Formazione e Aggiornamento Ricerca e Innovazione Università degli Studi di Parma Dipartimento di Psicologia Corso Teorico-Pratico di Formazione alla RICERCA PSICOSOCIALE nelle professioni sanitarie Progetto di ricerca Gruppo A COSTRUIRE E MONITORARE RETI FORMALI E INFORMALI DI ASSISTENZA I fattori bio-psico-sociali che facilitano la costruzione delle reti formali e informali nell’anziano non autosufficiente a domicilio. Componenti: Annamaria Arroi (Azienda USL Modena ), Marianna Barlesi ( Azienda USL Parma), Lucia Bernardoni ( Azienda USL Bologna), Gemma Mantovani (Azienda Ospedaliera Universitaria Parma ), Donatella Orlandini (Azienda Ospedaliera Universitaria Parma), Roberta Saccani (Azienda Ospedaliera Reggio Emilia), Raffella Santacroce (Azienda Ospedaliera Universitaria Parma ) Tutor Senior: Andrea Davolo (Azienda USL Parma, Università degli Studi di Parma) Tutor Junior: Chiara Taffurelli (Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma) Responsabili Progetto Ricerca: Dr.ssa Tiziana Mancini (Università degli Studi di Parma) e Dr.ssa Giovanna Artioli (Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma) 1 Sommario I – Introduzione ...................................... 3 II – Analisi critica della letteratura ........ 5 1. La non autosufficienza........... 5 2. Le reti sociali formali e informali ................................ 6 3. Aspetti critici della letteratura e portata innovativa del progetto .................................. 7 III – Metodologia ..................................... 9 1. Il modello della ricerca .......... 9 2. Obiettivi e ipotesi della ricerca .............................................. 11 3. I partecipanti ........................ 11 4. Il disegno della ricerca e lo strumento ............................. 11 5. Bibliografia .......................... 12 6. Sitografia ............................. 13 2 I - Introduzione “La comunità ha di solito risorse eccezionali che non vengono percepite e che non di rado vengono compromesse dal lavoro degli operatori sociali nella comunità (comunity empowerment approch)” (L. Maguire ). Il progressivo invecchiamento della popolazione è uno dei fenomeni demografici di maggior rilievo in Italia, da tempo riconosciuto anche a livello internazionalea come il paese “più vecchio” nel mondo. L’aumento dell’aspettativa di vita, tendenza in costante aumento anche a livello mondiale e particolarmente nei paesi industrializzati, assieme all’aumento delle malattie croniche, alle migliori condizioni sociali e sanitarie dei paesi sviluppati, alle novità farmacologiche e tecnologiche degli ultimi anni, sta accompagnando un ripensamento delle politiche di welfare. Mentre infatti per le malattie acute la risposta sanitaria rimane tipicamente ospedaliera, per quelle croniche la risposta avviene principalmente a diversi livelli: quello ambulatoriale, territoriale e domiciliare. Per migliorare l’assistenza ai pazienti cronici le organizzazioni sanitarie si sono interrogate in anni recenti su quali siano i modelli di gestione dei processi assistenziali più efficaci nel rispondere alle esigenze individuali dei cittadinib. L’ottica si è spostata da un concetto di malattia / cura (cure) ad un concetto di salute più ampio che considera i bisogni sanitari, sociali, assistenziali, esistenziali ed introduce la dimensione del “prendersi cura” (care). Lo scenario che viene sempre più prospettato è quello della community care, in cui si collegano e integrano le risorse di servizi sanitari, dei servizi sociali e le risorse della comunitàc. L’andamento demografico associato all’aumento delle malattie croniche (cardiopatie, tumori, diabete, disturbi mentali, malattie respiratorie, dell’apparato digerente e del sistema osteoarticolare) e alle disabilità conseguenti, sta creando un’emergenza per il sistema sanitario, che deve far fronte all’incremento di bisogni assistenziali differenziati e complessi attraverso le reti territoriali dei servizi socio-sanitari, nonché valorizzando adeguatamente tutte le risorse della comunità. Questo progetto di ricerca intende affrontare il tema dell’invecchiamento proponendosi di indagare i fattori e le dimensioni psicosociali che facilitando la costituzione e l’integrazione delle reti formali e informali di assistenza, consentono all’anziano non autosufficiente la permanenza nell’ambiente domiciliare con una buona qualità di vita. Se una gran parte della popolazione anziana oggi invecchia in buona salute, grazie anche alla prevenzione, tuttavia con l’avanzare dell’età una parte consistente di anziani che sono affetti da una o più patologie cronico-degenerative perde progressivamente l’autosufficienza. Si trova cioè in una condizione bio-psicosociale, conseguente a disabilità cognitiva, motoria e/o sensoriale, di dipendenza da altri per lo svolgimento di una o più funzioni essenziali e ricorrenti della vita quotidiana. L’anziano non autosufficiente non può più in modo continuativo e permanente gestire completamente se stesso e di tale condizione occorre sottolineare sia la perdita della autosufficienza che la perdita a Kinsella K., Phillips D.R. (2005) Global Ageing: the challenge of success. Population Bullettin, 60, 1, 1-44 b Bodenheimer T, Wagner EH, et al. Improving primary care for patients with chronic Illness. JAMA 2002;288:1775-9. 3 c Fabio Folgheraiter, Pierpaolo Donati, Community care. Teoria e pratica del lavoro sociale di rete, Edizioni Centro Studi Erickson 1997. di indipendenza nei confronti dell’ambiente esterno. A fronte di una tale situazione un aspetto di grande interesse è la definizione del fabbisogno assistenziale dell’anziano, non tanto basato sul tipo e sulla gravità della patologia, ma piuttosto sulla base delle capacità funzionali nello svolgimento delle abituali attività quotidiane in coerenza con la classificazione approvata dall’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) per misurare l’indipendenza funzionaled. I bisogni della persona divenuta non autosufficiente sono di tipo assistenziale (supporto per lavarsi, vestirsi / svestirsi, andare in bagno, alimentarsi, spostarsi nella casa e fuori di casa…), ma anche di tipo sanitario (assumere farmaci, controllare parametri fisiologici come pressione o glicemia, attuare strategie per il recupero o mantenimento delle autonomie residue …) e psico-cognitivo (sostegno all’orientamento, alla memoria, al tono dell’umore, bisogno di calore, empatia e rispetto). La condizione di non autosufficienza necessita quindi di “assistenza continuativa” (long-term care) definita come “tutte le forme di cura della persona e di assistenza sanitaria, e gli interventi di cura domestica associati, che abbiano natura continuativa. Tali interventi sono forniti a domicilio, in centri diurni o in strutture residenziali ad individui non autosufficienti”e. In Italia, il long-term care degli anziani non autosufficienti comprende diversi tipi di assistenza erogata a livello domiciliare, residenziale o attraverso prestazioni monetarie (indennità), interventi di carattere sanitario (prestazioni mediche, infermieristiche, terapeutiche e riabilitative) o sociale (interventi orientati d World Health Organisation (2002) International Classification of Functioning, Disability and Health e Laing, W. (1993) Financing long-term care: the crucial debate, Age Concern England, Londra 4 all’assistenza della persona e alla cura del suo ambiente di vita). Gli interventi che provengono dalla rete dei servizi pubblici sono tuttavia in buona parte a contenuto sanitario; essi non esauriscono pertanto integralmente le necessità assistenziali degli anziani non autosufficienti, cosicché la maggior parte di essi ricorre per la cura della propria persona all’ambiente domestico in cui vive e per il sostegno psicologico all’assistenza informale fornita dai parenti, amici, conoscenti e volontari. Il rilievo che le reti di aiuto informale rivestono in Italia è tale che il modello di welfare italiano continua a reggersi sulla disponibilità della famiglia e, in particolare, sul ruolo delle donne per il sostegno prestato in ambito familiare ai soggetti vulnerabili (persone con disabilità,anziani, bambini)f. Nell’ultimo decennio, accanto alle reti informali e a quelle fornite dal settore pubblico, ha assunto un ruolo cruciale la figura delle assistenti familiari, generalmente donne di origine straniera, assunte privatamente dagli anziani non autosufficienti o dalle loro dalle famiglie per fronteggiarne le esigenze di sostegno e cura nei vari ambiti. Il contributo di queste figure sopravanza, talora anche di molto, quello fornito dai servizi “formali” di organizzazioni pubbliche e/o private, in tutte le sfere di bisogno considerate, ad eccezione di quella strettamente sanitaria. Il fenomeno delle assistenti familiari ha permesso la permanenza a domicilio di moltissimi anziani non autosufficienti e così in Italia il ricorso all’istituzionalizzazione continua ad avvenire in misura decisamente inferiore a quanto avviene negli altri paesi europei. Questa differenza può riflettere sia norme e valori, che una diversità nella disponibilità, nei costi e nella qualità assistenziale delle strutture residenziali rispetto agli altri paesi europei. f Esping-Andersen, Gosta. 1990. The three worlds of welfare capitalism. Cambridge: Polity Press. L’Emilia Romagna è una delle prime ad aver previsto il fondo per la non autosufficienza. Nella programmazione dei servizi si è tenuto conto dei bisogni assistenziali - elevati e specifici - che può esprimere questa ampia fascia di popolazione. I servizi sanitari e socio-sanitari in favore delle persone anziane sono finalizzati a rafforzare l’autonomia individuale, a prevenire la non autosufficienza, a mantenere quanto più possibile la persona nel proprio contesto familiare, nella propria casa, assicurando – al momento del bisogno – assistenza qualificata in ospedale, in strutture residenziali, a domicilio. I servizi sono organizzati in rete per poter garantire continuità delle cure e della relazione. I Servizi assistenza anziani, presenti in ogni Distretto delle Aziende Usl, hanno una funzione di coordinamento per l’assistenza sanitaria e sociale agli anziani e alle loro famiglie. Di grande importanza è l’apporto delle associazioni di volontariato e dei familiari che affiancano il lavoro dei servizi pubblici. La Regione Emilia-Romagna interviene anche per valorizzare il ruolo degli anziani nella società e per renderli protagonisti attivi nel proprio territorio di residenza. Questo impegno ha favorito lo sviluppo dei Centri sociali, raddoppiati in poco più di cinque anni e passati da 198 a 339. Si tratta di luoghi dove si organizzano attività ricreative, come gite, feste sociali, giochi e manifestazioni culturali, che permettono all’anziano di non rimanere e di non sentirsi isolato. Ma si tratta anche di centri dove impegnarsi in attività socialmente utili, magari affiancando il Comune nello svolgimento delle sue mansioni. Curare il verde pubblico, custodire e occuparsi della manutenzione degli impianti sportivi, contribuire alla sorveglianza nelle scuole, prendersi cura di anziani non autosufficienti o di disabili, sono solo alcuni esempi di attività che vedono 5 impegnati gli anziani iscritti ai Centri sociali. II - Analisi critica letteratura della 1. La non autosufficienza La non autosufficienza è definita come la “condizione bio-psicosociale conseguente a disabilità di natura mentale(cognitiva), fisica e/o sensoriale, che induce nell' individuo uno stato di dipendenza da terzi permanente nello svolgimento di una o più funzioni, essenziali e ricorrenti, della vita quotidiana, dipendenza che non è influenzata dalla presenza di eventuali protesi od ausili in uso” (Network Non Autosufficienza, 2009)g. 2. Le reti sociali formali e informali Col termine rete in ambito sociale, si intendono l’insieme di relazioni esistenti tra persone, anche se queste non necessariamente si incontrano nello stesso momento e nello stesso luogo. La rete sociale è costituita in parte da relazioni in cui l’individuo si trova nascendo (famiglia) e in parte dalle relazioni costruite dal soggetto stesso nel corso della sua vita. Una funzione svolta dalle reti, è quella relativa al sostegno sociale assicurato sotto forma di aiuto emotivo, strumentale, informativo e valutativo. Le reti sociali si riferiscono a caratteristiche strutturali delle relazioni formali e informali dell’individuo, come la frequenza di contatti e la presenza di relazioni più o meno soddisfacenti per l’individuo g 2009 N.N.A - NETWORK NON AUTOSUFFICIENZA- (2009). L'assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia – Rapporto 2009. Rapporto promosso dall' IRCCS - INCRA per l' Agenzia nazionale per l' invecchiamento. (Antonucci et al. 1996; Fiori et al. 2006). Secondo Cavanaugh (1998), infatti, il supporto sociale si esprime principalmente nei termini di presenza di reti sociali. Un’altra funzione relativa è collegata allo stato di salute. Secondo Beckman e Syme (1979) il ruolo della rete sociale sembra abbia delle generiche correlazioni con lo stato di salute e possa addirittura essere un elemento correlabile all’aspettativa di vita. Gottlieb (1981) ribadisce l’importante ruolo del supporto sociale nel modificare gli effetti dello stress e nell’agevolare il miglior utilizzo dei servizi socio-sanitari e delle indicazioni mediche. Si possono definire reti primarie l’insieme delle persone che fanno parte della famiglia dell’individuo, posto al centro della rete, i suoi amici , i vicini di casa ed i colleghi di di lavoro. Le reti secondarie possono definirsi formali o informali. La famiglia conserva un ruolo fondamentale nel benessere emotivo dell’anziano: la frequenza e la qualità dei contatti con figli e parenti lo aiutano a conservare la sua integrazione con la società. La presenza e la locazione di reti familiari estese ha una notevole importanza per capire l’insieme dei possibili assistenti per un anziano bisognoso di aiuto. Gli amici ed i vicini possono avere un ruolo molto importante nell’assistenza agli anziani, soprattutto quando questi mancano di membri della rete primaria (coniuge e figli). Le Indagini Multiscopo su Famiglie e Soggetti Sociali del 1998 e del 2003 contengono una domanda sulla presenza di amici su cui contare in caso di bisogno. Inoltre viene rilevata la frequenza dei contatti con questi amici. Per quanto riguarda i vicini, entrambe le indagini hanno una domanda sulla presenza di persone che abitano vicino e sui quali l’intervistato può contare in caso di necessità. In un recente studio sull’assistenza ricevuta da anziani non in coppia con età superiore ai 65 anni che ha usato i dati dell’Indagine Multiscopo del 1998, si è visto come il 4.2% aveva ricevuto aiuto da parte di amici o vicini (Tomassini e Glaser 2003). L’assistenza a persone anziane fornita da parenti (soprattutto figli e nuore/generi) rappresenta la norma nella maggior parte dei paesi dell’Europa meridionale. Fra gli anziani che ricevono assistenza in Italia, secondo l’Indagine Multiscopo del 1998 (calcoli a cura dell’autore), circa due anziani su cinque lo ricevono esclusivamente dalla famiglia ed altri due esclusivamente dal settore privato a pagamento. L’assistenza formale pubblica è usata in modo esclusivo solo dal 2% degli anziani e dal 3.5% combinata ad altre fonti di aiuto, a dimostrazione della vitale importanza del settore informale e privato nell’assistenza alla popolazione anziana non istituzionalizzata in Italia. La letteratura ha finora ha considerato soltanto fattori individuali come facilitatori della costruzione di reti. Questa ricerca intende prendere in considerazione anche alcuni fattori bio-psico-sociali che verranno individuati e misurati partendo da quelli indicati dal modello ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute – OMS 2001). L’ICF si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità. L’ICF non è più una classificazione delle “conseguenze delle malattie” (versione del 1980 ICDH), ma è diventata invece una 6 3. Aspetti critici della letteratura e portata innovativa del progetto classificazione delle componenti della salute. Le componenti della salute identificano gli elementi costitutivi della salute, mentre le conseguenze si focalizzano sull’impatto delle malattie o di altre condizioni di salute che ne possono derivare. A differenza delle precedenti classificazioni (ICD e ICIDH), dove veniva dato ampio spazio alla descrizione delle malattie dell’individuo, ricorrendo a termini quali malattia, menomazione ed handicap (usati prevalentemente in accezione negativa, con riferimento a situazioni di deficit) nell’ultima classificazione l’OMS fa riferimento a termini che analizzano la salute dell’individuo in chiave positiva (funzionamento e salute). L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. L’analisi delle varie dimensioni esistenziali dell’individuo porta a evidenziare non solo come le persone convivono con la loro patologia, ma anche cosa è possibile fare per migliorare la qualità della loro vita. Il concetto di disabilità introduce ulteriori elementi che evidenziano la valenza innovativa della classificazione: universalismo, approccio integrato e modello multidimensionale del funzionamento e della disabilità. L’applicazione universale dell’ICF emerge nella misura in cui la disabilità non viene considerata un problema di un gruppo minoritario all’interno di una comunità (ad esempio l’anziano), ma un’esperienza che tutti, nell’arco della vita, possono sperimentare. L’OMS, attraverso l’ICF, propone quindi un modello di disabilità universale, applicabile a qualsiasi persona, normodotata o diversamente abile. L’approccio integrato della classificazione si esprime tramite l’analisi dettagliata di tutte le dimensioni esistenziali dell’individuo, poste sullo stesso piano, senza distinzioni sulle possibili cause. 7 Le informazioni raccolte dall’ICF descrivono situazioni relative al funzionamento umano e alle sue restrizioni. La classificazione organizza queste informazioni in due parti, in modo interrelato e facilmente accessibile. La prima parte si occupa di Funzionamento e Disabilità, mentre la seconda riguarda i Fattori Contestuali. La prima parte è costituita dalla componente Corpo, che comprende due classificazioni, una per le Strutture Corporee e una per le Funzioni Corporee e dalla componente Attività e Partecipazione, che comprende l’insieme delle capacità del soggetto in relazione allo svolgimento di un determinato compito nell’ambiente circostante. Le componenti sopra elencate vengono influenzate dai fattori ambientali, che comprendono l’ambiente fisico e sociale. Questi fattori possono infatti avere un’influenza positiva o negativa sulla partecipazione dell’individuo come membro della società, sulle capacità dello stesso di eseguire compiti, sul suo funzionamento o struttura del corpo. I fattori personali (sesso, razza, fattori socio-economici, età, stile di vita, educazione ricevuta, ecc.) non vengono classificati nell’ICF a causa della loro grande variabilità culturale e sociale. III - Metodologia 1. modello ed obiettivi della ricerca Quando parliamo di salute, secondo il concetto dell’OMS (1978), ci riferiamo allo stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale e non meramente all’assenza di malattia. Tale condizione è il risultato di un’interazione complessa e dinamica fra condizioni fisiche e fattori contestuali (ambientali e personali), dove il cambiamento su un livello può portare a modifiche su altri livelli. Sulla base del modello bio-psicosociale dell’ICFh si sono identificati i fattori che questo progetto di ricerca intende indagare come possibili dimensioni che possono facilitare la costruzione di reti formali ed informali di assistenza alla persona anziana non autosufficiente che vive a domicilio. I fattori facilitanti che si intendono considerare sono quelli di seguito descritti: 1. FUNZIONAMENTO E DISABILITÀ: Funzioni e strutture corporee, riferendosi con ciò ai cambiamenti nei sistemi fisiologici o nelle strutture anatomiche Attività e partecipazione, riferendosi con ciò alla capacità della persona di eseguire compiti in un ambiente standard o nell’ambiente usuale (performance) 2. FATTORI CONTESTUALI: h World Health Organisation (2001) International Classification of Functioning, Disability and Health 8 Fattori ambientali, intendendosi con ciò l’impatto facilitante o ostacolante delle caratteristiche del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti Fattori personali, riferendosi con ciò all’impatto delle caratteristiche della persona La ricerca si propone di mettere in relazione i fattori identificati presentati nel dettaglio nella tabella sotto riportata con alcune caratteristiche della rete sociale formale e informale dell’anziano non autosufficiente e del suo caregiver e quello di entrambe sulla qualità di vita percepita dagli stessi. 9 2. Obiettivi della ricerca L’obiettivo generale della ricerca è quello di indagare l’impatto di differenti variabili bio-psico-sociali sui processi di costruzione delle reti sociali formali ed informali e di queste sul benessere della persona. Più nello specifico il progetto di ricerca intende: • Analizzare alcune variabili biopsico-sociali del soggetto anziano non autosufficiente a domicilio • Indagare la percezione delle reti sociali formali e informali secondo il punto di vista dell’anziano e del suo caregiver nonché attraverso alcuni dati documentali di archivio • Misurare la qualità della vita percepita. 3. I Partecipanti I partecipanti alla ricerca saranno anziani non autosufficienti a domicilio o in via di dimissione e i loro caregiver principali, selezionati in base a criteri di comodo, ovvero utenti dei servizi contattati a partire dai luoghi di lavoro presso cui sono affiliati i componenti dell’equipe di ricerca. 4. Il disegno della ricerca e lo strumento L’approccio che sarà utilizzato per questa ricerca sarà quali – quantitativo. I dati quantitativi saranno ricavati da un questionario somministrato oralmente all’anziano e da un questionario auto-compilato dal suo caregiver principale. Lo strumento sarà composto da scale di valutazione dello stato cognitivo del soggetto, del grado si autosufficienza 10 fisica, delle sue capacità di coping e dalla valutazione della qualità di vita percepita. Seguirà, infine, una ricerca documentale sulla presenza di reti formali sul territorio di appartenenza. IV - Bibliografia ASSR (Agenzia Servizi Sanitari Regionali) (2003) Assistenza agli anziani non autosufficienti, Monitor, 4, 12-73. Antonucci, T. C., Sherman, A. M., & Akiyama, H. (1996). Social networks, support, and integration. In J. E. Birred (Ed.), Encyclopedia of Gerontology (Vol. 2, (pp. 502–515)). New York: Academic Press Antonucci, T. C. (1990). Social support and social relationships. In R. H. Binstock & L. K. George (Eds.), Handbook of aging and the social sciences (3rd ed., pp. 205-266). San Diego, CA: Academic Press. Berkman, L. F., & Syme, S. L. (1979). Social networks, host resistance, and mortality: A nine-year follow-up study of Alameda County residents. American Journal of Epidemiology, 109, 186–204. Bodenheimer T, Wagner EH, et al. Improving primary care for patients with chronic Illness. JAMA 2002;288:1775-9. Cavanaugh, J. C. (1998). Friendships and social networks among older people. In I. H. Nordhus, G. R. Vandenbos, S. Berg, & P. Fronholt (Eds.), Clinical Geropsychology (pp. 137–140). Washington, D. C.: American Psychological Association. Vittorio Cigoli (2001). Il corpo familiare. Franco Angeli editore COGIS (Commissione per la garanzia dell’informazione statistica) (2005), L’informazione statistica sull’assistenza agli anziani in Italia: rapporto di Indagine Fabio Folgheraiter, Pierpaolo Donati, Community care. Teoria e pratica del lavoro sociale di rete, Edizioni Centro Studi Erickson 1997. Esping-Andersen, Gosta. 1990. The three worlds of welfare capitalism. Cambridge: Polity Press. Fiori KL, Antonucci TC, Cortina KS. 2006. Social Network Typologies and Mental Health Among Older Adults. J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci 61: 25–32. Michel Hersen, Vincent B. Van Hasselt. (1998). Trattamenti psicologici nell'anziano. McGraw-Hill 11 ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), Indagine multiscopo sulle famiglie; Parentela e reti di solidarietà: "Aspetti della vita quotidiana" - anno 1998 ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), Studio sulla tematica della “Non autosufficienza” ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), La disabilità in Italia, 2009 Kinsella K., Phillips D.R. (2005) Global Ageing: the challenge of success. Population Bullettin, 60, 1, 1-44 Laing, W. (1993) Financing long-term care: the crucial debate, Age Concern England, Londra 2009 N.N.A - Network Non Autosufficienza (2009). L'assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia – Rapporto 2009, Maggioli editore Petrollini M., Lamura G. (2002), L’anziano non autosufficiente e la rete di sostegno familiare, Difesa Sociale, VXXXI, 6: 105-116 Regione Emilia-Romagna, L.27/2004, art.51: Istituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza (FRNA) Regione Emilia-Romagna, DGR.509/2007: Fondo regionale per la non autosufficienza Programma per l'avvio nel 2007 e per lo sviluppo nel triennio 2007-2009 Regione Emilia-Romagna, DGR.1206/2007: Fondo Regionale Non Autosufficienza FRNA. Indirizzi attuativi per la gestione del programma. Tomassini C, Glaser K, Wolf D A, Broese van Groenou M I, Grundy E (2004) Living arrangements among older people: an overview of trends in Europe and the USA. Population Trends 115, pp 24–34 World Health Organisation (2001) International Classification of Functioning, Disability and Health, Geneva World Health Organisation (2002) Towards a common language for functioning, disability and Health: ICF. Geneva V - Sitografia: http://www.emiliaromagnasociale.it/ , Politiche sociali in Emilia Romagna http://www.handicapincifre.it/ , “Sistema di Informazione Statistica sulla Disabilità"; Ministero del Lavoro e delle politiche sociali; Istituto Nazionale Statistica http://www.saluter.it/ , Portale del Servizio Sanitario Regionale http://www.who.int/classifications/icf/en/ , Organizzazione Mondiale Sanità 12
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