.
I Caf sono riusciti a far fronte all’affollamento verificatosi durante il mese di Gennaio?
“Ci sono state molte code e tempi di attesa lunghi che
normalmente durante la campagna fiscale non ci
sono. Si è trattato di disagi non imputabili però alla
nostra possibilità lavorativa. Anzi, abbiamo avuto la
capacità di gestire positivamente una vera e propria
emergenza”.
Cosa può fare il contribuente che non ha pagato la
Mini-Imu entro il termine prestabilito?
“Alcune migliaia di contribuenti hanno preferito evitare i tempi di attesa e le code e pagare successivamente. Nei primi 15 giorni le sanzioni sono quasi insignificanti, qualche decimo di euro. Il sistema
sanzionatorio cresce in base al tempo che passa da
quando si sarebbe dovuto pagare a quando si paga effettivamente e diventa ancora più oneroso se il mancato pagamento viene accertato dal Comune. Io credo
che grazie all’azione informativa dei media, il contribuente era a conoscenza del termine ultimo da rispettare e che siano state davvero poche le persone che
non sono riuscite a pagare”.
Giudica la Mini-Imu una tassa necessaria o una
tassa che poteva essere evitata?
Valeriano Canepari
“Sicuramente si sarebbe potuta gestire meglio. Sull’evitabilità o meno della tassa, noi come Caf tendiamo a non entrare. Noi ci esprimiamo sempre sulle
modalità con le quali la tassa viene gestita. C’è stato
un “balletto” continuo sull’Imu cominciato nel periodo elettorale quando il Centro Destra ha lanciato
la sfida sulla sua abolizione. Un anno di discussione
su una tassa, un tempo che a me sembra lungo, con
una decisione che poi arriva all’ultimo momento.
Dal momento della decisione passano solo 15 giorni
ed il contribuente è chiamato a pagare: ecco, questo
credo che sia un modo di gestire il rapporto tra Stato
e contribuenti, fra Comuni e contribuenti, che non va
bene. Ciò demolisce e svilisce lo statuto dei diritti dei
contribuenti”.
Molti Comuni non sono riusciti a inviare in tempo
i bollettini per poter pagare la tassa di maggiorazione della Tares e i reclami sono stati numerosissimi. Cosa può fare un Caf territoriale per aiutare un
contribuente a risolvere questo tipo di problema?
“La Tares è un’imposta predeterminata, il Comune
definisce il costo del servizio e poi attribuisce al citSindacato Università 21
tadino la quota di pagamento. Dopo discussioni infinite c’è stata la famosa maggiorazione che ha creato
oggettive difficoltà ai Comuni per predisporre e inviare i bollettini. Da un lato c’è stata una difficoltà oggettiva e dall’altra, nella stragrande maggioranza dei
Comuni, un’inefficienza nel predisporre i bollettini e
nel mandarli. Il contribuente allarmato si è rivolto o
agli uffici comunali o a noi per avere ragguagli e per
poter essere nella condizione di pagare. Bisogna però
fare una considerazione più profonda fra il rendere
disponibile al contribuente una serie di servizi vantaggiosi e il realizzare delle soluzioni inutili, che costano e che arrivano tardi. Non so se i Comuni saranno in grado di applicare il calcolo, forse
manderanno al contribuente una comunicazione generica, un bollettino che poi non viene utilizzato: in
questo caso ci sarebbero costi di organizzazione, di
stampa, di carta per un servizio inutile. Ecco uno dei
paradossi del nostro fisco: un fisco quasi personale.
Abbiamo cercato di tenere conto il più possibile, nel
calcolo dell’imposta, delle varie condizioni soggettive
e oggettive del contribuente. Se noi vogliamo sempre
più personalizzare e tener conto delle situazioni personali nel calcolo dell’imposta, poi non ci possiamo
eccessivamente lamentare del fatto che il calcolo e la
quantificazione di quest’imposta non sia semplice. Bisogna sempre trovare un giusto equilibrio”.
Ci sono, e se sì quali sono, Caf che presentano problematiche di gestione?
“All’interno del nostro sistema Caf Cisl, grazie al lavoro fatto in questi anni, abbiamo profondamente
modificato il livello organizzativo che è sufficientemente omogeneo su tutto il territorio. Ad oggi possiamo dire che il nostro sistema è basato su un criterio
di gestione piuttosto uniforme di tutte le attività”.
Per quale motivo i contribuenti considerano le questioni fiscali intricate e incomprensibili? Colpa dei
continui interventi governativi o della scarsa propensione dei cittadini all’informazione?
“Possono essere due gli elementi che caratterizzano
questa disaffezione: da una parte il fatto che il nostro
fisco è molto complesso perché troppo differenziato,
quasi personalizzato. Il nostro non è un fisco stabile,
ma cambia ogni anno: spesso una sola modifica può
avere ripercussioni su tante situazioni. Il secondo
elemento è l’atteggiamento tipico degli italiani che di
solito affrontano le questioni sempre all’ultimo momento. Noi abbiamo realizzato una procedura online
attraverso la quale il contribuente può farsi da solo la
dichiarazione dei redditi ad esempio, ma non sta
avendo il successo che si poteva pensare. Il contribuente preferisce affidarsi a qualcuno che lo rassicuri
e gli garantisca l’assunzione di responsabilità”.
Come giudica la politica fiscale italiana di questi ultimi anni?
“È una politica fiscale che continua a essere instabile:
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questo non va bene per i contribuenti che non sanno
mai cosa aspettarsi. Il tema più importante del fisco
italiano è la continuità della norma fiscale, in questi
ultimi 10 anni è successo di tutto”.
Ci avviciniamo al periodo della campagna fiscale
2013/2014, come si stanno organizzando i Caf territoriali?
“Noi abbiamo una struttura molto flessibile, che nei
mesi tra Marzo e Giugno cambia completamente. Il
personale viene triplicato. Noi possiamo dire di essere pronti, non altrettanto il fisco. L’Inps è stata precisa e ci ha fornito i Cud, il lavoro con l’Inps sta evolvendo positivamente. I Cud poi non vengono
consegnati puntualmente dai datori di lavoro, alcuni
arrivano molto in ritardo: questo è un elemento di
difficoltà nella gestione delle pratiche fiscali. La
maggior parte delle nostre strutture comincia l’attività in modo intensivo da fine marzo. Devo dire
che ad esempio il CAF CISL da settimane ha cominciato a prendere le prenotazioni. L’Inps per il secondo anno consecutivo non invia i Cud ai pensionati, parliamo di milioni di persone, e quest’anno
non invia neanche la lettera che invita a presentare
il modello Red. Ecco perché noi abbiamo inviato, via
sms e via posta, oltre 1.800.000 comunicazioni per
informare i contribuenti sul fatto che siamo in possesso della loro pratica. Finiremo questo invio massiccio intorno al 20 Marzo, in questi giorni stiamo ricevendo migliaia di telefonate. La nostra macchina
organizzativa è pronta, non prevediamo particolari
problematicità”.
Quali sono i vantaggi che un contribuente può
trarre dai servizi del Caf?
“Il nostro Caf ha una diffusione molto ampia, oltre
1500 sedi durante l’attività fiscale, poi abbiamo presenze anche nelle aziende, nei posti di lavoro, nelle
leghe dei pensionati. In caso di errore non è il Caf che
ne risponde, ma è il sindacato. Questo è un motivo
in più per aver una grande attenzione al modo di lavorare. Per noi non si tratta soltanto dell’aspetto economico ma sociale, questo fa la differenza. Noi ci
siamo sempre: non è detto che altri facciano analoghi
ragionamenti. Abbiamo un atteggiamento diverso da
quello che spinge ad agire solo per un’attenzione
economica. Noi crediamo di avere una qualità alta e
fornire una garanzia che nessun altro è in grado di
fornire”.
Suggeriamo al contribuente le prossime date da appuntare in agenda per non avere alcun tipo di problema “fiscale”.
“Sicuramente il 30 giungo per le dichiarazioni. Come
sempre conviene prenotare in modo da fruire immediatamente del servizio. In poco più di 20 minuti
ogni contribuente può risolvere i suoi problemi. L’invito è quello di non aspettare gli ultimi giorni ma prenotarsi per tempo”.
Sindacato Università 23
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