Leggi la rassegna stampa del 26 marzo 2014

mercoledì 26 marzo 2014
RASSEGNA STAMPA
MEDIAZIONE
Mediazione con tempi lunghi
Italia Oggi pag. 38 del 26/03/2014
STUDI PROFESSIONALI
Contratti a tempo anche negli studi
Il Sole 24 Ore pag. 39 del 26/03/2014
INCENTIVI
Start up innovative, mini aiuti
Italia Oggi pag. 36 del 26/03/2014
Modello Ire, c’è tempo fino al 31 marzo
Italia Oggi pag. 36 del 26/03/2014
38
Mercoledì 26 Marzo 2014
I M P O S T E E TA S S E
La legge di stabilità 2014 ha posto il reclamo passaggio necessario per il ricorso
Mediazione con tempi lunghi
Sulla revisione delle sanzioni calcolo di 120 giorni
DI
FABRIZIO G. POGGIANI
P
er la rivisitazione delle sanzioni nell’ambito della mediazione, il
contribuente ha sempre al massimo 120 giorni
(90+30), dalla notifica dell’atto impugnabile, per il deposito
del ricorso.
I contribuenti, inoltre, devono fare estrema attenzione
ai termini per la costituzione
in giudizio, con particolare
riferimento agli atti notificati prima del 2 marzo scorso, a
prescindere da quanto indicato dall’ufficio periferico nella
proposta di mediazione.
La lettera b), del comma
611, dell’art. 1, della legge
147/2013 (Stabilità 2014) ha
introdotto il nuovo comma
2, nell’art. 17-bis, del dlgs.
546/1992, il quale dispone che
la presentazione del reclamo
sia condizione di «procedibilità» del ricorso. Di conseguenza, in caso di deposito del
ricorso da parte del contribuente prima del decorso dei
90 giorni, le Entrate potranno
rilevare, in sede di costituzio-
ne in giudizio, l’improcedibilità che permetterà ai giudici
aditi di rinviare la trattazione
della controversia, al fine di
esperire preventivamente la
procedura di mediazione.
Come indicato in un recente
documento di prassi sul tema
(circ. 1/E/2014), il citato comma della legge di Stabilità
2014, ha previsto che le modifiche intervenute si rendono
applicabili agli atti notificati
dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore
della detta legge ovvero dal 2
marzo scorso; per atti notificati, ancorché non chiaramente
individuati e definiti, si devono intendere quelli impugnabili e, appunto, notificati a
decorrere dal 2/03/2014.
Come indicato nella circolare indicata (§ 5.1), per gli
atti impugnabili, notificati
in data anteriore al 2 marzo
scorso, rimangono in piedi i
vecchi termini ovvero quelli
che non tenevano conto della sospensione feriale, con il
deposito entro 30 giorni, dal
decorso dei 90 giorni in caso
di silenzio (nessuna proposta
di mediazione) o rivisitazione
delle sanzioni, o dalla notifica della risposta (negativa e/o
positiva) all’istanza di mediazione presentata.
Al contrario, per gli atti
notificati dopo il 2 marzo, il
contribuente dovrà depositare il ricorso in commissione
tributaria entro i 30 giorni
decorrenti dal termine dei 90
giorni, a prescindere da notifiche di dinieghi o di proposte
di mediazione.
Per gli uffici, infatti, la rivisitazione delle sanzioni applicabili non corrisponde né a un
diniego né a un accoglimento,
parziale o totale, del reclamo,
con la conseguenza che restano sempre fissi i 90 + 30 giorni, a prescindere che l’atto sia
notificato in data anteriore o
successiva al 2 marzo scorso.
La differenza è oggi chiara e
l’Agenzia delle Entrate l’ha indicata nel documento di prassi
richiamato: diversamente da
quanto stabilito dalla precedente formulazione, la notifica del provvedimento, che
respinge e/o accoglie l’istanza
di reclamo e mediazione, non
risulta “rilevante” ai fini della
decorrenza dei termini per la
costituzione in giudizio delle
parti, per gli atti impugnabili
notificati a partire dal 2 marzo
scorso.
Posto che la domanda di
mediazione potrebbe compromettere la difesa del contribuente, si ritiene opportuno
evitare una proposta chiedendo, nell’ambito del reclamo, la
mediazione «in via subordinata» rispetto alla domanda
di annullamento (sia essa
parziale o totale) dell’atto o,
addirittura, evitare di chiederla, stante il fatto che la stessa
deve essere comunque predisposta dall’ufficio dell’Agenzia
delle entrate.
Nella proposta, notificata al
contribuente e al professionista, gli uffici territoriali indicano sovente la possibilità che,
nel caso il contribuente decida
di non accettare quanto formulato dall’Agenzia delle Entrate, lo stesso può costituirsi
in giudizio, ai sensi del comma
9, dell’art. 17-bis e dell’art. 22
del dlgs. 546/1992, a partire
da una certa data ed entro un
determinato termine.
Sul punto è essenziale verificare quando il provvedimento di accertamento o liquidazione è stato notificato, al fine
di verificare l’esattezza dei
dati espressi nella proposta di
mediazione formulata dall’ufficio giacché, se i termini indicati in tale proposta risultano
errati e il contribuente li ha
seguiti, il ricorso potrebbe risultare tardivamente depositato, con tutte le conseguenze
del caso.
Pertanto, stante l’incerta
natura giuridica della proposta di mediazione, che potrebbe anche essere predisposta
dal contribuente in sede di
presentazione del reclamo, e
la non impugnabilità della
stessa anche in presenza di
indicazioni (termini) errate,
con la possibilità di chiedere la rimessione in termini,
in presenza dei presupposti,
di cui al comma 2, dell’art.
153, cpc, si rende opportuno
verificare sempre il termine
massimo per il deposito del
ricorso.
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Per i crediti di imposta
ufficiale il taglio del 15%
Cooperative
senza la confisca
Iva, il rimborso
passa dal bilancio
Uffi ciale la prima sforbiciata ai crediti d’imposta
prevista dalla legge di stabilità 2014. Dallo scorso
1° gennaio sono tagliati del 15% gli aiuti fiscali a chi
gestisce sale cinematografiche e reti di teleriscaldamento alimentati a biomasse, come pure alle nuove
iniziative imprenditoriali e agli acquisti di veicoli
ecologici (elettrici, a gpl o ibridi). Scatterà solo dal
2015 invece la tosatura del 15% all’agevolazione sul
gasolio degli autotrasportatori. Intervento, questo,
che da solo vale circa 270 milioni di euro annui. È
quanto prevede il dpcm 20 febbraio 2014, pubblicato
sulla GU 67 del 21 marzo.
L’esecutivo dà così attuazione alla prima tranche
di riduzioni, garantendo alle casse pubbliche un risparmio per il corrente anno di 247 milioni di euro.
Rideterminati anche gli stanziamenti disponibili per
i crediti d’imposta riconosciuti ai soggetti che concedono borse di studio a studenti universitari, a chi
distribuisce, vende o noleggia opere dell’ingegno digitali e a chi assume personale altamente qualificato
ai sensi del dl. 83/2012.
Per tutte queste tipologie di aiuti la riduzione scatterà con riferimento alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2014. Plafond finanziario abbassato
all’85% di quanto originariamente spettante pure per
gli incentivi agli investimenti agricoli previsti dalla
Finanziaria 2007 e al tax credit per le imprese che
finanziano progetti di ricerca in università ex dl n.
70/2011. In questo caso non si tratta però di un taglio
vero e proprio, ma solo di un differimento temporale
nella fruizione: il restante 15% sarà utilizzabile in
tre quote annuali a partire dal 2015.
L’articolo 6 del dpcm precisa infi ne che agli altri
crediti d’imposta indicati nell’elenco 2 della legge
n. 147/2013 vengono (almeno momentaneamente)
lasciati indenni. Tra questi ci sono le agevolazioni
fiscali ai titolari di licenza taxi o ncc, gli sgravi per
i lavoratori marittimi imbarcati su navi iscritte al
registro internazionale e i benefici tributari a favore della produzione e diffusione di musica italiana.
Nel triennio 2014-2016 il risparmio complessivo per
l’erario sarà di circa 900 milioni di euro.
Valerio Stroppa
Non scatta la confisca per equivalente
sui beni della cooperativa per i reati
fiscali dell’amministratore. Infatti,
mancando un’espressa previsione nel
dlgs. 231/01, anche dopo le Sezioni
unite del 5 marzo scorso che hanno in
parte sdoganato la misura sui beni degli
enti (sentenza n. 10561), il sequestro
si applica soltanto se la società è un
apparato fittizio.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 13990
del 25 marzo 2014, ha respinto il ricorso della procura di Genova.
La vicenda riguarda l’amministratore di
una cooperativa accusato per il mancato versamento delle ritenute alla fonte.
Sui suoi beni era scattato il sequestro
finalizzato alla confisca: conti personali, immobili e cassette di sicurezza.
Ricorre la pubblica accusa sostenendo
che la misura dovesse colpire anche in
beni della società. La tesi è stata respinta dalla terza sezione penale che,
pur prendendo atto della recente soluzione del contrasto giurisprudenziale
in materia, ha comunque escluso che la
confisca possa essere disposta quando
l’impresa non è solo uno schermo, un
organismo fittizio.
In altre parole, per gli Ermellini, «non
è possibile la confisca per equivalente
di beni della persona giuridica per reati
tributari commessi da suoi organi, salva l’ipotesi in cui la persona giuridica
stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo».
Debora Alberici
Più difficile per le società ottenere il
credito d’imposta disconosciuto dal
fisco. Infatti, per il diritto al rimborso
Iva non è suffi ciente la richiesta in
dichiarazione ma è necessario il bilancio di esercizio.
È quanto affermato dalla Cassazione che, con l’ordinanza n. 6947 del
25 marzo 2014, ha respinto il ricorso
di una srl. Per la sesta sezione – T,
quindi, incombe sul contribuente, il
quale invochi il riconoscimento di un
credito d’imposta, l’onere di provare i
fatti costitutivi dell’esistenza del medesimo, e, a tal fine, non è sufficiente
l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale
non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del
tributo.
In questo caso, precisano gli Ermellini, la società contribuente avrebbe
dovuto fornire la prova dell’esistenza dello stesso mediante esibizione
quanto meno del bilancio di esercizio, non essendo sufficiente la mera
indicazione del credito in Unico.
Ma non è ancora tutto. In motivazione
il Collegio di legittimità precisa inoltre che alcuna efficacia sanante della
omessa presentazione ha l’eventuale
pagamento dell’oblazione Iva, poiché
tale norma consente al contribuente,
con il pagamento entro certi termini
del sesto del massimo della pena prescritta per la detta violazione, esclusivamente di evitare l’irrogazione della
sanzione, e non anche la salvezza di
quelli che sarebbero stati gli effetti
della dichiarazione poi non presentata, tra i quali appunto la possibilità di
portare successivamente in detrazione crediti d’imposta non computati.
Debora Alberici
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I testi delle sentenze sul sito
www.italiaoggi.it/documenti
Dipendenti studi professionali
Pagina 8
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I M P O S T E E TA S S E
Mercoledì 26 Marzo 2014
Detrazioni e deduzioni per i conferimenti non risolvono i problemi iniziali delle società
Start up innovative, mini aiuti
L’agevolazione è circoscritta agli aumenti di capitale
DI DIEGO ANNARILLI
E FLAVIO NOTARI
Così gli aiuti
eduzioni e detrazioni
fiscali per chi investe
in start up innovative a portata ridotta.
Limitare l’agevolazione ai
conferimenti con «aumento di
capitale», invece che considerare qualsiasi incremento del
patrimonio netto circoscrive
infatti fortemente la portata
agevolativa delle disposizioni.
Sulla Gazzetta Ufficiale del
20 marzo 2014, n.66, è stato
pubblicato il decreto del Mef,
di concerto con il Mise, del 30
gennaio 2014, attuativo delle agevolazioni fiscali riconosciute dall’art.29 del Decreto
Crescita 2.0 ai soggetti che
effettuano investimenti in
start up innovative (si veda
ItaliaOggi del 21 marzo
scorso).
Il decreto definisce i
soggetti interessati, gli
investimenti agevolabili, nonché le ipotesi
di decadenza. Le agevolazioni in commento
consistono, per ciascun
periodo d’imposta fino al
2016, nel riconoscimento
di una detrazione Irpef
del 19% dei conferimenti
rilevanti, per un importo
non superiore a 500 mila
euro, e in una deduzione
Ires del 20% dei conferimenti rilevanti, per un
importo non superiore a
1.800.000 euro in ciascuno degli anni.
L’art.4 del decreto dispone
che le suddette agevolazioni
si applicano ai conferimenti
in denaro iscritti alla voce
del capitale sociale e della
riserva da sovrapprezzo di
azioni o quote delle start up
innovative o delle società di
capitali che investono prevalentemente in start up
innovative, anche in seguito
alla conversione di obbligazioni convertibili in azioni
o quote di nuova emissione,
nonché agli investimenti in
quote di Oicr. Viene, inoltre,
precisato che si considerano
Le agevolazioni per le start up innovative consistono, per ciascun periodo d’imposta fino al 2016, nel
riconoscimento di
a) una detrazione Irpef del 19% dei conferimenti rilevanti, per un importo non superiore a
500.000 euro;
b) una deduzione Ires del 20% dei conferimenti rilevanti, per un importo non superiore a
1.800.000 euro in ciascuno degli anni
D
conferimenti in denaro anche
la compensazione dei crediti
in sede di sottoscrizione di
aumenti di capitale (ad eccezione dei crediti risultanti da
cessioni di beni o prestazioni
di servizi diverse da quelle
previste dall’art.27 del Decreto Crescita 2.0).
A tal proposito i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle
entrate con riferimento al bonus capitalizzazioni espressi
nella circolare 21 dicembre
2009, n.53/E, sembrerebbero poter essere mutuati al
caso di specie nella misura
in cui viene precisato che, ai
fini dell’agevolazione, rilevano solamente gli aumenti di
capitale conclusi e non anche
quelli meramente sottoscritti
ma non versati o gli aumenti
di capitale cd. «nominali» effettuati mediante conversione di riserve disponibili.
A titolo esemplificativo non
dovrebbero assumere rilievo,
ai fini dell’agevolazione, gli
apporti derivanti da versamenti in denaro a fondo perduto destinati a incrementare
riserve di patrimonio netto,
così come la rinuncia incondizionata dei soci al diritto di
restituzione dei crediti vantati nei riguardi della
società; ipotesi queste
in cui si genera comunque un rafforzamento
patrimoniale della
start up. Ma le dinamiche dei primi anni
di vita della società
innovativa sono spesso
caratterizzate proprio
dalla presenza di perdite d’esercizio, per la
copertura delle quali
sarebbe senz’altro più
efficiente (ed economico), a parità di patrimonio netto, poter
contare su riserve disponibili piuttosto che
su un capitale sociale
da dover abbattere e, se del
caso, ricostituire. L’esigenza
di garantire maggiore certezza ha indotto il legislatore ad
adottare una procedura più
rigorosa che prevede l’intervento obbligatorio di un notaio, tuttavia tale scelta potrà
avere riflessi negativi sull’efficacia dell’intervento.
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La circolare delle
Entrate sul sito
www.italiaoggi.it/
documenti
Rifiuti assimilati, no Tari
per le superfici produttive
Non sono più soggette al pagamento della Tari le superfici in cui vengono prodotti rifiuti speciali assimilati
agli urbani che il produttore dimostri di avviare
al recupero. È quanto prevede l’articolo 1, comma
661, della legge di Stabilità (147/2013) in seguito
alle modifiche apportate dall’articolo 2, comma 1,
lettera e) del dl 16/2014.
Il dl sulla finanza locale, dunque, ha risolto la questione dei rifiuti speciali assimilati agli urbani.
Nonostante il ministero dell’ambiente fosse intervenuto nelle settimane scorse con una circolare
per fornire dei chiarimenti, sussisteva un contrasto
insanabile tra i commi 649 e 661 che affermavano
regole diverse. In base a quanto disposto dall’articolo 1, comma 649, erano soggette alla Tari le
superfici produttive di rifiuti speciali assimilati agli
urbani. In questo caso l’amministrazione comunale
poteva prevedere riduzioni tariffarie proporzionali
alle quantità di rifiuti che le imprese produttrici
dimostrassero di avviare al recupero. L’agevolazione fiscale non si applicava alla quota fissa, ma solo
alla parte variabile della tariffa. Mentre, per gli
stessi rifiuti il comma 661 stabilisce che il tributo
non è dovuto se il produttore dimostri di avviarli
al recupero. Era del tutto evidente il conflitto tra
le due norme. La seconda disposizione, in realtà,
sottrae al comune qualsiasi potere decisionale riconosciuto dalla prima in ordine alla concessione
dell’eventuale riduzione tariffaria, tra l’altro ex
lege limitata solo alla parte variabile della tariffa.
Il contrasto tra le due disposizioni è stato superato con l’ultimo intervento normativo. L’articolo 2,
comma 1, lettere e) del dl 16/2014 ha abrogato il
secondo periodo del comma 649, non riconoscendo
al comune alcun potere decisionale sulla scelta di
concedere o meno la riduzione tariffaria. Viene invece mantenuta ferma la previsione contenuta nel
comma 661, in base al quale il tributo non è dovuto
per le quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di avviare al recupero. Tuttavia, nonostante le regole siano ormai chiare, in consiglio
regionale lombardo, a larga maggioranza, è stata
lo stesso approvata ieri una mozione con la quale
viene chiesto alla giunta di sollecitare il Governo a
rivedere la normativa sui rifiuti speciali assimilati
agli urbani. Nella mozione presentata in consiglio
regionale si sollecita la giunta a intervenire per
rivedere il trattamento della Tari sui rifiuti speciali
assimilati che le imprese smaltiscono autonomamente senza utilizzare il servizio comunale. Viene
infatti evidenziato che nella legge di stabilità «convivono due disposizioni contraddittorie», in cui una
nega e l’altra afferma l’esclusione dalla tassazione
per i produttori che avviano i rifiuti al recupero.
Disposizioni contraddittorie che, come si è visto,
in realtà non esistono più
Sergio Trovato
© Riproduzione riservata
GIURISPRUDENZA CASA
TERRAZZA A LIVELLO, RIPARTIZIONE SPESE
«In tema di condominio negli edifici, il criterio di ripartizione fra i condòmini delle spese di riparazione o
di ricostruzione delle terrazze a livello che servano di
copertura dei piani sottostanti, fissato dall’art. 1126 cod.
civ. (un terzo a carico del condòmino che abbia l’uso esclusivo del lastrico o della terrazza; due terzi a carico dei
proprietari delle unità abitative sottostanti), è applicabile
in ogni caso di spesa, ordinaria o straordinaria, di manutenzione o di rifacimento, che riguardi la struttura delle
terrazze stesse e la loro finalità di copertura, escluse le
spese dirette unicamente al miglior godimento delle unità
immobiliari di proprietà individuale di cui le terrazze
siano il prolungamento». La sentenza, di grande utilità
pratica, è della Cassazione (n. 16583/’12, inedita).
a cura dell’Ufficio
legale della Confedilizia
Modello Ire, c’è tempo fino al 31 marzo
Per compilare il modello Ire (Interventi
di riqualificazione energetica) c’è tempo
fino alla fine di marzo.
La mancata od omessa presentazione,
però, non comporta la decadenza dall’agevolazione fiscale. In questo caso, infatti,
è prevista la solo sanzione pecuniaria
variabile da 258 a 2.065 euro. Questo il
chiarimento in relazione alla detrazione
d’imposta del 55% e del 65% fornito, ieri,
dall’Agenzia delle entrate, pubblicato su
FiscoOggi.
Nel dettaglio le Entrate ricordano che
«il modello Ire deve essere presentato in
via telematica, direttamente dal contribuente o tramite intermediario abilitato,
entro 90 giorni dalla fine di ogni anno
(quindi, entro il 31 marzo per le persone
fisiche e i soggetti con periodo d’imposta
coincidente con l’anno solare), esclusivamente nel caso in cui gli interventi di
riqualificazione energetica proseguano
oltre il periodo d’imposta». Esclusi, quindi, dall’obbligo i contribuenti i cui lavori
siano stati iniziati e conclusi nello stesso periodo di imposta. L’amministrazione
finanziaria ha, inoltre, ricordato come,
«fino al 31 dicembre 2014, la detrazione
di imposta per la riqualificazione energetica di un immobile sarà del 65%, mentre
scenderà al 50% per le spese che saranno
effettuate nel 2015».