TRIMESTRALE DI CULTURA E INFORMAZIONE SINDACALE DELLA FEDERAZIONE CISL UNIVERSITÀ Anno XVIII - N. 1/2014 Gennaio - Marzo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale - 70% Roma T RIMESTRALE DI C ULTURA E I NFORMAZIONE S INDACALE Anno XVIII - n. 1/2014 Gennaio - Marzo 2014 Direore Antonio Marsilia Direore responsabile Marino Midena Comitato di Direzione Domenico Di Simone Cinzia Pace - Gian Paolo Favo Francesco De Simone Sorrentino Segreteria di redazione Olga Beffa Direzione, Redazione, Amministrazione Via Rovereto, 11 - Roma 00198 Telefono 068840772-068413556 Fax 068844977 www.cisluniversita.it [email protected] Registrazione Tribunale di Roma n. 547/97 del 10/10/1997 Poste Italiane S.p.A. 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Il lavoro ha bisogno di rappresentanza e di tutele intervista a Paolo Mezzio ..................................................................... La semplificazione amministrativa: chimera o obiettivo raggiungibile? di Domenico Di Simone ............................................................ L’abilitazione? Un grande pasticcio! di Francesco De Simone Sorrentino .................................................... Con l’accordo al via nuove relazioni sindacali di Marino Midena .................................................................................. CNR: è allarme per l’inquinamento dell’aria negli ambienti chiusi di Rosanna Mabilia ................................................................................ Il telelavoro conquista di conciliazione di Massimo Marra .................................................................................. Con Mini-Imu, Tares è allarme tasse intervista a Valeriano Canepari ........................................................... L’ A R T E 5 7 10 12 13 15 17 19 21 I N C O P E RT I N A Sei un artista? Studi o lavori in una Accademia di Belle Arti o in una Università? Mandaci l’immagine di un tuo lavoro. Potrà essere la nostra prossima copertina. In questo numero è riprodoa un’opera di Luigi Di Santo, vincitore del concorso “Arte in Luce” 2013 promosso dalla Fondazione Roma Sapienza. All’iniziativa possono partecipare anche gli studenti universitari e AFAM Luigi Di Santo, L’abbraccio, tecnica mista su tela, 40x60, 2013. 4 Sindacato Università EDITORIALE Aspettando il nuovo (per il Paese)! di Antonio Marsilia - Segretario Generale Federazione CISL Università Più nuovo non c’è. Il carattere di forte rottura rispetto al passato, in un contesto politico che chiedeva a gran voce segnali di discontinuità, dovrebbe far sperare che il Governo di Matteo Renzi, insediatosi a febbraio, abbia lunga vita. Il malcontento generalizzato che ha caratterizzato la vivace protesta nei confronti della classe politica del Paese di questi ultimi anni, che ha dato vita ad esempio al Movimento Cinque Stelle, ha trovato nel nuovo Presidente del Consiglio un momento di sintesi e speriamo di superamento. È necessario, infatti, a prescindere da chi sia il premier di turno, che il Paese trovi una sua stabilità. L’Italia deve voltare pagina, deve fermare quel processo di discesa che abbiamo ormai intrapreso e che ci sta facendo perdere posizioni in Europa e a livello internazionale. C’è quindi da augurarsi che la tanto annunciata voglia di rottamare un passato incapace di scelte diventi il punto di forza del nuovo Governo. A giudicare, però, più nel dettaglio il presunto punto di svolta rappresentato dal “prima” e “dopo” Renzi si sfuma e diventa più difficile da demarcare. Sembra che il nuovo si fondi con il vecchio. Almeno andando sommariamente a valutare i temi di maggiore rilievo, che sono emersi dagli annunci programmatici del neopresidente, ovvero la riforma del lavoro (il Job acts), il rilancio dei consumi attraverso il cuneo fiscale e la centralità della cultura nel rilancio del Paese. Tre snodi che sicuramente trovano ampio consenso e sono stati anche i settori dove l’azione sindacale di questi mesi si è concentrata in maniera particolare. Sul piano del lavoro non è un caso che CGIL, CISL, UIL e Confindustria abbiano trovato di recente la forza e l’intelligenza di concludere unitariamente un Accordo sulla rappresentanza, sui nuovi modelli contrattuali e sulla produttività Antonio Marsilia industriale anticipando l’ipotesi di un intervento legislativo in materia. Con il Testo Unico sulla Rappresentanza viene messo nero su bianco come l’esigenza di rendere il Paese più affidabile ed anche più attrattivo per il capitale estero fosse una delle priorità per la CISL. Il pacchetto lavoro ha dettato prioritariamente la presenza sindacale anche su altri fronti. Nell’inverno scorso ci siamo mobilitati e abbiamo scioperato per chiedere la modifica della Legge di stabilità. E per cercare di modificare la legge “finanziaria”, anzi, i tre sindacati principali hanno capito la necessità di trovare un comune percorso sino a giungere alla convocazione di esecutivi unitari. Per quanto riguarda il secondo punto è inutile ricordare, poi, che la battaglia per la redistribuzione fiscale sia considerata dalla CISL come strategica da sempre e resa ancora più urgente per il Paese per l’obbligo morale di perseguire finalità di equità sociale. In questo senso abbiamo sempre ritenuto odioso il carico fiscale sul lavoro oltre che un errore per l’effetto depressivo che porta in sè. Per questo abbiamo chiesto di “liberare” il lavoro dalle tasse. Sindacato Università 5 Sulla centralità dell’università, infine, abbiamo speso fiumi di parole per ribadire un concetto di cui siamo profondamente convinti ovvero l’idea che la conoscenza e la cultura debbano diventare il motore per un nuovo sviluppo sociale ed economico del Paese. Se vogliamo uscire dalla crisi attuale dobbiamo prendere finalmente coscienza che l’unica via possibile da percorrere è quella della formazione e dell’innovazione. Condividiamo, quindi, perfettamente con la Renzi-ricetta. Ma dopo gli annunci, ai primi interventi le posizioni iniziano a distanziarsi e il “nuovo” inizia a sembrare simile al vecchio. Il Job Act, ad esempio. Annunciato per la prima volta l’8 gennaio da Matteo Renzi, è stato presentato (e approvato) nella sua prima parte dal Consiglio dei Ministri lo scorso 12 marzo. Nella stessa occasione è stato approvato anche un decreto per il rilancio dell’occupazione. Uno dei primi punti del provvedimento prevede l’innalzamento da 12 a 36 mesi della durata dei contratti a tempo determinato senza causale. Si triplica quindi il periodo di durata di un contratto che non prevede l’indicazione dello scopo dell’assunzione e che può quindi consentire un utilizzo diversificato del lavoratore nel tempo. Per quanto riguarda la fase d’ingresso al lavoro, poi, per assumere nuovi apprendisti (al 35% dello stipendio) non sarà obbligatorio confermare i precedenti. Ad una prima lettura, pur comprendendo l’esigenza di garantire all’impresa un’ampia sfera d’azione e di manovra, l’insieme delle misure individuate non possono non leggersi come un aumento della precarizzazione. Si rischia di avere reso ancora più incerto il futuro dei giovani. Il modello del mercato del lavoro che viene così proposto si inserisce nella direzione già intrapresa dagli ultimi governi. Anche di quelli che a posteriori hanno raccolto un giudizio negativo da tutte le parti politiche. Nulla di nuovo, quindi. Per quanto riguarda, poi, il reperimento delle risorse il ritorno al “vecchio” è ancora più evidente. È perfettamente condivisibile l’idea di trovare le risorse tagliando le spese inefficienti, eliminando le ruberie e tramite una seria lotta all’evasione. Ma il consenso sparisce quando queste sacche degli sperperi vengono, senza grandi sforzi, individuate principalmente e forse unicamente nel settore pubblico. Non c’è dubbio che molto si possa e si debba fare per ridare efficienza al settore, ma troviamo erroneo non allargare l’indagine ad una prospettiva più ampia. La politica dei tagli lineari per comparti è l’espressione, riteniamo, di un ap6 Sindacato Università proccio totalmente sbagliato. Colpevole è poi continuare a indicare, dopo 10 anni di sostanziale blocco delle assunzioni, 6 anni di stop alla contrattazione e una riduzione del potere di acquisto del 10% nei soli ultimi cinque anni, i dipendenti pubblici come il male da estirpare e mai come una risorsa da valorizzare. La spending review del Commissario straordinario Carlo Cottarelli deve davvero ridursi al numero di quanti lavoratori della pubblica amministrazione mettere in mobilità o da pensionare? Di quante pensioni di reversibilità ridurre o di quanto sfoltire gli assegni di invalidità? La sensazione è che per l’ennesima volta si è guardato al solito posto per raschiare il barile. Non c’è stato il coraggio di colpire le pensioni e gli stipendi d’oro, per combattere con forza l’evasione e l’elusione fiscale. Eppure su quanto sia sbilanciato il nostro Paese l’ultimo rapporto OCSE parla chiaro: con la crisi il 10% più svantaggiato della popolazione ha avuto una flessione del 12%, il 10% più ricco ha sofferto perdite di solo il 2%“. L’Italia è uno dei Paesi che favorisce maggiormente la popolazione con reddito maggiore, rispetto a quella con reddito basso. Crediamo che il governo Renzi debba cogliere l’opportunità di avviare profonde riforme. Tra queste, in particolare, quella dell’assetto istituzionale crediamo sia di basilare importanza. È infatti fondamentale oggi riformulare compiti e articolazioni di Stato, Regioni ed Enti locali, società partecipate e controllate. Solo con la visione di una più ampia azione riformatrice si possono operare interventi riparatori mirati, altrimenti si rischia di creare più danni che benefici o più semplicemente una spalmatura dei risparmi. Solo in un contesto di riorganizzazione generale si può affrontare una organica analisi dei fabbisogni e giungere quindi all’abbattimento dei costi, ottenendo un risultato di revisione strutturale della spesa. Ora, per una prima valutazione dell’operato del nuovo esecutivo, occorrerà verificare se nelle buste paga di maggio dei lavoratori ci saranno i soldi promessi. Al di là degli importi assume importanza il segnale di fiducia che verrebbe dato al Paese. La sfiducia, infatti, è l’epidemia che si sta diffondendo nel Paese dove un giovane su 5 non è né occupato, né cerca lavoro È stato sicuramente importante che nelle dichiarazioni programmatiche Renzi abbia indicato scuola e università come priorità ma al di là delle medaglie oggi serve la capacità d’investire nel settore della cultura. U N I V E R S I TÀ Tor Vergata: progetti e innovazione Intervista al Reore Giuseppe Novelli dell’Università di Tor Vergata - a cura di Marino Midena Con 40.000 studenti, 1500 docenti, 1000 tecnici e amministrativi Tor Vergata è un’Università che strizza l’occhio all’estero, all’ambiente, all’industria e alla tecnologia. Progettato sul modello dei campus universitari anglosassoni, l’ateneo romano ha iniziato l’attività didattica nel 1982 e occupa un’estensione territoriale di circa 600 ettari. Tor Vergata si presenta, quindi, come un centro del sapere pronto a valorizzare le sue eccellenze e a lanciare progetti nuovi. A quasi sei mesi dalla sua elezione abbiamo chiesto al Rettore Giuseppe Novelli di tracciare un primo bilancio. “In questo periodo iniziale uno dei primi snodi su cui siamo intervenuti è quello di assicurare al nostro Ateneo le condizioni adatte per avviare una fase di rilancio dell’università nelle relazioni, complessivamente intese, con l’estero. Per questa ragione abbiamo puntato all’organizzazione dell’ufficio di supporto per la ricerca internazionale. Il passo successivo è stato quello di attivare importanti convenzioni con università straniere. Tra queste credo di poter dire che la più significativa sia stata quella avviata con l’Università di Harvard, una struttura che ormai da anni si pone ai vertici dei ranking internazionali”. Di cosa si tratta? “Con l’accordo abbiamo dato vita ad un vero e proprio ponte tra Boston e Roma per lo studio dei tumori. Abbiamo siglato un progetto scientifico che prevede, come primo passo, la realizzazione di una fondazione che abbiamo chiamato HBT (Hope to Beat Tumorigenesis). Si occuperà di ricerca per combattere i tumori. La fondazione sarà presto operativa. Abbiamo praticamente concluso la parte burocratica e siamo ormai pronti a partire. L’idea di HBT è quella di sviluppare un centro di ricerca che si basi sulla nuova medicina che Giuseppe Novelli viene indicata come “medicina personalizzata”, basata sullo studio del DNA, allo scopo di scoprire farmaci innovativi e più efficaci. Grazie alla convenzione possiamo usufruire della collaborazione dei migliori ricercatori di Harvard. Non si tratta, quindi, di un progetto che favorisce la fuga dei cervelli, ma che stimola lo scambio di esperienze e competenze. A noi interessa che i cervelli restino in Italia ma che si possano formare al meglio anche andando per un periodo fuori e che ci siano anche le condizioni perché ne vengano, di cervelli, con diverse forme di collaborazione, dall’estero. Con l’accordo manderemo a Boston un gruppo selezionato di nostri laureati, che trascorreranno due anni a Boston e poi uno a Tor Vergata lavorando su un progetto comune. Un’operazione di grande prestigio per la nostra Università. Credo che possiamo considerarlo un vero e proprio successo. L’accordo, infine, prevede la costituzione di un laboratorio di ricerca avanzato. Devo dire che oltre a quello con Harvard stiamo operando per attivare progetti di collaborazione con il Kuwait e con Washington”. Sindacato Università 7 Ci sono anche altre iniziative? “Sul fronte dell’internalizzazione devo anche ricordare che abbiamo attivato corsi in lingua inglese e abbiamo incrementato il numero di corsi di laurea in lingue. Ma quello dell’internazionalizzazione non è il solo settore a cui ho cercato di dare nuovo impulso. Ci stiamo impegnando molto anche per la cosiddetta “Terza Missione”, per l’ambiente e per il territorio”. Cosa intende per terza missione? “Faccio riferimento a una serie di iniziative e interventi attraverso cui l’Università si apre al mondo del lavoro per offrire servizi, prestazioni, consulenze e collaborazioni. In sostanza l’Ateneo dialoga con le imprese e offre supporto alla nascita e alla crescita di imprese che provengono dal mondo della ricerca per sviluppare prodotti innovativi. Da una collaborazione tra università laziali e sistema produttivo regionale è nato l’Incubatore d’ imprese che opererà nel centro sud Italia. L’incubatore, quale strumento di “Terza Missione”, vuole essere una realtà “aperta” al mondo produttivo, integrata nel territorio e punto di cooperazione strategico tra le realtà accademiche che incidono sullo stesso bacino territoriale, Regione Lazio e centro sud dell’Italia. L’impegno verso questo settore, oltre che per avvicinare università e mondo del lavoro, è indispensabile per recuperare risorse. I soldi statali per le Università pubbliche non ci sono più o comunque non bastano. Dove possiamo recupere nuove risorse? Le uniche possibilità sono rappresentate dai progetti di ricerca nazionali ed internazionali e dalle iniziative da realizzare in collaborazione con le grandi industrie”. E sull’ambiente? “Abbiamo la fortuna di avere uno dei più grandi Campus d’Europa, l’ateneo occupa un’estensione Università di Tor Vergata 8 Sindacato Università territoriale di circa 600 ettari. È sicuramente un punto di forza e ci impegna a sostenere molte iniziative per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente. In questo senso abbiamo avviato una serie di attività per la gestione dei rifiuti e la creazione di un anello protetto ciclabile intorno all’università. Siamo dunque riusciti a muoverci bene in una zona difficile di Roma. Per le iniziative in quest’ambito ho nominato un delegato all’ambiente. Per la prima volta, in un Ateneo, esiste un delegato all’ecosostenibilità. Tutto ciò sta dando grandi risultati. Stiamo lavorando per un’università sempre più green. Per concludere il quadro generale aggiungerei che abbiamo dato un grande impulso alle attività culturali dando vita nuovamente alla stagione dei concerti che si era arenata per un periodo e stiamo sviluppando iniziative di medicina solidale: medici volontari, in collaborazione con il Policlinico, forniscono assistenza medica nei quartieri più disagiati della area sud - sud est di Roma. Abbiamo poi attivato iniziative di collaborazione con il carcere di Rebibbia. Portare dei corsi di laurea ai carcerati non è cosa semplice: vorremmo avviare lì un corso di laurea in Scienze Motorie per offrire ai carcerati l’opportunità di fare sport e conseguire una laurea e per avere quindi in futuro una prospettiva di lavoro”. Proprio in questi giorni avete firmato il contratto integrativo 2014 per il personale tecnico amministrativo. Quali sono i punti di maggior rilievo? “Credo che il primo aspetto da sottolineare sia proprio la rapidità con cui siamo giunti alla firma. Aggiungo inoltre che l’accordo è stato siglato da tutte le sigle sindacali il che significa che siamo riusciti a trovare una giusta soluzione ai diversi problemi sullo scacchiere. Credo che il successo sia da ascrivere anche al processo di riorganizzazione dell’Ateneo in atto e in particolare devo mettere in evidenza che abbiamo insediato da poche settimane un delegato alla contrattazione, Maurizio Decastri, ordinario di Organizzazione aziendale. Una scelta che mi sembra sia stata considerata da tutte le parti contrattanti come adeguata. Nel giro di pochi mesi, infatti, Decastri, è riuscito a stabilire un franco e costruttivo dialogo con i sindacati e di questo sono particolarmente soddisfatto. Dal punto di vista dei contenuti voglio sottolineare gli aspetti della formazione, il problema delle risorse aggiuntive e il progetto di costruzione del sistema di valutazione delle prestazioni. I sindacati più rappresentativi hanno apprezzato il nostro la- voro e il nostro impegno nel venire incontro alle esigenze del personale”. Particolarmente significativa è stata la proposta nei mesi scorsi di non far pagare le tasse ai figli di disoccupati. Com’è nata questa idea? “Mi è sembrata una proposta necessaria in un periodo di crisi profonda come quella che stiamo vivendo. Sul piano realizzativo devo confessare che stiamo incontrando notevoli vincoli burocratici che ne stanno rallentando l’applicazione. Siamo riusciti comunque a predisporre per alcune famiglie un esonero parziale delle tasse universitarie e proveremo ad allargare la prospettiva, entro il prossimo anno, a tutte le famiglie di disoccupati con figli all’Università. Sul fronte degli studenti mi premeva ricordare la figura del garante degli studenti. Si tratta, nello specifico, di un giovane professore di diritto privato. Sino ad ora uno studente, portatore di una particolare problematica, veniva sballottato da un ufficio all’altro. Oggi con il garante tutti gli studenti possono avere una specifica figura di riferimento”. Qual è la sua idea di Università? “Per me l’università deve essere moderna, a contatto con il territorio, con la città, con gli enti, con le industrie. Le eccellenze nascono sempre nell’Università. Il problema è che non diventano mai prodotto. I grandi progetti, come ci mostra la storia della Apple, sono nati da spin off universitari. Dobbiamo fare in modo che le industrie vengano qui a cercare le eccellenze. Abbiamo varato da poco un bando che abbiamo chiamato “Scovare le Eccellenze”, a cui non possono partecipare i professori, ma esclusivamente per ricercatori. A loro chiediamo di proporre progetti e noi finanzieremo quello migliore”. Ci troviamo in un momento politico di grandi cambiamenti. Cosa chiederebbe al nuovo ministro Giannini per il sistema universitario? “Non chiederei soldi, non avrebbe senso perché so benissimo che il problema delle risorse è a monte e non dipende dalla volontà di un ministro. Chiederei piuttosto delle cose che sono e restano basilari per il sistema universitario nazionale. Innanzitutto una autonomia vera, accompagnata da una valutazione seria e subordinerei i finanziamenti solo a situazioni valutative positive. Occorre però fare chiarezza su un punto. La valutazione dovrebbe riguardare non solo le pubblicazioni universitarie, ma anche i prodotti, l’interazione con l’industria e le politiche di reclutamento. Occorre tenere presente poi che un’ università generalista ha esigenze diverse valutative rispetto agli atenei specialistici, anche perché accoglie una grande varietà di futuri professionisti. Questa diversità deve essere un valore aggiunto per l’Università mentre oggi i criteri valutativi la penalizzano”. Qual è lo stato di salute della ricerca in Italia? “Devo dire che ci collochiamo ad altissimi livelli nonostante la scarsità di risorse. L’Italia è al quarto posto nella classifica dei Paesi più attivi nella ricerca scientifica. La ricerca deve essere grande e di grande dimensione, tutto questo può avvenire solo premiando le sinergie. La Francia, ad esempio, finanzia i progetti dove si ritrovano insieme diverse figure professionali. In Italia manca l’attenzione alla sinergia, bisognerebbe facilitare le unioni. È quello che sto cercando di fare a Tor Vergata. La competizione tra dipartimenti in uno stesso Ateneo non serve”. La politica di sviluppo del Policlinico Universitario a Tor Vergata è un tema che preoccupa il personale. Qual è la sua posizione in merito? “Nel Campus è presente una delle strutture ospedaliere più moderne d’Italia, il Policlinico Universitario Tor Vergata, centro assistenziale e di ricerca per tutta la Regione, con attrezzature di assoluta avanguardia, dove opera anche la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Sono intervenuto per quanto riguarda la riorganizzazione, sulla ristrutturazione del Pronto Soccorso e della Medicina d’urgenza. La situazione è migliorata e non ci sono più barelle in fila e i tempi di attesa stanno rientrando nella normalità. Il mio progetto è quello di trasformare il Policlinico in un IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), le leggi attuali consentono la trasformazione della Fondazione Policlinico in un istituto di ricerca a carattere scientifico. Vorrei che Tor Vergata diventasse uno dei 43 IRCCS in Italia. Abbiamo le carte in regola per competere con gli altri istituti. Sono sicuro che ciò consentirebbe di aumentare le possibilità di lavoro anche con nuove assunzioni e di competere per il fondo sanitario di ricerca. Per il personale attualmente in servizio non ci saranno cambiamenti. La legge prevede la trasformazione in IRCCS automatica per cui il personale universitario rimarrà nel proprio comparto e quello ospedaliero passerà al comparto sanitario, dipenderà dal Ministero della salute e non più dalla Regione. Daremo anche garanzie al personale che risulti assunto direttamente dalla fondazione policlinico”. Sindacato Università 9 CISL Il lavoro ha bisogno di rappresentanza e di tutele Intervista a Paolo Mezzio - Segretario confederale CISL - a cura di Marino Midena Col nuovo anno è partita la campagna di tesseramento 2014. Al segretario Paolo Mezzio, responsabile del Dipartimento Politiche Organizzative della CISL abbiamo chiesto di raccontarci i risultati conclusivi del 2013 e le prossime strategie. Il movimento sindacale in questi ultimi anni quali difficoltà incontra nel raccogliere consensi tra i Lavoratori? Quali politiche organizzative sta pensando di mettere in campo la Cisl? “Credo che alla base delle difficoltà che il mondo della rappresentanza, in particolare il mondo sindacale, sta vivendo, ci sia un ritardo nella capacità di leggere fino in fondo i tumultuosi processi di cambiamento che stanno caratterizzando la società, nella sua interezza, e il mondo del lavoro nello specifico. Ci troviamo di fronte a una situazione dicotomica per cui, il mondo del lavoro tradizionale, profondamente in crisi, ha più bisogno di sindacato, quindi di rappresentanza e di tutele, dall’altro c’è un pezzo importante della società che non riesce ad entrare nel mercato del lavoro e attribuisce allo stesso sindacato la responsabilità per avere costruito, nel tempo, una serie di garanzie che di fatto bloccano, congelano, ingessano le dinamiche del mercato del lavoro e che, Paolo Mezzio 10 Sindacato Università nello stesso tempo, escludono una intera generazione di forze giovani che nella migliore della ipotesi stanno ai margini o vivono una condizione di “stabile precariato”. Occorre una capacità dirompente strategica organizzativa, come sta tentando di fare la Cisl attraverso il progetto di riorganizzazione, capace di rimettere in modo dinamiche positive di semplificazione, di sburocratizzazione, di trasparenza e di presenza forte e radicata nei posti di lavoro e nel territorio. Cioè riprendere da lì, da dove abbiamo cominciato e, soprattutto,”come” abbiamo cominciato e cioè come un sindacato che lotta per combattere le povertà e affermare la giustizia sociale, capace quindi di saldare le fratture e sanare le lacerazioni sociali e contribuire alla crescita sociale ed economica del Paese. Per fare questo dobbiamo avere la capacità di riprendere quella funzione pedagogica che ha segnato il tempo e il ritmo della crescita nel nostro Paese, anche dal punto di vista dell’offerta democratica”. Come si è chiuso, dal punto di vista del tesseramento il 2013? Quali saranno i punti di forza della campagna di tesseramento 2014? “I dati di chiusura del tesseramento 2013 ci confortano dal punto di vista della tenuta della Cisl rispetto alla platea di riferimento dei nostri iscritti. Certo tenendo conto delle dinamiche negative che stanno investendo l’intero mercato del Lavoro, sempre più parcellizzato e precario oltre che condizionato pesantemente da un ricorso agli ammortizzatori sociali senza precedenti e comunque legato a quello che sembra l’inarrestabile processo di crisi economica e alla fase pericolosa di deindustrializzazione che sta caratterizzando il mondo produttivo del nostro Paese. Nonostante ciò riteniamo esistano ampissimi margini di sindacalizzazione se solo la Cisl e il suo gruppo dirigente continuerà a saper cogliere i segni del cambiamento con politiche di attenzione verso giovani e pensionati, i lavoratori stra- nieri, cercando anche di utilizzare al meglio quello che noi definiamo il “fronte interno” e cioè le opportunità che il nostro sistema dei servizi è in grado di poter offrire. Qual è il progetto per avvicinare i giovani al sindacato? “Resta sempre il primo impegno in assoluto. Abbiamo sperimentato alcune iniziative formative per giovani laureati che hanno dato ottimi risultati. Ma è ancora poco. Formazione, formazione e ancora formazione resta l’elemento fondamentale nell’approccio con la Cisl. Ma occorre ancora altro. Diciamolo il sindacato non è nella testa dei giovani lavoratori (pochi) e dei giovani”. La maggiore vicinanza delle confederazioni dopo la firma del regolamento applicativo dell’accordo del 31 maggio come influirà sulle politiche organizzative della Cisl? “Possiamo dire che la riorganizzazione ha in qualche modo anticipato i contenuti del regolamento applicativo dell’accordo del 31 Maggio su rappresentanza e rappresentatività, e la ripresa, ancora tutta da verificare, considerate le problematiche che all’interno di qualche sindacato si stanno verificando, del percorso unitario, in questo senso ci aiuta. Il Paese ha bisogno, a mio modo di vedere, di un sindacato che, pur nelle diversità, sia in grado di dare un segnale forte di coesione e di unità, perché da questo non dipende “solo” la difesa di tutto un sistema di diritti che altrimenti sarebbero messi in discussione da una politica autoreferenziale e poco “sensibile” alle istanze del mondo che rappresentiamo. (Cgil Cisl e Uil rappresentano più di 12 milioni di lavoratori e pensionati), ma anche l’affermazione di un’idea di democrazia capace di includere e di interpretare i bisogni di tutti, a prescindere dal dato generazionale, dalle coordinate geografiche, dall’appartenenza di genere e, se mi è consentito, dal colore della pelle. Attraverso l’anagrafe degli iscritti, che come Cisl abbiamo attivato già da qualche anno, siamo in condizione, già da ora, di certificare il numero degli iscritti, per cui siamo pronti rispetto a quanto sull’argomento prevede l’accordo. Sarà estremamente importante la gestione dell’accordo alla luce delle novità che contiene, sulla misurazione della rappresentanza, sulle regole, per esempio da adottare per la elezione delle RSU, per la valorizzazione del ruolo delle stesse e tra le stesse, quindi, come garantire una continuità di rapporto in grado di individuare nella prima linea la vera nuova sfida del sindacato del futuro. Non dimenticando che lo stesso accordo assegna alle RSA un ruolo importante di cuneo per le aziende dove non è possibile attivare le RSU e dove, più c’è bisogno di Sindacato e di sindacalizzazione. L’ultimo congresso ha già stabilito che alla prima linea vanno dedicate attenzioni particolari e risorse, nella logica della valorizzazione dei presidi nei posti di lavoro e nei territori. Diciamo che il processo di riorganizzazione va nel senso della sburocratizzazione, della semplificazione della rappresentanza categoriale e anche dell’alleggerimento degli apparati. E lo faremo, per semplificare, ma è veramente solo una semplificazione, con meno dirigenti e più sindacalisti. Ricordo che da più o meno 120 strutture territoriali siamo arrivati a 70 e ancora il processo non è finito”. Il suo dipartimento svolge anche il compito di coordinamento degli enti e delle associazioni promosse con i dipartimenti confederali, com’è articolata questa galassia Cisl? “Si tratta di un sistema complesso che spesse volte si interseca e che è alla continua ricerca di sinergia e di coordinamento. Il sistema dei servizi Cisl poggia su alcuni pilastri fondamentali che vedono nel Patronato e nelle società fiscali fondamentali punti di riferimento. Il nostro sistema va sempre più radicandosi nell’intero territorio nazionale, solo nel 2012 ha avuto qualcosa come 4 milioni di contatti. Se consideriamo che solo il 35% dei nostri iscritti si rivolge al nostro sistema dei servizi, sono chiari i margini di miglioramento e di crescita che si possono ottenere. Tra l’altro parte importante del proselitismo passa dalla funzionalità ed efficacia che i nostri servizi hanno il compito difficile di dare riposte ai bisogni sempre più impellenti e drammatici dei Lavoratori, italiani e stranieri, e dei Pensionati. Per usare uno slogan vecchio ma sempre efficace, dobbiamo avere la capacità di fare diventare i nostri iscritti utenti, e gli utenti nostri iscritti. C’è poi l’ambito che attiene alla tutela dei cittadini, dei suoi bisogni primari e dei suoi diritti fondamentali come quelli della cittadinanza a prescindere dalle coordinate geografiche, dal colore della pelle, dalla loro provenienza. L’Anolf in questo senso compie un’opera difficile e delicata di grande importanza e, spesse volte, essenziale che, dopo la conferenza dei servizi del 2010, lavora in sinergia con l’Iscos per la cooperazione internazionale e l’ufficio internazionale della Cisl. Come l’attenzione nei confronti del consumatore che si estrinseca attraverso l’Adiconsum e rappresenta un punto importante nella tutela di quei diritti che spesse volte con troppa disinvoltura vengono calpestati e mortificati. Complessivamente un sistema dei servizi che tenta di garantire una tutela globale dell’iscritto e del cittadino”. Sindacato Università 11 PUBBLICA AMMINISTRAZIONE La semplificazione amministrativa: chimera o obiettivo raggiungibile? di Domenico Di Simone - Segretario Nazionale Federazione CISL Università In una fase contrassegnata da una grave crisi economica a livello nazionale ed europeo nel nostro Paese si stanno mettendo in campo strumenti sulla cosiddetta “spending review” e in particolare su come la Pubblica Amministrazione possa diventare un catalizzatore positivo per il sistema economico italiano e come si possa riformarla per renderla capace di rilanciare la competitività del sistema Paese. La riflessione però deve essere accompagnata, oltre che sulle regole e sulla qualità del suo enforcement, anche sul costo della Pubblica Amministrazione nella sua attività. In altre parole, è ormai ora di mettere in campo la questione principale ovvero la semplificazione e la responsabilità in capo degli organi di governo. Da anni se ne discute ma il problema è che e le regole restano eccessive, contraddittorie, mutevoli nel tempo. Nel mondo universitario recentemente i rettori, ma la stessa cosa la possiamo affermare e sottoscrivere per il comparto AFAM, hanno denunciato che, in un momento difficile come questo, gli oneri amministrativi, cui sono sottoposte le amministrazioni universitarie per tutta la recente legislazione e il centralismo dei provvedimenti ministeriali, sono dei macigni sulla gestione aziendale. È ormai evidente che il taglio dei costi della burocrazia da solo, senza la semplificazione effettiva degli adempimenti, possa rappresentare una sterile leva per ridare slancio alla competitività della stessa macchina burocratica. Nonostante le buone intenzioni e i positivi provvedimenti in atto, la semplificazione fin qui attuata non ha prodotto gli effetti sperati e le stesse amministrazioni pubbliche subiscono la pesantezza degli oneri gestionali. Se nella indagine, che si sta portando avanti in questi ultimi giorni sulla “spending review”, per esempio nel settore dell’Università e Afam, andassimo a guardare il numero di giornate/uomo dedicate agli adempimenti amministrativi (indice che stima i costi interni, ovvero quanti giorni il personale di una qualunque istituzione pubblica spende per espletare gli oneri amministrativi), questa ci darebbe uno spaccato sorprendente. I costi potrebbero risultare supe12 Sindacato Università riori a quelli che si avrebbero con un sistema semplificato e non duplicato fra centro e periferia. Tutta la partita per l’assegnazione dei fondi alle università, il nuovo sistema di reclutamento dei docenti a livello nazionale con successiva chiamata da parte degli Atenei, il meccanismo di autorizzazione delle assunzione nel comparto Afam fra Istituzioni, Miur, Mef e Funzione Pubblica, impegnano strutture, risorse umane, appalti i cui costi incidono direttamente sui bilanci e sull’organizzazione del lavoro delle Università e delle Istituzioni AFAM. Lo stesso succede per i cosiddetti costi esterni cioè quelli legati all’elevato ricorso a consulenti esterni. Se accanto a questo mettiamo poi l’inadempienza e i ritardi burocratici fra centro e periferia aumenta il cosiddetto “onere da Pubblica Amministrazione” nei confronti prima della stessa macchina burocratica e poi verso l’esterno: il mondo dell’imprenditoria, della ricerca e della didattica. Il funzionario pubblico continua ad avere un “approccio adempimentale” alle questioni, cioè concentrato sul rispetto formale della norma e poco orientato alla valutazione dei risultati della sua azione. Allora quale possibile semplificazione possiamo realizzare in un settore come quello dell’Alta Formazione e ricerca? Le parole chiave per una possibile via d’uscita possono essere: • abolizione delle norme inutili. La semplificazione degli adempimenti, che si traduce in nuove norme che si pretendono più semplici, anche con la soppressione tout court degli adempimenti inutili, che sono ancora numerosi. • digitalizzazione ed e-government e trasparenza dell’azione amministrativa. • razionalizzazione dei processi e cambiamento dell’approccio culturale dei dirigenti pubblici. Occorre cambiare la cultura e le pratiche quotidiane. L’ultimo e forse più importante ambito di intervento è quello volto a recuperare nella Pubblica Amministrazione l’etica del civil servant. Occorre insomma “cambiare passo” e andare avanti con la “stagione della semplificazione”, il decentramento verso le Istituzioni, basata sulle responsabilità e il cambiamento dell’approccio culturale della Pubblica Amministrazione. DOCENZA L’abilitazione? Un grande pasticcio! di Francesco De Simone Sorrentino - Segretario Nazionale Federazione CISL Università Dopo una serie infinita di rinvii finalmente è giunta al termine la tornata 2012 dell’Abilitazione Scientifica Nazionale introdotta dalla Legge n. 240/2010. A dire il vero allo stato mancherebbero ancora i risultati di alcune Commissioni Esaminatrici per le quali le scadenze imposte dalla norma sembrano assumere una valenza relativa, ma nel Paese delle cose eternamente incompiute, fatte, disfatte e rifatte non possiamo che prendere atto di questa ennesima strana circostanza che, a nostro avviso, conferma l’inadeguatezza di chi sarebbe preposto a vigilare su procedure pubbliche di estrema rilevanza per il futuro del Sistema Universitario Italiano di cui non riusciamo a comprendere il mancato intervento. Com’era inevitabile, tuttavia, la pubblicazione dei risultati resi disponibili dalla maggioranza delle Commissioni ha suscitato nella Comunità Scientifica molto clamore e malcontento, fortemente alimentato da indiscrezioni e supposizioni circa le modalità di valutazione adottate dalle stesse Commissioni che, a dire di molti, in tanti casi si sarebbero discostate perfino dalle disposizioni fornite dal MIUR con la nota operativa n. 12477 del 27.05.2013 della Direzione Generale per l’Università. La cosa che più ha attirato la nostra attenzione è che l’indignazione non proviene solo da coloro i quali non hanno ottenuto l’abilitazione, ma assume rilevanza l’idea diffusa che un sistema ideato per troncare le “prassi del passato” possa divenire ancora oggi strumento per accreditare sistemi feudali che non rispondono a logiche meritocratiche e di trasparenza. Questa idea, alla fine, diffusa nell’opinione pubblica non fa altro che mortificare i tanti che con il loro lavoro appassionato hanno conquistato l’ambita abilitazione gettando contestualmente fango su tutto il Sistema Universitario. Certamente non spetta a noi giudicare cosa sia accaduto, ma la costatazione di talune circostanze porta a confermare il giudizio negativo che come Sindacato dell’Università abbiamo sempre dato dell’ASN regolamentata e gestita con provvedimenti attuativi, a nostro avviso, molto criticabili. Anche per queste ragioni, prima dell’ufficializzazione dei suddetti risultati, la Federazione CISL Università chiese al MIUR di vigilare affinché tutti gli atti delle Francesco De Simone Sorrentino Commissioni Esaminatrici fossero verificati ponendo una particolare attenzione sui seguenti aspetti: a) rispetto delle normative stabilite sui criteri di valutazione specie in ordine a quelli integrativi; b) rispetto dell’effettiva parità di trattamento dei candidati specie in ordine a eventuali situazione di svantaggio che potevano interessare allievi di “scuole minori” e soprattutto “precari”; c) rispetto delle norme sull’analiticità dei giudizi dati alle singole pubblicazioni presentate dai candidati; d) diritto dei candidati dei settori bibliometrici di avere certezza del calcolo delle mediane per evitare che persone meritevoli e qualificate potessero mancare l’abilitazione in virtù di pur sempre possibili errori materiali e involontarie omissioni connesse al calcolo dei loro punteggi. All’indomani della pubblicazione dei risultati della tornata 2012 dell’ASN 2012 sono seguiti numerosi e critici articoli delle maggiori testate giornalistiche italiane, interrogazioni parlamentari presentate da esponenti dei Partiti politici di maggioranza e di opposizione a cui ancora oggi non è stata data risposta ma, soprattutto, è cresciuto un enorme fermento che, ha confermato le forti perplessità più volte dichiarate dalla nostra Federazione che ci hanno indotto a chiedere un incontro urgente all’ex Ministro Carozza per ipotizzare soluzioni condivise atte a superare evi- Sindacato Università 13 denti criticità emerse e a prevenire l’enorme contenzioso che si prospettava inevitabile sia avverso ai giudizi delle Commissioni che avverso all’operato del MIUR e che avrebbe potuto mettere in seria discussione tutto il sistema dell’ASN con un enorme danno per gli abilitati meritevoli e per il Sistema Universitario nel suo complesso. Riteniamo che l’improvvisa caduta del Governo Letta abbia pregiudicato il confronto politico che su tale problematica si sarebbe potuto avere con il Ministro. In questo contesto l’assenza di un nuovo interlocutore istituzionale non ha fatto altro che accelerare la presentazione di ricorsi in sede TAR. A fronte di una prima iniziale serie di giudizi negativi promossi dai singoli interessati, con orgoglio possiamo dire che sono stati accolti successivamente tutti i ricorsi basati sui consigli forniti dalla Federazione CISL Università, la cui struttura territoriale di Milano si è distinta per la significativa azione posta in essere. In alcuni giudizi la novità assoluta sta nel fatto che il TAR anziché dare la sospensiva o rigettarla ha dichiarato validi gli esiti degli abilitati, e ordinato al MIUR di nominare una nuova Commissione per giudicare il ricorrente non abilitato. Tale decisione è in linea con quanto avremmo voluto proporre all’ex Ministro Carozza e che continuerà a contraddistinguere la nostra azione sindacale con il nuovo “titolare” del dicastero di Viale Trastevere, il ministro Giannini. A nostro avviso, infatti, sarebbe necessario: a) che le Commissioni, in autotutela, rivedano con l’opportuna attenzione i giudizi formulati per i 14 Sindacato Università non abilitati che abbiano presentato istanza di riesame apportando le necessarie variazioni ove sussistano le condizioni; b) che si proceda a riaprire i termini di partecipazione alla tornata 2013 dell’ASN per coloro i quali non abbiano conseguito l’abilitazione 2012 anche tenuto conto della dichiarazione apparsa sulla stampa della volontà del nuovo Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di non avviare la tornata 2014; c) che il MIUR provveda a nominare nuove Commissioni Esaminatrici per l’ASN 2013 tenuto conto della naturale scadenza al 31.03.2014 delle Commissioni che hanno gestito la tornata 2012; d) che sia necessario riconsiderare il sistema dell’ASN, del reclutamento e dell’ordinamento del personale docente ipotizzando soluzioni innovative come il ruolo unico della docenza, previo confronto con le parti sociali. Riteniamo che solo in questo modo si potrà garantire la maggiore serenità al Sistema Universitario Italiano provato da molti anni bui di miope politica che hanno favorito, magari anche inconsapevolmente, gruppi di potere e lobby d’interesse impedendo, in molti casi, l’emersione del “merito” e dei “migliori”. La Federazione CISL Università, prima fra tutte le Organizzazioni e Associazioni sindacali del settore universitario, ha sempre creduto che solo dal mondo dell’Università, della Ricerca e dell’Alta Formazione possa venire quella “spinta” propulsiva capace di generare una nuova crescita non solo economica del Paese. S I N D A C AT O Con l’accordo al via nuove relazioni sindacali di Marino Midena - Direttore Responsabile “Sindacato Università” E se fosse la contrattazione il motore per trovare soluzioni alla crisi economica e del lavoro? Con questo obiettivo Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno siglato lo scorso gennaio l’accordo sul regolamento di attuazione del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 sulla rappresentanza. Un accordo di grande rilievo perché costituisce un vero e proprio testo unico che va a disciplinare in maniera complessiva e coerente la materia. Regole chiare in tema di rappresentatività, efficacia ed esigibilità dei contratti sono quindi da oggi una realtà che segna una vera inversione di rotta rispetto al passato. Il nuovo modello, infatti, supera la natura conflittuale, antagonistica, caratterizzata da regole “liquide” che connotato la storia degli ultimi decenni. In termini di azione sindacale si passa così dalla protesta al confronto di merito. Il documento è composto da quattro parti. Nella prima, l’accordo dà attuazione al sistema di misurazione della rappresentanza a livello nazionale previsto dall’accordo del 2013 e si realizza con la collaborazione dell’INPS e del CNEL. La misurazione di ciascun sindacato, infatti, avverrà calcolando la media tra il numero delle deleghe sindacali espresse dai lavoratori e i voti ottenuti alle elezioni per le RSU. Si procederà ogni anno, sulla scorta di queste misurazioni, alla certificazione della rappresentatività dei vari sindacati per i diversi contratti nazionali. La seconda parte individua la regolamentazione della rappresentanza in azienda per la quale la novità più rilevante consiste nell’adozione di un meccanismo di natura esclusivamente proporzionale per la composizione della RSU nella sua interezza. Nella terza parte, l’Accordo disciplina la contrattazione collettiva con particolare riferimento alla titolarità e all’efficacia della contrattazione nazionale ed aziendale. Cambiano in maniera profonda le regole riguardanti i partecipanti alla negoziazione. In questo settore si registrano le novità maggiori. Possono prendere parte alla negoziazione le organizzazioni sindacali che abbiano raggiunto il 5% di rappresentanza e che abbiano partecipato alla negoziazione e alla definizione della piattaforma e abbiano fatto parte della delegazione trattante dell’ultimo rinnovo del CCNL. Si mette in atto cioè un meccanismo di partecipazione che si caratterizza per una forte responsabilizzazione dei soggetti trattanti. Anche la contrattazione aziendale non è esente da importanti novità. In particolare si prevede che il livello di contrattazione decentrata venga esercitata per le materie delegate e con le modalità stabilite dal CCNL o dalla legge. In situazioni specifiche (crisi, investimenti etc.) inoltre le rappresentanze aziendali possono concludere intese che modificano (deroghe) il contratto collettivo nazionale di lavoro. Le deroghe decise vanno adottate d’intesa con le “relative” organizzazioni territoriali di categoria. Nella quarta parte viene previsto che i CCNL debbano individuare clausole e procedure finalizzate a garantire l’esigibilità dei contratti collettivi nazionali e a prevenire il conflitto. Con tale previsione si vuole assicurare un meccanismo di superamento di quella fluidità che ha caratterizzato per decenni il nostro sistema di relazioni industriali. Tali regole, infatti, dovranno riguardare i comportamenti di tutte le parti contraenti e prevedere sanzioni in caso di inadempimento. Infine un’ultima sezione è riservata alla disciplina della fase transitoria e riinvia, in fase di prima applicazione dei principi sopra enunciati, in caso di controversia, ad una procedura arbitrale da svolgersi a livello confederale, da attivarsi principalmente in caso di eventuali comportamenti non conformi agli accordi. La firma dell’accordo, con un impianto regolamentare messo a punto dagli attori stessi delle relazioni industriali, dà la possibilità di fissare un sistema più adeguato e più consono alle dinamiche sindacali. Con il valore aggiunto di una unitarietà delle sigle finalmente riconquistata si realizza quindi un modello più efficace e affidabile di quello che si sarebbe potuto affrontare in sede legislativa. Nessuna paura per un modello “parlamentare” di relazioni ma si afferma, così, l’esigenza di una più penetrante capacità di interpretazione del tessuto produttivo del Paese con l’affermazione del principio dell’autoregolamentazione. Per liberare un lavoro bloccato e che non c’è, come accade in Italia, occorre affermare che il sapere organizzativo dei lavoratori è un fattore strategico per saper inSindacato Università 15 novare il modo di produrre nel Paese. Sono sempre più numerosi i casi di imprese in fallimento che vengono salvate dai lavoratori che ostinatamente si riorganizzano tornando a produrre e a vendere. Non si tratta di trovare modelli solidaristici di contrattazione, né di gestire situazioni crisi. Sul piatto della bilancia va messa la capacità e la valorizzazione del lavoro per il recupero di competitvità. Una legge sulla rappresentatività, in particolare nell’attuale panorama, aprirebbe la strada ad uno scontro politico e ideologico che ci allontanerebbe dal raggiungimento di una possibile soluzione, andando di fatto, con la spaccatura delle parti, alla paralisi regolamentare. Misurare la rappresentatività degli attori e garantire la piena attuazione degli accordi raggiunti sono quindi due passaggi fondamentali per assicurare chiarezza e trasparenza alle relazioni industriali. L’accordo diventa, così, un contributo per migliorare nel Paese il quadro di riferimento e per assicurare regole certe per tutti coloro che vogliono investire nel nostro Paese. Anche se fa riferimento al settore privato, l’accordo, che va recepito nei contratti sindacali che si andranno via via a siglare, costituisce un segnale forte per forze politiche e istituzioni del Paese introducendo regole che pos- sono costituire un indirizzo per tutti i comparti produttivi. Del resto è stato, in qualche modo, proprio il modello delle relazioni sindacali del pubblico a tracciare la strada. Il Testo Unico rappresenta un risultato di grande rilievo per tutto il movimento sindacale confederale e pone in essere un modello di rappresentanza sindacale uniformato da principi di democraticità, aperto alla partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici. Si procede, con l’accordo, in una ulteriore tappa di un processo riformatore avviato grazie all’Accordo Interconfederale del 2011, ma che a ben vedere ha radici più antiche è profonde. Il nuovo modello rappresenta il superamento culturale dei modelli negoziali del passato. Si affacciano sui tavoli nuove idee portanti: responsabilità e capacità di proposta per un recupero di produttività. Cgil Cisl e Uil unitariamente, con l’accordo, hanno posto le premesse perché la contrattazione sia capace, non solo di gestire la crisi, ma di dare un contributo a rilanciare occupazione e crescita. Le forze sindacali intendono così facilitare quel processo di ripresa che tutti si aspettano dal nuovo Governo Renzi. Raffaele Bonanni è Segretario generale della Cisl dal 2006, dopo essere stato Segretario generale della Cisl Sicilia e della Filca (Federazione italiana lavoratori costruzioni e affini) 16 Sindacato Università SALUTE CNR: è allarme per l’inquinamento dell’aria negli ambienti chiusi di Rosanna Mabilia - Ricercatrice CNR Il CNR ha conseguito risultati rilevanti, derivanti da attività internazionali con diversi partner europei, relativamente allo studio dell’inquinamento dell’aria negli spazi chiusi (“confinati”, secondo il linguaggio tecnico). I risultati e le prospettive future per la tematica di inquinamento indoor sono state presentate durante il workshop tenutosi il 12 dicembre 2013 presso il CNR dal titolo: “Inquinamento Indoor: le emissioni dei materiali da costruzione, la questione della ventilazione e il ruolo delle piante negli ambienti chiusi”. Durante il workshop sono stati presentati i risultati di un progetto a livello europeo (OFFICAIR Project – On the reduction of health effects from combined exposure to indoor air pollutants in modern offices), finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del VII Programma Quadro, per l’identificazione e la valutazione di un gran numero di inquinanti (più di 30) presenti negli ambienti indoor. Nell’ambito di questo ampio studio sperimentale sono stati investigati 197 edifici moderni adibiti ad uffici in 8 Paesi europei, rappresentativi delle diverse condizioni geografiche e meteorologiche (Italia, Francia, Grecia, Olanda, Portogallo, Ungheria, Spagna, Finlandia). Lo studio è stato orientato verso gli ambienti che rappresentano un esempio di spazi più standardizzati e hanno le stesse caratteristiche in tutto il mondo: gli uffici moderni. Essi presentano, infatti, attrezzature (sistemi di climatizzazione, ventilazione meccanica dell’aria, illuminazione artificiale, ecc.) che li rendono indifferenti alle condizioni climatiche esterne nelle quali sono collocati. Generalmente viene favorita una disposizione open space ad alta densità occupazionale, aumentando in tal modo la richiesta di ventilazione meccanica. Nelle ultime due decadi gli uffici moderni, a causa della loro collocazione, del design, dello spazio e del microclima nonché delle attrezzature e facilities, sono stati caratterizzati dalla presenza di nuovi inquinanti. Questi sono prodotti da nuove sorgenti di emissioni che possono portare all’esposizione dei lavoratori a conseguenti rischi per la salute. Il progetto OFFICAIR è rivolto e fornisce un sostegno alle “Thematic Strategies on Air Pollution” e all’ “European Environmental and Health Action Plan” attraverso i suoi obiettivi principali: Rosanna Mabilia – descrivere la qualità dell’aria (Indoor Air QualityIAQ) negli uffici moderni in Europa; – inventariare e verificare le cause (eventi, sorgenti) di problemi negli uffici moderni europei; – comprendere meglio la correlazione tra IAQ e salute, comfort e produttività negli uffici moderni. Una percentuale significativa della popolazione degli Stati membri dell’UE lavora quotidianamente negli uffici. Questa percentuale è destinata ad aumentare in futuro. Di conseguenza l’ Indoor Air Quality negli edifici adibiti ad uso ufficio è una questione di fondamentale interesse poiché riguarda i lavoratori che forniscono prestazioni di estrema rilevanza per le aziende e le pubbliche amministrazioni. La loro produttività è un parametro critico, non solo perché il lavoro dell’uomo rappresenta uno dei fattori più costosi, ma anche perché esistono ancora molte incertezze su come affrontare la questione nel contesto delle assicurazioni per quanto riguarda i casi di malattia in questi ambienti. La preoccupazione riguardante la produttività non è collegata soltanto all’assenteismo associato a malattie che possono essere dovute all’ambiente di lavoro, ma può risultare anche da condizioni di lavoro “poco confortevoli” secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sindacato Università 17 Il fattore cruciale per conseguire l’effetto desiderato (salute, comfort e produttività negli uffici moderni) è la stretta collaborazione di tutte le parti interessate (es. industria edilizia, operatori sanitari, decisori politici). I risultati del progetto OFFICAIR sono rivolti a questi gruppi con lo scopo di elevare la consapevolezza e la comprensione. Gli studi di laboratorio e di campo sono stati progettati per avere un’ampia rappresentazione geografica delle diverse zone climatiche e delle condizioni realistiche dell’UE. A tal fine sono state condotte circa 1500 analisi affidate dai responsabili europei del progetto ai laboratori del CNR sia per il know-how esistente sia per avere un’omogeneità dei risultati. Il progetto è stato condotto usando un approccio innovativo attraverso 3 fasi complementari: un’Indagine generale, uno Studio di dettaglio e uno Studio di intervento. Nella prima fase è stato effettuato un sondaggio generale in 20 edifici ad uso ufficio. Gli edifici sono stati selezionati in città con caratteristiche climatiche differenti dell’Europa meridionale, centrale e settentrionale, privilegiando gli uffici open space. Tra i 20 edifici è stato selezionato un numero variabile tra 3 e 5 per Paese per uno studio di dettaglio. In questa fase sono state effettuate indagini sul campo attraverso 2 campagne di monitoraggio condotte in 37 edifici europei: una estiva (2012) e una invernale (2013) durante le quali sono stati misurati un gran numero di inquinanti (20 VOCs e 13 aldeidi) nonché dei parametri fisici (temperatura, umidità relativa, flussi di aria). In ogni edificio, per 18 Sindacato Università ciascuna specie, sono stati considerati 4 punti di campionamenti indoor e 1 punto di campionamento outdoor, per 5 giorni lavorativi. Per quasi tutti gli edifici europei sono stati riscontrati livelli degli inquinanti all’interno superiori rispetto a quelli dell’aria esterna (outdoor). In particolare, per la maggior parte degli edifici sono stati riscontrati concentrazioni di formaldeide, benzene, terpeni elevati. Sono state riscontrate inoltre differenze stagionali: generalmente per tutti i Paesi è stato osservato che i terpeni (limonene, a-pinene) sono più alti in inverno e più bassi in estate. Obiettivo della terza fase (Studio di intervento) è stato quello di valutare l’effetto di un intervento atto a migliorare la qualità dell’aria indoor. Durante questa indagine sono state modificate le modalità di pulizia: gli arredi e i mobili sono stati puliti con acqua e i pavimenti sono stati puliti con prodotti di pulizia diversi da quelli abitualmente utilizzati Durante l’indagine sono state condotte 2 campagne di monitoraggio, prima e dopo l’intervento, in 8 edifici europei. Per ciascun edificio sono state individuate due stanze: in una stanza non è stato effettuato alcun intervento ed è stata utilizzata come “controllo” per monitorare l’effetto dell’intervento effettuato nell’altra stanza. I risultati complessivi ottenuti dal progetto OFFICAIR saranno forniti ai policy makers, ai responsabili della salute pubblica e agli stakeholder e costituiranno utili indicazioni su come affrontare l’inquinamento indoor al fine di garantire la salute e il benessere dei lavoratori. DALLE SEDI Il telelavoro conquista di conciliazione di Massimo Marra - Università del Salento Il telelavoro all’Università del Salento nasce in risposta a un bando regionale Puglia sulla “Parità di genere” del 2010. Il progetto è stato fortemente voluto dall’allora Comitato Pari Opportunità dell’ateneo che, dopo una fase di concertazione con organizzazioni sindacali e altre pubbliche amministrazioni interessate all’iniziativa, ha proposto il telelavoro come strumento per dare risposta alle esigenze di conciliazione fra vita privata e lavorativa del personale tecnico/amministrativo. Il progetto è stato approvato dalla Regione Puglia un anno dopo ed è diventato operativo a metà del 2012. L’avvio del progetto è stato abbastanza lento e le difficoltà incontrate per arrivare al bando di selezione dei lavoratori sono state davvero numerose. Senza voler entrare negli aspetti amministrativi, è stata più volte percepita in modo evidente la sensazione che il telelavoro, al di là delle affermazioni ufficiali, fosse in realtà considerato come qualcosa che andava a destabilizzare una organizzazione del lavoro che tutti accettavano e la cui modifica poteva diventare incontrollabile. La preoccupazione più grande che spesso si è percepita da parte dell’amministrazione è stata quella di trovare metodi efficaci di controllo del telelavoratore onde scongiurare che le giornate telelavorate non divenissero giornate di vacanza. Ad esempio si è avuta notizia di accurate indagini per individuare innovativi strumenti informatici di telecontrollo del lavoratore e di riunioni fiume nelle quali veniva invece decisa la linea di privilegiare un rapporto fiduciario con il telelavoratore, salvo un controllo ex-post del suo operato. Come organizzazioni sindacali si è più volte intervenuti per sollecitare il rispetto dei tempi del progetto e solo grazie ad alcune proroghe della Regione si è fi- Massimo Marra nalmente arrivati a licenziare, nel gruppo di progetto, una bozza di contratto decentrato. Seppure il documento fosse stato redatto con i rappresentanti sindacali, in sede di contrattazione decentrata è stato necessario intervenire più volte per perfezionarlo. La prima importante miglioria è stata quella di privilegiare le esigenze di conciliazione del lavoratore rispetto alle esigenze organizzative della struttura di appartenenza. Questo ha infatti consentito, per il richiedente il telelavoro, di poter presentare il suo progetto individuale anche senza la preventiva approvazione del responsabile di struttura ponendo poi, in capo all’amministrazione, la responsabilità di trovare il giusto compromesso sino anche a prevedere, in determinate situazioni, un trasferimento temporaneo sostitutivo. Proprio a tal fine, è stato formalmente inserito nell’accordo che alla fine del periodo di telelavoro il dipendente rientrasse nel posto precedentemente occupato. Altra importante miglioria introdotta in sede di contrattazione Sindacato Università 19 decentrata è stata l’inserimento di un punteggio ai lavoratori portatori loro stessi di disabilità. Infatti, l’impostazione del progetto tutto orientato alla conciliazione, partiva dall’errato presupposto che un lavoratore richiedesse il beneficio per assistere altri e non anche per esigenze personali e che non fosse da intendersi conciliazione il tempo per sé. Infine, una istanza non accolta senza alcuna giustificazione particolare, è stata la richiesta di riconoscere un punteggio aggiuntivo ai lavoratori che avevano il coniuge lavoratore fuori regione. Si è dunque, nel luglio 2013, arrivati alla pubblicazione del bando. Nonostante dalla indagine preliminare si fossero dichiarati interessati al telelavoro 150 colleghi dei quali 26 dichiaravano la presenza di un disabile in famiglia, al bando che prevedeva la capienza di 30 posti, hanno risposto solo in 17 di cui 15 ammessi. I due colleghi non ammessi hanno vista rigettata l’istanza perché non avevano disabili nel nucleo familiare né bambini di età inferiore ai 12 anni. Il perché di questa ridotta partecipazione al bando è in parte da attribuire alla scadenza delle domande in un periodo di punta per le ferie estive ed anche dalla incompatibilità, espressamente prevista nel contratto integrativo, del telelavoro con qualsiasi attività esterna e di conto terzi. Dei 2 colleghi esclusi, uno ha presentato ricorso adducendo a giustificazione delle esigenze di conciliazione l’avere bambini di età superiore ai 12 anni ma comunque minorenni ed il coniuge lavoratore fuori. Al momento l’amministrazione non si è ancora espressa nel merito, ma in sede di contrattazione si è proceduto a una interpretazione autentica estensiva che include favorevolmente il caso prospettato. Per 14 dei 15 vincitori il telelavoro ha avuto operativamente avvio il 15 novembre 2013 e terminerà il 14 maggio 2014. Per il 15esimo collega, che presta servizio presso la segreteria studenti, il progetto è partito circa 10 giorni dopo perché aveva presentato domanda senza il preventivo nulla osta del suo responsabile di struttura. Indispensabile l’intervento risolutivo posto in essere dal direttore generale che, sposando appieno lo spirito di sperimentazione del progetto, ha inteso autorizzare il collega affinché possano aversi elementi oggettivi utili al fine della corretta definizione delle posizioni telelavorabili o meno. In effetti tale atteggiamento positivo dell’amministrazione si rafforza considerando il fatto che sono state autorizzate tutte le 15 do20 Sindacato Università mande presentate indipendentemente dal ruolo ricoperto. Ad una prima approssimativa analisi, infatti, in pochi avrebbero tranquillamente acconsentito ad autorizzare il telelavoro al direttore di biblioteca, a un responsabile di laboratorio, a un impiegato di protocollo e altri responsabili di uffici. Al momento si sono conclusi i primi mesi di telelavoro e alcune considerazioni possono essere fatte. In linea generale vi è un atteggiamento timido dei telelavoratori sempre in ansia a essere prontamente reperibili alla prima chiamata telefonica o via skype e sempre pronti a raggiungere puntualmente gli obiettivi assegnati affinché nessuna omissione o mancanza possa essere loro imputata. La valutazione del lavoro svolto dai telelavoratori è effettuata mensilmente mediante relazione del responsabile di struttura. Si segnala che tali relazioni non sono controfirmate dai lavoratori che perciò spesso non ne conoscono il contenuto. Altro elemento su cui riflettere è che essendo l’università una pubblica amministrazione e avendo il contratto collettivo indicazioni stringenti sulle ore settimanali da lavorare, ciascun lavoratore deve redigere settimanalmente un foglio presenze con l’indicazione dell’orario svolto. Il rendiconto è firmato dal responsabile di struttura. Tale procedura però in più di un caso ha creato diversi problemi. In effetti il responsabile può attestare che il telelavoratore ha svolto i compiti assegnati ma non ha alcun elemento per valutare la veridicità degli orari di lavoro indicati che sono e restano una mera autocertificazione del lavoratore medesimo. L’impegno che come sigla sindacale ci poniamo è quello di far diventare il telelavoro da strumento sperimentale a strumento ordinario di svolgimento della giornata lavorativa. In effetti in tempi brevi l’amministrazione dovrà redigere il piano di telelavoro e sarà questo l’occasione per far valere le nostre ragioni e dare risposta alle aspettative dei colleghi. Il telelavoro sta infatti sta raccogliendo una sempre più diffusa accoglienza tra i lavoratori. In tanti hanno già avviato la sperimentazione e hanno manifestato estremo interesse a continuarlo e sarà quindi anche l’occasione affinché nuovi colleghi possano accedere a tale strumento. Come CISL abbiamo realizzato una brochure informativa del progetto e abbiamo organizzato una giornata studio; per il futuro saremo sempre in prima linea per difendere il diritto alla conciliazione fra vita privata e lavorativa dei lavoratori dell’ateneo. FISCO Con Mini-Imu, Tares è allarme tasse intervista a Valeriano Canepari - Presidente Caf CISL, a cura di Dalila Pucciarelli Nel delirio fiscale di questi mesi l’unico modo per trovare un aiuto concreto e per orientarsi è quello di rivolgersi ai centri di assistenza fiscale. Con Valeriano Canepari, presidente nazionale Caf Cisl, facciamo il punto sulle nuove tasse con alcuni suggerimenti per affrontare al meglio la complessa materia fiscale. Venerdì 24 Gennaio è scaduto il termine per il pagamento della Mini-Imu. È possibile, già a questo punto, effettuare un bilancio della risposta dei contribuenti italiani? “Assolutamente sì. Possiamo contare più di 540 mila persone che hanno provveduto al pagamento della Mini-Imu. In un arco di tempo estremamente breve, il numero dei contribuenti è stato davvero elevato”. I Caf sono riusciti a far fronte all’affollamento verificatosi durante il mese di Gennaio? “Ci sono state molte code e tempi di attesa lunghi che normalmente durante la campagna fiscale non ci sono. Si è trattato di disagi non imputabili però alla nostra possibilità lavorativa. Anzi, abbiamo avuto la capacità di gestire positivamente una vera e propria emergenza”. Cosa può fare il contribuente che non ha pagato la Mini-Imu entro il termine prestabilito? “Alcune migliaia di contribuenti hanno preferito evitare i tempi di attesa e le code e pagare successivamente. Nei primi 15 giorni le sanzioni sono quasi insignificanti, qualche decimo di euro. Il sistema sanzionatorio cresce in base al tempo che passa da quando si sarebbe dovuto pagare a quando si paga effettivamente e diventa ancora più oneroso se il mancato pagamento viene accertato dal Comune. Io credo che grazie all’azione informativa dei media, il contribuente era a conoscenza del termine ultimo da rispettare e che siano state davvero poche le persone che non sono riuscite a pagare”. Giudica la Mini-Imu una tassa necessaria o una tassa che poteva essere evitata? Valeriano Canepari “Sicuramente si sarebbe potuta gestire meglio. Sull’evitabilità o meno della tassa, noi come Caf tendiamo a non entrare. Noi ci esprimiamo sempre sulle modalità con le quali la tassa viene gestita. C’è stato un “balletto” continuo sull’Imu cominciato nel periodo elettorale quando il Centro Destra ha lanciato la sfida sulla sua abolizione. Un anno di discussione su una tassa, un tempo che a me sembra lungo, con una decisione che poi arriva all’ultimo momento. Dal momento della decisione passano solo 15 giorni ed il contribuente è chiamato a pagare: ecco, questo credo che sia un modo di gestire il rapporto tra Stato e contribuenti, fra Comuni e contribuenti, che non va bene. Ciò demolisce e svilisce lo statuto dei diritti dei contribuenti”. Molti Comuni non sono riusciti a inviare in tempo i bollettini per poter pagare la tassa di maggiorazione della Tares e i reclami sono stati numerosissimi. Cosa può fare un Caf territoriale per aiutare un contribuente a risolvere questo tipo di problema? “La Tares è un’imposta predeterminata, il Comune definisce il costo del servizio e poi attribuisce al citSindacato Università 21 tadino la quota di pagamento. Dopo discussioni infinite c’è stata la famosa maggiorazione che ha creato oggettive difficoltà ai Comuni per predisporre e inviare i bollettini. Da un lato c’è stata una difficoltà oggettiva e dall’altra, nella stragrande maggioranza dei Comuni, un’inefficienza nel predisporre i bollettini e nel mandarli. Il contribuente allarmato si è rivolto o agli uffici comunali o a noi per avere ragguagli e per poter essere nella condizione di pagare. Bisogna però fare una considerazione più profonda fra il rendere disponibile al contribuente una serie di servizi vantaggiosi e il realizzare delle soluzioni inutili, che costano e che arrivano tardi. Non so se i Comuni saranno in grado di applicare il calcolo, forse manderanno al contribuente una comunicazione generica, un bollettino che poi non viene utilizzato: in questo caso ci sarebbero costi di organizzazione, di stampa, di carta per un servizio inutile. Ecco uno dei paradossi del nostro fisco: un fisco quasi personale. Abbiamo cercato di tenere conto il più possibile, nel calcolo dell’imposta, delle varie condizioni soggettive e oggettive del contribuente. Se noi vogliamo sempre più personalizzare e tener conto delle situazioni personali nel calcolo dell’imposta, poi non ci possiamo eccessivamente lamentare del fatto che il calcolo e la quantificazione di quest’imposta non sia semplice. Bisogna sempre trovare un giusto equilibrio”. Ci sono, e se sì quali sono, Caf che presentano problematiche di gestione? “All’interno del nostro sistema Caf Cisl, grazie al lavoro fatto in questi anni, abbiamo profondamente modificato il livello organizzativo che è sufficientemente omogeneo su tutto il territorio. Ad oggi possiamo dire che il nostro sistema è basato su un criterio di gestione piuttosto uniforme di tutte le attività”. Per quale motivo i contribuenti considerano le questioni fiscali intricate e incomprensibili? Colpa dei continui interventi governativi o della scarsa propensione dei cittadini all’informazione? “Possono essere due gli elementi che caratterizzano questa disaffezione: da una parte il fatto che il nostro fisco è molto complesso perché troppo differenziato, quasi personalizzato. Il nostro non è un fisco stabile, ma cambia ogni anno: spesso una sola modifica può avere ripercussioni su tante situazioni. Il secondo elemento è l’atteggiamento tipico degli italiani che di solito affrontano le questioni sempre all’ultimo momento. Noi abbiamo realizzato una procedura online attraverso la quale il contribuente può farsi da solo la dichiarazione dei redditi ad esempio, ma non sta avendo il successo che si poteva pensare. Il contribuente preferisce affidarsi a qualcuno che lo rassicuri e gli garantisca l’assunzione di responsabilità”. Come giudica la politica fiscale italiana di questi ultimi anni? “È una politica fiscale che continua a essere instabile: 22 Sindacato Università questo non va bene per i contribuenti che non sanno mai cosa aspettarsi. Il tema più importante del fisco italiano è la continuità della norma fiscale, in questi ultimi 10 anni è successo di tutto”. Ci avviciniamo al periodo della campagna fiscale 2013/2014, come si stanno organizzando i Caf territoriali? “Noi abbiamo una struttura molto flessibile, che nei mesi tra Marzo e Giugno cambia completamente. Il personale viene triplicato. Noi possiamo dire di essere pronti, non altrettanto il fisco. L’Inps è stata precisa e ci ha fornito i Cud, il lavoro con l’Inps sta evolvendo positivamente. I Cud poi non vengono consegnati puntualmente dai datori di lavoro, alcuni arrivano molto in ritardo: questo è un elemento di difficoltà nella gestione delle pratiche fiscali. La maggior parte delle nostre strutture comincia l’attività in modo intensivo da fine marzo. Devo dire che ad esempio il CAF CISL da settimane ha cominciato a prendere le prenotazioni. L’Inps per il secondo anno consecutivo non invia i Cud ai pensionati, parliamo di milioni di persone, e quest’anno non invia neanche la lettera che invita a presentare il modello Red. Ecco perché noi abbiamo inviato, via sms e via posta, oltre 1.800.000 comunicazioni per informare i contribuenti sul fatto che siamo in possesso della loro pratica. Finiremo questo invio massiccio intorno al 20 Marzo, in questi giorni stiamo ricevendo migliaia di telefonate. La nostra macchina organizzativa è pronta, non prevediamo particolari problematicità”. Quali sono i vantaggi che un contribuente può trarre dai servizi del Caf? “Il nostro Caf ha una diffusione molto ampia, oltre 1500 sedi durante l’attività fiscale, poi abbiamo presenze anche nelle aziende, nei posti di lavoro, nelle leghe dei pensionati. In caso di errore non è il Caf che ne risponde, ma è il sindacato. Questo è un motivo in più per aver una grande attenzione al modo di lavorare. Per noi non si tratta soltanto dell’aspetto economico ma sociale, questo fa la differenza. Noi ci siamo sempre: non è detto che altri facciano analoghi ragionamenti. Abbiamo un atteggiamento diverso da quello che spinge ad agire solo per un’attenzione economica. Noi crediamo di avere una qualità alta e fornire una garanzia che nessun altro è in grado di fornire”. Suggeriamo al contribuente le prossime date da appuntare in agenda per non avere alcun tipo di problema “fiscale”. “Sicuramente il 30 giungo per le dichiarazioni. Come sempre conviene prenotare in modo da fruire immediatamente del servizio. In poco più di 20 minuti ogni contribuente può risolvere i suoi problemi. L’invito è quello di non aspettare gli ultimi giorni ma prenotarsi per tempo”. Sindacato Università 23 Segreteria Nazionale Via Rovereto 11, 00189 Roma Tel. 068840772 - 068413556 - Fax 068844977 www.cisluniversita.it e-mail: [email protected]
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