Norvegia 2014, chilometri di ghiaccio e di strade Andrea Gamberini Cronaca del viaggio del "Romagna Ice Team - Norway Expedition 2014": Raffaele Mercuriali, Mauro Cappelli, Davide Donini e Andrea Gamberini alla continua ricerca delle cascate di ghiaccio nei fantastici scenari dei fiordi Norvegesi. Ogni inverno sarebbe interessante poter dedicare un viaggio al ghiaccio, alle cascate di ghiaccio… spesso si finisce per parlarne e discuterne ma, accade che ci si lascia trascinare dall’euforia di solcare quante più possibili valli e pareti alpine, giunge così inesorabilmente l’arrivo della primavera e la naturale trasformazione della materia da solida a liquida, nuovamente il ghiaccio sparisce e si rimanda i progetti alla stagione seguente. Ero già stato in Norvegia nell’inverno del 2008 e da allora mi ero ripromesso di tornarci. In poco più di due ore di volo si arriva ad Oslo e di lì, noleggiando un’auto ci si può dirigere verso Nord per raggiungere zone dalle infinite possibilità per l’ice climber, in contesti naturali mozzafiato notevolmente differenti dagli canoni alpini. Così in una sera di inverno, manco a dirlo di rientro da una cascata, insieme a tre amici romagnoli, Raffa, Mauro e Davide, compagni di scalate da oltre un decennio, decidiamo di volare verso il grande Nord. Atterriamo all’aeroporto di Rygge alle nove di una grigia mattina di febbraio e ci spariamo a Nord in direzione della nostra prima meta. Passando per Lillehammer, seguiamo la E6 poi la E 136 fino al Langfjorden. Considerata la quasi totale mancanza di autostrade in Norvegia, arriviamo, dopo otto ore di viaggio a Eresfjord nella regione di Romsdal, da lì inizia il lago e la valle di Eikesdal. Quest’ultima è circondata da alte pareti dove colano innumerevoli e impressionanti linee, un Eldorado per il ghiacciatore. Non troviamo praticamente neve in quanto gli ultimi dieci giorni miti hanno modificato le condizioni e così anche i nostri progetti. Da giorni le temperature raggiungono i 6-7 gradi senza mai scendere sotto lo zero neppure di notte, ciò nonostante saliamo in ottime condizioni la bella e classica Yste Mardola (450m III WI 4+) al cospetto della più famosa e impressionante Mardalsfossen (600m IV Wi 6+) alla quale manca una porzione nella parte iniziale. Un vero peccato, una scalata che resterà per la prossima volta o solo per i nostri sogni. Per tutta la settimana permangono temperature miti e anche le altre linee più attraenti sono per ora compromesse. La seconda sera nella casetta in legno di Overàs, cartina alla mano valutiamo gli spostamenti dell’indomani. Si cela nell’indole del ghiacciatore scoprire nuove valli e scorgere nuovi flussi ghiacciati dietro l’angolo di una parete. E’ un meccanismo interiore che si scatena dentro ognuno di noi ogni inverno, quel misto di tensione adrenalina che produce l’attesa poco prima di scoprire, vedere e infine salire linee di ghiacciate, forme effimere e cangianti che la natura ha consolidato per le emozioni dei ghiacciatori Altro giorno altro viaggio, lo ribattezziamo un viaggio dentro e fuori noi stessi. Cinque ore di auto “into the wild”, una bufera di neve ed un traghetto ci separano dal Sognefjorden, il fiordo più lungo al mondo, e dal paesino di Laerdal. Dobbiamo gestire la “fame di ghiaccio” e la voglia irrefrenabile di scalare, ma siamo felici di poter viaggiare lungo il Romsdalfjorden potendo ammirare i grandi spazi naturali finalmente alla luce del giorno, risaliamo la Romsdalen contornata da pareti di granito e guglie frastagliate, anche qui con il freddo giusto ci sarebbero linee per settimane intere. Incollato al finestrino e forzando qualche sosta a Raffa, che giuda con la determinazione di un camionista vichingo, cerco di scrutare quelle famose cascate salite in un noto video di una decina di anni fa dai famosi miti dell’ ice climbing Guy Lacelle e Francois Damilanò. Si susseguono altipiani di betulle, torrenti ghiacciati e lunghi passi innevati, poi di nuovo fiordi e pareti, mare e montagna, Davide e Mauro pazientemente seduti dietro sono positivi e non lasciano mai perdere la speranza al gruppo. Mai dire mai... Arriviamo a Laerdal nel pomeriggio e andiamo subito a controllare il nostro obbiettivo per l’indomani. Risaliamo la valle sopra il paesino di Mò seguendo la stradina forestale che costeggia il torrente Nivla per scorgere più da vicino le impressionanti linee di Thorfossen e Kjiorlifossen. Ricordavo Thor ben più grassa dalla prima spedizione norvegese, oggi i primi tiri, anche se non difficili, sono molto magri e sembrano scollati; binocoliamo invece la parte alta di Kjiorli (400m III Wi 5) che appare subito in gran forma, speriamo bene lo sia anche la candela iniziale! L’indomani è un sogno preannunciato, le temperature sono sempre intorno allo zero e la candelona iniziale, verticale per quaranta metri, è un colosso ben piantato di ghiaccio plastico e tenero con enormi petali dove appoggiare i ramponi e dove è un piacere scalare. Seguono altri cento, centoventi metri più appoggiati che via via si impennano fino al muro finale di quattro lunghezze continue sempre più verticali. E’ una giornata in vero stile norvegese dove il vento non manca mai, a tratti cade qualche fiocco di neve alternato da sporadici squarci di cielo blu intenso. Salita super, giornata super ne avevamo bisogno, e per cena salmone al forno nell’ennesima casetta di legno in riva al fiordo. Giorno cinque, altro trasferimento questa volta verso Eidfjord, “solo” poco più di tre ore di auto, ci diciamo: “dai è come andare in Dolomiti da casa nostra”. Una volta arrivati c’è una valle che si raggiunge in mezz’ora di cammino, scaleremo in giornata. Nel viaggio perdiamo quasi la testa, sono troppe le colate che si susseguono una dietro l’altra, altrettante sarebbero le possibilità. Dagli altipiani che sovrastano le valli scende acqua in abbondanza lungo le pareti e con la magia del gelo solidifica disegnando flussi di ogni genere. Partendo da Laerdal ci si immette nel tunnel stradale più lungo al mondo (Laerdals Tunnelen 24,5 km), dalla parte opposta si sbuca nel piacevole paesino di Aurland, altri due tunnel e ecco il paesino Gudvangen. Dopo poco ci troviamo al cospetto della incommensurabile Big-Line dal nome impronunciabile (Kjerrskredkvelven) una famosa linea di circa mille metri, senza parole…. “meno male” sono ghiacciati solo gli ultimi 500 metri, sotto è acqua, scattiamo qualche foto di rito e si riparte. Un paio d’ore ancora e prima di arrivare a Eidfjord si attraversa un ponte a campata unica sospeso sul fiordo. Oltrepassiamo Eidfjord e arrivati all’imbocco della Mabodalen si continua a piedi verso le cascate già visibili. Saliamo una bellissima cascata verticale dal colore del ghiaccio completamente giallo ocra. Ancora oggi non siamo certi del nome, per noi è Yellow Fossen (230m II WI 5), cinque tiri splendidi e di soddisfazione, un’altra dose di scalata ci appaga mentre il vento ci tiene compagnia per tutta la giornata. Il fondo della valle è coperto da un lago e dalla parte opposta si impenna una scura e verticale parete di trecento metri dalla quale cadono almeno sei colate molto interessanti una a fianco all’altra, attualmente però compromesse dal versante assolato. Il giorno seguente è un giorno di pioggerella, nuvole basse e temperature alte, le condizioni non lasciano presagire nulla di buono. Ci inoltriamo nella selvaggia valletta laterale di Hjolmo fino all’omonimo paesino di tre case dove tutto è tappezzato dal muschio, sappiamo che da lì in circa due ore di cammino si raggiunge un anfiteatro di belle e lunghe cascate. Ci incamminiamo con qualche perplessità poi più avanti ,sotto una pioggia battente, ormai quasi persi e dopo che uno di noi è finito nel fiume, decidiamo di mollare e facciamo rientro a Eidfjord. Ci asciughiamo le ossa e ci ridiamo sopra, poi più tardi durante una breve schiarita notiamo in alto in una valletta laterale l’anfiteatro delle imponenti cascate in questione, ancora lì ancora in piedi chissà ancora per quanto…. Mancano due giorni all’aereo, uno solo per scalare, siamo indecisi fra i due luoghi che sono probabilmente i più famosi e frequentati siti norvegesi dove scalare su ghiaccio, Hemsedal e Rjukan. Telefoniamo a Floriano, un amico che sconsiglia la zona di Hemsedal, dice che là sta nevicando di continuo da quattro giorni e che ora si è spostato a Rjukan dove c’è altrettanta neve ma almeno è freddo. La strada per Hemsedal riserva l’incognita dei passi probabilmente chiusi considerando lo stile norvegese di chiudere le strade durante le nevicate fino a data da destinarsi, quindi optiamo per Rjukan dove sappiamo essere in buone condizioni la famosissima e ambita Lipton. Mi sarebbe piaciuto tornare a cinque anni di distanza sulla famosa Hydnefossen a Hemsedal, peccato i miei amici non possano farlo in questa vacanza, ma Lipton a Rjukan ci aspetta. Il giorno sette partendo presto da Eidfjord affrontiamo altre cinque orette di auto in questa terra sconfinata, costeggiamo tutto il Sorfjorden fino a Odda poi lungo la E 134 entriamo nella regione del Telemark, superiamo un passo dove incombe una tormenta di neve per decine di chilometri, arriviamo a Rjukan in tarda mattinata con cielo sereno sole splendente e senza vento, proprio l'ultimo giorno, eh… Lipton ci aspetta in fondo alla parte alta della gola, un ora scarsa di cammino dal ponte sospeso, e si è alla base. Lipton si lascia desiderare e si scorge solo alla fine, nascosta dietro una quinta rocciosa. E’ una cascata dalle forme perfette per quanto strane, si risolve in tre tiri favolosi, il secondo è un traverso su frange, sotto un tetto, si scala verso destra aggrappati a un “sipario” di ghiaccio fino a riprendere la candela principale. Lipton (120m III WI 7) si è lasciata scalare su ghiaccio plastico ed abbondante agevolando notevolmente la difficoltà tecnica. Soddisfatti ed appagati dalle otto giornate trascorse insieme, nell’ultima sera partiamo in direzione dell’aeroporto di Rygge e attraversando Oslo non poteva mancare una sosta con vista sul porto! E’ il termine di un viaggio, fatto di chilometri di ghiaccio e chilometri di strade, un viaggio vissuto ed assaporato in ogni istante. Intense esperienze ed un forte legame per le suggestive terre Norvegesi. Per il supporto tecnico si ringrazia CapoNord.it Mountain Shop Forlì. Andrea Gamberini
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