Le reti mobili alla prova della virtualizzazione

DELLE
n°6. 7 aprile 2014
www.corrierecomunicazioni.it
5
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IL
FOCUS
I nodi del 4G
alessandrolongo
I vendor di reti stanno lavorando su un ventaglio di tecnologie di nuova generazione e le
stanno cominciando a installare
in alcuni Paesi. La più rivoluzionaria al momento sembra la
Network function virtualization (Nfv), perché è un cambio
radicale nell’architettura delle
reti. È in sostanza il paradigma
del cloud computing che sbarca anche sulle reti mobili: per
semplificarle e ridurre i costi per
gli operatori fino all’80%, secondo stime degli stessi vendor.
All’avanguardia nell’adozione,
a riguardo, sono gli operatori
statunitensi, mentre al momento
quelli italiani riferiscono al nostro giornale di stare valutando
la nuova tecnologia.
“La Network function virtualization è certo la più interessante tra le nuove tecnologie che si
stanno affacciando nel campo
delle reti”, spiega Gianluca
Baini, presidente South Mediterranean Countries AlcatelLucent. Le attuali reti, non ancora virtualizzate, hanno bisogno
di un apparato per ogni funzione
che devono svolgere. Con la Nfv,
invece, gli operatori possono
usare lo stesso apparato per diverse funzioni, creando diversi
ambienti virtuali, separati. “La
funzione di rete è un software
installato su una macchina vir-
Gli usa capofila
Gli operatori
statunitensi sono
già molto avanti
nei test della nuova
tecnologia mentre
in Europa si va più
al ralenti. In Italia
ancora in fase di
valutazione.
In parallelo riflettori
puntati anche sui
Software defined
network che consente
la programmazione
dei nodi di rete
Le reti mobili alla prova
della virtualizzazione
► Network function virtualization: è la tecnologia che rivoluziona l’architettura
delle reti facendo leva sul paradigma cloud. Per gli operatori risparmi fino all’80%
di rete, con ulteriori tagli di costi.
Affine a questo approccio sono i Software defined network,
cioè la possibilità di programmare ciascun nodo di rete tramite interfacce di controllo. L’operatore
quindi, dalla “stanza dei bottoni”
potrebbe configurare a distan-
za e ottimizzare come meglio
crede i punti della rete, in modo
dinamico, con una flessibilità
che non sarebbe possibile con
un’architettura tradizionale. Ne
derivano non solo risparmi per
gli operatori ma anche la possibilità di lanciare nuovi servizi
Ict ad aziende e privati, grazie
alla facoltà di distribuire risorse
di rete quando servono laddove
servono, momento per momento.
Verizon (Usa) e Ntt Communications (Giappone) sono tra i primi
operatori a adottare le reti Sdn.
Le reti devono evolvere an-
Tecnologie
Meno hardware
sul territorio
e più controllo
centralizzato
tuale all’interno di un datacenter
dell’operatore, invece che nelle
stazioni radio base come avviene adesso. Significa avere più
centralizzazione, meno hardware
sparso per il territorio: la rete diventa più semplice e meno costosa di conseguenza”, dice Baini.
“Lo facciamo già con due operatori americani e uno francese. Ma
un po’ tutti i principali operatori
stanno facendo studi di fattibilità
per l’Nfv”.
“La prima funzione che viene
virtualizzata è l’Ims, la piattaforma che gestisce le chiamate su
protocollo Ip”, continua Baini.
Conferma Benedetto di Salvo,
sales director di Huawei: “Abbiamo già virtualizzato l’Ims
per alcuni operatori europei, su
reti già in uso”. “Una seconda
funzione - aggiunge Baini - che
può essere virtualizzata già ora
è il routing (instradamento del
traffico Ip) su reti Lte. La terza
è il processing dell’accesso alle
stazione radio base”.
Grazie a questo approccio,
inoltre, gli operatori potranno
usare nei propri datacenter apparati standard, per le funzioni
Via alla carrier aggregation
► Per massimizzare le performance si sfruttano bande diverse
Lo standard 4G ha appena cominciato a
prendere il volo e alle porte c’è la sua evoluzione più
interessante, l’Lte Advanced, a cui guardano tutti gli
operatori: dal 2015 porterà più velocità (fino a 300
Mb), migliore copertura del segnale e migliore user
experience.
Per la precisione, sulle reti italiane (da qualche
settimana) è installato l’Lte Cat 4, che è già un passo
avanti rispetto al primo tipo di Lte sbarcato in Italia
(Cat 3). La Cat (categoria) 4 arriva infatti a 150/50
Mb, contro i 100/50 Mb della Cat 3. C’è però un
problema. Come spiegano da Telecom Italia, “per
arrivare a 150 Mb servirebbero 20 MHz contigui nelle
disponibilità degli operatori mobili”. Così non è, ma
per fortuna giunge in soccorso una caratteristica
dell’Lte Advanced (Lte Cat 6): la tecnologia Carrier
Aggregation, che consente agli operatori di aggregare
bande di frequenza disparate e quindi aumentare le
prestazioni massime raggiungibili. Carrier Aggregation sarebbe quindi, per l’immediato, un rimedio alla
fame di frequenze degli operatori, per sfruttare meglio
quelle già assegnate. Gli operatori devono mettere
assieme 40 MHz (con la Carrier Aggregation), per
arrivare a 300 Mb.
Contribuiscono a migliorare il servizio altri due
elementi: i sistemi multi antenna per le prestazioni di
picco e le antenne attive per aumentare capacità a
parità di banda di frequenza utilizzata e ridurre i livelli
di interferenza. Miglioreranno la qualità della connessione anche le tecnologie Coordinated Multi-Point Tx/
Rx ed enhanced Inter-Cell Interference Coordination.
La prima serve a migliorare la qualità trasmissiva
coordinando diverse base station (antenne della rete).
La seconda riduce le interferenze tra base station.
Entrambe serviranno insomma a migliorare il segnale
all’utente, anche su reti complesse ed eterogenee,
dove alle normali celle degli operatori verranno affiancate celle più piccole. Aspettiamocelo: nei prossimi
mesi dovrebbero nascere celle più piccole, anche
collegate agli armadi stradali forniti di fibra ottica, per
dare copertura e banda in punti particolari del territorio: dove il segnale è debole (in case, uffici) o dove c’è
alto rischio di congestione (stadi, aeroporti).
Analogamente, Relay technology (un’ultima caratteristica di Lte Advanced) migliorerà il segnale ai bordi
della rete (dove altrimenti sarebbe debole o assente).
Tutto questo potrebbe arrivare sulle reti già entro
fine anno, fanno sapere da Vodafone, che ha fatto
a febbraio il primo test pubblico di Lte Advanced,
a Napoli (raggiungendo i 250 Mb). I dispositivi Lte
Advanced (smartphone, tablet e chiavette) arriveranno
però nel 2015, quindi gli utenti dovranno aspettare l’anno prossimo per fruire del nuovo standard.
Teniamo conto che solo da poche settimane sono sul
mercato i primi smartphone Lte Cat 4.
In parallelo, gli operatori stanno sperimentando due
servizi che si aggiungono alle reti Lte: il VoLte (già usato negli Stati Uniti e Corea del Sud) e Lte Broadcast.
Il primo è la possibilità di fare telefonate su rete 4G
(che adesso invece in Italia offrono solo internet), con
un miglioramento della qualità della chiamata rispetto
al 3G. La seconda è l’offerta di servizi televisivi sulle
normali reti mobili (a differenza del fallimentare Dvb-h,
che richiedeva frequenze e reti ad hoc).
Lo standard Lte prevede due altre evoluzioni (Cat
7 e 8), che porteranno al 2020 e a velocità fino a 3
Gbps. Oltre, c’è il 5G: future tecnologie, ancora non
standardizzate. A.L.
che per risolvere un dilemma.
Internet mobile acquista un’importanza crescente per gli utenti,
che sono quindi sempre meno
disposti a tollerare inefficienze
nella navigazione; al tempo stesso la rete viene sottoposta a maggiori stress per l’aumento delle
connessioni e del traffico. Una
soluzione è disseminare piccole
celle radiomobili sul territorio, in
modo da avere una copertura più
fine ed efficiente. Un’idea recente è collegare le piccole celle alla
fibra ottica che arriva fino agli armadi stradali (per la Vdsl2). La
fibra insomma farebbe da ponte
tra le piccole celle e il resto della
rete dell’operatore. Lo sviluppo
di reti banda ultralarga fissa (fibra fino agli armadi) gioverebbe
quindi anche a internet su rete
mobile. “Lo facciamo già negli
Usa e in Cina e presto in Brasile
con Tim Brasil, che ha già firmato il contratto”, sottolinea Baini.
Maggiori risorse verranno naturalmente dall’evoluzione dello
standard Lte, a cui lavorano tutti
gli attori (i vendor di reti e chip,
come anche Qualcomm e Intel).
La prossima versione dello
standard è l’Lte Advanced, prevista per il 2015. Fornirà più del
doppio della velocità (rispetto
all’attuale Lte), a parità di frequenze disponibili presso gli operatori. Al tempo stesso, riuscirà a
gestire meglio le reti eterogenee
(composte anche di piccole celle), perché riesce a evitare le interferenze tra le diverse antenne
poste vicine.
Ma si guarda anche oltre l’Lte,
verso il 5G, “su cui stiamo investendo dal 2009 - puntualizza Di
Salvo - nei nostri grossi centri
R&D in Europa e con i programmi Horizon 2020. Metteremo 600
milioni di dollari entro il 2018 sul
5G, che già in laboratorio ha offerto velocità fino a 115 Gb”.