Il Celeste Impero Giapponese

Il Celeste Impero Giapponese
Preistoria (proto-Jōmon)
Circa 12000 anni fa il Giappone era una lingua di terra collegata al continente asiatico, con il quale formava il Mar del Giappone, all'epoca un
mare chiuso.
Dopo l'ultima glaciazione, i ghiacci si sciolsero e il livello del mare conseguentemente si innalzò, sommergendo parte delle coste giapponesi: il
Paese divenne così l'arcipelago isolato dal resto del mondo che conosciamo oggi.
Questa teoria è avvalorata da diversi elementi, sebbene riguardo alcuni di essi ci siano pareri contrastanti.
L'ambito più discusso è sicuramente quello linguistico, riguardo il quale da una parte c'è chi considera la lingua giapponese e quella coreana
imparentate con la famiglia delle lingue altaiche, parlate nell'asia centrale e orientale. Molti altri studiosi invece sostengono che il giapponese sia
una lingua isolata, che non appartiene cioè ad alcun ceppo linguistico.
Secondo i ritrovamenti archeologici, i primi insediamenti umani in Giappone si ebbero durante il Paleolitico, come testimoniano alcuni fossili in
pietra o in osso risalenti allo stesso periodo di altri resti di Mammuth rinvenuti.
I ritrovamenti più numerosi per quanto riguarda la preistoria del Giappone, tuttavia, risalgono al Mesolitico, chiamato anche Proto-Jōmon.
Questo nome è dovuto ai resti in ceramica risalenti a quel tempo: erano manufatti in creta mista a fibre vegetali, a forma di imbuto, con la parte
inferiore a punta o arrotondata.
Sono questi reperti l'unica testimonianza da cui traspare quella che era l'identità dei popoli primitivi giapponesi: popolazioni nomadi, che
utilizzavano rozzi utensili in pietra e praticavano forme di caccia, e che non erano capaci di realizzare oggetti in ceramica.
Sono fiere e forti tribù di nomadi che viaggiano cacciando, le primissime leggende infatti sono tutte incentrate su guerrieri che sconfiggono
creature enormi e mostruose, in questo, facendo un analisi Jungiana, qualcuno ha visto reminiscenze archetipiche dei Mammut.
Il Periodo Jōmon
Il successivo periodo è chiamato Jōmon (縄文時代 Jōmon Jidai), e si colloca nel neolitico.
Anch'esso deve il suo nome ai disegni in corda che venivano applicati sui manufatti in ceramica, i quali sembrano essere il risultato di un incrocio
di due diverse culture:
• Cultura meridionale, caratterizzata da vasellame a fondo acuminato e da alcuni strumenti in pietra con punte di freccia;
• Cultura settentrionale
La produzione in ceramica è fondamentale per la datazione di questo periodo: infatti, se fate caso al sottotitolo di questo topic, noterete che il
periodo Jōmon copre un lasso di tempo effettivamente molto lungo (10000 - 300 a.C.)! Ciò non significa che non c'è stato alcun cambiamento
rilevante nella cultura dell'epoca, bensì che le caratteristiche salienti di essa sono state tramandate con continuità per migliaia di anni.
I cambiamenti sopracitati invece, per quanto leggeri, ci consentono di definire l'evoluzione del periodo Jōmon in diverse fasi.
Una prima fase va dal 10000 al 5000 a.C: è una fase di transizione tra il Paleolitico e il Neolitico, durante la quale le antiche popolazioni che
vivevano in Giappone continuavano a praticare caccia e raccolta di frutti.
Con il passare del tempo, attorno al IX-VIII millennio a.C., con la fine dell'epoca delle glaciazioni, nuove risorse naturali divennero disponibili: i
prodotti marini.
Infatti furono ritrovati resti di conchiglie, o di utensili da pesca come ami, o arpioni.
Una seconda fase copre gli anni tra il 5000 e il 3500 a.C.: le condizioni climatiche continuarono a migliorare in questo periodo, e il livello del
mare cominciò ad innalzarsi.
La regione del Kanto, per esempio, divenne una sorta di palude di marea, consentendo un maggior impiego dei prodotti raccolti lungo le coste;
nelle regioni occidentali invece, cominciò ad essere praticata la pesca in profondità.
E’ in questo periodo che da guerrieri e cacciatori fieri quali erano, i giapponesi diventano pescatori temerari che affrontano il mare a caccia,
questa volta, di pesci, e ciò influenza i loro cicli di leggende che danno grande importanza al mare e alle mostruose creature al suo interno, che
secondo alcuni potrebbero essere le Balene.
La terza fase va dal 3000 a.C. fino alla fine del periodo Jōmon.
Il livello del mare comincia ad abbassarsi, e la pesca non è più così fruttuosa per le popolazioni insediate vicino le coste.
Si verifica una migrazione verso le zone interne del Paese, in particolare nella zona settentrionale del Kanto: cominciarono ad apparire le prime
forme di coltivazione, attorno alle quali nacquero primitive comunità.
Dal 2000 a.C. iniziò anche uno sviluppo di un'economia fondata sullo sfruttamento dei prodotti marini, tramite tecniche più elaborate per la
pratica della pesca in profondità.
In questo periodo, oltre all'introduzione dell'agricoltura e del sedentarismo, si verifica un miglioramento in ambito militare, con il miglioramento di
alcune armi primitive e l'introduzione di archi e spade.
In questo tipo di società sono inizialmente gli uomini a fare da cacciatori-guerrieri, mentre le donne sono raccoglitrici-contadine.
Un'altra caratteristica del periodo Jōmon, è il contrasto con gli Ainu, una popolazione che già abitava le terre del Giappone da diverso tempo. Di
razza caucasica (arnagione chiara, capelli neri e non lisci, barbe fluenti), questi Ainu si trovarono spinti sempre più a nord dai giapponesi.
Il Periodo Yayoi
Il periodo Yayoi (弥生時代 Yayoi Jidai) prende il suo nome da un omonimo quartiere di Tōkyō, nei pressi dell'Università, in cui avvennero
ritrovamenti di un nuovo tipo di ceramica risalente ad un periodo compreso tra il 300 a.C. e il 300 d.C.
Sebbene sia di qualità superiore rispetto a quella Jōmon, grazie all'introduzione della lavorazione al tornio, la ceramica Yayoi presenta decori
molto più semplici. In base a recenti studi, essa risulta essere nata dall'incrocio tra la ceramica Jōmon, e un tipo di lavorazione tipica del
continente.
Per quanto la ceramica sia stata determinante al fine di caratterizzare questo periodo dal precedente, essa non fu la sola produzione Yayoi:
furono ritrovati infatti anche diversi oggetti ornamentali, che si differenziano da quelli di precedente epoca per una decorazione più elaborata e
fine.
Ciò è sintomo di un'importante evoluzione nella società del tempo, che iniziava a conferire agli oggetti un valore che andava oltre la mera utilità
quotidiana: rituali e cerimonie religiose presero sempre più piede, ed i manufatti divennero parte integrante di questi momenti di vita
comunitaria.
Un chiaro esempio di quest'evoluzione sono le dōtaku 銅鐸 , campane giapponesi. Realizzate in pietra e in bronzo, anticamente non avevano
altro uso se non quello di comunissime campane; con il passare del tempo tuttavia le loro dimensioni aumentarono progressivamente, sino a
diventare talmente grandi da essere difficilmente utilizzabili.
Dando uno sguardo più generale alla cultura Yayoi, possiamo suddividerla in due grandi sfere d'influenza, che coincidono con due aree del
Paese:
• Seto occidentale: caratterizzata dalla presenza di lame ricurve, punte, tombe a dolmen, articoli funerari.
• Seto orientale: caratterizzata dalla produzione di lame piane, campane di bronzo, insediamenti sulle colline.
Accanto allo sviluppo culturale ci fu anche un importantissimo avvenimento a livello sociale, nel Giappone di questo periodo: si tratta
dell'introduzione della risicoltura dal continente.
La diffusione di questa pratica agricola interessò prima le zone settentrionali del Giappone, quelle più vicine alla Corea (dalla quale è giunta), per
poi spostarsi verso le regioni del mare interno e nel resto del Paese.
Lo sviluppo dell'agricoltura indusse gruppi di famiglie a stanziarsi in zone più facilmente irrigabili e adatte all'insediamento di risaie e abitazioni: si
cominciò a passare definitivamente da una vita nomade ad una vita sedentaria , in capanne di legno con pavimento in terra, pilastri e travi di
legno e tetti in paglia.
Ben presto le popolazioni giapponesi impararono anche a controllare l'acqua, e ad impiegare il ferro e il bronzo per la costruzione di utensili,
oggetti agricoli, ma anche altre tipologie di utensili ornamentali, di cui abbiamo già parlato: ciò permise di stanziarsi anche in quei terreni che
prima non erano lavorabili.
La vita comunitaria ebbe inizio proprio da questi primi agglomerati urbani, piccoli e modesti villaggi all'interno dei quali lentamente andavano
prendendo forma culti e riti introdotti per propiziarsi il favore della natura (alla quale l'economia della popolazione era strettamente connessa).
Nacque così lo Shintō (神道, "via degli dei"), culto della natura legato alla credenza che vedeva le divinità Kami 神 risiedere negli "oggetti della
natura" (shintai): rocce, fiumi, montagne, alberi, e via dicendo. Questa è la primitiva forma di quello che nelle epoche successive sarebbe
diventato una religione di Stato (lo Shintoismo).
Lo Shintō originario non aveva credo, dogmi o filosofie: semplicemente la comunità cercava uno stretto legame con i Kami, e tramite appositi
rituali chiedeva alla divinità la propria benevolenza e protezione dal male (tsumi). Più un Kami era connesso ad un clan, più tale clan acquisiva
prestigio rispetto agli altri; e con esso, ovviamente, il leader che ne era a capo e che deteneva sia potere politico che spirituale.
E' a questo periodo che possiamo far risalire le radici di una primitiva identità politica del Giappone, testimoniata non solo da reperti locali e
innovazioni provenienti dal continente (specchi, bronzi, risicoltura, ecc..), ma anche dalle opere letterarie di paternità cinese.
Durante il periodo Yayoi infatti, oltre ai tradizionali scambi con la Corea si avviarono anche quelli con la Cina, che giocò un ruolo fondamentale
nella formazione della cultura Giapponese.
In alcune fonti siniche si parla del "Regno giapponese di Nu", sito nel Kyūshū settentrionale, che aveva inviato alla dinastia degli Han offerte e
tributi, ricevendo da essi un sigilllo ufficiale (Hou Han Shu, "Storia degli Han Posteriori - Fan Ye, V secolo d.C.).
In altre ci viene narrato più generalmente che dalla "Terra di Wa", chiamata anche Yamatai, la regina sciamana Pimiku (Himiko) aveva inviato in
Cina un ambasciatore presso la dinastia Wei (Wei Zhi, "Registri di Wei", ca. 297 d.C.).
Viene qui identificato con l'intero Paese quello che originariamente doveva essere solo il clan dominante Yamato 大和, progenitore della futura
linea imperiale, il cui Kami protettore era la progenitrice della "Stirpe del Sole":Amaterasu-ō-mi-kami 天照大御神.
天照大御神
Il Periodo Kofun o Asuka
Kofun 古墳 letteralmente significa "tombe antiche": furono i ritrovamenti di queste tipiche tombe a tumulo, infatti, a dare il nome al periodo.
Erano rialzate, e la loro forma variava da cerchi, a quadrati, a figure simili a "buchi di serratura" (come nell'immagine qui sotto, nella quale
potete ammirare la Tomba dell'imperatore Nintoku).
Le prime kofun erano di struttura molto semplice: erano delle camere mortuarie spesso costruite ammassando blocchi di pietra, poste in cima
alle colline, e all'interno delle quali vi si trovavano dei sarcofagi in legno.
Era presente un corredo funerario che prevedeva la presenza di svariati oggetti: utensili in rame, armi, armature in ferro ed oggetti ornamentali
di valore.
Fu dalla prima metà del IV secolo che queste tombe si arricchirono di nuovi elementi: i sarcofagi cominciarono ad essere costruiti in pietra,
vennero aggiunte delle chiusure in creta per le scatole di inumazione di legno, e si avviò l'usanza di costruire lettini in pietra e terriccio per il
drenaggio e la conservazione della tomba.
Dal corredo funerario sparirono gli oggetti ornamentali di valore, sostituiti da altre imitazioni, mentre fecero il loro ingresso glihaniwa 埴輪.
埴輪
Inizialmente gli haniwa avevano la forma di case, e venivano posti sul punto più alto della tomba per fungere da dimora per il defunto.
Successivamente divennero statuette di argilla, raffiguranti guerrieri, agricoltori, musici, sistemati nella tomba in ordine gerarchico.
Le tombe e il loro corredo funerario non sono fondamentali solo per il loro valore archeologico, ma anche perchè ci forniscono importanti
informazioni sulla struttura sociale del tempo: le tombe di persone importanti contenevano solo un corpo, ed erano poste su colline che
dominavano una vallata sottostante; erano lontane dalle zone residenziali, e al loro interno gli oggetti ornamentali avevano una fattura unica e
particolare, poichè realizzati da specialisti.
Le tombe più importanti furono ritrovate nella regione di Yamato, dove l'omonimo clan stava prendendo sempre più potere.
Nel periodo Kofun, la struttura sociale del Giappone si fondava sul sistema dello uji 氏: un uji era un vero e propro clan, che ruotava attorno ad
un nucleo familiare di orientamento patrilineare, e nel quale i membri avevano legami di sangue (reali o presunti, non aveva importanza:
servivano solo a rafforzare la coesione interna tra i membri).
Era una sorta di "mini-società", all'interno della quale gli individui occupavano una posizione sociale preminente, e vantavano la discendenza da
una divinità comune e da un antenato comune, lo ujigami 氏神.
氏神
Ogni uji era organizzata gerarchicamente, e a capo di essa stava lo uji no kami: egli svolgeva funzioni politiche, ma anche religiose (come
specifica il suo stesso titolo); era considerato il tramite tra il kami e il resto dello uji, colui che discendeva direttamente dalla divinità.
La carica di uji no kami era ereditaria, ed essa veniva trasmessa da padre in figlio insieme ad alcuni oggetti che simboleggiavano il potere:
lo specchio, la spada e il gioiello, frequentemente ricorrenti anche in alcune storie e leggende giapponesi.
All'interno dello uji vi erano poi dei "sottogruppi" di famiglie chiamati ie: al loro interno i membri (yakara) erano capeggiati da un ie kimi.
In una comunità, esistevano anche delle persone che lavoravano per il clan dominante, nate dalla sottomissione di altri clan. Esse erano
raggruppate in unità chiamate be in base al lavoro che svolgevano all'interno dello uji. In questo modo, esistevano be di contadini, di tessitori, di
pescatori e via dicendo.
Al livello più basso della gerarchia, stavano gli yatsuko, servi e domestici.
Nonostante la stratificazione sociale, all'interno dello uji c'era un sentimento di unitarietà, collegato al culto dei kami.
I vari clan cominciarono a stabilire contatti tra loro, a volte pacifici, altre volte ostili; nacquero delle "confederazioni di uji", guidate dal capo della
uji più importante attorno alla quale ruotavano tutte le altre come clan satelliti.
Come già accennato, il più potente di questi clan fu quello di Yamato, che con il tempo riuscì a sottomettere gli altri uji e a creare un governo
centralizzato.
Certamente, il fatto che l'ujigami di questo clan dichiarasse di discendere dalla dea Amaterasu aveva il suo peso, fornendo allo Yamato un
pretesto che giustificasse la sua supremazia sulle altre uji.
Molti uji o be, stabilirono anche rapporti commerciali o militari con regni coreani d'oltremare: Koguryŏ, Paekchee Silla.
Il fatto che nella penisola coreana si trovassero truppe dell'uji Yamato a svolgere funzioni di controllo, dimostra quanto questo clan fosse arrivato
a potenziarsi militarmente nel corso del tempo. Ciò è testimoniato anche dal ritrovamento di molti haniwa raffiguranti guerrieri: l'attività militare
ormai aveva iniziato a prendere piede.
Il clan Yamato dominava anche sul piano economico: nacquero dei centri dediti alla produzione di merci, che poi sarebbero state scambiate con
altri paesi.
Il Buddhismo in Giappone
Si narra nel Nihon shoki, che l'introduzione del Buddhismo in Giappone sarebbe avvenuta nell'anno 552 a.C. (538 secondo alcuni studiosi), dal
regno coreano di Paekche: il sovrano di questo regno inviò a Kinmei (capo della confederazione Yamato) una statua del Buddha ed alcuni sutra,
accompagnati da una lettera in cui il sovrano stesso celebrava tale religione, spiegandone tutti i vantaggi che da essa si potevano trarre.
Ciò che questa religione provocò a livello interno nell'arcipelago fu in primo luogo una contrapposizione fra i vari uji, che volevano tutelare i
propri interessi: ricordiamo infatti che questi clan fondavano il proprio potere sui kami, e quindi l'introduzione di una divinità "estranea" rischiava
di far vacillare la loro posizione.
Di conseguenza, i clan il cui potere era maggiormente consolidato soprattutto dalla vicinanza col supremo uji Yamato, non videro di buon occhio
la nuova religione. Al contrario, i clan nati da poco, che non rientravano tra gli alleati diretti di Yamato, furono favorevoli alla nuova religione: fra
essi c'era il clan Soga, di recente immigrato dalla Corea.
Ai Soga si opposero due clan alleati a Yamato: i Mononobe e i Nakatomi. Erano rispettivamente un clan di generali ed uno di sacerdoti shinto.
Inevitabile fu lo scontro tra le due fazioni: avvenne nel 587, e vide vincitore il clan Soga, guidato dal leader Soga no Umako. La vittoria dei
Soga non solo impose l'accettazione del Buddhismo in Giappone, ma comportò anche il consolidamento dei rapporti tra l'arcipelago e gli altri
paesi come Cina e Corea, importantissimo per lo sviluppo del Paese.
Un esempio del consolidamento di questi rapporti, fu la costruzione del tempio di Hokoji da parte di Soga no Umako, supportato dal regno di
Paekche.
Accanto ai contrasti politici, possiamo notare come il Buddhismo abbia apportato anche cambiamenti a livello culturale e sociale.
Alcune pratiche religiose caddero in disuso, come la costruzione di tombe (sostituita dalla cremazione dei corpi).
Un altro cambiamento riguardò la scrittura: fu introdotta anche stavolta dalla Corea, che si ispirò al sistema cinese.
Non sono molte le fonti giunte sino a noi, ma sono comunque fondamentali per ricostruire gli avvenimenti storici: con la scrittura finalmente la
storia comincia a diventare più attendibile e meno mitologica.
Comunque, non bisogna pensare che con l'arrivo del Buddhismo lo Shintō sia completamente scomparso: al contrario, con il passare del tempo si
è giunti ad una sorta di sincretismo tra le due religioni, che adattandosi si sono poi affiancate l'una all'altra.
Verso lo Stato Imperiale: Shōtoku Taishi e Naka no Ōe
Dal 532 il Giappone cominciò a perdere gradualmente il proprio controllo sulla penisola coreana, ma a differenza della nostra timeline come
reazione a questa progressiva perdita di potere il giappone non ancora unito aumenta la sua ingerenza sulla penisola coreana attraverso una
serie di attacchi marittimi guidati dalle flotte di pirati/pescatori giapponesi (per i Cinesi, infatti, i Giapponesi dell’epoca erano poco più che pirati)
e ciò permise un controllo di tipo tributario ed economico sulla penisola coreana.
Ciò fu dovuto ad uno scontro tra i regni di Paekche (controllato da Yamato) e Silla (supportato dalla Cina): la sconfitta del primo aveva causato il
raffreddarsi dei rapporti tra Giappone e penisola coreana. E tuttavia anche la Cina aumentò le proprie ingerenze sulla parte nord della Corea.
Questo fatto ridimensionò le mire giapponesi: da un lato il Giappone temeva una grande potenza come la Cina, dall'altro la ammirava e la prese
come modello; molti furono i monaci che cominciarono ad affluire nell'arcipelago contribuendo alla costruzione di grandiosi templi, su modello
delle città cinesi.
In ambito politico, i Soga rafforzarono notevolmente il proprio potere dopo la vittoria militare riportata, diventando un pericoloso nemico per il
clan Yamato. Soga no Umako, per consolidare il proprio potere a corte, fece uccidere l'imperatore (che nonostante fosse suo nipote, si opponeva
alle ambizioni del clan).
Nel 592 l'imperatrice Suiko, legata ai Soga da parte materna, salì al trono: fu la prima donna ad assumere questa carica.
Al tempo stesso, il figlio di una donna Soga, nipote di Suiko, fu nominato sesshō 摂政 (reggente) dell'imperatrice, regnando di fatto al posto
suo.
Il suo nome era Shōtoku Taishi 聖徳太子.
聖徳太子
La figura di Shōtoku occupa una posizione di rilievo nella storia giapponese.
Nato nel 574, combattè al fianco del clan Soga e lo supportò sempre; fu un fervente buddhista, e il suo intervento fu importantissimo per
favorire la diffusione di questa religione in Giappone. Dopo averne studiato le sacre scritture infatti, nel 594 divulgò un editto imperiale che
promuoveva i 3 tesori del buddhismo: il Buddha, il Dharma (legge buddhista) e il Sanga (la comunità dei monaci).
Inoltre, fece costruire diversi templi buddhisti, utilizzando i fondi statali, in modo da renderli pubblici e quindi da diffondere la religione anche tra
il popolo.
Shōtoku fu fautore anche di numerose riforme.
Nel 603 istituì un sistema di 12 ranghi di Corte, la cui assegnazione spettava al sovrano.
Nel 604 compilò la Costituzione dei 17 articoli: si trattava di un elenco di precetti morali, ispirati alle filosofie cinesi di buddhismo, taoismo e
confucianesimo.
In particolare, va menzionato il 12° articolo:
«Uno Stato non ha due sovrani, e il popolo non ha due padroni»
E' evidente il suo significato, così come degli altri: la Costituzione stabiliva l'instaurazione di un regime, e mirava ad eliminare il potere autonomo
delle uji a favore dell'istituzione dell'unica figura regnante dell'Imperatore, legame tra Cielo e Terra: il Tennō.
Nel 622 Shōtoku morì, ma non per questo si fermarono le riforme di cui fu promotore.
In seguito ad un colpo di Stato, effettuato tramite diversi stratagemmi, Naka no Ōe e Nakatomi no Kamatari(un membro dei Nakatomi)
misero fine alla supremazia del clan Soga.
Naka no Ōe divenne imperatore sotto il nome di Tenchi nel 664, e Nakatomi no Kamatari assunse il prestigioso cognome di Fujiwara.
Il 646 fu un anno importante: furono attuate una serie di riforme, che presero il nome di Riforme Taika. Esse furono:
•
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•
•
•
abolizione proprietà terriera
creazione di un'area "metropolitana" (kinai) per il governo
censimento della popolazione (ogni 6 anni)
distribuzione di terre coltivabili (sistema kubunden)
abolizione di vecchie tasse e di lavoro coatto
Fra questi cambiamenti, è importante soffermarsi sul sistema kubunden 口分田.
口分田
Consiste in una ridistribuzione delle terre, attuata in seguito al censimento della popolazione, in base al sesso (2 ettari e mezzo per gli uomini, 1
ettaro e mezzo per le donne), e non era assolutamente ereditario: alla morte di un possessore infatti, la terra tornava allo Stato, e sarebbe poi
stata ridistribuita nuovamente secondo le regole.
Il 3% dei prodotti della terra veniva prelevato dallo Stato, e gli uomini tra i 20 e i 60 anni erano obbligati a 30 giorni di lavoro obbligatorio.
Non tutte le terre rientrarono nel sistema kubunden: alcune di esse vennero assegnate a nobili, funzionari civili o religiosi, per meriti o rango.
Un altro cambiamento riguardò anche l'amministrazione territoriale; il Paese venne diviso ed assegnato al controllo di funzionari in questo modo:
• Kuni (province): erano 66, ed erano controllate da un Kami, un governatore, scelto tra gli aristocratici locali.
La carica di kami durava 4 anni, ed era a nomina imperiale; egli si occupava dei censimenti, del controllo dei templi, della promozione dei
prodotti, dei processi, delle tasse, dei soldati, e via dicendo.
Il Kami aveva un assistente, il Suke.
• Kori (distretti): erano controllati da un magistrato senior (Tairyō) e da un magistrato junior (Shoryō), scelti fra gli aristocratici locali.
Queste cariche erano ereditarie.
Solitamente, l'incarico di capo delle province veniva assegnato ai capi delle vecchie uji.
• Sato (città/villaggi): ogni sato aveva il suo Richō (sindaco), i quali compiti andavano dal controllo della popolazione all'esazione delle tasse.
• Be (famiglie): erano all'incirca 50, in ogni sato.
Le riforme Taika comportarono anche la nascita di nuovi organi governativi: fu creato un Consiglio di Stato, Daijō-kan 太政官,
太政官 dal quale
dipendevano 8 ministeri (shō), sotto i quali si trovavano dipartimenti e uffici che svolgevano funzioni di controllo (Daijō-dai).
L'opera riformatrice durò sino a quando iniziò una disputa per la successione al trono, che portò il Paese in uno stato di guerra per alcuni mesi.
Da questo scontro emerse il nuovo imperatore Tenmu, che consolidò le riforme sino ad allora avviate.
Egli è ricordato in particolare per aver rivisto il kabane 姓, sistema di titoli onorifici degli uji, relegandolo in posizione subordinata rispetto ai
ranghi di corte.
Iniziò anche la compilazione del codice Ritsuryō 律令 nel 681, nel quale erano indicati punizioni e premi da conferire per merito.
Nel 694 fu sperimentata la prima capitale stabile a Fujiwara, vicino Asuka: non fu una scelta positiva, data la posizione sfavorevole del centro di
governo.
Nello stesso periodo, fu completato il Taihō Ritsuryō 大宝律令,
大宝律令 un codice di leggi che si basa sul Ritsuryō di Tenmu, entrato in vigore nel 702.
Questo codice fu compilato sotto l'imperatore Mommu, da Fujiwara Fuhito, e gettò le basi per il sistema amministrativo che sarebbe rimasto in
vigore fino al XIX secolo.
Esso prevedeva il definitivo superamento del sistema uji, e la creazione di una massa popolare di "persone pubbliche" (Kōmin 公民)
公民 sottoposte
all'imperatore. E di conseguenze si delineavano i guerrieri-nobili, sopra di loro.
Questa massa era stratificata in:
• Ryōmin 良民,
良民 sudditi liberi, che potevano essere funzionari (Kannin) o coltivatori statali (Kōmin);
• Senmin 賤民,
賤民 sudditi non liberi;
Il codice prevedeva anche la creazione di un ministero delle divinità, Jingi-kan 神祇官,
神祇官 affiancato al Daijō-kan.
Inizialmente, gli storici erano in dubbio sulla data da stabilire per l'inizio del periodo Nara: infatti, si pensava di
far coincidere questo evento con l'entrata in Giappone del Buddhismo.
Successivamente, si optò per porre l'inizio del periodo nara nell'anno 710 d.C., anno in cui una capitale stabile
fu edificata a Nara (all'epoca chiamata Heijokyo).
Specifico "stabile" per un motivo ben preciso: secondo la religione shintoista, il luogo in cui un imperatore
moriva diveniva impuro, e il suo successore non poteva risiedere in tale luogo....quindi, prima del 710, le
capitali venivano spostate di continuo, alla morte di un imperatore.
Tuttavia, le nuove esigenze di governo, necessitavano di una capitale stabile...
Per superare questa credenza, ci si avvalse del buddhismo, secondo il quale la morte non è impurità, ma un
inizio di una nuova esistenza.
Tornando a Nara, essa fu costruita in un'ampia zona pianeggiante, in una posizione strategicamente favorevole.
La città occupava circa 20 km quadrati di superficie, ed era stata realizzata costruendo edifici
architettonicamente simili a quelli delle grandi città cinesi.
Nara era davvero uno splendore, soprattutto perchè gli imperatori finanziarono e fornirono molte terre per la
costruzione di grandi templi buddhisti, che edificarono non sono a Nara, ma anche nelle province, per
diffondere la protezione che la religione buddhista offriva.
Un celebre tempio da menzionare è il Todaiji, a Nara, nel quale si trova la grande statua del Buddha.
Alta circa 16 metri, la sua realizzazione fu ordinata dall'imperatore Shomu; nel 752 la statua fu completata, e fu
inaugurata con l'esecuzione di una particolare cerimonia, chiamata "l'apertura degli occhi del Buddha", alla
quale parteciparono anche popolazioni del continente, come coreani, cinesi e persino indiani!
Questo periodo fu culturalmente molto proficuo per il Giappone: si instaurarono rapporti anche con altri Paesi
come Vietnam e Malesia, e si intensificarono quelli con la Cina, nella quale periodicamente venivano mandati
studiosi e ricercatori Giapponesi, per studiarne la grande cultura e visitarne le grandi città.
Insieme al commercio economico si succede però subito dopo il sistema di tassazione dettato dalla pirateria.
Nel 712 fu compilato il Kojiki, importantissimo testo Giapponese, steso basandosi sulle fonti orali di cui si
disponeva; è molto importante per risalire agli usi e costumi del Giappone propo-storico, anche se poco
attendibile per gli anni che precedono questo periodo.
E' diviso in 3 libri:
o
Primo libro -> narra dell'epoca mitologica, dai primi avvenimenti del Cielo alla leggendaria
fondazione dell'impero nel 660 a.C da parte di Jinmu;
o
Secondo libro -> fino al 300 d.C.
o
Terzo libro -> fino al 628 d.C.
Un'altra importantissima opera, molto più attendibile storicamente, è il Nihon Shoki, compilato nel 720.
Consiste in 30 libri, che narrano in maniera molto accurata, le vicende sino al 697.
Questi due testi sono stati composti con lo stesso scopo: glorificare il Giappone, ma soprattutto la figura
dell'Imperatore, leggittimando il diritto perpetuo della dinastia regnante.
Questo ci ricorda un pò il periodo delle uji, durante il quale ogni clan affermava di essere discendente di un
Kami per leggittimare il proprio potere; come ho già detto infatti, lo shintoismo non è mai scomparso dalla
cultura giapponese, anzi: è arrivato a fondersi con il buddhismo nel corso del tempo!
Tuttavia, nel periodo Nara, questa religione cominciò a divenire una minaccia per gli imperatori: la classe
sacerdotale infatti stava prendendo sempre più importanza, e i suoi poteri cominciarono ad oltrepassare la
spiritualità, arrivando ad aspetti più pragmatici della vita, tanto che perfino alcuni sovrani decisero di
intraprendere la vita monastica!
Ci fu un episodio in particolare che sfociò addirittura in una disputa tra monaci e sovrano.
Nel 749 salì al trono l'imperatrice Koken, devotissima al buddhismo, che fece addirittura imporre delle pene
contro chi uccideva qualsiasi essere vivente, umano o animale che fosse, per via delle credenze buddhiste .
Ella era molto legata ad un monaco, Dokyo, ritenendo che egli l'avesse salvata da una malattia tempo prima;
così riempì l'uomo di importanti cariche e privilegi, dandogli sempre più potere.
9 anni dopo, nel 758, Koken abdicò a favore dell'imperatore Junnin, per ritirarsi a vita monastica.
Junnin, vedendo quanto potere avesse assunto Dokyo, nel 764 portò un attacco armato contro di lui!
Il monaco riuscì a sventare l'attacco, e Koken risalì al trono col nome di Shotoku, mandando in esilio Junnin, e
conferendo a Dokyo il titolo di Hoo, che si da di solito ad un imperatore che si ritira a vita monastica.
Ma dokyo non si accontentò di questo, e pretese di essere nominato addirittura imperatore!
Seguendo la predizione di un oracolo, che affermava che un suddito non avrebbe mai potuto accedere a quel
titolo, Koken non abdicò in favore del monaco, e nel 770, con la sua morte, terminò anche la carriera di Dokyo,
il quale fu successivamente esiliato.
Questa vicenda spinse la Corte, negli anni successivi, ad assumere un rapporto più equilibrato con le religioni!
Si cominciò a guardare verso una nuova filosofia che stava prendendo piede in Cina: il confucianesimo, molto
più pragmatico e mirato al benessere materiale della società, più che a quello spirituale.
Le forme di sostegno al buddhismo si ridussero notevolmente, a favore dell'agricoltura (in ambito della quale fu
ripristinata la proprietà privata sulle terre che si bonificavano, per poche generazioni o in perpetuo), e del
commercio.
Abbiamo visto che nel precedente periodo Nara, la religione aveva cominciato ad avvicinarsi troppo al potere imperiale.
Così, l'imperatore Kanmu decise di allontanare la capitale dalla zona dei grandi templi di nara, e di spostarla nella città di Nagaoka nel 784.
Tuttavia anche qui si riscontrarono diversi problemi...
Il costruttore di Nagaoka fu un membro della famiglia Fujiwara: Fujiwara Tanetsugo.
Durante l'edificazione della città, egli incontrò l'avversione del fratello dell'imperatore, il principe Sawara, che lo accusò di complottare in accordo
con una famiglia cinese per ottenere terreni e favori a corte.
Tanetsugu fu assassinato nel 785, e con questo pretesto i Fujiwara fecero esiliare i membri della famiglia imperiale.
Coincidenza o meno, dopo questi fatti entrambe le famiglie vennero colpite da disgrazie e malattie, e tra la gente cominciò a diffondersi l'idea
che fosse opera delle anime di Sawara e Tanetsugu.
Nel 794 , dopo 10 anni da quei fatti, Kanmu fece trasferire la capitale nella "città della pace e tranquillitaà":Heiankyo, che successivamente
avrebbe preso il nome di Kyoto.
Inizia da qui il periodo Heian, che prende il nome da questa città.
Ciò che caratterizza questo periodo, sono diversi elementi tutti dovuti all'evoluzione di ciò che era già presente nei precedenti anni.
La continua ascesa dei Fujiwara
Tanto per cominciare, si assiste ad un progressivo spostamento del potere politico, che dal Tenno (imperatore) passa nelle mani di aristocrazie
locali..
Questo passaggio fu lento e graduale, e favorito da alcune situazioni.
In primo luogo, come già accennato, c'era il problema delle Uji da risolvere.
Poichè il governo imperiale non disponeva di un'adeguata potenza militare per annientare definitivamente gli uji, dovette far ricordo a
dei compromessi: per tenersi buoni gli uji, cominciò a donare loro terre, titoli ed immunità sulla tassazione dei terreni!
Alcuni capi uji assunsero la carica di governatori provinciali, e controllarono le province come funzionari dell'imperatore.
Un altro fattore che indebolì il potere politico dell'imperatore fu la famiglia Fujiwara e il suo prestigio in continua crescita.
Da tempo, i Fujiwara utilizzarono diversi stratagemmi per accumulare sempre più potere grazie alle investiture pubbliche.
Una delle loro ultime "trovate", fu quella di assumere le cariche di reggenti.
Il primo ad assumere questa carica fu Fujiwara Yoshifusa: egli già nell'857 aveva assunto il titolo di Dajo Daijin(primo ministro - capo dello
Stato), e l'anno successivo, dopo aver posto sul trono il nipotino Seiwa di soli 6 anni, Yoshifusa ne divenne Sessho, reggente.
Un altro caso fu quello di Mototsune: l'anziano imperatore Koko, per ringraziarlo, lo premiò con il titolo diKanpaku: reggente di un imperatore
adulto.
Quella dei reggenti fu proprio un'epoca (tant'è che il periodo viene indicato con il nome di "Sekken Seiji" = periodo dei reggenti), e con questo
espediente i Fujiwara divennero una minaccia sempre più pericolosa per la famiglia imperiale!
Non posso non citare l'esemplare caso di Michinaga: egli fu padre di 4 mogli di imperatori, e nonno di 3 imperatori!!
Il sistema di reggenti vacillò quando nel 1068 salì al trono Go Sanjo, non figlio di una Fujiwara, e in seguito nel 1086, quando
l'imperatore Shirakawa, invece di assumere un reggente, abdicò e si dichiarò "imperatore in ritiro" (Insei), potendo decidere senza influenze
esterne chi nominare come suo successore.
Tuttavia, si trattò solamente di un arresto momentaneo, perchè i Fujiwara continuarono ad essere forti del fatto che il governo giapponese non
sapesse gestire bene la situazione agricola, non potendo impedire la sempre più diffusa privatizzazione delle terre kubunden..
Se questi fattori da una parte hanno intaccato il potere effettivo dell'imperatore, non ne hanno di certo offuscato il valore simbolico: l'imperatore,
è sempre rimasto l'imperatore!
La fioritura dell'identità culturale Giapponese
Il Giappone per anni aveva guardato agli altri paesi (e in particolare alla Cina), ammirandone sia l'aspetto politico che l'aspetto sulturale.
Nel periodo Heian si assiste ad un distacco da questi paesi, per concentrarsi sulla creazione di un'identità culturale propria ed originale.
Nacque in questo periodo il kana (alfabeto giapponese), e furono redatte varie opere utilizzando questo alfabeto (prima si scriveva in cinese).
Apparvero diari (nikki), poesie (waka), racconti (monogatari): uno dei più importanti è il Genji Monogatari, celebre opera della scrittrice Murasaki
Shikibu.
Insieme alle profezzioni di scrittrici, le donne, non potendo avere le stesse cariche pubbliche che spettavano gli uomini, sfruttavano la loro libertà
sessuale per insinuarsi negli intrighi di corte, e partecipare alla vita politica.
Al tempo questa era una cosa molto normale, anche se in seguito i valori sarebbero poi cambiati.
Nel periodo Heian la sessualità, come la bellezza, venivano vissute in maniera diversa: persino i concetti di virilità e femminilità non erano
opposti, poichè i requisiti che un uomo doveva avere per essere avvenente erano gli stessi richiesti alle donne....
Non di rado infatti, si potevano incontrare uomini dall'aspetto femmineo, dediti alla cura del proprio corpo e alla propria bellezza.
Un altro aspetto della cultura heian è il concetto di aware.
Chi ha letto le informazioni dull'hanami già saprà di cosa si tratta....
E' uno stato del proprio essere, in cui c'è una profonda ammirazione per la bellezza e le opere del creato, ma allo stesso tempo un senso di
angoscia, perchè questa bellezza, e la vita stessa, sono destinate ad appassire un giorno...
Simbolo di questo concetto è la fioritura dei ciliegi: essi, dopo aver raggiunto il loro massimo splendore, muoiono in una folata di vento...
Un altro aspetto della cultura riguarda più propriamente la religione: nuove sette, incoraggiate dalla corte imperiale, nacquero ispirate al
buddhismo.
Le più celebri sono quelle di Tendai e Shingon.
La setta Tendai fu introdotta in Giappone agli inizi del IX secolo dal monaco Saicho, che promosse la costruzione di un santuario appena fuori
Heiankyo, sul monte Hiei: l'Enryakuji.
Questa setta diffuse l'idea che tutti potessero accedere all'illuminazione, attraverso una serie di mezzi: lo studio dei sutra, la meditazione,
l'invocazione del Buddha e la pratica di esorcismi.
Si basava sul Sutra del Loto, secondo il quale Buddha era sia una figura storica, che una manifestazione dello spirito universale.
Questa setta fu aspramente combattuta dalle scuole di Nara.
La setta Shingon fu introdotta nello stesso periodo, dal monaco Kukai, che fondò il tempio Kongobuji sul monte Koya.
Egli portò insegnamenti più esoterici, rifacendosi al buddhismo tantrico tibetano, ricco di pratiche, rituali e cerimonie, che affascinarono
tantissimo la Corte Heian.
Esso concepiva l'universo come manifestazione del Buddha Dainichi, divinità solare (che fu anche corrisposta a quella di Amaterasu).
Il Buddhismo conobbe una vera "popolarizzazione" solo in questi anni, quando fu diffuso tramite l'introduzione di dottrine che più si avvicinavano
alle necessità del popolo.
Una di queste è la dottrina della Terra Pura (Jodo), che fu portata dalla Cina da due monaci, Kuya e Genshin.
Secondo questa dottrina, il tempo dell'universo dopo la morte del Buddha, era diviso in 3 fasi: nella prima fase c'era un periodo si 500 anni di
prosperità, nella seconda un periodo millenario di declino, e nella terza la totale decadenza delle Leggi Buddhiste.
Sostenendo che la terza fase fosse vicina, questa dottrina invitava all'invocazione del dio Amida, che avrebbe portato la salvezza conducendo nel
Paradiso Occidentale, la Terra Pura.
Il Buddhismo influenzò molto anche le produzione pittoriche del periodo Heian: diversamente dalla Karae, pittura cinese, si sviluppò la Yamatoe,
pittura giapponese, che trattava prevalentemente temi quotidiani, raffigurando scene di Corte, episodi di vita locale...
La società
La società del primo periodo Heian, era costituita da due strati: la classe degli aristocratici, minoranza che risiedeva nella capitale, e i lavoratori,
contadini, artigiani....la maggioranza del popolo.
All'interno di questa società, le donne avevano una buona posizione: a loro spettava l'amministrazione e la trasmissione dei beni reali, e
potevano anche diventare il "capo di casa".
Le donne aristocratiche ricevevano anche titoli e riconoscimenti, e nel caso in cui mancasse un erede maschio, le donne potevano essere indicate
come erede!
Tuttavia, per molte cose restarono sempre inferiori all'uomo: innanzitutto perchè i beni a loro trasmessi per eredità erano inferiori a quelli dei
maschi, e poi perchè qualora fosse stato dato loro qualche titolo, esse non potevano trasmetterlo ai propri figli.
La poligamia era molto usata, soprattutto nell'ambiente aristocratico.
I maschi potevano sposarsi dai 15 anni, e le femmine dai 13; il fidanzamento di una coppia veniva deciso dai genitori, e dopo di esso, l'uomo
poteva sposare altre donne, ed alloggiare a turno in casa loro.
Le donne di solito, dopo il matrimonio, tornavano alla casa dei genitori, ma talvolta decidevano di andare a vivere con il marito, e prendevano il
controllo della casa, amministrandola.
Tra gli obblighi di una moglie, c'era la fedeltà e la generazione di un erede maschio.
Gli shoen
Il sistema kubunden stabilito nei secoli precedenti, con il tempo mutò divenendo sempre più contradittorio.
Infatti, come premio per la bonifica di un terreno, spesso questo terreno veniva lasciato al suo detentore, altre volte veniva reso esente dalle
tasse: questo tipo di terre esenti prendono il nome di shoen.
Quando ormai il fenomeno si era diffuso, fu inutile tentare di ripristinare il controllo sulle terre, anche perchè le ex uji, con il loro potere,
cercavano di impossessarsi di questi territori.
Un altro fattore che influenzò la diffusione dello shoen, fu il fatto che il governo rese esenti dai controlli alcune terre assegnate a funzionari...
Così, all'interno dello shoen, apparve la figura del ryoshu: egli era sia il "proprietario" dello shoen, che beneficiava del raccolto dei suoi lavoratori,
che l'amministratore, in grado di conferire delle cariche costituiendo una vera e propria gerarchia nello shoen!
Talvolta i ryoshu erano così potenti, da detenere più di una terra, e da essere costretti a delegare degli amministratori affinchè le controllassero
per lui (shokan).
Il sistema shoen venne instaurato anche dai feudatari delle province, i quali avevano bisogno di protezione e tutela, per non perdere i propri
privilegi!
Qui entra in gioco la figura dell'honkee: nobili di corte, che in cambio di tutela, guadagnavano una percentuale sul profitto dello shoen.
Si venne a designare così una gerarchia interna: oltre alle figure di ryoshu, honkee e shokan (se il ryoshu era lontano dallo shoen), restavano i
due gruppi di contadini indipendenti (myokan) e contadini dipendenti.
I guadagni dello shoen venivano suddivisi tra i membri della gerarchia in base alla loro posizione: si trattava delloshiki, cioè un diritto o un
beneficio sulla produzione!
Dal punto di vista della politica estera le cose si fecero interessanti: il Giappone tentò di ufficializzare i propri domini oltremare (Corea, Vietnam,
Malesia) passando da semplici tassazioni a rapporti di vero e proprio vassallaggio: venivano posti dei reggenti, dei vicerè, dei vassalli che
dovevano essere confermati con mandato dell’Imperatore del Giappone, inoltre si fecero maggiori i commerci con le zone portuali mentre la
penetrazione fu più lenta, dovuta alla progressiva sostituzione dei vari regnanti locali con rappresentanti ora della nobiltà giapponese (che quindi
iniziava ad avere delle vere e proprie “colonie”) o della borghesia, che si arricchisce quindi all’estero, nasce una vera e propria attività estera
all’Impero stesso che ci ricorda la Compagnia delle Indie Orientali, pur essendo tutto meno che monopolistica, fu effettivamente un’alleanza fra
flotta dei mercanti uniti e flotta dell’esercito, le due forze si aiutarono nella progressiva penetrazione prima economica, poi militare ed infine
politica nei nuovi territori seguendo un semplice schema.
Commerci>Monopolio commerciale>Controllo economico, attuato se necessario sostituendo i reggenti locali con la forza>Controllo militare>
Vassallaggio. Non vi sono (ancora) annessioni totali. E’ incredibile il fatto che, in anticipo di secoli, il governo giapponese finanziasse i pirati e anzi
li ufficializzava come veri e propri Corsari, e poi addirittura li includeva nei propri ranghi. La pirateria fu, per quasi un millennio, monopolio
Giapponese nel mar della Cina.
L'ascesa della classe militare
Gli shoen contribuirono anche alla stratificazione dei villaggi, nei quali le famiglie più potenti discendenti dagli ex uji, cominciarono a stabilire un
controllo sempre maggiore sulle terre, utilizzando la forza.
Un esempio della svolta che stava prendendo il Giappone fu la ribellione di Taira Masakado, nel 935, dopo aver visto fallire un suo tentativo di
ottenere un alto incarico nel governo imperiale.
La creazione di una classe intermedia di guerrieri, nacque in risposta a precise esigenze di cui tutti avevano bisogno:
- gli shoen, i templi e le aristocrazie di corte necessitavano di eserciti personali per mantenere le proprie posizioni;
- il governo necessitava di un esercito per difendersi dai barbari del nord est, e per stabilire l'ordine interno.
C'è da dire che il concetto di esercito c'era anche in passato, tuttavia era il sistema ad essere sbagliato: la leva era obbligatoria per gli uomini
compresi entro una certa fascia d'età, e questo veniva preso controvoglia, soprattutto perchè queste persone erano costrette ad abbandonare la
loro terra, e a dover provvedere al proprio armamento da soli.
Nel 792 la leva obbligatoria venne abolita, e venne istituito un sistema di milizie locali (kondei), in cui i militari venivano selezionati.
Di lì, il passo alla creazione di un potere militare autonomo, composto da guerrieri specializzati, fu breve.
Nel IX-X secolo si cominciò a parlare di bushi, o saburai (che poi sarebbe diventato Samurai), organizzati in gruppi gerarchicamente suddivisi.
Il capo della casata più potente era lo shujin.
Dopo di lui vi erano gli ie no oko, i "figli della famiglia", le quali famiglie erano considerate come rami della casata principale.
Gli ie no oko erano legati allo shujin da legami di sangue (erano figli, nipoti), mentre i legami basati solamente su rapporti di fedeltà e accordi
erano stipulati con i roto.
Il titolo di Shogun, "grande generale conquistatore di barbari", era il più prestigioso.
Tra i membri di una casata di guerrieri (chiamata buke) ci potevano essere membri legati ad essa da legami di sangue, e membri legati solo da
un giuramento di fedeltà (gokenin).
Le casate guerriere si diedero anche un codice, basato sull'onore del bushi.
Queste famiglie guerriere dipendevano spesso da importantissime famiglie, che per la loro pericolosità erano state allontanate dal trono e
delegate al controllo di province e shoen: l'imperatore dava a queste persone un cognome, e poi li allontanava dal trono.
Fu così che nacquero molte famiglie come i Taira, i Minamoto, e i Tachibana.
Il tramonto dell'aristocrazia civile
Il potere imperiale, che per tanto tempo era stato offuscato dalla presenza dei Fujiwara a corte, comincia a ripristinare la propria posizione e il
proprio potere.
Con l'istituzione della carica di imperatore in ritiro, che consentiva ad un imperatore di ritirarsi dalla mondanità, ma di esercitare controllo politico,
i tenno riuscirono a svincolarsi dal controllo dei Fujiwara.
Questa famiglia era diventata così potente da creare un altro ufficio amministrativo composto da suoi membri, ilMandokoro, che per diverso
tempo aveva affiancato persino gli uffici del governo imperiale!
In contemporanea a ciò, c'era la sempre maggior importanza che la classe militare stava prendendo, anche in ambito politico!
La guerra civile di Hogen no Ran (rivolta dell'era Hogen) del 1156 è una dimostrazione del legame che legava il governo ai militari.
Questa guerra intestina scoppiò perchè un anno prima l'imperatore Sutoku non era riuscito a porre suo nipote sul trono, che fu preso invece da
Go Shirakawa.
Allo scontro parteciparono due famiglie aristocratiche, che si schierarono con le due fazioni:
- i Taira, discendenti dal figlio dell'imperatore Kanmu, che appoggiavano Sutoku;
- i Minamoto, che appartenevano al ramo Seiwa del clan Minamoto, che appoggiavano Shirakawa.
I Taira, guidati da Kiyomori, sconfissero i Minamoto dando inizio ad una nuova epoca di governo di un altro clan.
Kiyomori venne investito di prestigiose cariche e onorificenze: per la prima volta, un membro dell'aristocrazia locale entrava nelle questioni di
Corte.
Kiyomori approfittò con il tempo della sua supremazia militare, tanto da esercitare violenza per stabilire il controllo, suscitando disappunto anche
in coloro che l'avevano appoggiato in passato.
Fu Minamoto Yoritomo a sconfiggere la coalizione dei Taira nella guerra di Genpei (1180 - 1185): nell'ultima battaglia navale
di Dannoura persero la vita a causa di un naufragio l'imperatore bambino Antoku (nipote di Kiyomori) e molti membri di corte.
Fu anche perso uno dei simboli del potere imperiale: la spada.
Minamoto Yoritomo portò il suo clan alla vittoria nella guerra di Genpei del 1185.
Dopo quell'episodio, Yoritomo creò un governo militare, ponendone la sede in una piccola città sul mare, nella regione del Kanto: Kamakura.
Qui istituì il bakufu, o "governo di tenda".
Accumulando sempre di più i titoli che la corte gli conferiva (capo della polizia militare, capo dei governanti militari e capo degli intendenti terrieri
militari), Yoritomo riuscì ad arrivare nel 1192 alla massima carica di Shogun, o "Generalissimo".
Questa carica, il cui nome originariamente era Seii Tai Shogun, in passato aveva un puro significato militare: lo shogun era il generale che
sottometteva i barbari.
Dal quando fu affidata a Yoritomo, tale carica non simboleggiò più solamente il conferimento di poteri militari, ma anche di poteri politici, che
fino a quel momento erano stati esercitati solamente dalle famiglie aristocratiche di corte (kuge).
In virtù di ciò, il bakufu divenne un vero e proprio centro di potere alternativo, che affiancava il governo imperiale, ancora stabilito a Heiankyo.
Ormai il governo effettivo del paese e la rappresentanza religiosa divennero due cose separate, insite la prima nel bakufu, e la seconda nella
figura dell'imperatore.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che lo shogun rimane un titolo di nomina imperiale: lo stesso Yoritomo ne era cosciente, e soprattutto egli
rispettava l'autorità dello stato, con i quali mantenne sempre rapporti pacifici.
L'autorità e il potere di Yoritomo si basavano su due elementi principalmente.
Uno di questi era la rete di vassalli e sottoposti dei quali si era circondato: a shugo (governatori militari) e jito (intendenti terrieri militari) affidò
numerose terre, assicurandosi così fedeltà e obbedienza (e indebolendo aristocratici e religiosi, poichè non potevano avere delle terre).
Il secondo elemento era proprio lo shoen, che gli conferiva ricchezza.
Struttura e gerarchia del Bakufu
Il Bakufu istituito da Yoritomo, aveva al suo interno un sistema governativo composto da 3 istituzioni:
- Samurai Dokoro: era l'ufficio degli affari militari, che si occupava di controllare i vassalli, e di svolgere funzioni politiche e amministrative
(istituito nel 1180).
- Kumonjo: l'ufficio dei documenti pubblici! Dopo qualche anno dalla sua creazione, sarebbe confluito nel Mandokoro (istituito nel 1191).
- Monchujo: l'ufficio investigativo (istituito nel 1184).
Questi organismi inizialmente erano propri della famiglia Minamoto, ma poi vennero resi pubblici ed utilizzati nel bakufu.
All'interno della "tenda" la gerarchia vedeva a capo lo shogun, seguito dai gokenin: essi erano molto importanti, in quanto saldissimi erano i
rapporti che li legavano a Yoritomo!
Seguivano i Samurai, guerrieri a cavallo scelti, e infine vi erano gli zusa, i fanti.
I valori che in questa mini società vigevano erano: il rispetto per il proprio superiore, la lealtà ad esso, l'onore, il coraggio, la disciplina e la
frugalità.
Questo era il Bushido, la "via del guerriero".
Un altro "valore" previsto dal bushido, era lo Zen, setta discendente dal Buddhismo Cinese, legata al monaco Dogen.
Secondo questa dottrina, la meditazione era il mezzo attraverso il quale l'individuo poteva giungere ad una più profonda conoscenza di se stesso,
della propria interiorità.
Nel 1199 Yoritomo morì, lasciando il bakufu ai suoi figli, che non si dimostrarno altrettanto abili nel gestirlo.
Ci furono diverse dispute per stabilire chi dovesse succedere a Yoritomo, ma alla fine la scelta cadde sulla moglie Masako.
Il nonno materno, Hojo Takimusa, divenne shikken, reggente di Masako.
Iniziò un vero e proprio periodo di reggenza Hojo, durante il quale il Giappone conobbe anni di pace e stabilità.
Gli Hojo furono abili statisti e grandi politici, che seppero conquistare la fiducia di vassalli e samurai.
Nel 1221 ci fu un tentativo da parte di Go Toba, imperatore in ritiro, di abbattere il governo di tenda: attaccò il Bakufu, ma fu sconfitto, deposto
e mandato in esilio.
Il bakufu non esitò ad approfittare di questa situazione, rivendicando il diritto di inviare due delegati a corte, per controllare la situazione.
Nel 1226 venne creato un consiglio di stato, che consolidò il potere esecutivo dello Shikken che ne era a capo.
Questi mutamenti dell'organizzazione del governo e delle province, resero necessaria la compilazione di un nuovo codice.
Nel 1232 vide la luce il codice Joei: redatto in 54 articoli, a differenza del precedente codice Taiho, esso non era strutturato secondo premi o
punizioni da attribuire, bensì forniva diversi esempi di casi giudiziari e sentenze emesse dal bakufu che si potevano prendere come esempio per
agire nel presente; il codice Joei non voleva sostituire il precedente codice, bensì aveva il compito di essere una semplice e pratica guida.
Il codice Joei inoltre definiva i compiti dei funzionari di kamakura, i diritti e le norme comportamentali dei bushi, e affermò l'aumento del potere
feudale, a discapito di quello imperiale.
Scontro con i Mongoli
E' importante citare questo episodio, sia perchè si tratta dell'unica invasione subita dal Giappone, sia per comprendere parte delle cause che
portarono negli anni successivi alla decadenza della reggenza Hojo.
Come già è stato scritto nelle poche righe riguardanti la Leggenda del Kamikaze, per ben due volte il Giappone riuscì a respingere tentativi di
invasione da parte dei Mongoli. Questi, guidati da Qubilai Khan, tentarono un primo approccio con l'arcipelago nel 1274: era una flotta di 900
navi e 40000 uomini, che dalla Corea si spinse alle coste meridionali del Giappone.
Quest'ultimo non poteva ancora competere militarmente con i mongoli, e sarebbe stato sopraffatto se un ciclone fortuito non si fosse scagliato
contro le navi mongole costringendole alla ritirata.
Un secondo attacco ci fu nel 1281: stavolta l'esercito invasore era 5 volte quello precedente. I guerrieri nipponici si difesero con tutte le forze
dagli invasori, ritrovando un sentimento di unitarietà di fronte al comune pericolo.
Dopo 7 settimane di scontri, un altro tifone si abbattè sui mongoli prima che riuscissero a ritirarsi.
Questi episodi furono un'arma a doppio taglio per il Bakufu: da una parte, si era ritrovata la coesione e lo spirito patriottico per il proprio Paese;
dall'altra, il bakufu si trovò davanti ingenti richieste di risarcimenti e premi, da parte di chi aveva partecipato alla battaglia.
Fu una richiesta che non potè accontentare, poichè stavolta non si ottenne alcun bottino dagli invasori, e i fondi per ricompensare tutti non
c'erano..
Decadenza Hojo
Gli scontri con i mongoli non furono l'unico motivo che causò la caduta della reggenza Hojo.
Una causa più latente e instrinseca allo stesso sistema governativo del Paese, riguardava i rapporti tra Shogun e vassalli: questi ultimi con il
passare del tempo e il succedersi delle generazioni che si dividevano l'eredità terriera, videro le loro proprietà spezzettarsi, indebolirsi, e con esse
i rapporti che li legavano allo shogun, il quale non poteva garantirgli sufficiente protezione; essi cominciarono a rivolgersi agli shugo locali che
riuscivano a mantenere invece una posizione stabile.
Lo sviluppo del commercio fu un altro motivo di crisi per i vassalli: essi vivevano delle entrate ricavate dalla vendita di prodotti agricoli, ma i
nuovi rapporti commerciali con l'estero, resero loro la vita difficile, e li impoverirono. Inizia l’ascesa della borghesia e la decadenza
dell’aristocrazia.
Infine, ci fu la morte del primo reggente Tokimune: i suoi successori non si mostrarono in grado di gestire degnamente la situazione.
Lotte per il trono
Il periodo Kamakura si conclude con un lungo periodo di lotte per la successione imperiale, che videro origine dalla questione creata da Go Saga:
questo imperatore non rispettò le consuetudini per la successione di corte.
Il figlio primogenito di Go Saga era Go Fukakusa, ma il suo preferito era il figlio minore Kameyama: progettò di far diventare Fukakusa
"imperatore in ritiro junior", e di far salire al trono Kameyama.
Alla sua morte, Go Saga lasciò un testamento nel quale lasciava la sua eredità a Kameyama, senza però pronunciarsi sulla successione.
La scelta spettò al bakufu, che designò Kameyama come successore, secondo le volontà del defunto imperatore.
Kameyama quindi salì al trono, e successivamente abdicò in favore di suo figlio: questo gesto fece inasprire Fukakusa, secondo il quale doveva
essere il proprio figlio a salire sul trono per diritto. Il bakufu propose a Kameyama di adottare il figlio di Fukakusa e di porlo sul trono.
Quest'alternanza di linee continuò per diversi imperatori: era chiaro che il Bakufu voleva mantenere gli attriti nella famiglia imperiale.
La situazione cambiò quando nel 1318 salì al trono il principe Takaharu, che prese il nome di Go Daigo.
Go Daigo è una figura di spicco nella storia del Giappone, poichè cercò di svincolarsi dal bakufu e dal sistema da esso imposto per la successione
al trono.
Al contrario di molti imperatori, che per potersi occupare di politica si ritiravano a vita monastica, Go Daigo volle mantenere il suo titolo di tenno,
e nel 1321 abolì la pratica dell'insei (imperatori in ritiro), indirizzandone le facoltà ad altri organi sotto la sua direzione.
Nel 1324 Go Daigo tentò di sbarazzarsi del Bakufu, fondando una società segreta (la Bureiko), che aveva il compito di reclutare quante più
persone ce l'avessero con gli Hojo. In quello stesso anno però la Bureiko venne scoperta, ma l'imperatore riuscì a cavarsela senza essere
direttamente coinvolto.
Nel 1331 il bakufu trovò le prove della colpevolezza di Go Daigo, e comì una spedizione contro di lui, il quale si rifugiò dapprima nel Tempio
Todaiji di Nara, poi in un monastero sul monte Kasagi, portando con se i simboli regali (spada, specchio, gioiello).
Il Bakufu attaccò il tempio, e catturò Go Daigo conducendolo a Rokuhara, l'ambasciata del bakufu vicino Kyoto.
Nel frattempo, il trono veniva preso dall'imperatore Kogon, con una cerimonia irregolare, vista la mancanza dei simboli regali.
Il 1332 fu l'anno in cui Go Daigo venne mandato in esilio sull'isola di Oki.
La disputa non era terminata però: Daigo poteva ancora contare su alcuni importanti contatti, come il figlioMorinaga, abate del tempio Enryakuji,
e Kusunoki Masashige, un guerriero che raccolse attorno a se una folta schiera di lealisti, che appoggiavano l'imperatore esiliato.
Organizzado resistenze e rivolte, Masashige riuscì per diverso tempo a resistere al Bakufu, che invece si era mostrato tentennante e indeciso.
L'attacco decisivo del Bakufu avvenne nel 1333, su diversi fronti:
- castello di Akasaka: Kusunoki resistette, ma gli attaccanti ebbero la meglio.
- Yoshino: il contingente del bakufu sconfisse Morinaga.
- Fortezza di Chihara: Kusunoki resistette all'attacco.
Go Daigo approfittò della confusione per fuggire nella provincia di Hoki.
Nel frattempo, il Bakufu inviò a Rokuhara una guarnigione guidata da Nagoshi Takaie ed Ashikaga Takauji: il primo morì in battaglia, ed il
secondo si ritrovò solo nel centro di comando bakufu.
Al contrario delle aspettative, Takauji rivolse le truppe contro gli Hojo.
A questo, si sommò l'azione militare di Nitta Yoshisada, un altro sostenitore della causa imperiale.
La reggenza Hojo ormai aveva avuto fine.
La Restaurazione Kenmu
Le intenzioni di Go Daigo erano di ripristinare il potere dell'imperatore, riportandolo a com'era prima che i Fujiwara prendessero la reggenza.
Analizzando la situazione con la collaborazione del consigliere Kitabatake Chikafusa, l'imperatore giunse alla conclusione che la rovina dello
shogunato fu di creare shujo e jito, i delegati ai quali assegnare il controllo delle province: questi avevano preso sempre maggior potere,
oscurando la figura centrale del bakufu.
Go Daigo in sostanza avrebbe voluto liberarsene, ma shugo e jito avevano raccolto troppo potere, e dimostrare loro ostilità poteva essere
rischioso.
Preferì non agire in tal senso, ma ciò gli costò il malcontento dei mezzadri minori, che non traevano alcun vantaggio dalla loro attuale situazione.
Go Daigo ritenne anche di dover provvedere ad elargire ricompense a quanti lo avevano supportato nella sua battaglia.
Istituì l'Onshokata, organo che doveva provvedere ad accogliere tutte le domande di risarcimento, ma nel fare ciò commise uno sbaglio:
l'onshokata non solo non aveva la competenza per poter svolgere il suo compito, ma non aveva nemmeno previsto che le richieste potessero
essere tanto numerose, ritrovandosi quindi a non disporre di fondi sufficienti...
La situazione nella capitale per l'imperatore non era delle più rosee, e nel resto del Paese c'erano molte questioni da risolvere.
Ad esempio, c'erano le terre nord-orientali che fino ad allora erano state sotto il controllo del Bakufu.
Go Daigo elargì cariche e terre ad alcuni importanti sottoposti, come Nitta e il figlio Morinaga, nominato shogun.
Tutto ciò sembrava una forma di precauzione nei confronti di Takauji, che disponeva di un elevato potere militare, e che oltretutto non vedeva di
buon occhio la nomina di Morinaga.
Nel 1334 Takauji ricevette la notizia di un probabile attacco da Morinaga, e si rivolse a Daigo: l'imperatore si mostrò estraneo ai fatti, e il principe
venne confinato a Kamakura e successivamente ucciso.
L'ascesa di Takauji
L'occasione di Takauji ci fu quando uno dei superstiti Hojo, Toriyuki, tentò di occupare Kamakura cacciando gli insediamenti imperiali.
Takauji chiese di essere mandato a Rokuhara, dove sconfisse Toriyuki, ma anzichè fare ritorno a Kyoto, si insediò lì, si stabilì nel palazzo
sciogunale, e cominciò a distrubuire terre in compenso ai suoi uomini.
Fu inevitabile uno scontro tra Takauji e Nitta, che si fronteggiarono nei dintorni di Kyoto nel 1335. Dopo diversi scontri, Takauji riuscì ad entrare
nella capitale, costringendo Daigo a fuggire di nuovo; ben presto dovette tuttavia abbandonare Kyoto per via dell'intervento dei monaci
dell'Enryakuji in aiuto dei lealisti.
Decise quindi di rivolgersi all'imperatore Kogon per farsi affidare diversi incarichi, e successivamente andò alla ricerca di alleati per la sua causa,
circondandosi di un gran numero di truppe.
Terminati i preparativi, nel 1336 Takauji organizzò l'avanzata verso Kyoto in due gruppi: uno via mare, guidato da egli stesso, e l'altro via terra,
affidato a Tadayoshi; si scontrarono con gli eserciti di Nitta e Masashige (il quale morì in battaglia), e l'8 luglio entrarono a Kyoto.
Riguardo Go Daigo, questi dapprima cercò di rifugiarsi sul monte Hiei, ma alla fine dovette rinunciare per mancanza di cibo.
Il trono era occupato da Komyo, fratello di Kogon, e Go Daigo non potè far altro che fuggire nelle montagne di Nara, a Yoshino, stabilendosi ivi
come leggittimo sovrano.
Per più di 50 anni (1337 - 1392) il Giappone ebbe due corti. Questo periodo viene chiamato Nanbokucho, "periodo delle corti del Nord e del
Sud".
Go Daigo poteva ancora contare su diversi sostenitori: inviò a Kyoto Kitabatake Akiie al comando di un esercito, ma questi venne sconfitto da
Takauji.
L'imperatore Komyo, ritenendo la vittoria Ashikaga importantissima, conferì a Takauji il titolo di Shogun. Era il1338.
Muromachi era il nome del quartiere di Kyoto in cui il governo militare pose la sua sede in questo periodo.
Il nuovo bakufu di Ashikaga Takauji riprendeva in gran parte la struttura e le funzioni del precedente bakufu di Kamakura.
I maggiori organi erano:
° Samurai Dokoro -> ufficio degli affari militari
° Mandokoro -> ufficio amministrativo
° Monchujo -> ufficio investigativo
Ad essi si affiancò anche l'Onshogata, che mantenne la sua funzione di ufficio delle ricompense.
Il Samurai Dokoro ed il Monchujo erano sotto diretto controllo di Takauji, mentre il resto degli uffici erano stati affidati al controllo del fratello
Tadayoshi.
Riguardo la gerarchia del bakufu, vennero create nuove cariche per cercare di gestire al meglio la situazione:
Kanryo -> vice shogun, mediatore tra shugo e potere centrale
Kyoto-Kanryo -> era il primo ministro dello shogun
Kanto-Kanryo -> governatore delle otto province orientali
Samurai-Dokoro soshi -> capo dell'ufficio dei samurai
Hikitsuke-shu -> segretario del Consiglio Giudiziario
Bugyonin -> funzionari esecutivi
Takauji mantenne il sistema di shugo e jito. Altri delegati speciali vennero mandati a controllo delle province (il delegato più importante era
quello inviato nel Kanto.
Non fu necessario mandare delegati a controllare l'ambiente di corte, poichè il nuovo bakufu era relativamente vicino ad essa.
Questo era l'assetto del governo di tenda del periodo Muromachi.
Takauji avrebbe voluto gestirlo basandosi solo sul codice Joei, ma i suoi consiglieri insistettero affinchè venisse compilato un altro codice, il
Kenmu Shikimoku. Similmente al Joei, anche questo aveva la funzione di una guida, e rimase come base legale e politica per tutto il periodo
Muromachi.
La questione delle due corti
Corte del Nord e Corte del Sud erano ancora separate, e si contendevano la legittimità al trono.
La casata principale era quella del sovrano di Kyoto, la casata cadetta era quella di Yoshino; a questa causa aderirono diversi militari,
principalmente per perseguire i propri interessi.
A yoshino, nel 1339 Go Daigo morì, lasciando il trono al figlio Norinaga; egli trovò una guida in Kitabatake Chikafusa, il quale inviò al giovane
imperatore due sue opere importantissime: il jinnoshotoki (una guida per l'imperatore) e lo shokugensho (istruzioni per i consiglieri).
Il jinnoshotoki era un'opera che raccoglieva al suo interno legittimazioni della corte del sud parlando degli ultimi 5 dovrano che Chikafusa aveva
servito.
Glorifica la figura del tennò, apice del paese degli dei (il Giappone), sotto il quale deve esserci un governo oligarchico.
Lo shokugensho fu compilato nello stesso anno del jinnoshotoki, ma fa riferimento a consiglieri e uomini di governo, narrando le origini degli
uffici e le modalità di promozione dei membri.
A favorire l'unione delle due corti, fu anche la figura di Tadayoshi.
Fratello di Takauji, si trovò diverse volte in contrasto con lo shogun riguardo il modo di gestire il potere: Takauji basava la propria politica su un
concetto di autorità di tipo feubale, Tadayoshi tendeva ad un governo che usufruiva dell'autorità burocratica e amministrativa.
Le continue discussioni spinsero Takauji a nominare shogun suo figlio Yoshiakira, escludendo quindi Tadayoshi.
Questi approfittò di un momento in cui il fratello non c'era per prendere il controllo del Bakufu, ma al ritorno dello shogun dovettero prendere un
temporaneo accordo.
Nel 1392 finalmente la situazione si sbloccò: Takauji propose al sovrano del sud la riunificazione, e questi accettò. In questo modo gli Ashikaga
poterono estendere il proprio controllo sul resto del Paese.
Gli Shogun Ashikaga
Non fu facile per Takauji amministrare il Giappone, dati i mutamenti che si erano verificati nel corso del tempo.
I vassalli avevano preso sempre più potere, arrivando ad eguagliare militarmente lo shogun, ed aspirando ad alte cariche governative.
A ciò va sommata l'incompetenza dei futuri shogun Ashikaga, che si succedettero al governo dopo la morte di Takauji nel 1358.
I vassalli vennero divisi in due classi: gli ichimon ("primo cerchio"), erano quelli considerati affidabili, spesso parenti degli Ashikaga, e
i tozama ("signori esterni").
II° Shogun - Yoshiakira
Salì al potere nel 1358. Di lui va menzionato in particolare lo scontro che portò avanti contro i lealisti del Kyushu.
III° Shogun - Yoshimitsu
Shogun particolamente abile, energico, ma anche colto e raffinato.
Ebbe la nomina a shogun quando era ancora un bambino.
Tentò di consolidare il suo governo sedando le rivolte delle casate militari minori che si opponevano alla sua egemonia, e al tempo stesso impose
ad alcuni shugo l'obbligo di risiedere nella capitale per avere su di essi un maggior controllo.
Yoshimitsu rappresenta il samurai bunbu, che univa nella sua persona il potere militare e la raffinatezza di corte, le arti e il sapere.
Si circondava spesso di letterati, artisti e monaci zen, e fece costruire la prestigiosa residenza di Rokuhara, ilKinkakujin ("padiglione d'oro").
Nel 1334 lasciò la carica al figlio, e assunse il titolo di Gran Ministro di Stato, quasi alla pari con l'imperatore!
Nel 1401 stipulò accordi tributari con la Cina, fregiandosi del titolo di "Re del Giappone" ed accettando un ruolo subordinato alla Cina, ricevendo
però in cambio notevoli ricchezze. Fu stabilito anche un sistema di licenze ufficiali con gli altri paesi asiatici, che avrebbero permesso di superare
il problema della pirateria.
IV° Shogun - Yoshimochi
Figlio di Yoshimitsu, non potà esercitare effettivamente il suo potere fin quando il padre fu in vita. Quando il padre venne a mancare, egli
modificò ciò che gli sembrava eccessivo nella politica paterna: annullò i rapporti con la Cina, e ristabilì quelli con la corte.
VI° Shogun - Yoshinori
Fu shogun dal 1429 al 1441.
Riuscì a sconfiggere il governatore del Kanto, e mostrò di avere polso anche nella gestione dei rapporti con gli shugo.
Da questi tuttavia venne ucciso.
VIII° Shogun - Yoshimasa
Forse fu il peggiore tra gli shogun Ashukaga.. U_U"
Salì al governo nel 1449, ma da allora si interessò solo all'arte e perse totalmente il controllo degli shugo, che ovviamente ne approfittarono per
consolidare la loro posizione.
L'epoca Sengoku
Sengoku significa "paesi belligeranti", ed è con questo nome che viene identificato un periodo nel quale il Giappone vide numerose guerre
intestine al suo interno, nate tra i diversi shugo che avevano causato il decentramento del potere.
Il 1467 è l'anno in cui ha inizio la guerra di Onin tra Hosokawa e Yamana (ma che vide schierarsi da una o dall'altra parte molte famiglie), che
durò 10 anni, e l'anno in cui ha inizio il periodo Sengoku.
Facendo un passo indietro verso le cause di ciò, troviamo molti elementi che hanno contribuito a rafforzare gli shugo.
Nelle epoche precedenti abbiamo visto come la progressiva concessione di shoen abbia favorito ad arricchire i vassalli, successivamente
l'incapacità del bakufu di garantire giustizia ed equità ha fatto barcollare molte alleanze, sbilanciando l'assetto del potere.
A questo aggiungiamo le conseguenze che l'obbligo di residenza a kyoto imposto da Yoshimitsu portò: gli shugo coinvolti furono costretti a
trasferirsi a Kyoto, non riuscendo più a controllare efficacemente le loro terre, nelle quali le grandi famiglie residenti non esitarono a prendere il
potere.
Questo fenomeno viene indicato come gekokujo, ed indica il sovvertimento dell'ordine gerarchico in seugito al trionfo (koku) degli inferiori (ge)
sui superiori (jo).
Nasce la figura del Daimyo, signore locale, che senza rispettare alcuna regola o confine imposto dagli shoen, iniziarono a costruirsi delle
proprietà, con terre e castelli: il sistema shoen era caduto.
Agricoltura, commercio, arte
Attorno ad ogni castelli si formarono degli agglomerati di case, delle piccole cittadelle (jokamachi), e da esse dipendevano i villaggi (mura), che il
daimyo controllava. I mura erano obbligati a versare una determinata quantità di racolto, ed erano dotati di sistemi di autodifesa.
L'esperienza comunitaria dei villaggi sviluppò molto l'agricoltura: si iniziò ad usare fertilizzante, a controllare meglio il sistema d'irrigazione, ad
utilizzare gli animali nell'allevamento, e da ciò ne conseguì un notevole aumento della produttività.
Anche il commercio fiorì: dalla Cina furono importate merci pregiate come la seta, ma anche nuove tecniche di lavorazione, o materiali come
rame ed argento.
Artigiani e mercanti si specializzarono nel loro settore, iniziarono a praticare prestiti e usura, o a coalizzarsi in corporazioni (za), monopolizando la
produzione di un certo tipo di prodotto e commerciandolo su larga scala.
Anche culturalmente si ebbe una notevole fioritura.
Nacque il teatro no, o minori forme d'arte come i racconti orali (otogizoshi), rappresentazioni di danza, musica e mimo (dengaku), o le poesie a
catena (renga).
La cultura si diffuse anche tra le classi popolari, grazie ad artisti girovaghi che intrattenevano il pubblico nelle strade. Molte volte era proprio qui
che nasceva una forma d'arte, che successivamente veniva "elevata" ad un pubblico più agiato.
Lo Zen, già introdotto nel bushido militare, si diffuse in tutto il paese portando con se molte pratiche come la cerimonia del tè, l'arte della
disposizione floreale, la pittura monocromatica ad inchiostro.
Politica estera
Verso la fine del periodo Muromachi, ci furono i primi contatti con l'occidente. Nel 1543 furono i portoghesi a sbarcare per primi in Giappone.
Inizialmente fu solo per il commercio, ma non tardò ad arrivare anche una certa influenza religiosa.
Una vera e propria opera di evangelizzazione venne messa in atto dalla Compagnia di Gesù, ad opera di Francesco Saverio, il quale riuscì anche
a costruire una prima chiesa ed una comunità cattolica a Yamaguchi.
Saverio aprì le porte a numerosi gesuiti, che dopo di lui giunsero nel Paese riuscendo talvolta a guadagnarsi il favore dei signori più potenti.
Molti daimyo si covnertirono al cristianesimo, ma la loro conversione era dovuta principalmente all'interesse per i vantaggi che l'occidente poteva
portare: conoscenze, dottrine, ma anche tecnologie, materiale, armi, utensili...
Rispetto ai precedenti, questo periodo è molto breve, ma al suo interno vede muoversi due fra le maggiori figure di spicco nella storia del
Giappone.
Sto parlando di Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi, due dei tre "unificatori del Giappone".
Queste figure si muovono all'interno di uno scenario caotico, frammentato, che però ha in se i presupposti per la riunificazione. In sostanza, era
necessario un decentramento del vecchi opotere, per poterne istituire uno nuovo.
Oda Nobunaga
Nacque nel giugno 1534 a Nagoya, era figlio di un modesto daimyo originario dell'Owari. Le sue terre si trovavano in una posizione strategica,
poichè abbastanza vicine alla capitale per controllarne le vicende, ma anche abbastanza lontane per non subirne l'influenza.
Dopo la morte del padre, dal 1551 al 1560 Nobunaga sostenne diverse campagne militari contro chi voleva impossessarsi delle sue terre,
leggittimando il proprio potere anche sui fratelli.
In breve tempo divenne il daimyo più importante del Giappone, al punto da catturare anche l'attenzione della Corte.
Nel 1568, in seguito ad una disputa per il comando del Bakufu sorta tra due Ashikaga Yoshiteru e Yoshiaki, l'imperatore chiede a Nobunaga in
intervento militare, per scortare fino alla sede del bakufu Yoshiaki.
In testa a 30000 uomini, Nobunaga entrò a Kyoto, ponendo Yoshiaki al comando del bakufu.
I rapporti tra il nuovo shogun e il daimyo tuttavia non furono dei più pacifici.
Il primo sapeva quanto dipendesse dal secondo, e cercò in tutti i modi di rafforzare il proprio potere personale (politico e militare), attraverso
manovre e alleanze.
Ovviamente Nobunaga non rimase a guardare: anche lui decise di intervenire prima di essere schiacciato da Yoshiaki, e con diverse affermazioni
pubbliche, documenti e opere da lui scritte, screditò pubblicamente lo shogun, mettendolo in cattiva luce davanti a tutti, popolo, corte e
imperatore.
Lo shogun decise di intraprendere uno scontro armato per mettere a tacere Nobunaga, ma il potere militare di quest'ultimo era troppo grande
(anche grazie alle innovazioni tecnologiche in ambito militare, come gli archibugi).
Nel 1588 Yoshiaki, ultimo shogun Ashikaga, si arrese, si ritirò a vita monastica e 9 anni dopo morì.
Anche con la Corte Nobunaga aveva rapporti ambigui, ma non furono così palesi come verso Yoshiaki, anche perchè la Corte e l'imperatore
avevano bisogno di lui.
Era un periodo di disagio economico per le alte sfere: oltre a disporre di pochi fondi, l'imperatore si vide anche portar via le proprie terre da
alcuni potenti gruppi provinciali.
Si chiese anche stavolta l'intervento di Nobunaga, il quale non solo riconsegnò le terre al sovrano, ma contribuì anche di tasca propria al
benessere di Corte, e inoltre impose nel 1571 e 1577 due tasse nella città di Kyoto, per aumentare le entrate imperiali.
Nobunaga prese diversi provvedimenti mirati alla riunificazione del Paese:
° represse con forza le rivolte dei monaci buddisti e shintoisti! Nel 1571 attaccò il tempio Enryakuji con una violenta e sanguinaria repressione.
° accettò di buon grado il cristianesimo, soprattutto per le innovazioni che portava nel Paese: tecnologie, armi, materiali...
° iniziò un'opera di separazione tra masse civili e masse militari
° impose al popolo l'obbligo di affiliarsi solo a templi autorizzati dal governo
° avviò un censimento dei terreni ed impose un nuovo sistema fiscale
° favorì lo sviluppo del commercio interno e la crescita di quello esterno
Nobunaga accettò di buon grado gli onori offerti dal sovrano, ma preferì non accettare mai le cariche e i titoli. Rifiutò anche quello di Shogun,
sostenendo che tutto ciò di cui aveva bisogno era in suo possesso, e che doveva occuparsi della difesa delle proprie terre.
In realtà la mossa del daimyo fu dettata da altre motivazioni: egli rifiutò tale carica per evitare di essere inglobato nel sistema di corte, e di avere
con essa vincoli troppo stretti.
Nel 1582 Nobunaga venne assassinato da uno dei suoi vassalli più fidati, Akechi Mitsuhide, che in testa a 13000 uomini marciò sul tempio della
setta Nichiren dove Nobunaga era solito alloggiare quand'era a Kyoto. Il corpo di Nobunaga non fum mai trovato.
Mitsuhide tentò di prendere il controllo del regno, ma per sua sfortuna Hideyoshi lo uccise.
Nobunaga non era riuscito ad unificare il Paese come si era preposto di fare: alla sua morte comunque, 30 delle 68 province del Giappone erano
state riunificate.
Toyotomi Hideyoshi
Fin da ragazzo Hideyoshi aveva affiancato Nobunaga nelle sue impese, mostrando grandi abilità militari e politiche, nonchè grande intelligenza.
Fu facile per lui prendere il posto di Nobunaga, e nel 1584 aveva già consolidato il proprio controllo sulla capitale, e stabilito la sua base nel
castello di Osaka.
Nel 1585 riuscì ad ottenere l'obbedienza dei vassalli di Nobunaga, a stringere alleanze con alcuni daimyo tra cui Tokugawa Ieyasu, e fu nominato
reggente imperiale (kanpaku).
Nell'anno 1590 riuscì a completare l'unificazione del Paese.
La forza di Hideyoshi non era tanto nella milizia (che non era nemmeno paragonabile a quella di Nobunaga), quanto nella rete di alleanze che
aveva stabilito con i daimyo: ad essi chiese aiuto militare e fedeltà, garantendo in cambio la legittimazione della loro posizione.
Hideyoshi dispose strategicamente tutti i daimyo del paese, e per assicurarsi la loro fedeltà gli impose di mandare alla sua residenza di Osaka dei
familiari o importanti vassalli come ostaggi.
Importante riforma di Hideyoshi fu il taiko kenchi: riguardava la riorganizzazione della terra e delle tasse.
Hideyoshi fece effettuare delle misurazioni di ogni terra, valutandone l'effettiva produttività, e basando su questi risultati le tasse per ogni
villaggio.
Nel villaggio era compito del capo (shoya) prelevare le quote da ogni famiglia ed inviarle come tasse.
In questo modo Hideyoshi aveva una visione più completa della ricchezza del paese e di ogni singolo daimyo, e fu più semplice decidere come
gestire tutto quanto.
Hideyoshi continuò il processo di divisione tra civili e militari avviato da nobunaga, ricorrendo anche alla "caccia alle spade", provvedimento del
1588 che aveva lo scopo di disarmare i contadini giapponesi.
Riguardo le attività commerciali, Hideyoshi promosse lo sviluppo e la specializzazione di artigiani e mercanti nelle città-castello, abolì le
corporazioni e le barriere locali, unificò i pesi e le misure, e ristrutturò le vie di comunicazione interne.
In politica estera Hideyoshi è famoso per aver tentato l'espansione verso l'esterno.
Considerava il Giappone il centro dell'Asia, quindi inviò ai maggiori paesi dell'Asia Orientale l'invito a sottomettersi definitivamente.
Ovviamente ci fu un rifiuto: al che, Hideyoshi cercò di invadere la Corea per avere libero sbocco sul continente.
Nonostante il supporto della Cina, e a causa della morte di Hideyoshi nel 1589, l'impresa riuscì, la Corea divenne parte dell’Impero e unificata in
una serie di distretti governati da vassalli al servizio delle compagnie monopolistiche, ma non era parte del “territorio metropolitano” per dirla alla
Francese.
Alla sua morte Hideyoshi aveva lasciato il potere in mano al suo consiglio dei 5 anziani, il Gotairo, affinchè garantissero il passaggio del suo
"titolo" al figlio Hidenori.
Tokugawa Ieyasu
Tokugawa Ieyasu (徳川 家康?), a volte erroneamente indicato come Iyeyasu (provincia di Mikawa, 31
gennaio 1543 – Edo, 1º giugno 1616) è stato un militare giapponese, fondatore delloshogunato
Tokugawa nel 1603, sebbene governasse già non ufficialmente il Giappone dal 1600, anno della battaglia di
Sekigahara.
Stampa dell'epoca raffigurante Tokugawa Ieyasu
Il suo governo si concluse ufficialmente nel 1605 quando abdicò in favore del figlio Hidetada, ma continuò a
esercitare fino alla sua morte il suo potere attraverso il governo del chiostro.
Biografia
I primi anni
Tokugawa Ieyasu nacque il 31 gennaio 1543 nella provincia di Mikawa. Il suo nome originale era Matsudaira
Takechiyo (松平 竹千代) ed era il figlio di Matsudaira Hirodata (1526-1549), un signore feudale di Mikawa che
spese la maggior parte del suo tempo in guerra con i clan degli Oda e degli Imagawa. Il clan Matsudaira era
diviso: una parte dei samurai volevano diventare vassalli del clan Imagawa, mentre l'altra (a cui appartenevano
Takechiyo e Hirotada) preferiva gli Oda. Questa faida familiare fu la causa dell'assassinio di Matsudaira
Kiyoyasu (? - 1536), padre di Hideita e nonno di Takechiyo. Diversamente da suo padre e dalla maggioranza del
suo ramo familiare, Hirodata considerava gli Imagawa come il male minore e a causa di ciò i suoi parenti
supportarono gli Oda ancora più fortemente. Nel 1548 il clan Oda invase Mikawa e Hirodata si rivolse a Imagawa
Yoshimoto, il capo del clan Imagawa, per ottenere aiuto contro l'invasione. Yoshimoto impose una condizione disse a Hirodata di inviare Takechiyo a Sumpu come ostaggio in esilio. Hirodata accosentì, anche contro le
proteste della famiglia Matsudaira. Takechiyo venne inviato a Sumpu con altri uomini non appartenenti ai
Matsudaira che dovevano fungere da ostaggi, ma che dovevano anche servire Takechiyo.
Oda Nobuhide, il leader degli Oda, venne a saperlo e attaccò il seguito di Takechiyo, che fu rapito e confinato nel
Castello di Kowatari nella provincia di Owari. Nobuhide minacciò di mettere a morte Takechiyo se Hirodata non
avesse troncato tutti i legami con gli Imagawa. Hirodata replicò dicendo che il sacrificio di suo figlio avrebbe
dimostrato quanto seriamente avrebbe mantenuto il suo patto. Takechiyo venne risparmiato. Nel 1549 Hirodata
morì di morte naturale e poco dopo morì anche Nobuhide. I già indeboliti Oda si trovarono perciò in una situazione
ancora peggiore e i Matsudaira erano rimasti senza leader, pertanto gli Imagawa si trovarono a essere in
vantaggio e Yoshimoto inviò un esercito, al comando di Imagawa Sessai, il fratello più giovane di suo padre, per
attaccare il castello degli Oda dove Oda Nobuhiro, figlio maggiore di Nobuhide e nuovo capo degli Oda viveva.
Sessai, che era anche un brillante uomo di stato, prese il castello e catturò come ostaggio Nobuhiro. Comunque
offrì a Oda Nobunaga, secondo figlio di Nobuhide, di rendere il castello e risparmiare la vita di Nobuhiro solo se
Takechiyo fosse stato reso agli Imagawa. Nobunaga acconsentì con riluttanza e il castello venne reso agli Oda,
mentre Oda Nobuhiro divenne il nuovo capo clan degli Oda. Nel frattempo Sessai ritornò a Sumpu con Takechiyo.
Takechiyo crebbe in Sumpu, ma i suoi parenti a Mikawa erano ora preoccupati del futuro della famiglia
Matsudaira, adesso che gli Oda erano indeboliti e che i Matsudaira erano vassalli degli Imagawa.
Ascesa al potere (1556-1584)
Nel 1556 Takechiyo raggiunse l'età adulta e cambiò il suo nome in Matsudaira Motoyasu. Gli venne permesso di
ritornare alla sua nativa Mikawa e gli Imagawa gli ordinarono di combattere il clan Oda in una serie di battaglie.
Motoyasu vinse la sua prima battaglia a Terabe, cominciando a farsi un nome. In questo periodo Oda Nobuhiro
morì e il comando del clan degli Oda passò a suo fratello più giovane, Oda Nobunaga. Poco dopo il clan
Matsudaira e i soldati di Mikawa cominciarono a chiedere maggiore autonomia dagli Imagawa. Yoshimoto
assemblò 20.000 soldati (molti di essi provenienti da Mikawa) e marciò verso Kyoto - il primo daimyo a farlo
dal 1538. Motoyasu venne inviato da Mikasa con i suoi uomini per attaccare la fortezza di Marune. Riuscendo a
catturare il forte di Motoyasu e i suoi uomini, vi si insediarono per difenderlo. A causa di ciò evitarono la
sanguinosa Battaglia di Okehazama combattuta vicino a Kyoto nella quale Imagawa Yoshimoto morì e gli
Imagawa vennero sconfitti. Motoyasu si ritirò con i suoi uomini a Mikawa e infine, morto Yoshimoto decise di
liberarsi dell'influenza degli Imagawa.
Motoyasu decise di allearsi con gli Oda, stringendo un patto segreto con Oda Nobunaga. La segretezza era
dovuta al fatto che la maggior parte della famiglia Matsudaira - inclusa la moglie di Motoyasu e il suo figlio ancora
in fasce, Hideyasu - erano ancora tenuti in ostaggio a Sumpu dal nuovo capoclan degli Imagawa, il figlio di
Yoshimoto, Imagawa Ujizane. Nel 1561, Motoyasu e i suoi uomini marciarono contro la fortezza di Imagawa di
Kaminojo, conquistandola e avvisando così Nobunaga che Motoyasu non era più fedele agli Imagawa. Motoyasu
uccise il comandante del castello, Udono Nagamochi, e prese in ostaggio sua moglie e i suoi due figli. Ujizane,
calcolando che gli Udono fossero seguaci più importanti dei Matsudaira, rilasciò i suoi ostaggi Matsudaira in
cambio della moglie e figli di Udono.
Libero di agire Motoyasu cominciò a riformare il clan Matsudaira dopo anni di decadimento e a pacificare Mikawa.
Curò e rinforzò gli interessi dei suoi vassalli ricompensandoli con terre. Distribuì anche castelli ai seguaci e vassalli
più importanti (tra cui Honda Tadakatsu, Ishikawa Kazumasa, Kōriki Kiyonaga Sakai Tadatsugu, e Sakikabara
Yasumasa), i cui castelli sarebbero stati presi e ridistribuiti nel 1566.
Un Ukiyo-e rappresentante la Battaglia di Azukizaka del 1564 in cui Tokugawa Ieyasu reprime la ribellione degli Ikkō-ikki.
Nel 1564, Motoyasu sconfisse il Mikawa monto, un gruppo militaristico anti-Matsudaira, rischiando anche la
propria vita quando venne colpito da un proiettile che però non riuscì a penetrare la sua armatura.
Nel 1567 avanzò una petizione all'Imperatore del Giappone Ogimachi per cambiare il suo nome familiare
in Tokugawa e prendere il nome di Tokugawa Ieyasu. Così facendo iniziò anche a sostenere di discendere dal
clan Minamoto attraverso il clan Nitta e, quindi, di discendere dalla Famiglia Imperiale. Allo stesso tempo scelse
un ramo familiare separato che asseriva di discendere dai clan Fujiwara. Gli storici moderni ipotizzano che Ieyasu
stesse mentendo sulla sua discendenza imperiale, che venne semplicemente usata (come fecero
gli Ashikaga prima di lui) per legittimare il suo potere e la sua superiorità sugli altri daimyo.
Sebbene la famiglia Tokugawa fosse simbolicamente indipendente non poteva ancora sopravvivere senza il clan
Oda ed erano soggetti di Oda Nobunaga stesso. Quando Nobunaga marciò su Kyōto nel 1568 diventando il leader
de-facto del Giappone, molte delle sue truppe appartenevano ai Tokugawa. Allo stesso tempo Ieyasu era ansioso
di espandere i suoi territori. Egli e Takeda Shingen, capo del clan Takeda, di provincia di Kai, strinsero un patto
per annettere Totomi, ma, successivamente, Shingen occupò Suruga e la capitale degli Imagawa, Sumpu.
L'accordo Takeda-Tokugawa stava declinando e Ieyasu diede anche riparo al suo precedente nemico, Imagawa
Ujizane, promettendogli di restituirgli Totomi e Suruga. Allo stesso tempo Ieyasu tentò anche di stringere
un'alleanza con Uesugi Kenshin, capo del clan Uesugi e acerrimo nemico del clan Takeda. Una volta stretta la
nuova alleanza Ieyasu si mosse dalla sua capitale Hamamatsu in Mikawa verso Totomi (dove sarebbe stato più
vicino a Shingen).
I territori degli Imagawa erano ormai stati completamente assorbiti dalla sfera di influenza Tokugawa e il clan
Imagawa era diventato vassallo dei Tokugawa, mentre il clan Uesugi mantenne una forte alleanza. I Tokugawa e i
Takeda erano pronti alla guerra. Ieyasu aveva ancora il supporto di Nobunaga, ma questo pensava che alcune
delle azioni di Ieyasu fossero pericolose e irritanti. Comunque nel 1570 Ieyasu condusse 5.000 suoi uomini in
aiuto di Nobunaga alla Battaglia di Anegawa contro i clan Asai e Asakura a dimostrazione che l'alleanza
Tokugawa-Oda era ancora salda. Nonostante ciò Ieyasu non sarebbe stato capace di aiutare Nobunaga per altri
due anni, perché nel 1571 il clan Takeda attaccò.
Nel 1572 i Takeda sottrassero il Castello di Futamata a Ieyasu e più tardi Shingen sconfisse Ieyasu alla battaglia
di Mikatagahara, dove Ieyasu perse quasi la sua vita mentre conduceva le sue truppe. Comunque Takeda
Shingen morì nel 1573 e gli successe il figlio ed erede designato Takeda Katsuyori che riuscì a conquistare
il Castello di Takatenjin nel 1574. Sebbene questo fosse un porto importante per i Tokugawa la scalata militare dei
Takeda era quasi al termine. Nel 1575 Katsuyori attaccò il Castello di Nagashino in Mikawa e Ieyasu chiese aiuto
a Nobunaga. Quando Nobunaga si mostrò riluttante a attaccare i Takeda, Ieyasu minacciò di fare pace con il clan
Takeda e attaccare le posizioni del clan Oda nelle province di Owari e Mino. Nobunaga cambiò idea e condusse
un esercito a Mikawa. L'esercito Oda-Tokugawa, forte di 38.000 uomini, inflisse il 28 giugno 1575 una devastante
sconfitta ai Takeda ma ancora per alcuni anni Takeda Katsuyori organizzò frequenti raid contro i territori dei
Tokugawa e degli Oda.
Nel 1579 la moglie di Ieyasu e il suo figlio più anziano, Tokugawa Nobuyasu, vennero accusati di aver cospirato
con Takeda Katsuyori per assassinare Nobunaga. La moglie di Ieyasu venne decapitata e Ideyasu venne forzato
a commettere seppuku. Ieyasu nominò allora come successore il suo terzo e favorito figlio Tokugawa Hidetada,
poiché il suo secondo figlio doveva essere adottato da un altro samurai in ascesa, Toyotomi Hideyoshi.
Nel 1582 un'altra forza combinata Oda-Tokugawa attaccò e sconfisse l'esercito Takeda, nella Battaglia di
Temmokuzan. Takeda Katsuyori, così come il suo figlio maggiore ed erede, Takeda Nobukatsu, commisero
seppuku. Con i Takeda che non erano più una minaccia, Ieyasu poteva aiutare Nobunaga nella sua campagna di
riunificazione del Giappone. Per il suo aiuto Ieyasu ricevette il controllo de jure della provincia di Suruga (inclusa
Sumpu) e delle aree confinanti con i possedimenti del clan Hojo. I Tokugawa e gli Hojo si allearono, dato che
Ieyasu era amico di Hojo Ujinori, fratello minore del capo del clan Hojo, Hojo Ujimasa.
Alla fine del 1582 Ieyasu si trovava a Sakai, provincia di Settsu, quando ricevette la notizia della morte di Oda
Nobunaga causata da Akechi Mitsuhide. Ieyasu ritornò a Mikawa temendo che come alleato di Oda sarebbe stato
assassinato anche lui. Ieyasu non voleva attaccare il clan Akechi, condotto da Mitsuhide, ma i Tokugawa si
avvantaggiarono della situazione e conquistarono le province di Kai e Shinano dopo una vittoria decisiva
alla battaglia di Yamazaki. Hojo Ujimasa, sentendosi minacciato inviò truppe a Kai. Non vi furono combattimenti e
entrambe le fazioni decisero per la pace. Per salvare la faccia Ieyasu diede alcune terre in Kai e Shinano agli
Hojo. Ieyasu iniziò a modificare la sua base amministrativa sul modello dell'ormai defunto Takeda, assumendo
bande di uomini Takeda nell'esercito Tokugawa. Nel 1583 i principali candidati a condurre il Giappone
erano Toyotomi Hideyoshi (il padre adottivo del secondo figlio di Ieyasu) e Shibata Katsuie. Ieyasu rimase neutrale
in questo conflitto, ma Hideyoshi sconfisse i Katsuie nella battaglia di Shizugatake nel 1583, e dopo che Shibata
Katsuie ebbe commesso seppuku, Toyotomi Hideyoshi e il suo clan divennero i governanti de-facto del Giappone.
La strada verso Sekigahara (1584-1600)
Nel 1584 Ieyasu decise di supportare Oda Nobukatsu, il figlio maggiore ed erede di Oda Nobunaga, con
l'intenzione di provocare Hideyoshi in battaglia, dato che gli Oda erano rimasti indeboliti a causa della scomparsa
di Nobunaga e i Tokugawa erano ora molto più forti (sebbene i governanti Toyotomi fossero più potenti di
entrambi). Con il consenso di Oda Nobukatsu, i Tokugawa occuparono la provincia di Owari, base del potere Oda
in uno sforzo di costringere Hideyoshi a scendere sul campo di battaglia. Hideyoshi rispose inviando un esercito in
Owari e iniziando laCampagna Komaki. Ieyasu vinse l'unica battaglia degna di nota della campagna, la Battaglia di
Nagakute e per la fine del 1584 vi fu una tregua tra i Toyotomi/Oda e i Tokugawa. Infatti nel frattempo Oda
Nobukatsu aveva cambiato fazione per salvarsi, stringendo una tregua separata con Hideyoshi molto prima di
quella tra Ieyasu e Hideyoshi. Il clan Oda e i loro territori (inclusa Owari) furono annessi alle terre Toyotomi,
segnando la fine del potere politico degli Oda. Ieyasu si recò a Osaka nel 1585, e promise di sospendere i
combattimenti contro Hideyoshi.
Nonostante ciò la Campagna di Komaki rese Hideyoshi diffidente nei confronti di Ieyasu e ci fu una sola occasione
(la Campagna di Odawara nel 1590) in cui Tototomi e Tokugawa combatterono insieme. Nel 1585 Ishikawa
Kazumasa abbandonò Ieyasu per unirsi a Hideyoshi, dopodiché Ieyasu riformò tutta la struttura militare sul
modello di Takeda. I Tokugawa non parteciparono all'invasione di Shikoku da parte di Hideyoshi, né alla
pacificazione dell'Honshu, ma fecero da forza cuscinetto tra Toyotomi e gli Hojo negli anni 1580. Ieyasu fece del
suo meglio a favore di Hojo Ujimasa, ma infine i Tokugawa presero le parti di Toyotomi nel 1589, l'anno nel quale
cominciò la campagna di Odawara.
Durante l'Invasione di Hideyoshi dei territori del clan Hojo nel 1590, Ieyasu stesso condusse 30.000 uomini in
battaglia. Le forze Toyotomi-Tokugawa misero sotto assedio la città di Odawara. Durante questo periodo
Hideyoshi e Ieyasu si avvicinarono - tanto che Hideyoshi propose un patto: avrebbe dato a Ieyasu le otto province
del Kantō in cambio delle cinque province che erano il territorio tradizionale dei Tokugawa e dei loro antenati
Matsudaira, detenuti correntemente da Ieyasu. Nel 1590 gli Hojo vennero sconfitti e le loro terre annesse a quelle
dei Toyotomi, ponendo fine a 450 anni di regno del clan.
Al termine di ciò Ieyasu concesse le sue cinque province di Mikawa, Totomi, Suruga, Shinano e Kai e spostò la
sua nuova base di potere nella regione del Kantō, insediandosi nella città castello di Edo. Era ormai riconosciuto
come uno dei maggiori signori del paese. Circondato dal mare e dalle montagne era molto lontano dall'area
principale della politica giapponese e poteva vantare un'autonomia da Toyotomi che nessun altro in Giappone
aveva a quel tempo.
Nel 1592 Hideyoshi invase la Corea del Nord in un tentativo di attaccare la Cina e l'India: Sebbene gli eserciti
giapponesi riuscirono a prendere il controllo della capitale, furono continuamente bersaglio della guerriglia coreana
in tutto il montagnoso paese. I Tokugawa non presero parte a questo attacco, Ieyasu rimase stazionato
nel Kyushu così che, probabilmente, Hideyoshi potesse tenerlo d'occhio. Nonostante la sua assenza i suoi vassalli
consolidarono le nuove terre dei Tokugawa a Edo. Nel 1598 i giapponesi vinsero e Ieyasu tornò a Edo. La Corea
era stata unificata, con largo anticipo rispetto alla nostra timeline, ma la guerra costò un enorme sforzo all’Impero
(invece della solita penetrazione lenta e progressiva era stata condotta una campagna veloce).
Nel 1593 Hideyoshi ebbe un figlio ed erede, Toyotomi Hideyori. Nel 1598 convocò una riunione per determinare i
sei reggenti che avrebbero governato nel nome di suo figlio dopo la sua morte. I sei a essere scelti come reggenti
(tairo) per Hideyori furono Maeda Toshiie, Mori Terumoto, Ukita Hideie, Uesugi Kagekatsu, Kobayakawa
Takakage, e Tokugawa Ieyasu.
Verso la Battaglia di Sekigahara (1598-1603)
Toyotomi Hideyoshi morì infine nel 1598. Gli succedette il suo figlio ed erede Hideyori, messo ufficialmente alle
cure di uno dei reggenti Maeda Toshiie. Non appena Hideyoshi morì Ieyasu cominciò a stringere alleanze con
varie famiglie anti-Toyotomi alienandosi gli altri reggenti. Dopo la morte di Toshiie nel 1599, Ieyasu condusse le
sue truppe fino a Fushimi e occupò il Castello di Osaka, facendo infuriare gli altri quattro reggenti (Takakage era
già morto). L'opposizione contro Ieyasu venne valorosamente condotta da Ishida Mitsunari, che non era un
reggente ma aveva già tentato di assassinare Ieyasu nel 1599. Alcuni dei comandanti generali di Ieyasu volevano
uccidere Ishida, ma questi trovò ironicamente riparo presso Ieyasu.
L'"amicizia" tra i due si ruppe presto. C'erano due fazioni - quella "orientale" che sosteneva Tokugawa Ieyasu e
quella "occidentale" sostenitrice di Ishida Mitsunari. Mitsunari era determinato ad attaccare per primo e si alleò con
il reggente Uesugi Kagekatsu che possedeva un feudo non troppo lontano da Edo. Ishida voleva che Uesugi
tenesse occupate le truppe di Ieyasu abbastanza a lungo da permettere alla Fazione Occidentale di occupare Edo
e sconfiggere la Fazione Orientale. Nel giugno 1600 Kagekatsu e Ieyasu iniziarono a combattere. Ieyasu marciò
con i suoi alleati, iclan Date e Mogami per sconfiggere Uesugi e condusse un esercito a occidente per sconfiggere
il clan Ishida in ottobre. Ishida riprese Fushimi da Ieyasu e sebbene questo fosse un grande successo, richiese un
tempo molto lungo.
Nella provincia di Shinano 36.000 uomini dei Tokugawa, condotti da Tokugawa Hidetada, figlio ed erede di Ieyasu,
erano stazionati senza alcuna ragione apparente; Ieyasu sapeva però che il clan Kobayakawa, condotto
da Kobayakawa Hideaki, stava progettando di abbandonare Ishida e che il Mori non progettava di combattere.
La Battaglia di Sekigahara iniziò il 21 ottobre 1600 e vi presero parte un totale di 160.000 uomini. Le fazioni Ishida
e Tokugawa si affrontarono in campo aperto, mentre i Kobayakawa e i Mori erano stazionati sulle
montagne,fattore che avrebbe deciso la battaglia. Hidetada che era stato convocato da Shinano non era ancora
arrivato. Infine quando i Tokugawa parevano ormai sconfitti i Mori e i Kobayakawa arrivarono in loro aiuto
sconfiggendo e schiacciando Ishida. La Battaglia di Sekigahara fu una vittoria dei Tokugawa e della Fazione
Orientale, la Fazione Occidentale era stata polverizzata, i clan Kobayakawa e Mori si allearono con i Tokugawa e
nel giro di pochi giorni Ishida Mitsunari e altri generali della fazione occidentale vennero decapitati. Tokugawa
Hidetada arrivò in ritardo perdendo l'occasione di partecipare alle ostilità.
Immediatamente dopo la vittoria di Sekigahara Ieyasu ridistribuì le terre ai propri vassalli che l'avevano servito. Chi
aveva giurato alleanza a lui prima della battaglia venne detto fudai daimyo, mentre chi aveva giurato alleanza
dopo la battaglia venne detto tozama daimyo. Ieyasu lasciò alcuni daimyo occidentali intatti, come il clan Shimazu,
ma altri vennero completamente aboliti. Toyotomi Hideyori si ritirò a vita privata presso il Castello di Osaka,
mentre Tokugawa Ieyasu era ora de facto il governante del Giappone.
Battaglia di Sekigahara
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Battaglia di Sekigahara
関ヶ原の戦い
parte dell'epoca Sengoku
Data
Luogo
Esito
Modifiche
territoriali
21 ottobre 1600
Sekigahara, Prefettura di Gifu, Giappone
Vittoria decisiva di Tokugawa Ieyasu, che grazie
al successo avrebbe nel 1603 fondato
lo shogunato Tokugawa
Tokugawa Ieyasu assume il controllo di tutto il
Giappone
Schieramenti
Coalizione Toyotomi,
Tokugawa Ieyasu,
Giappone occidentale
Giappone orientale
Comandanti
Tokugawa Ieyasu
Ishida Mitsunari †
Hosokawa Tadaoki
Ukita Hideie
Honda Tadakatsu
Mōri Terumoto
Kyōgoku Takatsugu
Chōsokabe Morichika
Ikeda Terumasa
Konishi Yukinaga †
Fukushima Masanori
Sanada Masayuki
Yamanouchi
Shimazu Yoshihiro
Kazutoyo
Kuroda Nagamasa
Ii Naomasa
Tōdō Takatora
Ikoma Masamune
Effettivi
88.888[1]
81.890[1]
Perdite
Sconosciute, stimate intorno
alle 3 000 unità
Torii Mototada
[2]
Sconosciute, stimate tra le 8
000 e le 35 270 unità[2]
Ōtani Yoshitsugu
Shimazu Toyohisa
Ankokuji Ekei
Voci di battaglie presenti su Wikipedia
[mostra]
V·D·M
Campagne diTokugawa Ieyasu
La battaglia di Sekigahara (関ヶ原の戦い Sekigahara no tatakai?), combattuta il 21 ottobre del 1600, fu una
battaglia decisiva nella storia del Giappone. Fu il culmine dell'aspro confronto che teneva impegnati i due
schieramenti dal luglio precedente. Grazie alla vittoria conseguita, il condottiero Tokugawa Ieyasu si garantì il
controllo del paese sconfiggendo il rivale Ishida Mitsunari, che guidava le armate alleate al clan Toyotomi.
Negli anni successivi Ieyasu avrebbe consolidato il proprio potere arrivando a fondare nel 1603 lo shogunato
Tokugawa, l'ultima dittatura militare del Giappone, che avrebbe dominato il paese fino al 1868. La battaglia
contribuì in modo determinante alla fine dell'epoca Sengoku, il lungo periodo di guerre civili che insanguinavano il
Giappone dal 1478. Con l'istituzione dello shogunato, Ieyasu avrebbe dato il via ad un periodo di pace e di grande
stabilità politica.
La battaglia
La battaglia di Sekigahara ebbe luogo nella Provincia di Mino, nella zona meridionale dell'odierna Prefettura di
Gifu. Prese il nome dal piccolo villaggio presso il quale fu combattuta, situato ai piedi dei
monti Sasao, Nangu e Matsuo, che rendevano il luogo strategicamente importante. Tuttavia la scelta del terreno
non fu determinante per lo sviluppo della battaglia. Ishida e il suo esercito occupavano le alture, il generale aveva
invano sperato di poter attaccare più a ovest, in quanto Sekigahara si trovava troppo vicina al castello di
Sawayama, roccaforte e residenza di Ieyasu.
Mitsunari aveva insediato il campo al fianco del monte Sasao, mentre i suoi alleati Kobayakawa e Mori si erano
schierati rispettivamente lungo il monte Matsuo ed il monte Nangu. Ieyasu aveva disposto i suoi uomini lungo la
via di Nakasen, fronteggiando Mitsunari solo con l'avanguardia: sperava nell'arrivo del numeroso esercito guidato
dal figlio Hidetada che tuttavia giunse solo a battaglia finita. Ieyasu aveva lasciato scoperto il fianco della sua
armata in corrispondenza del monte Matsuo, da cui sarebbe stato facile attaccarlo e sbaragliarlo.
Nonostante le cariche guidate dagli alleati di Ieyasu, Masanori Fukushima e Ii Naomasa, le forze di Ishida tennero
campo fino a mezzogiorno, favoriti dalla foschia dovuta alla pioggia dei giorni precedenti. Konishi Yukinaga, Otani
Yoshitsugu e Ukita Hideie diedero filo da torcere agli avversari, e la coalizione di Ishida pensò che la battaglia
fosse ormai vinta.
A mezzogiorno, Ishida diede simultaneamente l'ordine di attaccare sia a Kobayakawa che alle truppe dei Mori,
accampate poco più in basso, ma i due comandanti lo tradirono. Kobayakawa aveva segretamente trattato
con Ieyasu e rimase neutrale, indeciso sul da farsi, fino a che Ieyasu stesso ordinò di far fuoco sulle sue truppe
per obbligarlo a scegliere. Di fronte a questo attacco, Kobayakawa si schierò contro l'alleato Ishida ed i suoi
uomini diressero il tiro sui soldati di Otani. I Mori avevano invece previsto la vittoria di Ieyasu, temevano le
ritorsioni del dopo battaglia e si astennero dal combattimento. L'inattività dei Mori impedì ai rinforzi
di Chosokabe di giungere in tempo sul campo di battaglia. Dopo una strenua resistenza e dopo aver perso
migliaia di uomini, le forze di Ishida furono costrette alla fuga.
Tra le file dello schieramento perdente di Mitsunari era presente anche Musashi Miyamoto, all'epoca sedicenne,
che riuscì a mettersi in salvo ed in seguito sarebbe diventato famoso come uno dei più grandi samurai della storia.
Periodo Edo
Il periodo Edo (1603-1868) indica quella fase della storia del Giappone in cui la famiglia Tokugawa detenne
attraverso il bakufu il massimo potere politico e militare nel paese. Noto anche come periodo Tokugawa, tale
fase storica prende il nome dalla capitale Edo, sede dello Shōgun, ribattezzata Tokyo nel1869.
Cenni storici
Wadokei, orologio da tavolo giapponese, Settecento.
Il periodo Edo iniziò con il trionfo di Ieyasu Tokugawa nella battaglia di Sekigahara (1600), combattimento
caratterizzato dalle circa quarantamila teste nemiche tagliate, che consentì a questo di eliminare ogni opposizione.
L'inizio dell'epoca Edo, però, viene generalmente fatta risalire al 1603, quando Ieyasu assunse il titolo di Shōgun.
Il Bakufu (governo militare retto dallo shogun) si insediò nella città di Edo, mentre l'imperatore rimase nella città
diKyoto: si venne così a creare una sorta di diarchia caratterizzata, con il passare del tempo, dal sopravvento del
potere dello shogunato a discapito di quello imperiale. Nei primi anni di governo Ieyasu promosse una serie di
importanti opere pubbliche affinché la nuova sede di governo venisse ampliata e abbellita nonché collegata con le
città più importanti del Giappone (Gokaidō). Caratteristica preponderante del periodo Edo fu la politica di
isolamento del Giappone, nota come sakoku: si assistette a vere e proprie carneficine di Cristiani soprattutto
nell'area di Nagasaki, la città a più stretto contatto con gli Europei; nella medesima città infatti era sito
l'unico porto in cui fosse concesso solamente agli olandesi (poiché bombardarono dalla nave "De Ryp" il castello
di Hara dove erano asserragliati dei cristiani) di importare ed esportare mercanzie. Una caratteristica pratica
imposta alle persone sospettate di essere vicine al cristianesimo per testarne l'estraneità allo stesso, era quella
dello Yefumi, il calpestamento figurato del crocifisso o di immagini della Vergine Maria. Nel corso dei decenni
l'importanza di Edo crebbe enormemente cosicché entro la fine del XVII secolo la città contava già un milione
d'abitanti. Gli shogun Tokugawa sin dapprima dovettero porre freno allo strapotere di certi daimyo, per questo il
Bakufu emanò una legge che obbligava tutti i daimyo a possedere due residenze: una a Edo e l'altra
negli Han natii; questi erano poi obbligati a lasciare mogli e figli in città trascorrendo un anno con loro e un altro nei
territori gentilizi, inoltre quando un daimyo doveva traslocare era tenuto a portare con sé tutta la corte, spendendo
così moltissimo denaro. Lo shogunato dei Tokugawa conobbe momenti di crisi: nel luglio
del 1853 apparvero fregate americane (guidate dal commodoro Matthew Perry) nel porto di Nagasaki che
costrinsero il capo militare a firmare accordi commerciali che suggellarono la riapertura di tutti i porti giapponesi al
commercio con gli Occidentali, ponendo fine all'isolamento sakoku e inaugurando il cosiddetto periodo bakumatsu.
Nel 1858 un malcontento generale esplose e l'ormai antiquato Bakufu dovette cedere alla pressione delle forze
imperiali. Terminò così l'era Edo, mentre andava affermandosì sempre più il ruolo dell'Imperatore, che dette inizio
alla restaurazione Meiji.
Politica e società
Kaitai Shinsho, Primo trattato giapponese sull'anatomia occidentale pubblicato nel 1774.
Se il periodo Edo fu preceduto da aspri combattimenti, il potere militare instauratosi si contraddistinse per un
regime di repressione a caratterere fortemente burocratico. La nazione, plasmata in base ai modelli confuciani,
chiuse le porte ai contatti con gli stranieri ed assunse inizialmente le caratteristiche tipiche di una società
feudale. Fu proprio durante la lunga dominazione dei Tokugawa che si gettarono le basi per la struttura sociale
orientale moderna, nella quale ogni persona assume un preciso ruolo sociale e deve adempiere alla sua missione
attraverso il lavoro.
Lo shogunato divenne l'autorità politica più importante, mentre i daimyō conservarono il ruolo di governatori locali,
soggetti al potere centrale ma detentori di maggiore autonomia nella gestione dei propri territori. Il sistema
introdotto, chiamato baku-han (ibrido tra un governo centralizzato del Bakufu e il modello di feudalesimo suggerito
dalla realtà dell'autonomia degli han) si basò su una federazione di duecentosettanta feudi. I daimyō
cristiani furono costretti all'esilio e dal 1671 ogni famiglia venne collocata all'interno di una setta buddista e
adeguatamente iscritta nei registri dei monasteri buddhisti locali.
La grande onda, di Katsushika Hokusai(1760-1849).
L'assetto sociale, mibunsei, dell'epoca era strutturato attraverso una netta suddivisione gerarchica della
popolazione in classi di appartenenza ben distinte tra loro, con l'adozione del
modello shinokosho: samurai, contadini, artigiani, e mercanti. I samurai, pur rappresentando solo il cinque per
cento dell'intera popolazione, mantennero una posizione sociale dominante; essendo privilegiati portavano due
spade, un cognome e possedevano il diritto di uccidere ed allontanarsi (kirisute gomen). Occuparono soprattutto
cariche burocratiche e amministrative. In Giappone, diversamente dal modello cinese, non si formò una élite
culturale di letterati e questo fatto indusse la gente comune, in particolar modo i mercanti e gli artigiani, a
descrivere il loro ambiente, il loro mondo, le loro regole e il loro codice etico-morale. Col passare del tempo si
formò una forte e ricca classe di mercanti, in grado di raggiungere, seppur lentamente e faticosamente, una
posizione di privilegio nel controllo economico-finanziario del Paese, agevolati dall'apertura del porto
di Nagasaki agli scambi commerciali con i cinesi ed i mercanti protestanti, influenzando in tal modo la cultura e gli
aspetti sociali del tempo. Inoltre i mercanti avevano il monopolio dei commerci in Vietnam, Corea e Malesia, e in
Corea erano persino governatori.
Nonostante la politica di chiusura nei confronti del resto del mondo, l'agricoltura e l'economia, riuscirono a
svilupparsi, grazie ad alcuni pilastri fondamentali, quali le proprietà famigliari ed il principio di continuità
generazionale.
Il potere centrale, per controllare maggiormente il popolo, promulgò una serie di leggi riguardanti le varie classi:
con il Buke-Sho-hatto del 1615 vennero imposti i codici di vita per la classe militare, che prevedevano, tra gli altri,
l'obbligo a risiedere, in alternanza, a Edo e nelle provincie e delineavano la condotta di vita austera e sobria dei
Bushi, basata sulla dottrina del Buddhismo Zen; con ilKuge-Sho-hatto invece, la nobiltà e la famiglia imperiale
risultarono costretti ad occuparsi di funzioni culturali e rituali, vedendosi allontanare sempre più dall'effettivo potere
politico-amministrativo.
La politica di isolamento della nazione, iniziata intorno al 1638 con la chiusura dei contatti con gli stranieri, agevolò
il recupero e la valorizzazione delle usanze e della tradizione giapponese culturale, però cristallizzò le differenze di
classe in un sistema statico e limitò lo sviluppo del Paese arrestando parzialmente l'economia e l'arte.
Edo, diventando quindi il nuovo centro culturale e politico del Paese, in contrapposizione a Kyoto, si espanse a
dismisura superando il milione di abitanti verso la fine del Seicento.
Arti
Architettura
In una prima fase iniziale, l'architettura produsse opere il linea con lo stile shoin del periodo Momoyama e dopo
il 1700 incominciò un lento declino.[2]
Le opere più pregevoli furono il castello di Edo e il palazzo Ninomaru del 1626, impreziosito da
pregevoli pitture su fusuma e vari altri lavori artigianali decorativi. Attorno ai castelli sorsero le abitazioni dei
cittadini, talvolta, come nel caso dei mercanti, anch'esse ispirate allo stile shoin.
Le strutture più originali costruite durante questa fase artistica furono i templi-mausolei, come
quello Toshugo a Nikko, innalzato nel 1617, dedicato alla memoria di Ieyasu e per onorarne la deificazione. Il
complesso si rivelò un misto tra un tempio shintoista, uno buddhista e una tomba stupa, la cui unica vera
originalità consistette negli edifici riservati alla cerimonia del tè (cha-shitsu).
Lo stile successivo allo shoin fu lo sukiya, ben esemplificato dall'estrema semplicità nelle forme, nelle strutture e
nella pianta della villa imperiale di Katsura di Kyoto.
Scultura
Anche per quanto riguarda la scultura, il periodo Edo segnò un lento declino artistico, dato che in precedenza le
opere erano state prevalentemente di impronta buddistica, e dopo la trasformazione del Buddismo in ritualismo,
pochi scultori proseguirono ad esprimere lo spiritualismo contenuto nel pensiero della grande filosofia orientale.
Solamente la scultura laica mantenne un certo fervore creativo, manifestato nella realizzazione di maschere per
il teatro Nō e nella produzione di oggetti da indossare alla cintola, i cosiddetti netsuke, oppure nelle figure utilizzate
per la decorazione di interni, chiamate okimono.
Pittura
Grazie alle mutazioni sociali, le due tradizionali correnti pittoriche, la Yamato-e e la Kara-e si ripartirono in
numerose scuole, tra le quali la Kano, impregnata di spirito confuciano, divenne quella ufficiale del tempo e Kano
Tanyu (1602-1674), il suo migliore rappresentante. Altre scuole significative furono la Sotatsu-Korin fondate dai
pittori Tawaraya Sotatsu e Ogata Korin (1658-1716), e la scuola Tosa molto vicina alla corte.
Durante il medio periodo Edo si diffuse la scuola Nanga o Nanso-ga ("pittura di stile meridionale"), contraddistinta
dall'individualità della tecnica, ideata da Sakaky Hyakusen (1697-1752).
Dopo pochi decenni Maruyama Okyo (1733-1795) fondò la scuola che porta il suo nome e che si accostò
maggiormente al realismo e al materialismo borghese. Il suo ideatore studiò attentamente sia i libri di pittura
provenienti dall'Occidente sia le opere realistiche dell'arte cinese Ming e Ch'ing. Un'altra scuola rappresentante il
gusto dei mercanti fu la Ukiyo-e, fondata daHishikawa Moronobu (1618-1694), inizialmente realizzata a pennello e
in un secondo tempo convertìta alla tecnica di stampa, monocromatica e policroma. I temi preferiti furono i
paesaggi, figure femminili e scene teatrali. Verso la fine del Settecento si diffuse un gusto impressionistico.
Ceramica
Le caratteristiche del periodo Edo furono la diffusione delle ceramiche presso la gente comune e la
decentralizzazione dei centri produttivi. Tra le porcellane più pregiate si annoverarono:kakiemon, progettate dalla
famiglia omonima dalla seconda metà del Seicento e contraddistinte da decorazioni policrome; le
porcellane kutani famose per le decorazioni tendenti all'astrattismo e la kiyomizu di Kyoto.
Cultura
Durante il periodo Edo, nonostante la chiusura nei confronti del mondo esterno, in Giappone si studiarono
le scienze e la tecnica dell'Occidente. Le discipline approfondite inclusero geografia,medicina, scienze
naturali, astronomia, lingua, scienze fisiche, elettricità e meccanica.
Sakoku
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Una giunca cinese in Giappone durante ilsakoku
Sakoku (鎖国? "paese incatenato" o "blindato") è il nome con cui si indica in Giappone la politica
di isolazionismo praticata durante il periodo Edo dalloshogunato Tokugawa, iniziata con un editto
dello shōgun Tokugawa Iemitsu nel 1641 e terminata per opera del commodoro statunitense Matthew Perrye delle
sue Navi Nere nel 1853.
Origine del nome
Il termine sakoku fu coniato nel 1801 da Shitsuki Tadao nella sua opera Sakoku-ron; la parola fu inizialmente
usata da Tadao per tradurre alcune opere del viaggiatore del XVII secolo Engelbert Kaempfer sul Giappone.
Prima di allora il termine più usato per indicare la politica era kaikin (海禁 "restrizione marittima"?).
Caratteristiche
La politica shogunale non isolava completamente il Paese; piuttosto, regolamentava molto severamente il
commercio e le relazioni estere. La severità delle norme variava localmente, perché i vari han nel regime feudale
godevano di una considerevole indipendenza amministrativa. Agli stranieri era però vietato l'ingresso nel Paese, e
ai giapponesi di lasciarlo, senza un permesso scritto; per i trasgressori vigeva la pena di morte.
Il commercio con l'estero era consentito per cinque popolazioni attraverso quattro vie d'accesso:
•
Ainu, attraverso il distretto di Matsumae nel feudo di Oshima, sull'isola di Hokkaidō;
•
Coreani della dinastia Joseon, attraverso il feudo di Tsushima;
•
Olandesi della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, nel solo porto di Nagasaki;
•
Cinesi, nel porto di Nagasaki;
•
Il regno semi-indipendente di Ryūkyū, controllato dai daimyō del feudo di Satsuma e attraverso il quale
transitavano altre merci cinesi.
Secondo Tashiro Kazui questi rapporti commerciali si dividevano in due gruppi: uno formato da Cina e Olanda, «le
relazioni con le quali ricadevano sotto la giurisdizione diretta del Bakufu a Nagasaki», e uno da Corea e Ryūkyū,
«che trattavano rispettivamente con i feudi di Tsushima (il clan Sō) e Satsuma (il clan Shimazu)»[1]. Questi due
gruppi riflettevano un modello di ingresso e uscita delle merci; queste uscivano dal Giappone verso Corea e
Ryūkyū, e attraverso questi arrivavano finalmente in Cina. I clan che gestivano questi flussi costruirono delle
cittadine al di fuori del territorio giapponese, nelle quali avvenivano effettivamente gli scambi commerciali.
Le merci entravano invece da un'isola poco al largo di Nagasaki, Dejima, separata dalla città da uno stretto; l'isola
era considerata territorio straniero, e gli stranieri potevano accedervi liberamente, mentre i mercanti giapponesi
dovevano munirsi di un permesso scritto.
Il primo trattato giapponese sull'anatomia occidentale, un esempio di Rangaku, del1774, oggi custodito nel Museo nazionale della scienza di Tōkyō
Tuttavia, erano annualmente ammesse delle ambasciate che lasciavano Dejima per Edo, attraverso le quali la
popolazione giapponese aveva comunque modo di osservare la cultura occidentale. Inoltre attraverso Dejima gli
eruditi giapponesi acquistavano testi occidentali, prevalentemente in olandese, dando vita a una scuola,
il Rangaku (蘭学? "studio degli olandesi") volta ad assimilare e divulgare nella società giapponese le conoscenze
occidentali.
Poiché, seppur fortemente limitati, i contatti con l'estero erano comunque forti e frequenti, gli studiosi moderni
tendono a preferire al termine sakoku, che indica una chiusura completa, il più antico termine kaikin, derivato dal
concetto cinese di hai jin[3].
Motivazioni
Si crede che una delle motivazioni dietro il sakoku sia stata l'esigenza di arrestare l'influenza coloniale e religiosa
di Spagna e Portogallo; il numero di giapponesi convertitisi al cattolicesimo, soprattutto nell'isola di Kyūshū, era
visto dai Tokugawa come una potenziale minaccia alla stabilità dello shogunato. A rafforzare questa convinzione
furono inglesi e olandesi, che accusavano i cattolici di inviare missionari come parte di una politica di
colonizzazione culturale dell'Asia. L'ultima scintilla fu la rivolta di Shimabara del 1637-38, in cui i contadini si
ribellarono alle politiche anticristiane dello shogunato; i missionari furono accusati di aver istigato la rivolta e furono
espulsi dal Paese, istituendo la pena di morte per i missionari clandestini. Ilsakoku venne varato poco dopo, e agli
olandesi fu permesso di partecipare al commercio solo a patto di non promuovere attività missionarie.
Il sakoku però rappresentò anche un modo per controllare i flussi commerciali, prendendo le distanze dalle
relazioni tributarie che a lungo avevano legato il Giappone alla Cina. Più tardi, il ministro Arai Hakuseki poté agire
proprio sulle regolamentazioni del sakoku per evitare l'impoverimento minerario del Paese, poiché le risorse di
argento e rame venivano esportate ma non importate. Tuttavia, sebbene le esportazioni di argento attraverso
Nagasaki vennero controllate dallo shogunato fino alla sospensione completa, queste continuarono a uscire dal
Paese attraverso la Corea in quantità relativamente elevate[1].
Politica estera
La politica estera di questo periodo fu molto controversa, se da un lato vi fu l’isolamento nei confronti delle nazioni
occidentali non cessò, invece, l’espansionismo in Asia, questo espansionismo continuò con il finanziamento del
governo e della borghesia dei gruppi di corsari che, durante la progressiva burocraticizzazione dei Tokugawa,
hanno progressivamente finito per includere nella marina giapponese tutte le forze piratesche, fossero esse
originarie del Giappone e non, finanziate e non, ufficiali o meno.
Proseguono le penetrazioni in Vietnam e Malesia, questa volta ufficializzate, e in entrambi i casi si risale verso
Nord, annettendo all’Impero Giapponese sempre più terreni, vengono inoltre conquistate numerose isole, il tutto
culmina con l’assedio di Taiwan.
Particolare è il caso della Vedova Ching.
Questa donna, una prostituta cinese, conquistò il cuore di un’importante pirata, Cheng Yi, il più potente pirata non
finanziato da nessun governo ma semplicemente bandito, che le chiese di sposarlo, lei accettò solo a patto che
metà dei suoi averi passassero sotto il suo controllo.
Dopo il matrimonio la donna fu la consigliera principale del famoso pirata, e gli consigliò di fondare una lega con
gli altri capitani di Canton in un’alleanza per perpetuare le loro attività piratesche, questa alleanza sarà conosciuta
come la Flotta della Bandiera Rossa, la più grande flotta pirata della storia.
Quando Cheng morì sua moglie fece un patto con il suo luogotenente: Lei avrebbe proseguito l’opera del marito e
lui sarebbe stato il suo ufficiale esecutivo, e così fu la prima donna della storia a governare una così grande flotta,
il che rende il più grande pirata della storia una donna, vedova.
Con la sua flotta impartì tributi e saccheggiò tutta la zona Canton-Macao, e continuò ad espandere la propria
influenza inglobando le altre flotte con se, famosa inoltre la sua opposizione a qualsiasi tipo si asservimento al
governo Cinese o a quello Giapponese. Il suo dominio arrivò ad estendersi all’intera costa cinese, e
successivamente a tutto il Mar della Cina, quando iniziò a raccogliere sotto la sua grande flotta tutte le flotte
piratesche ancora indipendenti dal controllo Giapponese, questa gigantesca flotta pirata saccheggiava da un lato
le coste cinesi (dove reclutava uomini come un’armata normale) e al tempo stesso competeva con i pirati finanziati
dal Giappone e derubava i mercanti giapponesi e cinesi assieme. La Flotta della Bandiera Rossa era divenuta
ormai un pericolo sia per la Cina (ma con tutti i problemi che la Cina aveva questo era niente) sia per il Giappone
(a cui faceva competizione e anzi batteva) sia a tutte le altre potenze in quanto i rapporti commerciali con la Cina
erano ormai impossibilitati.
Questa rete di influenza si estese anche a Vietnam, Malesia, Indocina, arrivò persino a toccare la remota India, un
vero e proprio Impero Pirata che però aveva salde influenze, basi, roccaforti nelle coste.
Fu così che Cina, Inghilterra, Francia, Russia, Giappone e persino alcune navi americane, italiane e olandesi e
tedesche si coalizzarono per combattere l’Impero Pirata, e nella Battaglia di Taiwan, nonostante i Pirati fossero
praticamente da soli, si decise il destino dell’ultima forma di pirateria rimasta in vita sul globo, ovvero quella
Cinese, se sarebbe rimasta indipendente o se era destino che si istituzionalizzasse.
La battaglia, durata ben 36 ore, venne vinta dai Pirati.
A questo punto le potenze occidentali fecero pressione su Cina e Giappone perché mettessero fine alla piaga
pirata con un’altra via, ovvero con la persuasione, e che la cosa andava fatta di tasca loro.
La Vedova Ching quindi si trovò una serie di offerte da ambo le nazioni, comprendenti amnistia totale, permesso di
navigazione nei loro mari, tassi per gli scambi commerciali molto vantaggiosi, ma alla fine accettò, a sorpresa, la
proposta del Giappone, in primo luogo perché versava in una situazione economica migliore, in secondo luogo
perché tramite il Giappone poteva continuare a “vessare” sulla Cina, ed infine perché il Giappone non solo offriva
importanti vantaggi e posizioni nel commercio Giapponese, proponendole di entrare e anzi di comandare tutti i
commerci con la Cina (cosa che la Cina non poteva offrire dato che subiva e basta) ma anzi qualcosa di
eccezionale: diventare capitana della Flotta Imperiale, e Ching accettò.
Fu un capitano della Flotta eccezionale, aiutò il giappone nel proseguire le sue scorribande in Cina e, in generale,
in tutta la costa asiatica, proseguendo l’espansione e la penetrazione usando proprio i suoi porti e le sue basi, che
saranno con il tempo annessi naturalmente all’Impero. Ritiratasi a vita privata in vecchiaia con una ricchissima
pensione aprì un bordello a sua volta, bordello che divenne il più ricco e raffinato del Giappone, al punto da
assorbire la ben più raffinata tradizione delle Geishe, quindi passando dalle volgari prostitute alle ben più raffinate,
esotiche, anche nobili cortigiane giapponesi. E’ in questa prestigiosissima casa di addestramento che si svolgerà
la famosa storia narrata in “Memorie di una Geisha”.
Fine del sakoku
L'incursione navale del commodoro Perry in una stampa giapponese
Durante il periodo Edo, numerosi mercanti e militari di altri Paesi cercarono di rompere il sakoku; i tentativi più
frequenti furono effettuati da statunitensi e britannici, più raramente russi e francesi. Nel 1842, dopo la sconfitta
della Cina nelle guerre dell'oppio, il Bakufu sospese l'ordine di condanna a morte per gli stranieri sul territorio
giapponese e concesse alle navi straniere il diritto di rifornirsi di carburante nei suoi porti, ma la politica
isolazionista rimase complessivamente invariata fino all'8 luglio 1853, quando si verificò l'episodio delle navi
nere del commodoro Matthew Perry della marina degli Stati Uniti.
Dopo che il commodoro lasciò il Paese lo shōgun Tokugawa Ieyoshi morì, e il suo successore Tokugawa Iesada si
piegò alla minaccia statunitense, firmando il 31 marzo 1854 la convenzione di Kanagawa che stabiliva relazioni
diplomatiche tra il Giappone e gli Stati Uniti, e poi il trattato di Harris, il 29 luglio 1858, che regolamentava le
relazioni commerciali tra i due Paesi; quasi contemporaneamente nella trattativa si introdussero altre potenze
occidentali, come i britannici, che ottennero la firma del trattato di amicizia anglo-giapponese nel 1854 e
del trattato anglo-giapponese di amicizia e commercio nel 1858. Questi trattati sono noti come trattati ineguali,
perché oltre a essere stati estorti con un atto di forza davano agli stranieri privilegi decisamente sproporzionati,
come il controllo sulle tariffe d'importazione e il diritto di extraterritorialità (gli stranieri sul territorio giapponese
erano così soggetti alle proprie leggi ma non a quelle giapponesi). Leggermente meno sfavorevoli furono i trattati
stipulati con altri Paesi, in primis il trattato di Shimoda firmato nel 1855 con il delegato russo Evfimyj Vasil'evič
Putjatin (Евфимий Васильевич Путятин), che stabiliva i confini tra i due Paesi nelle isole più settentrionali e
concedeva ai russi l'apertura di tre porti.
Dopo la rottura del sakoku il Bakufu inviò missioni diplomatiche agli altri Paesi, sia per apprendere di più sulla
civiltà occidentale, sia per rivedere i trattati e ritardare l'apertura dei porti al commercio estero. La prima
ambasciata negli Stati Uniti giunse nel 1860 a bordo della Kanrin Maru; in Europa ne giunsero una nel 1862 e una
nel 1863. Il Giappone inviò anche una delegazione all'Esposizione Universale di Parigi nel 1867; inoltre vennero
inviate delegazioni indipendenti da alcuni feudatari, come quelli di Satsuma o di Chōshū. Il divieto per i giapponesi
di lasciare il Paese persistette però fino alla restaurazione Meiji (1868).
Bakumatsu
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Sono chiamati Bakumatsu (幕末?) gli ultimi anni del periodo Edo nel quale lo shogunato Tokugawa venne alla
fine. È caratterizzato da una serie di eventi accaduti tra il 1853 e il 1867 durante i quali il Giappone concluse la
sua politica isolazionista conosciuta come sakoku e passò dal sistema feudale dello shogunato al governo Meiji.
La maggior divisione politico/ideologica di questo periodo fu tra i pro-imperialisti ishin shishi (nazionalisti) e le forze
dello shogunato, includendo l'élite Shinsengumi. Al di là di queste due fazioni molte altre tentarono, nel caos del
Bakumatsu, di guadagnare rilevanza. Inoltre ci furono altre due forze di dissenso: primo, un risentimento crescente
verso i tozama daimyo (o signori fuorilegge), e secondo un crescente risentimento anti occidentale in seguito
all'arrivo di Matthew C. Perry. Il primo era riferibile a quei signori che avevano combattuto contro le forze dei
Tokugawa nella Battaglia di Sekigahara (nel 1600) e da quel momento in poi erano stati esclusi permanentemente
da tutte le posizioni di potere nello shogunato. La seconda era espressa nella frase sonnō jōi, o "riverire
l'Imperatore, espellere i barbari". Il punto di svolta del Bakumatsu fu durante la Guerra Boshin e la Battaglia di
Toba-Fushimi quando le forze favorevoli allo shogunato furono sconfitte.[2]
Trattato di Pace e Amicizia (1854)
Quando lo squadrone di quattro navi del Commodoro Matthew C. Perry apparve nella Baia di Tokyo (allora
chiamata Baia di Edo) nel luglio 1853, il bakufu (shogunato) venne gettato nel caos. Il capo dei consiglieri
anziani, Abe Masahiro (1819–1857), fu incaricato di trattare con gli Americani. Non essendoci precedenti per
gestire questa minaccia alla sicurezza nazionale, Abe tentò di mediare fra il desiderio dei consiglieri di avere a che
fare con gli stranieri, quello dell'imperatore che voleva tenere gli stranieri fuori dal paese,e quello dei signori feudali
(daimyo) che volevano passare alla guerra. Mancando il consenso, Abe decise di compromettersi accettando le
richieste di Perry di aprire il Giappone al commercio con l'estero mentre nel frattempo faceva preparativi militari.
Nel marzo 1854, la Convenzione di Kanagawa / Trattato di Pace e Amicizia (o Trattato di Kanagawa) mantenne la
proibizione di commercio ma aprì tre porti (Nagasaki, Shimoda,Hakodate) alle baleniere americane in cerca di
provviste, garantì un buon trattamento ai marinai americani naufragati, e permise a un console degli Stati Uniti di
prendere residenza a Shimoda (Shizuoka/Shimoda), un porto marittimo nella Penisola di Izu, a sud-ovest di Edo.
Problemi politici e modernizzazione
Il danno che ne risultò per il bakufu fu significativo. Discutere sulla politica del governo era inusuale e aveva fatto
rischiare critiche pubbliche sul bakufu. Nella speranza di avere il supporto di nuovi alleati, Abe, per la
costernazione dei fudai, si era consultato con gli shinpan daimyo e i tozama daimyo , minando ulteriormente
il bakufu già indebolito.
Il Centro Navale di addestramento di Nagasaki, a Nagasaki, vicino aDejima.
Kankō Maru, la prima nave da guerra a vapore del Giappone, 1855.
Con la Riforma Ansei (1854–1856), Abe tentò di rafforzare il regime ordinando navi da guerra ed armamenti
dall'Olanda e costruendo nuove opere di difesa portuali. Nel 1855, con l'assistenza olandese, lo Shogunato
acquistò la sua prima nave da guerra a vapore, la Kankō Maru, che fu usata per l'addestramento dei soldati, e aprì
il Centro Navale di Addestramento di Nagasaki con istruttori olandesi, e a Edo fu costituita una scuola militare in
stile occidentale. Nel 1857, acquistò la sua prima nave militare a vapore mossa ad elica (screw-driven), la nave da
guerra giapponese Kanrini Maru (corazzata). Le conoscenze scientifiche si espansero velocemente a partire dalle
basi preesistenti di conoscenza della scienza occidentale, o "Rangaku". L'opposizione ad Abe aumentò negli
ambienti fudai, che si opponevano all'apertura dei consigli del bakufu ai tozama daimyo, e nel 1855 venne
rimpiazzato come capo dei consiglieri anziani da Hotta Masayoshi (1810–1864). A capo della fazione dissidente
c'era Tokugawa Nariaki, che aveva da lungo tempo abbracciato una lealtà militante verso l'imperatore così come
sentimenti anti-stranieri, e che nel 1854 era stato posto a capo della difesa nazionale. La scuola di Mito (basata su
principi neo-confuciani e shintoisti) aveva come obiettivo la restaurazione dell'istituzione imperiale e il voltare le
spalle all'Occidente.
Trattati di Amicizia e Commercio (1858)
Townsend Harris negoziò il "Trattato Harris" o "Trattato di Amicizia e Commercio" nel 1858, aprendo il Giappone all'influenza straniera e al commercio, a condizioni
non eque.
Vista di Yokohama nel 1859.
A seguito della nomina di Townsend Harris a console degli Stati Uniti nel 1856 e di due anni di negoziazioni, il
"Trattato di Amicizia e Commercio (Stati Uniti-Giappone)" venne firmato nel 1858 e venne applicato a partire dalla
metà del 1859. Con un grande colpo diplomatico, Harris aveva abbondantemente puntualizzato il colonialismo
aggressivo di Francia e Gran Bretagna contro la Cina nella contemporanea Seconda Guerra dell'Oppio(1856–
1860), suggerendo che quei paesi non avrebbero esitato a far guerra anche al Giappone, e che gli stati Uniti
offrivano un'alternativa pacifica. I punti più importanti del Trattato erano:
•
scambio di diplomatici.
•
L'apertura di Edo, Kobe, Nagasaki, Niigata, e Yokohama come porti per il commercio straniero.
•
la possibilità per i cittadini degli stati Uniti di vivere e commerciare liberamente in quei porti (solo il
commercio dell'oppio fu proibito).
•
un sistema di extraterritorialità che provvedeva a sottomettere i residenti stranieri alle leggi delle proprie
corti consolari invece che al sistema di leggi giapponese.
•
bassi tassi di importazione ed esportazione fissati, soggetti al controllo internazionale, privando il governo
giapponese del controllo del commercio estero e della protezione dell'industria nazionale (il tasso arrivò ad
essere basso fino al 5% negli anni sessanta dell'Ottocento)
•
possibilità per il Giappone di acquistare navi ed armi americane (tre navi a vapore americane furono
consegnate al Giappone nel 1862).
Il Giappone fu inoltre forzato ad applicare ulteriori condizioni garantite ad altre nazioni straniere nel futuro agli Stati
Uniti, sotto la previsione di "nazione maggiormente favorita". Presto numerose nazioni straniere seguirono le orme
degli Stati Uniti ed ottennero trattati con il Giappone (i Trattati Ansei delle Cinque Potenze): gli Stati Uniti il 29
luglio 1858 (Trattato di Amicizia e Commercio fra Stati Uniti e Giappone o Trattato Harris), l'Olanda(Trattato di
Amicizia e Commercio fra Paesi Bassi e Giappone) il 18 agosto, la Russia (Trattato di Amicizia e Commercio fra
Russia e Giappone) il 19 agosto, il Regno Unito(Trattato Anglo-Giapponese di Amicizia e Commercio) il 26 agosto,
e la Francia (Trattato di Amicizia e Commercio fra Francia e Giappone) il 9 di ottobre.
Case di commercio vennero presto messe a punto nei porti aperti al commercio con l'estero.
Crisi e conflitto
Crisi Politica
Hotta Masayoshi (1810–1864).
Hotta perse il supporto dei daimyo chiave, e quando Tokugawa Nariaki si oppose al nuovo trattato, Hotta cercò la
sanzione imperiale. Gli ufficiali di corte, percependo la debolezza del bakufu, respinsero la richiesta di Hotta, cosa
che ebbe come risultato le sue dimissioni e che improvvisamente coinvolse Kyoto e l'imperatore nella politica
interna del Giappone, per la prima volta dopo molti secoli. Quando lo shogun morì senza un erede, Nariaki fece
appello alla corte perché supportasse il proprio figlio, Tokugawa Yoshinobu (o Keiki), come shogun, un candidato
favorito dagli shimpan daimyo e dai tozama daimyo. I fudai vinsero la lotta per il potere; tuttavia si installò Ii
Naosuke, firmando i Trattati Ansei delle Cinque Potenze e ponendo così fine a duecento anni di chiusura verso
l'esterno senza autorizzazione imperiale (autorizzazione concessa nel 1865) ed arrestando Nariaki e Yoshinobu,
ordinando l'esecuzione di Yoshida Shōin (1830–1859, un intellettuale che guidava il sonnō-jōi, si era opposto al
trattato con gli Americani e aveva tramato una rivoluzione contro il bakufu) conosciuto come la Purga Ansei.
Modernizzazione, crisi economica e sollevazioni
Navi straniere nel porto di Yokohama.
Una casa commerciale straniera a Yokohama nel 1861.
L'apertura del Giappone al commercio estero incontrollato portò ad una grande instabilità economica. Mentre
alcuni imprenditori prosperarono, molti altri fecero bancarotta. La disoccupazione crebbe, così come l'inflazione.
Per coincidenza molte carestie avevano fatto alzare drasticamente il prezzo del cibo. Avvennero incidenti fra
alcuni stranieri, chiamati "feccia della terra" da un diplomatico dell'epoca, e giapponesi.
Anche il sistema monetario del Giappone andò in rovina. Tradizionalmente, il tasso di scambio del Giappone fra
argento e oro era di 1:5, mentre i tassi internazionali erano dell'ordine di 1:15. Questo portò ad un massiccio
acquisto di oro da parte degli stranieri, e infine costrinse le autorità giapponesi a svalutare la loro moneta.[3]
Gli stranieri portarono in Giappone anche il colera (probabilmente dall'India), causando centinaia di migliaia di
morti[4]
Membri della Prima ambasciata giapponese in Europa (1862), intorno a Shibata Sadataro, capo della missione (seduto).
Durante gli anni sessanta dell'Ottocento, rivolte di contadini (hyakushō ikki) e disordini urbani (uchikowashi) si
moltiplicarono. Apparve il movimento "Rinnovamento del mondo" (yonaoshi ikki), così come febbrili movimenti di
isteria collettiva come l'Eejanaika ("Non è grandioso!?").
Il bakufu inviò all'estero numerose missioni diplomatiche, per acquisire conoscenze a proposito della civiltà
occidentale, rivedere i trattati iniqui e rimandare l'apertura di città e porti al commercio straniero. Questi sforzi per
la revisione rimasero largamente senza successo.
Nel 1860 venne inviata un'ambasciata giapponese agli Stati Uniti (1860), sulla nave da guerra Kanrin Maru e la
nave americana Powhattan. Nel 1862 venne inviata una prima ambasciata giapponese in Europa(1862).
Assassinii di stranieri e conflitto aperto
Attacco alla legazione britannica a Edo, 1861.
Aumentò la violenza contro gli stranieri e coloro che avevano a che fare con loro. Ii Naosuke, che aveva firmato
il Trattato Harris e aveva tentato di eliminare l'opposizione all'Occidentalizzazione con la Purga Ansei, fu
assassinato a Sakuradamon nel marzo 1860. Henry Heusken, il traduttore olandese di Harris venne ucciso da
alcuni spadaccini nel gennaio del 1861. Sempre nel 1861, venne attaccata la delegazione britannica a Edo, e vi
furono due morti. Durante quel periodo, venne ucciso circa uno straniero al mese. Nel settembre del 1862
avvenne l'Affare Richardson, che avrebbe costretto le nazioni straniere a intraprendere azioni decisive per
proteggere gli stranieri e garantire l'esecuzione delle provvisioni dei Trattati. Nel maggio 1863, la delegazione
statunitense a Edo venne data alle fiamme.
Cannoni giapponesi sparano a navi occidentali a Shimonoseki nel 1863. Dipinto giapponese.
L'opposizione belligerante all'influenza occidentale si trasformò in conflitto aperto quando l'Imperatore Kōmei,
rompendo con secoli di tradizione imperiale, iniziò a prendere un ruolo attivo negli affari di stato e promulgò, l'11
marzo e l'11 aprile 1863, il suo "Ordine di espellere i barbari" (攘夷実行の勅命). Il clan Chōshū con base
a Shimonoseki, sotto il Lord Mori Takachika, eseguì l'Ordine, e iniziò a intraprendere azioni per espellere tutti gli
stranieri a partire dalla data fissata come ultimatum (10 maggio, calendario lunare). Sfidando apertamente lo
shogunato, Takachika ordinò alle sue forze di sparare senza avvertimento su tutte le navi straniere che
attraversassero lo Stretto di Shimonoseki.
Sotto le pressioni dell'Imperatore, lo Shogun fu inoltre costretto a promulgare una dichiarazione di fine delle
relazioni con gli stranieri. L'ordine fu comunicato alle legazioni straniere da Ogasawara Zusho no Kami il 24
giugno 1863:
« Gli ordini del Tycoon, ricevuti da Kyoto, sono che i porti debbano essere chiusi e gli stranieri cacciati via, perché il popolo del paese non desidera rapporti con
paesi stranieri. »
(Missive of Ogasawara Dzusho no Kami, 24 giugno, 1863, citata in A Diplomat in Japan, Ernest Satow, p75)
Il tenente colonnello Edward Neale, capo della delegazione britannica, rispose in termini molto forti, equiparando
la mossa a una dichiarazione di guerra:
« Essa è, infatti, una dichiarazione di guerra del Giappone stesso contro tutte le Potenze dei Trattati, le conseguenze della quale, se non si arresterà
immediatamente, dovrò far pagare il fio con le più severe e più meritate punizioni »
(Edward Neale, 24 giugno, 1863. Citato in A Diplomat in Japan, Ernest Satow, p77)
Una seconda ambasciata giapponese in Europa (1863) fu inviata nel dicembre 1863, con la missione di ottenere il
supporto degli Europei per ristabilire la precedente chiusura del Giappone al commercio straniero, e specialmente
per fermare l'accesso degli stranieri al porto di Yokohama. L'ambasciata terminò con un totale fallimento perché le
potenze europee non trovarono alcun vantaggio nell'accettare le sue richieste.
Interventi militari occidentali(1863-1865)
Potenze A seguito dunque delle ostilità la Flotta Imperiale si mise in azione, e nonostante l’inferiorità tecnologica
riuscì a mantenere una buona resistenza, che condusse infine ad una parziale revisione dei trattati (gli occidentali
non ne potevano più della pirateria insistente del Giappone, che ricordiamo aveva il controllo di Mar della Cina e
Indocina e Corea) e il Giappone riacquistò parziale controllo della propria economia estera, ma le influenze
straniere rimasero.
Rinnovamento nel Bakumatsu e modernizzazione
Kanrin Maru, la prima nave da guerra a vapore giapponese mossa a elica (screw-driven), 1855.
Durante gli ultimi anni del bakufu, o bakumatsu, il bakufu intraprese forti misure per tentare di riaffermare il suo
dominio, nonostante il suo coinvolgimento con la modernizzazione e le potenze stranieri lo rendesse un bersaglio
del sentimento anti-occidentale in tutto il paese.
Allievi della marina vennero inviati a studiare in scuole navali occidentali per numerosi anni, iniziando una
tradizione di futuri leader educati all'estero, come l'Ammiraglio Enomoto. L'ingegnere navale francese Léonce
Verny venne assunto per costruire arsenali navali come Yokosuka e Nagasaki. Alla fine dello shogunato
Tokugawa nel 1867, la marina giapponese dello shogun possedeva già otto navi da guerra a vapore di tipo
occidentale intorno alla nave ammiraglia, la nave da battaglia giapponese Kaiyō Maru, che furono usate contro le
forze pro-imperiali durante la Guerra Boshin, sotto il comando dell'Ammiraglio Enomoto. Una missione militare
francese in Giappone(1867) fu inviata per aiutare a modernizzare gli eserciti del bakufu. Il Giappone mandò una
delegazione e partecipò alla Esposizione Universale del 1867 a Parigi.
Tokugawa Yoshinobu, l'ultimo Shogun, in uniforme militare francese, c.1867
Riverendo l'imperatore come simbolo di unità, gli estremisti portarono violenza e morte contro le
autorità Bakufu e Han e contro gli stranieri. Le rappresaglie navali straniere nella Guerra Anglo-Satsuma portarono
ad un altro trattato commerciale che molto concedeva nel 1865, ma Yoshitomi non era in grado di rinforzare i
trattati con gli occidentali. Un esercito del bakufu fu sconfitto quando venne inviato a schiacciare una rivolta
nello han dellaProvincia di Satsuma e nel Dominio Chōshū nel 1866. Infine, nel 1867, l'Imperatore Komei morì, e
gli succedette il secondogenito Mutsuhito.
Keiki divenne con riluttanza capo della casata Tokugawa e shogun a seguito della morte inaspettata di Tokugawa
Iemochi, a metà del 1866. Tentò di riorganizzare il governo sotto l'Imperatore conservando il ruolo di leadership
dello shogun, un sistema conosciuto come kōbu gattai. Temendo il potere crescente dei daimyo di Satsuma e
Chōshū, altri daimyo chiesero il ritorno del potere politico dello shogun all'Imperatore e a un consiglio
di daimyoincaricati dal precedente shogun Tokugawa. Con la minaccia di un'imminente azione militare guidata da
Satsuma-Chōshū, Keiki anticipò le mosse cedendo una parte della sua precedente autorità.
Fine del bakufu
Truppe dello shogun nel 1864. The Illustrated London News.
Truppe del Bakumatsu presso il Mount Fuji nel 1867. Dipinto di Jules Brunet.
Dopo che Keiki abe temporaneamente evitato il conflitto che stava crescendo, le forze ostili allo shogunato
istigarono disordini diffusi nelle strade di Edo usando gruppi di rōnin. Quindi le truppe di Satsuma e Chōshū si
mossero in forze su Kyoto, facendo pressione sulla Corte Imperiale per un editto conclusivo che distruggesse lo
shogunato. A seguito di una conferenza di daimyo, la Corte Imperiale promulgò tale editto, rimuovendo il potere
dello shogunato negli ultimi giorni del 1867. I leader di Satsuma, Chōshū e di altri han e cortigiani radicali, tuttavia,
si ribellarono, assediarono il palazzo imperiale e annunciarono la loro personale restaurazione il 31 gennaio 1868.
Keiki nominalmente accettò il fatto, ritirandosi dalla Corte Imperiale a Osaka e nello stesso tempo dimettendosi da
shogun. Temendo una falsa concessione del potere di shogun per consolidare il suo potere, la disputa continuò
fino a culminare in un confronto militare fra i Tokugawa ed i domini loro alleati e le forze di Satsuma, Tosa e
Chōshū, a Fushimi e Toba (battaglia di Toba Fushimi). Quando la battaglia fu vinta dalle forze ostili allo
shogunato, Keiki lasciò Osaka per Edo, essenzialmente ponendo fine al potere dei Tokugawa e allo shogunato
che aveva governato il Giappone per più di 250 anni.
Dopo la Guerra Boshin (1868–1869), il bakufu fu abolito, e Keiki fu ridotto al rango di un comune daimyo. La
resistenza continuò nel Nord durante il 1868, e la marina del bakufu al comando dell'Ammiraglio Enomoto
Takeaki continuò a resistere per altri sei mesi in Hokkaidō, dove fondarono la Repubblica di Ezo, che ebbe vita
breve. Questa sfida finì con la Battaglia di Hakodate, dopo un mese di combattimenti.
Rinnovamento Meiji
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Il Rinnovamento Meiji, altrimenti detto Rivoluzione o Restaurazione Meiji, fu il radicale cambiamento nella
struttura sociale e politica del Giappone che riconsegnò il potere all'imperatore dopo secoli di dominio
degli shogun.
Ebbe luogo tra il 1866 e il 1869, tra la fine del periodo Edo (anche detto del tardo shogunato Tokugawa) e l'inizio
del periodo Meiji. Il più importante resoconto di prima mano degli eventi del 1862 - 69 redatto da uno straniero è,
probabilmente, quello del diplomatico inglese Sir Ernest Satow.
Storia
La formazione dell'alleanza Satcho nel 1866 tra Saigō Takamori, del feudo di Satsuma, e Kido Kōin, del feudo
di Chōshū, segna l'inizio del rinnovamento Meiji. Questa alleanza si fece sostenitrice della causa imperiale contro
lo shogunato Tokugawa (徳川幕府 Tokugawa bakufu?, 1603-1868), che controllava la politica e l'esercito
giapponese dal 1603.
Il bakufu Tokugawa ebbe ufficialmente fine il 9 novembre 1867, quando il quindicesimo shogun Tokugawa
Yoshinobu "consegnò i propri poteri nelle mani dell'imperatore"[1] e si dimise dalla carica dieci giorni più tardi. Era
l'effettiva restituzione del potere al sovrano, Yoshinobu abbandonò la scena politica, ma le forze fedeli allo
shogunato si rifiutarono di cedere le armi.
Poco dopo, nel gennaio 1868, cominciò la guerra Boshin (Guerra dell'anno del drago) con la battaglia di TobaFushimi, alla periferia di Kyoto, in cui l'esercito comandato dai signori di Chōshū e Satsuma sconfisse quello delle
forze lealiste dello shogunato. Queste ultime subirono una serie di altre sconfitte, sia in battaglie campali che
navali. Quanto restava delle forze dello shogun si ritirò verso la fine del 1868 in Hokkaidō, al comando del
comandante della marina militare Enomoto Takeaki, che fondò la repubblica di Ezo. Il nuovo stato ebbe vita breve:
nel maggio 1869, con la battaglia di Hakodate, le truppe dello shogunato furono assediate nella loro roccaforte e
dovettero capitolare.
La resa rappresentò la fine dello shogunato e del suo regime feudale. Il 3 gennaio del 1869, dopo la fuga in
Hokkaido delle truppe dello shogunato, l'Imperatore Mutsuhito proclamò ufficialmente la restaurazione del potere
imperiale con il seguente comunicato:
« L'imperatore del Giappone annuncia ai sovrani di tutti i paesi esteri ed ai loro sudditi di aver concesso allo shogun Tokugawa Yoshinobu di rimettere il potere
di governo come da sua richiesta. Da questo momento eserciteremo la suprema autorità in tutti gli affari interni ed esterni del paese. Di conseguenza il titolo di
imperatore deve sostituire quello di Taikun, con il quale erano stati conclusi i trattati. Stiamo per nominare gli incaricati a condurre gli affari esteri. È auspicabile
che i rappresentanti delle potenze che hanno siglato i trattati avallino questa dichiarazione. »
(January 3, 1869
Mutsuhito[2])
I capi del rinnovamento Meiji dichiaravano di aver agito soltanto nell'interesse del potere imperiale. Questo non era
del tutto vero. Il potere passò dallo shogunato Tokugawa a una nuova oligarchia formata da nobili della corte
imperiale e da esponenti dei feudi che avevano sostenuto il rinnovamento, in particolare provenienti da Satsuma
(Ōkubo Toshimichi e Saigō Takamori) e di Chōshū (Hirobumi Ito, Aritomo Yamagata, e Kido Kōin), ma anche da
Hizen e da Tosa; gli uomini appartenenti a questa ristretta cerchia, successivamente ribattezzati con il
termine genrō, pur mirando all'emancipazione del Giappone dalle potenze occidentali, si fecero promotori di un
processo di riforma ispirato proprio ai sistemi statuali occidentali che, soprattutto grazie all'apporto di Hirobumi Ito,
culminò con l'adozione della Costituzione Meiji, la prima costituzione intesa in senso moderno in Asia.
Ma cosa avviene, in sostanza? L’Imperatore inizia ad utilizzare il tesoro dello stato per finanziare la costruzione di
infustrie e la modernizzazione del Giappone, vengono chiamati ingegneri, tecnici navali, esperti militari dalle
nazioni occidentali ed insegnanti, inoltre vengono attirati gli imprenditori esteri con una serie di agevolazioni.
Dopo che tutti questi investimenti diretti dall’alto hanno avuto i loro frutti, le imprese vengono rivendute alla
borghesia a prezzi bassissimi, questi quindi si ritrovano nelle mani un fiorente sistema economico e sono
incoraggiati ad investire e compenetrarsi, in questo modo la borghesia giapponese, che fino ad allora aveva
ricavato solo nei commerci coloniali, inizia a diventare attiva anche nell’entroterra, inoltre ai vari borghesi vengono
concessi titoli nobiliari nella gestione delle colonie, nella gestione dei commerci, come una sorta di “premio” per la
loro abilità (ricordiamo che commercio coloniale, controllo coloniale e controllo statale si compenetravano) e la
borghesia diventa quindi uno strumento dello stato e come tale diventa “nobile”. Dall’altro lato i nobili, che si
ritrovano privati dei loro possedimenti terrieri, vengono ricompensati in denaro e poi incoraggiati a loro volta ad
investire, oppure direttamente con azioni ed imprese, in questo modo la nobiltà giapponese non decade ma anzi si
crea una mutua simbiosi fra borghesia e nobiltà, al punto che la borghesia più alta diventa nobile, e la nobiltà è
incoraggiata ad investire, e i nobili padroni terrieri di un tempo diventano i nobili padroni di aziende di ora.
L’esercito viene nazionalizzato e addestrato da ufficiali occidentali, e fornito delle più moderne tecnologie, nasce
una flotta modernizzata ed efficiente, vengono prodotte armi pesanti e l’esercito prosegue nell’addestramento che
dovrebbe sfociare nell’espansione dato che questa nuova borghesia, ancor più affamata di mercati, ha bisogno di
espansione del mercato interno, e di colonie a cui imporre tassi a loro comodi.
•
1871
•
abolizione del sistema han, con cui viene eradicato il sistema feudale che ruotava attorno alle antiche province e vengono
istituite le prefetture.
•
partenza della missione Iwakura (23 dicembre), con la quale il Giappone ridefinisce i trattati ineguali che i Tokugawa erano
stati costretti a siglare con le potenze occidentali e che dà il via al processo di modernizzazione del Paese.
•
il sovrano Shō Tai del Regno delle Ryukyu, tributario di Cina e del Dominio di Satsuma, viene nominato re del Dominio
delle Ryukyu dall'imperatore Meiji. In questo modo, il regno passa dalla giurisdizione di Satsuma a quella centrale della capitale Edo.
•
1875
•
Russia e Giappone firmano il Trattato di San Pietroburgo (7 maggio), con il quale alla Russia viene riconosciuta
la sovranità sull'isola di Sakhalin e al Giappone sulle isole Kurili.
•
1879
•
viene ufficialmente annesso al Giappone il Regno delle Ryukyu, che diventa la Prefettura di Okinawa, e così di seguito tutte
le varie colonie vengono annesse, con una divisione in “Provincia metropolitana” ovvero la zona parte integrante del sistema delle
prefetture e “miles giapponese” e le semplici “colonie” che non hanno diritto di rappresentazione ma vengono gestite dalla borghesia
mercantile, appoggiata dalla flotta.
•
1889
•
con l'entrata in vigore della cosiddetta Costituzione Meiji, l'impero diventa una monarchia costituzionale (29 novembre).
Prima guerra sino-giapponese
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La prima guerra sino-giapponese (cinese tradizionale: 中日甲午戰爭, pinyin: Zhōngrì Jiǎwǔ
Zhànzhēng; giapponese:日清戦争, Nisshin Sensou) (1º agosto 1894 - 17 aprile 1895) venne combattuta tra
la dinastia Qing cinese e l'Impero Giapponese del periodo Meiji per il controllo della Manciuria. La guerra sinogiapponese sarebbe diventata il simbolo della degenerazione e indebolimento della dinastia Qing e la
dimostrazione del successo dell'occidentalizzazione e modernizzazione del Giappone ad opera del Rinnovamento
Meiji rispetto all'Autorafforzamento cinese. La principale conseguenza fu lo spostamento del dominio regionale in
Asia dalla Cina al Giappone e in una perdita di legittimità, sia della dinastia Qing, sia della tradizione cinese
classica. Ciò avrebbe portato più tardi alla rivoluzione del 1911.
Antefatti e cause
Il Giappone temeva l'espansionismo dell'Impero Russo nella Cina settentrionale e in Manciuria, ed era alla ricerca
di conquiste all'estero nel tentativo di emulare le politiche imperialiste praticate dai suoi mentori occidentali. La
locazione strategica della Corea di fronte alle isole giapponesi e le sue risorse naturali (carbone e minerali ferrosi)
erano attraenti anche per gli interessi economici del Giappone. Nel 1875 il Giappone impose alla Cina il trattato di
Ganghwa, forzandola ad aprirsi al commercio giapponese e a concedere privilegi commerciali in Manciuria.
L'opinione pubblica in Manciuria era divisa tra i conservatori che volevano mantenere la tradizionale relazione
subordinata con la Cina, mentre i riformisti volevano stabilire legami più stretti con il Giappone e le nazioni
occidentali e modernizzarsi. Comunque la Cina continuò a esercitare la sua influenza sugli ufficiali governativi
raccolti intorno alla famiglia reale.
Nel 1884 un gruppo di riformatori filogiapponesi tentò di rovesciare il governo Cinese, ma le truppe cinesi al
comando del generale Yüan Shih-k'ai salvarono l'imperatore, uccidendo nell'azione numerose guardie della
delegazione giapponese. La guerra venne evitata di stretta misura e Cina e Giappone firmarono la convenzione di
Tientsin del 1885, in cui le due parti si accordavano che avrebbero:
•
ritirato le loro forze di spedizione fuori dalla Manciuria simultaneamente
•
non avrebbero inviato istruttori militari per l'addestramento dell'esercito coreano
•
avrebbero notificato all'altra parte se una delle due avesse deciso di inviare truppe in Manciuria.
Stato dei combattenti
Giappone
L'incrociatore giapponeseMatsushima, ammiraglia della Marina Imperiale Giapponese durante il conflitto.
Le riforme del governo Meiji giapponese avevano dato una significativa priorità alle costruzioni navali e alla
creazione di un efficace esercito e marina militare. Il Giappone inviò numerosi ufficiali militari all'estero per
addestrarsi e per valutare le relative forze e tattiche degli eserciti e marine europee. Inoltre il governo si fece
assistere da consiglieri militari francesi e tedeschi per la creazione dell'Esercito Imperiale Giapponese e
consiglieri britannici e statunitensiper la creazione della Marina Imperiale Giapponese.
Molte delle navi da guerra più nuove del Giappone furono costruite in cantieri britannici, francesi e tedeschi.
All'inizio della guerra il Giappone poteva schierare una forza totale di 120.000 uomini in due eserciti e una flotta
che comprendeva 12 moderni incrociatori protetti sebbene mancasse di navi da battaglia. In generale il potere
militare giapponese era sulla carta inferiore a quello cinese, ma le sue forze erano più preparate e disponevano di
un morale migliore.
Cina
L'esercito della dinastia Qing seguiva le politiche tradizionali, affidandosi alla forza dei numeri. La Cina non
possedeva un esercito o una marina nazionale, ma in seguito alla ribellione Taiping era stato diviso in
armate Manciù, Mongole, Musulmane e Cinesi Han separate, ulteriormente suddivise in comandi regionali
praticamente indipendenti. Durante la guerra la maggior parte dei combattimenti impegnò l'Esercito Beiyang e
la Marina Beiyang mentre le richieste di aiuto ad altri eserciti e marine cinesi furono completamente ignorate a
causa di rivalità regionali.
Sebbene il Beiyang (o "Peiyang" come veniva comunemente reso nelle prime translitterazioni dal cinese) fosse
l'esercito meglio equipaggiato ed era considerato come un simbolo, la corruzione e il morale erano problemi seri; i
politici erano soliti appropriarsi dei fondi, anche durante i periodi di guerra. I problemi logistici erano enormi, dato
che la costruzione di ferrovie in Manciuria era stata scoraggiata. Il morale degli eserciti cinesi era generalmente
molto basso a causa di paghe scarse e basso prestigio, l'uso dell'oppio e cattivi leader contribuirono a ritirate
vergognose, come l'abbandono di Weihaiwei, molto ben fortificata e difendibile.
Prime fasi della guerra
Nel 1893 venne assassinato (probabilmente da agenti di Yuan Shikai) a Shanghai un rivoluzionario Manciù progiapponese. Il suo corpo venne imbarcato su una nave da guerra cinese e rimandato in Manciuria, dove venne
squartato ed esposto come monito per altri ribelli. Il governo giapponese lo prese come un affronto diretto e la
situazione divenne ancora più tesa quando il governo cinese, inviò delle truppe per sopprimere una rivolta
contadina. In ottemperanza alla convenzione di Tientsin il governo cinese informò il governo giapponese della sua
decisione di inviare le truppe e inviò il generale Yuan Shikai come suo plenipotenziario alla testa di 2.800 uomini.
Il governo giapponese contestò questa azione come violazione della Convenzione e inviò una propria forza di
spedizione (la Brigata Composita Oshima) di 8.000 uomini. L'8 giugno la forza giapponese occupò il capoluogo
rimpiazzando il governo esistente con membri della fazione pro-giapponese. Il nuovo governo Manciù conferì
quindi al Giappone il diritto di espellere le truppe cinesi ma la Cina rifiutò di riconoscere la legittimità del nuovo
governo.
La guerra
La guerra venne dichiarata ufficialmente il 1º agosto 1894, sebbene si fossero già verificati alcuni combattimenti.
L'Esercito Imperiale Giapponese sconfisse il male equipaggiato Esercito Beiyang nella battaglia di Pyongyang del
15 settembre 1894 e si spinse rapidamente a nord nella Manciuria. Il 17 settembre 1894 la Marina Imperiale
Giapponese distrusse 8 su 12 delle navi da guerra della Marina Beiyang al largo della foce dello Yalu. La flotta
cinese si ritirò quindi dietro le fortificazioni di Weihaiwei. Comunque furono prese di sorpresa dalle truppe di terra
giapponesi che aggirarono le difese del porto.
Il 21 novembre 1894 i giapponesi occuparono la città di Lüshunkou (che più tardi divenne nota come Port Arthur).
L'esercito giapponese è stato accusato di aver massacrato migliaia di civili cinesi (da alcune stime circa 20,000) in
quello che viene chiamato Massacro di Porth Arthur.
Il 2 febbraio, dopo la caduta di Weihaiwei e il miglioramento delle dure condizioni invernali le truppe giapponesi si
spinsero ulteriormente nella Manciuria meridionale e nella Cina settentrionale. Per il marzo 1895 i giapponesi
avevano il controllo di posizioni fortificate che controllavano l'accesso a Pechino dal mare.
Fine della guerra
La Cina sconfitta firmò il Trattato di Shimonoseki il 17 aprile 1895. Il trattato concedeva l'indipendenza totale alla
Manciuria e cedeva la Penisola di Liaodong nella provincia meridionale di Fengtian, Taiwan e le isole
Pescadores al Giappone "in perpetuo". Inoltre la Cina avrebbe dovuto pagare al Giappone, come riparazione di
guerra, 200 milioni kuping tael (pari circa al prezzo di acquisto delle navi da battaglia britanniche o tedesche),
firmare un contratto commerciale che permetteva alle navi giapponesi di operare sul fiume Chang Jiang, di gestire
fabbriche produttive nei porti del trattato e di aprire altri quattro porti al commercio con l'estero.
Questo trattato simboleggia il sorgere dell'imperialismo giapponese. La vittoria dimostrò che il Giappone era quasi
alla pari con le potenze occidentali e che era il potere dominante in Asia. Il suo rapido sviluppo politico, industriale
e la sua rapida espansione economica sono spesso confrontati con quelli della Germania, che era stata unificata
all'incirca contemporaneamente alla rivoluzione politica del Giappone negli anni sessanta del XIX secolo.
Conseguenze della guerra
Con la conclusione del Trattato di Shimonoseki il Giappone si aspettava di essere riconosciuto come primo potere
imperialista dell'Asia e come pari delle nazioni dell'Occidente. Comunque la vittoria del Giappone incoraggiò le
richieste imperialistiche sulla dinastia Qing da parte di altre potenze occidentali. Russia, Francia e Germania si
unirono nel Triplice Intervento per impedire l'insediamento territoriale giapponese in Manciuria e quindi si divisero
tra di esse il territorio. La Russia occupò quasi immediatamente l'intera Penisola di Liaodong e fortificò
specialmente Port Arthur. La Francia e la Germania ottennero anch'esse porti e concessioni
commerciali. Tsingtao nella provincia di Shandong venne acquisita dalla Germania e Weihaiwei dal Regno Unito.
Il Triplice intervento fece infuriare il Giappone, piantando i semi della Guerra russo-giapponese del 1904-05. La
relativa facilità della vittoria giapponese sulla Cina incoraggiò ulteriori acquisizioni giapponesi nel territorio cinese.
La sconfitta della Cina e i termini del trattato di Shimonoseki fecero infuriare la nobiltà e gli studenti cinesi e
intensificare le pressioni per una modernizzazione più radicale. La sconfitta per mano del Giappone fu
particolarmente umiliante, perché questa era considerata una nazione tradizionalmente tributaria della Cina. La
frustrazione tra la nobiltà cinese per la sconfitta portò all'abortitariforma dei cento giorni. Poco dopo la guerra Sun
Yat-sen fondò il movimento rivoluzionario repubblicano che nel futuro sarebbe diventato il partito politico
del Kuomintang.
La guerra causò anche un fondamentale riorientamento della politica estera russa dall'Europa all'Asia. Il governo
russo concluse che il Giappone costituiva una minaccia importante alle sue frontiere siberiana, debolmente difesa.
Pertanto accelerò rapidamente i piani per la colonizzazione russa della Manciuria, prendendo l'estrema decisione
di far passare la Ferrovia Transiberiana in linea retta, attraverso la Manciuria settentrionale, per accorciare la
distanza tra il Lago Baikal e Vladivostok. Quando la ribellione dei Boxer del 1900 danneggiò pesantemente la
ferrovia, la Russia rispose inviando in sua difesa, oltre 100.000 soldati per occupare tutta la Manciuria. I
Giapponesi poterono interpretare quest'enorme sforzo e impegno militare in un unico modo: la Russia intendeva
rimanere definitivamente nel territorio. Le ambizioni russe e giapponesi sulla Manciuria e sulla Corea portarono
alla guerra russo-giapponese, che si risolse in un'umiliazione per la Russia, dato che per la prima volta una
potenza europea veniva sconfitta da una asiatica. L'intera potente flotta russa (comparabile a quelle statunitense,
italiana e francese, sebbene inferiore a quelle britannica e tedesca) venne annichilita dalla Marina Imperiale
Giapponese.
Invasione giapponese della Cina del Nord
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Invasione giapponese del Nord della Cina
parte della Seconda guerra sino-giapponese
Truppe giapponesi entrano a Mukden
Data
Luogo
Esito
19 settembre 1931 - 27 febbraio1932
Manciuria
Vittoria giapponese
Tregua tra Cina e Giappone
Modifiche territoriali
Il Giappone occupa la Cina del Nord
Schieramenti
Impero del Giappone
Repubblica di Cina
Comandanti
Shigeru Honjō
Chang Hsüeh-liang
Jirō Minami
Ma Zhanshan
Senjuro Hayashi
Feng Zhanhai
Ting Chao
Effettivi
30 000 - 66 000 uomini
160 000 uomini
Perdite
???
???
Voci di operazioni militari presenti su Wikipedia
L'invasione giapponese della Cina del Nord fu un'invasione terrestre della regione cinese della Cina, da parte
dell'Armata del Kwantung dell'Esercito imperiale giapponese. L'attacco cominciò il 19 settembre 1931, portando in
pochi giorni all'occupazione dell'intera regione. La crisi sino-giapponese si arrestò ufficialmente il 27
febbraio 1932, quando i giapponesi instaurarono il governo fantoccio del Manciukuò (comprendente Manciuria e
Nord della Cina e governato da Pu-Yi) e firmarono una tregua con il governo cinese, destinata a non durare a
lungo.
Durante l'invasione non vi furono scontri rilevanti tra i due eserciti e l'occupazione della Cina del Nord ebbe più
che altro una rilevanza a livello politico.
Antefatti
Voce principale: Incidente di Mukden.
Invasione e questioni diplomatiche
Attacco
Il 18 settembre 1931, i giapponesi lanciarono l'offensiva dalla Manciuria e, in pochi giorni, occuparono i punti
strategici della Cina settentrionale. Sin dall'inizio il Ministro degli Stati Uniti in Cina, Johnson, riportò al Segretario
di Stato Stimson, in un telegramma del 22 settembre, che nella sua opinione l'invasione era "un atto d'aggressione
del Giappone", apparentemente pre-pianificata, attentamente e sistematicamente portata a termine. Johnson non
trovò inoltre alcuna prova che si trattasse di un incidente o il risultato di un errore umano giapponese. Egli era
convinto che l'operazione militare giapponese in Cina "deve rientrare nella definizione di guerra" e che questo atto
d'aggressione è stato portato a termine deliberatamente con un "cinico e totale disprezzo" degli obblighi
giapponesi a rispettare ilPatto Briand-Kellogg, firmato il 27 agosto 1928, riguardante la rinuncia alla guerra come
strumento della propria politica nazionale.[1]
Il 22 settembre il Segretario Stimson informò l'Ambasciatore giapponese Debuchi che la responsabilità del corso
degli eventi e della risoluzione della questione in Manciuria ricadeva sul Giappone, "per la semplice ragione che le
forze armate giapponesi hanno occupato ed esercitano, di fatto, il controllo sulla Cina settentrionale".[1]
Nel frattempo, anche la Società delle Nazioni deliberò sulla situazione della Cina. Stimson chiese al
rappresentante degli Stati Uniti alla Società di informare il Segretario della Società stessa, in un comunicato del 5
ottobre 1931, che egli desidererebbe che la Società delle Nazioni continuasse, cercando di non fallire, ad usare la
sua pressione ed autorità per regolare le azioni di Cina e Giappone. Il Segretario Stimson affermò in seguito che il
suo governo, agendo indipendentemente, si sarebbe "impegnato a supportare ciò che la Società avrebbe fatto" e
rese evidente il suo interesse riguardo alla questione e alla sua consapevolezza degli obblighi dei disputanti verso
il Patto Kellogg-Briand e verso il Trattato delle Nove Potenze, affermando che "dovrebbe essere sorto un
momento in cui sembrerebbe consigliabile portare avanti tali obblighi."[1]
Il governo degli Stati Uniti, in una nota del 20 ottobre 1931 diretta a Cina e Giappone, richiamò l'attenzione verso i
loro obblighi come firmatari del Patto Kellogg-Briand. Gli Stati Uniti espressero la speranza che le nazioni non si
astenessero dal prendere misure che porterebbero ad un metodo pacifico per risolvere la loro controversia, "in
accordo con le loro promesse e tenendo conto delle aspettative dell'opinione pubblica di tutto il mondo."[1]
Politica del non riconoscimento
Il governo giapponese espresse il desidero di mantenere dei rapporti amichevoli con la Cina e si rifiutò di
confermare di avere progetti territoriali lì. Tuttavia, le operazioni militari continuarono e, entro la fine del 1931, il
Giappone aveva soppresso ogni autorità amministrativa del governo cinese nel Nord. Il 7 gennaio 1932, il governo
degli Stati Uniti informò i governi giapponese e cinese che l'America non ammetterà alcuna situazione e non
avrebbe riconosciuto alcun trattato o accordo tra i due governi che intendesse destabilizzare i trattati con gli Stati
Uniti stessi, o i diritti concessi ai cittadini americani in Cina. Inoltre gli Stati Uniti affermarono che non avrebbero
riconosciuto "ogni situazione, trattato o accordo" in contrasto con quanto stabilito dagli obblighi del Patto KelloggBriand. Come conseguenza di ciò, l'America non riconobbe mai lo stato fantoccio del Manciukuò.[1]
Dopo gli scontri tra il Giappone e la Cina, durante la guerra di Shangai del 1932, il governo giapponese chiese agli
Stati Uniti di fare pressione per fermare le ostilità. A questo punto gli Stati Uniti ufficializzarono una proposta il 2
febbraio, contenente i seguenti punti:[1]
1. cessazione di ogni atto di violenza da entrambe le parti;
2. nessuna ulteriore preparazione ad eventuali ostilità;
3. ritiro di ogni combattente, giapponese e cinese, dall'area di Shangai;
4. protezione dell'Insediamento Internazionale a Shangai con la creazione di un insediamento neutrale;
e dopo aver accettato quanto detto,
5. instaurare una negoziazione per risolvere ogni controversia tra Cina e Giappone, anche con l'aiuto di
osservatori e partecipanti neutrali.
La stessa proposta fu fatta ai due paesi dai governi del Regno Unito, della Francia e dell'Italia. Il governo cinese
accettò ogni punto della proposta statunitense mentre i giapponesi, che accettavano solo alcuni dei punti,
rigettarono i punti 2 e 5, impedendo così ai negoziati di andare a buon fine.[1]
Nel febbraio 1932, Stimson propose al governo britannico di unirsi agli Stati Uniti nel tentativo di risolvere la
situazione, invocando assieme i dettami del Trattato delle Nove Potenze e del Patto Kellogg-Briand e facendo così
intendere che i due governi non avrebbero accettato nessuna conseguenza della violazione di questi due trattati. Il
governo britannico non adottò direttamente la richiesta americana. In seguito però ottenne l'approvazione unanime
dalla Società delle Nazioni di una risoluzione da esso proposta. La risoluzione, dell'11 marzo 1932, affermava in
parte che: "è necessario che i membri della Società delle Nazioni non riconoscano alcuna situazione, trattato o
accordo realizzati con mezzi contrari a quanto stabilito dalla stessa Società delle Nazioni o dal Patto KelloggBriand."[1]
Conseguenze
La situazione in Manciuria rimase di fatto invariata fino alla conclusione della seconda guerra mondiale. Il
Giappone nel 1932 uscì dalla Società delle Nazioni e fondò lo stato fantoccio delManciukuò. La crisi tra Cina e
Giappone non fu quindi risolta dalle potenze mondiali ma rimase congelata fino all'incidente del ponte di Marco
Polo, nel 1937.
•
•
•
Tsuyoshi Inukai viene nominato primo ministro (13 dicembre) e incrementa i fondi per le operazioni militari in Cina.
1932
•
dopo un attacco ad un gruppo di monaci giapponesi a Shanghai (18 gennaio), le forze giapponesi occupano la città (29
gennaio).
•
i giapponesi creano in Manciuria lo Stato fantoccio di Manchukuo (18 febbraio) e pongono a capo dello Stato l'ex
imperatore cinese Pu Yi (1º marzo). Nel 1934, Pu Yi sarebbe stato nominato imperatore del Manchukuo.
•
•
•
Inukai viene assassinato durante un tentativo di colpo di stato e Makoto Saito viene nominato primo ministro (15 maggio).
•
il Giappone viene sospeso dalla Lega delle Nazioni (7 dicembre).
1933
•
il Giappone abbandona la Lega delle Nazioni (27 marzo).
1934
•
•
•
Keisuke Okada viene nominato primo ministro (8 luglio).
•
il Giappone si ritira dal Trattato navale di Washington (29 dicembre).
1936
•
tentativo di colpo di stato (incidente del 26 febbraio).
•
Koki Hirota viene nominato primo ministro (9 marzo).
•
il Giappone firma il primo patto di alleanza con la Germania nazista (25 novembre).
•
forze giapponesi occupano Tsingtao (3 dicembre). Viene creato lo Stato fantoccio di Mengchiang nella Mongolia Interna.
1937
•
Senjuro Hayashi viene nominato primo ministro (2 febbraio).
•
il principe Fumimaro Konoe viene nominato primo ministro (4 giugno).
•
incidente del ponte di Marco Polo (7 luglio).
Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale
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Poster del Manchukuo per la promozione dell'armonia tra i popoli giapponese, cinese e manciù. La didascalia, scritta da destra a sinistra, dice: con l'aiuto del
Giappone, della Cina e della Manciuria il mondo può essere in pace
Francobollo giapponese da 10 sen con una cartina approssimativa dell'Asia orientale. Al margine superiore, al centro, il sigillo imperiale giapponese
La Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale fu un ambizioso progetto dell'impero giapponese di
creare, durante gli anni quaranta del XX secolo, un'unione economica e politica con tutti i paesi compresi nell'area
dell'oceano Pacifico, dell'Asia centrale e dell'oceano Indiano.
Visione strategica
Il concetto nacque dopo l’occupazione della cina del Nord e la creazione del Manchunkuo, lo stato fantoccio
governato da Pu Yi. A seguito di questa occupazione infatti il Giappone, paese tradizionalmente considerato un
vassallo della Cina, l’aveva non solo invasa ma ora aveva l’Imperatore come suo vassallo in uno stato fantoccio,
fu così che in Giappone si diffuse la credenza che il Mandato Celeste (ciò che dona potere agli Imperatori della
Cina) fosse passato ora all’Imperatore del Giappone, non era del resto la prima volta che il Mandato sceglieva
degli invasori per governare il Celeste Impero (Yuan e Manciù, fino a prova contraria, non erano Han).
L'impero giapponese avrebbe svolto il ruolo di leader dell'Unione dell'Asia orientale, fungendo da forza
stabilizzatrice ed esercitando un'influenza dominante. Più precisamente la Grande area di prosperità dell'Asia
orientale doveva essere suddivisa in:
•
Sfera Interna. Doveva costituire la sfera vitale dell'impero, e comprendere Giappone, Manciuria, Cina
settentrionale, area del basso Yangtze, area Marittima della Russia.
•
Piccola Sfera di Coprosperità. Costituiva la piccola Sfera autosufficiente dell'Asia orientale e doveva
comprendere la Sfera interna più la Siberiaorientale, la Cina, l'Indocina, il Pacifico meridionale.
•
Grande Sfera di Coprosperità. Definiva la maggiore Sfera autosufficiente dell'Asia orientale e doveva
comprendere la piccola sfera di coprosperità oltre all'Australia, all'India ed ai gruppi di isole del Pacifico.
Nei primi anni di guerra, era obiettivo dei giapponesi mirare alla costruzione della piccola sfera di coprosperità per
stabilizzare la difesa nazionale. Per realizzare l'unificazione di Giappone, Manchukuo e Cina si sarebbero dovuti
ricomporre i problemi cino-giapponesi attraverso la frantumazione delle forze ostili all'interno della Cina, mentre
l'area indocinese e del Pacifico meridionale dovevano essere liberate dalle influenze inglesi ed americane, per far
ricadere tali aree nella sfera difensiva giapponese. Si prospettava anche una guerra con l'Unione Sovietica, per
annientare l'influenza russa in Asia e strappare al regime sovietico la Siberia orientale. Tale guerra, se necessario,
sarebbe dovuta scoppiare mentre si provvedeva alla risoluzione del problema cino-giapponese e meridionale,
ossia durante lo svolgimento della seconda guerra mondiale. In un periodo successivo, si sarebbe dovuta ottenere
l'indipendenza di Australia, India e delle varie isole del Pacifico, mentre a settentrione si sarebbe favorita la
costruzione di un grande stato mongolo, unificando Mongolia e Mengjiang. Si prevedeva che la costruzione della
piccola sfera di coprosperità avrebbe richiesto, a partire dal 1942, 20 anni. Per far fronte alle esigenze industriali in
particolare, si prevedeva un grande sviluppo industriale dell'Asia orientale. Complessivamente, l'impero
giapponese riteneva di poter arrivare alla costruzione della grande area di prosperità dell'Asia orientale nel giro di
un ventennio, ma sarebbe stata necessaria un'altra grande guerra, oltre il secondo conflitto mondiale.
Curiosamente, la lingua usata nei colloqui era l'inglese.[1]
La conferenza della Grande Asia orientale
La Conferenza della Grande Asia orientale (大東亜会議 Da dong ya hui yi Kaigi?) si tenne a Tokyo tra il 5 e il 6
novembre 1943: il Giappone ospitò i capi di stato di varie nazioni appartenenti alla Sfera di co-prosperità. La
conferenza venne anche denominata semplicemente Conferenza di Tokyo.
Durante la conferenza vennero affrontati pochi problemi di rilevanza pratica; l'iniziativa fu piuttosto rivolta, da parte
dell'Impero del Giappone, ad illustrare alle nazioni amiche il proprio impegno per il pan-asianismo e ad enfatizzare
il ruolo giapponese nella liberazione dell'Asia dal colonialismo delle potenze occidentali.
Conferenza della Grande Asia orientale, novembre 1943; partecipanti (da sinistra a destra): Ba Maw, Zhang Jinghui, Wang Jingwei, Hideki Tojo, Wan
Waithayakon, José P. Laurel, Subhas Chandra Bose
Alla conferenza parteciparono:
•
Hideki Tojo, Primo Ministro del Giappone;
•
Zhang Jinghui, Primo Ministro del Manchukuo;
•
Wang Jingwei, Presidente della Repubblica di Nanchino;
•
Ba Maw, Capo dello Stato di Burma (Birmania occupata);
•
Subhas Chandra Bose, Capo di stato del Governo provvisorio dell'India Libera;
•
José P. Laurel, Presidente della Seconda Repubblica delle Filippine;
•
il Principe Wan Waithayakon, inviato del Regno di Thailandia.
Nel proprio discorso discorso Hideki Tojo enfatizzò l'essenza spirituale della cultura asiatica, contrapponendola
alla civilizzazione materialistica propria dell'occidente.[2] L'incontro fu caratterizzato dallo slancio verso la
solidarietà tra i partecipanti e dalla comune condanna del colonialismo, ma non vennero sviluppati piani precisi per
mettere in atto uno sviluppo economico comune o una reciproca integrazione.[3]
La conferenza adottò una dichiarazione congiunta promuovendo la cooperazione politica ed economica tra le
nazioni partecipanti e lo sforzo comune contro gli Alleati.[4]
Realizzazione e sviluppi successivi
La massima espansione della Sfera di Coprosperità
Durante la guerra, il Giappone riuscì ad occupare i seguenti territori, che avrebbero dovuto costituire il nucleo della
cerchia interna di coprosperità:
•
Manciuria
•
Vietnam
•
Filippine
•
Birmania
•
Indonesia
•
Nuova Guinea
•
Nahamalaya
Seconda guerra sino-giapponese
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Seconda guerra sino-giapponese
Territorio cinese controllato dal Giappone nel 1940
Data
7 luglio 1937 - 2 settembre 1945
Luogo
Cina
Casus
belli
Incidente del ponte di Marco Polo
Esito
Modifiche
territoriali
Vittoria cinese, resa incondizionata giapponese
Perdita giapponese della Manciuria, delle
isole Pescadores e di Taiwan
Schieramenti
Repubblica di Cina1
Impero giapponese
Unione sovietica
Manciukuo
Mengjiang
Repubblica di Nanchino
Comandanti
Chiang Kai-shek
Hirohito
Yan Xishan,
Hideki Tojo
Feng Yuxiang
Hajime Sugiyama
He Yingqin
Kotohito Kan'in
Zhu De
Yoshijiro Umezu
Peng Dehuai
Iwane Matsui
Mao Zedong
Shunroku Hata
Toshizo Nishio
Yasuji Okamura
Effettivi
5.600.000 Cinesi (incluse le
4.100.000
truppe sotto il controllo
Giapponesi[3](inclusi 900.000
delPartito Comunista
collaborazionisti cinesi[4])
Cinese)
900 aerei statunitensi
(1945)[1]
3.665 consiglieri e piloti
sovietici[2]
Perdite
3.200.000 militari (inclusi
2.100.000 militari (stima)
feriti, uccisi e dispersi)[5],
17.530.000 civili
1
Chiang Kai-shek guidò un fronte unito cinese che
comprendeva nazionalisti, comunisti e signori della guerraregionali.
La seconda guerra sino-giapponese (7 luglio 1937 - 2 settembre 1945) fu il maggiore conflitto mai avvenuto tra
la Repubblica di Cina e l'Impero giapponese. Combattuta prima e durante la seconda guerra mondiale terminò con
la resa incondizionata della Cina il 2 settembre 1945. La seconda guerra sino-giapponese fu il più grande conflitto
asiatico del XX secolo.[6]
L'invasione della Cina costituiva parte del progetto strategico complessivo giapponese per assumere il controllo
dell'Asia. Le prime avvisaglie di questo piano sono comunemente conosciute come "incidenti cinesi", fatti che la
propaganda giapponese attribuì alla Cina in modo da legittimare le successive invasioni. L'incidente di
Mukden nel 1931 fu il casus belli dell'occupazione della Manciuria e della Cina del Nord da parte del Giappone
mentre l'incidente del ponte di Marco Polo segnò l'inizio dello scontro totale tra i due stati. La Cina non dichiarò
ufficialmente guerra al Giappone fino al dicembre 1941, per timore di alienarsi gli aiuti delle potenze occidentali;
una volta che il Giappone fu entrato in guerra contro gli Alleati, la Cina fu sciolta da questo vincolo e poté
dichiarare apertamente guerra alle Potenze dell'Asse.[7]
La Cina combatté praticamente da sola, con il solo ausilio dell’URSS che fornì materiali, uomini e servizi
addestrativi alle forze comandate da Chiang Kai-shek. Dopo la resa della Cina, nazionalisti e comunisti cinesi
tornarono a scontrarsi per il controllo del Paese, avviando così l'ultima fase della guerra civile cinese.
Terminologia[modifica | modifica sorgente]
In cinese questa guerra è nota principalmente come guerra di resistenza contro il Giappone (抗日戰爭
抗日战争, Kàng Rì Zhànzhēng) ma è anche conosciuta con il nome di guerra degli otto anni di
resistenza (八年抗戰 八年抗战) o semplicemente guerra di resistenza (抗戰). In Giappone è usato il termine guerra
sino-giapponese (日中戦争, Nicchū Sensō) in quanto ritenuto maggiormente neutrale.
Quando la guerra ebbe inizio nel luglio 1937 nei pressi di Pechino il governo del Giappone usò il termine incidente
della Cina del Nord (北支事変, Hokushi Jihen) e con il suo estendersi ai dintorni di Shanghai, nei mesi successivi,
mutò la denominazione in incidente cinese (支那事変, Shina Jihen).
La parola incidente (事変, jihen) fu scelta dal Giappone in quanto nessuno dei due stati aveva dichiarato guerra
all'altro. Il Giappone voleva evitare l'intervento di altri stati come gli USA o la Gran Bretagna mentre la Cina
sperava di evitare l'embargo sulle forniture militari da parte degli USA che il presidente Roosevelt avrebbe voluto
imporre in base all'Atto di neutralità.
Quando, nel dicembre 1941, i due contendenti si dichiarono formalmente lo stato di guerra il Giappone utilizzò il
termine grande guerra asiatica del Pacifico (大東亜戦争, Daitōa Sensō). Malgrado ciò il governo giapponese
continuò ad usare incidente cinese nei documenti ufficiali mentre i media giapponesi parafrasarono spesso la
versione ufficiale in incidente Giappone-Cina(日華事変, Nikka Jihen, 日支事変,Nisshi Jihen) forma già usata nei
giornali durante gli anni trenta.
La definizione seconda guerra sino-giapponese non è mai stata utilizzata in Giappone in quanto la Prima guerra
sino-giapponese tra Giappone ed Impero Qing del 1894 non viene riconosciuta avere una legame diretto con la
seconda combattuta tra Giappone e Repubblica di Cina.
Prodromi
Generalissimo Chiang Kai-shek, Comandante in capo alleato nel teatro cinese dal 1942-1945.
Le origini della seconda guerra sino-giapponese possono essere fatte risalire alla Prima guerra sinogiapponese del 1894-1895 in cui la Cina governata dalla dinastia Qing fu sconfitta dal Giappone e costretta a
cedere l'isola di Taiwan ed a riconoscere l'indipendenza della Manciuria nel Trattato di Shimonoseki. Il governo
imperiale cinese era alla vigilia del suo collasso, che sarebbe stato favorito, di lì a poco, dalle rivolte interne e dalla
pressione esercitata dalle potenze straniere; nello stesso periodo, il Giappone stava invece assurgendo a livello di
grande potenza grazie alla politica di forzata modernizzazione intrapresa nell'epoca Meiji.[8]
In questo quadro, ed in seguito alla rivolta di Xinhai, che rovesciò la dinastia Qing, fu fondata la Repubblica Cinese
(1912). La giovane repubblica nacque debole a causa della presenza di forti poteri locali, ai cui vertici stavano i
cosiddetti signori della guerra, che spartirono il territorio in tanti microgoverni; per tale ragione, la possibilità di
riunificare effettivamente la nazione e resistere alla pressione dell'imperialismo straniero sembrò per lunghi anni
una semplice chimera.[9]
Alcuni signori della guerra erano loro stessi alleati e sostenuti da potenze straniere interessate ad avere influenza
in Cina. Ad esempio Zhang Zuolin, signore della Manciuria, aprì il suo territorio al Giappone sia in termini
economici che militari.[10] Fu proprio in virtù di tali accordi coi regoli locali, durante i primi anni della repubblica
cinese, che il governo Giapponese cominciò ad esercitare ed estendere la sua influenza in Cina, nella primissima
guerra civile infatti il Giappone era favorevole ai Signori della Guerra. Nel 1915 il governo Giapponese pubblicò
le ventuno domande per definire i suoi interessi politici e commerciali in Cina[11] ed al termine della prima guerra
mondiale subentrò alla sconfitta Germania nel controllo politico e militare dello Shandong.[12]
Il governo cinese di Beiyang rimase incapace di resistere alle pressioni esterne[13] fino alla spedizione verso il
nord lanciata nel 1925 dal governo rivale del Kuomintang (KMT o governo nazionalista) con base
a Canton.[14] La spedizione attraversò la Cina fino a giungere nello Shandong dove il signore della guerra di
Baiyang, Zhang Zongchang, appoggiato dai giapponesi, cercò di bloccare il tentativo nazionalista di unificare la
Cina. I fatti culminarono con l'incidente di Jinan del1928 quando l'esercito del Kuomintang ebbe un breve conflitto
con truppe giapponesi.[15]
Nello stesso anno il signore della guerra della Manciuria Zhang Zuolin fu assassinato a causa della sua diminuita
disponibilità alla collaborazione con il Giappone.[16] Nel 1928 il governo del Kuomintang, diretto da Chiang Kaishek, dopo aver rotto l'alleanza con il Partito Comunista Cinese, riuscì infine a riunificare tutta la Cina.[17] La
persistenza di numerosi conflitti tra Cina e Giappone fu evidenziata dal nazionalismo cinese in uno degli obbiettivi
del documento I tre principi del popolo che incitava al rifiuto delle influenze straniere.
In realtà la spedizione verso il nord unificò solo in modo formale la Cina ed i conflitti tra signori della guerra e
diverse fazioni rivali del Kuomintang continuarono a rendere instabile la situazione interna. A ciò si aggiunse lo
scontro con il Partito Comunista Cinese che aveva inizialmente appoggiato la spedizione contro il nord ma che nel
1927 era stato fatto segno di un tentativo di annientamento da parte del Kuomintang. In effetti questo scontro
divenne una vera e propria guerra civile (che finirà solo nel 1949) con il lancio di una serie di campagne di
annientamento da parte del Kuomintang che culmineranno con la famosa Lunga Marcia, che avrebbe permesso
alle truppe controllate dal Partito Comunista di ritirarsi nel nord della Cina.
In questa situazione il governo nazionalista concentrò la massima attenzione alla situazione interna definendo la
politica della pacificazione interna prima della resistenza esterna (攘外必先安内). L'estrema instabilità della
situazione cinese permise al Giappone di perseguire i suoi piani di aggressione con l'invasione della Cina del Nord
nel 1931 a seguito dell'incidente di Mukden. Nel 1932 lo Stato-fantoccio del Manchukuo venne insediato in
Manciuria e Cina del Nord sotto la guida dell'ultimo imperatore della dinastia Qing Puyi. Il nuovo Stato mancese,
nell'ambito della politica estera giapponese, rappresentava una riserva di preziose materie prime ed uno Statocuscinetto ai confini dell'Unione Sovietica.
Incapace di reagire militarmente la Cina si rivolse alla Società delle Nazioni per ottenere aiuto. L'indagine che ne
seguì fu pubblicata nel rapporto Lytton che condannava il Giappone, con l'unico effetto di provocare il ritiro del
Giappone stesso dalla Società delle Nazioni. D'altronde questo era lo spirito degli interventi della comunità
internazionale, che negli anni del primo dopoguerra preferiva, in generale, la politica dell'accomodamento nei
confronti dei conflitti bellici, limitandosi a dichiarazioni di censura ma senza nessun intervento diretto nei confronti
degli stati aggressori.
All'incidente di Mukden seguì una lunga serie di altri conflitti tra i due stati. Nel 1932, in seguito all'incidente del 28
gennaio, vi fu un breve scontro bellico, che portò alla smilitarizzazione della città di Shanghai con il divieto per la
Cina di detenere truppe nella regione. Nel 1933 il Giappone condusse un attacco nella regione della Grande
Muraglia che portò al controllo della provincia di Reheed alla smilitarizzazione della regione di Pechino-Tiensin. Il
tentativo giapponese fu quello di creare una serie di regioni cuscinetto tra il Manchukuo ed il governo nazionalista
di Nanchino (un governo repubblicano fantoccio creato dal Giappone, che a differenza del Manchokuo era
totalmente cinese).
Le possibilità di manovra del Giappone furono ulteriormente incrementate dai conflitti interni tra le varie fazioni
cinesi. Pochi anni dopo la spedizione contro il nord il governo nazionalista controllava solamente la regione intorno
al delta del Fiume Giallo mentre il resto della Cina era sotto il controllo di signori regionali. Il Giappone sfruttò
appieno queste possibilità stringendo patti locali con i poteri regionali e favorendo una politica definita
di specializzazione della Cina del Nord (華北特殊化, húaběitèshūhùa) ossia un movimento fortemente autonomista
nelle province di Chahar,Suiyuan, Hebei, Shanxi e Shandong.
Nel 1935, sotto la pressione del Giappone, la Cina firmò l'accordo He-Umezu che proibiva al governo nazionalista
di eseguire operazioni militari nella provincia di Hebei perdendone così di fatto il controllo. Nello stesso anno fu
anche sottoscritto l'accordo Chin-Doihara che alienava al governo cinese il controllo della provincia del Chahar. Di
fatto al termine del 1935 il governo cinese aveva rinunciato a qualsiasi influenza nel nord della Cina dove furono
insediati il Concilio autonomo dell'Est-Hebei ed il Concilio politico dell'Hebei-Chahar di emanazione giapponese.
Gli schieramenti
Cina Nazionalista
Nel 1937 il governo di Nanchino poteva disporre di 80 divisioni di fanteria, ciascuna con un organico di circa 8000
uomini, nove brigate indipendenti, nove divisioni di cavalleria, 16 reggimenti di artiglieria e 3 battaglioni corazzati.
La marina disponeva di un tonnellaggio complessivo di 59.000 tonnellate e l'aeronautica disponeva di circa 600
velivoli. Le unità cinesi erano dotate di armamento prodotto principalmente in Cina presso gli arsenali di Hanyang
e Guangdong. Solamente alcune unità addestrate da ufficiali tedeschi erano state riarmate con armi di produzione
europea.
A queste unità bisogna aggiungere quelle dei signori della guerra locali e quelle sotto il controllo del Partito
Comunista Cinese. Spesso si trattava di reparti scarsamente addestrati e con armamento sorpassato anche se vi
erano notevoli eccezioni come le unità del Guangxi e quelle del Canton o le divisioni di cavalleria musulmana del
nordovest.
Esercito Imperiale giapponese
L'esercito giapponese, pur presentando una notevole capacità di movimento, non era preparato per sostenere una
guerra di lunga durata. All'inizio del conflitto le forze presenti in Cina erano costituite da 17 divisioni di fanteria
composte ciascuna da 22.000 soldati e dotate di 5.800 cavalli, 9.500 fucili e mitragliatrici leggere, 600 mitragliatrici
pesanti, 108 pezzi di artiglieria e 24 mezzi corazzati.
A queste andavano aggiunte alcune unità speciali. La marina disponeva di un dislocamento di 1.900.000
tonnellate e l'aviazione di 2700 velivoli. All'inizio del conflitto ciascuna divisione giapponese era considerabile pari,
come potenza di fuoco, a quattro divisioni cinesi.
L'invasione della Cina
L'incidente del Ponte Marco Polo
Chiang Kai-shek annuncia la politica del Kuomintang di resistenza al Giappone parlando aLushan il 10 luglio 1937, tre giorni dopo l'incidente del ponte Marco Polo
Molti storici collocano l'inizio della seconda guerra sino-giapponese al 7 luglio 1937, giorno dell'incidente del ponte
Marco Polo (ponte Lugou) mentre alcuni storici cinesi retrodatano l'inizio della guerra al 18 settembre 1931 data
dell'incidente di Mukden.
Dopo la battaglia del ponte Marco Polo l'avanzata giapponese proseguì con l'occupazione
di Shanghai, Nanchino e dello Shanxi attraverso una serie di campagne che videro impegnati circa 350.000 soldati
giapponesi contro un numero sicuramente maggiore di soldati cinesi
L'incidente del ponte di Marco Polo (che, a differenza della nostra timeline, non si concluse in una strage anche a
causa del non trionfo del fascismo in Giappone di stile neo-nazista, ma semplicemente del nazionalismo) non solo
segnò l'inizio di una, non dichiarata (fino al dicembre 1941), guerra tra Cina e Giappone ma rinsaldò anche la
debole tregua che nel 1936 era stata forzata tra Kuomintang e Partito Comunista in funzione anti-giapponese.
Nata appunto dalla forzatura dell'incidente di Xi'an, dove Chiang Kai-shek era stato rapito da un signore della
guerra e rilasciato solamente dopo la stipula di un accordo con i comunisti, l'alleanza dette vita ad un fronte unito
antigiapponese che portò alcune unità comuniste ad essere integrate nell'Esercito Rivoluzionario
Nazionale (ottava armata di marcia, nuova quarta armata) pur mantenendo i propri comandanti.
Il Giappone non aveva le forze, e neppure l'intenzione, di occupare e gestire tutta la Cina ed in effetti nella fase
della loro massima espansione i territori occupati consistettero nel nord (Manciuria e regione di Pechino), nelle
regioni e città costiere e nella valle dello Yangtze, per il resto il proposito era la creazione di una serie di stati
fantoccio filogiapponesi. A causa dell'atteggiamento da “legittimismo” del Giappone, che stava riportando
l’Imperatore al governo, l’occupazione Giapponese, benché non esattamente popolare, non fu nemmeno
odiata, e anzi molti monarchici e filo-nobiliari si trasferirono nella repubblica di Nanchino, e alcuni
esponenti del Kuomintamg affermarono di provare “simpatie” per il governo di Nanchino.
A differenza del Giappone, la Cina era del tutto impreparata ad una guerra totale, essendo priva di un'industria
pesante in grado di supportare lo sforzo bellico e con pochi mezzi corazzati e veicoli per lo spostamento delle
truppe. Fino alla metà degli anni trenta la Cina aveva sperato che la Società delle Nazioni fosse in grado, ed
avesse l'intenzione, di proteggerla dall'espansionismo del Giappone. In aggiunta a tutto ciò il governo nazionalista
di Nanchino era maggiormente interessato al confronto interno con il Partito comunista che alla difesa dell'integrità
territoriale della Cina, in proposito Chiang Kai-shek soleva affermare:
« I giapponesi sono un problema di pelle, i comunisti un problema di cuore. »
Il Fronte Unito
La realizzazione di un fronte comune in funzione anti-giapponese, costituitosi già nel 1936, fu il risultato delle
pressioni sia dei comunisti guidati da Mao Zedong dietro la spinta dell'Unione Sovietica, che da una parte
dei signori della guerra che vedevano nell'espansionismo nipponico un grave pericolo per la loro stessa
sopravvivenza.
Sebbene i comunisti avessero costituito la nuova quarta armata e l'ottava armata di marcia che erano
nominalmente sotto il comando dell'esercito nazionalista, il fronte unito non fu mai veramente unificato e ciascuna
parte era pronta a cercare vantaggi nel caso di una sconfitta giapponese. Tutti questi fatti costrinsero la Cina ad
adottare una strategia difensiva che aveva come primo obiettivo il preservare la propria forza militare evitando
quindi un confronto totale con l'invasore, confronto che avrebbe potuto essere considerato un suicidio.
Le tensioni tra nazionalisti e comunisti non cessarono mai del tutto ed ebbero momenti di recrudescenza
soprattutto nei territori dell'interno non soggetti al controllo dell'invasore. Partendo dalle loro basi nel nord della
Cina i comunisti estesero il più possibile le zone sotto la loro influenza, comportandosi come un vero e proprio
Stato e applicando riforme amministrative e fiscali principalmente a favore della classe contadina proletaria
attuando vere e proprie confische dei proprietari terrieri. Alcune unità continuarono a resistere anche in territori
circondati del nemico rendendo l'effettivo controllo del territorio molto difficoltoso per i giapponesi, che si
ritrovarono a controllare effettivamente le città e le ferrovie mentre le campagne erano spesso interessate alle
azioni di gruppi di partigiani diretti soprattutto dal partito comunista.
La prima fase della guerra
Subito dopo l'inizio dell'attacco giapponese Chiang Kai-shek comprese che per ottenere lo sperato aiuto degli USA
e delle altre nazioni la Cina avrebbe dovuto mostrare di possedere almeno una certa capacità di resistenza. Dato
che una ritirata troppo rapida dalle zone costiere avrebbe allontanato la possibilità di appoggio estero Chang
decise di tentare la difesa di Shanghai e schierò le sue truppe migliori, le divisioni addestrate, organizzate ed
armate dagli istruttori tedeschi a difesa dei principali centri industriali.
La battaglia di Shanghai causò notevoli perdite su entrambi i fronti e finì con la ritirata cinese verso le coste del
Sud, che caddero in mano giapponese pochi mesi dopo. Fu una battaglia durissima; i giapponesi dovettero
mobilitare oltre 200 000 truppe, insieme a numerosi mezzi navali ed aerei per conquistare la città dopo oltre tre
mesi di intensi combattimenti, le cui vittime superarono di gran lunga le previsioni iniziali.[19] Per quanto riguarda i
difensori cinesi, se da un punto di vista militare fu una sconfitta, essa raggiunse i suoi obiettivi politici mostrando al
mondo la volontà della Cina di resistere.
La battaglia, malgrado la sua conclusione ebbe quindi un effetto positivo sul morale dei cinesi, la cui capacità di
resistenza era stata di molto sottovalutata dai giapponesi che avevano affermato per scherno di essere in grado
di ...conquistare Shanghai in tre giorni e la Cina in tre mesi...
Soldati cinesi nei combattimenti "casa per casa" durante la battaglia di Tai'erzhuang
Durante la fase di scontro frontale tra gli eserciti, fase che caratterizzò il primo periodo della guerra, i cinesi ebbero
in effetti solo un limitato numero di successi a fronte di numerose sconfitte, vittorie quasi sempre ottenute grazie
ad una strategia di attesa. Il Giappone conquistò, durante le prime fasi dello scontro, vaste porzioni di territorio:
all'inizio del 1938, pertanto, il quartier generale a Tokyo sperava ancora di consolidare quelle posizioni limitando
l'ampiezza del conflitto nelle aree occupate intorno a Shanghai, Nanchino e la maggior parte della Cina
settentrionale, al fine di preservare le forze per una resa dei conti anticipata con l'Unione Sovietica. Ma i generali
nipponici che combattevano in Cina, galvanizzati dai successi, intensificarono la guerra e vennero infine sconfitti
a Taierzhuang. L'esercito giapponese dovette allora cambiare strategia e concentrò quasi tutte le sue truppe per
attaccare la città di Wuhan, divenuta nel frattempo il cuore politico, economico e militare della Cina, nella speranza
di distruggere la capacità combattiva dell'Esercito rivoluzionario nazionale (ERN) e di costringere il governo del
Kuomintang a negoziare la pace.[20] Ma dopo la conquista della città di Wuhan il 20 ottobre 1938, il Kuomintamg si
ritirò a Chongqing per fondare una capitale provvisoria e rifiutò ancora di negoziare a meno che i giapponesi non
accettassero un ritiro completo alle posizioni prima del 1937.
I giapponesi dopo lungo ponderare pensarono ad un’alleanza con la Cina nazionalista, e proposero al KMT il
governo della Repubblica di Nanchino, che pianificavano di far estendere a tutta la Cina e Shek, contrarissimo ad
un’alleanza con il Giappone, rifiutò. Durante uno scontro a fuoco però egli trovò la morte e venne sostituito da Sun
Yat-sen, che invece vedeva nel Giappone il male minore e nei comunisti il male assoluto, questo comportò la
pacificazione fra forze Nazionaliste e forse pro-Monarchiche (e filo-Giapponesi) e le due forze a questo punto
passarono all’offensiva contro la Cina. All'inizio del 1939 i cinesi ottennero importanti vittorie
a Changsha e Guangxi, ma il tentativo di lanciare una controffensiva su vasta scala l'anno successivo fallì a causa
delle limitate capacità dell'industria militare e della scarsa esperienza delle truppe. L'azione dell'esercito
giapponese, d'altra parte, rallentò notevolmente, anche a causa dell'allungamento delle linee di rifornimento che
divennero sempre più vulnerabili. La strategia cinese divenne allora quella di prolungare la guerra nell'attesa del
momento in cui le forze sarebbero state sufficienti per sconfiggere l'avversario in campo aperto.
Le truppe cinesi iniziarono ad applicare la tecnica della "terra bruciata" allo scopo di ritardare l'avanzata nemica,
distruggendo raccolti, dighe e argini in modo da provocare l'allagamento di vaste porzioni di territorio. Anche le
installazioni industriali vennero trasportate dalle zone costiere a città dell'interno.
Lo stallo nella guerra e l'atteggiamento straniero
Nel 1940 la guerra entrò in una fase di stallo. Mentre il Giappone controllava la maggior parte delle zone costiere,
la guerriglia continuava nelle zone conquistate impedendo anche la loro espansione. Il governo nazionalista,
passato dalla parte del Giappone, aveva però perso quasi metà delle truppe di volontari, che avevano visto in ciò
un tradimento. C’è da dire però che in Cina l’invasione Giapponese veniva vista non dalla nostra ottica (quella di
invasione) ma dall’ottica della guerra civile, una guerra nella quale l’Imperatore era stato rimosso dalla sua
posizione, e che ora tornava in forze aiutato dai Giapponesi, questo aveva diviso la popolazione in tre parti:
comunisti, nazionalisti e monarchici, gli ultimi avevano visto in ciò una ri-legittimazione e avevano visto di buon
occhio il giappone, i secondi, come si è detto, nonostante le prime titubanze scelsero l’alleanza, cosa che costò
loro una scissione interna, mentre i comunisti rifiutarono “ad eternum”
Gli eventi avevano dimostrato che la Cina, con la sua scarsa capacità industriale e la limitata esperienza nella
guerra moderna, non era in grado di lanciare una controffensiva in grande stile nei confronti del Giappone.
Le truppe migliori erano state perse nella battaglia di Shanghai e ciò che ne restava costituiva il perno su cui si
reggeva il resto dell'esercito. D'altra parte il Giappone aveva sofferto di perdite inaspettate a causa della
resistenza interna nei territori conquistati ed aveva grossi problemi di amministrazione degli stessi in quanto
costretto a destinare una grossa parte delle sue truppe, e tutte quelle collaborazioniste, all'attività di guarnigione,
principalmente per proteggere le linee di rifornimento.
L'inizio della guerra in Europa e la caduta della Francia nel 1940, non ebbero alcun riflesso sullo scenario cinese.
Molti analisti militari avevavo predetto che il Kuomintang non avrebbe potuto resistere a lungo con la maggior
parte delle industrie collocate nelle aree più popolose conquistate o pericolosamente vicine alla linea del fronte e
in assenza di sostanziali aiuti internazionali, che nessuno sembrava voler fornire vista l'alta probabilità di tracollo
della Cina ed anche per evitare uno scontro diretto con il Giappone.
Negli anni trenta l'Unione Sovietica, la Germania e l'Italia avevano fornito alla Cina un certo aiuto militare. L'Unione
Sovietica, nel timore che il Giappone potesse tentare l'invasione della Siberia, e quindi, in caso di guerra in Europa
di dover combattere su due fronti, aiutò il governo nazionalista benché sperasse che il conflitto tra Cina e
Giappone permettesse al partito comunista cinese di avere un maggior peso nello scacchiere cinese. Nel
settembre 1937 venne predisposta un'operazione segreta (Operazione Zet avente lo scopo di fornire al governo
nazionalista sia l'aiuto di tecnici e militari, tra cui il generale Georgy Zhukov sia di fornire materiale bellico costituito
da velivoli da caccia e bombardamento. L'Unione Sovietica inviò anche aiuti alle unità comuniste almeno fino a
quando il suo ingresso in guerra, nel 1941, non assorbì del tutto le risorse disponibili.Per ottenere una guerra tra
Cina e Giappone, Stalin attivò come agente comunista il generale Zhang Zhi Zong comandante della guanigione
Shanghai-Nanchino. Questi fece di tutto per scatenare la guerra tra Cina e Giappone che avrebbe tenuto lontano
quest'ultimo dal tentativo di entrare in Siberia, come Stalin temeva. Il 16 agosto 1937 Stalin si dette da fare per
fornire armi alla Cina. Essendo Sun Yatsen apertamente anticomunista e confidando in una sconfitta finale del
partito comunista cinese, la Germania fornì alla Cina nazionalista una grande quantità di armi e di istruttori.
Ufficiali appartenenti al Kuomintang, tra cui Chiang Wei-kuo secondogenito di Chiang Kai-shek, furono addestrati
in Germania. Prima del 1939 la metà delle esportazioni tedesche di armi riguardò la Cina. Comunque il progetto di
30 nuove divisioni addestrate ed armate come quelle tedesche non giunse mai a piena realizzazione, anche per il
passaggio della Germania nel campo giapponese. L'Italia aveva offerto essenzialmente del supporto aereo sotto
forma di mezzi, istruttori e tecnici ed anche, grazie ad una societa mista italo-cinese, iniziò ad installare una
fabbrica aeronautica. Ufficialmente Stati Uniti, Regno Unito e Francia rimasero neutrali riguardo al conflitto sinogiapponese, ma quando la guerra, da che era fra cinesi e giapponesi, era diventata fra nazionalisti e comunisti, le
tre nazioni inviarono sostegni economici e militari al Giappone sperando di indebolire l’influenza russa in Cina,
questo determinò l’abbandono del progetto “Tora Tora”, ovvero un presunto attacco a Pearl Harbour, che non si
verificherà mai. Questo contribuirà ancor di più alla differenziazione tra il Giappone della nostra timeline e quello di
questa timeline.
Dairen, gennaio 1938. La fornitura di 72 bombardieri Fiat BR.20 al Giappone, impiegati contro i comunisti, concretizzò il ribaltamento della politica italiana in estremo
oriente
Dal 1933 anche l'Italia aveva sviluppato una politica di sostegno al regime del Kuomintang, vendendo alcuni dei
più moderni apparecchi da caccia (Fiat C.R.42, Breda Ba.27, Savoia-Marchetti S.M.81) e altre forniture militari
(quali i tankette CV33). Da notare che lo stesso capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica cinese era un ufficiale
italiano, ossia il generale Roberto Lordi. Dopo l'adesione dell'Italia al Patto Anticomintern l'Italia si avvicinò al
Giappone e fu una delle poche nazioni a fornire armi, apparecchi (in particolare i bombardieri Fiat B.R.20 con
relativi istruttori) ed equipaggiamento all'esercito giapponese, ma in numero limitato, poiché l'Impero nipponico era
ampiamente autosufficiente nella produzione di armi.
Seppur in maniera non ufficiale l'opinione pubblica statunitense, che all'inizio degli anni trenta era stata favorevole
al Giappone, cominciò ad orientarsi anche verso il Kuomintang, dopo l’alleanza contro i comunisti. Nell'estate
del 1941 gli Stati Uniti permisero la costituzione di un corpo di piloti volontari, detti poi le Tigri Volanti, dotati di
velivoli di fabbricazione statunitense, per potenziare la difesa aerea cinese.
Effetti dell'occupazione giapponese
A partire dal 1940 il fronte rimase praticamente stabile, i cinesi erano riusciti ad impedire la totale occupazione del
loro territorio e le azioni di resistenza nelle parti occupate tenevano le truppe giapponesi in costante tensione
logorandole lentamente e impedendo quindi l'organizzazione di nuove e vaste offensive, sebbene fossero a loro
volta incapaci di lanciare una vera e propria controffensiva.
La creazione della Repubblica di Nanchino, uno stato fantoccio nei territori cinesi occupati, sortì grandi effetti
politici e militari, innanzitutto fu riconosciuta dal Giappone e dalla cerchia interna di prosperità, e quindi dallo
stesso Pu Yi che riconobbe per la prima volta un governo repubblicano in Cina, con l’annessione dei territori del
KMT la Repubblica si ingrandì molto e venne riconosciuta prima dai paesi dell’Asse (in prima fila Italia e
Germania) e dopo questa alleanza anche da USA, Inghilterra, Francia e alleati; tale stato, governato da una figura
di spicco del KMT, Sun Yatsen, finì per non essere riconosciuto solo da URSS e
PCC.
Nel 1940 l'esercito comunista cinese lanciò un'importante offensiva nel nord della Cina, distruggendo un nodo
ferroviario e facendo saltare un'importante miniera di carbone. Ciò frustrò particolarmente l'esercito giapponese,
che però ora godeva dell’appoggio di Asse e Alleati contemporaneamente (fatto unico nella seconda guerra
mondiale). A partire da questo momento la guerriglia nei territori occupati da parte dei comunisti si intensificò.
La seconda guerra mondiale
Il governo della Cina Nazionalista, che fino a quel momento aveva evitato di dichiarare apertamente guerra al
Partito Comunista per non vedersi chiusi del tutto gli aiuti dall’URSS (in base alla politica di neutralità), formalizzò
lo stato di guerra a partire dall'8 dicembre. La prospettiva cambiava completamente e da una strategia di
sopravvivenza si passò ad una strategia che operava per una vittoria definitiva.
L'esercito nazionalista ricevette consistenti aiuti sotto forma di materiale e personale per l'addestramento delle
truppe e poté, in alcuni casi passare all'offensiva.
Nel 1942 Sun Yatsen venne riconosciuto come comandante in capo delle forze alleate in Cina.
Il generale cinese era esitante, anche a causa delle gravissime perdite già subite dalla Cina, ad impegnare
maggiormente le proprie forze in un conflitto che, al momento, non sembrava indicare chiaramente chi sarebbe
stato il vincitore.
Lo scontro di interessi tra Cina, USA e Regno Unito emerse chiaramente durante la guerra nel Pacifico.
Il Giappone infatti non nascondeva che, nelle proprie mire espansionistiche, includeva anche India, Australia e le
isole del pacifico. Le Filippine erano state risparmiate per via dell’appoggio USA al governo di Nanchino, l’Australia
era stata risparmiata per evitare il conflitto diretto con l’Inghilterra, ma dopo l’occupazione tedesca dell’Olanda
tutte le isole del pacifico rimanenti vennero occupate dall’esercito Giapponese, che iniziò una martellante
campagna per l’anticolonialismo e finanziò le guerriglie indipendentistiche, riconoscendo e appoggiando i governi
che ne uscivano e includendoli nella sfera d’influenza. L’India era ormai ad un passo dai confini giappoesi e al suo
interno si muoveva un movimento dichiaratamente filo-giapponese e indipendentista, appoggiato dal Giappone e
osteggiato dall’Inghilterra, che a questo punto temeva non solo per l’India ma anche per l’Australia.
Il Giappone, tuttavia, per evitare di perdere quell’aura di “unico stato buono dell’Asse” buono nel senso innocuo
per loro e da usare in funzione anticomunista, evitò di dichiarare guerra, ma finanzio costantemente i movimenti in
India.
Sun Yatsen era invece convinto che la Cina avrebbe dovuto usare le sue truppe per proteggere le basi dei
bombardieri giapponesi situate nel nordest del suo territorio. Un ulteriore motivo di attrito tra Cina e Regno Unito fu
l'appoggio cinese all'indipendenza dell'India, posizione rimarcata in un incontro tra Sun Yatsen e il Mahatma
Gandhi nel 1942, con appoggio giapponese.
L'interesse statunitense per il teatro cinese era principalmente nella consapevolezza dell'alto numero di truppe
giapponesi che questo impegnava e dalla possibilità di posizionare in territorio cinese basi aeree.
Nel 1944, quando già la situazione dei comunisti aveva cominciato a deteriorarsi, il Giappone quindi lanciò una
vasta operazione, operazione Ichigo, per attaccare appunto le basi aeree che avevano cominciato ad essere
operative. Questa operazione portò all'occupazione del Hunan, del Henan e dello Guangxi.
L’intenzione di conquistare la Siberia svanì quando li USA entrarono in guerra contro la Germania e l’Italia,
alleandosi con l’URSS, ed una guerra con i russi sarebbe stata un suicidio politico.
Nel 1945 vennro firmati gli accordi di pacificazione fra Giappone, Nanchino e Manchokuo e comunisti e URSS.
La fine della guerra
Atto di resa dei comunisti cinesi.
Le truppe cinesi rientrano in Liuchow nel luglio 1945
Con la fine della Guerra il Giappone confermava la sua vittoria e le sue conquiste territoriali, ma andiamo
con ordine:
La Cerchia interna (praticamente territorio metropolitano) comprendeva:
-Giappone
-Corea
-Isole (compresa Taiwan) Hong Kong, Macao, tutti i porti che un tempo erano sotto il controllo delle
potenze occidentali in Cina lo erano ora del Giappone economicamente e politicamente.
-Indonesia
-Malesia
Alla piccola sfera di prosperità si aggiungevano.
-Manchokuo, governato da Pu Yi, monarchico e nobiliare, comprendente Manciuria e Nord della Cina.
-Repubblica di Nanchino, che arrivò ad includere tutta la parte Sud della Cina e diventare la Repubblica
Federale Cinese.
-Birmania
-Mongolia Libera (parte orientale della Mongolia)
-Repubblica del Tibet
Praticamente l’intera Cina occidentalizzata (vedi dopo)
La grande sfera comprendeva infine.
-Isole del pacifico.
-Partito Nazionalista Indiano.
-Partito Nazionalista Filippino.
Era più che altro una pretesa, apparte le Isole del Pacifico non c’era una reale alleanza, ma il Giappone farà
in seguito leva su questo.
Dopo la guerra la Cina venne divisa in due parti: La parte Nord (esclusa quella costiera, Nanchino e
Manciuria ovviamente) diventa la Repubblica Popolare Cinese, filocomunista, la parte Sud diventa la
Repubblica Federale Cinese, nata dall’unione fra Repubblica di Nanchino e il Sud della Cina tolto ai
comunisti. Il Tobet diventa un repubblica indipendente.
Questo avrà ovviamente conseguenze enormi per l’equilibrio della Guerra Fredda: niente guerre di Corea,
Vietnam, Cambogia dato che queste zone sono al centro della Zona di Coprosperità, invece la guerra fredda
avrà i sui hot spots in Cina, divisa in due come il Vietnam e la Corea nella nostra timeline.
Il dopoguerra
All’indomani della Seconda Guerra Mondiale l’Impero Giapponese è una nazione vincente, che ha trionfato
nel suo egemonizzare la Cina (da cui era egemonizzato secoli prima) e nell’affermarsi come nuovo
dominatore dell’Asia, l’economia Giapponese è la più forte dopo quella Americana ma non essendo stata
sconfitta è in continua crescita, le grandi holdings Zaibatsu continuano a sviluppare l’industria e l’economia
giapponese che arriva a rivaleggiare con quella americana.
Politicamente il Partito Nazionalista Giapponese di Unità Nazionale, o Fronte Patriottico, un partito di
destra che ha governato il paese dalla restaurazione Meji alla Guerra Mondiale, continuerà a governare
appoggiato dalle Zaibatsu, dall’esercito, dalla nobiltà e dall’Imperatore stesso ancora per molti anni.
L’Impero Giapponese (notare che anche nella nostra timeline è ancora l’ultimo stato a chiamarsi Impero) è
ovviamente schierato con gli USA all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, fortemente anticomunista
(e fa una martellante propaganda per riunificare la Cina e liberarla dal dominio straniero, molto ironico).
Proprio durante i trattati di pace è lo stato che fa la voce grossa contro USA, Inghilterra e Francia al
momento delle spartizioni, infatti le due potenze coloniali vorrebbero un po’ della Cina, che invece il
Giappone considera ormai una propria prerogativa, e grazie alla sua potenza (e presenza) militare in loco e
poenza economica viene lasciato dominare.
Negli anni 50 è il paese con l’economia più forte assieme agli USA, e non necessita dei finanziamenti
statunitensi per riprendersi dalla guerra, anche se dopo lo sforzo bellico e la necessaria riconversione da
un’economia bellica ad una civile sono necessarie forti spese, e il Giappone è capace di fare ciò solo grazie
alla sua forte economia, che però accusa il colpo: in questo decennio la crescita infatti rallenta moltissimo,
mentre i grandi gruppi industriali, coadiuvati dallo stato (che possiede parte delle loro azioni) si sforzano di
riconvertire l’industria bellica in industria civile, ora infatti hanno a disposizione un enorme mercato
interno!
Gli sviluppi sono per lo più civili in tutta la Sfera di Coprosperità, vengono costruite ferrovie in tutta la Corea
e l’Indocina e vengono industrializzate per poter diventare a tutti gli effetti come il resto del Giappone
interno. Gli investimenti nell’industria vengono fatti anche in Cina, il che è fondamentale dato che la Cina
dopo la Guerra necessita di fondi per la ricostruzione e il Giappone è il principale sostenitore dell’economia
Cinese, che però, in cambio, diventa totalmente assogettata al Giappone.
Le imprese umanitarie e civili del Giappone contribuiscono a migliorare la sua immagine verso la
popolazione, che ormai lo considera un “invasore a fin di bene” ovvero come restauratore della monarchia
(nel Manchokuo) e come alleato nella liberazione dal comunismo (nella Repubblica Federale).
Mentre la Cina viene industrializzata nel Sud grazie al Giappone, il Nord riceve gli aiuti dell’URSS e si
industrializza allo stesso modo grazie ache agli ingegneri sovietici.
Ma è negli anni 60 che il Giappone ha un botto di popolarità in tutto il mondo, causato da due fattori:
-Lotta al colonialismo
-Sviluppo dell’economia cinese
Lotta al colonialismo
Negli anni 60 si fanno vivi i movimenti nazionalisti nelle colonie che lottano per l’indipendenza, e il
Giappone inizia a questo punto a distaccarsi dalla visione bipolare, assumendo il ruolo che da noi ha avuto
la Cina: né USA né URSS, ma il terzo polo dei paesi terzomondisti (anche se il Giappone è TUTTO fuorchè
terzomondista, ma è anzi il secondo primo mondista!) contro gli imperialismi americani e sovietici, a favore
delle lotte di emancipazione dei popoli. Questa sua posizione lo rende il paese favorito da tutte le colonie in
cerca di indipendenza, raccogliendo consensi in India, Medioriente, Africa e persino in Sud America.
Il Giappone però non si limita alle parole e finanzia attivamente i movimenti indipendentistici, soprattutto
quelli vicino alla sua sfera di influenza, in modo particolare le Filippine e l’India furono un pallino del
Giappone, e quando entrambe ottennero l’indipendenza rispettivamente da USA e Inghilterra, fra l’allearsi
con l’URSS e l’allearsi con gli ex padroni, scelgono la Cina: L’India e le Filippine, così, vengono incluse nella
Grande Sfera di Coprosperità.
Grazie alla lotta al colonialismo, inoltre, il Giappone inizia a diventare attivamente competitore sia
dell’URSS sia degli USA, e il fatto di aver preso le “loro” Filippine appena liberate è in effetti uno schiaffo
all’egemonia americana, che inizia a percepire nell’alleato un rivale inatteso.
Sviluppo dell’economia cinese.
A sorpresa la Cina, grazie alla sua enorme popolazione e agli investimenti giapponesi, che affamati di
mercato interno si spingono dal Giappone (ormai una superpotenza) e dalla piccola cerchia fino in Cina, si
trasforma lentamente in una sub-potenza, questo è dovuto agli enormi investimenti che il giappone fa nel
suo più grande cliente di mercato che ha, a sua volta, un’enorme capacità lavorativa (allora erano 250
milioni di abitanti) e una grande capacità di assorbimento dei finanziamenti, questo conduce la Cina a
diventare un porto per gli investimenti unico al mondo (come lo è oggi, insomma) che attira investimenti da
tutto il mondo a differenza della sua controparte Nord, che si sviluppa sotto direzione socialista e con i soli
aiuti russi. Con lo sviluppo della Cina del Sud (che arriverà a minacciare l’egemonia Giapponese nella sfera
di coprosperità!) il Giappone e tutta la sua sfera di influenza sono diventati una potenza ancora più
importante, economicamente e industrialmente, e il cuo sviluppo, per la mutua relazione fra Giappone e
Cina, è inarrestabile.
Negli anni settanta però c’è un’inatteso colpo di scena, la sfera d’influenza Giapponese infatti potrebbe
estendersi ben oltre il prognosticato panasianesimo, questo è dovuto alla relazione fra India e Lega Araba.
La Lega Araba è un’entità sovranazionale fondata da alcuni stati arabi che, in seguito, si ingrandì fino ad
inglobare tutto il medio oriente ed il Nord Africa, oltre che la penisola araba, questa unità economica era
anche un’alleanza militare, politica e di condivisione del petrolio (controllando l’OLP).
La Lega Araba, fondata nel 45 da soli sei stati, si ingrandì nel corso degli anni 50 e 60 fino a diventare questa
enorme potenza, che iniziò a condividere i ricavati della vendita di petrolio (che poteva interrompere per i
suoi scopi, ad esempio come dimostrazione contro Israele) per uno sviluppo comune e per la lotta per
l’indipendenza da ambo le fazioni (USA e URSS) a favore del polo terzomondista, era quindi un “rivale”
(seppur non ci sia mai stata nessuna rialità) del Giappone, con cui però non v’erano contatti anche a causa
dell’enorme lontananza, ma è proprio negli anni 70 che avviene il colpo di scena: l’India, già membro
interno della Grande Sfera di Coprosperità Asiatica, entra come osservatore nella Lega Araba, sia sotto la
spinta della parte musulmana dell’India sia come dimostrazione che l’India era impegnata alla lotta al
mondo bipolare e al colonialismo al 100%, alleandosi con entrambe le formazioni, ovvero Giappone e Lega
Araba.
Sebbene nella Lega ci fossero delle incertezze per questa improvvisa entrata dell’India (malvista dal
Pakistan) la sua entrata fu infine accettata con piacere, dato che stava iniziando a svilupparsi come aveva
fatto dieci anni prima la Cina e a diventare una potenza.
Nel 1973 venne formalizzata l’entrata dell’India nella Lega Araba come alleato economico e militare e
politico, ma non religioso (si manteneva laica, ovviamente) e gli investimenti della Lega Araba entrarono in
India e viceversa. Questo comportò un enorme sviluppo dell’India (che subiva il doppio influsso arabogiapponese) che quindi divenne una vera e propria cuccagna sia per la Lega Araba, sia per il Giappone, sia
per le altre potenze che corsero ad investire in India, che di contro si sviluppò ancora di più.
Mentre l’India diventava una sub potenza iniziò anche a fare da tramite fra Sfera Giapponese e Sfera Araba:
Infatti il Tibet aveva espresso interesse nell’entrare nella Lega Araba, ed il Pakistan a sua volta aveva
espresso interesse nell’entrare nella Sfera Giapponese, questo per ragioni culturali: presenza musulmana in
Tibet e antiche influenze cinesi in Pakistan, il che condusse l’India verso un nuovo ruolo: quello di porta fra i
due mondi. Inizialmente era solo il Pakistan, l’India e il Tibet che avevano questa “doppia cittadinanza”, ma
ben presto le due potenze iniziarono a mescolarsi, a conoscersi, vi fu una forte condivisione culturale,
economica, a volte persino politica (la comune lotta contro il colonialismo) formalizzata dall’incontro fra
Nasser e l’Imperatore del Giappone.
Nel corso degli anni 70 sempre più stati (i più occidentali) della Sfera Giapponese entrarono anche nella
Sfera Araba, e sempre più stati (i più orientali) della Sfera Araba entrarono in quella Giapponese, e il mutuo
scambio era più intenso fra gli stati membri di entrambe le alleanze, che aveva come nucleo centrale
l’India, che si sviluppò in maniera esponenziale.
Questa allegra alleanza proseguì sviluppando ambo le alleanze: la Sfera Giapponese si sviluppò ancora di
più, mentre la Lega Araba potè lottare più efficacemente per lo sviluppo delle nazioni membre e per la lotta
al colonialismo, diventando più che una semplice alleanza economica e formalizzandosi nella
Confederazione Araba, su modello di quella Giapponese (il cui nucleo centrale era costituito da Siria, Libia,
Egitto che erano la cerchia interna, e l’Egitto era il giappone locale) tutto questo però, che era il simbolo
degli anni 70, si concluse proprio alla fine degli anni 70, nel 1979, anno dell’invasione dell’URSS
dell’Afghanistan, membro della Lega Araba e alleato del Giappone.
Guerra in Afghanistan
L’Afghanistan era, fra i paesi della doppia alleanza, il più importante, perché era membro di una terza
alleanza: quella con il mondo comunista. Membro della Lega Araba, della Sfera di Coprosperità e Alleato
dell’URSS era il centro di tre mondi, riceveva investimenti da tutte e tre e faceva da porta per gli scambi fra
i tre mondi, era insomma un centro nevralgico di importanza vitale, e nella visione del terzo polo doveva
fungere da connessione fra Primo Mondo e Secondo Mondo, in modo che il Terzo Mondo, fungendo da
ponte fra i due, finisse per potenziarsi a loro discapito ed infine prelevare territori da ambo le parti.
Il paese tuttavia, a seguito dell’invasione sovietica, perdeva la sua autonomia, a questo punto chi si doveva
appoggiare? Il governo filo-sovietico (che, legalmente, era quello legittimo) o quello dei mujahideen
sostenuto dagli USA? Era necessario, questa volta, schierarsi.
La Lega Araba sosteneva i rivoltosi sostenuti dagli USA, e il Giappone non voleva certo stare a difesa dei
comunisti e perdere un prezioso alleato con cui si legava sempre più profondamente, e così Lega Araba e
Giappone e alleati entrarono in guerra con l’occidente.
Dopo il ritiro dall’ Afghanistan la Lega Araba e il Giappone avevano dato dimostrazione di autonomia
dall’URSS.
Fine della Guerra Fredda
Con il crollo del Muro di Berlino diventava ovvio agli occhi del mondo che la Guerra Fredda si avviava alla
sua fine, che la cortina di Ferro si stava sgretolando e che il mondo comunista stava per finire, questo a
tutto vantaggio del mondo occidentale, ma in particolare di tre forze che, storicamente, si schieravano per
il terzo polo.
-Sfera Asiatica Giapponese
-Lega Araba
-Unione Europea
Sfera Asiatica alla fine della Guerra Fredda.
Con il crollo dell’URSS anche la Cina ebbe degli importanti risvolti, infatti una serie di manifestanti si radunò
al confine, la famosa “Seconda Muraglia”, ed il confine venne abbattuto (erano comunque in corso
comunicazioni fra Repubblica Federale e Repubblica Popolare da tempo, e la seconda si era di recente
aperta agli investimenti e al socialismo di mercato) e le due cine si riunirono, nacque così la Repubblica
Federale Cinese, ora unita e interamente membra della Sfera di Prosperità Asiatica, che potè mettere le
mani sulle potenti industrie un tempo appartenute al mondo russo, che potè privatizzare e poi rivendere,
potè aprire un nuovo campo di investimenti e lo sviluppo della Cina, con il suo raddoppiare in termini di
territori aperti agli investimenti, raddoppio, con conseguenze incredibili per l’economia di tutta la Sfera
Giapponese. Viene inoltre unificata la Mongolia
Lega Araba
Con il crollo dell’URSS l’emancipazione non solo si completò, ma la Lega Araba arrivò ad includere i vari
paesi popolati da etnie musulmane (Kazakhistan e Uzbekhistan in primis) arrivando ad includere quindi
un’importante area in termini sia di dimensioni che di risorse.
Con la fine dell’URSS inoltre la Lega Araba diventa il nuovo maggiore rivale ideologico degli USA ma questa
volta è coadiuvata dal Giappone.
Unione Europea
Con il crollo del Muro la prima acquisizione dell’UE è la Repubblica Democratica Tedesca, riunita alla
Germania, e successivamente tutte le varie nazioni dell’ex patto di varsavia entrano nell’UE aumentandone
l’importanza economica al punto che l’Euro diventa al moneta più potente dopo lo Yen.
Queste tre coalizioni quindi, tutte e tre anticomuniste ma al tempo stesso in qualche modo rivaleggianti
con l’egemonia anglo-americana, guadagnano molto dal crollo dell’URSS e si sviluppano economicamente.
Durante gli anni 90 il Giappone conosce un notevole sviluppo economico ed industriale, attirando
investimenti record da tutto il mondo e a sua volta investendo in tutta la Sfera di Coprosperità, che ora
conta da sola quasi un terzo della popolazione globale, è effettivamente una potenza rivale per gli USA,
inoltre si estendono le collaborazioni fra Lega Araba e Sfera Asiatica, le due potenze sono ormai intrecciate
irrimediabilmente. Con l’invasione USA dell’Afghanistan però il problema si ripresenta: Sostenere i talebani
o le forze “democratiche” USA che, era risaputo, erano venute solo per il petrolio usando le Torri Gemelle
più come scusante (e si ipotizza che fossero pure un falso).
La Lega Araba, benché fortemente orientata ad osteggiare gli USA, è titubante per i massacri compiuti dai
Talebani, e per la prima volta chiedono direttamente l’opinione dell’Imperatore Giapponese, che dopo
lunghe riflessioni decide per la guerra cntro i talebani.
Attenzione, guerra contro i Talebani, nulla viene detto sull’aiutare gli USA, messaggio recepito benissimo
dalla Lega Araba che fonda un proprio comitato di liberazione dell’Afghanistan, indipendente dagli USA, al
fine poi di poter mantenere lo stato indipendente dagli Usa, in tutti i sensi.
Ma è nella stessa NATO che si trovano i primi problemi, dato che l’Unione Europea, capitanata dalla
Francia, inizia a fare la voce grossa e a staccarsi dal controllo americano, al punto da diminuire la presenza
militare in Afghanistan.
Questo conduce da un lato al ritiro anticipato, a fine guerra, delle forze USA (che nella nostra timeline,
chissà perché, stanno ancora là, il chissà perché è ironico, ma c’è anche una ragione di sicurezza reale) che
quindi non proseguono l’occupazione, ma le forze talebane invece non ottengono il sostegno della Lega
Araba e anzi vengono combattute da essa insieme al Giappone e al suo enorme esercito (immaginate se la
Cina avesse invaso l’Afghanistan, per farvi un’idea) e vengono annichilati.
Con la fine delle guerre in medi oriente seguono una serie di scaramucce fra USA che tenta di “esportare la
democrazia e importare il petrolio” e Lega Araba che lotta per l’indipendenza, estendendo la sua influenza
più sotto in Africa.
A concludere tutto ciò tre fattori: la progressiva compenetrazione nel 2000 fra Sfera Asiatica e Lega Araba,
sempre più nazioni hanno la doppia cittadinanza, e inoltre l’avvicinamento fra Unione Europea e Lega
Araba, dettata dalla comune inimicizia verso gli USA e dal progetto tutto italiano di diversi tunnel per
l’importazione di petrolio e per la comune gestione del problema dell’immigrazione e per lo sviluppo del
Nord Africa, sostanzialmente una serie di aiuti reciproci.
A fare da ponte fra i tre mondi, Lega Araba, Unione Europea e Sfera Asiatica sarà la Turchia, che a patto di
molte riforme di stampo laico può entrare nell’EU, già membra della Lega Araba e da poco membro più
occidentale della Sfera Asiatica, mentre il membro più orientale della Lega Araba è la stessa Repubblica
Federale Cinese, da poco entrata nella coalizione, seguita a ruota dalla Mongolia.
La Turchia fa quindi da ponte fra questi tre mondi, si arricchisce con gli scambi mentre fra queste tre entità
si prospettano future unificazioni.
Il primo gennaio del 2050, dopo una serie di trattative a carattere economico, politico, sociale e militare
l’Imperatore del Giappone annuncia la nascita dell’Impero Celeste, un’entità che fonde ideologicamente
l’idea di Impero Celeste cinese, con mandato divino di dominio, e la cultura propria del giappone.
L’Impero si divide in tre sfere concentriche, più si va al centro più si è parte integrante del giappone, più si
va all’esterno più c’è indipendenza.
La parte centrale è l’Impero Giapponese propriamente detto, i cui abitanti possono votare e godono di tutti
i diritti, compreso quello di voto.
La Sfera di Prosperità Asiatica (o Alleanza Asiatica) è una confederazione di nazioni che condividono
l’esercito, gli esteri, l’economia e che riconoscono nell’Imperatore del Giappone il loro sovrano, e che
prendono le decisioni in comune con il Giappone, non hanno diritto di voto ma possono influenzare le
devisioni della Sfera di Prosperità.
Ed infine l’Unione Economica Eurasiatica, unione monetaria ed economica che si estende fal Giappone fino
in Italia e Spagna!
Inoltre c’è qualcos’altro che sta rendendo una potenza il Giappone, ma questa volta è un qualcosa di non
economico, militare o ideologico, ma è prettamente culturale: gli Anime.
La loro produzione inizia già nei primissimi novecento, ma è con la fine della Guerra Fredda (e già da un po’
prima) che si ha la loro diffusione a livello globale: non hanno “qualcosa” di speciale, non hanno trame
innovative (anche se il concetto di “magia” è stato rivoluzionato da anime come Naruto e Dragonball, prima
limitato al concetto occidentale di incantesimo con bacchetta e formula) ma hanno uno stile di animazione
che attira i bambini (ricordando i cartoni animati) e tuttavia ha una trama adulta: a quel tempo infatti non
c’era l’animazione, non c’erano grandi effetti speciali, e i metodi per rappresentare qualcosa fuori
dall’ordinario erano pochi, ed ecco spuntare gli anime: Animati, come i cartoni, ma la cui trama spaziava in
tutti i generi: gialli, fantascienza, fantasy, romantici, azione, erotici, storici, avventura, viaggio,
sentimentale, commedia, tragedia, fasi di vita, per diverse fasce d’età, misti fra queste e moltissimo altro.
Molto prima degli effetti speciali di Hollywood portarono in tutto il mondo invasioni aliene, magie ed
esplosioi, guerre futuristiche, e grazie alla potenza economica del Giappone la loro diffusione fu ancora più
capillare che nella nostra timeline: basti pensare ai negozi dei cinesi che vediamo sotto casa, questa volta
esportavano anche la cultura giapponese, e così gli anime divennero un fenomeno mondiale: ai bambini,
insieme ai capolavory Disney, venivano fatti vedere i film dello studio Ghibili.
I Pokemon, che già da noi ebbero un successo mondiale, qui diventano qualcosa di nemmeno concepibile,
tutti, TUTTI hanno giocato ad almeno un Pokemon, persino nei paesi meno sviluppati è possibile vedere dei
bambini con la nintendo (che ha avuto una diffusione enorme al punto da abbassare notevolmente i propri
prezzi). Gli anime romantici vengono visti dalle coppie tanto quanto i film romantici, Dragon Ball ha un
successo ancora più grande (e ricordiamoci che furono Dragon Ball e Pokemon a portare il Giappone nel
mondo occidentale). I Manga vengono letti insieme e a volte più dei fumetti DC e Marvel, Clannad, l’anime
più triste della storia secondo opinioni unanimi, è anche uno dei capolavori della tragedia moderna, visto in
moltissimi cinema, si diffondono i videogiochi stile Visual Novel (romanzi video giocabili interattivi),
Akihabara diventa una Mecca per Otaku visitatissima, si diffonde capillarmente il fenomeno degli Otaku (a
tutto vantaggio della sua categoria: i Nerd).
I Film di Evangelion sono attesi come quelli di Harry Potter, ma anche la letteratura giapponese ne ricava:
Mishima è accostato a Dannunzio, Banana Yoshimoto è presente in ogni scaffale, la letteratura giapponese
e la lingua giapponese è studiabile al liceo in alternativa a francese, spagnolo e tedesco.
Si diffonde il genere musicale Nightcore (un remix che, oltre a mixare le melodie, le accellera) e la cantante
virtuale Hatsune Miku, l’unica cantante virtuale del mondo, fa concerti anche in america ed è premiata
come una cantante normale. Per il matrimonio del principe del Giappone c’è la diretta come per quello di
William e Kate.
Il Giappone, se come ricavato economico ci guadagna solo in turismo, ha quindi una nuova fetta di
mercato, che si espande ben oltre i confini della Sfera di Prosperità: quella degli Anime, dei Manga, dei
videogiochi, delle Live Action, dei modellini e dei gadget.
Il Giappone quindi, con una storia gloriosa, un’economia e un’industria avanzata, con le tecnologie più
avanzate del mondo (e con la robotica che muove i primi passi verso la commercializzazione) con una
cultura che, veramente, è stata esportata in tutto il mondo, ha davanti a se un futuro luminoso come il Sol
Levante, suo simbolo da secoli.
Nome ufficiale: 大日本帝国 Dai Nippon Teikoku, letteralmente Impero del Grande
Giappone
Capitale: Tokyo-Yokohama (20 milioni di abitanti, la città più popolata al
mondo)
Capo dello Stato: Celeste Imperatore Akihito, dal 1989
Primo Ministro: Shinzo Abe
Superficie: Divisa in Impero Giapponese (comprendente le sezioni di Giappone,
Corea, Indocina, Malesia, Taiwan), Sfera di prosperità asiatica (Impero
Giapponese, Manchokuo, Repubblica Federale Cinese, Mongolia, Tibet e Isole
del Pacifico) e Unione Economica Eurasiatica (Sfera di Prosperità Asiatica,
Maggiorparte della Lega Araba, La parte dell’Unione Europea che è anche
membra della Lega Araba).
Abitanti: 150.695.000
Densità: 350 ab./km²
Divisione amministrativa: 5 Sezioni divise in province e prefetture.
Lingue: Giapponese, Mandarino, Coreano, Mongolo, Cantonese
Religione: 67% non praticante, 34% Buddhismo, 3% Shintoismo (Religione di
stato) 1% Cristianesimo (0,2% Cattolicesimo, 0,7% Protestanti) 1% Altro
Valuta: Yen
Inno Nazionale: Kimi Ga Yo ("Il Regno dell’Imperatore")
Festa Nazionale: 11 Febbraio
PIL: 10.960.051 milioni di $
PIL pro capite: 50.000$
Prefisso telefonico: +81
Targa automobilistica: J
Bandiera dell’Impero Giapponese
Mappa politica dell’Impero Celeste Giapponese
In Rosso l’Impero vero e proprio, in Arancione l’Alleanza Asiatica, in Giallo L’Unione Economica Eurasiatica,
in Verde l’Unione Europea (alleata dell’Impero).