Conseguenze più ampie sui redditi bassi

Il Sole 24 Ore
Mercoledì 9 Luglio 2014 - N. 186
2
La crescita obbligata
Chi perde di più
In molti casi la pensione non supererà il 60-65% dell’ultimo stipendio
Penalizzate le carriere lavorative con dinamiche retributive brillanti
I CONTI DELLA PREVIDENZA
A confronto
L’ANALISI
Tasso di sostituzione previsto all’età di pensionamento (il tasso di sostituzione indica il rapporto percentuale tra il primo assegno previdenziale e l’ultima retribuzione o reddito percepito)
Claudio
Pinna
Commerciante
Commerciante
Operaio
Insegnante
Impiegata
Impiegato
Dirigente
ETÀ
ETÀ
ETÀ
ETÀ
ETÀ
ETÀ
ETÀ
25 anni
25 anni
35 anni
35 anni
40 anni
40 anni
40 anni
SESSO
SESSO
SESSO
SESSO
SESSO
SESSO
SESSO
Uomo
Donna
Uomo
Donna
Donna
Uomo
Uomo
ANZIANITÀ ACCREDITATA
ANZIANITÀ ACCREDITATA
ANZIANITÀ ACCREDITATA
ANZIANITÀ ACCREDITATA
ANZIANITÀ ACCREDITATA
ANZIANITÀ ACCREDITATA
ANZIANITÀ ACCREDITATA
1 anno
1 anno
12 anni
5 anni
10 anni
15 anni
12 anni
TIPOLOGIA DI CARRIERA
TIPOLOGIA DI CARRIERA
TIPOLOGIA DI CARRIERA
TIPOLOGIA DI CARRIERA
TIPOLOGIA DI CARRIERA
TIPOLOGIA DI CARRIERA
TIPOLOGIA DI CARRIERA
Brillante
Media
Media
Media
Media
Media
Brillante
DECORRENZA PENSIONE
DECORRENZA PENSIONE
DECORRENZA PENSIONE
DECORRENZA PENSIONE
DECORRENZA PENSIONE
DECORRENZA PENSIONE
DECORRENZA PENSIONE
2055
2055
2045
2045
2039
2039
2039
ETÀ AL PENSIONAMENTO
ETÀ AL PENSIONAMENTO
ETÀ AL PENSIONAMENTO
ETÀ AL PENSIONAMENTO
ETÀ AL PENSIONAMENTO
ETÀ AL PENSIONAMENTO
ETÀ AL PENSIONAMENTO
67 anni
67 anni
66 anni e 5 mesi
66 anni e 9 mesi
66 anni
65 anni e 11 mesi
66 e 11 mesi
CONTRIBUTI TOTALI
CONTRIBUTI TOTALI
CONTRIBUTI TOTALI
CONTRIBUTI TOTALI
CONTRIBUTI TOTALI
CONTRIBUTI TOTALI
CONTRIBUTI TOTALI
42 anni e 3 mesi
42 anni e 3 mesi
42 anni e 11 mesi
37 anni
36 anni
40 anni e 5 mesi
37 anni e 6 mesi
TASSO DI SOSTITUZIONE
TASSO DI SOSTITUZIONE
TASSO DI SOSTITUZIONE
TASSO DI SOSTITUZIONE
TASSO DI SOSTITUZIONE
TASSO DI SOSTITUZIONE
TASSO DI SOSTITUZIONE
46,8% 63,7% 71,5%
62,4% 62,1%
Un sistema
in equilibrio
ma non sempre
adeguato
N
68,5% 38,2%
Nota: elaborazioni ottenute con il calcolatore disponibile su www.ilsole24ore.com. Variazione media del Pil annuale dell’1,5%. Requisiti di età e coefficienti di conversione per il calcolo contributivo scontano le riduzioni attese negli anni a venire per via dell’allungamento della speranza di vita
Effetto crisi sul calcolo dell’assegno
L’andamento del Pil può incidere fino a 20-25% sulla misura del trattamento previdenziale
Matteo Prioschi
Per conseguire un assegno
previdenziale più consistente
un lavoratore può ritardare
l’età del pensionamento, può
trarre beneficio da un incremento dello stipendio o del reddito e conseguentemente dei
contributi versati, può in alcuni casi effettuare versamenti aggiuntivi e può ricorrere al secondo pilastro.
Ma c’è una variabile a lui
esterna su cui non può intervenire e che, da sola, incide in modoconsistente sull’importo della pensione e, più in generale,
sulla tenuta dell’intero sistema:
la variazione annua del prodotto interno lordo a cui è collegata la rivalutazione dei contributi versati. Con il sistema contributivo, infatti, il montante individuale alla fine di ogni anno
vienerivalutato su base composta a un tasso di capitalizzazione pari alla variazione media
quinquennale del Pil nominale
calcolata dall’Istat.
Ne consegue che, tenendo
immutate le altre variabili, se il
Pil cresce poco o per nulla, dopo 20-30 anni gli importi accantonati varranno di meno di
quanto accadrebbe con un’economia in fase espansiva. Dal
punto di vista pratico, il tasso
di sostituzione (cioè quanto
varrà il primo assegno pensionistico rispetto all’ultima retribuzione) si ridurrà.
I fattori in gioco
I lavoratori dipendenti che andranno in pensione dopo il 2020
dovranno innanzitutto fare i
conti con gli effetti delle ultime
riforme previdenziali, che hanno alzato i requisiti e introdotto
larevisione triennale e poibiennale dei coefficienti di trasformazione. Come calcolato dalla
Ragioneria generale dello Stato
(si veda il Sole 24 Ore del 7 luglio)dal 2020 inpoi il tassodisostituzione netto passerà dall’84
al 77 per cento. Dopo il 2035 si
scenderà al 71% quale effetto
principalmente del passaggio
dal pensionamento di vecchiaia
del regime misto a quello anticipato del regime contributivo.
Per gli autonomi, invece, il salto
avverrà prima, dato che dal 94%
di inizio decennio si arriverà al
74% del 2020. Dagli esempi riportati a inizio pagina si vede
che per garantirsi una pensione
pari almeno al 70% dell’ultima
retribuzione in molti casi si dovrannoaccumularepiùdi40 anni di contributi e avvicinarsi alla
soglia dei 70 anni di età.
Tra i fattori da considerare
c’è pure l’andamento della retribuzione, anche se questa risulta decisamente più determinante con il sistema retributivo che collega direttamente
l’assegno allo stipendio degli
ultimi anni, per cui un’accelerazione di carriere nel finale garantiva effetti positivi. Rispetto a quest’ultimo il sistema contributivo "avvantaggia" le carriere piatte e discontinue perché prende in considerazione
tutto quanto è stato versato.
Comunque i più giovani, assoggettati interamente al sistemacontributivo,dovrannocontare sui contributi versati nel
corso della carriera lavorativa,
IL PRECEDENTE
p Sul Sole 24 Ore del 7 luglio
è stato lanciato l’allarme
sull’adeguatezza delle
pensioni future, soprattutto
per i più giovani soggetti al
sistema contributivo
I NUMERI
70 anni
Il passaggio
Qualeeffettodellenuove
regoleprevidenziali,i70anni
diventerannol’età"standard"
persmetteredilavorare.In
basealleprevisionidella
Ragioneriageneraledello
Stato,nel2060ipensionati
totalisarannoil105%rispetto
achihaalmeno70anni.Oggiil
rapportoèdel150%,segnoche
moltiitalianiinizianoa
incassarel’assegnobenprima
diquestaetà
23,2 anni
Durata
Secondoidaticontenutinel
rapportoannualedell’Inps,la
duratamediadelleprestazioni
pensionistiche(dirette,
indirette,reversibili)
attualmenteèdi23,2 anni
sperando che sia il più possibile
continuativa, in modo da non
perdereannieritrovarsia70anni con un montante ridotto.
Ma, appunto, dovranno fare i
conti anche con gli effetti
dell’andamento dell’economia
e del Pil. Le simulazioni effettuate da Aon Hewitt Consulting mettono bene in evidenza
gli effetti di questa variabile.
Gli effetti
Un quarantaduenne di oggi, che
ha iniziato a versare i contributi
a 25 anni, se andrà in pensione a
68annipotràcontaresuun’assegno pari al 65,6% dell’ultima retribuzione (30mila euro lordi).
Questo se la variazione del Pil
mediodurantelasuavitalavorativa sarà stata dell’1 per cento.
Conunavariazionedel2%,invece, potrà contare sull’80,5%, un
valore vicino a quello garantito
dal sistema retributivo.
Ma se il Pil dovesse rimanere
invariato, il tasso di sostituzione scenderebbe al 54,2 per cento. In media si può dire che per
un punto percentuale di Pil il
tasso di sostituzione oscilla di
10 punti percentuali, con picchi
però che possono arrivare al
20% per i redditi più bassi e se si
ritarda il pensionamento o
scendere al 6-7 per le retribuzioni più elevate. Si tratta di
oscillazioni sensibili, che una
persona potrà contrastare, una
volta giunto in prossimità della
pensione, ritardando la data in
cui cesserà di lavorare. Ritirandosi a 70 anni invece che a 68
(difficile immaginare di andare
oltre), potrà infatti contare su
un tasso di sostituzione del
74,2% invece che del 65,6% (a
fronte di una variazione media
del Pil dell’1 per cento).
Il punto è che molte elaborazioni, tra cui quella della Ragioneria dello Stato, ipotizzano
proprio un tasso di variazione
medio del Pil all’1,5% nel lungo
periodo (fino al 2060). A fonte
dell’andamento dell’economia
italiana negli ultimi anni queste
ipotesi rischiano di essere ottimistiche. Non va dimenticato,
infatti, che per esempio nel 2013
la variazione del Pil è stata pari
a -1,9 per cento. Se il quadro di
difficoltà dovesse protrarsi a
lungo a pagarne le conseguenze
saranno ovviamente le generazioni più giovani perché per chi
è prossimo alla pensione (si vedano le tabelle accanto) un’economiastagnantenegli ultimianni di lavoro incide poco sul tasso di sostituzione.
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Conseguenze più ampie sui redditi bassi
Tasso di sostituzione in base all’andamento della variazione media annua del Pil e all’età di pensionamento. Importi in euro in valore reale 2014
Retribuzione annua lorda percepita
nell’ultimo anno di attività
1
CONTRIBUTIVO
PURO
PIL 0%
30.000
PIL 1%
ANNI
%
90%
70
74,2
68
65,6
66
58,2
70
92,1
68
80,5
66
70,6
70%
60%
25 anni
RETRIBUZIONE ANNUA
LORDA NEL PRIMO ANNO
DI ATTIVITÀ
60,7
70
68
54,2
66
48,5
70
70
15.000
68
66
30%
MISTO SECONDO
LA RIFORMA
DINI
PIL 0%
ANNI
PIL 2%
42,0
37,5
33,6
68
66
PIL 0%
49,7
44,0
39,1
70
59,5
68
52,2
66
46,0
ANNI
PIL 1%
PIL 2%
70
93,6
%
90%
70%
70
81,5
68
83,4
66
74,6
70
71,8
68
73,5
68
65,4
66
66,5
66
59,9
60%
25 anni
RETRIBUZIONE ANNUA
LORDA NEL PRIMO ANNO
DI ATTIVITÀ
PIL 1%
%
ETÀ AL 31 DICEMBRE 2013
ETÀ DI PRIMA ISCRIZIONE
ALL'INPS
PIL 2%
100%
80%
52 anni
PIL 1%
%
50%
40%
2
PIL 0%
ANNI
ETÀ AL 31 DICEMBRE 2013
ETÀ DI PRIMA ISCRIZIONE
ALL'INPS
PIL 2%
75.000
100%
80%
42 anni
Retribuzione annua lorda percepita
nell’ultimo anno di attività
70
70
50%
68
66
40%
53,8
49,2
45,2
68
66
59,9
54,3
49,5
70
67,4
68
60,5
66
54,6
15.000
30%
3
100%
MISTO SECONDO
LA RIFORMA
MONTI-FORNERO
90%
PIL 0%
ANNI
70
80%
66
ETÀ AL 31 DICEMBRE 2013
62 anni
ETÀ DI PRIMA ISCRIZIONE
ALL'INPS
68
70%
PIL 2%
PIL 0%
ANNI
87,6
82,7
78,3
70
68
66
88,5
83,2
78,5
70
68
66
60%
50%
40%
15.000
30%
Fonte: elaborazione Aon Hewitt Consulting
PIL 1%
PIL 2%
%
89,5
83,8
78,8
70
68
66
25 anni
RETRIBUZIONE ANNUA
LORDA NEL PRIMO ANNO
DI ATTIVITÀ
PIL 1%
%
75,0
70,6
66,6
70
68
66
75,8
71,1
66,9
70
68
66
76,6
71,6
67,1
ell’ultimo periodo
diversi istituti,
pubblici e privati,
hanno prodotto numerose
proiezioni delle prestazioni
che i lavoratori dipendenti
potrebbero maturare al
pensionamento dall’Inps.
Abbiamo visto tutta una serie
di risultati (in alcuni casi di
difficile riconciliazione) ed
anche noi abbiamo elaborato
le nostre (si veda lo schema a
fianco). Proviamo ora a
riassumere. È vero, innanzi
tutto, che l’attuale sistema
garantisce al pensionamento
un livello di copertura
adeguato? Probabilmente sì.
Ma solo in alcune situazioni:
con un pensionamento in età
avanzata (a circa 70 anni), con
una carriera non
particolarmente brillante
(sufficientemente piatta),
costante (non con tanti buchi
contributivi) e con una
crescita del Paese ragionevole
(e su questo punto ci
torneremo). In tutte le altre
situazioni, invece, molto
probabilmente la copertura
offerta dal sistema
pensionistico pubblico dovrà
essere assolutamente
integrata da una prestazione
previdenziale ulteriore che
consenta al lavoratore di
mantenere anche dopo la
cessazione dal servizio lo
stesso tenore di vita. In
particolare tali necessità
possono essere individuate in
presenza di carriere un
pochino più brillanti (ma
neanche tanto) e, soprattutto,
in caso di pensionamento
anticipato (con più
probabilità, per
coinvolgimento in operazioni
straordinarie sui dipendenti).
Un punto quest’ultimo
fondamentale che rende
assolutamente auspicabile
l’introduzione di disposizioni
che consentano alla
previdenza complementare
di erogare prestazioni più
flessibili, eventualmente
temporanee, di tipo ponte,
anche prima del
raggiungimento del
pensionamento definitivo
nell’ambito dell’Inps. L’entità
dell’ulteriore copertura
necessaria dipende dalle
caratteristiche individuali del
lavoratore. È bene quindi
procedere per tempo a
un’attenta pianificazione e
monitoraggio della posizione
pensionistica personale per
verificare effettivamente le
esigenze di coperture
aggiuntive, eventualmente da
finanziare. L’adeguatezza
della copertura offerta
dall’Inps infatti è da valutare
caso per caso. Un discorso
separato deve poi essere
condotto con riferimento ai
quadri economici utilizzati
nelle proiezioni di lungo
termine. Infatti sotto un
profilo di computo
matematico teorico,
ipotizzare una crescita del
prodotto interno lordo nulla
(o addirittura negativa) non
comporta alcuna difficoltà. La
proiezione potrà essere in
ogni caso effettuata. Ritenere
però che il nostro sistema
pensionistico (finanziato
sempre, ed interamente,
tramite il metodo della
ripartizione) possa
mantenere, in contesti del
genere, la sua sostenibilità
finanziaria di lungo termine è
sicuramente un aspetto da
valutare attentamente. La
possibilità che in assenza di
una crescita adeguata l’attuale
metodologia di calcolo
utilizzata non debba essere
soggetta a ulteriori profonde
revisioni è un elemento che
dovrebbe essere tenuto in
forte considerazione nella
stima delle prestazioni future.
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