Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino¶28 aprile 2014¶N. 18 9 Ambiente e Benessere I costumi del turismo Ecco come una sirenetta di nome Annette ha cambiato stili di vita, usi e... costumi L’orso potrebbe tornare Finito il letargo, non è da escludere l’eventualità che si ripresenti l’orso: questa volta siamo pronti ad accoglierlo? pagine 12-13 La pianta dei soldi esiste Si chiama Edgeworthia chrysantha, l’arbusto da cui per anni sono state ricavate banconote e carte pregiate Fra parchi e industrie Un running festival all’inglese, quale occasione per scoprire una Londra un po’ più nascosta pagina 15 pagina 11 pagine 18-19 La psicologa e psicoterapeuta Nadine Maetzler. (Vincenzo Cammarata) Come superare un evento traumatico Psicologia Lungo il corso della vita tutti possono doversi confrontare con situazioni critiche per affrontare le quali è necessario un sostegno Maria Grazia Buletti Ciascuno di noi, nel corso della propria vita, può doversi confrontare con un evento critico la cui sofferenza intima importante potrebbe sfociare in un vero e proprio trauma. Le cronache quotidiane raccontano il susseguirsi, anche in Svizzera e in Ticino, di situazioni che finiscono in eventi drammatici per le persone (e indirettamente per i loro soccorritori): atti di violenza, incidenti ferroviari, aerei e automobilistici ed eventi cosiddetti maggiori. Tutti noi ricordiamo alcuni tristi esempi: l’incidente del 2001 nella galleria del San Gottardo, il recente schianto dell’elicottero di Iragna che costò la vita a tre persone, l’omicidio di Damiano Tamagni, l’attentato a Marrakech in cui persero la vita tre giovani ticinesi. Senza tralasciare i suicidi e il trauma con cui questi segnano chi resta e chi soccorre, e senza dimenticare gli atti di abuso sessuale che minano profondamente la vittima e i suoi cari. A tutto ciò vanno ad aggiungersi le catastrofi naturali come frane, valanghe e inondazioni. «Anche la perdita e la morte di qualcuno particolarmente caro, soprattutto se si tratta di un bambino, di un figlio, rappresenta uno degli eventi di vita fra i più traumatici che potrebbe necessitare di un sostegno psicologico per chi lo subisce»: la psicologa e psico- terapeuta Nadine Maetzler è specializzata in psicologia dell’emergenza e con lei affrontiamo il tema del sostegno e dell’intervento psicosociale necessario nelle situazioni traumatiche. «L’intervento alle vittime di un trauma, come pure di chi vi assiste indirettamente, vuole fornire un sostegno psicosociale d’urgenza», puntualizza la dottoressa Maetzler. Sensibile ai fattori in continuo mutamento come l’aumento del traffico stradale, il forte sviluppo del traffico aereo e ferroviario, i mutamenti della società con gli spostamenti più frequenti delle persone da un Paese all’altro, e il crescere di comportamenti violenti nelle relazioni interpersonali, il canton Ticino ha annunciato che da gennaio del prossimo anno sarà operativo un Care team che offrirà sostegno psicosociale alle persone vittime di un trauma, esteso anche a chi ha assistito al tragico evento. Con la dottoressa Maetzler ci addentriamo dunque nel delicato tema dell’intervento: «L’essere umano ha un potenziale di resilienza e, di norma, prova a gestire e integrare l’evento traumatico nella propria biografia. Perciò non tutti i traumi vanno a creare un disturbo», esordisce Nadine Maetzler. Bisogna comunque poter assicurare un sostegno immediato, anche perché la profondità delle feri- te traumatiche differisce da persona a persona e secondo i tipi di traumi con cui ci si trova confrontati: «Parliamo di traumi man made (ndr: perpetrati dall’essere umano) e traumi nature made come valanghe, inondazioni e quant’altro: quelli causati dall’uomo pesano maggiormente sulle vittime, in quanto la violenza di un essere umano verso un altro essere umano comporta la difficoltà di comprensione del motivo dell’accanimento di un consimile sull’altro. Una valanga, in quanto fatto naturale, è più facilmente accettabile e, spesso dunque meno traumatizzante». Dopo un evento traumatico la persona presenta sintomi emotivi come paura, tristezza, rabbia, impotenza, senso di colpa, stordimento e confusione. Si chiede perché sia dovuto succedere proprio a lei, percepisce malessere e ipereccitazione: «Reazioni considerate normali dopo un evento abnorme, se non persistono oltre un mese circa dall’evento traumatico. Qualora i sintomi persistessero nel tempo, parliamo di un disturbo da stress post traumatico le cui tre caratteristiche principali sono riconoscibili con uno stato di allerta e di ipervigilanza, anche di notte con disturbi del sonno, evitamento di luoghi, persone e/o avvenimenti che ricordano l’evento vissuto, e flash back (ricordi intrusivi sotto forma di immagini, incubi, che portano l’individuo a ripercorrere l’evento traumatico con la sua stessa carica emotiva di quando è successo». Pensando all’esempio dell’incidente del pullman di Sierre, dove persero la vita decine di bambini, non possiamo esimerci dal riflettere sul fatto che anche i piccoli possono vivere questi eventi e portarne le conseguenze: «Il bimbo regredisce, abbandona i suoi rituali rassicuranti, il rendimento scolastico cala e fatica a verbalizzare le sue emozioni. Pensiamo ad esempio al trauma che accompagna la perdita di un genitore: il piccolo si trova confrontato con un dolore più grande di lui, si isola, mostra irrequietezza, incubi, paura d’abbandono…». In ogni caso bisogna agire: «Distinguiamo due tipi di intervento di aiuto: immediato e che non si protrae mai più di qualche giorno, riconducibile, più che a una terapia, a un intervento care dopo il quale si attua una sorta di triage che ci permette di valutare se la persona necessita di un aiuto del medico curante, piuttosto che dello psicologo o se dispone di risorse sufficienti per far fronte al proprio percorso». Naturalmente sarà la persona stessa a decidere se accettare o meno la mano che il care giver le porge: «Si tratta di una persona formata e specializzata, con equilibrio psicofisico, sensibilità ed empatia necessarie all’aiuto di altre persone». Nell’ambito della presa a carico di un paziente affetto da disturbo da stress post traumatico è molto interessante il metodo terapeutico E.M.D.R. che ne favorisce l’elaborazione: «L’Eye Movement Desensitization and Reprocessing è una desensibilizzazione e rielaborazione dell’evento traumatico attraverso i movimenti oculari», spiega Maetzler. «Nel 1987 la dottoressa Francine Shapiro ha osservato che il movimento oculare saccadico (ndr: ritmico e ripetuto da sinistra a destra) riduceva lo stress causato da un evento traumatico: in tal modo il terapeuta accompagna il paziente nel ricordo del vissuto e ne desensibilizza le emozioni tramite questi movimenti oculari (o tapping, stimolazione tattile, o stimoli bilaterali sonori)». La dottoressa spiega che questo metodo apparentemente semplice va a stimolare la regione limbica cerebrale, sede delle emozioni: «Al termine rimane il ricordo privato del suo lato emotivo e il disturbo di stress post traumatico si stempera». Se i risultati di questa tecnica risultano essere apprezzabili, la vera difficoltà si rivela essere a monte: «La diagnosi di un disturbo da stress post traumatico è difficile da porre: da un lato necessita un’adeguata formazione di chi si prende cura della persona, dall’altro talvolta il paziente fatica a mostrare la sua situazione in toto», conclude la dottoressa Maetzler.
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