Il Discorso della Montagna_Licitra

UN CANTO ALLA BELLEZZA E ALL’ARMONIA
Giovanna Di Luciano ne “Il Discorso della montagna – Le Beatitudini” ripercorre, come in filigrana,
le notissime pagine di Matteo 5,1-11 e le interpreta con un’ermeneutica esistenziale del tutto
personale, con una Weltanschauung dell’anima che riesce a cogliere appieno la grande rivoluzione
che Cristo con la sua Dabàr ha portato tra gli ultimi, i poveri, i dimenticati dai fasti del mondo.
L’autrice si immerge nel contesto narrativo tra la folla che ascolta le parole di grazia che escono
dalla bocca di Cristo, si colloca tra quelli posti più indietro senza ruoli di spicco, neppure sacri, ma
con una voglia interiore ed una tensione tali da non perdere la ben più piccola sfumatura del
Verbo di salvezza per scandagliarne tutte le possibili ricadute e applicazioni sia per se stessa, sia
per tutti quei lettori che vorranno abbeverarsi a tale fonte di grazia; come la Cananea del Vangelo
non vuole perdere neppure le briciole cadute dalla tavola del Maestro.
Il fatto, poi, che l’autrice si relazioni in prima persona, crea un’atmosfera suggestiva e reale, ad un
tempo, pregna di patos che pone il lettore nelle condizioni ideali per interloquire a filo diretto col
Gesù delle Beatitudini.
Ogni Beatitudine viene vista come Kairòs, come tempo di salvezza nell’hic et nunc della storia
personale: una grande rivoluzione che si può realizzare solo dal di dentro, anche se si è costretti,
ancora, a convivere con mille sofferenze e contraddizioni, forti però, che la sua Parola non è
ingannevole, ma realizza veramente ciò che promette, la stessa Parola/Dabàr che ha creato
l’uomo e l’universo e che ci darà la vita in pienezza dopo la morte in una felicità senza fine con le
tre Persone divine.
La sua misericordia, che in ebraico suona rachamìn, cioè viscere di bontà materne, ci avvolge
completamente, ci riabilita e ci custodisce al di là di ogni nostra attesa, certi di essere accolti tra le
Sue forti braccia per sempre: “La bontà di Dio ha sì gran braccia che accoglie tutto ciò che si rivolge
a lei.(Cfr. Purgatorio, Canto III – Manfredi d’Altavilla).
Con le Beatitudini siamo trasformati in figli della Shalòm, siamo immersi in quell’armonia che
avevamo prima della caduta: pace con Dio, con il creato, con gli altri e, finanche, dentro noi stessi,
dove tutto era ordine, armonia, bellezza; sono i piccoli gesti di amore e di misericordia nella vita di
ogni giorno che fanno essere l’altro, che lo fanno percepire amato da Dio, come ben sottolinea
l’autrice, gesti che fanno la differenza che ci fanno pregustare, in modo prolettico, la Shalòm
ultraterrena.
Le Beatitudini di Giovanna Di Luciano costituiscono, per l’appunto, un canto alla bellezza,
all’armonia, alla Shalòm eterna, che se contemplate, vissute con fiducia e incarnate con coerenza,
possono ancora dopo 2000 anni, salvare il mondo: “Pulcrum et Bonum convertuntur”.
Giancarlo Licitra