Raccolta interrogazioni a Camera e Senato 32/2014

Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato e al Parlamento europeo
n. 32/2014
2014
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 4
Interrogazione a risposta scritta sulla disciplina della rete di distribuzione dei carburanti, con
particolare riferimento alla liberalizzazione dei distributori self-service ................................. 4
Interrogazione a risposta scritta sulla confisca nei confronti di due società titolari di 7 impianti
di distribuzione stradale di carburanti nelle province di Salerno, Benevento, Avellino,
Frosinone e Pesaro-Urbino ............................................................................................................ 5
Risoluzione in Commissione sulle norme in materia di prospezione terrestre di idrocarburi
nella regione Sardegna ................................................................................................................... 6
Interrogazione a risposta in Commissione sul progetto della centrale termoelettrica alimentata
a carbone nel comune di Montebello Jonico (RC) ..................................................................... 13
Interrogazione a risposta in Commissione sulla fuoriuscita di olio combustibile nel mar
Grande a Taranto ......................................................................................................................... 14
Interrogazione a risposta in Commissione sull'omologazione dei veicoli pubblici o privati
riconvertiti in elettrici o ibridi .................................................................................................... 15
Interrogazione a risposta in Commissione sulla volontà da parte di Enel di non procedere con
gli investimenti concernenti la centrale termoelettrica di Porto Tolle .................................... 16
Risposta Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all’interrogazione di sulle
finalità strategiche della cessione di una quota di CDP Reti a State Grid International
Development.................................................................................................................................. 17
Risposta del Viceministro dello sviluppo economico Claudio De Vincenti all’interrogazione sulla
crisi produttiva del polo petrolchimico di Gela ......................................................................... 20
Risposta del Ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, all’interrogazione a risposta
immediata sugli elementi in ordine al livello effettivo dello stoccaggio di gas in Italia ed
orientamenti del Governo in merito ad una strategia alternativa di approvvigionamento di
idrocarburi .................................................................................................................................... 23
Risposta del Viceministro dell’economia e delle finanze Luigi Casero all’interrogazione a
risposta immediata sul regime di accisa applicato ai carburanti utilizzati dalle imbarcazioni
per il trasporto commerciale di passeggeri nelle acque interne ............................................... 25
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Interpellanza sul possibile arrivo alla raffineria di Sarroch (Cagliari) del carico di sabbie
bituminose da una petroliera della Suncor Energy, il più grande colosso di estrazione
petrolifera e di gas di tutto il Canada ......................................................................................... 28
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione dei lavori di ampliamento della centrale
SNAM di Messina ......................................................................................................................... 30
Interpellanza sull’incendio della raffineria di Milazzo ............................................................... 33
Interrogazione a risposta in Commissione sull’incendio della raffineria di Milazzo ................. 36
SENATO ............................................................................................................................................ 39
Informativa del Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, sull'impatto economico per
le imprese nazionali, in relazione alle sanzioni commerciali della Federazione russa nei
confronti dell'Unione europea e conseguente discussione ........................................................ 39
Interrogazione a risposta scritta sull'applicabilità dell'imposta regionale sui canoni di
concessione delle Autorità portuali nella regione Lazio ........................................................... 41
Interrogazione a risposta scritta sull'incendio all'interno della raffineria di Milazzo
(Messina) ....................................................................................................................................... 42
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione di un impianto di produzione di energia
elettrica da biomassa vegetale legnosa in provincia di Campobasso ....................................... 43
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione di un parco eolico off-shore antistante le
coste di Licata (Agrigento) ........................................................................................................... 44
Interrogazione a risposta orale sul progetto del giacimento petrolifero "Tempa rossa", gestito
dalla Total E&P e situato nell'alta valle del Sauro (Basilicata) ............................................... 47
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CAMERA
Interrogazione a risposta scritta:
sulla disciplina della rete di distribuzione dei carburanti, con particolare riferimento alla
liberalizzazione dei distributori self-service
PASTORELLI (MISTO)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al
Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
come è noto, il 18 settembre è stato trasmesso a questa Assemblea il testo, approvato dal Senato con
modifiche, dell'AC 1864-B (Adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
all'Unione europea – legge europea 2013-bis); in particolare l'attuale, articolo 23 interviene sulla
disciplina della rete di distribuzione dei carburanti, di cui al decreto-legge n. 98 del 2011, al fine di
liberalizzare maggiormente i distributori cosiddetti self-service, eliminando la distinzione tra le
stazioni di servizio nelle aree urbane e quelle poste al di fuori dei centri abitati; mediante tale
novella, dunque, vengono escluse limitazioni all'utilizzo continuativo delle apparecchiature selfservice, anche senza assistenza, negli impianti di distribuzione ovunque ubicati e non più solo in
quelli posti fuori dai centri abitati; com’è altresì noto, tale disposizione trova la propria origine nella
procedura EU Pilot (n. 4734/13/MARK), avviata dalla Commissione europea con lettera dell'11
marzo 2013; in particolare, la Commissione ha rilevato che la legislazione nazionale relativa alle
stazioni di servizio ubicate nei centri urbani, limitando l'apertura degli impianti di distribuzione di
carburante non presidiati nell'arco delle 24 ore, viola il principio della libertà di stabilimento,
previsto dall'articolo 49 TFUE, e il divieto di restrizione territoriale previsto dell'articolo 15,
paragrafo
2,
lettera
a)
della
direttiva
2006/123/CE
(cosiddetta
direttiva
servizi);
a tali rilievi il Governo italiano allora in carica replicava con lettera del 30 luglio 2013, che la
legislazione nazionale sarebbe volta, in primo luogo, ad evitare l'esclusione delle piccole imprese
dal mercato e salvaguardare l'occupazione nel settore e, in secondo luogo, a tutelare la salute e la
sicurezza pubbliche; a fronte di ciò, la Commissione ha, tuttavia, ritenuto – in modo opinabile – che
la protezione delle piccole imprese e, soprattutto, la salvaguardia dell'occupazione nel settore non
siano motivi imperativi di interesse pubblico atti a giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento.
Mentre per quanto riguarda la tutela della salute e della sicurezza pubbliche, si è limitata a
rovesciare l'onere della prova in ordine ai rischi per la salute e l'incolumità pubblica derivanti da
stazioni di servizio, nei centri urbani, non presidiate; l'attuale articolo 23, dunque, costituisce al
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momento una scelta obbligata per l'Italia, posto che la sua adozione determina l'archiviazione della
suddetta procedura di infrazione; tuttavia, restano irrisolti i nodi del settore – relativi alla tutela dei
livelli occupazionali, delle piccole imprese, nonché della salute e dell'incolumità pubblica –
derivanti dagli effetti di questa nuova disciplina, senza contare gli effetti negativi sulla
ristrutturazione della rete carburanti –:
di quali informazioni dispongano il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri interrogati, per
quanto di loro competenza, in merito ai fatti riferiti in premessa, con specifico riguardo agli
approfondimenti forniti dal precedente Governo alla Commissione sulla procedura suddetta;
se il Governo e i Ministri interrogati non ritengano opportuno, nell'ambito delle proprie
competenze, attivarsi presso le competenti sedi decisionali europee al fine di rimodulare gli obblighi
gravanti sugli Stati membri in tema di liberalizzazioni, introducendo la possibilità di potervi
derogare qualora dalla loro esecuzione discendano conseguenze gravi in materia di tutela dei livelli
occupazionali, tutela delle piccole e medie imprese, e tutela della salute e dell'incolumità pubbliche.
(4-06190)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla confisca nei confronti di due società titolari di 7 impianti di distribuzione stradale di
carburanti nelle province di Salerno, Benevento, Avellino, Frosinone e Pesaro-Urbino
RICCIATTI (SEL)
— Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 25 settembre 2014 alcuni organi di stampa, tra i quali l'agenzia ANSA ed il quotidiano Il
Resto del Carlino, nell'edizione di Pesaro, hanno riportato la notizia dell'esecuzione di un
provvedimento di confisca, portato a termine dal comando provinciale della Guardia di finanza di
Napoli, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere
(Caserta) nei confronti di due società titolari di 7 impianti di distribuzione stradale di carburanti
nelle province di Salerno, Benevento, Avellino, Frosinone e Pesaro-Urbino; il sequestro di beni, per
circa 10 milioni di euro, è avvenuto a seguito delle investigazioni eseguite dai finanzieri del Gico,
che hanno dimostrato che la costituzione e la successiva gestione delle società confiscate era
avvenuta con l'impiego di risorse finanziarie incompatibili con le disponibilità reddituali dei titolari
ufficiali, i due figli di un imprenditore di Marcianise (Caserta) collegato a esponenti di spicco di
gruppi camorristici; l'azione della Guardia di finanza ha portato alla confisca di quote sociali,
patrimonio aziendale e rapporti finanziari; il fatto riportato non è, purtroppo, il primo che
l'interrogante segnala al Ministro interrogato, al fine di chiedere informazioni sullo stato del
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fenomeno delle infiltrazioni criminali in attività economiche nel territorio delle Marche e sulle
attività intraprese dallo stesso dicastero dell'interno; il fenomeno delle infiltrazioni criminali in
diverse attività economiche del territorio, riconducibili a clan della camorra e della ndrangheta, da
quanto si apprende dagli organi di stampa e da confronti con i vertici territoriali delle forze di
polizia, è un fenomeno in evidente crescita, nonostante l'attività di contrasto posta in essere da
magistratura e forze dell'ordine; tra le zone più interessate dal fenomeno, quella a maggior rischio
appare essere l'area del Fermano –:
considerata la frequenza con la quale si apprende di situazioni legate al fenomeno delle infiltrazioni
criminali nel tessuto economico marchigiano, quali iniziative di competenza il Ministro interrogato
abbia intrapreso o intenda attuare, sul piano della prevenzione, per impedire il dilagare di tale
fenomeno. (4-06193)
Risoluzione in Commissione:
sulle norme in materia di prospezione terrestre di idrocarburi nella regione Sardegna
PILI (MISTO)
La VIII Commissione,
premesso che:
lo Statuto speciale per la Sardegna – Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 Statuto speciale
per la Sardegna – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1948, n. 58 dispone al TITOLO II
articolo 3 – Funzioni della Regione – e recita: «In armonia con la Costituzione e i principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli
interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali sociali della Repubblica, la Regione ha potestà
legislativa nelle seguenti materie: (...) m) esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della Regione
relativi alle miniere, cave e saline; in attuazione delle precise competenze esclusive della regione
Sardegna in materia di «miniere» di cui al citato articolo 3 dello Statuto speciale è stata promulgata
la legge regionale 19 dicembre 1959, n. 20 che dispone «Disciplina dell'indagine, ricerca e
coltivazione degli idrocarburi»; nel disposto della legge si prevede: «L'indagine, la ricerca e la
coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio della Regione sarda sono regolate dalla
presente legge e per quanto non previsto si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni
contenute nel regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e nella legge regionale 7 maggio 1957, n. 15, e
relative modificazioni ed integrazioni»; nel testo della citata legge si prevede: «l'autorizzazione di
indagine, il permesso di ricerca e la concessione di coltivazione sono accordate con decreto
dell'Assessore regionale all'industria e commercio, previa determinazione ed approvazione del
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programma di lavoro, a cittadini italiani o a società legalmente costituite, aventi sede sociale in
Italia, che ne facciano richiesta ed abbiano capacità tecnica ed economica adeguate»;
non appare dubbia nemmeno la competenza disciplinata in relazione alle disposizioni
procedimentali e autorizzative. Nel testo di legge è detto: «L'autorizzazione di indagine per
idrocarburi liquidi e gassosi è accordata per un periodo non superiore ad un anno e può essere
prorogata una sola volta per non più di sei mesi. La proroga deve essere accordata solo per
comprovate necessità, previa constatazione dei lavori compiuti, e può essere concessa a condizioni
diverse da quelle indicate nel provvedimento anteriore. Per le limitazioni di numero e di superficie
delle autorizzazioni di indagine, nonché per la presentazione delle domande si applicano le norme
contenute
nel
regolamento
della
legge
regionale
7
maggio
1957,
n. 15»;
all'articolo 4 è disciplinato: «Il permesso di ricerca è accordato per un periodo non superiore a tre
anni e può essere prorogato per due sole volte e per non più di tre anni ciascuna volta, previo
accertamento dell'avvenuta esecuzione del programma di lavoro»; all'articolo 5 è disciplinato: «Il
permesso di ricerca deve comprendere un'area continua non superiore a 100.000 ettari. Nel caso di
più permessi intestati ad una stessa persona, ente o società, l'area complessiva non può superare il
limite di 150.000 ettari»;
secondo l'articolo 10: «Il permissionario che abbia assolto alle prescrizioni di legge e del decreto di
permesso di ricerca ha diritto di ottenere in concessione i giacimenti di idrocarburi liquidi o gassosi
rinvenuti nell'area del permesso stesso.
Il permissionario deve presentare regolare e documentata
domanda di concessione, a pena di decadenza, entro il termine di quattro mesi dal ritrovamento in
quantità commerciale e deve astenersi da ogni attività di sfruttamento commerciale degli
idrocarburi»;
all'articolo 13 si disciplina che «La concessione di coltivazione non può eccedere i 5.000 ettari e
l'area relativa deve corrispondere alle caratteristiche fissate nell'articolo 5, comma IV, e conservare
l'orientamento dell'area del permesso di ricerca.
Nel caso di più ritrovamenti il titolare del
permesso può ottenere con le modalità e condizioni previste nella presente legge più concessioni di
coltivazione»;
l'articolo 14 dispone che «La durata della concessione è di 20 anni. Il concessionario ha diritto a tre
proroghe di 10 anni ciascuna, se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione»;
all'articolo 15 si dispone: «con il decreto di concessione possono essere imposti obblighi particolari
per la coltivazione di idrocarburi gassosi al fine di non pregiudicare la coltivazione anche futura di
idrocarburi liquidi»;
all'articolo 16 si
disciplina
che: «Il concessionario deve pagare all'Amministrazione regionale un
diritto annuo anticipato di lire 1.000 per ogni ettaro di superficie compresa nell'area della
7
concessione ed altresì corrispondere, in sostituzione della partecipazione ai profitti di cui all'articolo
18, lettera g), del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, una aliquota, secondo quanto stabilito
nell'articolo seguente, del prodotto estratto, calcolata sulla produzione mensile per pozzo, riferito
alla media dell'anno solare. Per gli idrocarburi gassosi si assume l'equivalenza di una tonnellata di
olio per 1.200 metri cubi di gas.
L'aliquota stessa può essere, su richiesta della Amministrazione
regionale e per periodi prefissati, pagata in natura o in moneta. Il valore è determinato in base al
prezzo
medio
effettivo
realizzato
dal
concessionario
nel
corso
dell'anno»;
all'articolo 17 viene disciplinata: «L'aliquota da corrispondere all'Amministrazione regionale ai
sensi dell'articolo precedente è fissata per una produzione pozzo-mese: fino a tonnellate 100: 1 per
cento;
maggiore di tonnellate 100 e fino a 200: 1 per cento sulle prime 100 tonnellate e 2 per cento
sull'eccedenza;
maggiore di tonnellate 200 e fino a 500: come sopra sulle prime 200 tonnellate e 5 per cento
sull'eccedenza;
maggiore di tonnellate 500 e fino a 1000: come sopra sulle prime 500 tonnellate ed 8 per cento
sull'eccedenza;
maggiore di tonnellate 1000 e fino a 2000: come sopra sulle prime 1000 tonnellate e 12 per cento
sull'eccedenza;
maggiore di tonnellate 2000 e fino a 4000: come sopra sulle prime 2000 tonnellate e 20 per cento
sull'eccedenza;
oltre tonnellate 4000: come sopra sulle prime 4000 tonnellate e 25 per cento sull'eccedenza»;
il consiglio regionale della Sardegna il 26 ottobre 1961 approvò – riapprovata, in sede di rinvio, il
13 luglio 1962 – una legge concernente «l'utilizzazione locale degli idrocarburi provenienti dalle
coltivazioni in Sardegna»;
tale legge venne impugnata dal Governo nazionale che presentò ricorso alla Corte Costituzionale
per il giudizio di legittimità costituzionale promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato il 31 luglio 1962, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 9
agosto successivo ed iscritto al n. 8 del Registro ricorsi 1962;
il 7 febbraio 1963 la Corte Costituzionale respinge il ricorso prodotto dal Presidente del Consiglio
dei ministri avverso la legge della regione Sardegna 26 ottobre 1961 concernente «utilizzazione
locale degli idrocarburi provenienti dalle coltivazioni in Sardegna»; è esemplare la posizione
dell'Alta Corte sulla valenza costituzionale della competenza della regione Sardegna in materia di
ricerca, concessione e estrazione di idrocarburi liquidi o gassosi; nel dispositivo di rigetto del
ricorso dello Stato la Corte costituzionale affronta in modo chiaro ed esaustivo la questione della
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competenza sulla materia e non lascia adito a dubbi sul fatto che tale competenza sia di rango
costituzionale
e
statutario
e
quindi
non
modificabile
con
legge
ordinaria;
così come appare evidente che eventuali proposte di modifiche di rango costituzionale e statutario
in materia possono essere introdotte solo ed esclusivamente in termini pattizi, d'intesa e negoziali
tra Stato e regione; appare, però, significativo riportare in questo atto di indirizzo la posizione della
Corte costituzionale sulla questione delle competenze di rango costituzionale inerente la funzione
della regione Sardegna in materia di «Miniere» e di «demanio»; sostiene l'Alta Corte in merito al
ricorso dello Stato contro la legge approvata dal Consiglio regionale della Sardegna: «Bisogna, a
riprova di ciò, muovere dalla considerazione che i giacimenti di idrocarburi, oggetto della legge
regionale, i quali formano parte, a tenore dell'articolo 826 del Codice civile, del patrimonio
indisponibile dello Stato, sono passati, serbando lo stesso carattere, alla regione sarda, in virtù
dell'articolo 14 della legge costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 3, di approvazione dello Statuto.
Tale riserva costituzionale di proprietà offre la possibilità all'ente che ne è titolare, o di procedere
direttamente alle ricerche (ed all'eventuale coltivazione della miniera), secondo è previsto
dall'articolo 13 della legge statale 29 luglio 1927, n. 1443 (non esclusa, ma anzi espressamente
considerata dall'articolo 43 della Costituzione, e implicitamente dall'articolo 41, che fa riferimento
in genere all'attività economica “pubblica”), o invece di affidarla a privati concessionari. In
relazione al predetto articolo 14, l'articolo 3, lettera m), dello stesso statuto ha attribuito alla regione
la competenza primaria di legiferare nella materia delle miniere, sicché a svolgimento della
medesima, si è potuto emanare prima una legge regionale integrativa delle norme statali in materia,
in data 7 maggio 1952, n. 15 e poi la legge organica 19 dicembre 1959, n. 20, che disciplina, in
modo autonomo rispetto alla legge statale 11 gennaio 1957, n. 6, la ricerca e coltivazione degli
idrocarburi, adottando il sistema dell'utilizzazione mediante concessioni traslative»; per la Corte
Costituzionale poi: «La legge impugnata, inquadrata come deve essere nello schema dei rapporti ora
delineati, ha quali suoi destinatari gli organi amministrativi della Regione stessa, obbligandoli a
condizionare le concessioni di coltivazione dei giacimenti di oli minerali all'accettazione da parte
degli aspiranti alle medesime di una clausola (in aggiunta alle altre previste dalla legge regionale n.
20 del 1959) secondo cui – ove si verifichino le evenienze previste dalla legge stessa – rimangono
vincolati a procedere alla raffinazione del prodotto in loco prima di poterne disporre la vendita. Ciò
allo scopo, di evidente pubblica utilità, di incrementare il processo di industrializzazione della
regione, al quale è affidato, in via principale, il superamento dell'attuale stato di depressione
economica in cui essa versa»; è la stessa Corte costituzionale ad escludere qualsiasi tipo di possibile
interferenza statale in materia sino a sostenere con non celata ironia l'impraticabilità delle
rivendicazioni statali: «Non viene neanche in considerazione la questione sollevata nel ricorso
9
stesso circa l'asserita esistenza di una generale riserva di legge statale per l'imposizione di una
qualsiasi delle limitazioni consentite dall'articolo 41, che si ritiene preclusiva della competenza
della Regione, dato che, secondo si è messo in rilievo, non ricorrono nel caso in esame ipotesi di
interventi limitativi di tal genere. Deve poi, sulla base dell'interpretazione data alla legge in esame,
escludersi che essa sia rivolta alla formulazione di programmi economici. È da ritenere che la
legislazione avente ad oggetto tale specie di programmi sia riservata allo Stato (secondo un
principio che del resto risulta riaffermato, per la Regione sarda, dall'articolo 13 dello Statuto), ed
essa è suscettibile di venire svolta dalla Regione solo nei limiti e secondo le direttive dalla
medesima fissate»; per questi motivi la Corte Costituzionale respinse il ricorso prodotto dal
Presidente del Consiglio dei, ministri avverso la legge della Regione sarda 26 ottobre 1961
concernente «utilizzazione locale degli idrocarburi provenienti dalle coltivazioni in Sardegna»;
alle esplicite competenze in materia di demanio e di miniere si aggiungono quelle relative
all'urbanistica, pianificazione del territorio e del paesaggio che rendono per quanto riguarda la
regione Sardegna impraticabili e illegittime, in modo inequivocabile, le linee d'azione e i relativi
provvedimenti del governo nazionale in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi liquidi o
gassosi;
è sempre la Corte Costituzionale a chiarirlo nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 3,
4, commi 1 e 2, 7 e 8, comma 3, della legge della regione Sardegna 25 novembre 2004, n. 8
promosso con ricorso del Presidente Consiglio dei ministri notificato il 24 gennaio 2005, depositato
in cancelleria il 2 febbraio 2005 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2005; la Corte Costituzionale
in fase di esame del ricorso sostiene: «Prima di passare all'esame delle residue censure prospettate
nel ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, tutte fondate sul presupposto della
incompetenza della Regione ad emanare le norme impugnate o sulla violazione della disciplina
statale in materia, occorre chiarire la natura e la portata delle attribuzioni spettanti alla Regione
Sardegna in relazione agli oggetti disciplinati, rilevando peraltro fin da ora come il ricorrente non
abbia in alcun modo dato conto né della presenza, in tema di tutela paesaggistica, di apposite norme
di attuazione dello statuto speciale della Regione Sardegna, né della stessa esistenza di una risalente
legislazione della medesima Regione in questo specifico ambito (legge della Regione Sardegna 22
dicembre 1989, n. 45, recante “Norme per l'uso e la tutela del territorio”) e di cui le disposizioni
impugnate nel presente giudizio rappresentano una parziale modificazione ed integrazione»;
è la Corte Costituzionale a sconfessare senza mezze misure il tentativo del Governo di venir meno a
norme di rango costituzionale e concatenate attraverso norme attuative: «Le ripetute affermazioni
contenute nel ricorso, secondo le quali le disposizioni impugnate sarebbero illegittime perché
“eccedono dalla competenza statutaria di cui agli articoli 3 e 4 dello Statuto d'autonomia, ponendosi
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in contrasto con l'articolo 117, comma 2, lettera a) della Costituzione, che riserva allo Stato la
competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dei beni culturali”, anzitutto non prendono
in considerazione che il Capo III del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n.
480 (Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma), intitolato “Edilizia
ed urbanistica”, concerne non solo le funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche le funzioni
relative ai beni culturali e ai beni ambientali; infatti, l'articolo 6 dispone espressamente, al comma 1,
che “sono trasferite alla Regione autonoma della Sardegna le attribuzioni già esercitate dagli organi
centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n.
765 ed attribuite al Ministero dei beni culturali ed ambientali con decreto legge 14 dicembre 1974,
n. 657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonché da organi centrali e periferici di altri
ministeri”. Al tempo stesso, il comma 2 del medesimo articolo 6 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 480 del 1975 prevede puntualmente che il trasferimento di cui primo comma
“riguarda altresì la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici, di cui all'articolo 5
della legge 29 giugno 1939, n. 1497”»; aggiunge la Corte Costituzionale: «Tenendo presente che le
norme di attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo
delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle Regioni ad autonomia
speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento
appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari (secondo
quanto ha più volte affermato questa Corte: si vedano, fra le molte, le sentenze n. 341 del 2001, n.
213 e n. 137 del 1998), è evidente che la Regione Sardegna dispone, nell'esercizio delle proprie
competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione
ai profili di tutela paesistico ambientale»; la Corte Costituzionale riafferma con ancora più chiara
disposizione che: «come questa Corte ha più volte affermato, il riparto delle competenze legislative
individuato nell'articolo 117 della Costituzione deve essere riferito ai soli rapporti tra lo Stato e le
Regioni ad autonomia ordinaria, salva l'applicazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3, peraltro possibile solo per le parti in cui le Regioni ad autonomia ordinaria
disponessero, sulla base del nuovo Titolo V, di maggiori poteri rispetto alle Regioni ad autonomia
speciale»;
è la Corte a sancire in modo netto la specificità della regione Sardegna in materia: «Quanto
specificamente alla Regione Sardegna, va aggiunto, infine, che proprio sulla base dell'esplicito
trasferimento di funzioni di cui alle norme di attuazione dello statuto speciale contenute nel decreto
del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, la Regione – già con la citata legge n. 45 del 1989
– aveva appositamente previsto e disciplinato i piani territoriali paesistici nell'esercizio della propria
potestà legislativa in tema di “edilizia ed urbanistica”. Questa legge, che all'articolo 12 prevedeva
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anche apposite “norme di salvaguardia” ad efficacia temporanea in attesa della approvazione dei
piani territoriali paesistici (analogamente a quanto attualmente previsto con le norme impugnate),
viene solo in parte modificata dalla legge regionale n. 8 del 2004, oggetto del ricorso governativo,
particolarmente per ciò che concerne il recepimento nella regione Sardegna del modello di
pianificazione paesaggistica fondato sul piano urbanistico-territoriale, appunto attualmente
contemplato nel richiamato articolo 135, comma 1, del codice dei beni culturali»; la conclusione
della Corte costituzionale è netta: «Sulla base delle considerazioni appena svolte, anche le questioni
concernenti l'asserita violazione del riparto delle competenze legislative e della disciplina statale in
materia di tutela del paesaggio devono essere dichiarate inammissibili. Il ricorrente, infatti, muove
dall'erroneo presupposto secondo il quale la Regione Sardegna risulterebbe priva di potestà
legislativa in tema di tutela paesaggistica, omettendo conseguentemente di argomentare in base a
quale titolo la legislazione dello Stato in materia dovrebbe imporsi come limite per il legislatore
regionale e di individuare le specifiche norme legislative statali che dovrebbero considerarsi
violate»;
per questi motivi il 6 febbraio 2006 la Corte Costituzionale dichiara inammissibili le questioni di
legittimità
costituzionale
sollevate
dal
Presidente
del
Consiglio
dei
ministri;
la regione Sardegna, attraverso rappresentati della stessa giunta regionale, non avendo approfondito
la materia, e con non poca superficialità sulla gerarchia delle fonti, ha dichiarato di non voler
accedere a tali possibili modifiche legislative; tali affermazioni appaiono in contrasto con tre
elementari considerazioni: la regione Sardegna ha la competenza esclusiva in materia di idrocarburi;
nessuna legge ordinaria può modificare un dettato costituzionale e statutario e tantomeno quello
della regione Sardegna; le modifiche costituzionali e statutarie possono essere perseguite solo in
regime pattizio e con le obbligatorie intese,
impegna il Governo:
a prendere atto dell'evidentissima improponibilità di norme in materia di prospezione terrestre di
idrocarburi, con eventuali concessioni, con efficacia nella regione Sardegna;
ad esplicitare anche nelle iniziative normative tale richiamo costituzionale e statutario al fine di
evitare inutili polemiche considerata la netta e chiara posizione della Corte Costituzionale;
ad assumere comunque un'iniziativa normativa che stabilisca l'obbligo di una procedura d'intesa con
le regioni, e in particolare quelle a statuto speciale, anche per le prospezioni a mare;
ad assumere un'iniziativa urgente al fine di vietare l'utilizzo di air gun nei mari della Sardegna, sia
per la gravità degli effetti che per l'impraticabilità ambientale, naturale e paesaggistica di tale
procedura di prospezione energetica. (7-00479)
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Interrogazione a risposta in Commissione:
sul progetto della centrale termoelettrica alimentata a carbone nel comune di Montebello
Jonico (RC)
NESCI e altri (M5S)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le
autonomie, al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. —
Per sapere – premesso che:
in data 19 giugno 2008 la società SEI SpA ha presentato domanda di pronuncia di compatibilità
ambientale e di autorizzazione integrata ambientale ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006,
come modificato e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4, relativamente al progetto
di centrale termoelettrica alimentata a carbone, di potenza elettrica di 1320 megawatt e localizzata
nel comune di Montebello Jonico (RC), all'interno dell'agglomerato industriale di Saline Joniche e
relativo elettrodotto di interconnessione alla rete localizzato nei comuni di Montebello Jonico (RC),
Motta San Giovanni (RC), Melito di Porto Salvo (RC), Badalaghi (RC), Roghudi (RC), Condofuri
(RC), San Lorenzo (RC) Calanna (RC) e Reggio Calabria; in data 29 aprile 2013, sollecitando
risposta scritta il 13 marzo 2014 e poi il 25 giugno 2014, gli interroganti hanno presentato
l'interrogazione n. 4-00312, chiedendo ai Ministri interrogati, a proposito del suddetto progetto, se
si ritengano superati, allo stato della procedura, i rilievi mossi dalla Corte dei conti già nel 2013 in
merito al mancato patto tra Stato e regione e se vi siano interessi di ’ndrangheta nella vicenda, alla
luce di dichiarazioni sul contesto rilasciate dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri;
ad adiuvandum, si rammenta che la Corte dei conti calabrese ha evidenziato che la procedura in
parola mancava del presupposto, quanto necessario, accordo tra Stato e regione, ritenuto
presupposto essenziale, perché si potesse procedere nei lavori di installazione di qualunque
manufatto interessasse la costruenda centrale a carbone; gli interroganti osservano che
l'interpretazione della Corte dei conti trova le sue radici nel dettato normativo di cui alla legge n. 55
del 2002, articolo 1 comma 1, secondo cui per ottenere l'autorizzazione è comunque necessario
acquisire l'intesa con la regione, mentre l'esaurimento dell'istruttoria relativa alla Via non sostituisce
tale elemento ma ne costituisce solo il presupposto, così chiarendo che l'assenso regionale è
elemento postumo alla già svolta istruttoria; è recente la notizia secondo cui il proponente SEI ha
richiesto ai vari comuni interessati la pubblicazione di avviso comprendente opere connesse e
collegate alla centrale e di un vincolo preordinato all'esproprio di terreni finalizzato alla loro
realizzazione;
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gli interroganti reputano tale avviso radicalmente nullo e assolutamente intempestivo, poiché nel
medesimo si discute di opere ritenute di pubblica utilità senza che sia pervenuta l'autorizzazione che
necessariamente deve precedere e che sola conferisce all'opera la sua pubblica utilità ai fini e per gli
effetti di cui all'articoli 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001;
gli interroganti sottolineano che tale autorizzazione deve essere concessa a seguito dell'accordo tra
Stato e regione Calabria, ente che da sempre si è dichiarato contrario alla realizzazione del progetto;
agli interroganti appare opportuno che la regione si esprima con l'evidenza degli atti, dunque
emanando un decreto di non disponibilità all'esecuzione dell'opera, il che la stessa regione ha
significato verbalmente e solo in sede di istruttoria Via; nell'avviso pubblicato presso i vari comuni
si evidenzia un dato quantomeno inquietante e cioè che il controllo e la direzione delle opere viene
affidato a Repower; per come è noto, la società Repower è controllata dal cantone svizzero dei
Grigioni, proprietario, che ha inibito la realizzazione dell'opera deliberandone l'uscita e ogni attività
nell'ambito del progetto in argomento a partire dal 2015, sicché da lì dovrà essere sostituita da altro
operatore al momento non conosciuto;
non c’è dubbio che Repower era da considerarsi partner consapevole, esperto e preparato;
innanzi all'impatto dell'impianto nel tessuto territoriale, per certo imponente, se non devastante, la
presenza di un operatore competente poteva costituire motivo di conforto e garanzia –:
se siano a conoscenza dei fatti esposti e, all'occorrenza, che cosa possono riferire sulla società che
sostituirà Repower;
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano adottare per la definizione della
questione circa la mancata intesa fra Stato e regione o se ritengono superata la medesima;
si siano manifestati interessi di ’ndrangheta sul progetto in argomento, complessivamente inteso.
(5-03665)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla fuoriuscita di olio combustibile nel mar Grande a Taranto
DE LORENZIS (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
da fonti stampa del 18 settembre 2004 del titolo «Ilva: fuoriuscita olio combustibile in mar Grande a
Taranto», si apprende di un nuovo sversamento nel mar Grande di Taranto di olio combustibile ed
altre sostanze, proveniente dal «Treno nastri 2» dell'Uva di Taranto, giunto in mare attraverso il
«canale 2» all'altezza del quinto sporgente portuale; lo sversamento avrebbe creato in brevissimo
tempo una «macchia in mare molto estesa e ampiamente visibile» e questo avvenimento rappresenta
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l'ennesimo incidente industriale che coinvolge il mar Grande di Taranto; l'Unione europea stabilisce
un quadro comune di responsabilità al fine di prevenire e riparare i danni causati agli animali, alle
piante, agli habitat naturali e alle risorse idriche, nonché i danni arrecati ai suoli e spetta alle autorità
pubbliche accertarsi che gli operatori responsabili adottino o finanzino le misure necessarie in
materia di prevenzione e riparazione –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quale iniziativa intenda adottare per
tutelare il mar Grande;
quali potenziali rischi ci siano per l'ambiente e per la salute derivanti dallo sversamento in mare di
«olio combustibile»;
quali danni ambientali abbia prodotto la fuoriuscita di olio combustibile ed altre sostanze, enunciati
in premessa, quali interventi siano previsti per il risanamento ambientale e per attuare il principio di
«chi inquina paga» e quali siano le misure necessarie in materia di prevenzione e riparazione
adottate dal siderurgico di Taranto. (5-03668)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sull'omologazione dei veicoli pubblici o privati riconvertiti in elettrici o ibridi
MUCCI (M5S)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la società Nuova azimut s.r.l. di Grumento Nova (Potenza), ha progettato, realizzato e testato la
trasformazione
in
auto
a
trazione
elettrica
di
una
Alfa
156
JTS
a
benzina;
il proprietario della società, Antonio Alberti, ha richiesto l'aggiornamento della carta di circolazione
di questa auto a cui non è stata apportata alcuna modifica costruttiva tra quelle indicate dall'articolo
72 e 73 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Codice della strada) e successive modificazioni;
nonostante
il
regolamento
ECE/ONU
n. 100
recante
«Disposizioni
uniformi
relative
all'omologazione dei veicoli a batteria elettrica per quanto riguarda i requisiti specifici per la
costruzione e la sicurezza funzionale», all'interrogante non risulta vi sia alcun decreto ministeriale o
altro atto normativo che regoli le verifiche e prove necessarie all'ottenimento della
reimmatricolazione di tali prototipi; in data 1o aprile 2014 in Commissione attività produttive della
Camera dei deputati, è stata approvata la risoluzione 8-00045, che impegna il Governo «a valutare
l'opportunità di assumere iniziative normative che regolino la riconversione elettrica o ibrida dei
mezzi pubblici e privati, prevedendo l'estensione dell'applicazione dell'articolo 17 della legge n.
134 del 2013 a tutte le categorie di mezzi di trasporto, senza limiti di età, l'omologazione dei veicoli
trasformati e dei kit di conversione (...)»; risulta all'interrogante che l'ufficio competente presso il
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Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia annunciato la presentazione, entro luglio 2014, di
un decreto attuativo che stabilisca le procedure e i controlli per omologare i veicoli pubblici o
privati riconvertiti in elettrici o ibridi –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare urgentemente iniziative ispettive affinché
il regolamento ECE/ONU 100 sia correttamente applicato dalla Motorizzazione e se intenda
prontamente assumere iniziative normative che consentano l'omologazione dei veicoli pubblici o
privati riconvertiti in elettrici o ibridi. (5-03683)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla volontà da parte di Enel di non procedere con gli investimenti concernenti la centrale
termoelettrica di Porto Tolle
MARTELLA e CRIVELLARI (PD)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'Enel ha comunicato ai vertici nazionali delle organizzazioni sindacali di categoria la volontà da
parte della società di non procedere con gli investimenti concernenti la centrale termoelettrica di
Porto Tolle; si prospetta la mancata conversione a carbone della centrale che oggi mantiene un
parco
produzione
ad
olio
combustibile
e
quindi
la
chiusura
del
sito
produttivo;
la centrale Enel a carbone avrebbe dovuto comportare investimenti calcolati attorno ai 2,5 miliardi
di euro, con la produzione di 1.980 megawatt divisi in 3 gruppi anziché gli attuali 4;
per la realizzazione del progetto di conversione era stato calcolato l'impiego di circa 1.600
lavoratori in fase di cantiere, con punte di 3.500 per oltre 20 milioni di ore di lavoro;
ad investimenti conclusi il progetto prevedeva circa 700 operai, di cui 350 alle dipendenze di Enel;
la notizia di non procedere al programma di investimenti rischia quindi di compromettere
definitivamente il futuro del sito e gli addetti attualmente impiegati; l'annuncio da parte dell'Enel
nella totale assenza di un progetto alternativo pone il ragionevole dubbio sulle reali intenzioni da
parte dell'azienda; occorre verificare, in tempi rapidissimi, se l'Enel sia intenzionata a mantenere il
sito attivo magari con la previsione di sistemi di generazione a basso impatto ambientale e ad alto
sviluppo tecnologico e di ricerca, o se questo annuncio sia il preludio dello smantellamento
definitivo –:
se e quali iniziative il Governo intenda attivare per convocare, con la massima urgenza, un tavolo
istituzionale con gli attori locali e nazionali, l'azienda e le organizzazioni sindacali, al fine di
programmare il futuro della centrale e preservare i necessari investimenti per mantenere il sito
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ancora produttivo, salvaguardando i livelli occupazionali e scongiurare la chiusura dell'impianto
termoelettrico di Porto Tolle. (5-03670)
Risposta Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all’interrogazione di sulle
finalità strategiche della cessione di una quota di CDP Reti a State Grid International
Development, presentata da VALLASCAS (M5S) n. 5-03474
Il viceministro Claudio DE VINCENTI risponde all'interrogazione in titolo e precisa che in
considerazione delle specifiche competenze del MiSE, l'entrata di capitali esteri nelle holding
italiane è di per sé un fatto positivo perché dimostra la attrattività del sistema italiano. Nel caso
specifico, la partecipazione, di natura fondamentalmente finanziaria, è relativa a una quota non
maggioritaria in Cassa Depositi Reti, che a sua volta detiene quote del capitale di Terna e Snam, e
quindi la partecipazione non avrà influenza diretta sulla gestione delle reti energetiche.
La governance riservata al nuovo socio sarà tipica di un investimento di minoranza, in quanto è
previsto un impegno reciproco al non trasferimento delle partecipazioni per due anni, con il diritto
di prima offerta dell'altro socio alla scadenza, il rispetto di tutte le norme sull’unbundling come
previsto dalle norme comunitarie e italiane e, vista la natura pubblica dei soggetti interessati, sono
previste specifiche tutele su operazioni future ed espressi obblighi per evitare ricadute negative sulle
certificazioni di indipendenza gestionale delle società Terna e Snam, come stabilite dalle norme
comunitarie e come certificate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico, con
l'obbligo di uscita dell'investitore in caso di mancato rispetto. L'operazione dovrebbe andare a
conclusione entro la fine del 2014. Infine, con riguardo allo sviluppo e la pianificazione delle reti,
si ricorda che le norme europee sulle reti energetiche, pienamente recepite dall'Italia, prevedono
modalità di gestione trasparenti, non discriminatorie e tariffe cost reflective, sotto il controllo
dell'AEEGSI, che a sua volta certifica il rispetto da parte del TSO della loro applicazione e della sua
indipendenza di gestione nei confronti degli operatori di mercato nonché dei suoi azionisti.
Nei casi in cui questo non avvenga le disposizioni nazionali e comunitarie prevedono la possibilità
di intervento da parte della stessa AEEGSI e della Commissione Europea. Infine si fa presente che
sono state emanate anche le recenti disposizioni applicative del decreto del Presidente della
Repubblica 25 marzo 2014, n. 85 c.d. «Golden Power» che costituiscono una ulteriore garanzia
attraverso
l'attivazione,
se
necessario,
dei
poteri
speciali
da
parte
della
PCDM.
Il Ministero dell'Economia per quanto di sua specifica competenza ha informato che la Cassa
Depositi e prestiti (da ora Cdp), con delibera del proprio Consiglio di amministrazione del 12
dicembre 2012, ha dato avvio a un processo di apertura del capitale sociale di CDP RETI e, a tale
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fine, nel dicembre 2013, ha indetto una procedura competitiva per la cessione di una quota
minoritaria del capitale della società a terzi investitori. All'esito di una articolata procedura
competitiva rivolta a circa 70 investitori italiani e internazionali, la Cdp ha ricevuto una sola offerta
vincolante da parte di State Grid International Development Litnited (da ora SGID), società
costituita a Hong Kong, appartenente al gruppo facente capo alla società pubblica State Grid
Corporation of China («SGCC»). Come detto, la partecipazione oggetto di cessione, pari al 35 per
cento di CDP RETI, rappresenta una quota di minoranza del capitale sociale. Il restante 65 per
cento, infatti, rimarrà in capo a Cdp. Attualmente è in corso, altresì, un processo di dismissione di
un ulteriore 14 per cento di CDP RETI ad altri Investitori Istituzionali italiani, quali ad esempio
Fondazioni Bancarie, Fondi Pensione e Casse di Previdenza. Anche in ipotesi di cessione di
un'ulteriore partecipazione della società, Cdp manterrebbe almeno il 51 per cento di CDP RETI e,
dunque, il pieno controllo della società. In relazione all'acquisto della partecipazione del 35 per
cento, a SGID verrebbero infatti riconosciuti unicamente quei diritti di governance necessari al fine
di tutelare il proprio investimento di minoranza nella società. In particolare, SGID potrà nominare
due amministratori su cinque del consiglio di amministrazione di CDP RETI e un membro su tre del
collegio sindacale della società e godrà di un diritto di veto rispetto all'adozione di alcune limitate
delibere. Inoltre SGID avrà diritto a designare un unico amministratore nei consigli di
amministrazione di SNAM e Tema. Il closing dell'operazione è previsto per la fine di novembre.
Cdp impiegherà le risorse rivenienti dall'operazione secondo la sua missione istituzionale a
sostegno della crescita del Paese: nel finanziamento degli investimenti della Pubblica
Amministrazione, nello sviluppo delle infrastrutture e a sostegno dell'economia e del sistema
imprenditoriale nazionale.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
— Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 31 luglio 2014 è stato siglato l'accordo tra la Cassa depositi e prestiti (CDP) e la State Grid
International Development Limited (SGID), per la cessione a quest'ultima del 35 per cento delle
quote di CDP Reti, la holding che detiene il 30 per cento della Snam spa e, a breve, il 29,9 per cento
di Terna spa; la vendita delle quote di Cassa depositi e prestiti reti, secondo quanto è stato reso
pubblico, frutterà al Tesoro 2.101 milioni di euro; Snam e Terna sono due aziende che presidiano
due settori altamente strategici per il paese, la prima nella gestione del gas e dei gasdotti, la
seconda,
nella
gestione
delle
reti
di
trasmissione
dell'energia
elettrica;
con la cessione delle quote di Cassa depositi e prestiti reti, il Governo sta pericolosamente
18
indebolendo la presenza italiana nella gestione e nel controllo delle principali infrastrutture
energetiche del Paese; è dal settore dell'energia, da come si affronteranno le sfide per l'innovazione,
per la sostenibilità e l'abbattimento dei costi, che dipenderà la crescita economica dell'Italia, la
competitività delle nostre aziende, la qualità della vita nelle città e il benessere futuro dei cittadini;
il settore dell'energia elettrica è in continua crescita per effetto della diffusione di nuove tecnologie
e di una maggiore e più articolata accessibilità a metodi e strumenti di produzione, tutti elementi
che hanno ampliato il numero di soggetti interessati alla produzione, dai siti industriali e aziendali,
alle unità immobiliari domestiche con impianti volti all'autoconsumo; questa situazione accresce
enormemente le competenze, il ruolo e le responsabilità del gestore delle reti elettriche, chiamato in
futuro a regolare e a decidere, in caso di surplus di produzione, quale energia convogliare nella rete,
con la conseguenza di dovere fare anche delle scelte sulle fonti energetiche da privilegiare; vista la
diversa natura e il diverso impatto ambientale di ciascuna fonte energetica, le decisioni del gestore
della rete acquistano una grande rilevanza per l'ambiente e per la salute dei cittadini, pertanto non
possono essere condizionate da logiche di convenienza economica o prese da organismi sensibili al
mercato; in questo contesto, le reti di trasmissione dell'energia elettrica e i gasdotti devono essere
considerati un bene primario e inalienabile e dovrebbero pertanto restare nella piena disponibilità e
nel pieno controllo italiani, al fine di evitare che logiche di mercato e interessi economici possano
rendere vulnerabile la gestione pubblica di settori da considerarsi a tutti gli effetti d'interesse
nazionale; per i potenziali rischi per l'ambiente e per le persone, le attività di produzione e trasporto
del gas devono essere svolte in completa sicurezza, esigenza che rafforza la necessità di
salvaguardare il ruolo italiano nel controllo e nella gestione delle infrastrutture; la cessione di una
quota delle reti, evenienza che si sarebbe dovuta scongiurare per i rischi che comporta su controllo e
gestione di importanti infrastrutture strategiche, dovrebbe essere sorretta da un'attenta analisi e da
una precisa strategia sugli assetti futuri del settore energetico, con il reinvestimento nel
potenziamento delle reti delle risorse acquisite dalla cessione; se così non fosse, la cessione delle
quote di Snam e Terna rischierebbe di ridursi alla stregua di una qualsiasi operazione di
privatizzazione volta unicamente al reperimento immediato di risorse economiche senza una visione
chiara delle conseguenze future della vendita, vendita che, senza un'attenta programmazione,
potrebbe aprire unicamente la strada a una perdita progressiva del controllo di un settore strategico
per il Paese –:
quali siano le analisi, le valutazioni e le strategie complessive sottese alla cessione del 35 per cento
di CDP Reti; quali siano i termini dell'intesa tra Cassa depositi e prestiti e State Grid in-ternational
development limited, il crono programma della cessione e i doveri e gli obblighi reciproci dei
sottoscrittori dell'accordo;
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se vi sia una programmazione di Cassa depositi e prestiti sull'impiego delle risorse economiche
frutto della cessione del 35 per cento di CDP Reti;
se non ritenga opportuno elaborare un programma per il reinvestimento delle risorse ottenute dalla
cessione al potenziamento delle reti del gas e delle reti per la distribuzione e la trasmissione
dell'energia elettrica, considerati gli sviluppi e le esigenze future del sistema energetico del nostro
Paese.
Risposta del Viceministro dello sviluppo economico Claudio De Vincenti all’interrogazione sulla
crisi produttiva del polo petrolchimico di Gela, presentata da FERRARA (SEL) n. 5-03247
Come evidenziato recentemente anche dal Ministro dello sviluppo economico, in occasione della
risposta ad alcuni question time sul medesimo argomento, il settore della raffinazione nel nostro
Paese sta attraversando ormai da alcuni anni una fase di crisi strutturale, aggravata da un quadro di
recessione dell'economia europea. L'eccesso di capacità di lavorazione è riconducibile
essenzialmente al calo dei consumi interni e delle esportazioni, alla quasi totale scomparsa del
consumo di olio combustibile, destinato alle centrali elettriche, nonché all'entrata in esercizio di
nuove raffinerie realizzate nei Paesi emergenti Nonostante il processo di razionalizzazione in corso,
in Europa l'eccesso strutturale di capacità è di 120 milioni di tonnellate, pari al 140 per cento della
capacità italiana, i margini di raffinazione sono in significativa flessione (-40 per cento vs 2013) e la
continua riduzione della domanda (ai minimi degli ultimi anni) ha registrato in Italia l'ulteriore
contrazione del 3 per cento con conseguente overcapacity pari a circa 40 milioni di tonnellate.
La crisi è acuita dai conflitti geopolitici emersi in aree chiave per le forniture di greggi nella zona
europea (Egitto, Libia, Siria, Iraq, e Siria ed Iran per l'adozione di sanzioni da parte UE). Il
Ministero dello sviluppo economico, che segue con grande attenzione la crisi della raffinazione e le
sue ricadute occupazionali, ha dato avvio a numerose iniziative al riguardo, tra le quali rientra la
riconversione degli impianti di raffinazione, da trasformare in poli di logistica petrolifera, che viene
attuata utilizzando procedure semplificate che, nel rispetto della disciplina delle singole autonomie
regionali, rimettono all'amministrazione centrale la competenza autorizzativa. In questa prospettiva
è già stata autorizzata la conversione della raffineria di Porto Marghera in green refinery.
Inoltre, è stato istituito un «Tavolo permanente sulla raffinazione», ove si confrontano le compagnie
petrolifere, le associazioni di settore, le altre amministrazioni direttamente coinvolte e le parti
sociali. Infatti, nel mese di luglio 2014 è stato attivato, presso il Ministero dello sviluppo
economico, un tavolo di confronto con i principali interlocutori istituzionali e sindacali, nell'ambito
del quale è stato siglato un verbale che impegna le parti a un confronto per definire un nuovo
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protocollo di relazioni sindacali. Nello stesso ambito si è concordato che il tavolo di confronto
nazionale verrà nuovamente convocato a breve per procedere alla verifica con le parti interessate
circa il rispetto degli impegni assunti con il verbale del 31 luglio 2014 focalizzati sui seguenti punti:
riconversione dei siti critici italiani, unita ad una maggiore integrazione, ottimizzazione e flessibilità
delle produzioni; rifocalizzazione su produzioni a più alto valore aggiunto, attraverso: il
potenziamento selettivo della piattaforma tecnologica; l'ampliamento della gamma di prodotti
specialistici; lo sviluppo di una filiera produttiva su base rinnovabile (Chimica Verde) in particolare
nei siti da riconvertire; internazionalizzazione del business per presidiare clienti sempre più globali
e mercati a più alta crescita.
Per ciò che riguarda Gela, il piano proposto da Eni prevede investimenti per 2,2 miliardi di euro e si
articola in diversi ambiti: sviluppo delle attività upstream in Sicilia; realizzazione di una green
refinery da 750 Kton/anno; realizzazione di un HUB per la ricezione, stoccaggio e spedizione dei
greggi locali; realizzazione di centri di eccellenza (safety center, safety school, ecc.); risanamento
ambientale del sito.
Da notizie assunte direttamente da Eni, si è appreso che la Società, per dare corso a quanto previsto
nel verbale sottoscritto presso questo Ministero, ha immediatamente proceduto a riavviare le attività
manutentive presso la raffineria di Gela al fine di garantire la conservazione degli impianti e il
ripristino dell'efficienza operativa della «linea 1». Queste ultime attività saranno completate entro la
seconda metà di ottobre 2014 e interesseranno circa 500 risorse/giorno dell'indotto. L'Eni ha inoltre
avviato i confronti con le organizzazioni sindacali a livello locale per approfondire i contenuti del
progetto, incontri che si sono svolti con le segreterie territoriali e l'esecutivo delle RSU nel giorno 3
settembre 2014. Attualmente proseguono i confronti con il livello nazionale delle organizzazioni
sindacali di categoria. L'obiettivo è quello di realizzare a breve un accordo di programma per Gela
che coinvolga tutti gli interlocutori parte in causa (Ministeri, regione, comune, organizzazioni
sindacali ed Eni) al fine di definire un progetto in grado di dare stabilità di lungo periodo al sito e
agli impianti interessati.
Di seguito il testo dell’interrogazione
— Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il polo petrolchimico di Gela (CL) è un complesso industriale destinato alla raffinazione e
trasformazione in prodotti finiti del petrolio, inaugurato nel 1965 su iniziativa di Enrico Mattei, il
quale progettava di creare un grande polo industriale a Gela allo scopo di sfruttare il petrolio
greggio che era stato trovato sia nell'area gelese che nel vicino ragusano nonché le riserve di gas
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naturale scoperte nel territorio di Gagliano Castelferrato. Così vennero costruiti grandi impianti di
raffinazione e un impianto petrolchimico lungo la costa ad est di Gela; oggi il sito industriale gelese
include solamente una raffineria petrolifera, quanto gli impianti di tipo chimico sono stati tutti
dismessi. In particolare, gli ultimi impianti, facenti capo alla Syndial spa (ex Polimeri Europa), sono
stati definitivamente fermati nel 2009 e le produzioni trasferite a Ragusa e Priolo; a causa della
perdurante crisi petrolifera europea, e ad alcune condizioni di disagio infrastrutturale e
impiantistico, la raffineria gelese da circa un, decennio marcia a regime ridotto, tra il 60 e il 70 per
cento della propria capacità produttiva; a causa delle copiose perdite di tipo economico, tra 2012 e
2013 l'azienda ha disposto la fermata di due delle tre linee produttive e da aprile 2014 gli impianti
hanno subito un nuovo fermo in seguito, tra l'altro, ad un incendio prodotto dalla fuoriuscita di
idrocarburi ad alta temperatura da una tubazione; il petrolchimico è un enorme complesso diviso in
isole, che si affacciano sul mare, sul fiume o sono divise tra di loro da terreni agricoli;
è uno degli impianti più grandi e importanti presenti in Europa; la raffineria riceve ogni anno oltre 5
milioni di tonnellate di materia prima che viene poi trasformato in prodotti finiti da vendere sul
mercato. Vengono inoltre prodotti 1530 MWh di energia elettrica derivanti dalla combustione dei
prodotti residui dalla raffinazione. Lavora prevalentemente grezzi provenienti dai 7 pozzi EniMed
situati a Gela, da Ragusa, dalla piattaforma Vega, dall'Egitto, dall'Iran, dalla Libia, dalla Russia e
dalla Siria; in Sicilia è concentrato il 40 per cento della raffinazione del greggio in capo al gruppo
Eni. Infatti, oltre alla raffineria di Gela che occupa 1.500 lavoratori diretti e altrettanti nell'indotto, il
gruppo Eni conta anche il petrolchimico di Priolo (Siracusa); nel luglio 2013 la regione siciliana ha
sancito un accordo con i vertici Eni per rilanciare la raffineria di Gela e riconvertirla con la
produzione in gasoli di qualità, grazie a un investimento da 700 milioni di euro; l'Eni stima in 150
milioni di euro l'anno le perdite accumulate finora a Gela, a fronte del rosso da 250 milioni del sito
di Sannazaro (Pavia) e sembrerebbe quindi che l'amministratore delegato Claudio De Scalzi abbia
intenzione di accelerare il processo di riduzione della raffinazione e di chiudere i rubinetti in Italia
per puntare sempre di più all'estero; infatti, a distanza di un anno dall'accordo siglato con la regione
siciliana, a seguito della crisi che ha colpito il mondo della raffinazione, l'amministratore delegato
di Eni ha annunciato il mancato riavvio del sito di Gela, l'archiviazione del piano da 700 di euro
investimenti previsti per la riconversione del sito e ha prospettato per il sito un piano di
bioraffinazione (modello Porto Marghera) da 200 milioni, da aggiungere a 80 milioni da spendere
per le bonifiche; a parere degli interroganti l'entità dell'investimento sembra troppo esigua per
rilanciare il sito che rischierebbe di veder lavorare poco più di 200 lavoratori a fronte dei 3.000 tra
diretti e indotto; in attesa di conoscere il futuro della raffineria di Gela, le imprese che operano per
l'indotto cominciano in questi giorni, come riportato dalla stampa e da fonti sindacali, a
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ufficializzare i primi licenziamenti; infatti 15 dei 40 addetti alla coibentazione della ditta Riva e
Mariani sono stati già licenziati e si sommano ai 40 metalmeccanici licenziati dalla Tucam,
l'impresa che si occupava delle manutenzioni degli impianti della fabbrica del colosso energetico
Eni insieme alla Smin impianti che da ormai un anno conta 130 lavoratori in cassa integrazione; a
questa lunga lista si sommano i 90 dipendenti della Ecorigen, l'azienda chimica francese che
effettua lavori di rigenerazione dei catalizzatori, a rischio occupazione a causa del fermo prolungato
degli impianti della raffineria che non garantisce più la fornitura delle materie prime per i processi
di lavorazione; la situazione a Gela è drammatica e dopo i primi licenziamenti al petrolchimico,
conseguenza diretta della mancanza di commesse di lavoro, a parere degli interroganti vi è un serio
allarme per la tenuta sociale di un'intera comunità e l'auspicio è quello che non si verifichi come a
Termini Imerese il crollo dell'occupazione e la fine del sogno industriale; il timore degli interroganti
è inoltre legato al fatto che quanto sta accadendo nel polo petrolchimico di Gela sia destinato a
ripetersi anche negli altri territori interessati dal drastico piano industriale deciso da Eni; la Sicilia
non può essere esclusa dal business industriale dell'Eni, proprio quando lo stesso gruppo ha appena
siglato un accordo da 2,4 miliardi di euro di investimenti per lo sviluppo di giacimenti nel Canale di
Sicilia (al largo tra Licata e Pozzallo) e a terra (nel Ragusano), il potenziamento di 5 campi già
esistenti e nuove esplorazioni per 5 pozzi. L'Eni non può sfruttare il territorio con i pozzi e chiudere
le raffinerie –:
se il Ministro, non intenda convocare urgentemente un tavolo nazionale con l'Eni, le parti sociali e
la regione siciliana affinché si giunga ad una soluzione positiva della vicenda che salvaguardi
l'occupazione dei 3.000 lavoratori tra diretti e indotto attraverso piani industriali seri e credibili che
pongano il rispetto dell'ambiente come aspetto prioritario;
se il Ministro, per quanto di competenza, non intenda richiamare il gruppo Eni alle proprie
responsabilità sia per quanto concerne il rispetto dell'accordo con la regione siciliana del 2013 che
prevede un investimento da 700 milioni di euro sia rispetto alle necessarie e urgenti bonifiche del
territorio, affinché ai danni ambientali non si aggiungano anche quelli occupazionali.
Risposta del Ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, all’interrogazione a risposta
immediata sugli elementi in ordine al livello effettivo dello stoccaggio di gas in Italia ed
orientamenti del Governo in merito ad una strategia alternativa di approvvigionamento di
idrocarburi, presentata da LIBRANDI (SCpI) n. 3-01053
FEDERICA GUIDI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, come lei ricordava
onorevole, il Ministero dello sviluppo economico con i propri uffici sta monitorando ormai
23
costantemente la situazione, effettuando anche delle simulazioni sulle potenziali criticità che
dovessero crearsi nel settore del gas e anche sulla base delle comunicazioni dell’European energy
security strategy della Commissione europea, che contiene le indicazioni per superare le difficoltà
legate a possibili interruzioni di forniture di gas. Come lei ricordava, il livello di riempimento dei
nostri stoccaggi di gas oggi è molto alto, il 94 per cento dello spazio totale disponibile, e si prevede
di raggiungere, entro fine ottobre, il volume di 11,4 miliardi di metri cubi di stoccaggio
commerciale, che si andranno ad aggiungere ai 4,6 di riserva strategica esistente. E questo
comunque è un volume molto ampio, anche perché è stato monitorato con congruo anticipo e quindi
fornisce comunque un buon margine di sicurezza, considerando anche che, nel frattempo, la nostra
domanda di gas per la nota congiuntura è calata. Come ricordavo prima nell'informativa sul piano
energetico, naturalmente noi importiamo dalla Russia il 49 per cento del nostro fabbisogno di gas,
con punte giornaliere anche del 65 per cento. Ovviamente, non ci possiamo nascondere che
eventuali interruzioni di gas dalla Russia potrebbero avere inevitabili ripercussioni e conseguenze
sui prezzi del gas, ma direi che posso confermarle che, grazie anche a questa azione di
monitoraggio, ad oggi noi, pur prevedendo delle possibili ed eventuali criticità, abbiano una
sufficiente capacità nel nostro sistema di approvvigionamento da poter superare, senza eccessive
difficoltà, anche interruzioni prolungate, sia utilizzando gli altri fornitori che noi abbiamo sia
naturalmente attingendo eventualmente agli stoccaggi che dicevo prima. Naturalmente, non ci
possiamo nascondere che eventuali interruzioni potrebbero avere delle ripercussioni sui prezzi del
gas, come ricordavo peraltro anche prima durante l'informativa, e, in parte, questa tensione è stata
anche causa del recente incremento delle bollette del gas e dell'energia elettrica che è stato
annunciato nei giorni scorsi dall'Autorità elettrica. Per quanto riguarda le misure preventive, il
Ministero dello sviluppo economico ha già effettuato anche varie riunioni, presso il Ministero, del
Comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del sistema del gas che ha elaborato anche vari
scenari: la quantificazione delle misure preventive di emergenza stabilite dal piano e già collaudata
nei passati periodi di emergenza negli inverni 2009 e 2012, le quali prevedono interventi per
aumentare l'offerta di gas sul mercato italiano e per monitorare lo svuotamento progressivo degli
stoccaggi. Infine, nei prossimi giorni sarà lanciata dal terminale di rigassificazione a largo della
costa tirrenica la procedura cosiddetta di peak shaving che, in caso di emergenza, permetterebbe di
immettere gas in rete precedentemente scaricato come GNL stoccato nei serbatoi del terminale con
breve preavviso, per far fronte a esigenze di richieste di punta del sistema di gas per un periodo
limitato di tempo.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
24
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
le tensioni geopolitiche riguardanti alcune tra le principali aree di provenienza delle fonti
idrocarburiche utilizzate in Italia – la Russia e la Libia in primis – determinano forti incertezze sulla
stabilità degli approvvigionamenti e sull'adeguatezza della Strategia energetica nazionale italiana a
questi nuovi mutati scenari; come dichiarato dalla compagnia energetica polacca Pgnig Gas e dalla
società di trasporto ucraina Ukrtransgaz, ad esempio, Gazprom avrebbe già unilateralmente tagliato
del 24 per cento le forniture di gas alla Polonia per bloccare il cosiddetto «flusso inverso» (reverse
flow) all'Ucraina,
cioè
la
rivendita
a
quest'ultima
del
gas
acquistato
dalla
Russia;
nonostante la smentita ufficiale di Gazprom, notizie di riduzioni delle forniture giungono anche da
altri Paesi europei che, con una decisione coordinata con la Commissione europea, hanno accettato
di rivendere gas all'Ucraina dopo il taglio delle forniture operato nel mese di giugno 2014 dalla
compagnia energetica russa: la Slovacchia, ad esempio, afferma che anche le sue forniture sono
diminuite del 10 per cento; una leggera riduzione dei flussi nei gasdotti riguarderebbe anche la
Germania, secondo la compagnia tedesca E.On; per i principali analisti – come l'istituto di ricerca
economico tedesco Diw – l'Europa avrebbe i margini per gestire nel breve periodo un'eventuale
interruzione della fornitura di gas russo, grazie alla maggiore importazione di gas naturale liquefatto
(gnl), al calo dei consumi e all'aumento delle riserve accumulate negli ultimi mesi, con stoccaggi
pieni per circa il 90 per cento; tuttavia, tali stime sono soggette alla variabile climatica del prossimo
inverno e alle forti instabilità riguardanti anche altri fornitori di gas per l'Italia, come la Libia; per
l'Italia, peraltro, stante il ritardo accumulato negli anni sul piano infrastrutturale (ad esempio, sui
rigassificatori) e su quello della ricerca e della produzione nazionale di idrocarburi, il livello di
dipendenza dal gas straniero costituisce un fattore di obiettiva vulnerabilità anche nel breve
periodo –:
quale sia il livello effettivo dello stoccaggio di gas in Italia, anche valutato in numero di mesi di
autosufficienza in caso di interruzione totale delle forniture russe, e se il Governo stia
predisponendo una strategia alternativa di approvvigionamento da implementare in caso
di escalation negativa dei rapporti tra l'Europa e la Federazione russa. (3-01053)
Risposta del Viceministro dell’economia e delle finanze Luigi Casero all’interrogazione a risposta
immediata sul regime di accisa applicato ai carburanti utilizzati dalle imbarcazioni per il
trasporto commerciale di passeggeri nelle acque interne, presentata da BUSIN (LNA)
n. 5-03679.
25
Con il documento di sindacato ispettivo in esame, l'Onorevole interrogante preso atto dei
chiarimenti resi dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, in occasione della risposta fornita
all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-03619, con riguardo all'applicazione
del punto 3 della tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995, lamenta che alcune
imprese aventi sede in altri Stati membri svolgono l'attività commerciale di trasporto passeggeri in
acque interne italiane rifornendosi di carburante nel territorio nazionale ma beneficiando
dell'esenzione
dell'accisa
nello
Stato
di
residenza.
Al
riguardo,
sentiti
gli
Uffici
dell'Amministrazione finanziaria, giova precisare quanto segue. Qualora uno Stato membro ha
ritenuto di avvalersi della facoltà riconosciuta dall'articolo 15, par. 1, lett. f), della direttiva
2003/96/CE agevolando o esentando i prodotti energetici utilizzati per la navigazione nelle acque
interne, con esclusione della navigazione da diporto, le imprese hanno titolo in quello Stato
Membro al beneficio, allorché effettuino lì i loro rifornimenti per lo svolgimento della predetta
attività di navigazione. Naturalmente quel beneficio non potrebbe competere alle imprese di quello
Stato membro laddove le stesse si rifornissero di carburante in un diverso Stato membro che non ha
ritenuto di esercitare la facoltà di cui al menzionato articolo 15, par. 1 lett. f) (come l'Italia). È
infatti in quest'ultimo Stato che l'imposta è divenuta esigibile per effetto dell'immissione in
consumo, conseguentemente solo questo Stato membro potrebbe eventualmente rimborsarla non
altri.
Per quanto riguarda il riferimento al servizio di navigazione commerciale svolto lungo il Po e nella
laguna di Venezia dalla compagnia francese CroisiEurope Travel e per il quale a detta
dell'Onorevole interrogante la predetta compagnia beneficerebbe dell'esenzione dall'accisa in base
alla normativa francese, si osserva che le acque della laguna di Venezia rientrano nelle acque
marine comunitarie, pertanto le imbarcazioni che vi effettuano navigazione commerciale, tra cui
rientrano evidentemente le navi da crociera, siano esse nazionali siano esse comunitarie, hanno
diritto, per i rifornimenti di carburante effettuati all'esenzione di cui a punto 3 della tabella A
allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995, che per questo specifico profilo della navigazione
nelle acque marine comunitarie dà attuazione all'esenzione obbligatoria di cui all'articolo 14, par. 1
lett. c), della direttiva 2003/96/CE.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
si fa seguito alla risposta del Ministro dell'economia e delle finanze e all'interrogazione a risposta
immediata in Commissione VI n. 5-03619, presentata il 23 settembre 2014, riguardante il regime
26
agevolato di esenzione dalle accise per le unità di trasporto commerciale di passeggeri impiegate
nella navigazione fluviomarittima, lagunare e interna, in cui il Governo ha esplicitato i suoiquid
iuris al riguardo, attestando la precisa applicazione della normativa comunitaria contenuta nella
direttiva 96 del 2003 da parte della legislazione nazionale e della corretta interpretazione da parte
dell'amministrazione finanziaria del punto 3 della Tabella A allegata al decreto legislativo n. 504
del 1995; il Ministro dell'economia e delle finanze, nella suddetta risposta, ha precisato che
«laddove altre compagnie di Stati membri svolgessero la loro attività nel nostro Paese, esercitando
l'attività di trasporto passeggeri nelle acque interne italiane, tali imbarcazioni, effettuando i
rifornimenti di carburante in Italia, ovviamente non avrebbero titolo a rifornirsi di prodotti in
esenzione da accisa»; se è vero che la stessa direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre
2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità,
ritiene opportuno consentire agli Stati membri applicare determinati regimi differenziati nel livello
di tassazione quando ciò non pregiudichi il corretto funzionamento del mercato interno e non
comporti distorsioni della concorrenza, l'esistenza di difformità tra i livelli nazionali di tassazione, e
in particolare di quella sugli olii minerali applicata dagli Stati membri, potrebbe, comunque essere
pregiudizievole al buon funzionamento del mercato interno; secondo quando più volte denunciato
dai rappresentanti del settore attraverso l'Associazione di rappresentanza di categoria, Unione
navigazione interna italiana, da tempo le compagnie di navigazione italiane operanti in questo
comparto soffrono della mancata armonizzazione del mercato comunitario, dovuta al diverso
regime fiscale imposto da un intervento statale italiano a giudizio dell'interrogante qualificabile
come distorsivo del regime di concorrenza fra gli Stati membri; tale effetto distorsivo si concreta
nella presenza di compagnie con sede legale estera, più in particolare in territori di altri Stati
membri dell'Unione europea che, pur svolgendo la loro attività commerciale di trasporto passeggeri
in acque interne italiane ed effettuando conseguentemente il loro rifornimento carburante nel nostro
Paese, godono, nel loro Stato di residenza fiscale, non soltanto del regime di esenzione da accise
carburanti, ma anche della possibilità di rimborso su queste; le suddette compagnie, potendo quindi
usufruire di un regime fiscale agevolato, sono in grado di applicare prezzi più concorrenziali
rispetto alle compagnie nazionali che, non vantando diritti di rimborso sulle accise carburante, si
trovano ad operare in condizioni di mercato sfavorevoli rispetto alle concorrenti estere;
a titolo di esempio può farsi riferimento alla regione del Veneto, dove si registra da tempo l'attività
di una compagnia francese operante nella acque interne italiane, la CroisiEurope Travel, con sede a
Strasburgo, che con la motonave Michelangelo, per quanto risulta all'interrogante, offrirebbe
crociere fluviali lungo il Po e nella laguna di Venezia, a prezzi molto più contenuti rispetto alle
omologhe
compagnie
nazionali
operanti
sulla
stessa
tratta
fluviale;
27
la compagnia in questione, a quanto consta all'interrogante, vanta infatti il diritto di esenzione dalle
accise carburante, ai sensi dell'articolo 265-bis, comma 1, del Code de Douanes, come modificato
da ultimo dall'articolo 32 della legge n. 2013-1278 del 29 dicembre 2013, che stabilisce, alla
lettera c), l'esenzione da tasse di consumo i carburanti o i combustibili utilizzati a bordo di navi
utilizzate a fini di locazione, noleggio o qualsiasi altro titolo con scopi commerciali, specialmente
nelle attività di trasporto di persone, merci e altre prestazioni di servizi a titolo oneroso, e secondo
quanto regolato dalla delibera del 1o luglio 2004 sul regime di esonero per i prodotti energetici
utilizzati nell'approvvigionamento dei natanti –:
se non ritenga che questo diverso regime applicato nel nostro Paese per il trasporto commerciale di
passeggeri nelle acque classificate come interne non rientranti nella locuzione «acque marine
comunitarie» del punto 3 della Tabella A del decreto n. 504 del 1995, possa risultare distorsivo sul
regime di concorrenza del mercato comunitario che la direttiva 96 del 2003 intende invece tutelare e
quali iniziative il Ministro intenda adottare, per quanto di competenza, per intervenire sulla presunta
disarmonizzazione del mercato in questo settore e sul potenziamento di una più adeguata
concorrenzialità delle compagnie nazionali. (5-03679)
Interpellanza:
sul possibile arrivo alla raffineria di Sarroch (Cagliari) del carico di sabbie bituminose da una
petroliera della Suncor Energy, il più grande colosso di estrazione petrolifera e di gas di tutto
il Canada
PIRAS e MARCON (SEL)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
le sabbie bituminose sono una combinazione di argilla, acqua, sabbia e bitumi: da esse si estrae un
bitume simile al petrolio che può essere convertito in petrolio grezzo sintetico o raffinato
direttamente in raffineria per ottenere i derivati del petrolio;
secondo autorevoli fonti ambientaliste internazionali alcune migliaia di tonnellate di greggio ad alto
concentrato di zolfo di questo combustibile, dopo l'opposizione dei movimenti ambientalisti
nordamericani nel tentativo di bloccare la produzione e l'esportazione del greggio tra i più
inquinanti del pianeta tra Usa e Canada, sarebbero in viaggio per la Sardegna, precisamente verso la
raffineria Saras di Sarroch (a pochi chilometri da Cagliari);
28
il trasporto, è affidato alla Minerva Gloria (250 metri di lunghezza per 44 di altezza), petroliera che
si è aggiudicata l'appalto da una multinazionale canadese, la Suncor Energy, il più grande colosso di
estrazione petrolifera e di gas di tutto il Canada;
il carico di sabbie bituminose, estratte dai pozzi dell'Alberta, è considerato molto pericoloso per
l'impatto ambientale che il bitume convertito in petrolio grezzo può avere, prima nella fase di
estrazione e successivamente in quella di raffinazione, che comporterebbe gravi danni relativamente
al cambiamento climatico;
la Suncor Energy, ha ammesso di voler trovare nuovi mercati per le sabbie bituminose ed i suoi
derivati, visto il basso costo del petrolio derivato — circa 76 dollari al barile – a causa della sua
scarsa qualità, ma non ha specificato quali mercati e nazioni potranno essere interessate;
il carico sulla Minerva Gloria potrebbe essere quindi diretto in Sardegna, dove si ipotizza che possa
arrivare il 7 ottobre, per essere lavorato alla Saras e venduto poi nei mercati asiatici ed in particolare
in Cina;
la Suncor Energy, non è nuova ad iniziative discutibili sul piano ambientale e del rispetto dei codici
ambientali: nel 2010 fu multata con 200 mila dollari per aver sversato sostanze tossiche nel fiume
Alberta. E fu responsabile di diversi sversamenti, come nel fiume Sand Creek, che continuarono per
anni inquinando le acque e le proprietà circostanti. Fu condannata anche a pagare una multa di oltre
due milioni di dollari per inquinamento dell'aria con benzene a causa delle attività della raffineria a
nord di Denver;
a pochi giorni dalla grande mobilitazione di New York contro il cambiamento climatico, la
conferma dell'arrivo di petrolio molto probabilmente legato all'estrazione da sabbie bituminose in
Italia sarebbe un'offesa alla logica e un insulto alla lotta al cambiamento climatico, tanto decantata
persino dal Governo Renzi, presidente di turno dell'Unione europea;
l'estrazione ha un impatto molto pesante sull'ecosistema. In Alberta questa forma di estrazione ha
distrutto completamente, a causa delle miniere a cielo aperto, la foresta boreale e ha delle
conseguenze dirette sull'aria. Centinaia di chilometri quadrati di territorio sono devastati, mentre la
lavorazione e la raffinazione per avere petrolio grezzo e derivati possono causare forte
inquinamento ambientale e cambiamenti climatici;
occorrerebbe garantire che questo combustibile pericolosissimo per l'ambiente, contro cui si sono
mobilitati movimenti e cittadini anche negli Stati Uniti, non possa attraccare ed essere scaricato
dalla Minerva Gloria in nessun porto sardo, italiano ed europeo –:
quali notizie abbiano in merito i Ministri interpellati, in particolare sul viaggio della Minerva Gloria
e sul possibile arrivo alla raffineria di Sarroch (Cagliari) del carico di sabbie bituminose;
29
quali azioni intenda intraprendere qualora fosse confermato l'arrivo del carico di sabbie bituminose
in Sardegna, viste le gravi incidenze che possono avere le raffinazioni di questo materiale
sull'ambiente e sui cambiamenti climatici;
se si intendono acquisire elementi sulla provenienza di quel greggio dal Nord America, in un
periodo in cui milioni di persone in tutto il mondo, partendo proprio dall'America, hanno dichiarato
di essere per un netto system change. (2-00695)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione dei lavori di ampliamento della centrale SNAM di Messina
D'UVA (M5S)
— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere –
premesso che:
la SNAM Rete Gas è una società operante nel settore del trasporto del gas naturale, appartenente al
gruppo ENI spa per il 52 per cento del proprio capitale societario, con compiti di progettazione,
realizzazione e diretta gestione delle infrastrutture necessarie al suo trasporto;
in data 1o gennaio 2012 la società modifica la propria denominazione sociale in SNAM spa,
conferendo contestualmente il ramo d'azienda trasporto, dispacciamento, telecontrollo e misura del
gas a una nuova società la quale, data la notorietà del marchio associato al principale operatore
nazionale del settore, prende il nome di SNAM Rete Gas spa, divenendo interamente controllata;
in data 25 maggio 2012 la Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e sentita l'Autorità
per l'energia elettrica e il gas, emana il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attraverso il
quale vengono definite le modalità e i termini della separazione proprietaria della neo costituita
SNAM spa da ENI spa, società detentrice fino a quella data del 52 per cento, del suo capitale
societario;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, così come disposto dalla Presidenza del
Consiglio dei ministri, dispone l'obbligo di cessione da parte di ENI spa alla Cassa Depositi e
Prestiti di una quota non inferiore al 25,1 per cento della porzione di capitale societario di SNAM
spa ad essa appartenente;
lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede all'articolo 2, comma 2, lettera a)
che «per quel che riguarda la gestione della partecipazione in SNAM spa, tutte le relative decisioni
sono adottate dall'organo amministrativo di Cassa Depositi e Prestiti spa con esclusione dei poteri
30
conferiti al Ministero dell'economia e delle finanze dal decreto-legge n. 269 del 2003 e dal decreto
ministeriale 18 giugno 2004»;
l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge dalla legge 24
novembre 2003, n. 326, individua la Cassa Depositi e Prestiti spa, società per azioni controllata dal
Ministero dell'economia e delle finanze, quale soggetto che può assumere partecipazioni societarie;
l'articolo 1, comma 2, della legge 23 agosto 2004, n. 239, stabilisce che le attività di trasporto e
dispacciamento del gas naturale a rete, nonché la gestione di infrastrutture di approvvigionamento
ad esse connesse sono di interesse pubblico e sono sottoposte agli obblighi di servizio pubblico
derivanti dalla normativa comunitaria, alla legislazione vigente e da apposite convenzioni con le
autorità competenti;
nel comune di Messina, in località Faro Superiore — villaggio Sperone, insiste una delle 11 centrali
di compressione utilizzate dalla società SNAM spa per consentire il trasporto e la distribuzione del
gas naturale in tutto il territorio nazionale;
in data 28 novembre 1997 il consiglio comunale del comune di Messina deliberava a favore della
realizzazione del «Progetto di massima Metanodotto Montalbano Elicona – Messina. Ampliamento
dell'area SNAM S.p.A. in località Faro Sup. del Comune di Messina – Società SNAM S.p.A. –
Parere ai sensi della L.R. 11/04/1981 n.65», autorizzando così i lavori di ampliamento della
centrale;
all'interno della stessa delibera è possibile verificare come i lavori di ampliamento venissero
autorizzati anche in presenza di un necessario inglobamento dell'arteria principale, prevedendo per
questo la realizzazione di una nuova strada a carico della stessa SNAM spa, e successiva cessione
della stessa all'ente comunale messinese;
a oggi tale arteria stradale risulta solo parzialmente realizzata, essendo ancora sprovvista di pubblica
illuminazione e, di conseguenza, delle essenziali condizioni di sicurezza;
l'articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239, prevede espressamente che «le regioni e
gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche
ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare
accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio
ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto
previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387»;
si evidenzia come a seguito di analoghi lavori di potenziamento alla centrale di compressione
situata nel territorio del comune di Flaibano (Udine), e sempre appartenente alla società SNAM spa,
l'ente comunale abbia richiesto e ottenuto opere compensative per un ammontare complessivo di
31
3.000.000 di euro, utilizzabili per la realizzazione di opere di riequilibrio ambientale, così come
riportato dalla delibera n. 00128, Prot. n. 6511 del 21 dicembre 2011;
i lavori di potenziamento della centrale di compressione del comune di Messina, iniziati nel
settembre 2004, hanno comportato l'installazione di due turbocompressori (da 30 megawatt
ciascuno), interconnessi con l'impianto preesistente e già in esercizio, che hanno portato la potenza
totale installata nella centrale da circa 85 megawatt a 145 megawatt, circa 45 megawatt superiore
alla potenza raggiunta dalla centrale situata presso il Comune di Flaibano (Udine);
a oggi non risulta posta in essere alcuna convenzione ovvero alcun accordo tra la SNAM spa e il
comune di Messina riguardo alle misure di compensazione e riequilibrio ambientale così come
previste dall'articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239;
in data 20 gennaio 2014 l'assessorato all'ambiente del comune di Messina, con proprio atto (Prot. N.
12105 – 60), informava la presidenza della VI circoscrizione del comune di Messina circa
l'esistenza di un finanziamento proposto dalla società SNAM Rete Gas spa di circa 200 mila euro,
per la realizzazione di opere compensative per la presenza dell'impianto di pompaggio in località
Faro Superiore e Torre Faro, nello specifico «due aree verdi da edificare nel territorio del VI
quartiere»;
l'assessorato, che decideva di non stipulare accordi in assenza di positivi riscontri da parte del
consiglio della VI circoscrizione del comune di Messina, ovvero della comunità locale, auspicava,
tuttavia, la positiva conclusione della trattativa, visto l'avanzato stato dei progetti, benché lo stesso
organo evidenziasse la necessità di ottenere opere compensative più rilevanti così come avvenuto in
altri territori italiani, quali il comune di Flaibano (Udine);
se appare corretto auspicare la celere realizzazione delle opere riportate scongiurando una nuova
dilatazione dei termini di una eventuale ridiscussione dei progetti, allo stesso modo non si
comprende perché la società SNAM spa dovrebbe limitare al solo finanziamento di tali opere la
propria offerta compensativa, dal momento che queste potrebbero ben rappresentare solamente una
parte del complesso di opere da realizzare sul territorio, pur sempre all'interno dei limiti di equità e
proporzione;
appare evidente il notevole squilibrio tra le opere compensative proposte dalla SNAM Rete gas spa
per l'ampliamento di una centrale di potenza inferiore, ovvero di inferiore estensione, quale quella
situata presso il comune di Flaibano (Udine), e quelle che la stessa società avrebbe offerto al
comune di Messina, per una centrale dal maggior impatto sull’habitat circostante;
per ultimo si evidenzia come la centrale edificata in località Faro Superiore – villaggio Sperone, nel
comune di Messina, insista su un territorio di estremo rilievo dal punto di vista paesaggistico e
32
ambientale, essendo questa situata a pochissimi chilometri di distanza dallo stretto di Messina, in
una località densamente abitata;
nonostante la presenza di un agglomerato urbano di notevoli dimensioni il collegamento dei mezzi
alla struttura avviene tramite l'unica arteria stradale presente nel centro abitato, costringendo così i
cittadini a condividere con la centrale la via d'accesso alle proprie abitazioni;
la centrale SNAM spa di compressione gas del comune di Messina, infatti, non ha ancora un
sistema viario adeguato alle esigenze operative e precauzionali di una centrale di tale potenza,
nonostante la previsione espressa in sede di delibera comunale per la concessione ai lavori di
ampliamento di costruzione ex novo di un'arteria idonea a garantire da un lato il regolare traffico
merci, dall'altro la sicurezza dei cittadini in situazioni di emergenza o grave pericolo –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se sia a conoscenza di una effettiva proposta effettuata dalla società SNAM Rete Gas spa,
interamente controllata dal gruppo SNAM spa, società partecipata dalla Cassa depositi e prestiti, per
la realizzazione di opere compensative per la presenza dell'impianto di pompaggio in località Faro
Superiore e Torre Faro, quali due aree verdi da edificare nel territorio del VI quartiere per un
ammontare complessivo di circa 200 mila euro, presentata dalla società SNAM Rete Gas spa al
comune di Messina, proposta che qualora esistente sarebbe assolutamente iniqua così come
formulata dalla società SNAM Rete Gas spa, anche in considerazione delle analogie riportate in
premessa, se intenda impegnarsi affinché i progetti avviati vengano considerati solo come alcune
delle possibili opere da realizzare nel territorio messinese, che troppe volte è stato vittima di abusi e
sfruttamenti impropri per la realizzazione di opere di interesse non solamente locale ma nazionale.
(4-06173)
Interpellanza:
sull’incendio della raffineria di Milazzo
VILLAROSA (M5S) e altri
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
in data 27 settembre 2014, alle ore 00:50 del mattino, si iniziano a vedere delle fiamme intense in
prossimità della RM di Milazzo, la Raffineria mediterranea operante nel territorio «del Mela»
dall'ottobre 1961. Oltre alle fiamme ed al fumo la popolazione inizia a percepire anche i forti odori
frutto della combustione, a bruciare è un serbatoio di «virgin naphtha» che può contenere fino ad 1
milione di litri di carburante; alle ore 2:00 dal comune di Milazzo, dove opera il COC (Centro
33
operativo comunale), parte la comunicazione indirizzata alla popolazione mediante la quale si
consiglia di rimanere chiusi in casa e tenere le finestre serrate, nel frattempo l'aria diventa
irrespirabile in tutta la zona, il traffico aumenta notevolmente, ma non sembrano esserci per fortuna
feriti né all'interno della raffineria né all'esterno; le fiamme e il fumo continuano incessanti fino alla
mattina del giorno dopo, la nube nera arriva ad oltre 15 chilometri dal luogo dell'incidente, i comuni
più colpiti oltre a Milazzo sono stati San Filippo del Mela, Pace del Mela, Santa Lucia del Mela,
Condrò,
Gualtieri
Sicaminò,
San
Pier
Niceto
e
Barcellona
Pozzo
di
Gotto;
secondo la Gazzetta del Sud di domenica 28 Settembre 2014 «in fumo» sono andati circa 600.000
litri di idrocarburi provenienti da uno dei circa 40 serbatoi, il TK513, presenti nel sito, uno dei più
vicini alle abitazioni antistanti la RM, fortunatamente la direzione del vento, ha impedito che
prendessero fuoco anche i serbatoi vicini al TK513, ma ancora una volta la tragedia di proporzioni
inimmaginabili non è avvenuta solo per un colpo di fortuna; l'incendio, che sembrava domato, si
ravviva verso le ore 15.00 del pomeriggio di sabato, formando nuovamente una enorme nuvola nera
che il vento sposta in direzione della Valle del Mela. Anche nelle giornate di domenica e lunedì,
cioè due giorni e mezzo dopo l'incidente iniziale, i cittadini vedono l'alternarsi di nuovi incendi alla
formazione di enormi nuvole nere che, in base al vento, si dirigono verso la Valle del Mela o verso
il centro di Milazzo; già dal primo pomeriggio di giorno 26 settembre 2014, cioè prima
dell'incendio del serbatoio TK513, numerosi cittadini segnalavano forti odori provenienti dalla RM.
Pare che la causa dei miasmi fosse conseguenza dell'operazione del tentato svuotamento del
serbatoio TK513 che presentava sicuramente un malfunzionamento del tetto mobile, probabilmente
tale serbatoio non aveva ricevuto la manutenzione necessaria e quindi non garantiva il necessario
livello di sicurezza; nel 1993 in questo impianto si è già verificato un gravissimo incidente che ha
causato la morte di 7 persone ed il ferimento di sedici, oltre ciò, giornalmente, una buona parte della
popolazione subisce gli «effetti collaterali» della scellerata decisione di far nascere un impianto di
questo tipo in una zona altamente abitata ed in prossimità di alcune ZPS. Sempre nello stesso
territorio sono presenti una centrale termoelettrica ad olio combustibile, una fabbrica di amianto
(dismessa ma non del tutto bonificata), un elettrodotto totalmente aereo quasi ultimato ed un altro
elettrodotto che si spera venga dismesso definitivamente in tempi brevi; la direttiva Seveso recepita
in Italia dal decreto legislativo 334 del 1999 è stata voluta a seguito di un gravissimo incidente che
si ricorda oggi come il «disastro di Seveso» avvenuto il 10 luglio 1976. Tale direttiva impone agli
Stati di identificare i propri siti a rischio e prevede un piano di emergenza interno allo stabilimento
ed uno esterno come riportato nel capo IV alla voce «procedure» articolo 20 (Piano di emergenza
esterno), secondo il quale il prefetto, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, previa
consultazione della popolazione e nell'ambito della disponibilità finanziarie previste dalla
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legislazione vigente, predispone il piano di emergenza esterno allo stabilimento e ne coordina
l'attuazione. Il piano è comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
ai sindaci, alla regione e alle province competenti per territorio, al Ministero dell'interno ed al
dipartimento della protezione civile. Nella comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare devono essere segnalati anche gli stabilimenti di cui all'articolo 15,
comma 3, lettera a); il piano deve essere predisposto anche al fine di informare adeguatamente la
popolazione e le autorità locali competenti e deve essere riesaminato, sperimentato e, se necessario,
riveduto ed aggiornato nei limiti delle risorse previste dalla legislazione vigente, dal prefetto ad
intervalli appropriati e, comunque, non superiori a tre anni. Sia la regione che il comune devono
rendere accessibile il piano alla popolazione e l'intervallo massimo di ridiffusione delle
informazioni alla popolazione non può, in nessun caso, essere superiore a cinque anni;
nel recente incidente della RM di Milazzo le amministrazioni locali non hanno fornito però
tempestivamente direttive precise ai cittadini per fronteggiare la situazione. Solo dopo le 2:00 gli
organi di stampa, principalmente testate online, hanno diffuso la notizia secondo la quale ai cittadini
era consigliato di stare in casa, unica precauzione le finestre chiuse, per strada, invece, non c'era
modo di ricevere alcuna informazione e/o indicazione; lascia perplessi la decisione di posizionare la
centralina mobile dell'ARPA in una zona del comune di Milazzo abbastanza lontana dal luogo
dell'incidente e in direzione opposta a quella del vento, quindi in una zona non investita dalla
nuvola nera e dai residui della combustione di centinaia di migliaia di litri di prodotti petroliferi.
Ovviamente, dato il posizionamento «anomalo» della centralina di acquisizione dati, risulta che
siano stati acquisiti parametri nella norma –: se siano a conoscenza dei tempi necessari per la messa
in sicurezza dell'impianto di Milazzo e la bonifica e lo smaltimento dei residui causati dall'incendio
del serbatoio TK513 anche in relazione alla zona SIN di Milazzo (ex legge 266 del 2005);
se il Governo non ritenga opportuno verificare l'esistenza e la eventuale adeguatezza del Piano di
emergenza esterno prescritto dall'articolo 20 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e se
esso sia stato comunicato agli abitanti delle zone interessate nelle idonee forme previste dalle legge;
se i Ministri interpellati, anche in ragione dell'istruttoria di cui al quesito precedente, non ritengono
di assumere le opportune iniziative normative al fine di stralciare dalla previsione normativa di cui
al citato articolo 20 del decreto legislativo 334 del 1999 il riferimento «alle disponibilità finanziarie
previste dalla legislazione vigente», che vedrebbe illegittimamente sacrificate le prioritarie esigenze
di tutela della salute che non possono essere subordinate in alcun modo a limiti o vincoli di
bilancio;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia già effettuato un
sopralluogo all'interno dello stabilimento e provveduto alla conseguente comunicazione alla
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Commissione europea dell'accadimento di un, incidente rilevante sul proprio territorio, così come
prescritto dall'articolo 15, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 334 del 1999;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'esecuzione del sopralluogo di
cui al quesito precedente abbia assunto i documenti ritenuti «necessari e quelli indispensabili» per
verificare il corretto funzionamento dello stabilimento in relazione alla puntuale osservanza delle
norme in materia di rischio di incidente rilevante, nonché per verificare se eventuali ditte esterne
affidatarie degli interventi di manutenzione abbiano operato nel pieno rispetto delle norme tecniche
di sicurezza, anche in considerazione del fatto che nello stesso stabilimento sono stati già registrati
in passato numerosi incidenti, l'ultimo dei quali è oggetto di questa interpellanza;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia assunto tutte le informazioni
sia da parte dell'operatore, ai sensi dell'articolo 305 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia
da parte dell'ISPRA sui dati attuali relativi all'aria ed al terreno delle zone interessate dall'incidente
ed a quelle interessate dall'enorme nuvola nera sprigionatasi a seguito della combustione dei circa
600.000 litri di idrocarburi, per valutare i danni ambientali verificatisi, anche in relazione
all'esistenza di zone ZPS nell'immediate vicinanze, e le misure da adottare immediatamente al fine
di contenerne gli effetti;
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga necessario, vista
anche la classificazione di SIN, avviare un tavolo di confronto tra l'azienda, le autorità locali e
l'ARPA al fine di verificare il rispetto delle prescrizioni dell'AIA, rilasciata dal suddetto dicastero in
data 16 maggio 2011, anche a fronte degli incidenti che si sono verificati. (2-00703)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sull’incendio della raffineria di Milazzo
MARIASTELLA BIANCHI (PD) e altri
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nella notte tra il 26 e il 27 settembre si è sviluppato un grosso incendio all'interno della Raffineria
petrolifera di Milazzo (RAM), nella zona della valle del Mela, in provincia di Messina. Il serbatoio
513, contenente circa 400 mila litri di virgin nafta (semilavorati di benzina), ha bruciato per oltre 12
ore creando una fiamma alta oltre 100 metri visibile da diversi chilometri di distanza;
dalle prime informazioni comparse nei quotidiani locali e nazionali, dalle dichiarazioni degli enti
locali e della società che gestisce raffineria la causa sembrerebbe essere una crepa al tetto
galleggiante del serbatoio che, mettendo l'aria a contatto col liquido, avrebbe dato fuoco a
quest'ultimo. Il rischio che le fiamme si propagassero fino a colpire gli altri serbatoi della struttura è
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stato alto, sebbene protezione civile, pompieri, centri di sicurezza della Raffineria e istituzioni siano
intervenuti tempestivamente, circoscrivendo le fiamme ed evitando il coinvolgimento di altri
impianti. Infatti, numerosi contenitori di carburante e impianti a idrogeno si trovano nell'area
industriale di Milazzo. Oltre alla raffineria, che è il più grande insediamento chimico della zona, in
quell'area insiste anche la centrale termoelettrica Edipower; secondo alcune testimonianze il
serbatoio da cui è scaturito l'incendio presentava alcune anomalie e l'incendio era già iniziato nel
pomeriggio, diverse ore prima che diventasse visibile nella città. A quel punto sarebbe stata disposta
la «schiumatura» del tetto e il trasferimento del prodotto in un altro serbatoio. Improvvisamente,
però, alle ore 00,45 le fiamme sono divampate; sul sito del comune di Milazzo la notte del 26 è stata
pubblicata una scheda di informazione alla popolazione sui rischi di incidente rilevante. La scheda è
datata giugno 2011 e riguarda le norme comportamentali da adottare in caso di incidente rilevante
derivato dalla presenza della Raffineria di Milazzo. Come si legge nella scheda, lo stabilimento
della Raffineria di Milazzo S.C.p.A. è annoverato fra le industrie «a rischio di incidente rilevante»
ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e successive modifiche; infatti la natura e
quantità delle sostanze impiegate nei processi produttivi potrebbero causare, in caso di eventi
improvvisi (incendi, esplosioni, fughe di sostanze tossiche), danni alla popolazione e all'ambiente;
sulla scheda di informazione sui rischi di incidente rilevante per i cittadini ed i lavoratori la virgin
nafta, contenuta nel serbatoio andato in fiamme nella notte tra venerdì e sabato, insieme alle
benzine sono classificate dalla stessa Ram, per quanto riguarda le principali caratteristiche di
pericolosità, come «estremamente infiammabile, può provocare il cancro, alterazioni genetiche
ereditarie, irritante per la pelle, possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati, tossico per gli
organismi acquatici, nocivo ai polmoni in caso di ingestione e l'inalazione può provocare
sonnolenza e vertigini»; l'incendio del 27 settembre 2014 non è il primo incidente che si verifica
alla RAM. L'11 febbraio la valvola di una nave che stava rifornendo la centrale aveva perso una
ingente quantità di nafta, al punto che gli alunni e i docenti della succursale dell'Istituto d'Arte «R.
Guttuso», molto vicini alla zona industriale, avevano accusato nausea, bruciore agli occhi e alla
gola al punto da dover richiedere le cure mediche del pronto soccorso all'ospedale di Milazzo. Nel
2003 un'altra ondata di cattivi odori è stata avvertita nel liceo vicino. Già allora l'associazione per la
difesa e la salute dei cittadini di Milazzo aveva alzato la voce sui rischi. L'ultimo incidente grave
alla Raffineria di Milazzo risale al 4 giugno 1993, quando in una esplosione all'interno dell'impianto
topping 4 morirono 7 persone; a lasciare ulteriori preoccupazioni sui danni che la RAM provoca nel
comprensorio, anche uno studio dell'istituto tossicologico dell'università di Messina, che ha
dimostrato come l'inquinamento industriale ha provocato danni per la crescita dei genitali di alcuni
ragazzini nati e cresciuti nella valle del Mela. Un biomonitoraggio effettuato su 272 alunni delle
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scuole medie di Milazzo ha rivelato la presenza di metalli pesanti quali nickel, cromo e cadmio nel
sangue dei ragazzi. Tutto il comprensorio del Mela, nel quale insiste Milazzo, risulta a grave rischio
ambientale. Nel 2011 e nel 2012 l'Arpa (Agenzia regionale protezione ambientale) aveva già
ammonito la raffineria per le emissioni non adeguatamente controllate –:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario verificare l'entità dei danni ambientali causati
dall'incendio e dalla combustione prolungata del carburante e dall'esalazione dei fumi e dei vapori
propagati nell'atmosfera ed accertare le cause che hanno permesso il determinarsi di un così grave
incidente e se siano stati attentamente analizzati e verificati i sistemi di sicurezza degli impianti di
raffinazione;
se non ritenga opportuno verificare se siano state attivate tutte le necessarie procedure di controllo e
sicurezza dell'impianto e quali misure ed azioni siano state attivate per il ripristino e messa in
sicurezza dei siti interessati;
quali iniziative intenda assumere al fine di verificare la situazione ambientale dei luoghi e l'impatto
che su questi ha avuto la prolungata combustione del carburante e quali misure a lungo termine si
intendano, intraprendere per evitare che incidenti simili possano verificarsi in futuro;
quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire l'avvio tempestivo e il
completamento in tempi certi delle manutenzioni ordinarie e straordinarie che si rendono necessarie
per tutelare l'ambiente e la salute di quanti operano e vivono nelle aree interessate dagli impianti di
raffinazione. (5-03706)
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SENATO
Informativa del Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, sull'impatto economico
per le imprese nazionali, in relazione alle sanzioni commerciali della Federazione russa nei
confronti dell'Unione europea e conseguente discussione.
Di seguito la parte dell’intervento del Ministro dedicata al piano energetico e al settore del gas. Al
centro dell’informativa soprattutto le problematiche riguardanti il settore agroalimentare.
Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi.
Signor Presidente, com'è noto, a seguito degli eventi drammatici in corso in Ucraina, l'Unione
europea, gli Stati Uniti ed altri Paesi occidentali hanno adottato a più riprese dei provvedimenti
sanzionatori nei confronti di persone e aziende russe, collegate al conflitto in corso in quel Paese.
Tali misure, suscettibili di effetti diretti sull'economia russa, hanno inevitabilmente anche effetti
indiretti sulle economie e sulle aziende europee, in primo luogo anche per l'effetto recessivo che le
stesse hanno sull'economia russa.
L'interdipendenza delle economie dell'Unione europea e della Russia ha raggiunto livelli
elevatissimi: basti pensare che, escludendo gli investimenti diretti, l'interscambio commerciale
Unione europea-Russia nel 2013 ammonta a circa 320 miliardi di euro (214 miliardi di esportazioni
russe e 106 miliardi di importazioni dall'Unione europea) e che l'interscambio commerciale italorusso ammonta a 30,8 miliardi di euro. Le esportazioni italiane raggiungono quasi 11 miliardi di
euro, mentre le nostre importazioni si attestano su un valore di circa 20 miliardi di euro; si ricorda
anche per inciso che l'Italia è il secondo partner della Federazione nell'ambito dell'Unione europea
dietro alla Germania. Sul piano energetico importiamo dalla Russia il 49 per cento del nostro
fabbisogno di gas, con punte giornaliere che arrivano a toccare anche il 65 per cento (il 26,1 di
quello petrolifero e il 21 per cento di quello carbonifero).
La situazione energetica internazionale, come sappiamo, è attualmente molto complessa e
caratterizzata anche da una notevole volatilità; per questo il Ministero dello sviluppo economico sta
monitorando in realtà da molti mesi la situazione, effettuando anche simulazioni per le potenziali
criticità che dovessero crearsi nel settore del gas. D'intesa con la Commissione europea sono stati
elaborati dei piani d'emergenza nazionale per il prossimo inverno che per l'Italia, pur prevedendo
delle criticità, hanno messo in rilievo la sufficiente capacità del nostro sistema di
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approvvigionamento di poter superare senza eccessive difficoltà interruzioni prolungate, fino anche
a tre mesi, del flusso di gas dalla Russia.
Una nota molto positiva viene inoltre anche dal livello degli stoccaggi, dato che il loro riempimento
è alto (al 94 per cento del totale offerto dal mercato) e si prevede di raggiungere entro fine ottobre il
volume di 11,4 miliardi di metri cubi di stoccaggio commerciale, che si andranno ad aggiungere
agli oltre 4,6 miliardi di metri cubi di riserva strategica esistente. Ovviamente, non ci possiamo
nascondere che eventuali interruzioni del flusso di gas russo potrebbero avere inevitabili
conseguenze sui prezzi del gas che l'Italia dovrà importare da altri Paesi o per via alternativa ai
gasdotti. In parte (ma solo in minima parte) tale tensione è anche la causa del recente incremento
della bolletta del gas per le imprese e per le famiglie italiane, annunciato peraltro proprio ieri sera
dall'Autorità. In realtà, il prezzo del gas viene stabilito trimestralmente sulla base del prezzo del
mercato europeo, che nelle settimane scorse ha risentito al rialzo di queste tensioni tra Russia e
Ucraina.
La Federazione russa ha reagito ai provvedimenti sanzionatori dell'Occidente con contromisure di
ritorsione disponendo l'embargo su tutta una serie di categorie di beni alimentari.
Il Consiglio europeo del 30 agosto ha deciso di comminare ulteriori sanzioni, entrate in vigore con i
regolamenti dell'Unione europea n. 959/2014, n. 960/2014 e n. 961/2014 dell'8 settembre 2014, che
integrano le misure introdotte a luglio e a marzo scorsi. L'entrata in vigore delle misure è stata
accompagnata dalla disponibilità dell'Unione europea a riconsiderare le misure (la cosiddetta review
clause: la prima revisione avverrà entro il 31 ottobre prossimo) a fronte di un'evoluzione positiva
sul terreno, che naturalmente tutti auspichiamo. Anche questo ulteriore pacchetto poggia sui
principi di gradualità, proporzionalità, efficacia e non retroattività e comprende le seguenti misure,
soprattutto finanziarie: estensione delle restrizioni all'accesso ai mercati dei capitali europei; misure
sui beni cosiddetti dual use (quindi, divieto di esportare qualsiasi bene a duplice uso destinato ad
uso militare ovvero a un utilizzatore finale militare, misto civile-militare nonché ai soggetti entrati
nella lista). Inoltre, misure per l'alta tecnologia, come il divieto di fornire servizi per l'esplorazione e
la produzione petrolifera (sono, comunque, esclusi tutti i progetti relativi al settore del gas) e misure
restrittive individuali (è stata ampliata la base giuridica necessaria per il listing, estendendola anche
a coloro che effettuano transazioni con i gruppi separatisti nel Donbass).
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Interrogazione a risposta scritta:
sull'applicabilità dell'imposta regionale sui canoni di concessione delle Autorità portuali nella
regione Lazio
PEPE (MISTO)
- Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:
la Regione Lazio con legge regionale n. 2 del 2013, articolo 6, ha istituito, con decorrenza dal 1°
gennaio 2014, quale tributo proprio regionale, un'imposta sulle concessioni statali dei beni del
demanio marittimo e ha esteso detta imposta anche alle concessioni rilasciate dalle Autorità portuali
di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta (nella misura pari al 15 per cento della base imponibile
costituita dal canone di concessione);
la legge regionale fa riferimento al decreto legislativo n. 68 del 2011 che, all'art. 8, comma 1, nel
riconoscere alle Regioni la facoltà di sopprimerli, ha trasformato in tributi propri regionali le
imposte sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo;
la legge regionale va coordinata anche con la legge n. 281 del 1970, art. 1, che attribuisce alle
Regioni un tributo proprio, costituito da un'imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio
siti nel proprio territorio, sempre che il relativo canone sia stabilito con legge dello Stato;
le Autorità portuali rilasciano dette concessioni ai sensi dell'art. 8, comma 3, lett. h), della legge n.
84 del 1994 con provvedimento amministrativo e quindi non sussistono i presupposti di
applicabilità stabiliti dalla legge n. 281 del 1970, art. 1, dal decreto legislativo n. 68 del 2011 e dalla
legge regionale n. 2 del 2013, poiché detta concessione non è statale e non è stabilita con legge;
a conferma di quanto sopra, la Direzione generale per i porti del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti ha emanato il 15 marzo 2012 (pertanto, successivamente al decreto legislativo n. 68 del
2011) la circolare interpretativa n. 45, con la quale, dopo aver sottoposto la questione afferente
all'applicabilità o meno dell'imposta regionale sulle concessioni demaniali alla valutazione del
Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Agenzia del demanio, ha chiarito che l'imposta in
questione, ove istituita dalle Regioni, non si applica per le concessioni di beni demaniali marittimi
rilasciati dalle Autorità portuali (ad eccezione delle concessioni rilasciate per finalità turisticoricreative e per la nautica da diporto per le quali i criteri per la determinazione dei canoni annui
sono stabiliti direttamente dalla legge statale);
considerato che:
la Regione Lazio insiste nel richiedere il pagamento dell'imposta sulle concessioni delle Autorità
portuali ritenendolo "tributo proprio in senso stretto" regionale e ribadendo che la legge regionale n.
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2 del 2013 ha superato "il vaglio di legittimità costituzionale previsto dall'art. 127 della
Costituzione";
a notizia dell'interrogante, attualmente in Italia i porti del Lazio sono gli unici sui quali grava
l'imposta regionale sulle concessioni delle Autorità portuali, con grave vulnus per la concorrenza e
con il rischio concreto del dirottamento del traffico portuale verso altre realtà meno costose, ove
l'imposta non si applica, con grave danno per l'economia e l'occupazione nella regione,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;
se ritenga che la Regione Lazio abbia contravvenuto alle disposizioni di legge e ai chiarimenti resi
dai Ministeri delle infrastrutture e dell'economia;
se ritenga che l'imposta determini un'indebita e illegittima disparità di trattamento tra le varie realtà
portuali, a danno precipuo di quelle laziali;
se sia a conoscenza di altri casi in cui un tale conflitto tra leggi statali e regionali per l'applicabilità
dell'imposta regionale sui canoni di concessione delle Autorità portuali si sia verificato e come sia
stato risolto;
quali iniziative intenda assumere al fine di chiarire definitivamente se l'imposta regionale sia
effettivamente dovuta;
se intenda adottare le opportune iniziative di propria competenza al fine di porre termine alle
eventuali violazioni di legge, allo scopo di evitare sanzioni dall'Unione europea e azioni di rivalsa
da parte degli operatori portuali discriminati.
(4-02728)
Interrogazione a risposta scritta
sull'incendio all'interno della raffineria di Milazzo (Messina)
SCILIPOTI (FI)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute - Premesso che:
l'incendio all'interno della raffineria di Milazzo (Messina) è stato causato dall'esplosione di un
serbatoio contenente virgin-nafta, un idrocarburo pericoloso derivato del petrolio prevalentemente
utilizzato come combustibile o per altri usi industriali;
il ciclo di lavorazione del prodotto è costituito dal cracking della virgin-nafta e del gasolio. In caso
di combustione, i vapori tossico-nocivi sviluppati aumentano proporzionalmente alla quantità di
materiale combusto, che nel caso della raffineria di Milazzo sono milioni di litri;
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l'incendio di Milazzo è un caso di esplosione che sta producendo fumo nero e calore ad alte
temperature che, per effetto dell'irraggiamento, sta interessando ampie aree a ridosso della raffineria
ma anche zone a media e lunga distanza dall'esplosione. I danni latenti gravi e devastanti a persone,
ai terreni agricoli e alle innumerevoli coltivazioni di prodotti ortofrutticoli, che interessano anche le
acque marine e la fauna ittica, al momento non sono quantificabili. Gli effetti del disastro si
vedranno nel medio e lungo termine, quando i fumi e i vapori propagati nell'atmosfera, per effetto
sia del calore che dell'azione dei venti dominanti nella zona, avranno arrecato danni ambientali e
fisici agli abitanti delle zone intorno alle aree contaminate. I fumi e le polveri prodotti dalla virginnafta combusta, potranno causare: irritazione della pelle; sonnolenza e vertigini; aspirando grosse
quantità di vapori e polveri può insorgere la "polmonite chimica"; effetti neoplastici (cancro e
leucemie); può risentirne la fertilità o il feto; essendo tossica, può avere effetti dannosi e di lunga
durata, per gli organismi acquatici distruggendo anche l'habitat naturale della flora e della fauna
della fascia costiera antistante alla raffineria e delle aree adiacenti e alterazioni genetiche,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo, deputati al controllo e all'accertamento delle cause del disastro, non
intendano informare i cittadini dei possibili rischi a cui andranno in contro;
se non intendano predisporre un piano d'azione che permetta la costruzione della raffineria e della
centrale elettrica in aree distanti dai centri abitati. (4-02730)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da biomassa vegetale
legnosa in provincia di Campobasso
DI BIAGIO (PI)
- Al Ministro dell'interno - Premesso che:
la società Civitas srl è stata autorizzata a realizzare un impianto di produzione di energia elettrica da
biomassa vegetale legnosa nel territorio di Campochiaro (Campobasso);
in data 26 settembre 2014, in occasione dell'inizio dei lavori, presso il cantiere della Civitas srl è
stata organizzata una manifestazione di protesta, alla quale ha preso parte anche il presidente della
Provincia di Campobasso, con la motivazione che l'impianto provocherebbe presunti danni
ambientali;
i manifestanti hanno impedito ai mezzi recatisi in discarica con la terra di scavo di accedere al
cantiere stesso e il direttore tecnico del cantiere ha dichiarato di aver subito un'aggressione da parte
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di uno dei partecipanti alla manifestazione di protesta con la conseguenza di impedire l'inizio dei
lavori;
alle richieste del direttore del cantiere di sgomberare e proteggere la zona, le forze dell'ordine,
intervenute sul posto, hanno suggerito di stemperare gli animi rinviando ad altra data l'inizio dei
lavori;
in data 29 settembre si sarebbe dovuto tenere un incontro dinanzi al prefetto di Campobasso tra le
istituzioni locali, i rappresentanti della Civitas e il presidente del consorzio industriale al fine di
porre rimedio a questa situazione;
l'autorizzazione alla costruzione dell'impianto è stata concessa dopo che sono stati posti in essere
tutti i controlli previsti per legge e dopo aver esaminato e valutato positivamente l'impatto
ambientale, per cui non vi è alcuna ragione plausibile che possa giustificare un'interruzione dei
lavori di esecuzione;
a giudizio dell'interrogante le legittime manifestazioni di dissenso, soprattutto se non supportate da
ragioni tecnicamente valide e dettate solo da pregiudizio fine a se stesso, non possono sfociare in
un'interruzione dei lavori che comporterebbero un grave danno per l'intera collettività nonché per
l'azienda che ha avuto incarico di eseguirli,
si chiede di sapere quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per
salvaguardare lo svolgimento dei lavori di costruzione della centrale di energia elettrica da
biomassa vegetale legnosa regolarmente autorizzati a Campochiaro e se intenda adottare misure
volte a far sì che vengano rispettate le disposizioni delle leggi vigenti in materia di ordine pubblico.
(4-02735)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione di un parco eolico off-shore antistante le coste di Licata (Agrigento)
MARINELLO (NCD)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei beni e delle attività culturali e
del turismo e dello sviluppo economico - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:
le cittadinanze di Gela, Butera, Licata, Palma di Montechiaro e Agrigento si sono da tempo
dichiarate contrarie alla realizzazione di un parco eolico off-shore antistante alle coste di Licata
(Agrigento) e le rispettive amministrazioni, insieme al comitato "Difendi Licata NO PEOS", hanno
già intrapreso la via del ricorso amministrativo avverso il relativo provvedimento autorizzativo;
la realizzazione del progetto, proposto dalla "Mediterranean Wind offshore" ed approvato il 30
aprile 2012, prevede l'impianto di 38 pale eoliche su un'area di 10 chilometri quadrati, che
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pregiudicherebbe pesantemente l'equilibrio ambientale e gli interessi economici delle collettività
locali, poiché sottrarrebbe un'area molto vasta alla marineria locale e vanificherebbe gli sforzi fino
ad oggi profusi per la crescita del settore turistico;
in attesa di conoscere gli esiti del ricorso sono temporaneamente sospese, presso il competente
Assessorato della Regione Siciliana, le procedure relative alla realizzazione di un parco eolico di
115 pali, su iniziativa di una joint venture tra "Moncada energy group" ed Enel, e la realizzazione di
un terzo parco eolico di 156 pali della Energie rinnovabili S.r.l. di Trapani, con capitale sociale di
10.000 euro. Quest'ultimo parco si estende dalla zona antistante Licata verso Agrigento e la valle
dei Templi;
l'estensione dell'area interessata dalle interdizioni conseguente all'installazione di oltre 309 pali
ammonterebbe a 110 chilometri quadrati. In tale area, verrebbe preclusa la pesca a strascico,
importantissima per la marineria locale, che sostiene infatti l'economia di Licata per oltre il 30 per
cento e costituisce la terza marineria peschereccia dell'Isola, dopo Mazara del Vallo e Sciacca;
con riferimento alle valutazioni di merito dei competenti Ministeri, nel 2009, il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha approvato la VIA ritenendo accettabile
l'impatto del progetto sull'ecosistema e il 27 settembre 2012 il Ministro pro tempore riconfermava
la VIA rigettando i pareri e le analisi della Regione, innescando il ricorso avverso il decreto
autorizzativo;
gravi lacune si ravvisano nelle relazioni tecniche descrittive dei parchi eolici presentate dai
proponenti, nelle quali, innanzitutto, non viene fatto cenno dell'aspetto archeologico che è invece di
primaria importanza, come sottolineato dalla Soprintendenza del mare della Regione e attestato da
numerosissime fonti storiche ed archeologiche. I progetti mostrano anche evidenti carenze
progettuali con riferimento all'assenza di carte biocenotiche e alla possibile devastazione di specie
di piante sottomarine protette, in particolare la Cymodocea nodosa;
ancora più gravi sono talune falsità contenute nelle relazioni che accompagnano i progetti di
realizzazione dei parchi eolici e che inficiano l'affidabilità dei progetti stessi. Nel caso del
provvedimento autorizzativo già rilasciato, tali affermazioni sono idonee a determinarne la
caducazione, e si paventano altresì concrete responsabilità amministrative e penali in capo a quegli
organi che, nella sede dell'adempimento dei propri obblighi istituzionali, non hanno effettuato i
dovuti riscontri;
in tale contesto, non sono corrispondenti al vero le affermazioni contenute al paragrafo 1.4 "Sintesi
e Background sulla localizzazione del Sito", in cui si afferma che: "tipicamente i siti on shore sono
installati in aree rurali di particolare interesse paesaggistico-ambientale e spesso in crinali montani,
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mentre per il sito offshore in esame è stata scelta un'area a forte vocazione industriale ed a basso
interesse sia turistico, sia peschereccio";
vi è poi l'affermazione a giudizio degli interroganti volontariamente fraudolenta secondo la quale il
sito prescelto è a basso interesse turistico ha consentito al proponente di collocare il parco ad
appena 2 miglia marine (e non a 3 miglia come prescrive il decreto legislativo n. 152 del 2006) pur
in presenza di considerevoli insediamenti turistico-balneari, al solo fine di lavorare ad una
profondità massima di 26 metri, quando la profondità a 3 miglia dalla costa è di circa ai 50 metri.
Maggiori in tale caso sarebbero ovviamente i costi operativi da sostenere;
diversi sono invece gli insediamenti turistici sorti sul territorio antistante al paventato parco eolico
(Sikania a Tenutella (Butera), Falconara Chairming resort, Lido degli Angeli, Stella del
Mediterraneo, Serenusa village). Non ultimo per importanza il porto turistico di Licata, con 1.500
posti barca;
si fa presente che l'articolo 40, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive
modificazioni e integrazioni prescrive che, se entro 3 anni dal rilascio della VIA il proponente non
ha realizzato almeno il 20 per cento dell'opera, egli deve riavviare l'iter per il rilascio della stessa
VIA, onde valutare se le informazioni riguardanti il territorio e lo stato delle risorse abbiano subito
nel frattempo mutamenti rilevanti. In ogni caso, il giudizio di compatibilità ambientale cessa di
avere efficacia al compimento del quinto anno dalla sua emanazione. Le valutazioni di cui si tratta
sono state redatte prima del 2008 e il parere della sottocommissione VIA/VAS è stato rilasciato il
16 dicembre 2010;
va infine rilevato che, pur descrivendo la VIA i pericoli legati alla realizzazione del parco eolico nei
confronti dell'avifauna, la Commissione europea ha avviato una specifica procedura Pilot (CHAP
(2013)01024), poiché sarebbero disattese, tra le altre, le disposizioni della direttiva comunitaria
92/43/CEE, cosiddetta direttiva habitat,
si chiede di conoscere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto illustrato;
se non ravvisino ulteriori elementi ostativi alla realizzazione del parco eolico, anche sulla base del
rispetto della normativa recata dal decreto il Ministro dello sviluppo economico di concerto con il
Ministro dell'ambiente e con il Ministro per i beni e le attività culturali del 10 settembre 2010,
recante le linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili;
quali siano i profili di legittimità comunitaria sulla base dei quali l'Unione europea ha avviato la
procedura Pilot CHAP (2013)01024 e quali siano le iniziative adottate per evitare di incorrere nelle
procedure di infrazione.(4-02742)
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Interrogazione a risposta orale:
sul progetto del giacimento petrolifero "Tempa rossa", gestito dalla Total E&P e situato
nell'alta valle del Sauro (Basilicata)
STEFANO (MISTO – SEL)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute e dell'interno Premesso che:
il progetto denominato "Tempa rossa" riguarda un giacimento petrolifero, gestito dalla Total E&P,
situato nell'alta valle del Sauro (Basilicata). A regime l'impianto avrà una capacità produttiva
giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di
GPL e 80 tonnellate di zolfo. Il progetto di sviluppo riguarda: la messa in produzione di 8 pozzi, di
cui 6 già perforati e altri 2 da perforare; la costruzione di un centro di trattamento oli dove gli
idrocarburi estratti, convogliati tramite una rete di condotte interrate (pipeline), verranno trattati e
separati nei diversi sottoprodotti (petrolio grezzo, gas combustibile, zolfo e GPL) e,
successivamente, immessi tramite canalizzazioni interrate; la costruzione di un centro di stoccaggio
GPL (2 serbatoi interrati della capacità totale di 3.000 metri cubi) dotato di 4 punti di carico
stradale, nonché la costruzione o la modifica di infrastrutture di servizio (adeguamento di strade
comunali, realizzazione dei sistemi per l'alimentazione di acqua ed elettricità per il centro di
trattamento, connessione alle reti esistenti per il trasporto e la distribuzione degli idrocarburi);
il greggio avrà quale terminale per lo stoccaggio e la movimentazione, proveniente dal giacimento
"Tempa Rossa", l'impianto di raffinazione ENI di Taranto. Queste operazioni comporterebbero
l'emissione di composti organici volatili fra cui anche gli idrocarburi policiclici aromatici, cosiddetti
IPA, in una città come Taranto che subisce un'incidenza delle patologie tumorali allarmante;
nel 2011 la Giunta regionale della Puglia ha stabilito di prescrivere a carico dell'ENI la
presentazione all'ARPA e all'ASL territorialmente competente la valutazione di incidenza sanitaria
(VIS) per monitorare l'andamento sanitario connesso con l'attività di stabilimento al fine di tutelare
la salute pubblica. Tale documento non è, a tutt'oggi, mai stato presentato o predisposto da parte di
ENI;
il 24 luglio 2012 la Regione ha approvato la legge n. 21, recante "Norme a tutela della salute,
dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali per le aree pugliesi già dichiarate a elevato
rischio ambientale", sulla valutazione del danno sanitario (VDS), che deve essere osservata anche se
successiva alla procedura di VIA per le aree a rischio industriale;
nell'ottobre 2012 il Comune di Taranto ha approvato un ordine del giorno in cui si deliberava
l'orientamento contrario alla realizzazione da parte dell'ENI SpA del nuovo impianto di stoccaggio e
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movimentazione del greggio denominato «Tempa Rossa», al fine di evitare un ulteriore rischio di
inquinamento in un'area già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale e sociosanitario. Si chiedeva, inoltre, la riapertura immediata della procedura di autorizzazione integrata
ambientale rilasciata all'ENI SpA per il progetto con l'inserimento, oltre alla valutazione del danno
sanitario, anche quella relativa al rischio di incidenti rilevanti in materia di prevenzione dei grandi
rischi industriali e, quindi, di assoggettamento alla direttiva "Seveso" (direttiva 82/501/CEE)
rispetto all'autorizzazione di esercizio;
per ciò che attiene all'autorizzazione di esercizio la competenza è del comitato tecnico regionale per
la prevenzione degli incendi, che è un organo dipendente direttamente dal Ministero dell'interno;
in data 25 settembre 2014 l'ARPA Puglia ha provveduto ad inviare al Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare un proprio report in cui si evidenzia l'incremento di emissioni
IPA nella misura del 14 per cento;
l'assessore regionale per l'ambiente, in data 30 settembre, ha comunicato che è stata disposta la
costituzione di una cabina di regia ARPA-ARES-ASL per la redazione della valutazione del danno
sanitario;
l'esito della valutazione, ad opera della cabina di regia, sarebbe in grado di fornire un dato ulteriore
ed essenziale per l'autorizzazione VIA-AIA da parte del Ministero,
si chiede di sapere:
se il Ministro dell'ambiente non ritenga necessario fermare l'iter di autorizzazione VIA-AIA in
attesa di conoscere gli esiti della valutazione del danno sanitario, dal momento che sarebbe alquanto
paradossale che un'eventuale valutazione negativa arrivasse a impianto costruito, producendo un
ridimensionamento del "principio di precauzione" così come definito dalla normativa europea;
quali interventi i Ministri della salute e dell'interno intendano adottare in via precauzionale,
nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di avere un quadro socio-giuridico e amministrativo
che tenga in debito conto delle ricadute delle esternalità negative che il processo di stoccaggio, e
successiva raffinazione, produrrebbero sul territorio tarantino già fortemente segnato dal punto di
vista sanitario, occupazionale, ambientale e paesaggistico. (3-01256)
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