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Dal 770 la prova dell’omesso versamento di ritenute
Renzo La Costa
La prova della certificazione rilasciata ai sostituiti può risultare dalla dichiarazione
effettuata dall’individuo nel modello 770, nel quale, in veste di sostituto di imposta, aveva
dichiarato l’ammontare da lui dovuto a titolo di ritenute sui redditi di lavoro . Lo afferma la
Corte di Cassazione in sentenza 15 settembre 2014, n. 37730. Il Tribunale dichiarava XXX
colpevole dei reati di cui agli arti. 10 ter d.lvo 74/2000, per aver omesso, quale legale
rappresentante di una SRL, di versare – oltre l’Iva dovuta, le ritenute operate sugli
emolumenti erogati . Proposto l’appello, la Corte investita lo rigettava. Nel ricorrere
ulteriormente per Cassazione, l’imputato sosteneva che il modello 770 indicato dai giudici
di merito non può ritenersi idoneo ai fini probatori posto che la norma incriminatrice
richiede la prova, a carico dell’accusa, che le ritenute il cui versamento sia stato omesso,
per l’ammontare rilevante secondo la soglia di punibilità indicata dalla legge, siano quelle
risultanti da altra prova documentale, non fornita nel caso di specie, e non surrogabile da
altra documentazione. Prova documentale la cui funzione, peraltro, è legalmente diversa.
Ha premesso la suprema Corte che ai sensi dell'art. 10-bis del d.lvo n. 74/2000, la
sanzione si applica a chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione
della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione
rilasciata ai sostituiti". Orbene, al fine di comprendere il dettato normativo, è opportuno
ricordare che la norma in esame è stata introdotta successivamente all’entrata in vigore del
citato d.lvo, dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1 comma 414, per colmare il vuoto
normativo determinatosi a seguito dell’intervenuta abrogazione, ad opera dello stesso
D.Lvo 74/ 2000, art. 25, dell' art. 2 della L. n. 516/82, che prevedeva la stessa fattispecie di
reato. Per effetto di tale abrogazione nel testo originario del d.lvo 74/2000 non figuravano
fattispecie di reato in continuità normativa rispetto a quella di cui al citato art. 2 della L. n.
516/82 . L’art. 10 bis d.lvo n 74/000, pur costituendo una nuova fattispecie criminosa
introdotta dalla novella citata, senza alcuna continuità normativa con le disposizioni
previgenti , nel colmare il vuoto normativo, operava sullo stesso piano della norma
abrogata (D.L. n. 429 del 1982, art. 2, comma 2. conv. in L. n. 516 del 1982) che sanzionava
"chiunque non versa all'erario le ritenute effettivamente operate, a titolo di acconto o di
imposta, sulle somme pagate" e con la stessa finalità di impedire, attraverso la sanzione
penale, che il datore di lavoro omettesse di versare le somme trattenute, quale sostituto di
imposta, sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori. Ciò analogamente a quanto previsto
per le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sugli stipendi dei
dipendenti, in relazione alle quali è prevista una specifica ipotesi di reato nel caso di
mancato versamento di tali ritenute all’ente previdenziale, dal D.L. 12 settembre 1982, n.
463, conv. in L. n. 638 del 1983.Anche alla stregua del principio enunciato dalle Sezioni
Unite secondo cui non era configurabile il reato di cui all'art. 2 co. I L. 638/1983 senza il
materiale esborso delle somme dovute al dipendente, ponendosi il versamento della
retribuzione quale condizione per la confìgurabilità del reato di omesso versamento delle
ritenute previdenziali ed assistenziali da parte del datore di lavoro, il legislatore, nel
reintrodurre la sanzione penale di cui all'art. 10 bis cit. con la L. n. 311 del 2004, non
poteva non tener conto, in presenza di fattispecie omogenee, di tale principio . Di
conseguenza, nel riformulare la norma sanzionatoria, ha voluto precisare in modo
inequivoco che la sanzione penale trova applicazione soltanto con riguardo alle ritenute
operate sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai dipendenti. In particolare ha
perseguito tale risultato introducendo il riferimento esplicito alle "certificazioni rilasciate
ai sostituiti" in luogo della più generica formula contenuta nel D.L. n. 429 del 1982, art. 2
conv. in L. n. 516 del 1982 (le ritenute effettivamente operate, a titolo di acconto o di
imposta, sulle somme pagate.).Se dunque il significato dell’art.10 bis D.Lgs. n. 74 del 2000
è quello di sanzionare l'omesso versamento, nel termine previsto, delle ritenute operate dal
datore di lavoro, quale sostituto di imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai
sostituiti, non vi è ragione per ritenere che la prova di ciò debba ricavarsi solo dalle
certificazioni senza possibilità di ricorrere ad equipollenti. In sostanza il riferimento,
contenuto nell’art. 10 bis d.lvo 74/2000 alle "ritenute risultanti dalle certificazioni
rilasciate ai sostituiti di imposta", altro significato non ha se non quello di indicare, quale
condizione per la configurabilità del reato, l'effettivo versamento delle retribuzioni ai
dipendenti. Di conseguenza, la sussistenza della certificazione rilasciata ai sostituiti di
imposta non è essenziale sul piano probatorio potendo desumersi aliunde la prova
dell’effettivo versamento delle retribuzioni. Se è vero che l’onere della prova delle
certificazioni attestanti le ritenute operate, trattandosi di elemento costitutivo del reato,
grava sulla pubblica accusa questa, però, può assolverlo sia mediante il ricorso a prove
documentali o testimoniali sia attraverso la prova indiziaria. Appare, quindi, del tutto
condivisibile l’assunto dei giudici gravati secondo cui la prova del rilascio della
certificazione (e quindi della effettiva corresponsione delle retribuzioni e delle trattenute
operaie) potesse ricavarsi dal modello 770, considerato dato assolutamente non equivoco,
in quanto proveniente dallo stesso datore di lavoro obbligato. La prova della certificazione
nel caso di specie risulta dalla dichiarazione effettuata dall’imputato nel modello 770, nel
quale, in veste di sostituto di imposta, lo stesso aveva dichiarato l’ammontare da lui dovuto
a titolo di ritenute sui redditi di lavoro .Al pari manifestamente infondato risulta il secondo
motivo concernente l’omessa considerazione da parte della corte distrettuale dell’assenza
di consapevolezza da parte dell’imputato del superamento della soglia di punibilità
prevista per i reati contestati. Premesso che, ai fini della configurabilità del reato di omesso
versamento di ritenute d'acconto, è richiesto il dolo generico cioè la conoscenza
dell'esistenza dell’obbligo di versamento delle ritenute certificate e la volontà di non
adempiere, come giustamente rilevato dai giudici di merito, l’imprenditore è tenuto ad
operare con diligenza nel valutare il volume di affari ed i conseguenti obblighi verso il fisco
con la conseguenza che non può invocare a sua discolpa la mancata consapevolezza che
l’ammontare dei tributi evasi superi la soglia di punibilità. Quanto poi alle difficoltà
finanziarie, invocate come una sorta di esimente dall’adempimento degli obblighi tributari,
si rammenta il costante orientamento della stessa Corte, secondo cui, in tema di omesso
versamento delle ritenute all’erario, lo stato d’insolvenza non libera il sostituto d’imposta,
dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute così come
adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono parte. Invero anche
il sopravvenuto fallimento dell’agente non è sufficiente a scriminare il precedente omesso
versamento delle ritenute, essendo preciso obbligo del sostituto d'imposta quello di
ripartire le risorse esistenti all'atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da
poter adempiere al proprio obbligo tributario, anche se ciò comporta l’impossibilità di
pagare i compensi nel loro intero ammontare.Dunque l’imprenditore il quale decida, in
presenza di una situazione economica difficile, di dare preferenza al pagamento degli
emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute all'erario, non
potrà addurre a propria discolpa l’assenza dell'elemento psicologico del reato . Ricorso
complessivamente respinto.