Anno III - Numero 248 - Domenica 26 ottobre 2014 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Economia Attualità Esteri Tasse e imprese, nuovo allarme Vescovo proibisce Medjugorje: polemiche Mille tensioni sul voto ucraino Giuffrida a pag 3 Traboni a pag 4 Castellino a pag 5 E D I T O R I A L E D E L L A D O M E N I C A - S I LV I O E G I A N F R A N C O , C O S Ì L O N TA N I E P P U R E C O S Ì V I C I N I di Roberto Buonasorte era una volta... Cominciano così tutte le favole, e quella del centrodestra italiano in fondo, anche se a fasi alterne, è stata una bella favola. C’era una volta un leader, anzi due. Il primo, Berlusconi, riusciva a tenere unita una coalizione che andava dalla Lega ai post fascisti missini passando per i democristianissimi Casini e Mastella. Il secondo, Fini, faticava non poco a tenere a bada le tante anime della destra italiana: quella liberale, quella nazionale, e pure quella sociale, ma alla fine come tutti i capi, ci riusciva e pure bene. C’era una volta un’idea di destra molto radicata nel paese, che rappresentava vastissime fasce della popolazione, fino a quando... Fino a quando non si è iniziato con i distinguo, Fini che cercava di stare sempre un passo in avanti rispetto a Berlusconi su tanti temi, soprattutto quelli sui cosidetti diritti civili. Le prime fratture avvennero con i referendum sulla procreazione assistita, e poi sulla giustizia, e ancora Fini che dialogava con le associazioni gay, e sempre Fini che in tema di ius soli diceva la sua in assoluta solitudine, fino alla rottura finale. La quasi totalità degli ex An seguirono Berlusconi mollando Fini, al quale comunque dovevano C’ sentimentale, stessa ammirazione verso una certa sinistra, decisioni spesso prese in solitudine e comunicate al partito attraverso tweet e selfie. E tutti gli altri? Divisi, rancorosi, confusi e soprattutto indifesi; già, indifesi, perché quando c’è un capo almeno sai a chi rivolgerti, ma quando crolla un mondo, rimane solo il tutti contro tutti... E viene da sorridere nel vedere che tutta una comunità e tutta una storia, una bella storia, debba essere oggi interpretata dall’altro Matteo, quello lombardo. Già, i due Matteo, anch’essi figli (fortunati) della guerra tra Gianfranco e Silvio senza la quale, probabilmente, non sarebbero mai arrivati ai vertici della politica nazionale ed internazionale. Silvio e Gianfranco invece, erano tanto lontani eppure oggi sembrano così vicini, entrambi fuori dal Parlamento (anche se uno per via giudiziaria e l’altro per volontà popolare); uno in esilio nel suo ufficio di ex presidente della camera, l’altro in affido ai servizi sociali. E parlano pure la stessa lingua,“moderna” e “progressista”: si sono lasciati con il famoso “che fai, mi cacci?”, ora invece non sappiamo se si dovessero incontrare di nuovo cosa potrebbe accadere; basta che uno dei dei due non se ne esca con un “che fai, mi baci?”, per la malandata baracca del centrodestra sarebbe il colpo finale. CHE FAI, MI BACI? Dallo ius soli alle nozze gay, un destino cinico e baro per entrambi. Tra giravolte e tradimenti un sogno svanito nel nulla molto: chi in un modo chi in un altro riuscirono a rientrare in Parlamento, mentre Fini ne è rimasto fuori e forse ci rimarrà per sempre. Poi è arrivato Renzi, e Berlusconi ha subìto tanti altri dolorosissimi tradimenti, a cominciare da quelli TRA LEOPOLDA E CGIL, PARTITO SPACCATO di Alfano e Lupi, Augello e Quagliariello, Lupi e Lorenzin, Piso e Saltamartini, tutti transitati nel NCD e al governo con il PD. Da qui inizia la metamorfosi del Cavaliere. Influenzato (come spesso accade a tanti leader...) dalla sua nuova compagna, comincia a parlare di diritti dei gay, dello Ius soli, non perde occasione per far sapere che bisogna dare una mano a Matteo Renzi, insomma pare la copia di Gianfranco: stessa situazione RAGGIUNTO IL TETTO DEI 10MILA CASI SINDACO DI ROMA NELLA BUFERA Ebola resta un pericolo: la guardia non va abbassata a bene che Obama ha abbracciato l’infermiera di Dallas guarita da Ebola, come è giusto che fosse, ma non per questo va abbassata la guardia sul virus. Proprio in queste ore, infatti, l’Organizzazione mondiale della sanità – un carrozzone finché si vuole, assolutamente impreparato in fase di prevenzione ma pur sempre la massima autorità planetaria nel settore – ha diffuso un nuovo, drammatico dato: è stato superato il tetto dei 10mila casi di Ebola dall'inizio dell'epidemia in Africa occidentale. Per l’esattezza, i casi accertati sono ben 10141 e le vittime 4922. E la guerra contro Ebola in Africa, e di conseguenza la minaccia anche per l’Occidente, si allarga ad altri Paesi: in Mali, infatti, si registra la prima vittima, una bambina di due anni che, durante la malattia, è stata a contatto V I COCCI DI RENZI A pagina 2 stretto con almeno 40 persone ed ha viaggiato in autobus per più di mille chilometri. La bambina, originaria della Guinea, ha viaggiato in autobus per più di mille chilometri prima di raggiungere l'ospedale di Kayes, nella parte occidentale del Mali, dove i medici hanno cercato invano di salvarla. Nella sua lunga traversata ha fatto tappa anche a Bamako. Per tornare invece agli Stati Uniti, c’è da registrare che i governatori di New York e del New Jersey hanno annunciato che i passeggeri in ingresso dagli aeroporti JFK e Newark dopo contatti con malati di Ebola in Liberia, Guinea e Sierra Leone saranno messi in quarantena. Il governatore Cuomo ha chiarito che il provvedimento riguarda tutto il personale medico di ritorno dai tre Paesi africani più colpiti da Ebola. #SLOGGIAMARINO Sarra a pg. 7 2 Domenica 26 ottobre 2014 Attualità IL SEGRETARIO: “FARÒ IL PREMIER AL MASSIMO PER ALTRI DUE MANDATI”. E QUINDI FINO AL 2023! Matteo si auto-rottama per finta A Firenze va in scena la parte ‘governativa’ del partito. Come un regolamento di conti di Igor Traboni a rottamatore ad ex rottamatore (visto che in realtà finora non ha rottamato un bel niente, sia all’interno del suo partito che per le spese dello Stato) ad auto-rottamatore: Matteo Renzi ieri al secondo giorno della Leopolda, e mentre da Roma arrivava l’eco neanche poi così lontano di centinaia di migliaia di persone intruppate in piazza dalla Cgil e da una bella fetta del ‘suo’ Pd, ha cercato il colpo ad effetto. Ma un po’ alla fine si è rivelato un boomerang: “Non andrò avanti per più di due mandati da presidente del Consiglio”, ha esordito il premiersegretario. Salvo poi aggiungere che quindi, almeno secondo il suo volere, la ‘faccenda’ da premier andrà avanti ancora per due mandati, ma : “Al massimo arrivo al 2023". Che, se la matematica non è ancora un’opinione, fanno nove anni ancora. Mica barzellette. Poi, dal palco del mega-garage fiorentino, giocherellando con un pallone di cuoio (il vecchio, ma nessuno ha capito bene il perché) e con accanto una bicicletta smontata (il nuovo, ovvero la voglia di rimettere tutto a posto e di rimontare in sella), Renzi ha snocciolato le solite questioni: "Ci sono dei nemici che vanno sconfitti altrimenti non creeremo occasioni di impresa. Sono la corruzione e l'evasione, senza combatterli non si va da nessuna parte". Annunciando poi che alla Leopolda ci saranno "15 testimo- D nianze di persone che hanno creato posti di lavoro e vogliono ragionare dell'Italia che non si arrende e si rimette in moto, che crea speranza e posti di lavoro". E gli ospiti? Tra le più ricercate, la prediletta del Renzi-premier, ovvero Maria Elena Boschi, più che altro indaffarata a respingere l’evidenza di una spaccatura nel Pd, tra Firenze e Roma: "Rispettiamo la piazza: sono contenta che stia andando molto bene anche la manifestazione a Roma, spero che finisca nel migliore dei modi, così com'è cominciata", ha detto il ministro in presa diretta. "Noi qui rispondiamo con il lavoro dei gruppi, stiamo sui temi, stiamo dialogando direttamente con i cittadini". Parecchi malumori hanno invece suscitato le parole dal palco di Davide Serra, proprietario del Fondo Albebris, che ha chiesto una limitazione del diritto di sciopero dei lavoratori pubblici: "Dico che è un diritto, cerchiamo di capire che è un costo". Serra ha poi fatto l'esempio di due potenziali investitori inglesi in Italia scoraggiati da uno sciopero del personale di volo, che aveva impedito loro di atterrare sul suolo italiano, "a un certo punto domani potrebbe scioperare un pompiere, perché no, un carabiniere: alla fine succede che qualcuno mette il diritto di veto". Tra i politici si è visto anche Rosario Crocetta, aggrappato a Renzi per difendere il suo posto da governatore della Sicilia e che è piombato a Firenze proprio nonostante la crisi politica in atto nella sua Palermo: "E' assurdo non essere qui, un laboratorio di discussione per uscire da una politica imbrigliata. Io ho tagliato 2,7 miliardi, quindi ben venga una legge di Stabilità per mettere fine al paese del 'frega,frega, sciupa,sciupa'". Molto ricercata da taccuini e telecamere un altro governatore, quello del Friuli Debora Serracchiani, anche vicesegretario del Pd, sempre ad un passo dall’entrare nel governo Renzi: "Stiamo cercando di rammendare il territorio, bisogna mettere un occhio ai trasporti nelle città. Dobbiamo consolidare l'esistente e fare opere che mancano, penso al sud. Dobbiamo realizzare meno autostrade e investire di più sulle ferrovie". Insomma, alla Leopolda c’è chi cerca di volare “altro”, ma è chiaro che la sostanza è tutta politica, da regolamento di conti interno al partito democratico. E che oggi l’ultima parola la dirà comunque Matteo Renzi, magari davvero sulla strada dell’auto-rottamazione, ma di fatto auto-proclamatosi padre padrone del Pd. BOOM, BOOM, BOOM OVVERO IL RITORNO DI SPIDERITA Le imprese chiudono, il popolo ha fame e Renzi gli dà La Leopolda empre più ottusi e ciechi i nostri governanti, che dopo mesi di assenza da queste pagine, ritrovo sempre più attenti all’ostentazione di presunti cambiamenti non ancora concretizzati. Renzi aveva riaccesso le speranze e le aspettative persino dei delusi dell’ultima ora nel centro destra, arraffato consensi alle europee senza parlare poi della conversione su di lui ottenuta da ambienti decisamente conservatori, lobbies, benpensanti, malpensanti, massoni e nuovi e vecchi avventori dei salotti buoni della politica italiana (ammesso che tali siano codesti consessi), per poi spegnere pian pianino ognuno di questi focherelli e accendere le luci (a basso risparmio energetico e non) anzi i riflettori sul suo sconfinato egocentrismo. E’ decisamente insolito il modo di affrontare i problemi sotto i quali affoga letteralmente il nostro Paese con la sua gente, senza per forza vivere a Genova, adottato dal nostro premier. Abilissimo nella raccolta fondi per autocelebrarsi da parte dell’establishment italiano, sicuramente disinteressato a qualsiasi forma di opportunità, al quale in futuro verranno, meritocraticamente... elargite, in nome della decantata trasparenza renziana, come gli rimprovera il di lui compagno di partito Piero Fassino. Ammonterebbero a 2 milioni di euro (almeno quelli rendicontati) i contributi alla Kermesse che sta andando in scena alla Leopolda. Tutto questo ci sembra simile più ad una sorta di borsino fieristico dove le aziende oltre a mostrarsi si assicurano appalti e portfolio nel nuovo corso della compagine politica specie quella governativa. Pronta, pero’, arriva la risposta della maestrina Boschi, ma non una maestrina dalla penna rossa di de amicissiana memoria ma dal lato b apprezzabile, in senso di fortuna per cotanto incarico ottenuto in giovine età, fissando la spesa in 300.000,00 euro assemblati con estrema trasparenza dalla fondazione Open pro-Renzi. S Ingenua la nostra procace e giovine ministra, forse poverina non è ancora in grado di riconoscere i vecchi marpioni italici aziendali sempre a caccia di fresche nominations, data la precipitosa reazione, di certo in buona fede, o di certo per puro impulso di rinnovamento, la politica di Renzi li ha codificati come specie protette oggetto di ripascimento per catalogarne il valore economico in supporto alla specie. Tempi moderni, storie vecchie, soliti soldi che ingrossano le fila dei potenti di turno e tanti piccoli uomini e donne che si alternano in un proscenio antico, dal nutrito backstage e dall’uditorio inquadrato pronto sempre a volatilizzarsi se conforme al suo temporaneo interesse per nutrire nuovi egoismi con la presunzione di conformarsi al sostantivo di modernità e rinnovamento. Situazioni identiche che si perpetuano nel teatrino della politica nostrana sulla pelle dei cittadini e della gente che non ce la fa più, volte solo a nutrire l’egoismo del potente che affama il popolo ma che alla fine in un estremo atto di generosità vorrebbe sollevarlo dalle sofferenze con raffinate delizie gourmet come le brioches dal regal ricordo. Un secolo fa, qualcuno, in una terra che da sempre offre laboratori per il cambiamento della politica scriveva: “Cambiare tutto per non cambiare nulla” (Tomasi di Lampedusa) Ben trovati, amici lettori Spiderita A ROMA MIGLIAIA DI LAVORATORI CONTRO L’ESECUTIVO, CON SEL A DARE MAN FORTE. SI VA VERSO UNO SCIOPERO GENERALE La Cgil va in piazza e il Pd si spacca di Giuseppe Giuffrida entre i fedelissimi di Matteo Renzi sedevano alla vecchia stazione Leopolda di Firenze, a 300 chilometri di distanza, in piazza San Giovanni a Roma, si consumava lo strappo dal governo della Cgil e di una fetta consistente del Partito democratico. Un milione di persone si sono incontrate in piazza per manifestare contro un Jobs Act definito da più parti “paradossale” e contro M un esecutivo caratterizzato dagli annunci e da nessuna concretezza. Pur con risultati evidentemente diversi dalla manifestazione di dodici anni fa, il segretario della Cgil Susanna Camusso mostra i muscoli e guarda già allo sciopero generale. Consapevole degli occhi puntati da Firenze, il numero uno di corso d’Italia è partita in quarta attaccando il presidente del Consiglio, colpevole di aver “usato toni non rispettosi di questa piazza”, e il finanziere Davide Serra, “che si permette di dire che bisogna intervenire sul diritto di sciopero”. “Noi - ha dichiarato la Camusso- non deleghiamo a nessuno il tema del lavoro. A chi è ossessionato dal numero 80 (i bonus, ndr) rispondiamo dicendo che noi siamo ossessionati dalle percentuali di disoccupazione. Bisogna fare delle scelte, questa piazza è di chi ama il lavoro, di chi lo soffre e di chi lo cura. Senza lavoro buono, con diritti, salario e certezza del futuro, si arretra”. Poi, la leader Cgil ha attaccato anche la Legge di Stabilità, che “continua a essere costruita con qualche bonus in più ma che non basta. Troppo comodo non guardare a dove si annidano la corruzione e l'evasione. Ci scontriamo con un governo che, per uscire dalla crisi, pensa sempre alla via più bassa. Non va bene che il premier dica all'Ue le cose che poi non fa in Italia. Oltre ai migliaia di lavoratori, giù dal palco c’era anche quella parte del Partito democratico che non si riconosce nelle scelte di Matteo Renzi, e che con l’adesione alla manifestazione ha sancito una rottura difficile da risanare. Dietro allo striscione dei poligrafici dell’Unità, infatti, hanno sfilato Stefano Fassina, Pippo Civati e Gianni Cuperlo, uniti contro quelle che definiscono “politiche sbagliate”. Per Cuperlo “questa piazza va ascoltata. Mi auguro che in Parlamento ci siano le condizioni e la volontà per migliorare la delega sul lavoro”. Insieme a loro c’erano vecchi volti come Sergio Cofferati, Cesare Damiano e Rosy Bindi, rea di aver definito la kermesse toscana come una “contromanifestazione imbarazzante” e protagonista di uno scontro in diretta su Skytg24 con Debora Serracchiani, in collegamento dalla Leopolda. Grande assente, invece, Pierluigi Bersani e altri componenti del suo gruppo, che pur avendo firmato documenti di sostegno a quella piazza, hanno deciso di non partecipare. Critico nei confronti della manifestazione è stato il leader di Confindustria Giorgio Squinzi: “Se la Cgil ha assunto questa decisione –ha dichiarato il numero uno degli industriali-, lo ha fatto per ragioni sue e noi non esprimiamo giudizi. Questo, però, non è il momento degli scontri. Sarebbe il momento di unire le forze”, ha concluso. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Domenica 26 ottobre 2014 Attualità ALLARME DELLA CGIA: AZIENDE ITALIANE LE PIÙ TARTASSATE D’EUROPA. TRA FISCO, CONTRIBUTI E BUROCRAZIA VIA 248,8 MILIARDI L’ANNO La mannaia delle tasse sulle imprese di Giuseppe Giuffrida scattare l’ultima impietosa fotografia sul peso fiscale che grava sulle imprese italiane è la Cgia di Mestre, che rileva infatti come tra tasse, contributi previdenziali e burocrazia, le società del Belpaese sopportano un costo annuo di 248,8 miliardi di euro. Analizzando in particolare lo studio, emerge come le aziende nostrane annualmente sborsano al fisco la bellezza di oltre 110 miliardi di euro. Somma a cui mancano, però, alcune tasse “minori”, come il prelievo comunale sugli immobili strumentali e altri tributi locali. Numeri, questi, che integrano dunque l’esorbitante cifra di altri 12,5 miliardi l’anno. Se poi aggiungiamo i circa 95 miliardi di euro per i contributi a carico delle imprese versati per la copertura previdenziale dei propri dipendenti, arriviamo alla bellezza di 217,8 miliardi di euro. Ma non basta. Per completare l’elenco dei pesi fiscali bisogna aggiungere infatti quei 31 miliardi di euro che, secondo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono i costi amministrativi che le Pmi italiane patiscono A ogni anno per districarsi tra timbri, certificati, formulari, bolli, moduli e pratiche varie. In tal modo, l’ammontare complessivo del carico fiscale e burocratico sale a 248,8 miliardi di euro. Numeri da capogiro che, come rileva il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, non possono essere paragonati a nessun altro Paese d’Europa. “Nonostante la giustizia civile sia lentissima –spiega ancora Bortolussi-, il credito sia concesso con il contagocce, la burocrazia abbia raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione rimanga la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registri dei ritardi spaventosi, la fedeltà fiscale delle nostre imprese è massima”. Secondo quanto emerso dai calcoli della Cgia, se disaggreghiamo la voce tasse, scopriamo che l’imposta che produce il maggior beneficio per le casse dello Stato è l’Ires: l’imposta sui redditi delle società garantisce infatti all’Erario quasi 33 miliardi di euro all’anno. Guardando all’Irpef versata dai lavoratori autonomi, questa pesa invece ben 26,9 miliardi, mentre l’Irap in capo alle imprese private “garantisce” un gettito di 24,4 miliardi di euro. Infine, gli autonomi versano per i contributi previdenziali altri 23,6 miliardi di euro. “Al nostro sistema delle Piccole e medie imprese –conclude Bortolussi- la burocrazia costa quasi 31 mld; numeri che corrispondono a circa 2 punti di Pil: una cifra raccapricciante. Di fatto la burocrazia è diventata una tassa occulta che sta soffocando il mondo delle Pmi”. NEL 2014 PIL IN CALO DELLO 0,2% Rating, Fitch non si sbilancia: confermato “BBB+” all’Italia essuna manifestazione di entusiasmo dall’agenzia di rating Fitch, che infatti conferma per l’Italia il “BBB+” già dato in passato. Pur registrando un outlook stabile, l’agenzia vede per il nostro Paese prospettive di crescita deboli, con un Pil in calo dello 0,2% nel 2014 e una disoccupazione ferma al 12% fino al 2016. “Il Pil è vicino ai livelli del 2000 e il 9% al di sotto del suo picco del 2008”, si legge in una nota. Notizie tutt’altro che positive anche sul fronte del debito, per cui Fitch pronostica un picco al 134% del Pil nel 2015 e un livello sopra il 20% fino al 2020. L’unico dato positivo riguarda, manco a dirlo, gli istituti di credito, che infatti nel 2014 hanno rafforzato i livelli di capitale approfittando delle buone condizioni del mercato. Nell’analizzare l’operato del governo Renzi, l’agenzia continua ad usare il condizionale, sottolineando anzi come nell’attuazione delle Riforme strutturali “ci sono rischi politici”. Confermato inoltre il rating “BBB+” anche per la Spagna, che a differenza del nostro Paese potrà godere però di un Pil in crescita dell’1,3% nel 2014 e dell’1,7% nel 2015. G.G. N COLPO DI MANO DELLA SOCIETÀ PRIMA DEL TAVOLO TECNICO DI LUNEDÌ Meridiana chiude ai sindacati: al via la procedura di mobilità N on lascia ben sperare la trattativa tra i sindacati e i vertici di Meridiana per scongiurare la procedura di mobilità per 1634 persone. Al termine dell’ennesimo incontro tenutosi al ministero del Lavoro, infatti, un comunicato della compagnia aerea sarda ha, di fatto, spazzato via ogni apertura al dialogo, dichiarando appunto che “la trattativa può considerarsi chiusa”. Alla base di un tira e molla finito nel peggiore dei modi, c’è la fusione completa di Meridiana e della sua controllata AirItaly e la creazione di una lista unica del personale, così da bloccare il trasferimento delle attività dalla compagnia storica a quella acquisita di recente, e creare dunque una lista unica di esuberi. Punti, questi, su cui però l’ammi- nistratore delegato della società si era detto a chiare lettere “irremovibile”. Una ipotesi risolutiva era emersa martedì scorso con un documento che prevedeva il rinvio dei licenziamenti annunciati dall’azienda, facendo scattare la procedura di mobilità soltanto per i 90 che hanno quasi raggiunto l’età delle pensione. Per i volontari, invece, si prevedeva un assegno di diecimila euro come incentivo per la fuoriuscita. Punti su cui i sindacati sembravano disposti a dialogare, a patto che venisse comunque accolta la proposta di fusione completa di Meridiana e AirItaly. L’ultimo faccia a faccia in presenza del ministro del Lavoro Poletti si è tenuto venerdì mattina. Di comune accordo, le parti avevano deciso di posti- cipare il tutto a lunedì 27 in modo da poter compiere ulteriori approfondimenti e tentare, così, di arrivare ad un patto definitivo. Tuttavia, come un fulmine a ciel sereno è piombato sulle teste dei migliaia di lavoratori la scelta della società di mandare all’aria il tutto e proseguire sulla strada dei licenziamenti. Una mossa che evidentemente ha suscitato l’ira dei sindacati, convinti che “una vertenza con al centro 1.600 licenziamenti ha bisogno di trovare soluzioni e non di colpi di testa”. Durissimo anche il ministero del Lavoro, in un certo senso tradito dalla società sarda: “La scelta dell’azienda –si legge ancora in un comunicato- di comunicare fuori dal tavolo del confronto la decisione di considerare conclusa la fase di tregua è un errore grave e un atto che rischia di compromettere i significativi passi in avanti compiuti nel corso del confronto”. Intanto, gli esposti presentati dai dipendenti di Meridiana alla Guardia di finanza relativamente al travaso di attività verso la controllata AirItaly non sono stati accantonati, e anzi la procura di Tempio ha aperto un’inchiesta. Al momento non ci sono indagati ma diversi assistenti di volo sono già stati interrogati. G.G. COSTRUITA DA FINCANTIERI, È L’AMMIRAGLIA DELLA COMPAGNIA CROCIERISTICA Costa riparte da Diadema, la nuova regina del mare iornata di festa, ieri, per Costa Crociere, che a Porto Marghera ha presentato al pubblico la “Costa Diadema”, ultimo acquisto della compagnia crocieristica. Costruita da Fincantieri, con i suoi 306 metri di lunghezza e 37,2 di larghezza, la Diadema è la nuova ammiraglia della società genovese in capo al colosso americano Carnival. Proprio da questo gioiello del mare, pesante 132.500 tonnellate e capace di trasportare 4947 passeggeri, la Costa riparte dopo il terribile naufragio della Concordia a gennaio 2012, costato la vita a 32 persone. In attesa del varo ufficiale fissato a Genova il 7 novembre, la Diadema si presenta come una vera e propria città galleggiante, dotata di quindici G ponti e il massimo della tecnologia a disposizione. Una nuova eccellenza nel mondo navale costato oltre 550 milioni di euro e che ha impegnato, per oltre due anni, centinaia di imprese per una stima di 3.500 lavoratori in totale. Per l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, “quasi nessuno avrebbe creduto sarebbe stato possibile costruire una nave così grande a Marghera”, ricordando che “per realizzarla sono stati investiti circa 20 milioni di euro nel cantiere di Marghera.” L’ammiraglia più grande d’Italia avrà come base Savona a partire dal gennaio 2015, anche se l’amministratore delegato di Costa, Micheal Thamm non nega interesse anche per il porto di La Spezia. Al momento, sembra tramontata l’ipotesi Venezia. “Noi di Costa siamo persone educate e non bussiamo alla porta di chi non ci invita –dichiara stizzito Thamm-. Nessuno ci ha chiesto di venire a Venezia con la Diadema e noi non chiediamo di venire a Venezia”. Sullo sfondo, rimane sempre la polemica sui transiti delle grandi navi davanti a San Marco, per cui scatterà lo stop nel 2015. In tal senso, il ceo di Costa chiarisce: “Non vogliamo danneggiare Venezia perché è un bene mondiale e la città deve essere protetta. Sono sicuro che l’Italia e la città sapranno trovare soluzioni alternative al transito di queste navi. Per le quali tutti noi siamo pronti a dare un contributo”, ha concluso. G.G. 4 Domenica 26 ottobre 2014 Attualità DALLA DIOCESI DI ANAGNI IL DIVIE T O A PART E CIPARE AD UN INCONT RO DI PRE GHIE RA A F IUGGI CON UNA DE L L E VE GGE NT I Vescovo contro Medjugorje. Ed è polemica Una lettera di Loppa (ieri irrintracciabile) ai sacerdoti per ricordare che le “presunte apparizioni e rivelazioni” sono ancora in fase di discernimento, ma molti fedeli protestano Lorenzo Loppa, vescovo di Anagni-Alatri di Igor Traboni ietato partecipare a incontri di preghiera legati ai “fenomeni di Medjugorje”. Divieto che riguarda sia fedeli che ovviamente il clero, visto che arriva da un vescovo. Così ha stabilito Lorenzo Loppa, vescovo di Anagni-Alatri, diocesi nel cuore della Ciociaria, tanto storica perché Anagni è per antonomasia la ‘città dei Papi’, quanto piccola per esten- V sione e numero di sacerdoti, tanto che da tempo si rincorrono voci di un suo accorpamento con Frosinone, decisione che a suo tempo venne ‘sventata’ da Francesco Lambiasi, ora arcivescovo a Rimini, prima di lasciare il posto nel 2002 proprio a Loppa. Nel territorio della diocesi ricade anche Fiuggi, dove l’8 novembre si terrà un incontro con Vicka, una delle veggenti di Medjugorje. Ma la circolare inviata dal vescovo Loppa parla chiaro: “Non partecipare e se fosse possibile annullare un incontro di preghiera con la signora Vicka Ivankovic”. Il Vescovo ciociaro ricorda che “per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni, la Congregazione per la Dottrina della Fede sta continuando l’esame degli aspetti dottrinali e disciplinari dei fatti di Medjugorje. Fino ad ogni ulteriore disposizione da parte della Santa Sede, ci si deve attenere a ciò che è già stato stabilito dai vescovi della ex Jugoslavia nella dichiarazione di Zara del 10 aprile 1991″, che stabilisce: “Sulla base delle ricerche finora compiute, non è possibile affermare che si tratti di apparizioni o di rivelazioni soprannaturali. Per questo non è consentito al clero e ai fedeli di nessuna Diocesi partecipare a incontri, conferenze o celebrazioni pubbliche per evitare confusione e scandalo”. I parrochi vengono quindi sollecitati a “rendere pubblica la proibizione di partecipare a tali riunioni e la dissociazione da simili iniziative, che destano sconcerto nei fedeli e non manifestano la comunione con il Vescovo”. C’è però un altro aspetto: il Vescovo Loppa compare nella locandina che pubblicizza l’evento di Fiuggi, per cui Il Giornale d’Italia ha cercato di contattarlo per tutta la giornata di ieri, ma vanamente: dal centralino dell’Episcopio ci è stato ripetuto che era fuori e non rintracciabile (e neanche ab- biamo motivo di dubitarne, considerata la solita disponibilità di questo 67enne vescovo dai modi assai affabili). Mentre diverse voci dall’ambito cattolico si sollevano a difesa del ‘fenomeno Medjugorje’ e condannano la presa di posizione di Loppa (dal l monito viene da qualcuno che ogni giorno è in prima fila per garantire la legalità nel nostro paese, qualcuno che non dirime sulla Mafia solo a parole, ma soprattutto con i fatti. A parlare è il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, presente a un incontro a Perugia con circa 300 studenti delle scuole superiori dell’Umbria. Non solo le mafie cercheranno di essere presenti negli appalti di Expo 2015 “per guadagnare” ma faranno di tutto affinchè “per loro sia una vetrina”. Per Gratteri è un’occasione “di prestigio per le famiglie di ndrangheta e camorra. Raffaele Cantone- aggiunge il pm- sta facendo un grande lavoro ma ci saranno tantissimi cantieri e subappalti e quindi praticamente impossibile controllare centimetro per centimetro. Speriamo - ha concluso il magistrato che la presenza delle mafie sia minore possibile”. I L’intervento perugino di Gratteri si colloca all’interno di un incontro sul tema “Legalità e riforma della giustizia” promosso dalla Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome presieduta da Eros Brega. Sullo stesso tema era intervenuto qualche giorno fa Raffaele Cantone, presidente dell’anticorruzione: “Noi stiamo facendo controlli approfonditi per tutti gli appalti dal 24 giugno in poi. I nostri controlli non sono sicuramente in grado di evitare fenomeni di corruzione, ma la rendono complicata. Quelle che sono emerse sono vicende precedenti che hanno anche loro una marginalità, che hanno avuto un grosso impatto mediatico. Ci sono stati problemi, l’ultima indagine ha riguardato un altro vertice: problemi sintomatici dei rapporti fra sistemi manageriali e imprese. Noi ci auguriamo di aver fatto il possibile”. F.Ce. telefonicamente e mentre si trovava lontano da Anagni – non avrebbe compreso di cosa effettivamente si trattasse, dando quindi una generica disponibilità ad intervenire, come in effetti fa per molti altri incontri, non solo religiosi. PARLA L’ORGANIZZATORE DELL’EVENTO “Nessuno può impedirci di pregare. Il biglietto?Abbiamo tante spese” Franco Di Giulio è l’organizzatore dell’incontro di Fiuggi, l’8 e il 9 novembre prossimi, con Vicka, una delle veggenti di Medjugorje. Signor Di Giulio, alla luce della proibizione del Vescovo Loppa, terrete comunque questo incontro? “Certo. L’incontro si terrà lo stesso. Nessuno può proibire a tante gente di vedersi per pregare”. Scusi, ma non è un divieto che arriva da una persona qualsiasi: lo dice un Vescovo… “Noi andremo a Fiuggi per pregare”. Ma voi, monsignor Loppa lo avete sentito per chiedergli di partecipare? “Sì, certo. Gli siamo stati dietro per diverso tempo perché era fuori Anagni, poi ci ha dato la disponibilità a venire a Fiuggi per un saluto all’incontro”. E così avete messo anche il nome del Vescovo Loppa sulle locandine, distribuite in tutto il Lazio, per pubblicizzare l’evento… “Abbiamo chiesto anche questo a Loppa e ha detto che andava bene, solo di non mettere la sua foto”. Ma adesso lo avete risentito per chiedergli il perché di questa decisione? “No, non lo abbiamo sentito. In realtà è lui che dovrebbe spiegarci il perché di questa marcia indietro”. IL PM GRATTERI LANCIA L’ALLARME Si scrive Expo 2015: si legge mafia? giornalista Paolo Brosio al sito internet La Nuova Bussola Quotidiana), da Anagni raccogliamo solo l’indiscrezione di un possibile ‘difetto di comunicazione’: a suo tempo, realmente contattato dagli organizzatori dell’incontro di Fiuggi, il vescovo Loppa – E lei, come se lo spiega? “Io non riesco proprio a spiegarmelo. Mi sembra una cosa talmente assurda. Tra l’altro, a febbraio c’era stato un altro incontro, sempre a Fiuggi, con un’altra veggente, e allora nessuno ha detto niente”. Avete previsto anche l’intervento del Vescovo di Palestrina, Sigalini, per celebrare la Messa. Verrà? “Non lo so, anche se a questo punto credo di no. Ma se vuole venire, è chiaramente il benvenuto, noi saremo a Fiuggi per pregare”. Avete fatto una previsione della gente che verrà? “Almeno quattromila persone”. A molti sta dando fastidio il fatto che però si paghi per entrare al palasport. Sulle locandine c’è scritto chiaramente: biglietto 10 euro. Ma se, come dice lei, è un incontro di preghiera, perché si paga? “Abbiamo molte spese. Solo l’affitto del palasport costa 12-13mila euro più Iva. Poi ci sono alberghi e ristoranti e spese di trasferimento per gli ospiti e altre ancora. E poi abbiamo anche scritto che quello che eventualmente avanzerà andrà in beneficenza per la costruzione di una chiesa vicino Medjugorje”. Ig.Tr. 5 Domenica 26 ottobre 2014 Esteri VIGILIA INFUOCATA NEL PAESE CHE VA ALLE URNE CON UN CONFLITTO IN CASA Le tensioni della guerra sul voto ucraino Sequestrato ed aggredito un attivista per i diritti umani: e va in scena il solito scambio di accuse tra Kiev e Mosca. Il caos è dietro l’angolo OGGI LE ELEZIONI PRESIDENZIALI di Giuliano Castellino In Brasile tiene banco lo scandalo Petrobras stata una vigilia tesa per le elezioni ucraine, con un candidato indipendente aggredito e il governo che accusa la Russia di volersi intromettere nel processo elettorale. Tutto ciò in un quadro che resta dominato dalla guerra nel sud-est del paese e dalle tensioni internazionali. D’altronde Kiev, dopo il golpe filo occidentale deve fare i conti con una crisi economica durissima. Ed ecco che ogni cosa che succede viene accusata Mosca. Oleg Boiko, attivista per i diritti umani, è stato bloccato nottetempo da sconosciuti armati di pistola, che dopo averlo malmenato gli hanno intimato di ritirare la propria candidatura. Pur non riferendosi al caso specifico, il premier uscente, Arseny Yatsenyuk, accusa la Russia di aver mantenuto alto il proprio livello di ingerenza e di disturbo: “È evidente che ci sono provocazioni da parte russa e che questo continuerà. Non sono riusciti a sabotare le elezioni presidenziali, ma ci hanno provato e non hanno rinunciato ai loro piani”, ha detto. Dal canto suo il Cremlino, attualmente sotto embargo internazionale per via del ruolo che è accusata di avere nel conflitto in Ucraina orientale, mantiene sì una capacità di condizionamento economico e politico, ma il vero consenso, anche elettorale ce l’ha nelle regioni russofone. cchi puntati sul Brasile: il più grande Paese del Sud America, oggi, sceglie il suo nuovo presidente e in molti legano anche il risultato odierno ad un possibile riassestamento dei “Brics” nell’ambito di quel mondo multipolare che da più parti viene indicato come unico argine al “caos controllato” cui una regia occulta pare aver dato il via negli ultimi mesi in tutto il mondo. A dominare le ultime fasi della campagna elettorale per il ballottaggio è stato il presunto scandalo corruzione che ha coinvolto il gruppo petrolifero statale Petrobras. Il dibattito televisivo del venerdì tra Dilma Rousseff e il suo rivale Aecio Neves, alla vigilia del secondo turno delle presidenziali, è stato seguito da decine di milioni di telespettatori. Lo sfidante Neves ha rilanciato le accuse rivolte poche ore prima all’attuale capo di Stato dal settimanale Veja, secondo il quale la presidente uscente era a conoscenza, così come il suo predecessore Lula, del vasto sistema di corruzione politica in seno a Petrobras. “Si tratta di pure calunnie, di diffamazione”, si è difesa Rousseff, denunciando “un colpo elettorale” e un tentativo di manipolare gli elettori. “Andrò a difendermi in tribunale e sono fiduciosa che il popolo brasiliano mostrerà la sua indignazione rifiutando il vostro programma che rappresenta un ritorno al passato per il Brasile”, ha anzi contrattaccato stizzita Dilma Rousseff. È d’altronde lei, secondo gli ultimi sondaggi, a risultare in vantaggio con uno scarto tra i sei e gli otto punti di vantaggio nei confronti del Partito socialdemocratico brasiliano (Psdb): per Datafolha, Rousseff può contare sul 53% delle intenzioni di voto, contro il 47% del suo rivale; per l’istituto Ibope, invece, la presidente uscente è accreditata del 54% delle preferenze, contro il 46% di Neves. Valter Brogino O È “Noi ci auguriamo che le elezioni si tengano nel rispetto dei principi e delle norme democratiche, e l’Ucraina vedrà l’inizio di una graduale stabilizzazione politica. Speriamo anche che il nuovo Parlamento ucraino sia in grado di creare le condizioni per rilanciare la nostra cooperazione attraverso le strutture parlamentari”, si è limitato a dire un portavoce del Ministero degli Esteri Sergej Lavrov. Gli ultimi sondaggi indicano un’ondata filooccidentale, con il blocco del presidente Poroshenko largamente in testa, seguito dal partito radicale e dal movimento del premier Yatsenyuk, mentre fatica a superare la soglia di sbarramento il partito di Yulia Timoshenko. Intanto è di ieri la notizia che Mosca ha aiutato il deposto presidente ucraino Viktor Ianukovich a fuggire da Kiev. Ianukovich si è rifugiato in Russia a febbraio, andando prima da Karchov in Crimea e poi nella regione russa di Rostov sul Don. Lo ha affermato Vladimir Putin in una conferenza a Sochi precisando che fu l’ex presidente a chiedere al Cremlino di essere aiutato. Continua la strategia di Mosca: aiutare i suoi amici, lasciare bollire nella loro pentola gli atlantici ed i suoi servi e aprire ad est. MEDIO ORIENTE SENZA PACE E CI RIMETTE LA STRISCIA DI GAZA NERVI A FIOR DI PELLE TRA L’IRAN E LA TURCHIA Sinai nuova trincea d’Egitto: scocca l’ora del coprifuoco La morte di Serena Shrim diventa un caso diplomatico I gruppi jihadisti attivi nella penisola hanno inferto pesanti perdite negli ultimi giorni all'esercito La giornalista stava seguendo da vicino le infiltrazioni dei seguaci dell’Isis verso Kobane attraverso il confine: è stata travolta da un tir “fantasma” di Robert Vignola n nemico invisibile che sta facendo contare i morti a decine. È quello rappresentato dai gruppi jihadisti attivi nella penisola del Sinai, i cui attacchi hanno messo a dura prova le difese dell‘esercito egiziano, nuovamente colpito nelle ultime ore da un attacco kamikaze contro un checkpoint a Sheikh Zowayyed, nel nord-est del Paese. Il presidente Al-Sisi ha così imposto lo stato d’emergenza al nord e al centro della penisola del Sinai e il coprifuoco notturno per tre mesi. D’altronde, con questo attacco sale a 30 il bilancio dei morti nei tre attentati contro le forze armate egiziane. Uomini armati avevano ucciso nei giorni scorsi un ufficiale, e ferito due soldati, in un altro posto di blocco a El-Arish sempre nel nord della penisola. I jihadisti del Sinai si sono fatti vedere a più riprese sin dal rovesciamento di Morsi per vendicare le azioni che la polizia aveva eseguito contro i suoi sostenitori. Secondo le autorità egiziane dietro alle esplosioni U ci sarebbe il gruppo jihadista Ansar Beit el Maqqis, che torna a farsi sentire con l’approssimarsi delle elezioni, la cui data comunque non è ancora stata decisa. Nonostante alcune sporadiche vittorie, qualche morto e condanna a morte da parte del tribunale militare egiziano, l’esercito non è ancora riuscito a schiacciare il gruppo islamista attivo sin dall’agosto 2013. La novità è che il decreto presidenziale di Al-Sisi punta anche alla nuova chiusura del valico di Rafah nella Striscia di Gaza, l’unica strada nel territorio palestinese non controllato da Israele. Una misura che Il Cairo ritiene ormai obbligatoria, ma che finisce paradossalmente per far pagare il prezzo più alto proprio ai già martoriato abitanti della Striscia. Chissà perché, a fare la spese dei “fondamentalisti” finiscono sempre per essere loro… “L’esercito e la polizia prenderanno tutte le misure necessarie per affrontare i pericoli del terrorismo e il suo finanziamento, per preservare la sicurezza della regione e proteggere la vita dei cittadini”, si legge comunque nel decreto presidenziale. Che ha, si badi bene, avuto parole di solidarietà da parte degli Stati Uniti, dell’Ue e della Lega Araba. Ma proprio il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, dopo aver tenuto una drammatica riunione con il Consiglio supremo delle forze armate, ha parlato di “sostegno straniero agli attentati per colpire il volere del popolo e dell'esercito. Da prima del 3 luglio 2013, potevamo scegliere: o la popolazione o l'esercito avrebbero dovuto affrontare il terrorismo. Abbiamo scelto che sarebbe stato l’esercito a portare avanti questo impegno”, ha detto Al-Sisi. “Ci sono tentativi mirati a dividere la popolazione dall'esercito, ma non ci riuscirà nessuno“, ha anche assicurato, citando poi i successi già ottenuti contro il terrorismo in Egitto. Intanto un bambino di 7 anni è morto, colpito da un proiettile alla testa, durante gli scontri tra i partecipanti a un corteo di Fratelli musulmani e gli abitanti del quartiere di Matarya, a nordest del Cairo, che si oppongono alla loro presenza. La situazione, insomma, resta incandescente. di Bruno Rossi ischia di diventare un caso diplomatico nella già incandescente situazione mediorientale la morte di Serena Shim, giornalista della Press Tv iraniana in Turchia, morta lunedì in un drammatico incidente stradale, a pochi metri dal confine con la Siria. L'americana di origini libanesi, madre di due figli, stava tornando in albergo dopo aver concluso un servizio da Suruc, nella provincia turca di Sanliurfa, per raccontare il dramma di Kobane, città curda della Siria, assediata dai terroristi dell’Isis. L’auto sulla quale viaggiava con il suo operatore, che è rimasto gravemente ferito ma non sarebbe in pericolo di vita, è stata travolta da un tir. Un tir "fanstasma": non si sa chi fosse alla guida, né il tipo di camion. E anche la dinamica è incomprensibile: si sa solo di un’auto distrutta e del cadavere al suo interno. A fare accendere i fari sulla strana morte di Serena, un suo messaggio inviato dalla giovane R venerdì scorso: come si legge sul sito web di Press Tv, la giornalista aveva riferito di essere stata “accusata dall’intelligence turca di spionaggio probabilmente a causa di alcuni lavori riguardo la posizione della Turchia rispetto ai miliziani dello Stato islamico a Kobane e nei dintorni”. D’altronde, era su una delle trincee più calde del globo proprio per seguire la faccenda dell’ingresso dei terroristi in Siria attraverso il territorio turco. Diceva di essere in possesso di documenti per mostrare che i militanti takfiri (entravano in Siria a bordo dei camion dell’Oms e delle Ong turche. Per questo temeva per la sua vita. Tutto ciò ha fatto sollevare l’indignazione dell’Iran, del quale invece si parla sulla stampa occidentale, stranamente, soltanto per un caso di condanna a morte. Teheran invece sta puntando con forza il dito contro la Turchia per la morte della giornalista, che lavorava per un’emittente iraniana. Ad accusare Ankara è stato proprio il direttore di 'Press Tv', Hamid Reza Emadi: “La sua morte è molto sospetta ed è probabile che sia il risultato delle sue notizie sull'impatto delle politiche della Turchia e dell'Arabia Saudita sui rifugiati siriani”, ha affermato Emadi. Che ha reso noto un altro agghiacciante particolare: Serena Shim, due giorni prima dell'incidente, aveva chiamato il suo caporedattore per denunciare costanti molestie da parte delle forze di sicurezza turche che la accusavano di essere una spia. Il governatore della provincia turca in cui è avvenuto l’incidente ha d’altra parte sottolineato che si tratta di accuse “completamente infondate nei confronti di uno Stato di diritto”. 6 Domenica 26 ottobre 2014 Storia MIGLIAIA DI MORTI, ORRORE E DEVASTAZIONE: LA GRANDE GUERRA CONTINUA, LA SUA FINE È SEMPRE PIÙ LONTANA Ottobre 1914: il sangue versato a Ypres/14 La "Kindermon", il "Massacro degli Innocenti": migliaia di soldati tedeschi erano giovani studenti universitari di Emma Moriconi l 21 ottobre 1914 iniziò la battaglia di Ypres. Lì si erano ricoverate le unità di cavalleria inglesi e francesi. "Su entrambi i fronti - scrive Martin Gilbert - si cominciò a scavare trincee, collegandole l'una all'altra in modo da formare una linea continua e dotandole di nidi per mitragliatrici, di rifugi, di camminamenti che conducevano fino alle retrovie e di cunicoli sotterranei che si spingevano nelle immediate vicinanze della linea nemica". I tedeschi si assestarono nei dintorni di Menin e Roulers, con l'intento di aprirsi il varco verso il mar del Nord e la costa della Manica: il che avrebbe significato rendere vulnerabile anche la Gran Bretagna. Iniziò così la prima battaglia in quella zona, che sarà protagonista di numerosi scontri tra gli eserciti contendenti nel corso dei successivi anni. Per ostacolare il passaggio dei tedeschi, i belgi inondarono le campagne, al fine di creare una sorta di "laguna artificiale" lunga tra 28 e 33 km, larga tra 2,5 e 4 km, profonda circa un metro. Due giorni dopo l'inizio della battaglia, il terreno brulicava di cadaveri: millecinquecento furono i soldati tedeschi che morirono in quelle 48 ore di orrore. Le granate tedesche, intanto, sterminavano gli Alleati. Il 26 ottobre il contingente indiano lanciò la sua prima offensiva sul fronte occidentale. Al centro di un fuoco incrociato si I venne a trovare il villaggio di Kruiseecke: esso era nelle mani dei britannici, ma l'artiglieria inglese continuò a bombardando ignorandone le sorti. Da parte sua, anche la Germania lo tenne contemporaneamente sotto il tiro dei suoi cannoni. Il 29 ottobre l'Impero Ottomano scese in guerra al fianco della Germania. A Geluveld gli scontri infuriarono per tre giorni, in una giornata sola caddero 349 tedeschi. Tra i sopravvissuti "per miracolo" c'era un giovane soldato, incaricato di fare la staffetta portaordini, che si chiamava Adolf Hitler. Geluveld passò in mano agli uni e agli altri a fasi alterne, per finire in mano ai britannici. A prezzo di tantissimi morti. "Ci fu un momento della battaglia - scrive ancora Gilbert - in cui un battaglione inglese ebbe la sensazione di veder avanzare nella nebbia e nel fumo un'ondata di truppe nemiche. Per qualche istante sembrò che le figure grigie sostassero. Poi, quando l'aria si rischiarò, si vide che non di attaccanti si trattava, bensì di una fila di tedeschi morti, distesi sul terreno". Alla fine della battaglia di Ypres, nonostante entrambi gli schieramenti fossero a corto di munizioni, cinquemila soldati inglesi ed altrettanti tedeschi avevano spezzato la loro gioventù sul campo di guerra. Così si concluse la prima battaglia di Ypres, che fu anche l'ultima grande battaglia del 1914: una montagna di morti, una battaglia colossale che si concluse con un nulla di fatto. "Per i tedeschi - scrive ancora Gilbert - la strada verso Calais era sbarrata. Gli inglesi erano attestati a Ypres, i tedeschi a Menin, e premevano su Ypres da tre lati, bombardandola con l'artiglieria nella vana speranza di costringere gli avversari ad abbandonarla. Su entrambi i fronti si cominciarono a scavare trincee lungo la linea del fuoco, con camminamenti, rifugi e casematte. Dal Mare del Nord alle Alpi, fra uno schieramento e l'altro si estendeva la terra di nessuno, martoriata dalle granate e continuamente contesa. Entrambi gli eserciti erano sostenuti da un'artiglieria sempre più potente, la cui capacità distruttiva era limitata solo dalla scarsità di munizioni". Ypres era estremamente strategico: se i tedeschi fossero riusciti ad espugnarla, avrebbero impedito ogni possibilità di ritirata inglese verso la Manica. La necessità per i primi di conquistarla e per i secondi di mantenerne il controllo fu la ragione delle immani perdite umane: molti di quei soldati tedeschi erano giovani studenti universitari e avevano poco più di vent'anni. Per questa ragione la battaglia venne definita anche con l'appellativo di "massacro degli innocenti", in tedesco "Kindermord von Ypres". Nei reparti inglesi furono arruolati tutti gli uomini disponibili: persino i cuochi e gli attendenti. Una battaglia in cui per la prima volta il Kaiser si presentò nelle Fiandre, con la speranza di entrare a Ypres in trionfo. Una speranza evidentemente vana. Ypres vedrà altro sangue scorrere nel corso della Grande Guerra. Su quelle piccole alture, delle quali nessuna supera i 60 metri di altitudine, aleggia ancora lo spettro dell'immenso orrore di quei giorni di cento anni fa. Una devastazione che, però, non servì evidentemente da lezione a nessuno. MONUMENTI E COMMEMORAZIONI DEI CADUTI Il Silenzio del Memorial di Porta Menin di Cristina Di Giorgi I l saliente di Ypres. Ovvero la sporgenza di roccia che, nel campo di battaglia nei pressi della cittadina delle Fiandre occidentali, esponeva i militari schierati all'assalto del nemico. Il luogo è stato teatro, durante la Grande Guerra, di diversi scontri assai cruenti tra le truppe contrapposte: inglesi da un lato e tedeschi dall'altro, che si affrontarono senza risparmiarsi. L'insediamento cittadino, che si trovava proprio al centro della prima linea, venne quasi totalmente distrutto e circa 300mila soldati persero la vita. Soldati che ancora oggi sono ricordati da cimiteri, monumenti ai caduti, bunker e musei della guerra situati nel territorio intorno alla città. Tra essi il Langemark e il Tyne Cot, i cimiteri di guerra rispettivamente tedesco e inglese. Particolarmente suggestiva è poi la Porta Menin (da cui si diparte la strada che va in direzione della cittadina vicina; una via su cui si ritiene siano passati i soldati che andavano a morire al fronte: in realtà è stata scelta come luogo di memoria, sostengono altri studiosi – in quanto era il punto più vicino al campo di battaglia), un arco commemorativo situato presso l'uscita orientale della città su cui sono incisi i nomi di 54.896 soldati britannici e del Commonwealth, caduti nel saliente di Ypres tra l'ottobre 1914 e la metà di agosto del 1917. Un memoriale in ricordo di soldati i cui corpi vennero sepolti in fosse comuni e mai recuperati. Progettato da sir Reginald Blomfield, il “Menin gate memorial” è stato inaugurato il 24 luglio del 1927. L'iscrizione all'interno dell'arco recita: “A maggior gloria di Dio. Qui sono registrati i nomi degli ufficiali e soldati caduti nel Saliente di Ypres, ai quali la fortuna di guerra ha negato la nota e onorata sepoltura data ai loro compagni nella morte”. Sul lato opposto dell'arco, un'altra evocativa incisione: “Essi ne riceveranno una corona di gloria che non appassisce”. Dal 1928 ogni sera alle ven- ti, intorno all'imponente struttura del Memoriale la circolazione si ferma in memoria delle vittime. Dopo un momento di raccoglimento, due trombettieri dei vigili del fuoco suonano il Silenzio. “Sono pagati – ricorda Martin Gilbert - con denaro proveniente da un fondo al quale ha contribuito con un lascito anche Ruyard Kipling, il cui unico figlio è stato ucciso a Ypres”. Ancora oggi a volte capita che durante la costruzione, riparazione di strade o lavori nelle campagne circostanti la città, vengano ritrovati resti di soldati dispersi, ai quali vie- ne data degna sepoltura in uno dei cimiteri di guerra della zona. Se si riesce ad arrivare ad un'identificazione, il nome corrispondente viene rimosso dal Memoriale di Porta Menin. 7 Domenica 26 ottobre 2014 Da Roma e dal Lazio DOPO LO TSUNAMI CHE SI È ABBATTUTO SUL SINDACO, ALTRO FUOCO AMICO DAL PD IN PRIMA LINEA, DAVID SASSOLI #sloggiaMarino IL CASO “Tagliare i fondi ai gruppi consiliari comunali” E Storace tenta di svegliare il centrodestra: “Per la successione rinunci chi pensa alla politica nazionale, Roma è Roma va amata e basta. Non usatela più per i vostri sporchi affari” guerra aperta tra i democratici dopo lo tsunami politico che si è abbattuto sul sindaco Ignazio Marino, ad appena 18 mesi dal suo insediamento al Campidoglio. Un vero regolamento di conti. Tra i più agguerriti c’è l’europarlamentare David Sassoli, eletto a Bruxelles con ben 99mila preferenze, meglio di lui nella circoscrizione centrale del Pd solo la capolista Bonafè. “Ormai solo due romani su dieci approvano Marino. L’arroganza non è un sistema di governo”, ha twittato venerdì l’ex giornalista Rai, sconfitto dal primo cittadino alle primarie del 2013. Anche ieri, però, l’esponente del Pd è tornato ad attaccare il sindaco di Roma: “Senza idee non si governa”, ha scritto ancora su Twitter. Contattato telefonicamente dal “Giornale d’Italia”, l’europarlamentare ha evitato di mettere il dito nella piaga: “Ho detto quello che dovevo dire e scritto quello che dovevo. Non è utile tornarci su, vediamo cosa succede nei prossimi giorni”. Bon ton, quindi, dal compagno di partito del primo cittadino. Ci va giù duro anche il deputato democratico, Roberto Morassut: “Quanto accaduto in queste ore sul sondaggio antiMarino È dice ai romani una sola cosa: la classe dirigente del movimento democratico romano sembra dissolta e quel 40% di consenso a Roma si deve solo a Renzi”. Morassut ha denunciato, tra le tante cose, le divisioni interne al Pd romano. “Il movimento deve ripartire dalla politica - ha spiegato - quando si discuterà di questo e non più di ‘turchi’, ‘noi_dem’, ‘turborenziani’, ‘bersaniani’, ‘post dalemiani’ e altre baggianate simili vorrà dire che saremo guariti”. Mentre il Pd è lacerato dalle liti interne e dall’inadeguatezza di Marino, il centrodestra sembra aver perso la bussola e, di sondaggio in sondaggio, in linea con il trend nazionale, viene stimato sempre più al ribasso. A scuotere e risvegliare l’area politica romana, ci sta provando il leader de La Destra Francesco Storace che su Twitter ha lanciato l’hastag #sloggiaMarino: “Il sindaco di Roma deve liberare il campo e consentire ai cittadini della Capitale di scegliere una nuova e più seria amministrazione”, ha scritto l’ex Ministro della Salute sulla sua pagina Facebook, che ha aggiunto: “Lo inchiodano i sondaggi e il fuoco amico. In Campidoglio l’opposizione può mettere all’angolo il sindaco più disprezzato nella storia cittadina”. In caso di elezioni anticipate, chi sfiderà il centrosinistra romano? Storace non ha dubbi: “Per la successione sarà facile decidere: rinunci chi pensa alla politica nazionale, ad utilizzare Roma come trampolino di lancio per sé. Roma è Roma e va amata e basta. Non usatela più per i vostri sporchi affari”. Nel suo lungo post pubblicato su Facebook, il segretario nazionale de La Destra ha invitato a cliccare mi piace sulla pagina “A Roma la Persona: Storace” al seguente link “https://www.facebook.com/Storacesindaco?ref=hl”. Insomma: la campagna elettorale per il dopo Marino sembra essere già iniziata. Giuseppe Sarra Roma si utilizzano fondi attribuiti ai gruppi consiliari comunali per commissionare sondaggi nonostante il presidente del Consiglio dei ministri continui a sostenere di voler eliminare le risorse attribuite ai gruppi consiliari regionali. Per questo motivo il Vice Presidente del Consiglio Regionale e Capogruppo de La Destra, Francesco Storace, ha presentato una interrogazione urgente al Presidente della Giunta, Nicola Zingaretti, per sapere se ha in animo di erogare anche ai gruppi regionali fondi per commissionare sondaggi, ovvero se non ritenga invece molto più saggio voler invitare il Presidente del Consiglio dei ministri a tagliare i fondi dei gruppi comunali che, a quanto pare, possono A permettersi di sperperare risorse pubbliche per utilizzare sondaggi per faide interne. "Un recentissimo sondaggio - si legge nel l'interrogazione - conferma il fortissimo dissenso della capitale nei confronti del Sindaco Marino; questo sondaggio risulterebbe commissionato, senza alcuna smentita, dal capogruppo del Partito democratico in Campidoglio ed al pagamento dello stesso si sarebbe provveduto con fondi attribuiti al gruppo consiliare comunale. Riteniamo quindi necessario - conclude Storace - che il Presidente del Consiglio provveda ad un deciso taglio dei fondi a disposizione dei gruppi consiliari di Roma Capitale". Daniele Belli ANCORA SANGUE SULLE STRADE ITALIANE Strage sull’A1, morte sei persone A seguito del violento impatto hanno perso la vita cinque romeni e una bambina marocchina ncora sangue sulle strade italiane. Incidente mortale, intorno alle 5 di sabato mattina, sulla A1 Milano-Napoli nel tratto tra Valmontone e la diramazione Roma sud in direzione Firenze. Il sinistro è stato originato dal tamponamento di un furgoncino di tipo Van con nove persone a bordo e un autocarro leggero. Sono tutte di nazionalità romena (e non cinese come era stato comunicato in un primo momento) le vittime del terribile incidente stradale. Secondo quanto ricostruito dalla Polizia, il minibus Mercedes Sprinter con a bordo 8 persone di nazionalità romena A CULTURA ha violentemente tamponato un autocarro Ducato con a bordo una donna, un uomo e quattro bambini, con età compresa tra i dieci anni e i pochi mesi di vita, di origine marocchina. L’urto è avvenuto sulla prima corsia di marcia ed è stato violentissimo tanto da causare immediatamente la morte di 5 adulti a bordo del minibus e successivamente, presso l’Ospedale di Tivoli, dove era stata accompagnata in ambulanza in gravissime condizioni, di una bambina di circa 15 mesi. Gli occupanti dell’autocarro sono, invece, rimasti tutti feriti compresi i bambini che sono stati portati presso vari ospedali di Roma. Sul posto sono intervenute le pattuglie della polizia stradale della sottosezione autostradale di Roma Sud. L’incidente - spiega ancora la polizia - non ha provocato gravi conseguenze sul traffico veicolare ma la “bretella” Fiano San Cesareo è stata chiusa per permettere il soccorso delle vittime ed i rilievi dell’incidente stradale. Si è provveduto ad incanalare tutto il traffico proveniente da sud verso Roma e verso il nord che è stato poi deviato verso il Grande raccordo anulare. Marco Compagnoni AVilla Torlonia apre il bunker del Duce D a venerdì 31 ottobre, nella splendida cornice di Villa Torlonia riapriranno al pubblico i bunker di Benito Mussolini. Fu la paura generata dai bombardamenti aerei degli alleati nella seconda guerra mondiale, a spingere il Duce a far costruire un rifugio che fosse più sicuro rispetto ai due già predisposti, ricavati adattando i locali della cantina della famiglia Torlonia (sotto il laghetto del Fucino, vicino al teatro) e della sala centrale nel piano seminterrato del casino nobile. Si tratta del bunker antiaereo più importante d’Italia, realizzato tra il ’42 e il ’43 per proteggere il Duce e la sua famiglia nella residenza privata. Da vi- sitare, inoltre, il rifugio nella sala centrale del piano seminterrato del casino nobile e quello della cantina della villa (per la prima volta aperto al pubblico) attrezzato intorno alla metà del ’40. La visita, della durata di un’ora, è possibile solo con accompagnamento delle guide, su prenotazione e per un massimo di 15 persone per volta. Tra le particolarità che possono essere ammirate, un sistema di rigenerazione dell’aria con aggiunta di ossigeno. Pochissimi bunker all’epoca, migliaia quelli costruiti a Roma ma finora sono stati scoperti solo una ventina, avevano questo dispositivo che serviva ad evitare le conseguenze di attacchi militari effettuati con il gas. 8 Domenica 26 ottobre 2014 POTENZA – LA SENTENZA DEL TRIBUNALE CIVILE DI LAGONEGRO MILANO Arrestato per stalking: distrugge l’auto dell’ex Scarcerato dopo un giorno, l’uomo si è nuovamente scagliato contro la ragazza ppena uscito di cella dopo essere stato arrestato per atti persecutori e resistenza a pubblico ufficiale, è tornato a casa dell’ex fidanzata e ha distrutto tutte le auto della sua famiglia, prendendo anche a pugni alcuni condomini. È successo venerdì seta a Carugate, in provincia di Milano, dove un operaio 35enne, italiano e con un precedente per furto, è stato arrestato ben due volte in solo due giorni per lo stesso motivo: stalking. L’uomo non si era mai rassegnato alla fine della sua storia con quella ragazza di 27 anni che da tempo viveva nell’incubo. Già a giugno la donna lo aveva denunciato per atti persecutori, anche se poco tempo dopo aveva ritirato la denuncia. Un tormento, quello delle vittima, che non è finito neppure con l’arresto. Tornato in liberta venerdì mattina nella serata il 35enne è tornato sotto A casa della giovane (che vive con tutta la famiglia in una porzione di cascina) e, spingendo la sua auto a folle velocità, ha ripetutamente colpito tutte le auto posteggiate nel cortile. Quattro uomini, residenti ma non parenti della giovane, sono scesi in giardino per tentare di bloccarlo, riportando contusioni in seguito ad una colluttazione (un 23enne è stato accompagnato in ospedale e dimesso con cinque giorni di prognosi). Sono stati i vicini a chiamare i carabinieri della Compagnia di Vimercate. All’arrivo dei militari dell’arma, lo stalker è stato arrestato. Per lui, ora, le accuse sono lesioni, minacce, violazione di domicilio e stalking. L’uomo dovrà sottoporsi ad un nuovo processo per direttissima. Speriamo che, per lo meno, non venga rimesso in libertà. D’altronde, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Barbara Fruch Dall’Italia Vittime dell’usura bancaria? I clienti verranno risarciti I due imprenditori, marito e moglie, dovranno ricevere 25mila euro per ripagarli dal danno subito a causa del pignoramento della loro casa ittime dell’usura della banca, ora verranno risarciti. È la sentenza storica del tribunale civile di Lagonegro (Potenza) che ha condannato una banca di rilevanza nazionale (Unicredit Management Bank) a restituire ad una coppia di imprenditori, marito e moglie, di Moliterno, la somma di quasi 25mila euro. A dare la notizia è la Gazzetta del Mezzogiorno che spiega come secondo la perizia del consulente nominato dal tribunale, presieduto dal giudice Grazia Di Costanzo, la somma degli interessi (convenzionali e di mora) pagati dai due imprenditori erano stati per tutto il tempo della durata del mutuo oltre la soglia prevista dalla legge. Dalla consulenza, è emerso, “che alla data del 27 aprile 2010 il mutuo si è estinto ed il credito vantato dalla banca per capitale ed interessi è pari a zero. È emerso, inoltre, che gli interessi di mora superano il tasso soglia previsto dalla legge e che la somma degli interessi convenzionali e di mora supera la soglia per tutto il periodo”. Il 6 novembre del ’97 marito e moglie avevano chiesto ed ottenuto un prestito V CATANIA di 120 milioni delle vecchie lire da restituire in 180 rate. A rate quasi estinte, il 6 aprile 2010 la coppia si vede recapitare dalla banca un’istanza con cui veniva ordinato loro di pagare la somma complessiva di circa 38mila euro. Giustificazione: secondo l’istituto bancario un residuo dovuto agli interessi per il mancato pagamento di alcune rate del mutuo. I due a quel punto richiedono una consulenza tecnico bancaria per accertare se la natura del prestito è usuraia. Ed in effetti così è stato: peccato che nel frattempo i coniugi-imprenditori hanno perso l’abitazione che è stata pignorata. “Ora grazie alla sentenza favorevole – sottolinea al sito locale l’avvocato delle vittime Nicola Solimando – non solo i miei clienti non devono dare nulla alla banca ma abbiamo intenzione di chiedere i danni per il pignoramento, a questo punto illegittimo, della casa e per lo stress causato da tutta questa situazione”. La banca dovrà infatti versare ai due, per i danni causati, ben 24.805,14 euro. Un sentenza che, finalmente, punisce anche gli istituti bancari, capaci, talvolta, di approfittare delle difficoltà di tanti, troppi imprenditori italiani. Miriana Markovic CHIOGGIA AREZZO Pizza farcita... con un chiodo Vuole salvare il cane: Tragico incidente: muore donna incinta annega una 49enne Chiuso un panifico che alimentava il forno con tavole da imballaggio Al settimo mese è stata travolta dal braccio meccanico un camion: salvo il piccolo ei non c’è l’ha fatta, ma suo figlio è salvo. Non ce stato nulla da fare Francesca Mannari, la 24enne incinta al settimo mese, coinvolta in un incidente nel pomeriggio di venerdì a Lucignano, in provincia di Arezzo, dove abitava. Venerdì sera la donna aveva partorito il figlio con taglio cesareo al policlinico di Siena ma durante la notte le sue condizioni sono peggiorate e ieri mattina la 24enne è morta. Il piccolo è ancora in incubatrice e, secondo quanto appreso, le sue condizioni sono buone. La 24enne era arrivata a Siena con l’elisoccorso Pegaso dopo l’incidente. Per cause ancora all’esame della polizia stradale di Arezzo verso le 16.30 un camion il braccio meccanico di un camion si è aperto ed è andato a colpire tre auto che stavano transitando nel senso di marcia opposto. La vittima si trovava in barca insieme al marito quando un'onda ha sommerso l'imbarcazione L orse per risparmiare. Forse perché voleva smaltire al più presto quel materiale, senza preoccuparsi di come e dove. Fatto sta che utilizzava pedane da imballaggio in legno per alimentare il forno a legna nel suo panificio artigianale. E probabilmente nessuno se ne sarebbe mai accorto se non fosse accaduto un imprevisto: un consumatore ha infatti notato su un trancio di pizza appena acquistato la presenza di un “ingrediente” anomalo ovvero di un chiodo in ferro lungo alcuni centimetri, immerso tra pomodoro e mozzarella, che, se ingerito, avrebbe potuto causargli gravi lesioni. Immediata la segnalazione al Nas che hanno disposto la chiusura del panificio, che si trovava nell’hinterland di Catania. F Dalle verifiche i militari hanno scovato un deposito abusivo con 500 chili di scarti di legname accatastati utilizzati dall’artigiano per alimentare il forno a pietra e cuocere pane e pizze, che così erano a contatto diretto con i chiodi conficcati nelle assi di legno. Questo tipo di materiale di risulta, ovviamente, è classificato dalla legge come rifiuto speciale e, pertanto, non può essere impiegato per l’alimentazione di forni a pietra che richiedono, invece, esclusivamente legna o prodotti naturali. Il titolare dell’esercizio è stato segnalo alla Procura della Repubblica di Catania mentre il deposito è stato posto sotto sequestro insieme al materiale di risulta contenuto al suo interno per “gravi carenze igienico-sanitarie”. B.F. Ad avere la peggio proprio la 24enne che è persa subito in condizioni disperate: aveva riportato un forte trauma cranico commotivo, èd stata intubata e trasferita in codice rosso. In serata la decisione di intervenire per salvare almeno il piccolo. Nello stesso incidente sono rimaste ferite altre tre persone. Una 59enne di Sinalunga che ha riportato una frattura al braccio e ora si trova al San Donato in codice giallo. Le altre due persone sono stati trasportati all’ospedale della Fratta, per loro solo ferite lievi. Sul posto per i rilievi di legge sono intervenuti gli agenti della Polstrada e i vigili del fuoco che dovranno far luce sulla dinamica del tragico impatto. C.B. annegata nel tentativo di salvare il suo cane. Nell’incidente è avvenuto l’altra notte a Chioggia verso mezzanotte è morta Donatella Friani, 49 anni. A lanciare l’allarme è stato il marito, che si trovava in barca insieme a lei. Secondo una prima ricostruzione, la coppia era uscita in barca a vela di notte, dalla foce del Brenta con direzione Chioggia, in quel momento però vi era una condizione di mare mosso con onde molto alte. Una di queste onde avrebbe investito in pieno l’imbarcazione nel momento in cui la vittima era a prua con il cane, un meticcio di piccola taglia. Non è ancora chiaro se l’animale è caduto prima in mare e poi la donna si sia gettata nel disperato tentativo di salvarlo o se era in braccio alla padrona quando questa ha perso l’equilibrio fi- È nendo in acqua. In pochi attimi sarebbero spariti inghiottiti dal mare. È stato il marito, padovano, che era con lei a bordo a lanciare l'allarme alla Guardia Costiera. Sul posto, per le ricerche, una motovedetta della capitaneria di Chioggia e tre della stazione navale della guardia di Finanza di Venezia. Le ricerche sono durate per ore, fino al ritrovamento dei corpi. Una pattuglia del commissariato locale, assieme a uomini della capitaneria, hanno ritrovato l’ dell'animale a riva verso le 2, dopo una quarantina di minuti, poco più distante, anche quello della donna. Sulla vicenda è stata inviata una relazione alla magistratura veneziana che aprirà un fascicolo d’inchiesta per fare piena chiarezza sulla dinamica dell’incidente. Carlotta Bravo 9 Domenica 26 ottobre 2014 Dall’Italia NON BASTANO LE ALLUVIONI, GENOVA FA I CONTI CON UN’ALTRA EMERGENZA La rivolta etnica anti-polizia esplode nel cuore della notte Chiede i documenti a due tunisini, coppia di agenti aggredita Accerchiate anche le pattuglie di rinforzo giunte nel centro davvero un momento nero per Genova. Che alle emergenze di sempre vede aggiungersi le emergenze di sempre. Se a Marassi e nei dintorni ormai guardano al torrente Bisagno come se fosse un vulcano pronto ad esplodere in una bomba d’acqua, se anche gli altri corsi d’acqua che attraversano gli altri quartieri sono sorvegliati speciali, anche la criminalità immigrata ha deciso che è giunto il momenti di far sentire ancora di più la propria morsa, di creare tra i caruggi del centro storico, laddove il sole non batte quasi mai, una sorta di repubblica autonoma del crimine. È davvero incredibile il bilancio di una normale operazione di controllo nel centro storico, che ha rischiato di trasformarsi in una vera e propria rivolta etnica contro le forze dell’ordine. Il tutto è scattato da una banale richiesta di documenti. Fermati per un controllo, hanno aggredito i poliziotti intervenuti, cercando di rubare la pistola di ordinanza ad un agente. Per questo due cittadini tunisini di 35 e 52 anni sono stati arrestati per resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale e tentata rapina dell'arma la notte scorsa in salita Mascherona. Ma ad essere coinvolti in due ore ad altra tensione sono state centinaia di persone: È alcune, compreso che non si trattava certo di abusi in divisa, si sono schierate con i tutori dell’ordine, avendo capito peraltro che si rischiava addirittura il ricorso alle armi da fuoco. Altre, invece, se la sono presa con i rinforzi che cercavano di farsi strada per le strette vie del cuore della città della Lanterna. Secondo la ricostruzione ufficiale, comunque, alla richiesta dei documenti, il più giovane ha reagito con violenza, afferrando il calcio della pistola di un poliziotto nel tentativo di sfilarla dalla fondina. Un secondo agente è subito accorso in soccorso del collega ma è stato aggredito alle spalle dall'altro straniero che fino a quel momento si era dimostrato colla- borativo. A quel punto in difesa dei poliziotti sono intervenuti alcuni giovani che avevano assistito alla scena, consentendo agli agenti di bloccare i due malviventi fino all'arrivo di una seconda volante. Altre pattuglie, che avevano tentato di raggiungere i colleghi in difficoltà, sono state invece aggredite da numerosi frequentatori dei locali della movida. Tre auto di servizio sono state bersagliate di calci, oggetti e sputi, riportando danni alla carrozzeria e la rottura di un lunotto posteriore. Durante l'intervento sono rimasti feriti 5 poliziotti, che per i traumi subiti sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari del 118. Gustavo Lidis IL GIALLO DI CASTIGLIONE D’ASTI IL CASO Bus per soli nomadi: proposta del Kkk? No, del Pd e di Sel a linea 69 collega Torino a Borgaro. Si tratta di un Comune della cintura della vecchia capitale del regno sabaudo, un centro di quattordicimila abitanti la maggior parte dei quali subisce un supplizio doppio: quello di dover affrontare la vita grama del pendolare e quello di farlo, oltre che con i disagi propri a praticamente qualsiasi servizio pubblico italiano, anche fronteggiando il quotidiano abuso della pazienza da parte di una particolare categoria di viaggiatori. Quelli provenienti dal campo nomai che, lungo il percorso del 69, si affaccia. Mica roba facile: il problema principe è quello dei furti, uno stillicidio che altri italiani, di altri quartieri e di altre città, ben conoscono quando si trovano a condividere lo spazio con i cittadini di certe etnie. Ma qui, a Borgaro Torinese, non si tratta solo di razzie di portafogli e smartphones. No, perché a bordo di quel mezzo la L presenza degli ospiti del campo, che salgono a gruppetti, si fa notare anche con prepotenze, minacce, persino aggressioni a chi ha la sventura di dover utilizzare quel mezzo. Ebbene, la novità è che l’amministrazione ha proposto di sdoppiare la linea: una farà il percorso tradizionale, saltando le fermate più prossime alle baracche dei soliti noti. L’altro, invece, farà solo la fermata prospiciente al campo e ignorerà quelle “riservate” agli italiani. Proposta del Kkk? No, di Pd e Sel, partiti rispettivamente del sindaco e dell’assessore ai trasporti del Comune, che hanno così sventolato il drappo rosso del buonismo insieme alla bandiera bianca della sinistra rassegnazione, giacché è evidente su quale corsa tutti pagheranno il biglietto e su quale no. E se la Lega plaude alla decisione, già bollata come “bus dell’apartheid”, allora è tutto chiaro: l’Italia al contrario viaggia sul 69. Non poteva essere altrimenti. R.V. PARMA – LA TRUFFA Elena Ceste, l’autopsia rivela: “Nessun segno di violenza” Riciclavano auto di lusso: sgominata banda italo-lettone Ancora avvolte nel mistero le cause della morte della donna scomparsa il 24 gennaio e ritrovata cadavere una settimana fa Le vetture erano prese a noleggio. I proprietari poi simulavano il furto e cedevano i veicoli all’organizzazione i infittisce sempre di più il giallo della morte di Elena Ceste, la mamma di Costigliole d’Asti scomparsa il 24 gennaio, il cui cadavere è stato ritrovato solo una settimana fa proprio ad Asti, a pochissimi metri di distanza dalla sua abitazione. Il corpo della donna non presenta ferite evidenti. Almeno secondo quanto sarebbe emerso, secondo fonti vicine agli inquirenti, dall’autopsia che si è conclusa ieri mattina all’ospedale di Alba, in provincia di Cuneo. Le circostanze della sua morte restano, al momento, comunque un mistero che forse potranno essere chiarite nei prossimi giorni quando sono attesi risultati degli esami tossicologici e istologici. Intanto i carabinieri sono tornati nel luogo in cui, una settimana fa, sono stati ritrovati i resti: i militari hanno perlustrato il campo dell’Astigiano tra il fiume Tanaro e la ferrovia per Alba in disuso, a caccia di nuovi indizi utili alle indagini. Per effettuare i rilievi sono stati coinvolti anche i vigili del fuoco, che hanno “nascosto” la zona delle opera- di Bruno Rossi S uto di lusso in leasing che i proprietari non erano più in grado di mantenere che venivano cedute a un’organizzazione criminale che si occupava di immetterle illegalmente nel mercato internazionale. Era questo il meccanismo studiato da una banda che operava a Parma e in altre province. L’operazione della polizia locale ha portato all’arresto di dodici persone, di cui 5 residenti a Parma, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e 106 denunciate per falso. Nel periodo delle indagini gli agenti hanno individuato 64 mezzi e 38 sono stati sequestrati, per un valore di due milioni di euro. Le indagini hanno preso le mosse dalla analisi delle denunce di furto di veicoli di alto valore commerciale fatte a Parma e nelle province limitrofe negli ultimi tempi e sono state possibili grazie alla collaborazione di altre forze di polizia comunitarie, con il A zioni con teloni bianchi utilizzati come schermi. La donna, dopo una lite con il marito, si era allontanata da casa il 24 gennaio scorso e non aveva più dato notizie di sé. Al momento risulta indagato proprio il marito Michele Buoninconti, a cui venerdì i carabinieri di Canelli hanno notificato un avviso di garanzia per omicidio e occultamento di cadavere. Ma l’uomo ha ribadito, come nei mesi scorsi, la sua totale estraneità alla scomparsa e alla morte della donna. Anche i genitori di Elena sembrano credere a Michele che ieri, per la prima volta dopo il ritrovamento del cadavere, ha lasciato in auto la sua casa di Costigliole d’Asti, insieme ai figli. “Per noi è innocente fino a prova contraria. Ci siamo sempre fidati di lui e non c’è una sola ragione per non farlo più adesso. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo, finché non avremo una prova provata che Michele ha fatto questo o quello staremo vicino a lui e ai suoi bambini”. Barbara Fruch coordinamento dell’Agenzia Europol dell’Unione Europea. Grazie ad appostamenti, pedinamenti, intercettazioni è stato possibile ricostruire la trama criminale. Gli investigatori hanno accertato che il gruppo, composto da trafficanti di varia nazionalità tra cui italiani, lettoni e marocchini, riciclava il veicolo ceduto illecitamente, dietro congruo compenso, da persone che ne avevano la disponibilità in forza di un contratto di locazione e che, successivamente, ne simulavano il furto predisponendone la falsa documentazione. Il veicolo veniva poi rapidamente trasferito all’estero, dove re- sidenti in quei Paesi provvedevano all’immediata immatricolazione in quello Stato e ai successivi passaggi di proprietà e/o alla seconda immatricolazione in un altro Stato, per renderne impossibile il rintraccio. Il gruppo portava le auto in Lettonia, e un gruppo italoarabo che portava la refurtiva in Germania, Spagna, Olanda, Gran Bretagna, Belgio, Irlanda e Marocco. L’operazione, con 22 perquisizioni in abitazione in totale ha coinvolto le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Lodi, Forlì Cesena, Milano, Crotone e Trento. Carlotta Bravo 10 Domenica 26 ottobre 2014 Dall’Italia LA PIÙ GRANDE OPERAZIONE DEL GENERE MAI EFFETTUATA FINORA Sardegna, maxi sequestro di animali maltrattati Le bestie erano tenute in condizioni di degrado da due circhi BLITZ DELLA FINANZA A GIULIANOVA Appalti sui rifiuti: tre Comuni indagati i tratta del più grande sequestro di animali da circo avvenuto finora: è accaduto così che in Sardegna gli agenti del Corpo forestale, con i volontari della Lav, abbiano messo in salvo 19 animali. Tra loro un lama peruviano, una leonessa, un pappagallo Ara, due dromedari, un cammello, una zebra, e anche uno zebrallo, particolare incrocio tra cavallo e zebra: gli animali erano tenuti in condizioni pietose e venivano sfruttati per attrazioni e spettacoli in altrettante situazioni di degrado. Destinatari del sequestro degli animali le compagnie circensi Martin Show, che stava facendo un tour in Ogliastra e il circo Krones, che si trovava a Sassari. L’allarme per il degrado in cui versavano gli animali è stato dato dalla Lav, la Lega anti vivisezione, che ha rilevato maltrattamenti verso le bestie. L’associazione ha dichiarato: “Si tratta della più grande operazione di salvataggio di animali da un circo e il nostro inter- S vento è fondamentale per assicurare una vita dignitosa a questi animali che finalmente potranno recuperare atteggiamenti tipici della propria etologia, liberi dalle costrizioni degli spettacoli”. Nel frattempo la Procura di Tempio Pausania ha disposto il sequestro dopo aver constatato l’effettiva presenza di numerosi e continuati maltrattamenti verso gli animali. Inoltre, l’associazione già lo scorso anno aveva rilevato lo spazio esiguo in cui erano costretti ad abitare alcuni animali e aveva sequestrato dapprima una tigre, poi un orso e un cavallo. Con riferimento all’episodio biblico, l’operazione è stata denominata “Arca di Noè”, perché gli animali salvati verranno imbarcati al più presto e trasferiti in strutture dove riceveranno l’assistenza adeguata e le cure per rimetterli in sesto. L’evolversi dell’intera operazione di trasferimento sarà continuamente monitorata dalla Lav, che è anche custode giudiziario e assicura la copertura economica per la salvaguardia degli animali. L’associazione infatti sta mettendo in campo migliaia di euro che i soci hanno versato come contributo, ma sta impiegando anche denaro offerto dall’associazione britannica “Born Free Foundation” che, per festeggiare il 30esimo anniversario della fondazione, ha adottato la leonessa Elsa. Nel primo periodo di trasferimento gli animali saranno accolti dal “Centro di recupero di fauna esotica” di Semproniano in Toscana. Francesca Ceccarelli Tecnici e amministratori sotto interrogatorio ncora una volta l’interesse privato prevale su tutto aiutato da qualche dipendente comunale che opera in favore di alcune ditte, negli appalti per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti. Questa la scoperta in Abruzzo, nei Comuni di Giulianova, Roseto e Silvi, effettuata dalla Guardia di Finanza. Impugnando un decreto di perquisizione i militari hanno sequestrato decine di atti e documenti notificando avvisi di garanzia ad oltre dieci persone, tra cui il sindaco di Roseto Enio Pavone, l’ex vicesindaco di Silvi Enrico Marini, dirigenti dei diversi uffici tecnici e alcuni privati. Le accuse, a vario titolo e in base alle diverse posizioni, sono quelle di turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e abuso d'ufficio, accuse messe nero su bianco in un fascicolo che porta la firma dei pm Luca Sciarretta e Andrea De Feis. A Al riguardo, nonostante il più stretto riserbo degli inquirenti, il sindaco di Silvi Francesco Comignani ha diffuso un comunicato stampa su quanto stava accadendo. “Questa mattina la Guardia di Finanza ha eseguito perquisizioni e sequestri presso gli uffici tecnici - si legge nella nota -. L'accertamento è stato eseguito per acquisire tutti i documenti sulla regolarità dell'aggiudicazione della Diodoro Ecologia del servizio igiene urbana del Comune di Silvi, gara per cui l'attuale amministrazione non si è costituita nel ricorso al Tar in corso. Durante le stesse sono stati notificati indizi di reato nei confronti di dipendenti dell'area tecnica ed ex-amministratori”. Sotto la lente di in gradimenti delle Fiamme gialle dunque un bando per 16 milioni di euro a Silvi, per oltre 18 milioni di euro a Giulianova (con la sentenza del Consiglio di Stato attesa per il 27 ottobre), per 14 milioni di euro a Roseto. CAMBIO DI ROTTE NEI CIELI DEL CENTRO-NORD Chiude l’aeroporto di Rimini, turisti “dirottati” sul Sanzio Lo scalo marchigiano sarà il nuovo approdo per i passeggeri dell’Est e transazioni sembrano ormai andate in porto: da oggi i russi in arrivo in Italia verranno accolti presso l’aeroporto delle Marche “Sanzio”. Un grande trampolino di lancio per lo scalo anconetano che sarà il collegamento privilegiato con le più grandi città della Russia, soprattutto dopo la chiusura dell’aeroporto di Rimini. La comunicazione ufficiale del blocco dell’attività del “Fellini” da parte di Enac è arrivata due giorni fa, inequivocabile: dal primo novembre tutto fermo. Una decisione costretta dopo il fallimento della società Aeradria e l’affidamento tramite bando a un altro gruppo. L Gli operatori russi, che avevano intuito il problema, hanno subito preso contatti con il «Sanzio», nettamente preferito allo scalo di Bologna anche per la vicinanza di Ancona con Rimini. Ovviamente sono molti i problemi da risolvere,soprattutto a livello economico: si dovrà trovare un’intesa sulle tasse aeroportuali e anche sul trasporto dei turisti a Rimini che resta la meta del soggiorno. Per quanto riguarda, invece, il servizio di catering a bordo continuerà a essere gestito dal ristorante dell’aeroporto di Rimini anche perchè il «Sanzio» non sarebbe in grado di garantirlo. Il primo tour operator a entrare in Aerdorica è stato ‘Pac group’ che gestisce alcuni voli con Mosca. La trattativa è partita da un paio di giorni: evidente il fatto che, nonostante le rassicurazioni del sindaco di Rimini agli operatori turistici russi, la trattativa con il «Sanzio» non si limiterà alla sola «emergenza» ma punterà a consolidare un rapporto di lunga durata. Un traffico di turisti così articolato: nel periodo invernale i voli sono concentrati il mercoledì e il sabato da Mosca ma anche da San Pietroburgo; in estate, invece, i collegamenti sono praticamente giornalieri e coprono anche località come Krasnodar, Rostov, Volgograd e altre ancora. Si tratta quindi di un business di un certo spessore per lo scalo marchigiano che ne guadagnerà economicamente, e non poco. Solo alcune voci per avere un’idea: si va dal trasporto dei turisti ai servizi a terra dello scalo. Si tratta poi anche di un’occasione in più per far conoscere e far ammirare una terra meravigliosa come le Marche, ospitale e ancora poco conosciuta dai grandi circuiti turistici. Il Sanzio potrebbe dunque diventare uno snodo principale del centro-nord dopo che la dirigenza di Aerdorica e la Regione avranno chiusi tutti gli accordi. F.Ce. IL GRANDE MAESTRO DEL CINEMA TORNA IN LIBRERIA Tinto Brass racconta la follia di ‘Madame Pipì’ Si tratta di un ritorno alle origini con un romanzo nato nel '72 utto era nato nel 1972 per proporlo come soggetto cinematografico: oggi Tinto Brass decide di presentarlo al pubblico sotto forma di romanza. Si chiama 'Madame Pipì' ed è stato scritto a quattro mani con la sua compagna, la psicoanalista Caterina Varzi. L’opera sarà possibile trovarla in libreria dal 22 ottobre, edito da Bompiani: “al suo interno vengono narrate le vicende della 40enne Antoinette, addetta alla sorveglianza delle toilettes in una brasserie parigina, e di François, dieci anni più giovane di lei, vicedirettore di un istituto di cura di patologie psichiatriche. Tra i due si instaura subito un legame T 'vittima e carnefice', un idillio perverso dove si trova invischiato il figlio di Antoinette, Charlot, un bambino affetto da una lieve forma di autismo”. Per Tinto Brass si tratta di un ritorno alle origini: il primo manoscritto dell'opera era intitolato 'Ordine e disciplina' e fu ispirato da alcuni fatti di cronaca. Ai tempi si pensò tra gli interpreti a Macha Meril. Negli anni poi si sono susseguite diverse riscritture, che hanno comportato cambi nel cast, (da Marie e Alphonse, a Mary e Alfred, fino agli attuali Antoinette e François) e anche del finale stesso. A ispirare la storia la storia di Charlot, la vita stessa di Tinto Brass: i suoi genitori lo cacciarono da casa all'età di 17 anni che gli causò gravi problemi con la figura materna. "Charlot rifiuta i dettami della società - racconta il regista - che hanno un forte impatto sulla sua psicologia caricandolo di sentimenti contrastanti. A monte c'è la follia di François, assolutamente perverso nelle sue motivazioni e incapace di comprendere la posizione di Antoinette, a sua volta talmente bisognosa di affetto da acconsentire alle prevaricazioni dell'uomo pur di averlo, anche se di un amore malato, accettando di uccidere il figlio. Alle spalle una società caotica che impone le sue leggi a un bambino che invece le rifiuta e al quale io negli anni ho dato ascolto, dando alla storia un finale che reputo più giusto: mi schiero dalla parte dei più deboli, e perché no, anche dei migliori, di un mondo nuovo che ho sempre auspicato si affermasse. Charlot rappresenta la speranza per un mondo migliore". In copertina 'Madame Pipì' si presenta con una copertina rosa e una Torre Eiffel al contrario: immagine che lascia poco spazio alla fantasia, simbolo fallico e allo stesso tempo organo femminile. Il recupero degli scritti è merito di Caterina Varzi, compagna di Tinto Brass, che ha cofirmato il romanzo: "I primi appunti risal- gono al periodo in cui Tinto lavorava alla Cinematheque Française, e da quegli anni molte cose sono cambiate; quando ho ritrovato il primo dattiloscritto sono rimasta perplessa, di fronte a una storia molto diversa rispetto a quelle che Tinto aveva raccontato e per cui era conosciuto: più cupa, torbida e con un erotismo completamente nuovo. I primi appunti sono scritti subito dopo 'La Vacanza' del 1971, e anche qui il tema centrale è la follia, una argomento che in quegli anni, precedenti alla legge Basaglia, lo interessava particolarmente; una continua riflessione sulla società che stigmatizzava la diversità, di cui lui invece si sentiva portavoce". F.Ce. 11 Domenica 26 ottobre 2014 Cinema IN OCCASIONE DELL’OTTANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SCUOLA DI CORSO TRIESTE Il Giulio Cesare: l’omaggio di un ex alunno Antonello Sarno racconta l’Italia attraverso la voce degli studenti di oggi e di ieri di Francesca Ceccarelli n lungometraggio perfettamente cucito su una canzone e viceversa: l’opera di Antonello Sarno, presentata al festival Internazionale del cinema di Roma sembra girato ad hoc. Lo spunto è quello dell’ottantesimo anniversario della fondazione di una delle istituzioni scolastiche più emblematiche di Roma: il liceo classico Giulio Cesare, situato nel quartiere medio borghese Trieste-Salario. Il liceo viene fondato il 1º ottobre 1933 col nome di Regio Liceo Ginnasio Giulio Cesare: la sede in Corso Trieste, inaugurata da Benito Mussolini e da Giuseppe Bottai, allora Ministro dell'Educazione Nazionale,avvenne il 28 ottobre 1936 con una cerimonia solenne. L'edificio costituiva, oltre che un esempio dell'architettura razionalista del novecento, anche il meglio dell'edilizia scolastica dell'epoca. L’incipit del lungometraggio è affidato, non a caso, all’ex alunno Antonello Venditti che, accennando alla sua omonima canzone, apre le danze a un excursus di ricordi in cui ogni ro- U mano può ritrovarsi, forse un po’ meno un italiano. “Eravamo trentaquattro quelli della terza E/ tutti belli ed eleganti tranne me/era l'anno dei mondiali quelli del '66/ la Regina d'Inghilterra era Pelè”: cantava l’Antonello agli albori della sua carriera, ricordando l’esperienza unica del liceo. Quello di Sarno, anche egli ex alunno del Giulio Cesare, è un viaggio a ritroso nella storia dell’istituto, guidato dalle voci dirette dei personaggi dell’epoca che oggi danno testimonianza di quanto sia stato fondamentale il periodo liceale e ancora più quell’istituto stesso in cui da sempre confluirono i maggiori accadimenti storici che hanno cambiato l’intero paese. La“coscienza popolare” che nasce e muore tra le mura di una scuola: diverse le testimonianza portate sul grande schermo dal regista che diventa un Virgilio dei giorni nostri. Da Maurizio Costanzo a Marco Pannella, da Franco Frattini a Carlo Fuertes, da Serena Dandini a Luca Si- gnorelli, fino ad arrivare ai più “contemporanei” Piotta e Zero Assoluto, tutti accomunati da un’esperienza: la frequentazione del Giulio Cesare e la faziosità sinistroide che in più punti del girato viene, esplicitamente o meno, fuori. Ottant’anni di storia italiana che rivive grazie al contributo non solo degli intervistati, attuali ed ex alunni, ma anche al prezioso archivio dell’Istituto Luce che ancora una volta si dimostra strumento imprescindibile per ricostruire la memoria del paese attraverso filmati e documenti. La ricostruzione post bellica, la rivoluzione sessuale, il ’68, il beat, gli anni di Piombo, gli attenti di Piazza Fontana e della Camilluccia, l’uccisione di Aldo Moro e poi la morte dell’impegno politico a cavallo degli anni ’90 e 2000. “L'estate è nell'aria brindiamo alla maturità/ l'Europa è lontana partiamo viva la libertà/ tu come stai? ragazzo dell'86/ coraggio di quei giorni miei/coscienza voglia malattia di una canzone ancora mia/ ancora mia/ nasce qui da te/ qui davanti a te, Giulio Cesare”. SECONDA EDIZIONE DELLA RASSEGNA IN ONORE DI ROBERTO ROSSELLINI “Ladispoli Città Aperta” Molti i vip presenti alla manifestazione: da Carlo Verdone a Giorgio Pasotti L a seconda edizione della rassegna cinematografica “Ladispoli Città Aperta”, nata nel 2013 in onore del regista e concittadino Roberto Rossellini, si conclude oggi. La manifestazione è dedicata anche a Massimo Jaboni, il tecnico di produzione e organizzatore di eventi cinematografici come il Festival del cinema italiano di Poggio Mirteto, che ha voluto fortemente che questa rassegna cinematografica si svolgesse a Ladispoli. L’organizzazione è curata da Alessandra Fattoruso, Presidente dell’Associazione culturale Tamà, l’Assessorato al turismo e allo spettacolo Federico Ascani, l'Assessorato alla cultura Francesca Di Girolamo, Francesca Piggianelli responsabile organizzativa e grazie alla collaborazione e supporto di Dario Antimi. A questa seconda edizione saranno presenti e premiati artisti tra cui Claudio Amendola, Carlo Verdone, Giorgio Pasotti, Giulio Scarpati, Antonello Fassari, Massimo Bonetti, Giancarlo Ratti, Francesco Scali, Elena Russo, Lorenza Indovina e il programma sarà ricco di sorprese. Stasera la proiezione di un cult del cinema italiano “Un sacco bello” interpretato da Carlo Verdone preceduto dal cortometraggio “Due contro due” regia di Stefano Amadio con Luigi Diberti, Erika Blanc, Bruno Governale, Alessandro Mancini, Tiziana Bagatella. Grazie al successo della precedente edizione Alessandra Fattoruso, Presidente dell’associazione culturale Tamà, gli assessorati alla cultura, al turismo e allo spettacolo hanno deciso di “mettersi in gioco” nuovamente, riportando a Ladispoli IL FILM DOCUMENTARIO DI FILIPPO VENDEMMIATI “Meno male è lunedì”: il lavoro è dignità Le riprese girate all’interno del carcere di Bologna Labor omnia vincit”, “la fatica vince ogni cosa”, anche l’alienazione della detenzione in carcere. Il film documentario di Filippo Vendemmiati è un pugno allo stomaco per il Festival di Roma: via gli sfarzi o la leggerezza, irrompe sul grande schermo la vita vera. La storia è quella di un gruppo di operai in pensione che riprende il lavoro per insegnare il mestiere a 13 detenuti nell’officina-azienda nata nel carcere di Bologna. “Meno male è lunedì” non è solo un titolo ma il pensiero dominante dell’intero film che regala più di una chiave di lettura, più di un punto di vista. “Meno male è lunedì” pensano i detenuti che attendono con ansia l’inizio della settimana per poter andare in officina e liberarsi dai “ tormenti e dall’apatia che comporta la vita in cella; “Meno male è lunedì” pensano gli ex operai che tornando tra i loro amici di una vita, le macchine, riscoprono il piacere di sentirsi ancora utili e un’umanità inaspettata; “Meno male è lunedì” può pensare chiunque degli spettatori che magari si trova in difficoltà e nel rischio di perdere il posto di lavoro. La scansione temporale del film, dal lunedì appunto al weekend, accompagna lo spettatore a vivere in prima persona “la settimana tipo” di un detenuto: fatta di piccole grandi cose. Lavorare e guadagnarsi da vivere, ottenere il periodo di “ferie” da poter passare con i loro cari, realizzare di essere ancora utili per la società e di avere un futuro al di fuori delle mura del carcere. All’abbrutimento di una vita che si svolge tra quattro ristrette mura, dietro le sbarre il film mostra una nuova speranza di rivincita e riscatto. Afferma il regista Filippo Vendemmiati: “ Il carcere è un luogo senza tempo. I giorni non passano e non hanno nome. I gesti e le parole evadono per costruire un mestiere e relazioni umane. Né detenuti né uomini liberi: solo colleghi, operai che s’incontrano e lavorano accanto, scambiandosi conoscenze, saperi, storie –di viti e di vite”. Un progetto di recupero che diventa un documentario da non perdere, scandito dalla musica originale dei Tete de Bois. Il messaggio viene affidato ai protagonisti stessi, ex operai e detenuti, e al suono degli strumenti da lavoro. Nell’officina tutti sono uguali, tutti sono diversi: ci si incontra, ci si racconta, si litiga, si scherza, accomunati sempre dall’amore e la passione per quello che si sta facendo. “Il lavoro è una cosa meravigliosa” afferma uno dei tutor: rende indipendenti sia economicamente ma soprattutto come persona. Acquisire delle competenze aiuta a trovare il proprio posto nel mondo, a essere unici seppur non insostituibili. Tutti hanno diritto a una seconda possibilità, la società non può restare muta e cieca di fronte al grido di aiuta che arriva non solo dalle carceri italiane ma dalle migliaia di lavoratori a cui viene sottratto non solo il posto di lavoro ma soprattutto la dignità. F.Ce. una manifestazione degna di nota, nonché importante per la promozione turistica e per risaltare le location dove, anche in passato, sono stati realizzati tanti film di grande successo. Attraverso questo evento si vuole evidenziare il ruolo che una cittadina come Ladispoli ha avuto in passato: la città balneare, infatti, nasce negli stessi anni in cui la macchina da presa muoveva i suoi primi passi, che, oltre ad aver ospitato molte riprese, è stata anche scelta come luogo di villeggiatura di nomi importanti del cinema italiano. 12 Domenica 26 ottobre 2014 Salute ALLARME PER I MINORI ITALIANI DALL’ISTITUTO IDO Cutting: da Roma boom di richieste d’aiuto Solitudine e depressione alla base di questo disagio così diffuso i vergognano da morire ma continuano a farlo. Sono tanti gli adolescenti 'cutters' che si tagliano per poi nascondere le ferite sotto una felpa, una maglietta troppo lunga o un pantalone. Quelli che riescono a parlarne sono solo la punta di un iceberg. Lo sa bene l'Istituto di Ortofonologia (IdO), che nei suoi sportelli di ascolto psicologico in oltre 70 scuole di Roma e Provincia ha accolto la richiesta di aiuto di 32 adolescenti. Il 70% sono ragazzine dai 12 ai 14 anni, che nella maggioranza dei casi scelgono di ferirsi le braccia con la lametta. Il 19%, uno su cinque, riesce a smettere di tagliarsi, ma solo grazie al supporto degli psicoterapeuti esperti degli sportelli. Alla base di tutto c’è tanta solitudine e depressione: “Attaccano il corpo, si feriscono, si strappano i capelli, si grattano e si introducono oggetti sotto le unghie- afferma Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’IdO- braccia, gambe, addome diventano il ricettacolo delle loro preoccupazioni e delle loro sofferenza. Si sentono soli- continua la psicoterapeuta- e la loro depressione si trasforma in rabbia”. “È un fenomeno sommerso quello dell'autolesionismo- spiega Laura Sartori, psicoterapeuta dell'età evolutiva dell’IdO- passare da 6 a 32 casi negli ultimi due anni rappresenta un incremento davvero significativo. Un dato che ci mostra una condizione che si sta diffondendo enormemente. Chi si taglia e va allo sportello spesso ha amici che si fe- S riscono a loro volta e non lo dicono a nessuno”. Il 90% dei soggetti che praticano il cutting è di sesso femminile: ragazze tra i 12 e i 18 anni con una concentrazione del 70% tra i 12 e i 14 anni. Sono gracili, esili, depresse e chiuse nella loro solitudine. Nove su dieci si tagliano, raramente si fanno autotatuaggi (il 6%) o si mordono (il 4%). Nel 57% dei casi lo strumento più utilizzato per provocarsi lesioni è la lametta, seguita dalle forbici (21%), il taglierino (11%), la lama del temperino (7%) e il coltello (4%). La parte più ferita del corpo sono le braccia (53%). Ai polsi punta il 21%, ma si fanno male anche alle gambe (il 17%) e alla pancia (il 9%). Nel 65% dei casi le ferite sono inflitte su una singola parte del corpo. Secondo l'indagine dell'IdO, il 17% dei giovani che si taglia lo fa per emulare un amico o perché ha conosciuto il fenomeno tramite il web, i social network e i blog. “Quando si inizia per imitazione- sottolinea Sartori- la durata e la gravità del fenomeno é comunque più ridotta”. Quelli che si tagliano preferisco la sensazione alla relazione. In rarissimi casi parlano con mamma o papà, perlopiù si confrontano con i coetanei: il 58% dei cutters che si è rivolto agli sportelli d'ascolto dell'IdO si è confidato con un'amica/o; il 10% lo aveva detto o scritto a un insegnante; solo l'11% è riuscito a parlarne in famiglia, dopo essere stato scoperto dai genitori, e ha avuto modo di vedere uno specialista (psicologo o medico). Ci si può tagliare una sola volta, per provare, oppure assiduamente. “Il 73% dei giovani ascoltati dagli esperti PER LA PRIMA VOLTA SUL WEB Un sito “tutto curvy” Online una piattaforma per blogger oversize ovità per gli appassionati della comunicazione 2.0. E’ in arrivo una piattaforma online per le linee più morbide, dedicato alle donne 'curvy' che non vogliono rinunciare alla moda. Si chiama curvitaly.com ed è un il portale inaugurato nei giorni scorsi a Milano, precisamente nel concept store 'Miroglio Piazza della Scala', di proprietà del Gruppo Miroglio. "Il lancio di curvitaly.com rappresenta l’evoluzione online della nostra esperienza e competenza in chiave di stile, vestibilità e servizio nel mondo curvy", racconta l’amministratore delegato del gruppo, Daniel John Winteler, che descrive il portale come "un’innovativa piattaforma di e-commerce ricca di argomenti e con- N tenuti editoriali". Il progetto del Gruppo Miroglio persegue la scelta di investire in un settore in continua espansione, offrendo la possibilità alle clienti di entrare in contatto con le collezioni dei grandi brand della moda italiana dedicate a questo settore di mercato. Dal portale si possono raggiungere in un clic le collezioni dedicate alle curve morbide firmate da Elena Mirò, Fiorella Rubino e nel prossimo futuro anche Luisa Viola e Per te by Krizia. La ricerca del vestito perfetto è accompagnata da un’esperienza social che avvicina la cliente al negozio online, grazie a contenuti editoriali e di servizio che propongono consigli sulle ultime tendenze, news di costume, suggeri- menti di make up e personal stylist. Alla presentazione milanese della novità online del Gruppo Miroglio era presente anche la fotomodella Candice Huffine, divenuta famosa per aver rappresentato il mondo 'curvy' sul calendario più noto al mondo. L’americana, protagonista della nuova campagna Autunno Inverno 2014 di Fiorella Rubino, ha elogiato l’iniziativa sostenendo che "molte donne stavano aspettando questo momento, perché le rende più sicure anche nel parlare del proprio corpo e perché possono finalmente scegliere dei vestiti di moda. Vedo che l’iniziativa è stata ben accolta", conclude la Huffine, "e tutti sono molto ottimisti". dell'IdO ha affermato che lo fa da mesi, il 20% addirittura da anni (a volte con dei periodi di pausa). Solo il 7% lo ha fatto una singola volta”, raccontano Fabiana Gerli e Silvia Cascino, psicoterapeute dell'equipe dell'Ido nelle scuole. “Nella maggior parte dei casi non c'è una frequenza precisa con cui si provocano lesioni, dipende dalle situazioni. Se accade qualcosa che provoca in loro un dolore, un'ansia o una tensione difficili da gestire- aggiungono- ricorrono al tagliarsi perché dicono che 'È come se tutto il dolore che avevo dentro poteva uscire da quella ferita e liberarmi per un po'”. “Quando chiediamo alle ragazze che parlano di autolesionismo allo sportello perché hanno iniziato a farlo, la maggior parte di loro ci risponde che tutto è cominciato dopo una separazione o una lite (da un fi- danzato o da un'amica, meno spesso con un familiare)- proseguono le psicoterapeute- o per un profondo senso di solitudine e inadeguatezza legato soprattutto al rapporto con i coetanei”. La quasi totalità dei ragazzi che parla dei loro tagli ha in comune una storia di solitudini, incomprensioni e/o incomunicabilità con i genitori, oltre a una scarsa accettazione di se stessi e una bassa autostima. “È vero che la conflittualità con i familiari e il difficile rapporto col proprio corpo e con la crescita sono un denominatore comune in tutte le adolescenze- continua l'equipe IdO- ma nei casi da noi esaminati tali problematiche appaiono molto radicate e le risorse a cui attingere per fronteggiarle troppo frammentate e inconsistenti”. Non sembra invece una variabile significativa il fatto che i genitori siano o meno separati: “Nel nostro campione il 56% dei ragazzi aveva genitori separati e il 44% coniugati o conviventi. Come precedentemente sottolineato, sono la conflittualità e le modalità comunicative ambigue e/o squalificanti a rappresentare la problematica principale. Emerge dunque chiaramente che la gravità delle ferite, il fatto di ferirsi in parti del corpo poco visibili e la segretezza dell’atto sono correlate con una maggiore gravità del quadro psicologico globale. Appena hanno potuto comunicare il loro disagio e si sono sentiti ascoltati e riconosciuti- concludono- allora hanno smesso di tagliarsi, o comunque hanno diminuito in modo significativo”. (Dire)
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