Comunicato stampa - Novo Nordisk Italia

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Diabete e distress, un aiuto anche dalle nuove insuline
Una persona con diabete su 2 soffre il peso della malattia e l’incognita del
futuro - Le nuove insuline più flessibili e con ridotto rischio di ipoglicemia più
vicine ai bisogni della persona
Il diabete non comporta solo il rischio di gravi complicanze a cuore, reni, occhi, quando
non tenuto adeguatamente sotto controllo, ma può avere anche un importante impatto
psico-sociale sulle persone che ne soffrono e sui loro familiari. “Questo è uno dei tanti
aspetti emersi dallo studio internazionale DAWN2™ (Diabetes Attitudes Wishes and
Needs), l’indagine più ampia mai svolta, con lo scopo di fotografare e interpretare il
mondo del diabete dal punto di vista della persona, del familiare e del medico, per
evidenziare in particolare l’impatto della malattia sulla vita di tutti i giorni”, spiega
Antonio Nicolucci, Responsabile Dipartimento farmacologia clinica ed epidemiologia
della Fondazione Mario Negri Sud, centro scelto per elaborare e analizzare i dati dello
studio raccolti nei vari Paesi. Lo studio DAWN2™, realizzato da International Diabetes
Federation (IDF), International Society for Pediatric and Adolescent Diabetes (ISPAD),
International Alliance of Patients’ Organization (IAPO) e Steno Diabetes Center, con il
contributo non condizionato di Novo Nordisk, ha coinvolto, infatti, oltre 15.000 tra
persone con diabete, familiari e operatori sanitari (medici, infermieri, dietisti),
intervistati in 17 Paesi di 4 continenti.
“Nel nostro Paese – dice Nicolucci – emerge una situazione particolare. Una persona
con diabete su 2 dichiara che la malattia causa un elevato ‘distress’. Possiamo definire il
distress come il peso psicologico che la persona con diabete percepisce nel dover
gestire la propria malattia cronica e nel dover affrontare il futuro. Questo dato è
significativamente maggiore della media europea, che si attesta intorno al 40%. Se a
questo dato ne associamo un secondo, legato a come la persona con diabete giudichi
quanto la cura, il dover assumere continuativamente farmaci per tutta la vita,
compresse o ancor peggio insulina per via iniettiva, interferisca negativamente con i
propri progetti di vita e la quotidianità, emerge un chiaro quadro di disagio.” Se tutto
ciò non bastasse, Nicolucci aggiunge un carico: “relativamente alla cura, il 60% delle
persone con diabete dichiara di temere il rischio di ipoglicemia, con tutto il corredo di
problematiche connesse, dall’impatto negativo su attività lavorativa, vita sociale, guida,
pratica sportiva, tempo libero, sonno, sino alla tendenza emersa da diversi studi che
hanno documentato come chi abbia avuto esperienza di ipoglicemia, specie se grave,
tenda a diminuire l’adesione alla terapia e agli stili di vita raccomandati, riportando, in
un perverso circolo vizioso, peggiore qualità di vita e maggiori preoccupazioni legate
alla malattia”. E ciò risulta vero e confermato anche dalle dichiarazioni dei familiari che,
a loro volta, si dicono, per il 64% preoccupati per il rischio di ipoglicemia cui può
andare incontro il proprio congiunto.
Quanto la modalità di cura della malattia e la paura dell’ipoglicemia abbiano un pesante
impatto sull’equilibrio della persona con diabete è ben conosciuto. “È noto come un
buon controllo metabolico sia in grado di prevenire lo sviluppo e la progressione delle
complicanze croniche del diabete: retinopatia, nefropatia, neuropatia, malattia
cardiovascolare”, dice Simona Frontoni, Responsabile UO Diabetologia Ospedale
Fatebenefratelli, Isola Tiberina, Roma. “Tuttavia, fino ad oggi, il prezzo da pagare per
ottenere e mantenere valori di emoglobina glicata considerati ottimali, nelle diverse
categorie di persone con diabete, è stato molto elevato. In primo luogo, per il pericolo
di ipoglicemia che, oltre a rappresentare un fattore di rischio per mortalità e morbilità
cardiovascolare, ha un impatto devastante sulla qualità di vita della persona. Poi, per la
terapia insulinica , necessaria al raggiungimento di questo controllo ottimale, che ad
oggi necessita di schemi estremamente rigidi, con una mancanza di flessibilità che
impatta anch’essa pesantemente sulla qualità di vita del paziente”, prosegue.
Questi problemi dovrebbero essere superati dalle nuove insuline, come l’insulina
degludec, analogo dell’insulina caratterizzato da durata d’azione superiore alle 24 ore e
con un effetto metabolico distribuito uniformemente nel corso della giornata, la cui
ridotta variabilità di assorbimento assicura un profilo glicemico più stabile con
un’importante riduzione del rischio di ipoglicemia. “L’insulina degludec permette di
superare le criticità sin qui esposte, in virtù delle sue caratteristiche innovative. Infatti,
gli studi a nostra disposizione dimostrano che, a parità di controllo glicemico, l’insulina
degludec determina un numero di ipoglicemie significativamente inferiore, rispetto
all’insulina glargine . Questo aspetto è di particolare interesse, perché riguarda anche
le ipoglicemie notturne, che rappresentano uno dei timori più avvertiti dalla persona
con diabete trattata con insulina. Inoltre, le caratteristiche cinetiche di questa insulina
consentono una grande flessibilità nei tempi di somministrazione, tale che il paziente
può ‘modulare’ la distanza tra una somministrazione e l’altra, quando necessario nella
vita di tutti giorni”, conclude Frontoni.
“Lo studio DAWN2™ è il primo studio di queste dimensioni che ponga particolare
attenzione agli aspetti psico-sociali della gestione del diabete, coinvolgendo non solo le
persone con la malattia, ma tutti coloro che hanno a che fare con il diabete, familiari
per primi”, sostiene Salvatore Caputo, Presidente di Diabete Italia. “Il Progetto di
indagine DAWN™, iniziato diversi anni fa con il primo studio DAWN™, ha sicuramente
contribuito a modificare il modo in cui noi medici guardiamo alla malattia diabetica: non
solo la cura della glicemia, ma la necessità di presa in carico della persona che, proprio
per quanto emerge da questi dati, ha bisogno non solo di farmaci, ma di essere
compresa, aiutata ed educata a convivere con il diabete. E tutto ciò si riverbera anche
nelle politiche che vengono messe in atto nel nostro Paese nel quale, prima con la legge
115 del 1987, successivamente con il Piano nazionale per la malattia diabetica del
2013, si vuole porre la persona con diabete al centro del sistema”.
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