ANNO XXXI N 17 11 Maggio 2014

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Il pianto di papa Francesco
per i nuovi crocifissi.
È mancata quell’ondata di emozione, magari da esprimere in preghiera;
la preoccupazione del nostro precario presente riduce tutto al silenzio.
“Io ho pianto quando ho visto sui media la notizia di cristiani crocifissi in un certo Paese non cristiano”. Così papa Francesco, durante l’omelia quotidiana celebrata venerdì 2 maggio nella cappella della Domus Sanctae Marthae, facendo riferimento al supplizio della croce subito da alcuni
giovani cristiani in una città siriana. Il riferimento ai cristiani messi in croce ha dato ancora modo
al Vescovo di Roma di esprimere lo sguardo proprio della fede cristiana sui fatti di persecuzione
e di descrivere il miracolo della letizia testimoniata dai martiri cristiani. I martiri di oggi, come
gli Apostoli – ha sottolineato Papa Francesco - sono “lieti di essere stati giudicati degni di subire
oltraggi per il nome di Gesù”. La loro è “la gioia di tanti fratelli e sorelle nostre che nella storia
hanno sentito questa gioia, questa letizia di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il
nome di Gesù. E oggi ce ne sono
tanti! Pensate che in alcuni Paesi,
soltanto per portare il Vangelo, vai in
carcere. Tu non puoi portare una
croce: ti faranno pagare la multa. Ma
il cuore è lieto”. (Ag.Fides)
L’attualità dell’invito di Gesù : “Chi
vuol venire dietro di me, prenda la
sua croce e mi segua”, è fin troppo
evidente in tutte quelle croci con le
quali gli uomini imbattono ogni
giorno, in particolare, in tutte quelle
che, in modo tragico, affrontano tanti
nostri fratelli. Le notizie che ci giungono da altri continenti, anche se
spesso ridimensionate, hanno tutte il
contenuto di una tragica realtà: molti cristiani, fratelli nella fede, vengono uccisi per odio religioso.
Quello che spaventa non è il martirio sul quale si sono formate le nostre certezze religiose, ma
l’indifferenza e la mancanza di emotività che circondano queste morti. L’abitudine, forse, per
quel Crocifisso di cui ci ricordiamo quando altri lo vogliono togliere dalle pareti, sta avendo il
sopravvento. Su quel martirio siamo cresciuti spiritualmente e riviverlo sugli uomini dovrebbe
essere motivo di partecipazione e di sofferenza. È sconvolgente il silenzio che circonda questi,
purtroppo, ripetuti episodi. “Il sangue dei martiri come seme di nuovi
cristiani” di cui ci parla Tertulliano,
non va pensato solo come nuove
conversioni, ma anche come partecipazione e ritorno alla coerenza.
Il timore espresso da San Giovanni
Paolo II sui danni del capitalismo si
sta rivelando sempre più profetico.
Nella ricerca di una vita comoda e
senza scossoni ci sentiamo solo disturbati da questi episodi di violenza
che, purtroppo, ci sono e ci chiamano a rimettere in discussione la nostra esistenza, a ridare senso
al nostro essere e farci riflettere sul nostro essere cristiani oggi.
Segue a pag. 2
Diocesi
San Benedetto del Tronto - Ripatransone - Montalto
ontalto
INTENZIONI di PREGHIERA
DEL SANTO PADRE
MAGGIO 2014
Di seguito riportiamo le intenzioni per il
mese di maggio affidate dal Papa
all’apostolato della preghiera:
Generale: “Perché i mezzi di
comunicazione siano strumenti
al servizio della verità e della pace”.
In tutte
t
le pa
arrocchie
M
Martedì
13 Maggio
ore 21:15
Missionaria: “Perché Maria, Stella dell’Evangelizzazione,
guidi la missione della Chiesa
nell’annuncio di Cristo a tutte le genti”.
Ecco tua Madre
«Per la festa della MAMMA
ci piace far conoscere questa bella riflessione
tratta dal libro di P. Garcìa Barriuso:
“Parole semplici su Maria” pag. 84»
PIÙ O MENO intorno agli anni novanta, il
«figlio» Giovanni, ormai passati gli ottanta, ricordava quella storia lontana, ma sempre emozionante, la storia della Croce. In quel
momento, Qualcuno gli aveva affidato un incarico, che aveva il carattere di ultima volontà:
Giovanni. ecco tua Madre. E Giovanni l’accolse in casa sua. Nient’altro. Però quanta vita
racchiudono queste parole. E che ricchezza di
significato. Com’è stata quella vita?
Giovanni già lo conosciamo. La sua anima traspare dai suoi scritti: ardente come il fuoco,
dolce come la brezza. Maria già la conosciamo: silenziosa come la pace, attenta come
una sentinella, aperta come una madre.
Non s’è mai data in questo mondo una rela-
zione così radiosa tra due persone. Avranno
parlato di Gesù, sempre di Gesù, senza esserne
mai sazi. Maria si sarà presa cura di Giovanni
come se fosse stato suo figlio, mentre Giovanni avrà ricuperato l’anima di Gesù - non
invano era stato il suo discepolo prediletto nei riguardi della Madre. Egli la vide negli ultimi momenti, assistette al suo transito ineffabile e le chiuse gli occhi.
Giovanni fu sicuramente il primo a sperimentare quello che noi chiamiamo la devozione a
Maria: amore filiale, ammirazione, disponibilità, fede... Giovanni è oggi per noi un modello. Della sequela di Gesù e dell’amore a sua
Madre. Noi possiamo – dobbiamo- essere
come Giovanni.
La folla, l’albero e la salvezza
in uno sguardo
LORETO - Qual è il desiderio fondamentale di ogni
essere umano? L’uomo
creato per Dio, è inquieto
finché non Lo trova: in
ognuno di noi c’è un profondo desiderio di salvezza. Questa una delle
riflessioni proposte ai giovani che hanno partecipato
al ritiro per i giovani di AC
della Diocesi di San Benedetto del Tronto. Il ritiro ha
avuto inizio nella mattina
di sabato 26 aprile presso la
struttura Terra dei Fioretti
di Loreto, a pochi passi
dalla splendida Basilica
Lauretana. L’accoglienza è stata fatta da Padre
Alessandro dei Frati Minori e Suor Marilda
delle Suore Francescane Alcantarine che hanno
animato alcuni momenti del ritiro. I giovani
sono arrivati in mattinata con il Vescovo Carlo
e il ritiro ha avuto subito inizio con un’approfondita analisi del brano del Vangelo scelto, che
è quello di Luca 19, 1-10, il passo di Zaccheo.
Al centro dell’attenzione il profondo desiderio
della salvezza insito nell’uomo, quel desiderio
che crea un moto nell’animo, che fa partire alla
ricerca di qualcosa che va oltre il buio in cui
spesso brancoliamo. Quel desiderio che spinge
Zaccheo a uscire dalla pressione della folla, che
sta semplicemente seguendo Gesù, per salire su
un albero e da lì poterlo vedere, uno sforzo, un
impegno ricambiato dallo sguardo di Gesù e dal
suo invito: Zaccheo, scendi subito, perché oggi
devo fermarmi a casa tua. Per un incontro personale con Gesù, che ci cambi radicalmente la
vita, il presupposto è quello di partire da un atto
di fede personale, un alzare lo sguardo, un mettersi alla ricerca e Lui non tarderà a manife-
starsi. Da questo incontro vero e intimo, nasce
il desiderio di essere i testimoni di questo
grande amore. Il Vescovo ci ha invitato a individuare qual è la “folla” che ci frena per andare
incontro a Gesù: la paura del giudizio degli
altri? I condizionamenti cui ci sottopone la società odierna? E qual è l’albero su cui dobbiamo
salire per vedere Gesù? Che cosa ci può far incontrare il suo sguardo? Padre Alessandro e
Suor Marilda hanno poi organizzato dei percorsi che hanno portato i giovani a definire
quello che è un incontro intimo e reale con Dio,
un Dio che possiamo incontrare nell’umanità di
Gesù, un Dio di cui Padre Alessandro ha spronato a salvare l’immagine, immagine di amore,
carità, e giustizia, che ci sta accanto e che non
vuole il nostro male. Al termine dei due giorni
c’è stata la conclusione con un momento di riflessione e di preghiera, durante il quale tutti i
partecipanti hanno messo in comunione le loro
esperienze e riflessioni sul senso delle parole
ascoltate, delle sensazioni, dei concetti e delle
idee che questi esercizi spirituali hanno saputo
trasmettere. Chiappini Janet e Sprecacé Marco
2
Anno XXXI
11 Maggio 2014
PAG
ANALFABETISMO RELIGIOSO
Continua dalla prima pagina
Il pianto di papa Francesco
per i nuovi crocifissi.
La Chiesa, non ridotta al silenzio come
ancora in tante terre, ma silenziosa per
non disturbare ed essere disturbati, si è
trasferita in Occidente e specialmente in
Europa. Se si eccettuano alcune clamorose denunce,
difficilmente
di
queste violenze se
ne parla tra i cristiani. Se non vado
errato un tempo, il
catecumenato passava anche per questa strada. Senza
fare il nostalgico
posso aggiungere quanto diverso l’atteggiamento tenuto durante le persecuzioni
comuniste! I nomi di Wyszyński, Stepinac, Mintzenti, di tanti sacerdoti ed altri
erano familiari anche tra noi ragazzi e le
loro sofferenze partecipate.
Di contro, oggi, resta solo un rancore
verso i violenti, alimentato da un odio di
razza, acuito anche da chi soffia sul
fuoco con intendimenti bellicosi. Anche
il martirio viene vissuto con sentimenti
di rabbia e di vendetta. Il perdono che
Gesù ci chiede, non è infingardaggine,
non è vigliaccheria, è una presa di coscienza del nostro agire, è un chiedersi
che cosa stiamo facendo per diffondere
la vera “pace” nel mondo. Il nostro, purtroppo, è un mondo in continua tensione.
Si avverte un odio latente diffuso in tutti
gli ambienti del nostro vivere: anche
nelle famiglie, anche nello sport come
nei recenti episodi. Si calunnia e si ricorre anche alla falsità per alimentare i
contrasti. Ci possono essere di
esempio le tante riforme su cui si discute in questi
giorni. Che spettacolo deprimente! Il
Parlamento sembra
trasformato in un
campo di battaglia
dove vanno di
moda gli sberleffi e
gli insulti. Altri ambienti, in cui si vive
giornalmente, non sono da meno.
Ecco i Martiri! Facciamoli parlare nel
nostro quotidiano. Leggo dal libro
“Gesù” di Klaus Berger un episodio di
martirio che dovrebbe farci riflettere. In
Algeria, a Tibhirine, sette monaci il 21
maggio 1996 furono decapitati. Nel periodo della prigionia padre Christian de
Chergé, prevedendo di essere assassinato, nel suo testamento scrive: “E
anche tu , amico dell’ultimo minuto,che
certo non sapevi quello che facevi: sì,
anche a te è rivolto questo grazie e questo à Dieu, la cui forma ha preso il tuo
volto. E possa venirci donato di rivederci come ladroni felici in paradiso, se
piace a Dio, che è Padre di tutti e due”.
Pietro Pompei
PAKISTAN - Nuova udienza per il processo
d’appello per Asia Bibi il 27 maggio
Lahore - E’ fissata nuovamente per il 27
maggio la prima udienza del processo di
appello ad Asia Bibi, la donna cattolica
condannata a morte in Pakistan con l’accusa di blasfemia. Come comunicato a
Fides dal pool degli avvocati di difesa, il
caso sarà discusso davanti a un collegio
giudicante dell’Alta Corte di Lahore, guidato dal giudice Anwar-Ul-Haq.
Mentre Asia langue nella carcere femminile di Multan da oltre 4 anni e mezzo, da
febbraio 2014 a oggi la magistratura di
Lahore, sotto pressione dei gruppi islamici radicali, ha rimandato quattro volte
le udienze del processo di appello in quanto, come appreso da Fides, i giudici stessi, temendo rappresaglie, tendono a evitare la responsabilità di decidere su un caso così delicato e divenuto un simbolo.
“Nel caso di Asia Bibi, ogni ritardo o rinvio significa negare la giustizia”, afferma in una nota inviata a Fides l’avvocato Mushtaq Gill, a capo dell’Ong
LEAD (“Legal Evangelical Association Development”), impegnata nella difesa dei cristiani pakistani. “Troppo spesso – nota Gill – ai cristiani, considerati ‘cittadini di serie B’, viene negata la giustizia, in special modo quando
sono vittime di accuse di blasfemia”. I cristiani marchiati come “blasfemi”,
anche se il più delle volte sulla base di false accuse, rischiano la vita e, con
loro, la rischiano quanti osano difenderli. Vi sono casi in cui leader islamici
hanno emesso una “fatwa” (decreto religioso) invitando pubblicamente i fedeli a uccidere il presunto “bestemmiatore”, con esecuzioni extra-giudiziali,
calpestando lo stato di diritto. Ad esempio Mumtaz Qadri, l’uomo che nel
gennaio 2011 sparò e uccise il governatore del Punjab, Salmaan Taseer,
reo di aver difeso Asia Bibi, è oggi acclamato come “eroe” e alla perife ria
di Islamabad una moschea è stata intitolata al suo nome.
Per questo spesso i cristiani accusati, se rilasciati, sono costretti a lasciare
il paese per salvare la propria vita. E anche i loro avvocati difensori sono
vittime di intimidazioni e minacce. L’avvocato Gill conclude: “La battaglia
contro gli estremisti in Pakistan non si potrà vincere finchè il governo non
metterà in atto le necessarie riforme legislative: alla radice del problema,
urge prima di tutto abrogare le leggi sulla blasfemia senza temere le reazioni
degli estremisti”. (PA) (Agenzia Fides 3/5/2014)
Ignoranza biblica in un’Italia dalla fede “light”
Presentato il “Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia”, realizzato dalla Fondazione per le Scienze
Religiose Giovanni XXIII e curato da Alberto Melloni. Monsignor Nunzio Galantino: “Mi piacerebbe che
la prossima ricerca fosse dedicata alla fede come esperienza, a ciò che può cambiare nella nostra vita”. Giuliano Amato: “Le religioni sono il collante nelle società frantumate dall’individualismo”
Rino Farda
Un italiano su 4 (il 26,4%) è convinto che la Bibbia sia stata scritta
da Mosè mentre il 20,4% ritiene
che l’autore sia Gesù. Il dato confortante è che la metà della popolazione (il 523,2%) non sbaglia
sugli autori. Il comandamento più
noto è il settimo (non rubare, che è
conosciuto dal 54,1% degli intervistati), quello meno
noto è invece il sesto
(non commettere atti
impuri che è stato individuato
solo
dal
14,33%). Solo il 15%
degli italiani si dichiara
ateo o non credente e
almeno un cittadino
adulto su due (il 55%) è
interessato all’insegnamento di altre religioni.
Sono solo alcuni dei
dati che emergono da
un voluminoso “Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia”
realizzato dalla Fondazione per le
Scienze Religiose Giovanni XXIII
e curato da Alberto Melloni, ordinario di storia del cristianesimo a
Modena. L’indagine è corredata da
una trentina di minisaggi redatti da
esperti e studiosi di molte Università italiane. Il Rapporto è stato
pubblicato da Il Mulino ed è stato
presentato ieri pomeriggio (2 maggio) a Roma, nella “Sala Zuccari”
del Senato, alla presenza di monsignor Nunzio Galantino, segretario
generale della Cei, e di Giuliano
Amato. In platea, fra gli altri,
Gianni Letta, il neodirettore di
Tv2000, Paolo Ruffini, il vicedirettore della Sala stampa vaticana,
Angelo Scelzo, e il direttore dell’Ufficio per la pastorale scolastica
e l’insegnamento della religione
della diocesi di Roma, don Filippo
Morlacchi.
La Chiesa è preoccupata dalla
“fede light”. La Chiesa italiana
non può che essere preoccupata dai
fenomeni dell’“infantilismo religioso” e dalla “fede light” che percorrono il nostro Paese, ha detto
monsignor Nunzio Galantino.
“Ma Papa Francesco ci chiede di
prendere l’iniziativa - ha affermato
-. Dobbiamo andare oltre la sindrome dell’accerchiamento”. Secondo il vescovo, gli ambiti presi
in esame nella ricerca sono tre: la
scuola, le leggi sulla libertà religiosa e la ricerca universitaria. “Mi
piacerebbe però che la prossima ricerca fosse dedicata alla fede come
esperienza, a ciò che può cambiare
nella nostra vita”, ha detto rivolgendosi ai curatori dell’iniziativa.
“Il malcostume che ha a che fare
con l’analfabetismo religioso in
Italia non so quanto abbia a che
fare con quello che passa attraverso i giornali e la tv. La comunicazione è importante. Lo ha detto
anche Papa Francesco quando ha
parlato dei peccati dei media. Il
primo, ha spiegato, è la disinformazione. Molti di coloro che parlano dei fatti della religione non
hanno idea di cosa sia. In troppi
s’improvvisano teologi”, ha affermato monsignor Galantino.
Il Rapporto: uno studio collettivo e interdisciplinare. Il “Rapporto sull’analfabetismo religioso
in Italia” è anche una raccolta di
contributi di numerosi docenti ed
esperti in ambito storico, giuridico
e pedagogico. Il punto di partenza
è la presa d’atto dell’assenza del
religioso nel panorama sociale ed
educativo. L’Italia è “un Paese
dove è rilevabile statisticamente
l’ignoranza totale della Bibbia, la
produzione di idee fantasiose sulla
struttura dottrinale o cultuale della
fede nella quale si era nati, la superficialità con la quale si leggono
le fedi estranee al proprio immaginario infantile”, ha detto il curatore
Alberto Melloni. Il progetto, voluto e finanziato dal ministero
dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca e dalla “Fondazione
Cariplo”, è stato diretto
dalla Fondazione per le
Scienze religiose Giovanni XXIII. Il volume
è solo il primo frutto di
un vero e proprio “cantiere di ricerca interdisciplinare sul tema
dell’analfabetismo religioso, incentrato nell’analisi delle cause
storico-teologiche e
storico-politiche del fenomeno”. Il Rapporto
è strutturato secondo linee disciplinari e quadri diversi con “analisi di
natura storica, giuridica, sociologica e politologica che descrivono
il corso di un fenomeno la cui sorgente è l’Italia liberale post-unitaria, ma che, ad oggi, ancora non
trova risposte né nel quadro postconcordatario né nelle proposte legislative sulla libertà religiosa né
negli spazi e nei volumi scolastici”, dicono gli esperti.
Alcuni segnali di ottimismo.
“Trovo incoraggiante che la maggioranza degli italiani sia interessato all’insegnamento delle altre
religioni”, ha detto Giuliano
Amato, nel suo intervento. “Oggi
le religioni sono il collante che può
ancora tenere insieme le società
come la nostra ormai frantumate
dall’individualismo”. Secondo
Amato, fede e ragione ritrovano
una base armonica di dibattito
nella “visione etica”. “Rimane da
chiedersi solo una cosa - ha concluso -: visto che c’è una domanda
crescente di religione, da dove
viene questo crescente analfabetismo di ritorno? La responsabilità,
forse, è proprio nelle istituzioni”.
AL CONSIGLIO PER L’ECONOMIA:
della sua responsabilità verso la Chiesa universale.
TRASPARENZA ALLA LUCE
Inoltre, questi cambiamenti rispecchieranno il desiDEL VANGELO
derio di mettere in atto la necessaria riforma della
Il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i
Membri del Consiglio per l’Economia. Nel salutare
il Cardinale Reinhard Marx, Arcivescovo di München und Freising (Germania), Coordinatore del
Consiglio per l’Economia, il Papa ha ricordato che
il Motu Proprio del 24 febbraio scorso, con il quale
ha istituito tale Consiglio, “sottolinea la missione
molto rilevante di questo atto: la consapevolezza
della Chiesa della sua responsabilità di tutelare e gestire con attenzione i propri beni alla luce della sua
missione di evangelizzazione con particolare premura verso i bisognosi. (...) Non dobbiamo uscire da
questa strada. Tutto, trasparenza, efficienza, tutto per
questo scopo. Tutto è per questo”. “La Santa Sede ha ribadito il Pontefice - si sente chiamata a mettere
in atto tale missione, tenendo conto specialmente
Curia Romana per meglio servire la Chiesa e la missione di Pietro. Questa è una sfida notevole, che richiede fedeltà e prudenza (...). Il percorso non sarà
semplice e richiede coraggio e determinazione”. “Il
Consiglio - ha ricordato infine il Santo Padre - rappresenta la Chiesa universale: 8 Cardinali da varie
Chiese particolari, sette laici che rappresentano varie
parti del mondo e che contribuiscono con la loro
esperienza al bene della Chiesa e della sua particolare missione. I laici sono membri a pieno titolo del
nuovo Consiglio: non sono membri di seconda
classe, no! Tutti sullo stesso piano. Il lavoro del Consiglio è di grande peso e di grande importanza, e offrirà un contributo fondamentale al servizio svolto
dalla Curia Romana e dalle varie amministrazioni
della Santa Sede”. VIS
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“Che se ne fa il mondo di una Chiesa di privilegi e adunate?”
Si è svolta in questi giorni a Roma la XV Assemblea nazionale elettiva dell’Azione Cattolica. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, ha ricordato ai
partecipanti l’invito del Papa a “uscire verso le periferie esistenziali”. Dal segretario generale della Cei è giunto un forte monito verso “una Chiesa impegnata a difendere le proprie posizioni (qualche volta dei veri e propri privilegi)”.
Francesco Rossi
Da laici al servizio della Chiesa. Con corresponsabilità e con
passione civile, senza rinchiudersi nelle sacrestie, ma incarnando quella Chiesa “in uscita” che sta tanto a cuore a Papa
Francesco. È il compito dell’Azione Cattolica (Ac), che in
questi giorni a Roma (dal 30 aprile fino a domani) ha svolto
la sua XV Assemblea nazionale elettiva. Le hanno espresso
vicinanza il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro
Parolin, e il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, entrambi dichiarando la propria provenienza
dalle file dell’Ac, “esperienza - ha rimarcato Parolin - che ha
segnato profondamente la mia vita e la mia formazione”.
Oltre ai compiti previsti dallo Statuto, la presidenza nazionale è stata ricevuta in udienza dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, segno che “questo nostro
radunarci in assemblea ha anche una valenza civile”, ha rimarcato il presidente nazionale di Ac, Franco Miano. Sabato, invece, l’udienza da Papa Francesco, alla quale sono
attesi oltre 7mila tra presidenti e assistenti parrocchiali e diocesani.
Con la gente delle parrocchie. Il segretario di
Stato vaticano ha ricordato all’Ac l’invito del
Papa a “uscire verso le
periferie esistenziali”.
“Apritevi ancora di più ha detto - alla condivisione con la gente delle
vostre parrocchie, con i
poveri soprattutto. Tenendo sempre aperto
l’orizzonte della vostra
azione sia a livello par-
rocchiale e diocesano, sia a livello internazionale,
nelle Chiese locali di diversi Paesi dove c’è bisogno di laici che sappiano dedicarsi con corresponsabilità, insieme ai Pastori, alla costruzione della
Chiesa”. Da monsignor Galantino, invece, è
giunto un forte monito verso “una Chiesa impegnata a difendere le proprie posizioni (qualche
volta dei veri e propri privilegi) in un mondo che
pullula di gente che già fa questo in nome della
politica o di altro”. “Cosa volete che se ne faccia
oggi il nostro mondo” di una siffatta Chiesa, ha
chiesto, come pure “di una Chiesa che non trova
di meglio, in alcune circostanze, che investire
energie (troppe energie) per mettere su adunate
che hanno ripetutamente mostrato il fiato corto e
che alla lunga si sono mostrate assolutamente inconcludenti?”. Viceversa, Galantino ha mostrato “tutta l’importanza
e il valore della proposta di Azione Cattolica; una realtà ecclesiale che contribuisce a rendere bella la vita delle Chiese
locali e della Chiesa italiana attraverso il contributo di un laicato associato, impegnato con i Pastori nello spirito del Concilio Vaticano II e che sa essere se stesso secondo il dono
ricevuto nella piena corresponsabilità”. “Quella piena corresponsabilità - ha aggiunto - che porta l’Associazione ad assumere l’intera vita della propria Chiesa e a condividerne la
missione nella cordiale collaborazione con tutti”.
Il tempo dell’azione. L’assemblea è stata aperta, alla vigilia
del 1° maggio, con una veglia dedicata al tema della precarietà lavorativa, durante la quale l’assistente ecclesiastico,
monsignor Mansueto Bianchi, ha denunciato la “macelleria
umana” fatta da un certo modo di considerare il mercato e
il capitale, chiedendo di guardare a “un’economia che abbia
al suo interno spazio per la gratuità”, “dove ci sia struttural-
mente attenzione per chi è fragile”, “che pone al centro la
persona e la famiglia, come il più prezioso dei beni”, “che
non mira al benessere di qualcuno, alla ricchezza dei pochi
in un mare crescente di precari e di poveri”. Tema ripreso
dal presidente Miano in una relazione nella quale ha parlato
delle sfide di questo “tempo singolare”, che interroga e
chiama a un maggiore impegno, come cristiani e come cittadini, guardando a una “nuova umanità impoverita che si
è aggiunta al grande capitale sprecato del nostro Paese:
giovani, costretti alla disoccupazione o messi alle corde da
una precarietà che ormai non è più una parentesi di vita,
una situazione di passaggio, ma una condizione esistenziale”. “Il tempo delle analisi e delle prese di posizione ideologiche è finito”, ha aggiunto chiedendo che politica, parti
sociali e comunità cristiana facciano la loro parte, a cominciare dal superamento dei divari strutturali del Paese. Questo è il tempo dell’azione. Tutti sono interpellati, nessuno
escluso.
PAPA FRANCESCO ALL’AC
Non statue da museo
Vivere e diffondere la gioia del Vangelo
Papa Francesco ha indicato tre verbi - “rimanere con Gesù, andare e gioire” - quale impegno per gli aderenti all’Ac. Con
questi tre atteggiamenti, ha spiegato, “eviterete di portare avanti una vita più simile a statue da museo che a persone chiamate da Gesù a vivere e diffondere la gioia del Vangelo”. Le parole del cardinale Angelo Bagnasco, monsignor Mansueto
Bianchi e Franco Miano. Il messaggio dell’assemblea alla Chiesa e al Paese: “Noi ci siamo”
Francesco Rossi
È il popolo delle parrocchie che, questa mattina, l’Azione Cattolica ha convocato a
Roma per l’udienza con Papa Francesco. In
un’aula Paolo VI gremita da oltre 7.000 persone tra presidenti e assistenti parrocchiali,
responsabili diocesani e delegati regionali,
oltre a una rappresentanza dei ragazzi di Ac
(l’Acr), l’incontro con il Papa ha suggellato
la XV assemblea nazionale.Il “paradigma
missionario” dell’Ac. Da Papa Bergoglio
all’associazione è arrivato un chiaro mandato missionario, a essere “Chiesa in
uscita”: un’Azione Cattolica “sempre aperta”
e “mai ferma”. Il “paradigma missionario” caratterizza l’Ac secondo Francesco. “Voi laici
di Azione Cattolica - ha sottolineato - siete
chiamati a rinnovare la scelta missionaria,
aperta agli orizzonti che lo Spirito indica alla
Chiesa ed espressione
di una nuova giovinezza dell’apostolato
laicale”. La vita associativa parte dalle parrocchie: queste - ha
detto il Papa all’Ac “hanno bisogno del vostro entusiasmo apostolico, della vostra
piena disponibilità e
del vostro servizio
creativo. Si tratta di assumere il dinamismo
missionario per arrivare a tutti, privilegiando chi si sente
lontano e le fasce più deboli e dimenticate
della popolazione”. Lo “stile di evangelizzazione” dell’Ac è “animato da forte passione
per la vita della gente”, cosicché l’associazione “agli impegni intraecclesiali sa unire
quello di contribuire alla trasformazione della
società per orientarla al bene”. Papa Francesco ha quindi indicato tre verbi - rimanere,
andare e gioire - quale “traccia di cammino”
per gli aderenti all’Ac. Il primo chiede di “rimanere con Gesù”, perché “è dall’incontro
con Colui che è la nostra vita e la nostra
gioia, che la nostra testimonianza acquista
ogni giorno nuovo significato e nuova forza”.
In secondo luogo “andare per le strade” e
“annunciare che Dio è Padre e che Gesù
Cristo ve lo ha fatto conoscere, e per questo
la vostra vita è cambiata”. Infine “gioire”, “es-
sere persone che cantano la vita, che cantano la fede”, secondo l’espressione usata
1600 anni fa da sant’Agostino. “Gioire perché il Signore vi ha chiamato a essere corresponsabili della missione della sua
Chiesa. Gioire perché in questo cammino
non siete soli”. Con questi tre atteggiamenti,
ha aggiunto, “potrete portare avanti la vostra
vocazione, ed eviterete la tentazione della
chiusura e dell’intimismo; e la tentazione
della serietà formale. Eviterete cioè di portare avanti una vita più simile a statue da
museo che a persone chiamate da Gesù a
vivere e diffondere la gioia del Vangelo”.
Come un asinello... Fin dalle prime ore
della mattina, sotto al porticato di piazza San
Pietro, c’era una lunga fila per entrare e
ascoltare le parole del Papa. Quindi, all’interno dell’Aula Paolo VI, si sono alternati
canti e preghiere, fino all’arrivo del Pontefice, accompagnato dall’orchestra popolare
italiana di Ambrogio Sparagna. A dare il benvenuto “a nome di tutti i vescovi italiani” è
stato il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che poco prima aveva celebrato la Messa per i delegati
all’assemblea, richiamando l’importanza del
“radicamento” sul territorio dell’Ac, valore
che “appartiene alla natura dell’associazione, alla sua origine e principio”. A Papa
Francesco, invece, hanno portato il saluto
dell’associazione il presidente e l’assistente
di Ac. Franco Miano, presidente nazionale
uscente, ha sottolineato la volontà di “essere
sempre più un’associazione che esce”, poi-
ché fatta di
“uomini
e
donne in cammino”. L’assistente, monsignor Mansueto Bianchi, ha
invece proposto un paragone apprezzato
dal Papa. “L’Ac - ha detto - vuole essere
come l’asino con cui Gesù compì il suo ingresso a Gerusalemme”. Non importa essere cavalli di razza: ciò che conta è
desiderare “con tutto il cuore di portare il Signore dentro la città”.
Noi ci siamo. “Ci siamo” è, infine, il monito
uscito dall’assise assembleare, consegnato
a un “messaggio alla Chiesa e al Paese”.
“Vogliamo dire ai nostri vescovi: noi ci
siamo” per “sostenere la ricerca di senso e
speranza che alberga nel cuore di ciascuno”, “per costruire ‘sentieri di gioia’ con i
ragazzi, i giovani e gli adulti dei nostri territori”, e anche “per testimoniare l’amore privilegiato di Dio verso chi si sente vinto dalle
difficoltà, in particolare i giovani senza lavoro, le famiglie in crisi, gli anziani soli, gli
immigrati sfruttati, i poveri senza speranza”.
Al contempo, un invito alla “corresponsabilità” per rappresentanti delle istituzioni, politici, imprenditori, sindacati”. Per coloro “che
hanno la possibilità d’incidere sulla vita delle
persone”, il messaggio contiene un sollecito
a “restituire ‘senso’ al ruolo dell’Italia nell’Europa e nel mondo, senza rassegnarsi a un
futuro di marginalità e mediocrità”, rimettendo “al centro la persona nella sua concretezza”.
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11 Maggio 2014
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Domenica, 4 maggio 2014, a Paolantonio di Sant’Egidio alla Vibrata,
grande festa per la prima Messa di fra Giuseppe Giovannini
Dopo aver ricevuto, sabato 3 maggio, la sacra
ordinazione presbiterale, a Loreto presso la
Pontificia Basilica della Santa Casa per l’imposizione delle mani dall’Arcivescovo Delegato Pontificio, Mons. Giovanni Tonucci,
assistito dal parroco don Marco Claudio Di
Giosia, di fronte a tanti fedeli che la chiesa parrocchiale di S.Giuseppe non è riuscita a contenere, il nostro Fra Giuseppe Giovannini,
religioso francescano dei Cappuccini, ha celebrato la sua “prima” Messa. La gioia per questo
inusitato avvenimento, si poteva leggere sul
volto di tutti, specialmente, mista a commozione, su quello del padre, della madre e della
sorella. Fra Giuseppe Giovannini è nato il 13
aprile 1985. Ha iniziato il cammino vocazionale con i frati Cappuccini delle Marche prima
con settimane estive e ritiri mensili, poi frequentando il Seminario Minore dei Frati Cappuccini a S. Severino nel 1999. Ha iniziato il
noviziato nel 2004 a Camerino e la professione
temporanea è avvenuta il 10 settembre 2005,
mentre quella perpetua il 12 maggio 2012. Il 4
ottobre scorso è stato ordinato diacono a Loreto dallo stesso Mons. Tonucci e attualmente
è il cerimoniere della Basilica della Santa Casa.
Per renderci conto del dono grande che il Signore ha concesso alla chiesa di Paolantonio di
Sant’Egidio alla Vibrata, alla Diocesi, ai Frati
Cappuccini attraverso la vocazione di Giuseppe, ci piace qui ricordare l’importanza della
scelta sacerdotale attraverso le parole di Papa
Francesco in un’omelia pronunciata in S.Pietro
in occasione di un’ordinazione presbiterale: “Tra le
domande che riguardano gli
«impegni degli eletti», l’ultima, che ha un carattere
culminante e in qualche
modo sintetico, dice così:
«Volete essere sempre più
strettamente uniti a Cristo
sommo sacerdote, che come
vittima pura si è offerto al
Padre per noi, consacrando
voi stessi a Dio insieme con
lui per la salvezza di tutti gli
uomini?». Il sacerdote è infatti colui che viene inserito
in un modo singolare nel
mistero del Sacrificio di
Cristo, con una unione personale a Lui, per
prolungare la sua missione salvifica.
Questa unione, che avviene grazie al
Sacramento dell’Ordine, chiede di diventare “sempre più stretta” per la generosa corrispondenza del sacerdote
stesso. Per questo, cari Ordinandi, tra
poco voi risponderete a questa domanda
dicendo: «Sì, con l’aiuto di Dio, lo
voglio». Successivamente, nei Riti esplicativi, al momento dell’unzione
crismale, il celebrante dice: «Il Signore
Gesù Cristo, che il Padre ha consacrato
in Spirito Santo e potenza, ti custodisca
per la santificazione del suo popolo e per
l’offerta del sacrificio». E poi, alla consegna
del pane e del vino: «Ricevi le offerte del
popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della
croce di Cristo Signore». Risalta con forza che,
per il sacerdote, celebrare ogni giorno la Santa
Messa non significa svolgere una funzione rituale, ma compiere una missione che coinvolge
interamente e profondamente l’esistenza, in
comunione con Cristo risorto che, nella sua
Chiesa, continua ad attuare il Sacrificio redentore.Questa dimensione eucaristica-sacrificale
è inseparabile da quella pastorale e ne costituisce il nucleo di verità e di forza salvifica, da
cui dipende l’efficacia di ogni attività. Naturalmente non parliamo della efficacia soltanto
sul piano psicologico o sociale, ma della fecondità vitale della presenza di Dio al livello
umano profondo. La stessa predicazione, le
opere, i gesti di vario genere che la Chiesa
compie con le sue molteplici iniziative,
perderebbero la loro fecondità salvifica se
venisse meno la celebrazione del Sacrificio di
Cristo. E questa è affidata ai sacerdoti ordinati”.
Tanti sono gli Auguri pervenuti a Fra
Giuseppe, anche dal nostro Vescovo Carlo
Bresciani: “Carissimo fra Giuseppe Giovannini, un caro saluto nel giorno della tua ordi-
nazione sacerdotale. Gioisco con te per questo
grande dono del Signore alla Chiesa e al tuo
ordine religioso. Mi unisco alla comunità tutta
invocando dal Signore le sue benedizioni e la
grazia che accompagna nel cammino affinché
la donazione di oggi diventi tutta la vita donata
per sempre al ministero per il bene della
Chiesa, cioè del popolo di Dio.
Caro Fra Giuseppe, di cuore ti benedico e
bacio le tue mani consacrate. Ricordami anche
tu nella preghiera”.
I festeggiamenti per questo lieto evento sono
proseguiti anche fuori il tempio, anche con
un’agape fraterna, abbondantemente servita.
«L’Ancora» tutta si unisce con fraterni Auguri.
Così lo ricorda la sorella
“Cari amici, mi è stato chiesto di parlarvi di mio
fratello che per tutti è Fra Giuseppe, ma per me, rimane semplicemente “ tato”. Sabato, 3 Maggio,
nella Basilica della Santa Casa di Loreto, è stato ordinato sacerdote. La domanda che in molti fanno è
del perché di questa scelta, la mia risposta è sempre
la stessa: “il Signore l’ha chiamato e lui ha semplicemente risposto: “Eccomi Signore!”; così è diventato sacerdote, e, uno dei suoi compiti sarà quello
di guidare la comunità attraverso la parola del Signore e sulle orme di San Francesco D’Assisi. Sono
cresciuta con mio fratello, anche se all’età di 14
anni è andato via da casa per gli studi classici a Tolentino e vivere nel convento di San Severino Marche. E’ stata dura la lontananza, vederlo una volta
al mese, che, vi confido, a volte schivavo di andarlo
a trovare perché non sopportavo i saluti dell’arrivederci. Rimanevo a casa e nella mia mente c’erano
le domeniche di quando eravamo piccolini e ci mettevamo nel letto dei nostri genitori per quasi tutta
la mattinata con i peluche a giocare, a costruire la
capanna con i cuscini. Poi crescendo, devo essere
sincera, è diventato un pochino dispettoso e chi lo
conosce, personalmente, sa che non c’è giorno che
non faccia un piccolo “dispettuccio”. Anche quando
abbiamo preso il sacramento della prima comunione, davanti all’altare per fare la foto di rito il fotografo ci chiese di tenerci per mano, così, lui, con
il sorriso stampato in faccia, mi prese le mani e le
strinse talmente forte per farmi dispetto tanto che
io facevo la faccia sofferente e il fotografo che insisteva di sorridere. Come dimenticare le giornate
passate al mare a prendere le telline e a fare i castelli
di sabbia con papà e i nostri cugini o in montagna
a fare delle belle passeggiate? È difficile tralasciare
lo schiamazzo che faceva quando alla televisione
seguiva le partite del Milan. Durante gli anni dello
studio la lontananza ci ha fatto soffrire; ma pronti
a dirci tutto nei giorni in cui tornava a casa.
Specialmente nel bisogno ti accorgi quanto sia importante un fratello come il mio.
Tu sai che puoi far affidamento su di lui, che la sua
carezza è sincera, che il suo schiaffo farà più male,
che il suo sguardo ti guiderà verso la decisione giusta; infatti si cresce con un fratello, si matura con
un fratello, si piange con un fratello, si gioca con
un fratello. Prego per te fratello affinché il tuo cammino sia pieno di gioie spirituali sotto la protezione
della Vergine Maria. Caro Giuseppe sono felice e
orgogliosa di averti come fratello, della tua risposta
al Signore e di mettere la tua vita nelle Sue mani.
Fai in modo che il tempo trascorso con te ravvivi
nella mente di ognuno le immagini di Gesù con i
suoi discepoli, che accenda nei cuori il desiderio di
Lui: parla, come Lui parlerebbe, tocca come Lui
toccherebbe, guarda come Lui guarderebbe, ama
come Lui amerebbe. Guardalo costantemente, fissalo, amalo e portalo sempre alla gente, Lui e
nient’altro che Lui, perché Lui è tutto”.
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Impegni Pastorali del Vescovo
DALL’ 11 AL 18 mAGGIO 2014
Domenica 11 maggio
Ore 11.15 Ripatransone
Parrocchia S. Savino: Cresime
Venerdì 16 maggio
Ore 10.30 Montalto Marche
Incontro con gli studenti del liceo
12/13 maggio
Ripatransone
Incontro con i giovani sacerdoti
Sabato 17 maggio
Ore 18.30 S. Benedetto - Parrocchia
S. Filippo Neri: Cresime
Martedì 13 maggio
Ore 21.15 Cattedrale
Rosario delle famiglie
Domenica 18 maggio
Ore 11.00 Martinsicuro
Parrocchia S. Cuore: Cresime
Ufficio di PAstorAle fAMiliAre
TERZO INCONTRO PER LA fORMAZIONE
DI OPERATORI DI PASTORALE
PRE E POST BATTESIMALE
Carissimo Parroco e carissime Famiglie,
vogliamo ricordarvi che DOMENICA 18 MAGGIO alle ore
15,45 presso il Biancazzurro si svolgerà il terzo incontro per la
formazione di operatori di pastorale pre e post battesimale. Tratteremo proprio l’aspetto pastorale e avremo come relatori due membri dell’Equipe della Parrocchia SS. Protaso e Gervaso di Gorgonzola (MI), Comunità parrocchiale che
da circa quarant’anni si occupa di pastorale pre battesimale e da trent’anni di pastorale post battesimale. Vi chiediamo di non mancare a quest’appuntamento per l’importanza di imparare o di
migliorare il servizio che il Signore ci ha affidato per svolgerlo nel miglior modo possibile.
Vi ringraziamo anticipatamente.
Un abbraccio fraterno
Don Alfredo, Marco e Anelide
tto del
San Benedett
Diocesi
ontalto
- Mo
Ripatransone
Tronto - R
Ufficio di Pastorale familiare
UNITI NELLA PREGHIERA
A MARIA
Carissime Famiglie,
vi invitiamo a partecipare al “rosario delle famiglie” la sera del
martedì 13 maggio, festa della Madonna di Fatima, alle ore
21.15 nelle chiese parrocchiali della Diocesi, così da essere in
comunione come FAMIGLIA DIOCESANA, in un momento di
unità di preghiera insieme a Maria, Madre di Cristo. Tante
“chiese cenacolo” in preghiera, per tutte le famiglie e per la noarrocchie
t tte le pa
In tu
stra comunità diocesana, per rendere sempre più bello e gioioso
aggio
Martedì 13 M
il volto della nostra Chiesa. Nel discorso dell’incontro Mon:
ore 21:15
diale delle Famiglie nel 2003, San Giovanni Paolo II diceva:
“Proclamando recentemente l’Anno del Rosario, ho raccomandato questa devozione mariana
come preghiera della famiglia e per la famiglia: recitando il Rosario, infatti, si pone Gesù al
centro, si condividono con lui gioie e dolori, si mettono nelle sue mani bisogni e progetti, si attingono da lui la speranza e la forza per il cammino”. Ci accompagnino e ci sostengano dal cielo
il papa della docilità allo Spirito Santo, San Giovanni XXIII e il papa della Famiglia San Giovanni Paolo II. Un caro abbraccio
Don Alfredo, Marco e Anelide
Parola del Signore
QUARTA DI PASQUA A
Dal VANGELO secondo GIOVANNI
... Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità vi dico:
io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima
di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.
Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la
vita e l’abbiano in abbondanza.
(VANGELO DI GIOVANNI CAP. 10 VERSETTI 1-10)
Gesù in questo brano vuole avvertire tutti i suoi ascoltatori, noi
compresi, che devono compiere un opera di discernimento, ben ponderata tra bene e male, tra Cristo e il maligno, egli dà subito una indicazione per ben scegliere, il pastore, il buon pastore si presenta
apertamente, entra dalla porta, il maligno agisce nell’oscurità, nell’ambiguità e quindi è un ladro e un brigante. Gesù inoltre dà altri
spunti di riflessione per una buona scelta, vediamone alcuni.
La nascita di Giovanni Battista
09. ELISABETTA DIEDE ALLA LUCE UN fIGLIO
Leggiamo Lc 1,57-66. Dal dittico dei preannunci di nascite – a Zaccaria e Maria (1,5-56)
– Luca passa al dittico delle nascite vere e proprie: quella di Giovanni Battista (Lc 1,57-66) e
– separata dal Benedictus (1,67-79) – quella di
Gesù (2,1-21). Così i preannunci antecedenti
hanno il loro compimento in clima di gioia. I
cantici, inseriti nella narrazione, quali il Benedictus di Zaccaria (1,67-79) e il Nunc dimittis
di Simeone (2,29-32), preceduto dal «Gloria a
Dio nell’alto dei cieli» da parte degli Angeli
(2,14), mettono in risalto la portata dottrinale
degli eventi che vengono narrati. Riprendiamo
l’ultimo versetto del brano precedente. «Maria
rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa
sua» (1,56). Ma è mai verosimile che «tornò a
casa sua» – viveva ancora in
casa propria, non con Giuseppe
– proprio quando, per l’avvenuta maternità, Elisabetta aveva
più bisogno di lei? La risposta:
Luca qui non ci dà una cronologia storica, ma “retorica”; cioè
ricorre a un artificio letterario
che gli è caro, quello di terminare completamente un ciclo –
quello su Maria (1,26-56) – per
passare al nostro riguardante
Giovanni Battista (1,57-80).
Altro caso rilevante si ha in 1,80
confrontato con 2,1ss.
1. la nascita del Battista e la gioia del parentado. «Per Elisabetta intanto si compì il tempo
del parto e diede alla luce un figlio. 58I vicini e
i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei» (Lc 1,57-58).
Con la nascita di un figlio, la promessa fatta
dall’angelo, si realizza pienamente, «tua moglie
Elisabetta ti darà un figlio» (1,13), compresa la
gioia dei vicini, ugualmente predetta dall’angelo: «molti si rallegreranno della sua nascita»
(1,14). Si tratta, certo, di un rallegrarsi nella sincerità e alla luce di Dio, che, però, è ristretto ai
«vicini e ai parenti». Così Luca prepara il parallelo con la nascita di Gesù che sarà fonte di
gioia e pace per tutto il genere umano: «Gloria
a Dio nel più alto dei cieli / e sulla terra pace
agli uomini, che egli ama» (2,14). Rimane,
però, vero che i vicini e i parenti considerano
la nascita del Battista come un intervento di
«misericordia» di Dio.
2. la circoncisione. «Otto giorni dopo vennero
per circoncidere il bambino» (1,59a). La circoncisione, operazione piuttosto pericolosa
anche per le emorragie, veniva eseguita da una
o più persone esperte: qui si usa il plurale «ven-
CHIAMA LE SUE PECORE
UNE PER UNA. Gesù Cristo
non si è incarnato, non ha dato la
sua vita, genericamente, per tutta
l’umanità, ma lo ha fatto singolarmente per ognuno di noi, egli ci
conosce tutti personalmente, egli
ci ama singolarmente, individualmente, ed aspetta da noi una risposta personale, vuole essere
amato da me, ognuno di noi può
dire: Gesù Cristo, Dio, si è incarnato, ha sofferto la sua passione, è morto sulla croce per me, ed io sono chiamato ad
amarlo per rispondere alla sua offerta d’amore.
CONOSCONO LA SUA VOCE . Il soggetto della frase ora
siamo noi, noi cristiani, che abbiamo ricevute in eredità la
Fede, la Scrittura, la Tradizione, e formiamo il Popolo di Dio,
la Chiesa e abbiamo la responsabilità di conoscere chi è Gesù
Cristo, qual’è il suo insegnamento, affinché possiamo essere
in grado di distinguere i veri dai falsi profeti, affinché possiamo discernere qual’è la volontà di Dio nei nostri confronti.
Volontà che scopriamo soprattutto attraverso “ l’ascolto” della
nero». Con essa il circonciso entrava a far parte
del popolo di Dio mediante l’Alleanza: «Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e
voi» (Gen 17,11); quindi, si entrava a far parte
di una precisa nazione santa con la conseguente
distinzione dai non circoncisi, quali, per esempio, erano i deprecati filistei.
3. la discussione sul nome. «E volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. 60Ma
sua madre intervenne: “No, si chiamerà Giovanni”. 61Le dissero: “Non c’è nessuno della
tua parentela che si chiami con questo nome”.
62
Allora domandavano con cenni a suo padre
come voleva che si chiamasse» (1,59b-62). La
proposta di chiamare il bambino col nome di
suo padre Zaccaria andava
completamente fuori dalla tradizione onomastica; si ricorreva, al massimo, al nome del
nonno. In più, nel nostro caso,
il suggerimento scartava il comando dell’angelo che aveva
imposto a Zaccaria: «e Tu lo
chiamerai Giovanni» (1,13).
L’intervento di Elisabetta è opportuno e deciso; segno che
essa era bene a conoscenza
della rivelazione avuta da Zaccaria nel Tempio: «No, si chiamerà Giovanni». Viene da
pensare che Luca tenga presente qui anche la
portata etimologica del nome che in greco è Iôánnēs, corrispondente all’ebraico Jehôchānān,
che significa: «Jahvè è misericordioso».
4. Giovanni è il suo nome! «Egli chiese una
tavoletta e scrisse: “Giovanni è il suo nome”.
Tutti furono meravigliati. 64All’istante gli si
aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava
benedicendo Dio. 65Tutti i loro vicini furono
presi da timore, e per tutta la regione montuosa
della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
66
Tutti coloro che le udivano, le custodivano in
cuor loro, dicendo: “Che sarà mai questo bambino?”. E davvero la mano del Signore era con
lui» (Lc 1,63-66). Per il fatto che Zaccaria non
aveva creduto, l’angelo gli aveva dato un castigo che era anche un segno: «Ed ecco, tu sarai
muto e non potrai parlare fino al giorno in cui
queste cose avverranno...» (1,20). Ora la predizione si è avverata con la nascita di Giovanni;
Zaccaria recupera la parola e... anche l‘udito.
E’ messo, quindi, in grado di parlare «benedicendo Dio»; lo farà col Benedictus: prossima
puntata. Chiediamo umilmente che «la mano
del Signore» «1,66) sia su di noi, ci benedica e
ci protegga. [email protected]
Parola di Dio, attraverso la preghiera e nell’intimo del nostro
cuore, la coscienza, dove Dio ci parla d’amore e di salvezza.
Ricordiamo quello che diceva S. Agostino: L’GNORANZA
DELLE SCRITTURE È IGNORANZA DI CRISTO.
IO SONO LA PORTA. Il buon pastore, a differenza di tutti
gli altri, non fugge davanti al pericolo, non cerca la sua salvezza a scapito degli altri, anzi è disponibile, e la sua passione
e morte stanno lì a testimoniarlo, a dare tutto se stesso per chi
gli è stato affidato.
La sua missione é dare la vita per i suoi fedeli, e far sì che i
suoi amici abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Chiediamo al Signore di saper riconoscere la sua voce, in
mezzo al frastuono del “mondo”, e di riuscire a seguirlo, senza
lasciarci ingannare dal male e dalle sue insidie.
RICCARDO
PILLOLE DI SAGGEZZA:
CERChIAMO DI ABITuARCI A quELL’ASCOLTO
TRANquILLO DEL CuORE ChE PERMETTE
A DIO DI PENETRARvI ATTRAvERSO
TuTTE LE vIE E I CAMMINI
(RegOlA DeI CeRtOSInI)
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RIPATRANSONE –Parrocchia
Madonna di Fatima
Tra preghiere, ricordi, e momenti di festa
Sabato 3 Maggio si è tenuta
presso la chiesa Madonna di Fatima la celebrazione Eucaristica
presieduta dal nostro Vescovo
Carlo Bresciani in occasione
della benedizione della colonna
votiva a Cristo Redentore e della
riapertura della sala “Don Ubaldo
Grossi” dopo i lavori di ristrutturazione in memoria di Luca Carboni.La giornata ha avuto inizio
alle ore 18.00 con la recita del
Santo Rosario. Pian piano la
chiesa si è andata sempre più riempiendo,
fino a quando per mancanza di spazio, diversi fedeli hanno potuto trovare posto
presso il tendone allestito vicino alla parrocchia. Presenti in chiesa tra le diverse autorità
il Sindaco di Ripatransone Remo Bruni ed il
Sindaco di San Benedetto del Tronto Giovanni Gaspari. Alle 18.30 è iniziata la Santa
Messa, con il Vescovo Carlo Bresciani
hanno concelebrato Padre Luis Parroco
della chiesa Madonna di Fatima, Don Gian
Luca Rosati vice parroco di Ripatransone,
Don Matteo Calvaresi vice parroco della Regina Pacis, Don
Giuseppe Capecci
della Parrocchia di
Borgo Miriam. Si è
avvertita una grande
attenzione alle parole
pronunciate dal Vescovo nell’omelia in
cui ha ricordato Luca
elogiando l’accettazione della prova per
la perdita di un figlio
Ricordiamo il giovane Davide Maria Antonini
della parrocchia Cristo Re
Davide è morto lunedì 28 aprile a causa di una leucemia fulminante, lo ricordiamo con le parole del parroco don Pio Costanzo, pronunciate nell’omelia durante la liturgia Eucaristica.
giovane, mantenendo una grande fiducia in
Dio. Padre Luis al termine della celebrazione
ha dichiarato “Ringrazio Il Vescovo carlo per
essere venuto nella nostra Parrocchia, ringrazio tutti voi che siete qui, ringrazio quanti
hanno contribuito per la ristrutturazione delle
sale, ringrazio in particolar modo i sacerdoti
che ci sono stati vicino nel momento della
prova. La nostra comunità si è unita in questo
mistero della morte. Onoriamo adesso Maria
con il nostro coro”, con il canto Salve
Regina”. Dopo la Santa Messa è seguita
la benedizione della colonna votiva a
cristo Redentore, il lancio dei palloncini
in cielo e la benedizione con il taglio del
nastro per la riapertura della sala Don
Ubaldo Grossi” dopo i lavori di ristrutturazione in memoria di Luca carboni. È
continuata la festa nel salone dove centinaia di persone hanno gustato gli ottimi
manicaretti preparati dal comitato feste
della Parrocchia Madonna di Fatima.A
conclusione della cena è arrivata anche
una sorpresa per tutti i partecipanti. Gli
amici del Borgo Miriam hanno realizzato una
torta raffigurante la parrocchia Madonna di
Fatima fin nei minimi dettagli, non tralasciando nemmeno il Parroco, Padre Luis.
Un ricordo amicale di don Ubaldo Grossi
preso dal libro del nostro Archivista Diocesano:
“Amor mi mosse”.
Dal I luglio 1973 è stato parroco della
parrocchia Madonna di Fatima in Valtesino di Ripatransone e della parrocchia Maria Ausiliatrice al Trivio di
Ripatransone.
Delegato diocesano per la pastorale
sociale e del lavoro.
Dal 1985 è stato parroco della parrocchia di S. Filippo Neri a S. Benedetto
del Tronto. Appena un anno e mezzo
di lavoro nella grande parrocchia, poi
la morte per infarto appena terminata
in chiesa la celebrazione eucaristica
del Vescovo con l’ amministrazione della Cresima. Prete aperto ai problemi giovanili e sociali,
con una nuova ed innovativa pastorale parrocchiale, prete pieno di energie e di capacità operative.
Un vero “ciclone” che trascinò un’intera generazione di giovani. coinvolgendoli prepotentemente
nelle sue attività religiose, sociali, culturali. Morì a S. Benedetto del Tronto il 23 maggio 1987.
all’età di anni 50.
Mons.Vincenzo Catani che era stato il successore nella parrocchia di Valtesino, scrisse “In Famiglia”, la sera del suo funerale: “Quando la prima palata di terra scura è caduta con un tonfo sordo
sulla bara di don Ubaldo, ho avvertito un brivido per tutto il corpo e ho socchiuso per un attimo
gli occhi per rivedere in me il suo viso largo e sorridente clic la morte aveva ormai bloccato nel
breve tempo di cinquanta anni. Un altro prete se n‘è tornato a Casa,.. Ha ceduto il cuore (dando
appena il tempo di esclamare un “Oh Dio!”). dopo la celebrazione della Cresima.
“Se pensate che queste mie parole siano in
grado di lenire il dolore di una mamma, di
un papà, di una sorella o dei nonni vi sbagliate. così vi sbagliate se un sacerdote a
questo punto della liturgia Eucaristica magari affondando lo sguardo nella teologia più
profonda sia in grado di dare una risposta al
problema della morte. Vi sbagliate se pensate così. Noi siamo convinti, tutti penso,
che le parole spesso ci rimandano ai ricordi
dei giorni prima o degli anni precedenti e
come una lama tagliante si infilza nello spirito e nel corpo e crea soltanto dolore, per
questo non volevo parlare. così nessuno sa
per quale motivo noi moriamo, nessuno. È il momento della tragedia più forte,
è il momento in cui tutti indistintamente sentiamo quasi
una ripulsa verso questa realtà umana. Lo stesso Gesù,
il Figlio di Dio che era certissimo di entrare poco dopo
nella gloria del Padre, sulla
croce ha detto “Padre perché
mi hai abbandonato?” chissà
quante volte lo avranno detto
i cari di Davide, dal papà alla
mamma: “Ma perché proprio
a Davide, perché a Davide?”
Non lo sappiamo. Io so una cosa soltanto
che questo è il momento della fede. Aver
fede non vuol dire rinunciare alla logica e
alla razionalità, non significa chiudere gli
occhi di fronte ai principi fondamentali della
vita umana. Aver fede significa aprire gli
occhi e buttarsi nelle mani di Dio, con gli
occhi aperti sapendo che Dio è un Padre
buono anche se qualche volta non riusciamo a capirlo. È il momento della fede
grande, di una fede diciamo che è prepotente, perché Dio tante volte lascia vivere
tanti delinquenti in questo mondo e porta
con sè gli Angeli come Davide. Questa mattina davanti al Vescovo, Agostino il papà di
Davide, mi diceva che non si può più parlare
di Angeli. Agostino noi continuiamo a parlare
di Angeli perché un giovane della nostra comunità parrocchiale, pieno di voglia di vivere, di giocare è passato tra gli Angeli, noi
adesso sappiamo che Dio l’ha chiamato per
questo, per farlo stare nella sua gloria. Era
un giovane forte, tante volte io andavo con
il cappotto e lui con i pantaloni corti e la maglietta; giocava qui dietro al campetto insieme agli altri ragazzi. Poi quella malattia
incomprensibile lo ha portato via, un ragazzo che domani avrebbe fatto la cresima,
domani! Stamattina il Vescovo ha fatto una
visita ai familiari, ha fatto una preghiera insieme ai ragazzi, insieme abbiamo pregato
il Signore dicendo che ci buttiamo nelle sue mani così, sapendo che non sappiamo
niente, che siamo polvere
nell’universo, ma siamo
grandi perché siamo figli di
Dio. Perché Dio ci vuole
bene. Dio tante volte ci mette
alla prova e non sappiamo
come. Preghiamo il Signore
perché ci dia la grazia di capire perché questa malattia
fulminante. Siamo andati
sulla Luna, stiamo spendendo miliardi per andare
sulla stella più lontana e qualcuno pensa pure di arrivarci e poi non sappiamo curare una malattia così. La scienza
è importante e conta, però certe volte le malattie sono causate anche da noi. Un medico
mi ha detto che molte malattie sono causate
dai campi elettromagnetici. Questa società
che stiamo costruendo è una società che
porta alla Morte. Voi giovani che avete tanto
entusiasmo studiate e mettete il vostro coraggio per reagire per chi sfrutta le forze
della natura per la morte e non per portare
il bene. Adesso Davide sta in cielo e sta
con Dio, e noi lo possiamo chiamare con un
atto di amore, Davide ci ascolta ed è pronto
ad aiutare la grande famiglia di cristo Re e
ad aiutare tutti noi, perché oggi Davide ha
incontrato il paradiso”.
Il Centro Giovani è stato intitolato a “Giacomo Antonini”
Commovente cerimonia per ricordare l’artista e l’animatore della struttura comunale
Si è svolta, domenica 4 maggio, la cerimonia di intitolazione del Centro Giovani a Giacomo Antonini,
giovane artista e animatore della vita giovanile sambenedettese, referente indiscusso del servizio comunale ubicato nella ex casa colonica di via
Tedeschi, scomparso esattamente un anno fa. E’
stato un momento molto commovente, a cui hanno
partecipato tante persone, in primis familiari e amici
di Giacomo, voluto dall’Amministrazione comunale
e pensato in collaborazione con i genitori del giovane e l’associazione “Implacabile Giacomo Antonini”, costituitasi per proseguire l’opera di promozione
della musica e delle attività giovanili iniziate dal giovane. Dopo la lettura, da parte di Teresa Morelli
e Nicola Grilli, di una canzone scritta da Piergiorgio Curzi in occasione della scomparsa di Giacomo,
ci sono stati i saluti del sindaco Giovanni Gaspari e dell’assessore alle politiche giovanili Luca Spadoni.
“Con questa cerimonia – ha spiegato Spadoni
– abbiamo voluto celebrare la presenza viva di
Giacomo, un giovane che è stato capace di
gettare i semi della creatività che oggi germogliano nella nostra città e che ritroviamo in questo Centro, nelle iniziative, nelle idee e nelle
persone che continuano a frequentarlo e a farlo
crescere”.
“Di solito chiamiamo “ex” quei luoghi di cui si è
persa la memoria – ha dichiarato Gaspari – il
Centro Giovani, anche conosciuto come ex
Casa Colonica, oggi, grazie a Giacomo Antonini, è un luogo pieno di energia.
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Parrocchia San Niccolò in festa
per i bambini della Prima Comunione!
Gesti significativi del pellegrinaggio a Lourdes
ACQUAVIVA PICENA – Il 4 maggio la comunità della parrocchia di
San Niccolò ha festeggiato i bambini
della quarta elementare che per la
prima volta hanno ricevuto il sacramento della Eucaristia. La chiesa era
gremita di fedeli che hanno seguito
con emozione la celebrazione animata da tutti i bambini della prima
comunione, che sono stati seguiti e
preparati dalle educatrici Maria, Angela e Marianna; ognuno ha avuto il suo compito: la lettura animata del brano del Vangelo, le preghiere, l’offertorio ed anche i canti, alcuni dei quali sono stati accompagnati con dei gesti. Durante
la cerimonia ogni bambino ha fatto dono alla propria mamma di un girasole a simboleggiare la
loro volontà di avere Gesù come punto di riferimento come il sole lo è, appunto, per i girasoli. Al
termine i bambini si sono riuniti davanti all’altare per cantare una canzone dedicata alle mamme,
in anticipo di una settimana dalla loro festa. A coadiuvare i comunicandi durante i canti della celebrazione c’era il coro dei bambini, aiutati da alcuni adulti tra cui Lorena per il canto, Luca alla
chitarra e Chiara all’organo. Il giorno seguente, lunedì 5 maggio, i bambini si sono recati a Loreto,
con alcuni genitori, per ricevere la seconda comunione. Tanti auguri! Chiappini Janet
Con immensa felicità,
vi informiamo che Il Movimento Religioso
“CON LA GIOIA NEL CuORE” organizza per il giorno 11 Maggio 2014, presso
la Basilica Cattedrale Madonna della Marina di San Benedetto del Tronto, una
giornata di preghiera e di ringraziamento
“Per la pace” durante la quale è previsto
l’intervento di sacerdoti e religiosi nonché
di personaggi del mondo della cultura e
dello spettacolo e, tra gli altri, Padre Lelio
Grappasonno, Nancy e Patrick, Ania Goledzinowska del movimento religioso Cuori
puri, sorella Melinda Carla Dumitrescu con
il suo gruppo “Piccole stelle di Maria”, fra’
Roland Patzleiner dei “Figli del Divino
Amore”. Visto l’evento di straordinario
valore spirituale, si chiede cortesemente a
tutti di fare da megafono e da eco, spargendo
il più possibile la voce qua e la. Chi intendesse
partecipare potrà accedere liberamente alla
Basilica fino al raggiungimento della capienza
massima 2.000 fedeli o in alternativa, fuori
la Basilica nella piazza sottostante davanti
ai Maxi Schermi installati per l’occasione. I
gruppi e in particolar modo quelli provenienti
da fuori città, che intendono partecipare all’evento, al fine di garantire una corretta organizzazione, potranno registrarsi preventivamente
inviando una mail al seguente indirizzo:
[email protected], [email protected], [email protected]. oppure contattando il numero
di telefono: +39 347 7646425-Marco Albertini
Vi aspettiamo, con la gioia nel CUORE e che il Signore Gesù vi Benedica.
Marco Albertini
PAROLA DI vESCOvO
“Chi non salta
mafioso è...”
Anche il tifo da stadio può essere
utile se si tratta di contrastare il crimine organizzato. Così l’arcivescovo
di Agrigento, monsignor Francesco
Montenegro, fa scattare in piedi i numerosi partecipanti di “Giovaninfesta”, momento gioioso ma anche di
testimonianza e d’impegno civile, svoltosi il 1°
maggio a San Giovanni Gemini.
L’arcivescovo ha davanti a sé giovani cattolici
che portano per le piazze della città la loro fede,
il loro entusiasmo, le “parole d’ordine” di Papa
Francesco. Pregano, ascoltano testimonianze di
lotta al racket, lotta coraggiosa perché pericolosa, perché la mafia è una brutta bestia, perché
si radica nel tessuto sociale ma anche nel cuore
delle persone, e le porta al disprezzo delle regole, all’egoismo, alla paura, alla negazione di
quanto di bello e di buono c’è nelle terre infestate dalla mafia stessa. Ecco perché monsignor
Montenegro salta in piedi e ritma: “Ragazzi, chi
non salta mafioso è”.
I giovani lo seguono. Lui non si preoccupa di
cosa scriveranno i media il giorno dopo. Non
dà peso a qualche prevedibile alzata di spalle di
chi è scettico sui “metodi” per toccare l’anima
delle persone. Sa che la sua terra soffre, che i
mafiosi ne mettono a rischio l’oggi e il domani
a suon di minacce, di prebende e di pallottole.
E così canta e salta, con i suoi giovani: “Chi non
salta mafioso è... Chi non salta mafioso è... Chi
non salta mafioso è...”. Grazie don Francesco.
Anche noi, abbiamo saltarellato. E ci auguriamo l’abbiano fatto tutti quelli che hanno
visto il video postato sul sito del settimanale
diocesano (L’Amico del Popolo) e su quelli dei
principali quotidiani italiani.
Il pellegrinaggio annuale a Lourdes si è concluso proprio oggi, sabato 3 maggio! Noi, pellegrini
di Fides Vita, siamo tornati all’ora di pranzo dopo una settimana di immensa Grazia vissuta nel
luogo delle apparizioni della Madonna a Bernadette nel 1858. In questi giorni il santuario è affollatissimo di gente proveniente da tutte le parti del mondo e questo mi ha colpito moltissimo! Una
sera, durante la processione mariana, uno dei gesti di Lourdes che si vive ogni sera pregando il
Santo Rosario in varie lingue con i
flambeaux accesi, grazie alla vivacità, alla spontaneità della nostra
piccola Maria, abbiamo conosciuto
due giovani donne vietnamite. Erano
vestite in abiti folkloristici della loro
Terra, così lontana dalla nostra sia
geograficamente che per usi e tradizioni eppure, nel vederle salutare affettuosamente
Maria
e
di
conseguenza alcune di noi, mi sono
sembrate così familiari, così vicine.
Tutti - giapponesi, vietnamiti, croati,
spagnoli, italiani - hanno affollato e
stanno affollando le vie di questo piccolo centro tra i Pirenei del versante francese e tutti, ma proprio tutti, bisognosi di incontrare una Presenza a cui la nostra anima anela così come una cerva
anela ai corsi d’acqua. E la presenza di Maria si è accostata e si è fermata sotto la grotta di Massabielle popolarmente conosciuta come “grotta dei porci”, che accoglie ogni giorno un grandissimo
numero di pellegrini che esprime il bisogno di poggiare la propria vita su Cristo che è la “roccia
eterna”. Tra gli altri gesti di Lourdes vi sono la Processione Eucaristica del pomeriggio che si
conclude con la benedizione dei malati; le candele accese davanti alla Grotta sotto la statua dell’Immacolata Concezione, segno della preghiera e dell’offerta costante dei pellegrini alla Madonna; il bagno alle piscine o il gesto di bagnarsi con l’acqua delle fontane ci permette di capire
il significato dell’acqua di Lourdes che trova il suo senso profondo nella frase scritta sopra le fontane stesse: “Lavatevi il viso e chiedete a Dio di purificare il vostro cuore”. Lourdes, infatti, è
anche un luogo di penitenza e di conversione. La conversione non è prima di tutto un cambiamento
di atteggiamenti, ma è il cambiamento dello sguardo. È voltarsi verso Gesù, fissare lo sguardo su
di Lui riconoscendolo presente. È vivere tutto in Lui, con Lui e per Lui quindi Lourdes favorisce
la riconciliazione dell’uomo con il Padre. Moina Maroni
Marco Doldi
Matrimonio e famiglia.
Uno sguardo lungo i secoli
San Paolo 2014
Matrimonio e famiglia, talvolta, sono presentati
come realtà frutto di una cultura, come fossero
nati in una determinata epoca della storia. Ora,
se la monogamia, l’uguaglianza dei sessi, la
cura dei figli - elementi caratteristici dell’unione coniugale - si sono imposti con il
tempo, ciò non significa che siano stati inventati. Piuttosto, l’umanità ha lentamente, ma fermamente preso coscienza che il
matrimonio deve avere questi
elementi fondamentali, perché
sono nella sua natura.
Se non si fosse consapevoli di
questo, se non si fosse convinti che esiste un’ identità
naturale, scoperta e non
creata, allora sarebbe lecito e
inevitabile scrivere e riscrivere la forma del matrimonio e della famiglia,
modificandone gli elementi
strutturali a proprio piacimento. Ed è l’intento di chi
oggi vorrebbe chiamare
“famiglia” quello che non
è mai stato.
Al posto dei dati costitutivi
si metterebbe genericamente l’amore: dove c’è
amore - si dice - c’è famiglia! L’amore è fondamentale per un
matrimonio e per la famiglia: certo. Ma non
basta, perché occorre che ci sia la naturale complementarietà dell’uomo e della donna, i quali
amandosi si aprono al dono della vita. D’altronde, esistono vari tipi d’amore, da quello fraterno a quello amicale, ma per realizzare un
matrimonio occorre quello coniugale. La
Chiesa ha fatto propria questa visione naturale
delle cose, riconoscendo in tale ordine un
segno, un’impronta del Creatore; così l’unione
stabile e fedele dell’uomo e della donna, aperta
alla generazione dei figli, cioè al futuro, appartiene al buon progetto di Dio. Ciò che è impresso nel cuore dell’uomo e della donna, nella
natura della persona umana, è insegnato dalla
divina Rivelazione. La Parola di Dio scritta e
quella trasmessa dalla Tradizione vivente della
Chiesa continuano, ricordano e motivano
quanto è scolpito nel cuore. La celebrazione
dell’Anno Internazionale della Famiglia, promosso dalle Nazioni Unite per il 2014, diviene
l’occasione per riconoscere ed accogliere questa logica continuità. Il volume di M. Doldi
“Matrimonio e famiglia. Uno sguardo lungo i
secoli” (Edizioni San Paolo 2014) presenta il
pensiero di tanti Autori,
che, pur nella diversità
delle epoche e dei contesti culturali, hanno
gettato una luce armoniosa e coerente su
un’istituzione che è sempre e ancora da amare,
custodire e promuovere.
La lettura di tanti Autori,
che in senso ampio appartengono al pensiero della
Chiesa è estremamente
utile, perché, da una parte,
rivela la continuità con ciò
che l’umanità ha faticosamente costruito e, da un’altra, permette di cogliere il
contributo che il cristianesimo ha portato.
Il libro si compone di quattro
parti: l’Epoca antica (I - VII
secolo); l’Epoca di mezzo
(VIII - XIII secolo); l’Epoca moderna (XIV XVIII secolo); l’Epoca contemporanea (XIX XX secolo) e offre 55 testimonianze su matrimonio e famiglia. Ciascuna è introdotta da alcuni dati storici sull’Autore, di volta in volta
richiamato. Si presenta come uno strumento facile per avvicinare insegnamenti e testimonianze di vescovi, sacerdoti e laici, i quali nel
corso della storia hanno reso testimonianza a
quel patrimonio dell’umanità costituito insieme
dal matrimonio e dalla famiglia.
8
Anno XXXI
11 Maggio 2014
PAG
MUSEI SISTINI
Tanti Auguri da tutta la Parrocchia Madonna della Speranza
e dal Parroco Don Anselmo
alla coppia Gabriella e ‘Zare che da 40 anni camminano insieme!
Maltempo, visita del presidente
Renzi nelle Marche
Il presidente della Regione, Spacca:
“Subito lo stato d’emergenza.
Urgente dotarsi di strumenti adeguati ad
affrontare i cambiamenti climatici”
“Un grazie al presidente Renzi per la vicinanza, la solidarietà
e l’impegno ad un tempestivo intervento del Governo nella
fase dell’emergenza. La situazione è pesante in tutta la regione perché i torrenti hanno fatto sentire la loro potenza e violenza, creando situazioni di criticità su cui effettueremo una pronta ricognizione con i sindaci coinvolti. Per lo stato di emergenza e di calamità naturale stiamo
agendo immediatamente: la modulistica per la raccolta dei danni, che i sindaci dovranno compilare, è già pronta,
affinché la richiesta avvenga su elementi concreti e precisi”. Lo ha detto il presidente della Regione Marche,
Gian Mario Spacca, al presidente del Consiglio Matteo Renzi nel corso della sua visita a Senigallia. Spacca,
Renzi e il capo della Protezione civile nazionale, Franco Gabrielli, hanno prima effettuato una ricognizione in
elicottero delle aree alluvionate e poi hanno incontrato nella sede del Comune di Senigallia i sindaci delle aree
maggiormente colpite. “Le precipitazioni particolarmente violente delle ultime ore hanno determinato una
situazione critica – ha detto Spacca – Fenomeni che
pongono non solo il problema di intervenire nell’emergenza e di ristorare i danni alle famiglie e alle attività
economiche, ma anche di affrontare con gli strumenti
adeguati il tema dei cambiamenti climatici così caro alla
Ue. Tema che deve portarci a rivedere tutta l’infrastrutturazione del nostro territorio di fronte a fenomeni meteorologici che appaiono fuori dalla nostra esperienza.
E’ per questo che, oltre ad approfondire l’emergenza, la
Regione ha posto questo tema come prioritario nella
prossima programmazione europea 2014-2020. Il governo regionale si è già adoperato per affrontare il problema del dissesto idrogeologico attraverso la legge sui
fiumi che demandava alle Province la realizzazione
degli interventi che, prevalentemente a causa del patto
di stabilità, non sono ancora decollati, nonostante la possibilità di ricorrere a project financing utilizzando il materiale di risulta”. Spacca ha anche annunciato che
sabato i ministri Galletti e Martina saranno nelle Marche
per affrontare le questioni legate sia allo stato di emergenza che di calamità naturale. Il presidente ha infine
nuovamente ringraziato tutti coloro che sono impegnati
nella gestione dell’emergenza. “Questa calamità – ha
detto - è affrontata in maniera straordinaria grazie alla
generosità di tutte le forze in campo e alla responsabilità
dei cittadini, disponibili a vivere questo episodio drammatico in pieno spirito di comunità. Ringrazio tutti loro
a nome della Regione”.
Proprietà: “confraternita SS.mo Sacramento e cristo Morto”
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N. 211 del 24/5/1984
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