Fattori bio-sociali - Agenzia sanitaria regionale Emilia

Formazione e Aggiornamento
Ricerca e Innovazione
Università degli Studi di Parma
Dipartimento di Psicologia
Corso Teorico-Pratico di Formazione alla RICERCA
PSICOSOCIALE nelle professioni sanitarie
Progetto di ricerca Gruppo A
COSTRUIRE E MONITORARE
RETI FORMALI E INFORMALI DI ASSISTENZA
I fattori bio-psico-sociali che facilitano la costruzione delle reti formali e informali
nell’anziano non autosufficiente a domicilio.
Componenti: Annamaria Arroi (Azienda USL Modena ), Marianna Barlesi ( Azienda USL Parma),
Lucia Bernardoni ( Azienda USL Bologna), Gemma Mantovani (Azienda Ospedaliera Universitaria
Parma ), Donatella Orlandini (Azienda Ospedaliera Universitaria Parma), Roberta Saccani (Azienda
Ospedaliera Reggio Emilia), Raffella Santacroce (Azienda Ospedaliera Universitaria Parma )
Tutor Senior: Andrea Davolo (Azienda USL Parma, Università degli Studi di Parma)
Tutor Junior: Chiara Taffurelli (Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma)
Responsabili Progetto Ricerca: Dr.ssa Tiziana Mancini (Università degli Studi di Parma)
e Dr.ssa Giovanna Artioli (Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma)
1
Sommario
I – Introduzione ...................................... 3
II – Analisi critica della letteratura ........ 5
1. La non autosufficienza........... 5
2. Le reti sociali formali e
informali ................................ 6
3. Aspetti critici della letteratura
e portata innovativa del
progetto .................................. 7
III – Metodologia ..................................... 9
1. Il modello della ricerca .......... 9
2. Obiettivi e ipotesi della ricerca
.............................................. 11
3. I partecipanti ........................ 11
4. Il disegno della ricerca e lo
strumento ............................. 11
5. Bibliografia .......................... 12
6. Sitografia ............................. 13
2
I - Introduzione
“La comunità ha di solito risorse
eccezionali che non vengono percepite e
che non di rado vengono compromesse dal
lavoro degli operatori sociali nella
comunità
(comunity
empowerment
approch)” (L. Maguire ).
Il progressivo invecchiamento della
popolazione è uno dei fenomeni
demografici di maggior rilievo in Italia, da
tempo riconosciuto anche a livello
internazionalea come il paese “più
vecchio” nel mondo.
L’aumento dell’aspettativa di vita,
tendenza in costante aumento anche a
livello mondiale e particolarmente nei
paesi industrializzati, assieme all’aumento
delle malattie croniche, alle migliori
condizioni sociali e sanitarie dei paesi
sviluppati, alle novità farmacologiche e
tecnologiche degli ultimi anni, sta
accompagnando un ripensamento delle
politiche di welfare. Mentre infatti per le
malattie acute la risposta sanitaria rimane
tipicamente ospedaliera, per quelle
croniche
la
risposta
avviene
principalmente a diversi livelli: quello
ambulatoriale, territoriale e domiciliare.
Per migliorare l’assistenza ai pazienti
cronici le organizzazioni sanitarie si sono
interrogate in anni recenti su quali siano i
modelli di gestione dei processi
assistenziali più efficaci nel rispondere
alle esigenze individuali dei cittadinib.
L’ottica si è spostata da un concetto di
malattia / cura (cure) ad un concetto di
salute più ampio che considera i bisogni
sanitari, sociali, assistenziali, esistenziali
ed introduce la dimensione del “prendersi
cura” (care). Lo scenario che viene
sempre più prospettato è quello della
community care, in cui si collegano e
integrano le risorse di servizi sanitari, dei
servizi sociali e le risorse della comunitàc.
L’andamento
demografico
associato
all’aumento delle malattie croniche
(cardiopatie, tumori, diabete, disturbi
mentali,
malattie
respiratorie,
dell’apparato digerente e del sistema
osteoarticolare)
e
alle
disabilità
conseguenti, sta creando un’emergenza
per il sistema sanitario, che deve far fronte
all’incremento di bisogni assistenziali
differenziati e complessi attraverso le reti
territoriali dei servizi socio-sanitari,
nonché valorizzando adeguatamente tutte
le risorse della comunità.
Questo progetto di ricerca intende
affrontare il tema dell’invecchiamento
proponendosi di indagare i fattori e le
dimensioni psicosociali che facilitando la
costituzione e l’integrazione delle reti
formali e informali di assistenza,
consentono all’anziano non autosufficiente
la permanenza nell’ambiente domiciliare
con una buona qualità di vita.
Se una gran parte della popolazione
anziana oggi invecchia in buona salute,
grazie anche alla prevenzione, tuttavia con
l’avanzare dell’età una parte consistente di
anziani che sono affetti da una o più
patologie cronico-degenerative perde
progressivamente l’autosufficienza. Si
trova cioè in una condizione bio-psicosociale, conseguente a disabilità cognitiva,
motoria e/o sensoriale, di dipendenza da
altri per lo svolgimento di una o più
funzioni essenziali e ricorrenti della vita
quotidiana.
L’anziano non autosufficiente non può più
in modo continuativo e permanente gestire
completamente se stesso e di tale
condizione occorre sottolineare sia la
perdita della autosufficienza che la perdita
a
Kinsella K., Phillips D.R. (2005) Global
Ageing: the challenge of success. Population
Bullettin, 60, 1, 1-44
b
Bodenheimer T, Wagner EH, et al.
Improving primary care for patients with chronic
Illness. JAMA 2002;288:1775-9.
3
c
Fabio Folgheraiter, Pierpaolo Donati,
Community care. Teoria e pratica del lavoro
sociale di rete, Edizioni Centro Studi Erickson
1997.
di
indipendenza
nei
confronti
dell’ambiente esterno.
A fronte di una tale situazione un aspetto
di grande interesse è la definizione del
fabbisogno assistenziale dell’anziano, non
tanto basato sul tipo e sulla gravità della
patologia, ma piuttosto sulla base delle
capacità funzionali nello svolgimento
delle abituali attività quotidiane in
coerenza con la classificazione approvata
dall’Organizzazione Mondiale di Sanità
(OMS) per misurare l’indipendenza
funzionaled.
I bisogni della persona divenuta non
autosufficiente sono di tipo assistenziale
(supporto per lavarsi, vestirsi / svestirsi,
andare in bagno, alimentarsi, spostarsi
nella casa e fuori di casa…), ma anche di
tipo
sanitario
(assumere
farmaci,
controllare parametri fisiologici come
pressione o glicemia, attuare strategie per
il recupero o mantenimento delle
autonomie residue …) e psico-cognitivo
(sostegno all’orientamento, alla memoria,
al tono dell’umore, bisogno di calore,
empatia e rispetto).
La condizione di non autosufficienza
necessita
quindi
di
“assistenza
continuativa” (long-term care) definita
come “tutte le forme di cura della persona
e di assistenza sanitaria, e gli interventi di
cura domestica associati, che abbiano
natura continuativa. Tali interventi sono
forniti a domicilio, in centri diurni o in
strutture residenziali ad individui non
autosufficienti”e.
In Italia, il long-term care degli anziani
non autosufficienti comprende diversi tipi
di assistenza erogata a livello domiciliare,
residenziale o attraverso prestazioni
monetarie (indennità), interventi di
carattere sanitario (prestazioni mediche,
infermieristiche,
terapeutiche
e
riabilitative) o sociale (interventi orientati
d
World Health Organisation (2002)
International Classification of Functioning,
Disability and Health
e
Laing, W. (1993) Financing long-term
care: the crucial debate, Age Concern England,
Londra
4
all’assistenza della persona e alla cura del
suo ambiente di vita).
Gli interventi che provengono dalla rete
dei servizi pubblici sono tuttavia in buona
parte a contenuto sanitario; essi non
esauriscono pertanto integralmente le
necessità assistenziali degli anziani non
autosufficienti, cosicché la maggior parte
di essi ricorre per la cura della propria
persona all’ambiente domestico in cui vive
e per il sostegno psicologico all’assistenza
informale fornita dai parenti, amici,
conoscenti e volontari. Il rilievo che le reti
di aiuto informale rivestono in Italia è tale
che il modello di welfare italiano continua
a reggersi sulla disponibilità della famiglia
e, in particolare, sul ruolo delle donne per
il sostegno prestato in ambito familiare ai
soggetti
vulnerabili
(persone
con
disabilità,anziani, bambini)f.
Nell’ultimo decennio, accanto alle reti
informali e a quelle fornite dal settore
pubblico, ha assunto un ruolo cruciale la
figura
delle
assistenti
familiari,
generalmente donne di origine straniera,
assunte privatamente dagli anziani non
autosufficienti o dalle loro dalle famiglie
per fronteggiarne le esigenze di sostegno e
cura nei vari ambiti. Il contributo di queste
figure sopravanza, talora anche di molto,
quello fornito dai servizi “formali” di
organizzazioni pubbliche e/o private, in
tutte le sfere di bisogno considerate, ad
eccezione di quella strettamente sanitaria.
Il fenomeno delle assistenti familiari ha
permesso la permanenza a domicilio di
moltissimi anziani non autosufficienti e
così
in
Italia
il
ricorso
all’istituzionalizzazione
continua
ad
avvenire in misura decisamente inferiore a
quanto avviene negli altri paesi europei.
Questa differenza può riflettere sia norme
e valori, che una diversità nella
disponibilità, nei costi e nella qualità
assistenziale delle strutture residenziali
rispetto agli altri paesi europei.
f
Esping-Andersen, Gosta. 1990. The three
worlds of welfare capitalism. Cambridge: Polity
Press.
L’Emilia Romagna è una delle prime ad
aver previsto il fondo per la non
autosufficienza. Nella programmazione
dei servizi si è tenuto conto dei bisogni
assistenziali - elevati e specifici - che può
esprimere questa ampia fascia di
popolazione.
I servizi sanitari e socio-sanitari in favore
delle persone anziane sono finalizzati a
rafforzare l’autonomia individuale, a
prevenire la non autosufficienza, a
mantenere quanto più possibile la persona
nel proprio contesto familiare, nella
propria casa, assicurando – al momento
del bisogno – assistenza qualificata in
ospedale, in strutture residenziali, a
domicilio. I servizi sono organizzati in rete
per poter garantire continuità delle cure e
della relazione.
I Servizi assistenza anziani, presenti in
ogni Distretto delle Aziende Usl, hanno
una funzione di coordinamento per
l’assistenza sanitaria e sociale agli anziani
e alle loro famiglie.
Di grande importanza è l’apporto delle
associazioni di volontariato e dei familiari
che affiancano il lavoro dei servizi
pubblici.
La Regione Emilia-Romagna interviene
anche per valorizzare il ruolo degli anziani
nella società e per renderli protagonisti
attivi nel proprio territorio di residenza.
Questo impegno ha favorito lo sviluppo
dei Centri sociali, raddoppiati in poco più
di cinque anni e passati da 198 a 339. Si
tratta di luoghi dove si organizzano attività
ricreative, come gite, feste sociali, giochi e
manifestazioni culturali, che permettono
all’anziano di non rimanere e di non
sentirsi isolato. Ma si tratta anche di centri
dove impegnarsi in attività socialmente
utili, magari affiancando il Comune nello
svolgimento delle sue mansioni. Curare il
verde pubblico, custodire e occuparsi della
manutenzione degli impianti sportivi,
contribuire alla sorveglianza nelle scuole,
prendersi
cura
di
anziani
non
autosufficienti o di disabili, sono solo
alcuni esempi di attività che vedono
5
impegnati gli anziani iscritti ai Centri
sociali.
II - Analisi critica
letteratura
della
1. La non autosufficienza
La non autosufficienza è definita come la
“condizione bio-psicosociale conseguente
a disabilità di natura mentale(cognitiva),
fisica e/o sensoriale, che induce
nell'
individuo uno stato di dipendenza da
terzi permanente nello svolgimento di una
o più funzioni, essenziali e ricorrenti, della
vita quotidiana, dipendenza che non è
influenzata dalla presenza di eventuali
protesi od ausili in uso” (Network Non
Autosufficienza, 2009)g.
2. Le reti sociali formali e
informali
Col termine rete in ambito sociale, si
intendono l’insieme di relazioni esistenti
tra persone, anche se queste non
necessariamente si incontrano nello stesso
momento e nello stesso luogo. La rete
sociale è costituita in parte da relazioni in
cui l’individuo si trova nascendo
(famiglia) e in parte dalle relazioni
costruite dal soggetto stesso nel corso
della sua vita.
Una funzione svolta dalle reti, è quella
relativa al sostegno sociale assicurato
sotto forma di aiuto emotivo, strumentale,
informativo e valutativo. Le reti sociali si
riferiscono a caratteristiche strutturali
delle relazioni formali e informali
dell’individuo, come la frequenza di
contatti e la presenza di relazioni più o
meno soddisfacenti per l’individuo
g
2009 N.N.A - NETWORK NON
AUTOSUFFICIENZA- (2009). L'assistenza agli
anziani non autosufficienti in Italia – Rapporto
2009. Rapporto promosso dall'
IRCCS - INCRA
per l'
Agenzia nazionale per l'
invecchiamento.
(Antonucci et al. 1996; Fiori et al. 2006).
Secondo Cavanaugh (1998), infatti, il
supporto sociale si esprime principalmente
nei termini di presenza di reti sociali.
Un’altra funzione relativa è collegata allo
stato di salute. Secondo Beckman e Syme
(1979) il ruolo della rete sociale sembra
abbia delle generiche correlazioni con lo
stato di salute e possa addirittura essere un
elemento correlabile all’aspettativa di vita.
Gottlieb (1981) ribadisce l’importante
ruolo del supporto sociale nel modificare
gli effetti dello stress e nell’agevolare il
miglior utilizzo dei servizi socio-sanitari e
delle indicazioni mediche.
Si possono definire reti primarie l’insieme
delle persone che fanno parte della
famiglia dell’individuo, posto al centro
della rete, i suoi amici , i vicini di casa ed i
colleghi di di lavoro. Le reti secondarie
possono definirsi formali o informali.
La
famiglia
conserva
un
ruolo
fondamentale nel benessere emotivo
dell’anziano: la frequenza e la qualità
dei contatti con figli e parenti lo
aiutano a conservare la sua integrazione
con la società. La presenza e la
locazione di reti familiari estese ha una
notevole
importanza
per capire
l’insieme dei possibili assistenti per un
anziano bisognoso di aiuto.
Gli amici ed i vicini possono avere un
ruolo molto importante nell’assistenza
agli anziani, soprattutto quando questi
mancano di membri della rete primaria
(coniuge
e figli).
Le
Indagini
Multiscopo su Famiglie e Soggetti
Sociali del 1998 e del 2003 contengono
una domanda sulla presenza di amici
su cui contare in caso di bisogno.
Inoltre viene rilevata la frequenza dei
contatti con questi amici. Per quanto
riguarda i vicini, entrambe le indagini
hanno una domanda sulla presenza di
persone che abitano vicino e sui quali
l’intervistato può contare in caso di
necessità.
In un recente studio
sull’assistenza ricevuta da anziani non
in coppia con età superiore ai 65 anni che
ha usato i dati dell’Indagine Multiscopo
del 1998, si è visto come il 4.2% aveva
ricevuto aiuto da parte di amici o vicini
(Tomassini e Glaser 2003).
L’assistenza a persone anziane fornita
da parenti (soprattutto figli
e
nuore/generi) rappresenta la norma nella
maggior parte dei paesi dell’Europa
meridionale. Fra gli anziani
che
ricevono assistenza in Italia, secondo
l’Indagine Multiscopo del 1998 (calcoli
a cura dell’autore), circa due anziani su
cinque lo ricevono esclusivamente dalla
famiglia
ed altri due esclusivamente
dal settore
privato
a pagamento.
L’assistenza formale pubblica è usata in
modo esclusivo solo dal 2% degli
anziani e dal 3.5% combinata ad altre
fonti di aiuto, a dimostrazione della
vitale importanza del settore informale e
privato nell’assistenza alla popolazione
anziana non istituzionalizzata in Italia.
La letteratura ha finora ha considerato
soltanto
fattori
individuali
come
facilitatori della costruzione di reti. Questa
ricerca intende prendere in considerazione
anche alcuni fattori bio-psico-sociali che
verranno individuati e misurati partendo
da quelli indicati dal modello ICF
(Classificazione
Internazionale
del
Funzionamento, della Disabilità e della
Salute – OMS 2001).
L’ICF si delinea come una classificazione
che vuole descrivere lo stato di salute delle
persone in relazione ai loro ambiti
esistenziali (sociale, familiare, lavorativo)
al fine di cogliere le difficoltà che nel
contesto socio-culturale di riferimento
possono causare disabilità.
L’ICF non è più una classificazione delle
“conseguenze delle malattie” (versione del
1980 ICDH), ma è diventata invece una
6
3. Aspetti critici della
letteratura
e
portata
innovativa del progetto
classificazione delle componenti della
salute. Le componenti della salute
identificano gli elementi costitutivi della
salute, mentre le conseguenze si
focalizzano sull’impatto delle malattie o di
altre condizioni di salute che ne possono
derivare.
A
differenza
delle
precedenti
classificazioni (ICD e ICIDH), dove
veniva dato ampio spazio alla descrizione
delle malattie dell’individuo, ricorrendo a
termini quali malattia, menomazione ed
handicap (usati prevalentemente in
accezione negativa, con riferimento a
situazioni
di
deficit)
nell’ultima
classificazione l’OMS fa riferimento a
termini che analizzano la salute
dell’individuo
in
chiave
positiva
(funzionamento e salute).
L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello
stato di salute degli individui ponendo la
correlazione fra salute e ambiente,
arrivando alla definizione di disabilità,
intesa come una condizione di salute in un
ambiente sfavorevole.
L’analisi
delle
varie
dimensioni
esistenziali
dell’individuo
porta
a
evidenziare non solo come le persone
convivono con la loro patologia, ma anche
cosa è possibile fare per migliorare la
qualità della loro vita. Il concetto di
disabilità introduce ulteriori elementi che
evidenziano la valenza innovativa della
classificazione: universalismo, approccio
integrato e modello multidimensionale del
funzionamento
e
della
disabilità.
L’applicazione universale dell’ICF emerge
nella misura in cui la disabilità non viene
considerata un problema di un gruppo
minoritario all’interno di una comunità (ad
esempio l’anziano), ma un’esperienza che
tutti, nell’arco della vita, possono
sperimentare. L’OMS, attraverso l’ICF,
propone quindi un modello di disabilità
universale, applicabile a qualsiasi persona,
normodotata o diversamente abile.
L’approccio integrato della classificazione
si esprime tramite l’analisi dettagliata di
tutte
le
dimensioni
esistenziali
dell’individuo, poste sullo stesso piano,
senza distinzioni sulle possibili cause.
7
Le informazioni raccolte dall’ICF
descrivono
situazioni
relative
al
funzionamento umano e alle sue
restrizioni. La classificazione organizza
queste informazioni in due parti, in modo
interrelato e facilmente accessibile.
La
prima
parte
si
occupa
di
Funzionamento e Disabilità, mentre la
seconda riguarda i Fattori Contestuali. La
prima parte è costituita dalla componente
Corpo, che comprende due classificazioni,
una per le Strutture Corporee e una per le
Funzioni Corporee e dalla componente
Attività e Partecipazione, che comprende
l’insieme delle capacità del soggetto in
relazione allo svolgimento di un
determinato
compito
nell’ambiente
circostante.
Le componenti sopra elencate vengono
influenzate dai fattori ambientali, che
comprendono l’ambiente fisico e sociale.
Questi fattori possono infatti avere
un’influenza positiva o negativa sulla
partecipazione
dell’individuo
come
membro della società, sulle capacità dello
stesso di eseguire compiti, sul suo
funzionamento o struttura del corpo.
I fattori personali (sesso, razza, fattori
socio-economici, età, stile di vita,
educazione ricevuta, ecc.) non vengono
classificati nell’ICF a causa della loro
grande variabilità culturale e sociale.
III - Metodologia
1. modello ed obiettivi della
ricerca
Quando parliamo di salute, secondo il
concetto dell’OMS (1978), ci riferiamo
allo stato di completo benessere fisico,
psicologico e sociale e non meramente
all’assenza di malattia. Tale condizione
è il risultato di un’interazione
complessa e dinamica fra condizioni
fisiche e fattori contestuali (ambientali
e personali), dove il cambiamento su
un livello può portare a modifiche su
altri livelli.
Sulla base del modello bio-psicosociale dell’ICFh si sono identificati i
fattori che questo progetto di ricerca
intende indagare come possibili
dimensioni che possono facilitare la
costruzione di reti formali ed informali
di assistenza alla persona anziana non
autosufficiente che vive a domicilio.
I fattori facilitanti che si intendono
considerare sono quelli di seguito
descritti:
1. FUNZIONAMENTO
E
DISABILITÀ:
Funzioni e strutture corporee,
riferendosi
con
ciò
ai
cambiamenti
nei
sistemi
fisiologici o nelle strutture
anatomiche
Attività
e
partecipazione,
riferendosi con ciò alla capacità
della persona di eseguire
compiti in un ambiente
standard o nell’ambiente usuale
(performance)
2. FATTORI CONTESTUALI:
h
World Health Organisation (2001)
International Classification of Functioning,
Disability and Health
8
Fattori
ambientali,
intendendosi con ciò l’impatto
facilitante o ostacolante delle
caratteristiche del mondo fisico,
sociale e degli atteggiamenti
Fattori personali, riferendosi
con ciò all’impatto delle
caratteristiche della persona
La ricerca si propone di mettere in
relazione i fattori identificati presentati nel dettaglio nella tabella
sotto
riportata
con
alcune
caratteristiche della rete sociale
formale e informale dell’anziano non
autosufficiente e del suo caregiver e
quello di entrambe sulla qualità di vita
percepita dagli stessi.
9
2. Obiettivi della ricerca
L’obiettivo generale della ricerca è
quello di indagare l’impatto di
differenti variabili bio-psico-sociali sui
processi di costruzione delle reti
sociali formali ed informali e di queste
sul benessere della persona.
Più nello specifico il progetto di ricerca
intende:
• Analizzare alcune variabili biopsico-sociali del soggetto anziano
non autosufficiente a domicilio
• Indagare la percezione delle reti
sociali formali e informali secondo
il punto di vista dell’anziano e del
suo caregiver nonché attraverso
alcuni dati documentali di archivio
• Misurare la qualità della vita
percepita.
3. I Partecipanti
I partecipanti alla ricerca saranno
anziani non autosufficienti a domicilio
o in via di dimissione e i loro caregiver
principali, selezionati in base a criteri
di comodo, ovvero utenti dei servizi
contattati a partire dai luoghi di lavoro
presso cui sono affiliati i componenti
dell’equipe di ricerca.
4. Il disegno della ricerca e
lo strumento
L’approccio che sarà utilizzato per
questa ricerca sarà quali – quantitativo.
I dati quantitativi saranno ricavati da
un
questionario
somministrato
oralmente all’anziano e da un
questionario auto-compilato dal suo
caregiver principale.
Lo strumento sarà composto da scale di
valutazione dello stato cognitivo del
soggetto, del grado si autosufficienza
10
fisica, delle sue capacità di coping e
dalla valutazione della qualità di vita
percepita.
Seguirà,
infine,
una
ricerca
documentale sulla presenza di reti
formali sul territorio di appartenenza.
IV - Bibliografia
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non autosufficiente e la rete di sostegno
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Regione Emilia-Romagna, L.27/2004, art.51:
Istituzione del Fondo regionale per la non
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Regione Emilia-Romagna, DGR.509/2007:
Fondo regionale per la non autosufficienza Programma per l'avvio nel 2007 e per lo
sviluppo nel triennio 2007-2009
Regione Emilia-Romagna, DGR.1206/2007:
Fondo Regionale Non Autosufficienza FRNA.
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http://www.handicapincifre.it/ , “Sistema di
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Istituto Nazionale Statistica
http://www.saluter.it/ , Portale del Servizio
Sanitario Regionale
http://www.who.int/classifications/icf/en/ ,
Organizzazione Mondiale Sanità
12