MS 2014.07 AGOSTOSETTEMBRE 2014

Notizie
testimonianze
proposte
per gli amici
dei missionari
BURUNDI
CAMERUN
CIAD
CONGO R. D. MOZAMBICO
SIERRA LEONE
BANGLADESH
FILIPPINE
GIAPPONE
INDONESIA
TAIWAN
THAILANDIA
AMAZZONIA
BRASILE
COLOMBIA
MESSICO
CSAM
Centro Saveriano Animazione Missionaria
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Redazione: Diego Piovani
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2014 AGOSTO/SETTEMBRE n. 7
La gratuità della missione
Il principio del dono e il principio del profitto
in missione
M andando
i discepoli Gesù ha
dato loro
una parola
che è insieme una verità
da annunciare
e una guida di
comportamento per i
missionari: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente
date” (Mt 10, 8).
Non si tratta solo di non
chiedere compensi per il
servizio missionario e di contare solo sulla Provvidenza che accompagna
e sostiene i suoi missionari:
cosa di cui noi facciamo
quotidiana esperienza,
grazie alla generosità di coloro
che Dio ispira ad aiutarci. La
parola di Gesù ha anche un altro
significato profondo: è un invito
a riconoscere e annunciare un
tratto del volto di Dio che è una
vera novità rispetto alla religione ebraica: “Dio è gratuito”. Che
cosa vuol dire?
Amati gratuitamente
La parola di Gesù ricorda che
noi missionari siamo amati gratuitamente da Dio, senza che abbiamo fatto nulla per meritarlo.
Dio ci anticipa con il suo amore
e previene ogni nostra attesa o
pretesa, e non si lascia condizionare dalle nostre pratiche né dalle preghiere, anche se lui è contento di ascoltarci ed esaudirci
quando gli chiediamo qualcosa
che ci fa il bene.
p. GABRIELE FERRARI, sx
Questa affermazione di Gesù
ha messo in crisi il sistema religioso del suo tempo, dove chi
voleva avere le grazie di Dio
andava al tempio e offriva un
sacrificio, secondo le sue possibilità. Gesù contesta questo tipo
di religione e ci insegna che Dio
non attende i nostri sacrifici e le
nostre offerte, ma cerca il nostro
cuore: un cuore che lo riconosca
come Padre e a lui si affidi con
fiducia piena.
Per amarci tra di noi
Dio si dona a noi e ci ama
gratuitamente, non perché l’amiamo in contraccambio, ma affinché ci amiamo tra di noi con
lo stesso amore gratuito, fatto di
attenzione e tenerezza. Solo così
contribuiremo alla costruzione
di una nuova società di fratelli
NON IMPARIAMO DALLA STORIA
Dalla guerra mondiale al mondo in guerra
p. MARCELLO STORGATO, sx
S
tiamo vivendo il 2014.
Cento anni sono passati dall’inizio di quella che fu
chiamata “la grande guerra”,
la prima guerra mondiale; e
ne sono passati settanta dalla
fine della seconda. Un tempo
sufficientemente lungo per
ammettere che - finalmente
- abbiamo imparato qualcosa
dagli errori passati, per non
commetterne più in avvenire,
in nessuna parte del mondo e
in nessun modo…
Oppure oggi con vergogna
dobbiamo ammettere di non
aver imparato proprio niente
dagli errori nostri e altrui; abbiamo presto dimenticato gli
insegnamenti della storia, per
consentire alla storia di ripetersi, con tutti i suoi errori e
orrori, sia pure in altre forme e
in luoghi diversi, con mezzi che
camuffiamo come “sofisticati,
tecnologici, intelligenti”.
Se è vero che non c’è più
stata una “guerra mondiale”,
è purtroppo vero che oggi “il
mondo è in guerra”: da decenni i focolai della guerra e della
violenza - focolai tutti dolosi! hanno contagiato il mondo intero, coinvolgendo - più o meno palesemente - con i paesi in
conflitto anche le nazioni che
i conflitti continuano a rinfocolare e coprire sotto interessi
strategici, vendita di sistemi
d’arma, occupazione indebita
di risorse.
L’umanità sembrava aver
capito la lezione con la fondazione delle Nazioni unite (Onu)
e i suoi numerosi dipartimenti
e agenzie, con i suoi trattati
e convenzioni internazionali. Pur con le sue limitazioni e
nonostante il potere di “veto”
assicurato ai più potenti della
terra, i popoli avevano acquisito un organismo di riferimento
che aveva la capacità di valutare, richiamare, intervenire,
rimediare… Era stato creato
appositamente come baluardo
della pace e dei diritti umani
universali.
Anche le costosissime “missioni di pace” dell’Onu e degli
altri organismi continentali
troppo spesso si limitano ormai
a “osservare” i misfatti delle
varie bande armate, dandovi un implicito consenso (“chi
tace…). Nel recente pellegrinaggio alla terra del Kivu (rd
Congo), martirizzata da oltre
un decennio con vari milioni di
vittime e continue violenze, la
società civile ha ripetutamente denunciato l’inutilità uma-
nitaria delle missioni di pace.
Un vescovo ci ha mostrato una
mappa della diocesi, con 39 sedi della missione Onu (Monusco) e 39 moschee erette, quasi
che lo scopo della “missione”
in Congo fosse soprattutto …
religioso.
Dov’è finito il grande sogno?
Denunciare l’inutilità dell’Onu
e delle varie agenzie internazionali e dichiararne la morte,
è cosa troppo facile e ingenua,
soprattutto perché se non ci
fosse, dovremmo crearla! Come per tantissime altre realtà,
occorre solo farla funzionare.
Occorre solo la volontà politica
e istituzionale per esigerne il
funzionamento, magari adeguandone le strutture e le funzioni al momento geopolitico
attuale e in vista del futuro da
migliorare.
Qui ognuno può dare il proprio contributo, impegnandoci
con una migliore informazione,
un’assidua sorveglianza e denuncia, esigendo serietà e scadenze da coloro che rappresentano le nazioni della terra, non
per la poltrona e lo stipendio,
ma per il benessere universale.
Ne vale la pena, per vivere finalmente il “mondo in pace”. ■
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in cui regni la giustizia divina e
si pratichi il “principio del dono”
o della gratuità. Ce lo ricorda
papa Benedetto nella Caritas in
veritate.
Infatti, gratuitamente amati,
siamo invitati ad amare in modo
altrettanto gratuito i nostri fratelli, dando il primato alle persone
e ai rapporti, e facendo anche
noi l’esperienza di un dono che
offriamo e riceviamo nello stesso tempo.
È interessante notare che san
Paolo non parla dell’amore per
Dio, ma solo dell’amore per
i fratelli e lo dichiara “pieno
compimento della legge” (Rm
13,10). In realtà, Dio ci dona il
suo amore e ci insegna ad amare i nostri fratelli non perché o
quando sono buoni, simpatici,
meritevoli di essere amati, ma
anche quando non sono né buoni
né meritevoli né simpatici; semplicemente perché Dio li ama
prima di noi.
È possibile oggi?
Guardandoci attorno potremmo pensare che oggi non ci sia
più spazio per questo genere
d’amore gratuito o per la pratica
del “principio del dono”, perché tutto è misurato e calcolato
secondo il “principio del profitto e del mercato”: do ut des, e
cioè: io ti do se tu mi dai; e se
tu non mi dai neppure io ti do.
Gesù invece insegna di invitare
chi “non ha da ricambiarti” (Lc
14,14). Gesù insegna prossimità, generosità e compassione: in
una parola, gratuità.
Gratuità è un termine che
viene da grazia e cioè bellezza,
amore, dono, salvezza. Se ne coglie il senso nel verbo graziare,
ossia far grazia: un condannato a
morte quando riceve la grazia, ricomincia a vivere. La grazia trasforma e trasfigura la nostra vita.
Tutto è dono gratuito!
La gratuità rimodula la nostra
esistenza sul “principio del dono” e ci rivela il vero senso delle cose, dell’uomo e di Dio. Ci
rivela il vero volto di Dio: quel
volto d’amore e di misericordia,
compassione e tenerezza, di cui
ci parla continuamente papa
Francesco. Ci fa capire anche
che ogni persona è dono di Dio,
da accogliere e rispettare, e che
non possiamo strumentalizzare. Ci dice infine che il mondo
creato, che sta attorno a noi, è
dono di Dio: un segno del suo
amore, che noi dobbiamo accogliere, custodire e migliorare
per consegnarlo alle generazioni future.
In una parola, applicando il
“principio del dono” e della gratuità, non solo annunceremo il
vero volto di Dio, ma cambieremo anche il nostro stile di vita
e parteciperemo alla costruzione
di un mondo diverso, nel quale
crescerà il regno di Dio. Questo
è il compito della missione e il
senso profondo della parola di
Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. ■
I missionari portano la Parola di Dio gratuitamente,
fino ai confini del mondo.
Nella foto di Stefano Della
Pietra, danza per i cresimandi a Luvungi, in Congo RD.
7
2014 agosto/settembre n.
ANNO 67°
2
“Venite, benedetti dal Padre mio!”
3
Un papà racconta la grande guerra
4/5
Il dovere della pace
6
Sette anni come pochi giorni
Amore oltre le gabbie dorate
Laicato saveriano: a Parma, una fraternità
“Caro figlio, ecco cosa vuoi sapere...”
Storia speciale: Aziz, la fede e il disprezzo
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
M IS SION E E SPIRITO
MISSIONE FAMIGLIA
Sette anni, come pochi giorni
L’amore non è un furto, si conquista
cerca una sposa
G iacobbe
al paese orientale, da dove
erano venuti i nonni Abramo e
Sara e dove abita il suo parente
Labano. Rachele è la prima persona della famiglia che gli viene
incontro, conducendo il gregge
al pozzo, e il bacio che le dà è
l’inizio di una storia d’amore.
Giacobbe rimane per un mese
presso la famiglia e Labano gli
propone un salario. Il tesoro ambito da Giacobbe è però un altro:
l’amore, che vale per lui molto
più del denaro, come dice l’innamorato del Cantico dei cantici:
“Salomone aveva una vigna a
Baal-Amon, egli affidò la vigna
ai custodi. Ciascuno gli doveva
portare come suo frutto mille
pezzi d’argento. La mia vigna,
proprio la mia, mi sta davanti:
tieni pure, Salomone, i mille
pezzi d’argento…” (Ct 8,11).
Secondogenito lui, diventato
per un’astuzia - da cui dovrà riscattarsi - erede della promessa
al posto di Esaù, Giacobbe infrange ancora una volta il costume della tradizione: la sua scelta
non è per Lia, la figlia maggiore
di Labano, ma per la giovane
Rachele, che porta nel nome “la pecorella” - la traccia della
sua attività quotidiana di pastora
e della sua dolcezza. È lei che gli
prende il cuore.
Non da renderlo ladro, però.
Anzi l’amore gli dà ali per la
lunga prova: sette anni di lavoro. Tempo di sguardi, di brevi
parole, di silenzi, di sogni. Di
dirsi che le grandi cose devono
passare dal corpo e dalla durata
per avvenire davvero. Ai grandi
amori non convengono né il furto né la svendita.
Tanti fatti verranno a complicare questo amore, che però le
grandi acque non sommergeranno (Ct 8,7). E d’amore Rachele
morrà, dando alla luce il suo secondogenito dopo anni di sofferta attesa di fecondità.
A noi di corsa, che pretendiamo rendere l’amore facile come
un clic, Giacobbe e Rachele
insegnano che ci sono cose che
la facilità distrugge e il tenace
impegno onora. L’amore si conquista, passa per lo spazio e per
il tempo, per la tenace attesa, per
dare carne alle parole che sennò
svolazzano nel vento come fuscelli inconsistenti.
E quando l’amore muove,
sette anni paiono pochi giorni,
e tutto diventa leggero e breve.
Come fu per Gesù che portò
nel suo corpo la fatica e la du-
FIORETTI DI P. UCCELLI
IL GRANDE AMORE PER I MALATI
p. GUGLIELMO CAMERA, sx
I
2
n una lettera alla maestra Melania Genitoni (di Castelnovo
ne’ Monti, RE), padre Uccelli si scusa per non avere il tempo di
rispondere: “Deve scusare se scrivo così poco. È vergogna, lo capisco, ma buona parte del giorno vado fuori a trovare e a confortare
poveri malati. Del tempo me ne resta poco. Preghi per me, perché
possa ottenere la grazia tanto importante di pensare di più all’anima mia, senza però trascurare le anime affidate alle mie povere
cure e alle altre che domandano soccorso”.
Il saveriano p. Bruno Cisco così testimonia: “Andava a cercare soprattutto quelli che erano in difficoltà e malati. I moribondi, molte
volte, sono abbandonati a se stessi: lui andava da loro. Se sentiva
che uno stava male, correva subito in bicicletta; nonostante gli impegni e le difficoltà, egli trovava il tempo di andare!”.
I poveri e i sofferenti nell’anima e nel corpo erano parte delle
sue premure pastorali e missionarie, spinto solo dall’amore di Cristo. Ecco la testimonianza di Romano Bassanello. “Era sempre in giro con la sua bicicletta scassata,
vecchia, arrugginita: era la sua macchina! Con questa bicicletta girava, entrava nelle case: così portava la Parola di Dio, la sua benedizione e tutti avevano stima, perché lui era un santo. Veniva spesso
all’ospedale e diceva parole di conforto; era molto
portato per i malati e si interessava per loro. Aveva
questo spirito di solidarietà con tutti i sofferenti”.
Sulla visita ai malati in ospedale suor Lucietta
Zattara dà questa testimonianza: “Veniva spesso
all’ospedale, tre o quattro volte alla settimana. Passava nei reparti a trovare i malati che gli erano stati
segnalati, là dove era chiamato. Una cosa mi ha sempre colpito: non l’ho mai visto con una veste nuova e ben
pulita addosso!”.
Tutte le persone che soffrivano erano in qualche modo oggetto
di predilezione da parte del servo di Dio. Il saveriano p. Ermanno
Zulian scrive: “Era il buon samaritano che, a contatto con le miserie altrui, sapeva usare mille attenzioni, le premure più opportune
e le più larghe benedizioni. Per tutti aveva una parola, un incoraggiamento, un conforto. Per i poveri poi aveva tanta carità e dedizione, che a un profano potevano sembrare eccessive. Ma il suo zelo era grande soprattutto con i malati.
Chiamato per una benedizione - che impartiva con uno spruzzo
d’acqua benedetta della bottiglietta che portava sempre con sé - sapeva così bene insinuarsi con il suo tatto, la sua giovialità e umiltà,
che finiva sempre per confessare anche i più grandi peccatori”. ■
sr. TERESINA CAFFI, mM
rata necessaria per darsi la sua
sposa: “Sono venuto a gettare
fuoco sulla terra e come vorrei
che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato
e come sono angosciato finché
non sia compiuto!” (Lc 12,49s).
Bruciava dal desiderio di dirle
quella parola d’amore che solo
l’ultimo soffio poteva esprimere:
e fu lo Spirito Santo.
L’amore rende leggera la
vita e grande la persona. È il
mistero che conoscono quanti hanno una passione in cuore, nella famiglia come nella
grande comunità. Quand’essa
si spegne, resta solo un’estenuante somma di doveri. “Il
problema - scrive papa Francesco - non sempre è l’eccesso
di attività, ma soprattutto sono
le attività vissute male, senza
le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che permei
l’azione e la renda desiderabi-
LA PAROLA
15
Labano disse a Giacobbe: “Poiché sei mio parente, dovrai forse
prestarmi servizio gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo
salario”. 16 Ora Labano aveva due figlie, la maggiore si chiamava Lia e
la più piccola si chiamava Rachele. 17 Lia aveva gli occhi smorti, mentre
Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto, 18 perciò Giacobbe
s’innamorò di Rachele.
Disse dunque: “Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore. 19 Rispose Labano: “Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me”. 20 Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli
sembrarono pochi giorni, tanto era il suo amore per lei.
Genesi, 29,15-20
le. Da qui deriva che i doveri
stanchino più
di quanto sia
ragionevole, e
a volte facciamo ammalare”
(Evangelii gaudium, 82).
Quando i sette anni sembrano troppo lunghi e duri, forse
è il tempo di fermarsi e di ritrovare il sogno. ■
Nel dipinto di Josef
Ritter Von Führic
(Vienna) Giacobbe e
Rachele al pozzo
MISSIONE GIOVANI
Amore oltre le gabbie dorate
DIEGO PIOVANI - [email protected]
S
questo tipo di tumore è molto
ta passando un’altra estate,
educativo? Facciamolo subito…
elevato.
con le vacanze che tra poNon c’è tempo da perdere.
Con la salute del giovane che
co andranno in archivio. Il nuoCi sono anche tante storie,
andava deteriorando giorno dovo anno, ricco di impegni e rouper nostra fortuna, che riportano
po giorno, il suo ultimo desidetine, è alle porte con tutto il suo
al centro il significato dell’ario era quasi scontato: sposare la
carico di speranze, aspettative e
more, del rispetto, della “tenesua Leizl, di fronte a coloro che
timori. Non è inusuale sentirsi al
rezza”, tanto invocata da papa
amava di più. Le nozze vengono
primo giorno di scuola, quando
Francesco… In queste settimaorganizzate nei corridoi dell’oarriva settembre, anche se non
ne stanno percorrendo internet,
spedale a Manila. C’è il prete,
siamo più chiamati sui banchi
attraverso il canale youtube, o la
c’è la sposa, la figlia, i parenti e
già da un po’ di tempo.
cronaca dei giornali, alcuni racqualche amico. Rowden è morto
Eppure, “a scuola di vita”
conti strazianti e pieni di speranmeno di 10 ore dopo aver detto
dovremmo tornarci in tanti. Se
za allo stesso tempo.
«sì, lo voglio». Il video del maguardiamo al nostro Paese, non
Rowden e Leizl, due giovani
trimonio dura circa tre minuti
possiamo relegare solo alle rufidanzati delle Filippine, decidoed è stato pubblicato dal fratello
briche di cronaca nera alcuni
no di sposarsi. La data è fissaHasset.
avvenimenti. È giusto parlarne,
ta per l’8 luglio, nel trentesimo
Un’altra storia arriva da una
senza essere morbosi, ma con il
compleanno di Rowden. Insieme
stazione delle nostre città. Un
coraggio di guardare in faccia la
alla figlia Zakiah di due anni, i
giovane non vedente si muove
realtà.
tre formano una bella famiglia.
con attenzione, facendosi spazio
Sempre più spesso si legge e
Poi tutto cambia di colpo. A fine
con il suo bastone bianco. Poi si
sente di uomini, anche giovani,
maggio, a Rowden è diagnostiferma. Nel frattempo, gli si fa inche usano la violenza contro le
cato un cancro al fegato, al quarcontro una ragazza, giovane coproprie donne. Ha fatto scalpore
to stadio. Il tasso di mortalità per
me lui, che cammina guaril 31enne che ha ucciso modando in terra. Lei appoggia
glie e figli per poi andarsene
il braccio sinistro sulla soma vedere la partita con gli
mità del bastone. In mezzo
amici. Ha voluto eliminaal piazzale, i due giovani si
re il “problema”, ovvero la
stringono in un abbraccio di
sua famiglia, a suo dire “un
dolcezza.
ostacolo” per la realizzazioLa ragazza cinge il colne personale, per una nuova
lo di lui e solo in quel movita.
mento si vede che il suo
Siamo sempre più liberi di
avambraccio è una protesi.
scegliere, eppure ci rinchiuLa ragazza alza il viso per
diamo in gabbie dorate da
baciarlo e sulla sua guancia
cui poi vogliamo scappare,
perché ciò che abbiamo scel- Amore oltre le gabbie dorate, amore oltre i muri e le sono visibili i segni di un inguerre: ebrei e arabi non vogliono essere nemici
tervento profondo, come per
to non ci piace più; scartiarimediare a un’ustione.
mo le persone come fossero
INTENZIONE MISSIONARIA
È
un semplice esempio d’afogli da cestinare. Cosa succede
E PREGHIERA DEL MESE
more, in mezzo al via vai diai maschietti degli anni duemila?
I rifugiati, costretti ad abstratto d’ogni giorno, che riesce
Di chi sono figli, prima ancora
bandonare le loro case a
a vincere le difficoltà, gli handiche genitori? Cosa trasmettiamo
motivo della violenza, siano
cap fisici, che va oltre il dolore.
nelle scuole, negli oratori, nei
accolti e tutelati.
È quell’amore che non si fa imgruppi missionari, negli incontri?
I cristiani, ispirati dalla Paroprigionare in nessun tipo di gabC’è qualcosa che non funziona,
la di Dio, si impegnino nel serbia dorata.
qualcosa da rivedere a livello
■
vizio ai poveri e ai sofferenti.
Conforti: “Verso gli infermi prodigate le cure più
premurose e affettuose”.
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
V ITA SAV ERIA N A
“Venite, benedetti dal Padre mio!”
Aumenta la famiglia saveriana che dimora in cielo
I
proverbi stagionali hanno
sempre ragione. Uno dice, d’inverno cadono le foglie;
l’altro afferma, d’estate si raccoglie la messe… Comunque, ogni
stagione è buona per passare da
questa all’altra vita: quando il
Creatore chiama, non c’è obiezione che tenga. Anche per i missionari. Da metà giugno a metà
luglio, ben cinque saveriani sono
entrati a far parte della “famiglia
beata”; diversamente vivi, continuano la missione per l’eternità.
Passuello padre Narciso:
soave nella debolezza
Da alcuni mesi era nell’infermeria saveriana a Parma ed è spirato nel sonno all’alba del 14 giugno 2014. Nato a Barbarano Vicentino, aveva compiuto 74 anni.
I saveriani l’avevano accolto giovane di 18 anni, ispirato dall’esempio del “buon zio” Giuseppe,
missionario in Cina e Indonesia,
e del fratello più giovane Mario.
“Coscienzioso, impegnato,
aperto e dotato di buona vena
comica con cui tiene allegra la
compagnia. In tutto gli si può
dare fiducia; è uno tra i migliori”. Non si sentiva adatto a grandi progetti, ma gli piaceva collaborare con tutti nella vita ordinaria. Ha lavorato a Vicenza, a
Salerno e soprattutto ad Ancona
(dal 1980). Costretto a continue
cure per una sindrome bipolare,
non ha potuto andare in missione, ma era disponibile e accogliente in ogni servizio: un autentico “servo buono e fedele”.
Zamponi padre Guido:
apostolo riconoscente
A 85 anni si è spento a Parma, il 22 giugno 2014, p. Guido Zamponi. Orfano a 3 anni,
era cresciuto a Poggio S. Vicino
(Mc) con la nonna che gli ripeteva: “Nu prete e nu frato nda casa
nosta c’è sempre stato”. Entrato
nella scuola saveriana a 11 anni, era stato ordinato negli Usa
(1956), dove aveva compiuto gli
studi teologici. Dopo due anni di
attività a Cremona, era stato inviato in Sierra Leone, dove era
rimasto 16 anni.
Rientrato in Italia per malattia, ha lavorato a Salerno, Taver-
a cura di p. M. STORGATO, sx
nerio (Co) e a Genova Pegli, fino al 2007. Qui seguiva con diligenza soprattutto i benefattori, tanto da scrivere: “Ho vissuto l’apostolato della riconoscenza verso amici e benefattori, che
ci permettono di continuare la
missione nel mondo: una lettera, una telefonata, una visita; tutto accompagnato dalla Messa e
dalla preghiera quotidiana”.
Cabras padre Alessio:
tenacia e bontà
All’ospedale di Londrina
(Brasile), a 83 anni compiuti, il 26 giugno 2014 è morto p.
Alessio Cabras. Sardo di Tonara (Nuoro), era entrato a 16 anni nell’istituto missionario sardo a Tortolì, poi divenuto casa
apostolica saveriana. Aveva poi
studiato teologia in Brasile, dove è stato ordinato (nel 1959) e
ha svolto la missione per il resto
della vita, eccetto un periodo di
sette anni in Italia (1986-1993),
quando è stato direttore del mensile “Missionari Saveriani” e rettore dello Csam, al tempo dello
spostamento da Parma a Brescia.
“Giudizioso, posato, coscienzioso e maturo, alla tenacia sarda
unisce calma, bontà e pietà”: con
queste belle doti, p. Alessio è sempre stato all’avanguardia, fedele
allo spirito di san Guido Conforti e dei primi saveriani, che “sceglievano le situazioni geografiche
e umane più difficili, per essere
sempre e ovunque missionari”.
Corvini padre Filiberto:
“il fischio del treno”
“Sento il fischio del treno. La
stazione è vicina. Grazie a tutti”.
Così scriveva p. Filiberto dieci giorni prima della morte, in
un messaggio sul cellulare. Era
consapevole del male incurabile; preparandosi al 50.mo anniversario di Messa (prossimo 25
ottobre), diceva: “Il problema è
arrivarci! Sarà quel che Dio vuole!”. Ha terminato la sua corsa ed
è arrivato in stazione il 14 luglio
2014 (mons. Giorgio Biguzzi).
Marchigiano di Serrapetrona (Mc), a 78 anni, p. Filiberto
Corvini si è spento a Parma, do-
ve era in cura da due anni. Ammesso nella scuola saveriana
di Ancona, dopo l’ordinazione
(1964) aveva svolto la missione in Indonesia per un decennio
e poi in Sierra Leone per quasi
un ventennio. Nel frammezzo, in
due riprese, aveva lavorato con
grande dedizione in Sardegna, a
Cagliari e Macomer come animatore e rettore.
Bagnara padre Giuseppe:
tutto per l’Indonesia
Ha terminato la sua vita terrena nell’ospedale San Carlo di Jakarta (Indonesia) il 17 luglio p.
Giuseppe Bagnara, saveriano vicentino di Zermeghedo. Aveva
82 anni compiuti in gennaio, e
da alcuni anni era il “confessore”
degli studenti di filosofia che si
preparano al noviziato saveriano.
A 16 anni era entrato nella scuola apostolica di Grumone (Cremona); a vent’anni era
saveriano. Ordinato sacerdote
(1959), p. Bagnara ha trascorso
tutto il resto della vita in Indonesia, dall’inizio del 1961, sempre
impegnato nella pastorale missionaria sia nelle isole Menta■
wai sia a Jakarta.
LAICATO SAVERIANO
A Parma, una “fraternità”
GIOVANNA e PAOLO VOLTA
Dal 2004 il laicato saveriano ha creato a Parma una piccola
“fraternità” con il desiderio di vivere uno stile di condivisione
e di famiglia. In questi dieci anni abbiamo camminato tanto: a
volte con difficoltà, altre volte con serenità, ma sempre pronti
a ringraziare il Signore per il dono di una casa dove si mescolano storie e culture, sogni e progetti di ogni persona che ci vive.
Attualmente in casa (Via Mentana, 98) siamo in nove. Una
mamma etiope e il suo bambino, e una coppia di sposi siriani scappati dalla guerra. Tre assistenti sociali mescolano le loro vite con le nostre: Alessandra lavora al centro immigrati;
Francesca è ai servizi sociali di Langhirano; Ibtissam è una giovane musulmana del Marocco: condividere con lei cultura, religione e stile di vita è davvero una ricchezza.
Per noi la giornata inizia in cappella alle 7,30 con la preghiera di lodi: la preghiera ci aiuta a dare un senso pieno alla nostra giornata. Ognuno poi parte per il proprio lavoro e ci ritroviamo a sera. Oltre al proprio lavoro, ognuno di noi porta
avanti alcuni impegni a livello locale. Il lunedì pomeriggio, ad
esempio, sono impegnata con i saveriani malati: è per me un
appuntamento importante a cui sono fedele. Alessandra continua a seguire una giovane donna eritrea che abbiamo accolto con noi per alcuni mesi e che adesso vive in un monolocale.
Francesca continua il suo impegno con lo scautismo a livello regionale ed è membro del consiglio pastorale della parrocchia.
Dal 2010 la fraternità collabora con la “Rete per l’accoglienza al femminile”, che si occupa in particolare del problema della “tratta”. Io e Ibtissam partecipiamo agli incontri.
Ibtissam quest’anno è stata molto “gettonata” per portare la
sua testimonianza come donna musulmana.
Ogni mercoledì sera la casa è aperta agli amici, per condividere preghiera e cena: sono per noi serate importanti per incontrarci con tante persone care. Mercoledì scorso, ad esempio, erano con noi p. Francesco Zampese di ritorno dal Camerun, don Francesco Ponci e il nostro parroco don Mauro. Infine, ogni 15 giorni ci troviamo con il saveriano p. Ernesto Moriel per la lectio sul vangelo della domenica successiva.
La vita in fraternità è un dono grande che custodiamo come un tesoro prezioso e ringraziamo il Signore per averci
chiamato a questa scelta nella nostra vita, anche se non mancano i momenti difficili e impegnativi. Per riferimenti e informazioni: Giovanna Vettori: cell. 3460093701; e-mail: vettori.
[email protected]
La “fraternità” di Parma al completo, nel giorno in cui Guido e Cinzia
si sono sposati: vivevano con noi
P. Narciso Passuello:
Barbarano Vicentino
(VI) 23.11.1939 Parma 14.06.2014
P. Guido Zamponi:
Poggio S. Vicino (MC)
6.01.1929 - Parma
22.06.2014
PELLEGRINI NEL KIVU
Si è concluso il pellegrinaggio sui luoghi dei martiri del
Kivu, nella rep. dem. del Congo, e in particolare alla tomba
di mons. Munzihirwa, vescovo
martire di Bukavu. I 34 partecipanti, tra cui i saveriani mons.
Giorgio Biguzzi, p. Silvio Turazzi e p. Marcello Storgato, dal 25
giugno al 7 luglio hanno potuto visitare, vedere e ascoltare
le tante vittime delle ripetute
guerre e violenze nella regione, ricca di risorse minerarie.
Sono stati ovunque accolti e
guidati dai saveriani impegnati nelle varie missioni di Buka-
P. Alessio Cabras:
Tonara (NU) 29.08.1930
- Londrina 26.06.2014
vu, Goma, Uvira, incontrando
vescovi, sacerdoti e rappresentanti della società civile. Una
donna ci ha ripetuto che la loro speranza di vita è di “appena ventiquattro ore, rinnovabili”. Tutti desiderano pace e sicurezza, per lavorare e vivere
con dignitosa povertà, e hanno
ripetutamente chiesto maggiore impegno dei governi per arginare la corruzione e lo sfruttamento illegale dei preziosi
minerali.
■
THAILANDIA: SI INIZIA!
Il 12 luglio scorso ha avuto ufficialmente inizio la prima missione saveriana
“S. Giuseppe Lavoratore” al nord della Thailandia, nella diocesi di
Naakhon Sawan. Nella
Messa il vescovo ha affidato ai 4 saveriani - p.
Matteazzi, p. Kengne,
p. Rodrigues e p. Brai –
il seguente incarico: “la
cura delle piccole comunità cristiane, l’attività nei campi profughi e
l’annuncio del vangelo
ai numerosi villaggi della zona”. Ai quattro si è
da poco aggiunto il saveriano indonesiano p.
Reynaldo Tardelly.
■
P. Filiberto Corvini:
Serrapetrona (MC)
26.06.1936 Parma 14.07.2014
P. Giuseppe Bagnara: Zermeghedo (VI)
19.01.1932 Jakarta 17.07.2014
TRAGICA SCOMPARSA
Il 13 giugno scorso è stato trovato il corpo
del sig. Edivaldo, papà del novizio brasiliano Lucivaldo, ucciso alcuni
giorni prima durante una rapina nell’azienda di
cacao in cui
Il giovane brasiliano
egli lavoraLucivaldo de Sousa
va. Non si
Costa, il cui papà
è riusciti a Edivaldo è stato tragiconoscere
camente ucciso
altri particolari né la polizia ha indagato ulteriormente. I saveriani si
sono stretti attorno al giovane
Lucivaldo, che il 29 giugno è diventato saveriano con i voti religiosi. “Donando la sua vita a
Dio per la missione, egli ha posto sull’altare anche il suo dolore, desideroso di annunciare
al mondo il vangelo del perdono e della fraternità universale”, ci informa il maestro p. Alfiero Ceresoli.
■
I pellegrini italiani in preghiera sul luogo del
martirio di mons. Munzihirwa, a Bukavu
3
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
UN PAPÀ RACCONTA LA “GRANDE GUERRA”
1 - LA GUERRA
MORIRE O VIVERE PER LA PATRIA?
Chiamata alle armi e dramma umano
DUILIO
del 1916: sempre attaccato all’amore materno, fui
O ttobre
chiamato a fare il servizio militare, proprio quando la
guerra echeggiava nel Carso, tra Italia e Austria. Giorni dolorosi! Prima di lasciare la casa, la mia buona mamma mi dette
un suo manoscritto dove, tra l’altro, diceva: “Caro figlio, …
ora che parti dagli occhi miei, ti do queste due rughe, che tu
devi leggere ogni giorno e ti saranno di conforto e di guida,
affinché ti mantenga buono! E vedrai, ti aiuteranno a superare
i tanti pericoli della guerra…”.
L’ultimo addio e l’ultimo bacio, con il cuore spezzato dal
dolore, devo lasciare la mia cara madre e la mia famiglia!
La vita da recluta in libera uscita
Vengo assegnato al 71° reggimento di fanteria a Tarcento, in
provincia di Udine, per le istruzioni di recluta. Ogni sera c’è
libera uscita e tutti escono in compagnia, ma io preferivo andare da solo. La mia soddisfazione era entrare nella chiesa più
vicina, davanti al Tabernacolo e all’altare della Madonna. Mi
raccomandavo tanto alla Mamma Celeste e ricordavo la mia
cara madre, che tanto amavo! Aprivo le sue righe e con tanta
commozione le leggevo: le lacrime mi bagnavano la faccia, e
mi sentivo soddisfatto! Sentivo che il mio cuore era tranquillo
e mi ritiravo per il riposo in caserma.
Per tutto il tempo delle istruzioni da recluta, la mia vita era
così: libera uscita fino alla vicina chiesa, e nelle ore di riposo in caserma; quando tutti giocavano e saltavano, io restavo
seduto sulla mia branda a leggere o scrivere. Per corvè o per
ramazza, arrivava il caporale di giornata e prendeva sempre
chi era in ozio, lasciando me, perché ero sempre occupato.
Passati i tre mesi di istruzione, facciamo il giuramento; così
siamo preparati per andare contro il nemico. Andiamo verso
il fronte nel Carso: monte San Michele, monte Nero, monte
Santo. Facevamo 15 giorni di fronte e 15 giorni sulle retrovie,
fino al 28 maggio del ’17, quando ci avviamo al fronte. I superiori che andarono a ispezionare la posizione per poi farci
proseguire nella notte, bevevano Cognac per farsi coraggio;
erano tutti mezzi brilli e dicevano tra loro che il fronte era
tanto pericoloso.
Quella sera del 28 maggio…
Ricordo che si doveva dare il cambio a un reggimento di
bersaglieri, ma quella sera sull’imbrunire, mentre consumavamo il rancio, tutti distesi dietro un monte, ecco che siamo
scoperti daL’attesa, a Gaza,
gli aerei audi un futuro di pace
striaci. Ho
visto e sentito scoppiare
due grosse
bombarde,
da una parte
e l’altra dove stavo io,
che hanno
fatto una buca profonda
e larga 15
metri. Quanta paura!
Dei poveri compagni
che si trovavano là,
non è rimasto più nulla. A me è stato comandato di portare a
basso le marmitte del rancio, e ho visto da una parte le teste e
dall’altra gambe e braccia! Ho pianto nel vedere i miei compagni fatti a pezzi. Ma bisognava andare avanti.
Al comando di un capitano dei bersaglieri, ci avviamo per
sentieri impervi e sconosciuti. Pioveva, e si andava avanti a
sbalzi e poi ci si fermava, anche perché le pallottole delle mitraglie fischiavano alle orecchie. Sempre così fino a quando è
spuntata l’alba. Eravamo talmente stanchi quando ci si fermava, che non si badava a pioggia o fango, ma subito ci si sdraiava a terra. Ricordo, ero tanto stanco che mi addormentavo!
Nella trappola del nemico
All’alba, quando si può scorgere qualcosa, vedo che ci troviamo a pochi passi dal nemico. Noi eravamo tutti sparpagliati
a terra; il terreno era come una pianura vicino al Duino, a
fianco di Monfalcone e non lontano dal fiume Isonzo.
Il nemico era al sicuro: avevano una bella muraglia fatta di
crode, e tutti erano forniti di mitraglia, mentre noi avevamo
qualche pezzo di roccia rotta dalle bombe, per ripararci la testa!
Tutto a un tratto, sento gridare all’assalto col grido di “Savoia!”.
L’attesa in trincea
Pioveva. Che brutti momenti! Ricordo, invocai: “Gesù e
Maria, io sono vostro, aiutatemi!”. Così, pronti per l’assalto. Ma il capitano
ci aveva portato troppo sotto: il nemico ci aveva già serrati con le mitraglie,
DUILIO
che non potevamo né scappare né ocIl giorno seguente ci chiamano in fila e ci fanno come una predica, che l’interprete
cupare le sue trincee. Così, al grido di
man mano ci spiega in italiano. Poi una compagnia di disciplina comanda che ci dispo“Savoia!” siamo andati avanti.
CARICATI COME LE BESTIE...
niamo in righe; chiama tre prigionieri italiani, uno per volta; li fanno buttare a terra con
la faccia in giù; uno di loro gli teneva una mano sul collo e due, uno per parte, con un
nervo di bue gli sferzano tutto il corpo. Dopo tante nervate, li hanno presi sulla barella
e portati all’ospedale. Io tra me dicevo: “Stavo meglio al fronte che qui!”.
Dopo alcuni giorni, formarono delle compagnie. Anch’io ero destinato a una compagnia aggregata al genio austriaco. Quindi partiamo per lavorare con loro: ci caricano come le bestie, nei vagoni da bestie, per introdurci in Ungheria. Arrivati dopo tanti stenti
con quella tradotta che poco camminava, ci portano in un paesetto chiamato Raos, all’inizio dell’Ungheria. Chiediamo l’indirizzo per scrivere a casa. Ci danno i biglietti della
Croce Rossa: se ne poteva scrivere uno ogni 15 giorni.
Ed ecco, il giorno dopo ci portano al lavoro: ci danno un grosso martello e dobbiamo rompere la roccia per fare la
breccia per le strade. Vicino avevamo sempre una sentinella armata con la baionetta innestata. Dovevamo lavorare senza
mai parlare con nessuno, perché se ci vedevano raggruppati a parlare, erano botte; il loro
sospetto era che noi dicessimo
male di loro.
Comincia la fame e anche la
sete. Poco pane e un mestolo d’acqua calda con dentro un
po’ di farina di granturco: quello era il nostro cibo. Passati due
mesi, cominciava ad arrivare
qualche notizia e qualche pacL’ora del rancio in un camco dall’Italia; ma io, mai niente!
po di prigionia austriaco
4
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
Morire o vivere?
Dovevamo prendere la decisione
in un istante: o darsi prigionieri o
morti. Vedo che chi tornava indietro
cascava a terra morto! Che disperazione! Pensai: “Piuttosto che morire,
è meglio vivere per la patria, anche
prigioniero!”. Così lasciai il tascapane pieno di bombe a mano e il fucile, e ci siamo messi a correre verso
Lubiana, guidati da alcune guardie
austriache.
Ma dopo pochi minuti è arrivato
l’ordine dalle artiglierie italiane di
montagna: anche loro ci sparavano alle spalle. Così abbiamo corso mezza
giornata con tanta paura. Correndo, si
vedevano qua e là delle guardie morte
ancora in piedi, tutte nere carbonizzate
dai gas italiani.
Finalmente arriviamo a Lubiana e
poi veniamo trasferiti al campo di concentramento di Mauthausen. Da lì cominciamo a vedere e a provare la dura
vita della prigionia.
■
(continua nel riquadro a sinistra)
“CARO FIGLIO, ECCO CIÒ CHE VUOI SAPERE...”
a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx
T
utti i maggiori giornali e settimanali in questi mesi
vengono fuori con servizi fotografici e articoli –
testimonianze sulla prima guerra mondiale, chiamata
“la grande guerra” (ma una guerra potrà mai avere la
qualità della “grandezza”?).
Certo, non è questa una ragione sufficiente perché
anche un mensile missionario come il nostro esca con
qualcosa che segua l’esempio delle grandi testate. Ma
abbiamo in mano la testimonianza personalissima di un
papà che ha voluto raccontare al figlio missionario qualcosa di tutto ciò che passa nell’animo di un giovane costretto alla guerra e alla prigionia, costretto a chiamare
“nemico” colui che per lui è solo “fratello”.
I lettori più anziani, leggendo questa testimonianza,
gradiranno richiamare alla mente i loro ricordi personali;
i lettori più giovani potranno ricavarne l’opportunità di
conoscere la dura realtà di una vita senza libertà, senza
dignità (se non quella interiore, che nessuno può mai
togliere a chi ci tiene, anche a costo della vita).
La cosa è nata così. Giovane studente liceale, nelle
conversazioni o nei temi, non aveva niente da dire sul
tema della “grande guerra”, mentre i coetanei avevano tante storie da raccontare. Suo padre non aveva mai
detto una parola su quegli anni, come se avesse voluto
cancellarli dalla memoria propria e di famiglia. Un giorno il figlio prese coraggio e scrisse al genitore: “Come
mai non ci hai mai parlato della guerra?”.
Una settimana dopo, il postino consegna una grande
busta rossa con 14 fogli scritti fitti senza margini. Portava la data del 28.11.1961 e iniziava così: “Caro figlio, ecco ciò che vuoi sapere, cioè come ho passato quegli anni
della mia vita. Se io avessi una cultura, dovrei scrivere un
romanzo; ma avendo fatto solo la terza elementare, mi
limito a un semplice diario di quello che ricordo…”. ■
LA DURA PRIGIONIA DI GUERRA
Lavori pesanti, malattie e stenti di fame
DUILIO
un ordine: la compagnia deve trasferirsi in Galizia,
A rriva
in un paesetto chiamato Fremes. Ed eccoci in cammino.
Dopo una settimana arriviamo. Avevamo due cavallini ungheresi; ma quelli portavano il corredo della fureria e alcuni di
loro; noi sempre a piedi. La notte ci si fermava per riposare
dove c’era qualche casa danneggiata dalla guerra, che avevano fatto contro la Russia.
A Fremes eravamo in una baracca di legno; dormivamo su
tavole, con due misere copertine da campo. La vita si fa sempre più dura. Pazienza, con la speranza che presto la guerra
finisca. Così si viveva sperando. Qui lavoravamo con delle
mazze di ferro appuntite, per fare dei buchi nelle montagne di
roccia per poi piazzare le mine e fare la breccia per le strade.
Il giorno di festa lo occupavamo per fare la pulizia dei panni, camicie, mutande (chi le aveva!), sempre senza sapone.
Già si cominciava ad avere la compagnia, cioè i pidocchi;
anche quelli cominciavano a darci disturbo.
3 - IL RIMPATRIO
“IO NON SO COME FUI SCELTO”
La gioia di essere liberati dalla schiavitù
DUILIO
potevo più andare avanti e marcai visita, io e altri
N oncinque
compagni. Ci fecero togliere la camicia e i me-
dici ci videro passare davanti come ombre: eravamo sfiniti e
non avevamo la forza nemmeno di lavarci la faccia. Mi fecero
invalido e mi misero in una baracca a parte, in attesa di partire
per il campo di concentramento di Mauthausen.
Dovetti star lì per due mesi ancora, in attesa di partire. Ma
qui da mangiare si trovava: raccoglievamo tutte le scorze di
patate, buttate nell’immondizia; le lavavamo bene e le cucinavamo nelle braci come frittelle. Erano tanto amare, ma quello
era il cibo con cui ci riempivamo la pancia!
Duilio, papà di un missionario e autore di questo diario sulla “grande guerra”
2- LA PRIGIONIA
I resti del boeing malese abbattuto in
Ucraina... È cambiato qualcosa da ieri?
Ormai perdiamo la speranza di ricevere notizie dalle nostre
famiglie e anche i pacchi di viveri.
Dobbiamo tornare indietro e attraversare di nuovo i Carpazi. Ma ora siamo d’inverno e il freddo si fa sentire! Quelle
strade piene di neve e i pini di quelle boscaglie pieni di neve
gelata, con un po’ di vento i rami si spezzavano e cascavano
a terra. Quel viaggio fu duro. Ogni tanto si faceva una tappa,
e un mio compagno, andato per fare i suoi bisogni, rimase indurito dal freddo, morto gelato! Furono giorni terribili: l’orina
gelava prima di toccare terra.
“La notte non trovavo pace!”
Il pensiero dei genitori mi pungeva il cuore. Che pena in
quella settimana di viaggio! Io la notte non trovavo pace. Eravamo in una casa senza tetto: solo i muri in piedi. Provavo a
coricarmi, perché ero stanco, ma invano; non trovai riposo.
Dovevo alzarmi e camminare pian piano per riscaldarmi e far
tacere il dolore che sentivo ai fianchi.
Continuai così per qualche giorno. Poi, non potendo più andare avanti, marcai visita e mi portarono in infermeria. Passai
alcune visite, ma febbre non ne avevo. Così dopo tre giorni mi
fecero uscire, ma ormai la mia compagnia era andata distante
e non potei più raggiungerla.
Ci fecero lavorare in un campo di concentramento russo,
in cima a un monte chiamato Tucclà. Ogni giorno dovevamo
fare 4 - 5 chilometri per andare in basso, alla stazione, e prenFrequenti cambiamenti, stesso lavoro
dere travi e tavole per fare delle baracche. Il pane era poco:
Lì siamo stati circa 50 giorni. Poi, un altro ordine: si deve
una pagnotta ogni 15 persone, e la nostra minestra era sempre
andare in Bucovina (un territorio tra la Romania e l’Ucraina).
quella: un po’ d’acqua calda e con 4 chili di farina di granturco
Proprio in quei giorni cominciava ad arrivare qualche pacco
doveva bastare a più di cento persone.
di pane e pasta dalle nostre famiglie! Ma ora, cambiando inRicordo bene che un tempo ci davano una pagnottella di
dirizzo, tutto è perso.
pane e doveva bastarci cinque giorni. Tanti se la mangiavaSi fecero circa duecento chilometri per arrivare: una setno subito. Io e un mio compagno di Morlengo (Treviso), intimana di cammino, sempre a piedi. Abbiamo dovuto attravece, ne mangiavamo un pezzetto, stendendo il fazzoletto per
versare tutti i Carpazi: monti con boscaglie di pini e le strade
terra per non perdere le briciole; poi lo chiudevamo nella nofatte di pini messi per traverso, uno avanti l’altro; così era
stra cassetta con lucchetto, dicendo di mangiarlo ancora doformata la strada.
mani e domani l’altro.
Arrivati a destinazioModerno “campo di prigionia”... un campo profughi, a Goma, in Congo RD
Ma poi per la fame non
ne a Cernovis (Czersi poteva dormire, pennowitz), capitale della
sando al pezzo di pane
Bucovina, anche qui
rinchiuso. Così per tutsiamo stati circa due
ta la notte, apri e chiumesi. Poi, come il sodi; la mattina, il palito, si cambia ancora:
ne che doveva bastarci
si va in Romania, ai
cinque giorni l’avevaconfini della Russia. E
mo consumato in una
anche là, dopo 40 giornotte!
■
ni, si deve cambiare.
Il medico italiano e il cuoco compaesano
Infine, arrivò il giorno della partenza per Mauthausen, il
concentramento grande. Da lì, per la mediazione del Papa,
venivano rimpatriati gli invalidi di guerra. Ogni giovedì partiva per l’Italia un treno di prigionieri invalidi. Ma si dovevano
fare altre visite di controllo. Andai per la visita e trovai un
tenente medico italiano.
Ricordo, ero solo. Mi visita bene, ascolta, batte… e poi mi
dice: “Tu sei perfettamente sano e non potrai essere rimpatriato”. Alle parole del medico mi misi a piangere. Lui era buono,
gli feci compassione e mi disse: “Per me, io ti faccio invalido,
però poi devi passare un’altra visita che è tanto difficile, con
una commissione formata da tre medici austriaci e un maggiore; devi saperti regolare nel mangiare”. Ricordo: lo salutai
con tante grazie e gli baciai la mano.
Io non so come fui scelto: senza farmi visita, mi fecero
invalido! Era il venerdì e perciò il giovedì seguente ero assegnato per venire rimpatriato in Italia. Che contentezza! Il
cuciniere (un certo Rossetto di Caonada, a 6 chilometri dal
mio paese Trevignano) mi disse: “Sei fortunato; se dovessi
passare la visita ora non andresti più in Italia!”. Avevo fatto
conoscenza con lui, e mi passava ogni giorno delle gavette
piene di minestra con la farina di polenta. Io mi riempivo la
pancia e fra me dicevo: “Quando arriverò a casa, andrò a mangiare con i maiali, per far vedere quanto bene sono trattati i
nostri maiali!”.
Finalmente, parte il treno!
Il generale Cadorna davanti ai resti di un aereo austriaco abbattuto
(foto dei Civici Musei di Storia e Arte, Trieste)
Formato il treno, ci avviamo per il rimpatrio, mentre la
guerra continuava. Durante tutta la traversata della Svizzera,
a ogni fermata quella buona gente ci dava confetti e caramelle... A Chiasso, siamo trasferiti su un treno italiano di prima
e seconda classe, ed entriamo in Italia. Che paradiso! Che
gioia! Troviamo le suore che con tanta carità ci confortavano.
Per prima cosa ci portano un bicchiere di caffè-latte con un
biscottino. Oh, come l’abbiamo gustato! Poco dopo, un altro
bicchiere di minestra col riso, e dicevamo: “Che buono!”.
A ogni stazione italiana si faceva una breve fermata: c’erano treni pieni di nostri soldati che andavano al fronte. Loro
ci credevano austriaci (eravamo ancora vestiti da austriaci,
con panni vecchi e sporchi), ma quando ci sentivano parlare
italiano, capivano che eravamo prigionieri di ritorno, e allora
ci davano delle pagnotte di pane.
Ricordo che due siciliani si sono mangiati una pagnotta per
uno, ma poco dopo sono morti crepati. Così poi, ogni volta che
ci si fermava, c’erano le guardie e nessuno poteva darci niente.
Ma che gioia, che contentezza essere liberati dalla schiavitù!
reparti diversi. Io fui sul più fortunato. Intanto, scrivo subito
a casa, dicendo che mi trovo a Roma per 40 giorni e poi sarei
tornato a casa per la convalescenza. Appena i miei genitori
ricevono la lettera, si domandano: “Come mai? Sarà senza una
gamba, o avrà qualcosa di grave…!”.
Intanto siamo sotto severo controllo: visite, raggi, esami del
sangue, dell’orina, dello sputo eccetera. Sui raggi riconoscono
che ho avuto la pleurite secca da tutte e due le parti, ma che
ora è quasi scomparsa. (Ecco, io pensavo a quelle notti nel
mezzo dei Carpazi, che non potevo coricarmi per il dolore ai
fianchi: avevo la pleurite, e senza cure sono guarito: riconosco
che la Madonna mi ha fatto la grazia!).
Terminate tutte le visite e i controlli, dopo 40 giorni andai
in convalescenza per tre mesi. La mia malattia di prigioniero
rimpatriato era per deperimento organico, per il gran soffrire
la fame.
Arrivai a casa: era notte. Suonava l’Ave Maria della sera. In
paese era pieno di soldati; anche in casa di mio padre, quando sto per entrare nel cortile, vedo un soldato e lo chiamo. Era
mio cugino Antonio che partiva per il fronte. Immaginate la
scena: lui si mette a gridare: “È arrivato Duilio!”. Non dico la
consolazione nel trovarmi a casa, abbracciato dai miei geni■
tori e fratelli!
“È FINITA! È FINITA LA GUERRA!”
DUILIO
Si comincia a raccontare, e ognuno dice la sua. Poi
mia madre mi racconta dei sogni che aveva fatto e che
teneva sempre in mente. Il primo era la notte del 29
maggio 1917: aveva sognato una covata di pulcini sotto una cesta, ma che poi, a un tratto, tutti erano scappati e non li ha più visti. Un’altra volta (non ricordo la
data precisa), si era sognata ancora di quei pulcini, ma
che non erano più belli come prima, e specialmente
uno era il peggiore!
La buona mamma pensava sul serio e disse che quei
sogni parlavano di me! Il primo era precisamente quel
29 maggio, quando tutti si correva per portarci fuori
dal tiro del cannone, e ci avevano presi prigionieri; il
secondo era quando mi sentivo male e avevo la pleurite. Da queste cose conosciamo il sangue di una madre
che ama il proprio figlio!
Vengo a sapere che i miei genitori mi avevano “abbonato” a due Croce Rossa (di Bologna e di Milano),
che mandavano un pacco di pane e pasta regolarmente ogni 15 giorni, e anche i miei da casa mandavano un
pacco. Ma io non ne ho mai ricevuto uno, a causa dei
frequenti cambiamenti di posizione.
Dopo due mesi che ero a casa, una sera sul tardi sentiamo le campane suonare a festa: avevano firmato
l’armistizio di pace. Figuriamoci che contentezza: “È
finita, è finita la guerra!”.
Così, caro figlio, ho finito di dirti un po’ di quello che
ho passato nella mia vita. Certo, se mi dicessero di rifarla di nuovo!!! Piuttosto, guardo l’avvenire e spero
nella bontà del Signore, che mi faccia chiudere gli occhi nel suo amore e nella sua misericordia.
“Sono stati eretti molti monumenti ai caduti; nessuno per chi è sopravvissuto per la patria... “ (Duilio). Nella foto, il sacrario di Redipuglia
I severi controlli e l’arrivo a casa
Arrivati a Roma, al Forte Tiburtina, siamo rimasti 40 giorni
per passare la visita collegiale: secondo le malattie, c’erano
5
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
IL M ON D O IN CA SA
SUD/NORD NOTIZIE
Un fronte aperto
● Congo RD: amnistia per i ribelli? Un impegno a non riprendere le armi contro l’esercito e i
civili in Congo RD è stato messo nero su bianco dai ribelli del
Movimento 23 marzo. Secondo più fonti, l’impegno sarebbe stato assunto per poter beneficiare di un’amnistia annunciata dal presidente congolese Kabila e relativa anche ad “azioni
di guerra e reati politici”.
Intanto, “Rete Pace per il Congo” chiede che la comunità internazionale promuova un dialogo
tra Congo e Ruanda perché delimitino la frontiera e risolvano
la questione delle milizie FDLR.
● Congo RD / 2: pace ed elezioni. Un messaggio ai congolesi è
stato rivolto dai vescovi: “Dobbiamo riportare la pace, difendere e promuovere i diritti, la dignità e il benessere di tutti i congolesi, valorizzare le risorse naturali, consolidare la democrazia con l’organizzazione di elezioni libere, credibili e trasparenti, senza manipolare la costituzione”. È stato annunciato che
la chiesa si farà carico dell’educazione civica ed elettorale della popolazione in vista delle scadenze elettorali 2015-2016. ■
Sapete che...
● Istruzione universale. Nel
mondo ci sono oltre 58 milio-
Il dovere della pace!
pagina a cura di DIEGO PIOVANI
ni di bambini tra i 6 e gli 11 anni non scolarizzati. In testa alla
classifica c’è la Nigeria con quasi 9 milioni di bambini, seguita
da Pakistan, Sudan e India. Nonostante alcuni progressi nella
riduzione dell’abbandono scolastico, non vi è alcuna possibilità
che i paesi raggiungano l’obiettivo dell’istruzione primaria universale entro il 2015.
Thailandia: primo passo.
La Corte suprema amministrativa della Thailandia ha accettato
di esaminare una causa intentata dagli abitanti di alcuni villaggi contro la decisione del paese
di acquistare energia dalla megadiga di Xayaburi, in costruzione
nel vicino Laos, giudicata dagli esperti una minaccia all’ambiente e alla sicurezza alimentare nella regione.
●
● Messico: progetti idroelettri-
ci. Sarebbero danneggiati quasi
20mila abitanti indigeni (mixtecos, chatinos, afro-messicani e
meticci) dal progetto di una grande diga, che interessa 40 comunità in sei comuni. Ad avvisare
del pericolo è stato il vescovo di
Puerto Escondido che definisce
gli indigeni “i guardiani dell’acqua, delle piante, degli animali e
del territorio in cui vivono”.
● Bangladesh: allarme emigrati. Ogni anno il numero di
chi emigra all’estero e muore
in giovane età è in continuo aumento. L’età media dei lavoratori deceduti, che prima di lasciare il paese superano tanti tipi di test della salute, è 38 anni. Il governo ha preso in considerazione il problema e farà indagini. Tra le ragioni principali
dei decessi ci sono le prolungate
ore di lavoro, un’alimentazione
scorretta e sistemazioni abitative inadeguate.
■
Iniziative positive
● Giappone: al bando le armi
atomiche. All’incontro preparatorio per la Conferenza di revisione del Trattato di non-proliferazione nucleare del 2015, il
sindaco di Hiroshima, Matsui,
ha insistito sui pericoli “di vivere ancora nel rischio di distruzione attraverso le armi atomiche”.
Matsui è a capo del movimento
globale per l’abolizione delle armi atomiche entro il 2020. Per il
sindaco di Nagasaki, Taue, la soluzione sarebbe rendere tali armamenti illegali per poterli abolire più rapidamente.
Italia: in piazza per la pace.
Il 3 luglio, il saveriano p. Filippo
Rota Martir ha partecipato, su invito della rivista “Missione Oggi”, a un incontro a Roma dal titolo “L’Italia per il diritto alla pace”. Sono state consegnate al pre-
●
MISSIONI NOTIZIE
Cristiani nel mondo
India: dalit vicepremier. Il
medico cattolico Rajaiah è il vice primo ministro dello stato indiano di Telangana. Proveniente da una comunità cattolica dalit, Rajaiah è stato educato nella scuola dei missionari del Pime. Nel suo impegno politico ha
dimostrato grande attenzione ai
problemi sociali, agli emarginati, alle minoranze religiose.
●
● Malesia: il divieto su “Allah”. La corte federale della
Malesia ha confermato il divieto imposto al settimanale cattolico “Herald” di usare il termine
“Allah” nelle sue pubblicazioni
per riferirsi a Dio. Si chiude così, al terzo grado di giudizio, una
vicenda che da anni ha agitato la
nazione. Padre Andrew, direttore del settimanale “Herald”,
si è detto “deluso e rammaricato per un verdetto che viola i diritti fondamentali delle minoranze”. Mentre il vescovo di Malacca Tan ha dichiarato che i giudici
non sono stati imparziali.
ha avuto un’accelerazione dopo
che gli insorti sunniti e i militanti dell’autoproclamato califfato islamico hanno cominciato a
segnare con lettere di riconoscimento le case di cristiani e sciiti per poi prenderne possesso.
L’evacuazione è dovuta anche
all’intensificarsi dei bombardamenti operati dalle forze armate governative su molti quartieri della città.
Novità in rosa. Per la prima
volta alla guida della Conferenza degli istituti missionari italiani (Cimi) c’è una donna. È suor
Marta Pettenazzo (nella foto),
missionaria di Nostra Signora
degli Apostoli. Suor Pettenazzo è nata a Padova nel 1962. È
stata missionaria a Djougou, in
●
● Iraq: l’abbandono di Mosul.
Le ultime famiglie cristiane ancora presenti a Mosul hanno dovuto lasciare la città. L’esodo
6
Flavio Lotti consegna a Luigi Manconi
firme e delibere degli enti locali per
il riconoscimento del diritto alla pace
Visitate il nostro sito www.saverianibrescia.it per leggere tutte le notizie,
le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le edizioni locali
e la versione in formato pdf.
Infine, segnaliamo il rinnovato sito della Direzione generale dei saveriani: www.saveriani.com
Benin, per otto anni, occupandosi dell’accoglienza di bambini orfani, dell’animazione rurale
femminile, della formazione dei
catechisti nei villaggi.
Ha accettato di guidare la Cimi
“in spirito di servizio e di collaborazione”. Con lei collaborano p.
Luigino Frattin (Sma), il comboniano Giovani Munari, e il saveriano p. Rosario Giannattasio. ■
Sempre martiri
Mentre salutiamo con gioia la liberazione dei sacerdoti
vicentini “fidei donum”, rapiti
in Camerun insieme a una religiosa, e quella di due suore e tre
giovani caldei in Iraq, continuano ad arrivare notizie di religiose, missionari e laici che hanno
perso la vita nel mondo.
Libia: Salwa Bugaighis, avvocato e voce contro l’estremismo,
a favore del dialogo, è stata ammazzata nel giorno delle elezioni politiche per le idee scomode
che difendeva.
Tanzania: suor Clecensia Kapuli, religiosa tanzaniana di 50
anni della congregazione “Regina degli apostoli”, è stata uccisa
il 23 giugno nel corso di una rapina in strada a Dar es Salaam.
Sudafrica: suor Mary Paule
Tacke, 82 anni, delle suore missionarie del Preziosissimo Sangue, è stata uccisa nel corso di
un tentativo di rapina.
Stati Uniti: a Phoenix sono
stati aggrediti dopo un tentati-
sidente della Commissione diritti
umani Luigi Manconi le firme raccolte e le prime 100
delibere approvate dagli enti locali
italiani a favore del
riconoscimento del
diritto alla pace.
E il 16 luglio, in
piazza Campidoglio, s’è tenuta una
giornata di mobilitazione per la pace
in Palestina e Israele.
■
Candele accese in
Campidoglio, a Roma,
per chiedere la pace
in Palestina e Israele
MESSAGGIO DALLE CHIESE
SGUARDO SUL “REGNO DI MEZZO”
p. MICHAEL KELLY, sj
Il direttore gesuita di “Union of Catholic Asian News (Ucan)”, agenzia cattolica d’informazione sull’Asia con sede a Bangkok, ha descritto
la situazione in Cina.
Non ci illudiamo sulla possibilità di influire con pressioni dall’esterno
sulla situazione di quello che resta il Regno di Mezzo, il centro del mondo per la visione cinese. Nessuna pressione esterna sarà in grado ancora per qualche tempo di influire sul cammino cinese o sulla leadership
del partito comunista. Tuttavia, la chiesa è in crescita a livello numerico e ancor più lo è il protestantesimo, meno strutturato e quindi meno
controllabile. La realtà del cristianesimo resta dinamica, ma difficile, in
particolare per i cattolici e quindi il futuro non sembra presentare prospettive incoraggianti.
Indipendentemente da chi governi in Cina, la preoccupazione è oggi
come due millenni e mezzo fa, di evitare l’instabilità politica provocata
da piccoli gruppi organizzati in comunità religiose. Da qui deriva il controllo sui fenomeni religiosi e le occasionali mosse repressive.
Il vuoto religioso ed etico attuale porta alla ricerca di spiritualità e di
fede più strutturata. Il governo non può fermare questa tendenza; tuttavia, con un’ideologia in bancarotta, deve giustificare il proprio potere. Oggi il comunismo è un’associazione per finalità economiche e di
potere, con benefici per i membri. Gli interessi tuttavia non bastano a
garantire stabilità e il sistema rischia la disintegrazione. Il presidente Xi
Jinping sta cercando di ristabilire il primato della dottrina maoista, pur
sapendo che è alla base dei problemi della Cina attuale. I cinesi stanno
cercando, oggi, di reinventare la propria civiltà tornando ai problemi
che li hanno originati, ma non funzionerà.
●
vo di rapina p. Joseph Terra e p.
Kenneth Walker, due sacerdoti
della fraternità sacerdotale di
San Pietro. Padre Walker è stato
ucciso, p. Terra è rimasto ferito.
Malesia: suor Juliana Lim, 69
anni, della congregazione del
Bambino Gesù, è morta dopo
una violenta aggressione subita
a Seremban, cittadina nei pressi
di Kuala Lumpur.
Ucraina: c’era anche una religiosa a bordo dell’aereo MH17
della Malaysia Airlines, in volo
da Amsterdam a Kuala Lumpur,
abbattuto nei cieli dell’Ucraina.
Si tratta di suor Tiernan, della
Società del Sacro Cuore (RSCJ),
77 anni, che stava facendo ritorno in Australia dopo aver trascorso un periodo in Europa. ■
Una storia speciale
● Aziz: la fede e il disprezzo.
La scrittrice marocchina Laila
Abu Zaid (“Parola di donna, corpo di donna”, Mondadori 2005)
ha raccontato la vicenda reale di
un convertito marocchino diventato frate francescano.
Il racconto inizia con il rientro di Aziz a Fez, dopo trent’anni. La sua conversione aveva suscitato gran clamore in città. Sua
madre alla notizia si era schiaffeggiata il viso, percosso le gambe, scoperto i capelli, crollando a
terra. Il padre era sconvolto ma
non aveva battuto ciglio.
Ad Aziz fu riferito che il
giorno seguente alla sua partenza una bara vuota era stata
trasportata da casa al cimitero,
con una gran folla. Aziz, tornato a casa, trova la porta chiusa. Bussa e riconosce la voce di
sua madre. Quando lei si affaccia, lui dice: “Sono Aziz!”. Ma
lei con indifferenza risponde:
“Aziz è morto da trent’anni” e
■
chiude la porta.
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
D IA L OG O E SOLID A RIETÀ
LETTERE AL DIRETTORE
p. Marcello Storgato
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: [email protected]
Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale
NON MUORE L’AMICIZIA MISSIONARIA
Caro direttore,
ho letto sull’ultimo numero di questo mensile della morte di p. Ildo
Chiari. La notizia mi ha riempito di tristezza, perché ho perso un caro
amico a cui mi rivolgevo con confidenza per esporgli i miei problemi e
sempre lui trovava le parole per guidarmi e rasserenarmi. Ogni volta
che spedivo un’offerta alla vostra famiglia saveriana, mi scriveva e
ringraziava. E io, quando vedevo la sua lettera arrivare, mi rallegravo, sicura che avrei letto le sue parole incoraggianti con la promessa
delle sue preghiere.
Ora non c’è più, ma sono sicura che pregherà ancora il Signore
per me e che il suo aiuto non mi mancherà. Continuerò a dare il mio
modesto contributo alle vostre missioni, sicura che ho ancora un avvocato in cielo. Confido anche nelle vostre preghiere. Con affetto,
Battistina, Rimini
Ringrazio per il mensile che considero un regalo prezioso, in quanto
emerge uno spirito missionario vivace, attivo, gioioso, a volte anche
ironico con finalità costruttiva; spirito che tiene raccordati coloro che
sono in questo mondo con coloro che sono nella vita nuova, i vicini
e i lontani.
Confido nelle preghiere per il delicato compito che svolgo presso
il tribunale per i minorenni, come giudice onorario, e per i giovani
adulti (una quindicina) che nella mia unità pastorale sto preparando
alla cresima. Auguro tante grazie e benedizioni! Milva, Collegno (TO)
Cari amici,
vi spero bene, in questi tempi in cui vivere con l’entusiasmo e
l’impegno che vorremmo sembra difficile e infruttuoso: tutto o quasi
sembra remare contro, scivolare verso una direzione irrefrenabile di
violenza senza confini né margini di contenimento.
Avendo lasciato tutto per consacrarci alla missione, non abbiamo
altro da offrire in regalo se non l’esperienza del vangelo ai poveri e
ai semplici di questo mondo. E cerchiamo di farlo in modo “vivace,
attivo, gioioso, a volte anche ironico” - sì, e sempre - “con finalità
costruttiva”, come testimonia l’amica Milva.
Offriamo in regalo anche la nostra preghiera, povera ma costante,
per ciascuna e ciascuno di voi, secondo le intenzioni che espressamente ci confidate, o che rimangono verbalmente inespresse, ma che avete
in cuore e che lo Spirito Santo ben conosce. È una preghiera convinta
ed efficace, secondo la volontà di Colui che merita la massima fiducia:
il Padre Celeste, che ascolta la supplica dell’unico nostro vero “Avvocato”, Gesù Salvatore.
Offriamo in regalo ciò che un compianto confratello chiamava “l’apostolato della riconoscenza e del ringraziamento”, con gesti semplici,
verso tutti coloro che hanno fiducia nei missionari e ci permettono di
continuare la missione nel mondo. Lo facciamo con gesti semplici e
sinceri, come quelli di p. Ildo, ricordati dall’amica Battistina. Anche
questa è vera amicizia missionaria, profonda ed eterna; che mai perisce anzi, s’intensifica tra noi e coloro che già sono “diversamente vivi”.
Con riconoscente affetto,
p. Marcello, sx
STRUMENTI D’ANIMAZIONE
LA MISSIONE TUTTI I GIORNI
In settembre riprendono le attività scolastiche. In
epoca di iphone, tablet e smartphone un’agenda cartacea non passa di moda. Ecco le nostre proposte.
Agenda della pace 2014-2015 (edizioni Csam, 160
pp), a cura di “Cem Mondialità” dei saveriani di Brescia. Il tema è “cibo per tutti”, con indicato ogni mese il rapporto fra cibo e religioni. L’agenda copre 16
mesi (da settembre 2014 a dicembre 2015) e riporta le
ricorrenze delle religioni, le giornate internazionali,
brevi frasi su scuola, educazione e intercultura.
Una copia € 4.50, oltre 10 copie € 3.50, oltre 100
copie € 2.50.
Per i ragazzi proponiamo Mondiario 2014-2015
(290 pp, € 9). Un’agenda antispreco, realizzata dalla
redazione de “Il piccolo missionario”, dei comboniani.
Segnaliamo anche Diario G 20142015 (€ 9,90), diario scolastico de “Il
giornalino”, ricco di riflessioni e colori per giovani studenti, con un omaggio compreso nell’acquisto.
Richiedere a:
• Libreria dei popoli, Brescia
tel. 030 3772780 int. 2; fax 030 3772781;
e-mail: [email protected]
I MISSIONARI SCRIVONO
In Indonesia, un piccolo monumento a un grande missionario
Viaggiando tra Padang e Pekanbaru, quando arrivavo sui pressi dell’incidente mortale capitato a p. Gianfranco Cruder il 25 ottobre del 2000, mi fermavo per una preghiera. Ma non sapevo il posto esatto; perciò una volta chiesi informazioni alle persone del luogo. Mi incontrai proprio con la signora che accorse e si diede da fare perché il corpo del missionario fosse portato al posto di polizia
più vicino. Era ancora molto emozionata nel raccontare ed esclamò:
“Che bel volto che aveva...!”.
Lei e suo marito Nazir mi hanno accompagnato sul posto dell’incidente: al Km 159 da Padang (a circa metà strada) e mi hanno invitato per un caffè. Ne è nata una bella amicizia, finché un giorno mi
venne il coraggio di chiedere se fosse possibile mettere un segno sul
ciglio della strada in ricordo del missionario perito.
Era una domanda azzardata, perché siamo in territorio Minangkabau, dove ogni segno di cristianesimo fa problema.
Ma il sig. Nazir e sua moglie, musulmani minangkabau,
non erano affatto contrari; chiesero solo che non apparisse alcuna croce. Così, il 27 marzo scorso, abbiamo potuto posare il piccolo monumento in memoria, quasi 14
anni dalla morte di p. Gianfranco.
P. Franco Qualizza vicino al piccolo
Tutto andò liscio, anche se venni poi a sapere che
monumento che ricorda il compianto
qualcuno obiettò, ma il sig. Nazir difese quel sep. Cruder tra Padang e Pekanbaru
gno posto sul ciglio della strada, sulla propria terra, in ricordo di un fatto tragico di cui lui e la famiglia erano stati testimoni oculari. Ora
la lapide è là: un invito a fermarsi per un “requiem” per il caro p. Gianfranco, e anche per incontrare questa brava famiglia che custodisce la sua memoria.
p. Franco Qualizza, sx - Padang, Indonesia
Al centro giovani Kamenge una giornata da ricordare!
Martedì 10 giugno è stata una grande giornata: abbiamo inaugurato Radio Colombe, la radio comunitaria dei giovani per i giovani, regalata dall’Onu al
centro giovani Kamenge. Raggiunge la città di Bujumbura e i comuni limitrofi: insieme per un mondo di fratelli.
L’Onu ha invitato il presidente del Burundi, che
ha inaugurato la radio, ha visitato il centro, ha visto
lo schermo gigante che l’Onu ci ha regalato per vedere le partite con i giovani dei quartieri. I giovani
che erano stati in Brasile tra i ragazzi di strada, gli
hanno regalato il pallone della coppa del mondo. Nel
pomeriggio, al concerto di due ore e mezza, c’erano
più di 3mila persone. Il presidente si è divertito e noi
ci siamo guadagnati la prima notizia del telegiornale
con un servizio di 10 minuti.
Grazie a tutti coloro che ci seguono, in questa corsa pazzesca per migliorare il mondo.
p. Claudio Marano, sx - Kamenge, Burundi
Il presidente del Burundi Pierre Nkurunziza con p.
Claudio Marano al centro giovani Kamenge, invitato dall’Onu: il pallone dei mondiali regalato dai
giovani e alle spalle lo schermo, dono dell’Onu
SOLIDARIETÀ
UN’AUTO PER PADRE RAFFAELE
La parrocchia “San Paolo”, in diocesi di Abaetetuba
(Amazzonia) comprende 38 comunità e si estende per
un’area di 400 kmq. Affidata ai missionari saveriani, è
attualmente curata da p. Raffaele Bartoletti, marchigiano di Loretello di Arcevia, con il coraggio dei suoi
77 anni compiuti. La maggior parte delle comunità si
raggiungono su strade in terra battuta, in condizioni
precarie, specialmente nel periodo delle piogge, per
sei mesi l’anno.
Il vecchio
mezzo di
trasporto dà
più grattacapi in officina
che utilità per
l’intenso lavoro pastorale.
Sarebbe utile
e necessario
avere un mezzo di trasporto leggero e
sicuro, per le
frequenti visite e i contatti
con la gente
sparsa sul vaPadre Raffaele si avventura anche in moto
per raggiungere le 38 comunità in Amazzonia
sto territorio.
Non occorre
un dispendioso “fuori strada”; si pensa piuttosto di acquistare una Fiat Strada Adventure, che costa meno, si disimpegna bene anche nel fango ed è prodotta in Brasile.
Il preventivo consiste in 18.000 euro, per il quale chiediamo un contributo ai generosi lettori e amici, che ringraziamo con la gioia di lavorare insieme per la missione del vangelo.
p. Raffaele Bartoletti, sx
PICCOLI PROGETTI
6/2014 - ABAETETUBA
Un’auto per padre Raffaele
La parrocchia “San Paolo” ad Abaetetuba
(Amazzonia) ha 38 comunità disseminate in
400 Kmq, da visitare su strade in terra battuta,
polverose e fangose, a seconda della stagione. Per una Fiat Strada Adventure, costruita
in Brasile (€ 18.000), si chiede un contributo.
• Responsabile del progetto è il saveriano
marchigiano p. Raffaele Bartoletti.
5/2014 - KINDU
Tavoli e panche per i giovani
La nuova missione affidata ai saveriani nella
città di Kindu (RD Congo) si chiama “Città dei
giovani”. Ci sono i muri delle sale, ma mancano tavoli e sedie, porte e finestre, scaffali e
luci, per un totale di almeno 15mila euro.
• Responsabili del progetto sono i saveriani p. Benzoni, p. Sciamanna, fr. Gregato.
Chi desidera contribuire, può utilizzare l’accluso
C/c.p., oppure può inviare l’offerta su C/c.p. o bonifico direttamente a:
“Associazione Missionari Saveriani Onlus”
Viale S. Martino 8 - 43123 PARMA
C/c 1004361281 (Cod. fiscale 92166010345)
IBAN IT77 A076 0112 7000 0100 4361 281
È bene inviare copia dell’avvenuto bonifico
via fax al n. 0521 960645 oppure via e-mail a
[email protected] - con nome, cognome e indirizzo (per emettere documento valido ai fini della detrazione fiscale).
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
ALZANO
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247
IBAN - IT 82 K 05428 52520 000000000195 (UBI Banca Popolare Bergamo, Alzano L.)
Padre Caglioni torna... a casa
È il nuovo rettore dei saveriani di Alzano
p. GIUSEPPE RINALDI, sx
A
casa diocesana di esercizi spirituali Santa Maria.
Il motore della comunità
Il rettore riveste un ruolo di
particolare importanza. È il riferimento dei confratelli, dei sacerdoti, dei collaboratori laici,
dei vari gruppi missionari, dei
responsabili della congregazione
e della chiesa locale. Senza questa figura, una comunità manca
del suo motore e del suo perno
Padre Gerardo è arrivato ai
primi di giugno. A lui il compito di dare continuità a una bella tradizione di rettori dei missionari saveriani, che sono arrivati a Bergamo nel 1942, prima
a Gromo San Marino, poi a Pedrengo, nella villa dei conti Sottocasa, quindi ad Alzano nella
Una bella galleria di volti
Nella memoria di molti sfilano le figure dei numerosi saveriani che, in
questi 72 anni, hanno diretto la comunità:
Timolina, Fellini, Morazzoni,
D’Erchie, Ghirardi, Ceresoli, fino agli ultimi Pennino, Arnoldi, Bradanini, Bettinsoli e
Giavarini.
Certo sono
cambiati i compiti; da casa di
formazione di
giovani aspiranti alla vita missionaria, comGerardo Caglioni, bergamasco doc,
posta da nume- èPadre
il nuovo rettore dei saveriani di Alzano;
rosi ragazzi del- negli ultimi anni è stato impegnato con
le medie, siamo vari incarichi nella comunità di Roma.
Benvenuto!
passati a casa di
fine maggio, il superiore
dei saveriani in Italia, p.
Rosario Giannattasio, ha annunciato che p. Gerardo Caglioni,
originario di Dalmine, è il nuovo rettore della comunità di Alzano. Da mesi eravamo in stand
by, dopo la morte improvvisa di
p. Mario Giavarini, il 14 gennaio scorso.
animazione missionaria, composta da pochi religiosi e per di più
non giovanissimi. Ha comunque
sempre un grande valore la presenza in diocesi di una comunità di religiosi-missionari e ancor più ha un
valore concreto la loro attività di animazione missionaria
nella chiesa locale.
C’è bisogno
di rinforzi
Dal lontano
1942 nella diocesi di Bergamo i saveriani
hanno attinto
un centinaio di
vocazioni (circa 90 saveriani,
cui vanno aggiunte una decina di saveriane). Missionari e missionarie ad vitam
sono oggi in tutte le missioni del
mondo, dal Giappone al Messico, passando per l’Africa. Hanno assicurato in questi 72 anni di
presenza a Bergamo un notevole contributo per il mantenimento della coscienza missionaria
sia tra i sacerdoti sia tra i fedeli delle parrocchie.
Anche p. Gerardo continuerà nel solco di questa tradizione.
Fin dal primo giorno, ha chiesto
ai superiori qualche rinforzo per
rivitalizzare una comunità che in
pochi mesi ha perso tre confratelli: p. Antonio Benetti, economo, p. Mario Giavarini, rettore,
e p. Giuseppe Zanchi, animatore. C’è bisogno di qualche sostegno in più, perché a Bergamo le
richieste di animazione missionaria incalzano. Per rispondere,
non sono sufficienti le e-mail,
ma occorrono persone e contatti reali. Tutti sperano che questa
richiesta trovi presto una risposta adeguata.
“Sono appena arrivato…”
Ecco le prime parole che il
nuovo rettore ha scritto per gli
amici. “Cari famigliari e amici
dei saveriani, sono appena arrivato in questa comunità missionaria di Alzano Lombardo per
prendere il posto - lasciato dolorosamente libero - di p. Benetti
e di p. Giavarini. Ma sono anche
tornato in quel luogo in cui avevo iniziato il mio cammino vocazionale missionario il 30 settembre 1959.
Sono contento di continuare tutte quelle attività di animazione missionaria, che nella nostra terra bergamasca i saveriani
hanno sempre svolto con particolare zelo. Vorrei perciò mantenere i contatti con i famigliari, i benefattori e gli amici che
ci seguono.
È l’inizio di un cammino, che
desidero fare insieme a voi, con
l’aiuto del Signore. La preghiera ci aiuterà molto, anche perché l’annuncio del Regno è essenzialmente opera di Dio. A tutti un caro saluto, in attesa di conoscerci personalmente”, p. Ge■
rardo Caglioni, sx
La missione dei piccoli numeri
Nel Giappone della minoranza cristiana
L
a missione in Giappone
continua senza grandi risultati apparenti. La vicina Corea sta abbracciando il cristianesimo a ritmo sostenuto, con
molte vocazioni sia maschili
che femminili. I preti coreani e
le suore vengono inviati anche
in altre nazioni come missionari.
In Giappone, questo non accade.
Un vescovo coreano mi diceva
che noi giapponesi siamo chiamati a una santità maggiore…
8
La collaborazione con i laici
Sono tornato in Italia per un
mese di vacanza, per vedere i
miei parenti e come sono cambiati i volti delle persone che
conosco! Ringrazio e saluto tutti
con questa lettera, perché non ho
avuto il tempo di visitare tutti.
Attualmente, mi trovo nella
missione di Miyazaki, cittadina
del profondo sud del Giappone
dove i cristiani sono una minoranza assoluta. La diocesi di
Oita, la più antica del Giappone,
fondata ai tempi di san Francesco Saverio, oggi conta solamente seimila cristiani. La missione a me affidata è stata fondata cinquanta anni fa dai saveriani
e conta circa 250 cattolici, ma la
domenica nell’unica Messa che
si celebra sono presenti solo ot-
tanta fedeli circa.
Qui sto facendo di tutto perché la comunità diventi protagonista dell’evangelizzazione in
prima persona. Mi dedico prevalentemente alla formazione e
lascio tutti i problemi di normale
amministrazione ai cristiani. Ho
chiesto ai cristiani di impegnarsi a insegnare il cristianesimo
(l’abc della fede), mentre io mi
riservo l’insegnamento della
Bibbia e dei vangeli a livello un
po’ più avanzato. Un bel gruppo
Padre Silvano Da Roit, saveriano bergamasco e missionario in Giappone
p. SILVANO DA ROIT, sx
di persone è impegnato nel sostenere la missione in ogni suo
aspetto e questo fa onore ai giapponesi.
Il vangelo con internet
Anche in Giappone la società
cambia e la popolazione invecchia. Per questo, sto cercando di
adeguare l’asilo cattolico perché possa accogliere i bambini
anche di pochi mesi di vita, in
modo da poter aiutare le mamme
che lavorano.
Un’attività che mi impegna
molto, ma anche mi entusiasma,
è usare internet per l’evangelizzazione. Assieme a un’amica poetessa, che mi corregge la lingua
giapponese, ho creato un blog
con le spiegazioni dei vangeli
della domenica. Ci sono giapponesi che le leggono anche fuori
dal Paese. Ho ricevuto di recente
un messaggio da una giapponese protestante di New York che
mi confidava di capire meglio il
vangelo grazie al mio blog.
Sono felice di essere missionario in Giappone. Noi abbiamo la
responsabilità e il dovere di annunciare il vangelo a tutti; i frutti dipendono anche dal Signore.
Grazie delle vostre preghiere e
della vostra testimonianza di vi■
ta cristiana.
Padre Gerardo con una famiglia in Sierra Leone, dove è stato missionario
A TU PER TU CON MONS. FRANCESCO
p. GERARDO CAGLIONI, sx
Giovedì 26 giugno, sei saveriani bergamaschi hanno partecipato,
presso il centro missionario diocesano, al tradizionale incontro annuale del vescovo mons. Francesco Beschi con i missionari e le missionarie bergamaschi rientrati dalle missioni o presenti a Bergamo in questo periodo estivo.
La delegazione saveriana era così composta (da sinistra): p. Giuseppe Rinaldi (Bergamo), p. Livio Salvetti (Bangladesh), p. Gerardo Caglioni (Alzano), p. Natale Paganelli (Sierra Leone), p. Francesco Benigni (Messico) e p. Sandro Peccati (Indonesia).
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
BRESCIA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
IBAN - IT 45 Q 03500 11202 000000001607 (UBI Banco di Brescia, Brescia 2)
L’impegnativo convegno di MO
Dire il vangelo oggi nel tempo dell’incertezza
missionario americano,
U nJohn
Sivalon, e Salvatore
Natoli, uno dei più noti filosofi
italiani, erano due dei relatori
che, tra gli altri, hanno animato
l’interessante convegno annuale
promosso da “Missione Oggi”,
la rivista dei saveriani, tenuto a
San Cristo (Brescia) il 10 maggio scorso.
I loro interventi hanno caratterizzato la mattinata, dopo l’introduzione di p. Mario Menin,
direttore della rivista, e il caldo
saluto del vescovo di Brescia,
mons. Luciano Monari. Il titolo
del convegno “Dire il vangelo
oggi nel tempo dell’incertezza”
ha preso spunto dalla recente
pubblicazione della traduzione
italiana del volume di Sivalon,
Il dono dell’incertezza. Perché
il postmoderno fa bene al vangelo (Emi, 2014), presentato in
anteprima in occasione del convegno stesso.
Natoli: primavera in attesa?
Salvatore Natoli, già ordinario
di filosofia teoretica nell’università di Milano-Bicocca, è un filosofo sensibile ai temi dell’etica
e aperto al dialogo fra credenti
e non credenti. Ha riflettuto sul
tema “Dire il vangelo oggi con
papa Francesco, una primavera
in attesa?”.
Nel suo intervento ha affronta-
FEDERICO TAGLIAFERRI
to il tema dell’annuncio del vangelo in una società secolarizzata
come quella occidentale, in cui
concetti e termini del cristianesimo sembrano aver perso il significato originario per assumerne
altri, diversi o alternativi alla
tradizionale dottrina cristiana.
Che cosa significa per i fedeli,
ad esempio, “risurrezione”?
È certo che, anche tra
i credenti, circolano idee
diverse… Ma come affronta
tale situazione papa Francesco?
Secondo Natoli, il cristianesimo
che questi propone incrocia un
reale bisogno dei fedeli; e questo spiega la carica persuasiva ed
efficace del suo messaggio.
Pomeriggio d’incontri e premi
Festa degli ex allievi con p. Renato Trevisan
caldo pomeriggio di
N eldomenica
8 giugno, i sa-
veriani di Brescia hanno ospitato nella chiesa di San Cristo la
quinta edizione dell’iniziativa
di solidarietà per la stampa missionaria, alla presenza degli ex
allievi saveriani di Brescia.
Le giornate
con ragazzi e genitori
La Messa di Pentecoste è stata
presieduta da un ospite speciale,
p. Renato Trevisan, che ha raccontato la sua esperienza missionaria in Brasile, tra gli indio
kayapò, ma ha anche ricordato
gli otto anni trascorsi nella comunità di Brescia negli anni ’70
con i ragazzi aspiranti saveriani.
“Quando ci siamo conosciuti la prima volta eravamo tutti
più giovani... forse con meno
problemi di adesso e con molta
più voglia di giocare che di studiare! I nostri incontri di allora
avevano qualcosa di simile alla
8
Pentecoste. Intanto perché era
bello stare insieme, condividere
il tempo dedicato alla formazione degli studenti. Era bello
condividere anche la merenda,
partecipare ai giochi e assistere
a qualche scenetta organizzata
dai prefetti...
Ricordate il prefetto Piero Pini
e il grande p. Gianni Abeni? La
figura calma e piena di senno di
p. Vittorio Ferrari, il passo veloce (sempre di fretta) di p. Carlo
Mantoni...? La venerabile figura
di p. Angelo Scaglia e p. Gerardo Caglioni dal grande sorriso,
p. Igino Giovannelli sempre perfetto, fino a fratel Scalet e la sua
inseparabile pipa?
Senza rendercene conto, in
quegli anni abbiamo sperimentato cosa fosse essere famiglia
senza i papà e le mamme sempre
presenti, spinti tutti dallo Spirito Santo della Pentecoste! Oggi
siamo venuti per rivivere, anche
se per poche ore, un’esperienza
di vita passata, ma che mi
auguro abbia
lasciato un segno che vi fac-
Padre Renato Trevisan ha presieduto la Messa di Pentecoste dell’8
giugno, durante la festa degli ex allievi, e ha parlato della sua
esperienza bresciana negli anni ’70 e tra i kayapò in Brasile;
l’estrazione dei biglietti vincenti (a destra) è un momento atteso
dell’iniziativa di solidarietà a sostegno della stampa missionaria
a cura di DIEGO PIOVANI
cia esclamare: è valsa la pena!”.
Biglietti, numeri
e… curiosità
Dopo la celebrazione eucaristica, Grazia e Annalucia, insieme a p. Marco, hanno animato la
sempre avvincente estrazione a
premi, che anche quest’anno ha
fatto contenti presenti e assenti… Il bel pomeriggio si è concluso con una “happy hour” nel
chiostro, dove tutti i partecipanti
hanno brindato all’estate, in attesa di rivedersi a settembre con
le nuove iniziative dei saveriani
di Brescia.
Invitiamo tutti gli ex allievi a
ritrovarsi sempre più numerosi
il prossimo anno, facendo un bel
“passaparola”; anzi, i saveriani
di Brescia vi aspettano in ogni
momento per scambiare quattro
chiacchiere.
Pubblichiamo i numeri dei biglietti vincenti… (1) 15045 - (2)
30610 - (3) 22786 - (4) 28300
- (5) 27708 - (6) 36265 - (7)
15550 - (8) 29617 - (9) 21871(10) 23946 - (11) 21191 - (12)
27794 - (13) 13873 - (14) 7009
■
- (15) 39036 - (16) 23749
Salvatore Natoli, a sinistra, con il vescovo mons. Luciano Monari, Brunetto Salvarani
e don Paolo Boschini al convegno di “Missione Oggi”
Sivalon: missione
nell’era post moderna
Padre Sivalon, statunitense
missionario di Maryknoll, con
una lunga esperienza in Tanzania, nonché ex superiore generale del suo istituto, è oggi professore all’università di Scranton,
in Pennsylvania.
Il suo intervento è stato
complesso, profondo e innovativo: “Il dono dell’incertezza, la
missione nella post-modernità”.
Sivalon ha valorizzato l’epoca
in cui viviamo, in quanto caratterizzata proprio dal dono
dell’incertezza. Essa è un dono,
ha sottolineato, perché ci costringe a una fiducia assoluta in
Dio, ben maggiore di quella che
proviene dal modo tradizionale
di fare missione, espressione di
un tempo, al contrario, caratterizzato da certezze oggi pressoché scomparse.
Impossibile non riflettere
Nel pomeriggio, i richiami
della mattina sono stati sviluppati su piani diversi dalla biblista Marinella Perroni (“Dire il
vangelo in Europa con parole
di donna”), dal saveriano p. Ti-
ziano Tosolini, missionario in
Giappone (“Postmoderno, tra
buddhismo giapponese e cristianesimo”), e dalla docente
di scuola superiore Maria Luisa Damini (“Oggi a scuola con
quale vangelo?”).
È toccato infine a don Paolo
Boschini, parroco a Modena e
docente di filosofia presso la
facoltà teologica dell’EmiliaRomagna, tirare le somme
dell’incontro: un’impresa non
facile, considerata la ricchezza e
la vastità dei temi affrontati dai
relatori, da cui emerge il senso
profondo del dono dell’incertezza, che apre al dubbio, inaugura
spazi per la contemplazione e il
discernimento, consente la nascita dell’immaginazione e della
creatività, del cambiamento e
della crescita.
Interessante e impegnativo
il convegno 2014 di “Missione
Oggi”, ricco di spunti e di occasioni di pensiero, ha interrogato la coscienza dei partecipanti grazie all’intelligenza e alla
profondità dei relatori presenti:
nessuno è uscito da San Cristo
senza un argomento su cui riflettere!
■
SAN CRISTO, PARTE SECONDA
Padre Giuseppe Tanfoglio ha presentato il nuovo
volume illustrato sulla chiesa di San Cristo, da lui curato con la precisione che lo
caratterizza. Il titolo esatto
è “San Cristo: un itinerario
di fede tra arte e storia”
(Edizioni Csam, 15 euro).
A ospitare questo bell’evento non poteva che essere la “piccola cappella Sistina” di Brescia, dove sono accorsi amici,
curiosi e interessati per un bel pomeriggio, immersi nell’arte tra affreschi,
curiosità e pagine di carta. Il libro è disponibile presso la “Libreria dei popoli”
dei saveriani di Brescia (030 3772780,
int. 2 - [email protected]).
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
CAGLIARI
09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1
Tel. 070 290891
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
IBAN - IT 27 M 03059 85342 100000011073 (Banca Credito Sardo, Macomer)
Chi fa il bene, raccoglie il bene!
La bella festa dei famigliari a Cagliari
era deciso che la festa
O rmai
dei famigliari dei saveriani
sardi si svolgesse a Cagliari, domenica 18 maggio, per il rilancio
della casa dopo otto anni di quasi
inattività. Gli amici del Gams si
erano già organizzati per rendere
la casa più accogliente, togliendo la polvere perfino dalle fessure delle finestre. Un gruppo di
mamme si è offerto per preparare
gli gnochetti sardi. Per il vino e
il dolce non c’era da preoccupar-
si: tutti ne avrebbero portato. Quasi quota cento!
Gli inviti erano partiti dai saveriani di Macomer a tutti i parenti dei 22 saveriani sardi viventi e dei 15 defunti, con una lettera
spedita personalmente. I parenti
delle 16 saveriane viventi e delle
6 saveriane defunte erano stati
avvisati da suor Francesca.
Ci siamo messi anche al telefono per sollecitare i più dub-
p. GIANNI ZAMPINI, sx
biosi o titubanti... Erano ormai
dieci anni che la festa non veniva realizzata a Cagliari e si sono
presentati in tanti, possiamo dire oltre le aspettative. Abbiamo
raggiunto quota 95 e altri avrebbero voluto essere presenti, ma
avevano impegni… famigliari.
I segnali che sarebbe andata
bene erano molti: dalla gioia della riapertura della casa alla disponibilità di tanti volontari del
Gams nel preparare l’accoglien-
Famigliari e saveriani della Sardegna all’incontro del 18 maggio a Cagliari; in ginocchio, a destra, fratel Guglielmo Saderi
Il pellegrinaggio annuale
Ai piedi del Gennargentu, con i saveriani
S
abato 17 maggio abbiamo chiuso l’anno missionario con il pellegrinaggio che
quest’anno ci ha visti a Fonni,
un bellissimo paese ai piedi del
Gennargentu. Eravamo in cento,
tra cui quattro saveriani: p. Giuseppe Marzarotto, p. Luigi Caria, p. Virginio Simoncelli e p.
Pinuccio Ibba. Ci siamo recati in
pullman fino all’entrata del paese. Da lì è partito il pellegrinaggio verso la basilica del 1600,
dedicata alla SS.ma Trinità, ma
che al suo interno ha una navata
laterale del 1700 dedicata a Nostra Signora Regina dei martiri.
Martirio è “testimonianza”
Siamo partiti dai pullman con
le bandiere dei popoli e siamo
arrivati pregando fino al piaz-
8
zale del santuario, dove tutto il
gruppo ha pregato con un foglietto preparato allo scopo: “E
noi abbiamo creduto all’amore”.
Nella preghiera abbiamo sottolineato che martirio vuol dire
“testimonianza” di un incontro
con Cristo, che ci ha afferrato
e coinvolto. È la testimonianza
della luce di Cristo che ha fatto
irruzione nella nostra vita e che
abbiamo deciso di accogliere,
amare e seguire.
Dopo la preghiera all’esterno
della chiesa, cantando, ci siamo
recati in chiesa dove abbiamo
celebrato l’Eucarestia. Abbiamo
ringraziato il Signore Gesù per
quest’anno missionario passato
insieme e abbiamo ringraziato le
delegate missionarie per il lavoro
svolto a beneficio della missione.
p. VIRGINIO SIMONCELLI, sx
Gesù ci accompagna
Abbiamo ricordato che il martirio continua anche oggi nelle
nostre vite e nelle nostre case e
in tante parti del mondo, dove si
soffre e si muore per la fede in
Gesù Cristo. Sul libretto, nella
pagina finale, c’era la fotografia di una delle ragazze rapite in
Nigeria. La presenza di Cristo ci
ricorda che non siamo soli nel
nostro martirio quotidiano: Gesù ci accompagna sempre con la
mitezza, la costanza e la pace.
Dopo la visita al santuario siamo andati in un agriturismo della zona e abbiamo concluso il
nostro pellegrinaggio con un
buon pranzetto sardo e la visita
al parco con daini e cervi. Stanchi, ma contenti, siamo tornati
alla base.
■
Delegate e amici in pellegrinaggio con le bandiere del mondo a Fonni, ai piedi del Gennargentu;
a destra, Nostra Signora Regina dei martiri nella basilica dedicata alla SS.ma Trinità a Fonni
Padre Virginio Simoncelli introduce l’incontro con i famigliari dei saveriani sardi,
a Cagliari, domenica 18 maggio
za in casa, fino alle numerose
telefonate di soddisfazione per
una festa organizzata a Cagliari.
Un boato d’approvazione
La giornata non è stata delle
migliori dal punto di vista metereologico, ma già alle 9 c’era un
via vai di persone che varcavano
il cancello con le mani piene di
dolci e torte da condividere.
Baci e abbracci hanno subito
reso l’atmosfera accogliente, facendo dimenticare il lungo tempo in cui la casa è stata chiusa.
Quando, all’inizio della presentazione, è stato comunicato che
i saveriani sarebbero rimasti in
via Sulcis è esploso il boato degli
applausi. Il desiderio sarebbe adibire la casa a un luogo dove forgiare le future vocazioni. Gesù,
che aveva scelto gli apostoli e ha
scelto anche noi, attuali saveriani,
non si è certo stancato di chiamare altri giovani al suo servizio!
Padre Picci e padre Uccelli
Padre Virginio ha presentato
uno a uno tutti gli invitati, mentre p. Pinuccio ha ricordato i
luoghi di missione dove lavorano i saveriani sardi e le loro
attività.
Una menzione particolare
l’abbiamo avuta per p. Giovanni Picci, la cui nipote, dopo aver
fatto un viaggio in Giappone
sulle orme dello zio, ci ha fatto
risaltare l’amore e l’affetto con
cui i parrocchiani ricordano ancora p. Giovanni dopo tanti anni
dalla sua morte.
Il pranzo, preparato e servito
con tanta attenzione dal gruppo
Gams, è stato gustato ed esaltato
dalla bontà dei malloreddus alla
campinadese, dalla delicatezza
dell’agnello e dall’ottimo vino.
Prima di salutarci, abbiamo lasciato un piccolo segno: un vasetto di fiori per ricordare la bellezza dell’incontro, e un dvd sul servo di Dio p. Pietro Uccelli, sotto
la cui protezione abbiamo messo
la nostra vita e il nuovo inizio della nostra casa come centro di spi■
ritualità missionaria.
AL MERCATO, IL NUMERO 17!
p. G. ZAMPINI, sx
Per la festa dei famigliari ci mancavano solo frutta e verdura. A pochi chilometri da Cagliari c’è un grosso centro agro alimentare. Siamo
partiti armati di fiducia nella Provvidenza, con il capellino della santificazione di san Guido Conforti e con la macchina che portava la scritta “Missionari Saveriani”.
Iniziamo a chiedere i prezzi nei vari stand. Ma erano almeno 200
i negozianti e non sapevamo davvero chi scegliere. Per non perdere
tempo ho lasciato p. Massimo a contrattare i prezzi e sono andato a
prendere la macchina per caricare la merce.
Le mie manovre non sono passate inosservate a un giovane signore che stava parcheggiando il suo camioncino. Si avvicina e mi chiede:
“Ma voi siete i saveriani che hanno chiuso la casa di via Sulcis a Cagliari?”. Gli spieghiamo che la casa di via Sulcis è attiva e che domenica
18 maggio avremmo fatto una grande festa con i parenti dei saveriani
sardi. Lui, intanto, estrae dal portafoglio l’immaginetta del compianto p. Ivaldo Casula e inizia a tesserne l’elogio. “Tutti i giorni, quando
mi sveglio, prego padre Ivaldo perché mi assista durante la giornata.
Lui mi ha insegnato a rispettare gli altri, a dialogare con tutti e ad aiutare i bisognosi. È una
persona speciale, quasi un santo”.
Diventiamo subito
un cuor solo e membri
della stessa famiglia
saveriana. Dice a chi ci
stava servendo che se
ne sarebbe occupato
lui. Compriamo alcuni
chili di fagiolini, kiwi,
cipollotti e lo sconto...
aumenta.
Chi ci aveva guidato
a scegliere, tra i 200
grossisti, proprio il
numero 17, il cui proPadre Ibba con la cuoca e le cassette
prietario era un padi frutta e verdura per la festa dei
rente di padre Ivaldo?
famigliari di domenica 18 maggio
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
CREMONA
43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502
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La Pentecoste a Castel Goffredo?
Tentativo di dialogo tra culture diverse
C
astel Goffredo: una bella e industriosa cittadina del Mantovano. Già dall’anno scorso mi chiama al telefono il parroco don Giuseppe Bergamaschi: “Sono qui da poco e
mi piacerebbe avere un aiuto per
far fronte alla situazione, per me
nuova, di questa grande parrocchia”. Fissiamo una data e percorro le vie, in mezzo a paesi
e campagne, che mi portano da
Brescia a Castel Goffredo, per
un primo incontro.
Dopo aver parcheggiato nella bella piazza Mazzini, noto subito volti a me famigliari: sono
bengalesi seduti sulle panchine
a conversare. Li saluto in lingua
bengalese: mi guardano stupiti;
dico loro che ho lavorato come
missionario in Bangladesh per
oltre vent’anni. Ci scambiamo i
numeri di cellulare.
Un incontro per conoscerci
Entro nella bella chiesa di
Sant’Erasmo e trovo don Giuseppe, che mi accoglie con il
sorriso e la cortesia che lo caratterizzano. È ora di cena e mi ac-
compagna nella saletta già pronta. A tavola c’è anche il giovane
curato don Jonathan.
Entriamo subito nel tema: “In
una popolazione di 12.500 abitanti, qui vivono oltre 2.600 persone di 40 nazionalità diverse. È
un grande intreccio di culture,
lingue, religioni: una situazione
interessante, ma con la quale non
è facile confrontarsi dal punto di
vista umano e pastorale…”.
Don Giuseppe passa ai numeri, dentro ai quali ci sono storie
di vita, tante opportunità e qualche difficoltà. I gruppi attualmente più numerosi provengono da Bangladesh (682), Cina
(592), Marocco (273), Sri Lanka (253) e India (214) e così via,
fino a raggiungere circa il 20
per cento della popolazione totale. Nella scuola elementare oltre il 50% degli alunni è di origine non italiana.
Altri due incontri
In un secondo incontro, al
quale erano presenti una ventina di rappresentanti, ho compreso quanto i castellani, attraver-
p. MARCELLO STORGATO, sx
so le varie associazioni ecclesiali e civili, si siano impegnati nelle attività di assistenza e accompagnamento, a cominciare dagli
anni ’70, quando don Adriano
Zanca si era preso cura dei profughi vietnamiti.
Finalmente, il 30 maggio scorso, è stata organizzata una serata interessante e partecipata, sul
tema, “L’immigrazione: una comunità si interroga”. Ci siamo trovati in un bel cortile, alle
19.30, dove erano già pronti i tavoli, carichi di cibi e dolci locali e multietnici, a disposizione di
un pubblico variegato.
Don Giuseppe:
“un miracolo!”
Già questo “buffet” ha operato
un mezzo miracolo di fraternità,
che si è poi concretizzato nel salone gremito per partecipare alla
“tavola rotonda” moderata dalla
prof.ssa Casella Anna. Il sindaco
Alfredo Posenato, eletto a maggio 2013, ha presentato la situazione multiculturale della città,
spiegando come l’amministrazione attuale cerca di farvi fron-
te. Io ho parlato sul tema “la fatica e la gioia del dialogo”. Don
Giuseppe ha fatto una valutazione delle varie iniziative ed esigenze pastorali e umane dell’intera popolazione di Castel Goffredo.
Il pubblico ha poi rivolto varie domande interessanti e pertinenti. In particolare hanno preso
la parola anche due giovani immigrati, un uomo e una donna,
che si sono espressi in perfetto
italiano, esprimendo la loro piena disponibilità alla convivenza
e all’integrazione, nel rispetto
delle rispettive culture.
Don Giuseppe ha concluso la
serata con l’entusiasmo di “un
miracolo avvenuto” di partecipazione attiva e attenta, esprimendo la fiducia di poter continuare sulla linea di questa opportuna e riuscita iniziativa. ■
Uno scorcio della gente che affollava il cortile con il buffet
multietnico a Castel Goffredo
Arrivederci a settembre!
Riprendono gli incontri di preghiera del GAMS
S
i chiama così - Gams - il
Gruppo amici dei missionari saveriani, fondato dai primi
saveriani giunti a Cremona dal
1930, un anno prima che morisse il nostro santo fondatore
mons. Guido Conforti, vescovo
di Parma. Egli aveva già chiesto
a mons. Bonomelli, anziano e
malato, se poteva ospitare nella
diocesi di Cremona il suo istituto missionario fin dal 1914, ricevendone allora un rifiuto.
Il sospirato permesso arrivò
solo nel 1929 quando era vescovo mons. Giovanni Cazzani,
amico fraterno del nostro santo
fondatore, il quale era stato arcivescovo di Ravenna quando
mons. Cazzani era vescovo a
Cesena. E sarà proprio quest’ultimo a celebrare il 5 novembre
GAMS di Cremona
(Casa dell’accoglienza,
Sant’Antonio del Fuoco via
11)
2014
8
10 settembre
1° ottobre
5 novembre
3 dicembre
ore 15,30
ore 15,30
ore 15
ore 15
del 1931, nella cattedrale di Parma, il funerale dell’amico vescovo, con una celebre omelia in cui
lo chiamava “santo”, davanti a
una folla straripante che si estendeva fino alla grande piazza.
I santi si parlano in paradiso
Immagino che i due “santi”
vescovi si parlino in paradiso!
Non oso scrivere i loro dialoghi,
per paura di non capirli del tutto,
se non quando sarò anch’io lassù e parleremo con piena libertà
e soprattutto con grande carità,
per non offendere nessuno, pur
dicendo tutta la verità.
Purtroppo queste belle virtù
non stanno sempre insieme su
questa terra. Proprio per questo
ci sono pochi “santi” quaggiù,
anche tra i preti, i missionari e le
GAMS di Manerbio
2° martedì del mese
(ore 15 in via santa Di Rosa,
ore 16 Casa di riposo)
2014
9 settembre
7 ottobre
11 novembre
9 dicembre
ore 15
ore 15
ore 15
ore 15
p. S. PARMIGGIANI, sx
suore, anche tra i buoni cristiani
che vanno in chiesa tutte le domeniche… O forse di “santi” ce
ne sono tanti agli occhi di Dio,
anche se noi ora non ce ne accorgiamo! Perché i santi e le sante
non fanno baccano.
Intanto, per cercare di essere un po’ più santi e missionari, vi invito a partecipare agli incontri di preghiera mensili, che
il Gams organizza nella città di
Cremona e nella cittadina di Manerbio, in provincia di Brescia.
Chi non può partecipare fisicamente, può sempre unirsi spiritualmente, lo stesso giorno e la
stessa ora, nella propria casa o
nella chiesa della propria parrocchia. Potete anche segnalarci la
vostra adesione, così ci sentiremo più uniti e fiduciosi.
■
Ringrazio cordialmente il
vescovo di Cremona, il vicario generale e il rettore della casa dell’accoglienza per
l’ospitalità che ci hanno gratuitamente dato ogni mese
nella loro cappella. Così pure ringrazio mons. parroco
di Manerbio per la pluriennale ospitalità offerta mensilmente nella chiesa che fu
delle suore Orsoline.
I partecipanti alla tavola rotonda di Castel Goffredo: (da sinistra) il saveriano
p. Storgato, la prof.ssa Casella, il sindaco Posenato, il parroco don Bergamaschi
SI CHIAMA BAHATI, “FORTUNATA”
p. ANGELO BERTON, sx
Tra i tanti miei ricordi di missione in Congo, ne estraggo uno che
spesso mi torna in mente. Con cinque collaboratori mi ero recato a far
visita ad alcune scuole elementari, nelle vicinanze boschive di “Itula”.
Al ritorno, avevamo imboccato un sentiero infossato tra due enormi
pareti di verde. Erano circa le tredici, quando incontrammo una scolaretta di nove anni che tornava a casa. La bambina era magrolina, scalza e vestita poveramente, ma con una gonnellina pulita. Rallentando
l’andatura, ci adeguammo al suo passo. Dopo averle rivolto il saluto
in swahili, le feci alcune domande.
“Come ti chiami?”. Mi rispose: ”Bahati”, cioè Fortunata. “Dove abiti?”. “A Bonde” (un villaggio a 6 chilometri dalla scuola). “Che classe
fai?”. “La terza elementare”. “Quanti fratelli hai?”. “Dopo di me, i fratellini sono tre”. “Stamattina prima di andare a scuola hai mangiato
qualcosa?“. “No”. “Allora, appena tornerai da scuola, mangerai con
appetito, vero?”. E lei, con rassegnazione: “Sì, ma non subito. Dovrò
aspettare fino a sera, quando la mamma, tornata dai campi, preparerà
la polenta di manioca per me e i fratellini”. “A che ora parti al mattino
per andare a scuola?”. “Quando spunta il sole”, cioè alle sei. “Ti piace
andare a scuola?”. “Sì, molto”. “È vero che la strada per recarti a scuola è lunga?”. E lei, con la voce fioca, ma con spontaneità
cristallina: “Andando a scuola, la strada è corta; quando
ritorno, è lunga”.
Questa espressione mi riempì l’animo di compassione… Veramente, per la
condizione in cui viveva, alla piccola Bahati di “Fortunata” le era rimasto solo il
nome.
Padre Angelo Berton sulle
sconnesse vie della
missione in Congo
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
DESIO
20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 625035 - Fax 0362 624274
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La missione in quattro mosse
Vi racconto 14 anni di vita in Burundi
14 anni della
H omiatrascorso
vita missionaria in Bu-
rundi, un paese incastonato nel
cuore dell’Africa centrale. Vorrei
descrivere qui qualcosa della mia
esperienza in questa nazione,
martoriata da guerre endemiche
che regolarmente insanguinano
quella terra, eppure benedetto da
un’intensa opera di evangelizzazione che ha dato frutti di ordinaria ed eroica bontà.
La fede cristiana c’era già
Molto del merito va ai “padri
bianchi”, che all’inizio del secolo
scorso hanno lavorato con competenza e saggezza per “impiantare” la presenza della chiesa in
questo lembo di terra africana. Ho
trovato un paese che era già stato arricchito dalla fede cristiana,
tante erano le chiese e cappelle
sparse sulle verdi colline. Si vedevano i frutti: vescovi, sacerdoti,
religiosi e tanti laici impegnati.
Ogni missione era progettata
con una sua struttura, ispirata
alla tradizione della chiesa: una
presenza preziosa era costituita
dai catechisti, che in gran numero si prodigavano in tanti servizi,
primi fra i quali quello di aiutare noi missionari che venivamo
dall’Europa a essere introdotti
in maniera efficace alla comprensione della cultura locale.
Ci correggevano le omelie, facevano da intermediari tra noi e
la comunità cristiana.
L’importanza dei catechisti
I padri bianchi, inoltre, avevano posto le fondamenta per
un’autentica crescita della comunità cristiana implementando
le quattro funzioni che sostengono tutta la struttura portante
dell’evangelizzazione sulla traccia della chiesa apostolica.
p. GIUSEPPE TAVERA, sx
Prima di tutto il kerigma, cioè
tutto ciò che riguarda la proclamazione, l’istruzione e la conoscenza
della Buona Notizia della nostra
salvezza: passione, morte e risurrezione del Signore. È la funzione
vitale per trasmettere il messaggio
del Signore, per arrivare a conoscerlo, amarlo e imitarlo. Ciò motiva il nostro lavoro quotidiano
di formazione dei catechisti, dei
catecumeni e dei bambini.
In questo lavoro potevamo
contare anche sull’apporto di
alcuni catechisti che collaboravano con noi. Mi viene in mente
in particolare Karoli, un uomo
semplice che ha dato tutta la sua
vita: 50 anni di serenità e costanza, con il sole e con la pioggia,
per servire la chiesa locale.
La comunità saveriana di Desio si compone attualmente di otto saveriani, provenienti da diverse regioni d’Italia e da diverse
esperienze missionarie: Brasile sud e Amazzonia, Burundi, Colombia e Messico. La somma degli anni dei confratelli presenti
fa 581. Il più anziano ha compiuto 83 anni; il più giovane viaggia sui 60. Conosciamo meglio in questa pagina p. Enrico Di Nicolò e p. Giuseppe Tavera.
della diaconia (tutte le forme di
servizio in vista della promozione umana). Come Gesù, che predicava il regno di Dio in opere e
parole, e con abbondanti gesti di
guarigione, così anche noi missionari dobbiamo imparare da
Lui. Trovandoci in mezzo a tanta
povertà e ingiustizia, non abbiamo altra scelta se non quella di
rimboccarci le maniche e diventare l’espressione della bontà e
della giustizia di Dio che si manifesta nel nostro agire.
Anche la terza funzione, quella della liturgia, è di straordinaria
importanza. Il mistero dell’incarnazione di Gesù va celebrato in
tutte le sue forme nella vita di
tutti i giorni: canti, celebrazioni
e contemplazione manifestano la
gioia di essere una famiglia, perché figli dello stesso Padre.
Infine la koinonia, cioè la
comunione. La chiesa diventa
luogo di comunione laddove si
cerca di vivere i valori della giustizia, della solidarietà, dell’inclusione. È un luogo di aggregazione in cui incontrarsi per
vivere rapporti nuovi e solidali
tra i membri della comunità.
Queste quattro funzioni costituivano per noi le tracce sulle
quali si svolgeva tutto il nostro
lavoro e ci accorgevamo che la
gente ci seguiva con interesse. ■
(continua nel riquadro)
Servizio, liturgia
e comunione
La seconda funzione è quella
Il decano dei saveriani di Desio
Padre Di Nicolò, insegnante e formatore
I
n numerose realtà esiste
la figura del “decano”. È
l’esponente più anziano e autorevole di un gruppo. Anche nella nostra comunità abbiamo un
“decano”. È p. Enrico Di Nicolò,
che ha appena compiuto 75 anni.
La scuola, il filo conduttore
Padre Enrico è ormai un’istituzione nella comunità di Desio.
Vi ha messo piede da studente liceale tra il 1956 e il 1959.
Lo ricordo ancora quando nella
“Villa Tittoni” faceva di tutto per
proteggersi dal freddo invernale,
soprattutto al mattino quando
alle cinque e mezza dovevamo
fare alcuni esercizi di ginnastica sulla gradinata che dava sul
parco.
8
Dopo l’ordinazione avvenuta
a Parma, è stato inviato ancora
nella casa di Desio e poi in quella di Alzano Lombardo (BG) in
qualità di insegnante di lettere.
Oltre all’impegno scolastico, si
dedicava senza risparmi al ministero, che in quei tempi era piuttosto impegnativo.
Da Alzano tornò a Desio, nella
nuova casa in via Don Milani 2,
dove si trovavano le cosiddette
“vocazioni adulte”: giovanotti
che avevano intenzione di diventare missionari, alle prese
con gli studi superiori. Anche
qui p. Enrico si dedicò con entusiasmo, competenza e impegno all’insegnamento di alcune
materie, dando il meglio di sé
e preparandosi con serietà. Nel
Padre Enrico Di Nicolò, “decano” dei saveriani a Desio, nel suo studio tra libri e testi
biblici; usa anche un po’ il computer, almeno per quel che gli serve
p. DOMENICO MENEGUZZI, sx
1997 diventa collaboratore nella
parrocchia della Beata Vergine
Assunta a Nova Milanese, dove
è presente anche oggi.
Vera memoria storica
Padre Enrico è uno di compagnia e ama scherzare. Ha visto
passare tanti saveriani e vari superiori, ma lui è rimasto fermo
come una roccia. Per noi è diventato “memoria vivente” della casa di Desio. Per conoscere
qualche fatto del passato, per
sapere chi ha vissuto in questa
casa e quali sono stati i momenti più significativi, i personaggi
che hanno lasciato un’impronta… ci affidiamo a p. Enrico.
Non è stato ancora in missione, ma lo spirito missionario lo
ha sempre coltivato nel cuore,
accogliendo con un sorriso i
missionari che tornano dalle missioni, condividendo le loro esperienze, ansie e problemi. Non ha
mai smesso di tenersi aggiornato in tutto. Infatti, è un assiduo
lettore di giornali, riviste e libri.
Volentieri lo osservo quando
al mattino presto va a celebrare
l’Eucarestia dalle suore Ancelle
della Carità o quando va in parrocchia a Nova. Esce di casa tenendo in mano una piccola borsa e sottobraccio la giacca, con
il sole o la pioggia. Gli ho chiesto se a Desio si senta realizzato
come missionario. Mi ha risposto così: “Sentimentalmente no,
■
cristianamente sì”.
Karoli Bugondo, fedele collaboratore e catechista nella parrocchia di Matara in
Burundi, per tanti anni ha dato una mano a p. Giuseppe Tavera
LA VERITÀ PASSA PER IL FUOCO....
p. G. TAVERA, sx
La difficoltà nella trasmissione del messaggio cristiano sta nell’arrivare a farsi capire nel modo più semplice. In questo aspetto è importante il sostegno che ci viene dai catechisti locali che ci aiutano a trovare le parole giuste. Riuscire a riassumere l’idea principale di una catechesi con un loro proverbio è il massimo: vuol dire farsi capire bene.
Come far capire l’idea della vittoria del bene sul male, della vita sulla
morte, della risurrezione di Gesù? Mi veniva in aiuto questo proverbio
burundese: “la verità passa per il fuoco, ma non si brucia”.
Sono arrivato in Burundi con timore, attraversando la fatica di mettermi di nuovo sui banchi di scuola per la lingua, tra l’altro abbastanza
difficile. Alla fine devo concludere che tutta questa esperienza mi ha
rubato il cuore. Sono stati 14 anni di pienezza. Il ministero evangelico
in Burundi mi ha donato la gioia della vitalità di lavorare in progetti e programmi in clima di responsabilità e di libertà. È stato un dare
e un ricevere. Di questo, ringrazio il Signore e il popolo del Burundi.
P. Giuseppe Tavera con un gruppo scelto di chierichetti in piena tenuta da cerimonia…
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
FRIULI
33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70
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La mostra sul coltan, per sapere
I pensieri degli studenti in visita...
S
i è conclusa la mostra fotografica sulla guerra nella
repubblica democratica del Congo, in cui si è evidenziata la connessione delle stragi con l’appropriamento abusivo del “coltan”.
E proprio da questo ricercato
minerale (si tratta di una lega di
colombite e tantalite, i cui nomi
contratti danno per risultato la
parola “coltan”) siamo partiti per
sensibilizzare i visitatori su una
guerra che, come sempre più le
guerre contemporanee, ha nelle
persone e le famiglie le vittime
principali, sia per il ricorso agli
stupri come arma di intimidazione, sia per l’impiego di ragazzisoldato tra i combattenti.
Una scelta responsabile
Il coltan è il conduttore elettronico per eccellenza, senza il quale non avremmo gli smart phone,
i navigatori satellitari, la play station e tutto quanto di più moderno c’è nel mondo dell’elettronica
e dell’industria aerospaziale.
L’80% delle riserve mondiali di coltan provengono dalla
FAUSTA GERIN
regione del Kivu, nell’estrema
parte orientale della repubblica
democratica del Congo. Con i
nostri acquisti, ma soprattutto
con l’uso che ne facciamo, contribuiamo a “disumanizzare” i
nostri simili. L’unica alternativa
è la conoscenza, la consapevolezza, la scelta responsabile.
A questo si è puntato con la
mostra; questo ne era l’obiettivo. Le considerazioni, a caldo,
di alcuni ragazzi confermano il
valore di queste forme di impegno. E per sottolineare una scel-
ta alternativa possibile, si invita
tutti a riflettere sulla dipendenza
dagli oggetti che acquistiamo
come beni di consumo (ma anche, e forse soprattutto, come
status symbol).
L’invito e l’augurio vero è per
una cultura libera e critica, che
vada sempre alla ricerca di una o
più alternative all’unica ufficiale, utilizzata spesso come arma
per manipolare le masse!
Caro amico del Congo…
Pubblichiamo due pensieri dei
numerosi studenti che hanno fatto visita alla mostra sul coltan,
allestita a maggio presso la casa
dei saveriani di Udine.
“Caro amico del Congo, sono
una ragazza molto fortunata e
spesso non me ne rendo conto.
Voglio scusarmi con te e con
tutte le persone che come te non
sono fortunate come me. Spero
che la situazione nel tuo paese
migliori e che le sofferenze finiscano. Vorrei poterti donare
un po’ della mia salute e della
mia fortuna. Un giorno le cose
andranno meglio, ne sono certa.
Scusa ancora!”.
“Cara amica del Congo, ultimamente ho avuto modo di informarmi su ciò che accade nel
tuo Paese e in che rapporti è con
l’Europa. Volevo dirti che ti ammiro molto per il modo in cui vivi, per quello che affronti ogni
giorno e per il tuo coraggio di
sopportare tutto questo. Io invece mi vergogno e mi sento in
colpa sempre di più, perché tutte le tue fatiche servono soltanto
per rendere più ricchi materialmente noi europei, me compresa. Spero che un giorno potrai
uscire da questo processo terribile! Ricordati che la tua forza
non ha niente a che vedere con
la mia ricchezza: tra noi due la
persona migliore sei tu!”.
■
TRE FAMIGLIE DI LAICI
SAVERIANI IN VISITA
p. ANTONIO GUIOTTO, sx
Una scolaresca dopo la visita alla mostra sul coltan, allestita dai saveriani di Udine
“Come pane spezzato...”
Il campo estivo con i giovani d’Italia
nella nostra caQ uest’anno
sa di Udine ci sarà qualche
rumore che romperà la quiete
che circonda la città nel caldo
agosto. Con gli animatori delle
altre case saveriane, abbiamo
deciso di realizzare un campo di
servizio proprio qui da noi, dal 4
all’11 agosto, con i giovani dai
18 ai 30 anni. Speriamo
sia la prima di molte altre
esperienze che vorremo
proporre ai nostri giovani.
8
Le persone
dietro i problemi
Le proposte di tempo
libero sono, a dire il vero,
un po’ monotone: le solite
feste, con le solite conclusioni. Ecco allora la chiamata, più che proposta, di
trovare la gioia là dove
meno ce l’aspettiamo:
nel servizio alle persone
che sono messe sul ciglio
dell’autostrada, dove le
auto corrono a gran velocità e a mala pena riescono a tenere a bada gli
autovelox e i rilevatori di
velocità.
Il campo di servizio prevede di trascorrere la mat-
tinata con le persone di cui si occupano varie ong, tra cui anche
la Caritas di Udine. L’obiettivo è
scoprire che dietro un problema
c’è una persona che, come dice
papa Francesco, è alla periferia
non solo delle istituzioni, ma è
alla periferia anche delle nostre
attenzioni e preoccupazioni.
p. DANIELE TARGA, sx
Quando scopriamo la persona,
scopriamo anche la ricchezza
nascosta e negata a questa società, che vuole livellare tutti al
modello di “Wall Street”.
Lavori di gruppo e festa
Poi il pomeriggio, sapendo
che le vicende vissute diventano
esperienze di vita solo se
sono elaborate e non semplicemente raccontate come aneddoti, ci riuniamo
insieme in piccoli gruppi
per esprimere i sentimenti e i pensieri, le domande
che sono sorte durante la
mattinata. La sera, invece, sarà dedicata più alla
celebrazione e alla festa
insieme.
Non ci resta ora che pregare, perché questa proposta di vita cominci a calare nei cuori dei giovani che
vi partecipano, perché sappiano promuoverla per una
futura ripetizione nella nostra regione e possa essere riconosciuta come generatrice di speranza, in
un’Italia che si sta sempre
più curvando in se stes■
sa.
All’inizio di maggio sono venute a farci visita per alcuni giorni tre
famiglie di laici saveriani delle Marche: Simone e Roberta Breccia con
le loro tre bimbe (Ester, Rebecca e Marta), Roberto e Liana Bocciarelli
con i due bimbi (Davide ed Emma), Alessandro e Alessandra Andreoli
con i tre bimbi (Francesco, Miriam e Giovanni).
Lo scopo della gradita visita in Friuli era il battesimo del piccolo Giovanni Andreoli al paese natale della mamma, Sottoselva di Palmanova, sabato 3 maggio. Ma è stata una bella occasione anche per noi saveriani di Udine per fare conoscenza con alcuni dei nostri laici saveriani e condividere la loro esperienza di famiglie missionarie animate dallo stesso spirito e sogno missionario del nostro fondatore san
Guido Conforti.
Abbiamo così potuto conoscere più da vicino le attività e gli ideali
dei nostri laici e apprezzarne lo spirito e la passione per la missione,
nella speranza di veder sorgere anche in Friuli Venezia Giulia questo
ramo della famiglia saveriana, che si è aggiunto a noi religiosi per affrontare insieme le sfide della missione in tante nazioni del mondo.
La loro presenza è stata anche un’occasione per noi, saveriani più
anziani, per ascoltare le grida e gli schiamazzi di otto bambini e così
ringiovanire il nostro spirito e rinsaldare l’entusiasmo per una missione giovane e alla portata dei tempi nuovi.
Grazie da tutti noi saveriani di Udine alle famiglie Breccia, Bucciarelli e Andreoli per la loro visita e per averci fatto sentire la vicinanza e collaborazione nell’audace avventura missionaria nel mondo e
qui in Friuli.
Le famiglie marchigiane Breccia, Bocciarelli e Andreoli dei laici saveriani
hanno fatto visita alla comunità di Udine
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
MACOMER
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Chi fa il bene, raccoglie il bene!
La bella festa dei famigliari a Cagliari
era deciso che la festa
O rmai
dei famigliari dei saveriani
sardi si svolgesse a Cagliari, domenica 18 maggio, per il rilancio
della casa dopo otto anni di quasi
inattività. Gli amici del Gams si
erano già organizzati per rendere
la casa più accogliente, togliendo la polvere perfino dalle fessure delle finestre. Un gruppo di
mamme si è offerto per preparare
gli gnochetti sardi. Per il vino e
il dolce non c’era da preoccupar-
si: tutti ne avrebbero portato. Quasi quota cento!
Gli inviti erano partiti dai saveriani di Macomer a tutti i parenti dei 22 saveriani sardi viventi e dei 15 defunti, con una lettera
spedita personalmente. I parenti
delle 16 saveriane viventi e delle
6 saveriane defunte erano stati
avvisati da suor Francesca.
Ci siamo messi anche al telefono per sollecitare i più dub-
p. GIANNI ZAMPINI, sx
biosi o titubanti... Erano ormai
dieci anni che la festa non veniva realizzata a Cagliari e si sono
presentati in tanti, possiamo dire oltre le aspettative. Abbiamo
raggiunto quota 95 e altri avrebbero voluto essere presenti, ma
avevano impegni… famigliari.
I segnali che sarebbe andata
bene erano molti: dalla gioia della riapertura della casa alla disponibilità di tanti volontari del
Gams nel preparare l’accoglien-
Famigliari e saveriani della Sardegna all’incontro del 18 maggio a Cagliari; in ginocchio, a destra, fratel Guglielmo Saderi
Il pellegrinaggio annuale
Ai piedi del Gennargentu, con i saveriani
S
abato 17 maggio abbiamo chiuso l’anno missionario con il pellegrinaggio che
quest’anno ci ha visti a Fonni,
un bellissimo paese ai piedi del
Gennargentu. Eravamo in cento,
tra cui quattro saveriani: p. Giuseppe Marzarotto, p. Luigi Caria, p. Virginio Simoncelli e p.
Pinuccio Ibba. Ci siamo recati in
pullman fino all’entrata del paese. Da lì è partito il pellegrinaggio verso la basilica del 1600,
dedicata alla SS.ma Trinità, ma
che al suo interno ha una navata
laterale del 1700 dedicata a Nostra Signora Regina dei martiri.
Martirio è “testimonianza”
Siamo partiti dai pullman con
le bandiere dei popoli e siamo
arrivati pregando fino al piaz-
8
zale del santuario, dove tutto il
gruppo ha pregato con un foglietto preparato allo scopo: “E
noi abbiamo creduto all’amore”.
Nella preghiera abbiamo sottolineato che martirio vuol dire
“testimonianza” di un incontro
con Cristo, che ci ha afferrato
e coinvolto. È la testimonianza
della luce di Cristo che ha fatto
irruzione nella nostra vita e che
abbiamo deciso di accogliere,
amare e seguire.
Dopo la preghiera all’esterno
della chiesa, cantando, ci siamo
recati in chiesa dove abbiamo
celebrato l’Eucarestia. Abbiamo
ringraziato il Signore Gesù per
quest’anno missionario passato
insieme e abbiamo ringraziato le
delegate missionarie per il lavoro
svolto a beneficio della missione.
p. VIRGINIO SIMONCELLI, sx
Gesù ci accompagna
Abbiamo ricordato che il martirio continua anche oggi nelle
nostre vite e nelle nostre case e
in tante parti del mondo, dove si
soffre e si muore per la fede in
Gesù Cristo. Sul libretto, nella
pagina finale, c’era la fotografia di una delle ragazze rapite in
Nigeria. La presenza di Cristo ci
ricorda che non siamo soli nel
nostro martirio quotidiano: Gesù ci accompagna sempre con la
mitezza, la costanza e la pace.
Dopo la visita al santuario siamo andati in un agriturismo della zona e abbiamo concluso il
nostro pellegrinaggio con un
buon pranzetto sardo e la visita
al parco con daini e cervi. Stanchi, ma contenti, siamo tornati
■
alla base.
Delegate e amici in pellegrinaggio con le bandiere del mondo a Fonni, ai piedi del Gennargentu;
a destra, Nostra Signora Regina dei martiri nella basilica dedicata alla SS.ma Trinità a Fonni
Padre Virginio Simoncelli introduce l’incontro con i famigliari dei saveriani sardi,
a Cagliari, domenica 18 maggio
za in casa, fino alle numerose
telefonate di soddisfazione per
una festa organizzata a Cagliari.
Un boato d’approvazione
La giornata non è stata delle
migliori dal punto di vista metereologico, ma già alle 9 c’era un
via vai di persone che varcavano
il cancello con le mani piene di
dolci e torte da condividere.
Baci e abbracci hanno subito
reso l’atmosfera accogliente, facendo dimenticare il lungo tempo in cui la casa è stata chiusa.
Quando, all’inizio della presentazione, è stato comunicato che
i saveriani sarebbero rimasti in
via Sulcis è esploso il boato degli
applausi. Il desiderio sarebbe adibire la casa a un luogo dove forgiare le future vocazioni. Gesù,
che aveva scelto gli apostoli e ha
scelto anche noi, attuali saveriani,
non si è certo stancato di chiamare altri giovani al suo servizio!
Padre Picci e padre Uccelli
Padre Virginio ha presentato
uno a uno tutti gli invitati, mentre p. Pinuccio ha ricordato i
luoghi di missione dove lavorano i saveriani sardi e le loro
attività.
Una menzione particolare
l’abbiamo avuta per p. Giovanni Picci, la cui nipote, dopo aver
fatto un viaggio in Giappone
sulle orme dello zio, ci ha fatto
risaltare l’amore e l’affetto con
cui i parrocchiani ricordano ancora p. Giovanni dopo tanti anni
dalla sua morte.
Il pranzo, preparato e servito
con tanta attenzione dal gruppo
Gams, è stato gustato ed esaltato
dalla bontà dei malloreddus alla
campinadese, dalla delicatezza
dell’agnello e dall’ottimo vino.
Prima di salutarci, abbiamo lasciato un piccolo segno: un vasetto di fiori per ricordare la bellezza dell’incontro, e un dvd sul servo di Dio p. Pietro Uccelli, sotto
la cui protezione abbiamo messo
la nostra vita e il nuovo inizio della nostra casa come centro di spi■
ritualità missionaria.
AL MERCATO, IL NUMERO 17!
p. G. ZAMPINI, sx
Per la festa dei famigliari ci mancavano solo frutta e verdura. A pochi chilometri da Cagliari c’è un grosso centro agro alimentare. Siamo
partiti armati di fiducia nella Provvidenza, con il capellino della santificazione di san Guido Conforti e con la macchina che portava la scritta “Missionari Saveriani”.
Iniziamo a chiedere i prezzi nei vari stand. Ma erano almeno 200
i negozianti e non sapevamo davvero chi scegliere. Per non perdere
tempo ho lasciato p. Massimo a contrattare i prezzi e sono andato a
prendere la macchina per caricare la merce.
Le mie manovre non sono passate inosservate a un giovane signore che stava parcheggiando il suo camioncino. Si avvicina e mi chiede:
“Ma voi siete i saveriani che hanno chiuso la casa di via Sulcis a Cagliari?”. Gli spieghiamo che la casa di via Sulcis è attiva e che domenica
18 maggio avremmo fatto una grande festa con i parenti dei saveriani
sardi. Lui, intanto, estrae dal portafoglio l’immaginetta del compianto p. Ivaldo Casula e inizia a tesserne l’elogio. “Tutti i giorni, quando
mi sveglio, prego padre Ivaldo perché mi assista durante la giornata.
Lui mi ha insegnato a rispettare gli altri, a dialogare con tutti e ad aiutare i bisognosi. È una
persona speciale, quasi un santo”.
Diventiamo subito
un cuor solo e membri
della stessa famiglia
saveriana. Dice a chi ci
stava servendo che se
ne sarebbe occupato
lui. Compriamo alcuni
chili di fagiolini, kiwi,
cipollotti e lo sconto...
aumenta.
Chi ci aveva guidato
a scegliere, tra i 200
grossisti, proprio il
numero 17, il cui proPadre Ibba con la cuoca e le cassette
prietario era un padi frutta e verdura per la festa dei
rente di padre Ivaldo?
famigliari di domenica 18 maggio
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
MARCHE
60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40
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DIARIO DELLA COMUNITÀ
cammini, per scoprire il volto di una chiesa che “ha tanto amato il mondo da offrire
non oro o argento, ma il tesoro più prezioso: Gesù Cristo”.
Posso solo dire “grazie”
Dopo cinque bellissimi anni con voi...
L
o scrittore Dumas, dopo
“I tre moschettieri”, iniziava il nuovo libro scrivendo
“Vent’anni dopo…”: un lasso di
tempo molto più lungo dei miei
cinque anni marchigiani, dove
sono successe vicende inaspettate e sorprendenti. Evidentemente
non voglio paragonarmi ai personaggi mitici creati da Dumas,
ma credo che seguire il Signore
sia veramente un’avventura che
ci fa vivere la vita in pienezza.
Grazie al Signore!
Dopo cinque anni di vita attiva nella comunità saveriana
di Ancona, non posso che dire “grazie”. Prima di tutto al Signore che mi sorprende sempre:
Dio è un tesoro tanto antico, ma
sempre nuovo. È come un Amico che continuamente mi sorprende, che penso di conoscere
e invece mi riserva qualche improvvisata. Nel parlare agli altri di Dio, nel meditare e pregare, nel vedere il suo passo nella vita mia e degli altri, mi viene da esclamare con le parole
del salmo 8: “O Signore, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!”.
Grazie per i doni che mi ha
dato. Chi passa per Ancona, rimane estasiato da certi paesaggi che si vedono dal monte Conero. Chi vive nelle Marche rimane incantato quando arriva la
primavera e tutto è verde, pieno
di vita. E quei campi di girasole che coprono le colline? Tutto
sembra uscito dalle mani di Dio
e offerto a me, perché possa sorridere e amare la vita.
Grazie alla gente!
Grazie alla gente che il Signo-
p. ENZO TONINI, sx
re mi ha fatto incontrare, in particolare i giovani. Questi giovani
che “non sono quelli di una volta”, eppure mi spiazzano con il
loro desiderio di verità, stanchi
del mondo della menzogna, alla ricerca di qualcosa di autentico che purtroppo molte volte
non so offrire loro, ma che mi
mettono in crisi e mi mantengono in cammino, facendomi scoprire che questo non è il tempo
di sedersi, di riposare, di tenere
il passo.
Grazie alla chiesa di Ancona
e delle Marche, a tutti quelli che
lavorano in essa (e non mi riferisco solo ai sacerdoti). A volte
sento critiche e a volte ne faccio anch’io, ma è innegabile l’amore che la gente nutre per questa “barca” sbattuta dalla cultura liquida del nostro tempo. Molta gente è alla ricerca di nuovi
Ad Ancona come in famiglia
Sono pronto a spiccare il volo per il Messico
scrivo queste righe,
M entre
sto preparando le valigie
nella casa saveriana di Ancona,
in cui ho vissuto due anni di
formazione, che mi hanno arricchito la vita. Si avvicina ormai
la mia partenza per il Messico
e guardo un po’ indietro per vedere come il Signore ha operato
nella mia vita in questi due anni
nelle Marche.
Ciascuno è un dono
Quando sono arrivato, provenivo da un anno molto intenso
vissuto nella casa saveriana di
Salerno, in cui ho potuto sperimentare la gioia dell’animazione
missionaria che si respirava nella comunità dei saveriani. Qui
ad Ancona, in questi due anni,
ho trovato una vera famiglia, mi
sono sentito a casa, sono stato
8
accolto per quello che sono e ho
potuto sperimentare come i legami di fede possano essere anche
più forti degli stessi legami di
sangue.
Sono cresciuto molto, ho conosciuto tante persone stupende,
che mi hanno mostrato, con la
loro fede e la loro gioia, che Dio
ha creato ciascuno di noi come
un dono. Ho imparato a guardare me stesso e la realtà con gli
stessi occhi con cui Dio guarda.
Risuonano in me le parole del
salmo 139: “Ti ho fatto come un
prodigio”. È proprio questo che
ho scoperto, che il Signore ha
creato ciascuno come una persona unica.
L’entusiasmo iniziale di far
conoscere Gesù a chi ancora non
lo conosce, oggi si trasforma in
desiderio sempre più forte di far
Da destra, p. Enzo Tonini e Pietro Rossini, con p. Giancarlo Lazzarini
e p. Alberto Panichella, durante una gita comunitaria nelle belle Marche
Grazie ai missionari!
Soprattutto grazie alla comunità saveriana e agli altri
missionari con cui ho condiviso questi anni. Mi sono sentito accolto, quando ero arrivato spaesato dalla Colombia.
Mi hanno sopportato con le
mie provocazioni, hanno riso
con me delle mie barzellette.
“È bello e gioioso che i fratelli vivano insieme!”.
Cinque anni dopo, alla mia
partenza da Ancona, mi sento molto amato da Dio e non
so come ripagarlo se non con
un… “grazie”. Tutti voi, il
più delle volte anche senza saperlo, siete stati la manifestazione di questo amore che Dio mi
riserva.
In questi cinque anni ho sentito il suono, ho sentito la sinfonia
Padre Enzo Tonini, dopo cinque anni nella
comunità saveriana di Ancona, è tornato
nel Friuli, regione di origine
che Dio ha meravigliosamente
composto anche per me. Manteniamoci in contatto con la preghiera reciproca, per continuare a vivere la missione, sempre
■
e dovunque.
DALLE MARCHE AL FRIULI
p. ANTONIO GUIOTTO, sx
PIETRO ROSSINI
scoprire ai fratelli e alle sorelle
che sono unici al mondo e che
la loro vita vale, perché proviene
dall’amore del Signore e da un
amore che si è dato totalmente,
fino a versare il sangue sulla
croce.
Partire e ripartire…
Al pensiero di partire per il
Messico, sento crescere ancora di più quel desiderio che mi
ha spinto per la prima volta a
lasciare Salerno e a iniziare
questo cammino nella famiglia
saveriana.
È vero, è difficile lasciare un
posto, e soprattutto gli amici e
la comunità, con cui ho condiviso gioie e dolori, entusiasmi
e paure, e tante belle esperienze
autentiche. Però questo lasciare
per partire di nuovo, mi sta insegnando che siamo di passaggio
e che possiamo continuare per
sempre a piangere su ciò che
si lascia; ma è meglio partire e
ripartire da ciò che ci portiamo
con noi da tutte queste persone.
Tutti coloro che ho incontrato
mi hanno dato tanto, mi hanno
lasciato numerose ricchezze da
coltivare e far crescere nel mio
cuore. Sono certo che dovunque
il Signore mi chiamerà ad andare, troverò una famiglia pronta
ad accogliermi e io sarò pronto
a spendermi per continuare a costruire e fare del mondo una so■
la famiglia.
All’inizio di maggio tre famiglie di laici saveriani delle Marche sono
venute a farci visita per alcuni giorni: Simone e Roberta Breccia con
le loro tre bimbe (Ester, Rebecca e Marta), Roberto e Liana Bocciarelli
con i due bimbi (Davide ed Emma), Alessandro e Alessandra Andreoli
con i tre bimbi (Francesco, Miriam e Giovanni).
Lo scopo della gradita visita in Friuli era il battesimo del piccolo Giovanni Andreoli al paese natale della mamma, Sottoselva di Palmanova, sabato 3 maggio. Ma è stata una bella occasione anche per noi saveriani di Udine per fare conoscenza con alcuni dei nostri laici saveriani e condividere la loro esperienza di famiglie missionarie animate dallo stesso spirito e sogno missionario del nostro fondatore san
Guido Conforti.
Abbiamo così potuto conoscere più da vicino le attività e gli ideali
dei nostri laici e apprezzarne lo spirito e la passione per la missione,
nella speranza di veder sorgere anche in Friuli Venezia Giulia questo
ramo della famiglia saveriana, che si è aggiunto a noi religiosi per affrontare insieme le sfide della missione in tante nazioni del mondo.
La loro presenza è stata anche un’occasione per noi, saveriani più
anziani, per ascoltare le grida e gli schiamazzi di otto bambini e così
ringiovanire il nostro spirito e rinsaldare l’entusiasmo per una missione giovane e alla portata dei tempi nuovi.
Grazie da tutti noi saveriani di Udine alle famiglie Breccia, Bucciarelli e Andreoli per la loro visita e per averci fatto sentire la vicinanza e collaborazione nell’audace avventura missionaria nel mondo e
qui in Friuli.
Le famiglie marchigiane Breccia, Bocciarelli e Andreoli dei laici saveriani
hanno fatto visita alla comunità di Udine
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
PARMA
43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502
E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437
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Missione, ideale sempre più grande
Padre Silvio Turazzi sacerdote da 50 anni
L
a ricorrenza del 50° di
ordinazione sacerdotale
di padre Silvio Turazzi è stata
celebrata presso la casa madre
dei saveriani a Parma sabato 31
maggio, in forma solenne, anche se ristretta ai confratelli e a
pochi amici. La vera festa sarà
celebrata a Ferrara, con la partecipazione del fratello mons. Andrea Turazzi, attuale vescovo di
San Marino-Montefeltro.
Il paramento dorato
Padre Silvio non può celebrare Messa in piedi, così i confratelli hanno predisposto una
predella elevata sulla quale p.
Silvio sedeva con la sua carrozzella, apparendo visibile a
tutta l’assemblea. Indossava un
paramento dorato che lo faceva
apparire solenne, rispetto a come
lo vediamo sempre, con la sola
stola sopra i suoi vestiti ordinari.
Padre Silvio è stato ordinato
sacerdote a 26 anni, il 30 maggio
1964, nella cattedrale di Ferrara.
Gli fu affidato un compito nella
diocesi, ma nel cuore di don Silvio era sorto un nuovo ideale, al
quale si dedicò con tutto il cuore. Entrò nel noviziato dei saveriani nell’ottobre 1966 e fece
la professione dei voti religiosi
l’anno seguente.
Spesso in bicicletta…
Ero tornato dal Giappone ed
ero stato eletto consigliere nella
direzione generale dell’istituto,
con il compito particolare di
“prefetto delle missioni”. Tuttavia non potevo non interessarmi
di quel giovane confratello, che
era stato incaricato di “Mani
tese”, l’organismo creato dagli
istituti missionari italiani per la
sensibilizzazione sui problemi
dei paesi poveri.
Appariva zelante e soprattutto
amabile per il suo sorriso. Aveva a disposizione una buona auto per la raccolta di tutto quello
che gli italiani offrivano per le
missioni; ma io notavo con in-
p. AUGUSTO LUCA, sx
teresse il fatto che padre Silvio
usciva spesso in bicicletta. Seppi anche di un pellegrinaggio, o
forse più di uno, a Fontanellato,
sempre con la sua bici. Pensai
allo spirito di povertà di cui parla san Guido Conforti, e la frase
di qualche scrittore spirituale
che afferma: “Un religioso non
dovrebbe esaminarsi su quello
che può permettersi con il voto
di povertà, ma piuttosto di quello di cui può privarsi”.
Un paio di anni fa, c’era stata
una funzione in duomo e io vidi p. Silvio partire in carrozzina
verso l’istituto. Spingeva con le
mani le ruote, senza poca fatica.
Pensai: “Nessuno mai ha pensato di rifornire Silvio di una carrozzina mobile con motorino?
O per spirito di povertà lui non
l’ha accettata?”. Forse qualcuno
potrebbe fargliela in dono per la
sua “Messa d’oro”…
Gesù alla base del cammino
Padre Silvio nella sua ome-
Grazie, caro padre Ulisse
Il Gams di Parma saluta il suo assistente
2005 p. Ulisse
D all’ottobre
Zanoletti è assistente spi-
rituale del Gams. In questi nove
anni il gruppo amici dei missionari saveriani ha conosciuto un
notevole stimolo a vivere al loro
fianco per realizzare il sogno di
san Guido Conforti di fare del
mondo una sola famiglia.
In uno dei primi incontri,
p. Ulisse ci aveva proposto il
motto confortiano: “Finché vivo solo per me stesso non farò
un passo avanti”. Negli anni, p.
Ulisse ha reso vivo il motto iniziale con esempi di vita missionaria generosa, appassionante,
difficile, sofferta, presentate dai
diversi confratelli invitati al loro
rientro dalle missioni a celebrare
la Messa con noi.
Esempi di vita missionaria
In ottobre, mese missionario,
tutta la chiesa è invitata a riscoprire la sua missione: essere
nel mondo testimone di Gesù e
del suo vangelo. Tale invito è
particolarmente rivolto a co-
8
loro che, come noi del Gams, ci
sentiamo impegnati a sostenere
con la preghiera e l’aiuto materiale i saveriani.
Per questo ogni mese, da ottobre a giugno, ci siamo ritrovati
nel santuario San Guido Conforti sotto la guida di p. Ulisse
per partecipare alla santa Messa,
momento centrale dei nostri incontri, con gli studenti della teologia e numerosi saveriani.
Ogni anno abbiamo conosciuto i nuovi studenti di tante
nazioni che iniziano la teologia
a Parma. Abbiamo partecipato
alla gioia delle loro professioni
perpetue e li abbiamo salutati
quando hanno lasciato lo studentato per andare in missione.
Una vera amicizia fraterna
Padre Ulisse ha offerto anche
al Gams la gioia di conoscere i
giovani futuri missionari, che
con noi pregano e cantano, e ci
trasmettono il calore della loro
scelta di vita. Per tutti
questi motivi, la Mes-
EMILIA BONFANTI
sa di giugno, alla fine dell’anno
sociale, è chiamata “Messa del
grazie” e il Gams la dedica a tutti i missionari, agli studenti e al
nostro assistente spirituale.
In modo particolare, la recente “Messa del grazie”, giovedì 5 giugno, ha riunito tanti
iscritti per salutare i due diaconi
saveriani Benjamin e Philbert,
ma soprattutto per esprimere
un grande “grazie!”, caloroso e
commosso, al caro p. Ulisse che
ha concluso il suo incarico di assistente Gams e che lascia a tutti
noi un ricordo di amicizia fraterna e di amore per le missioni.
Pensando a come lasciargli
un ricordo visibile, è nata l’idea di una maglietta con una
foto del Gams. La consegna ufficiale è avvenuta nel corso della gita a Bassano del Grappa.
L’allegra confusione e il fragoroso applauso non hanno nascosto la sorpresa e l’emozio■
ne.
Padre Silvio Turazzi ha celebrato 50 anni di ordinazione sacerdotale
nella casa madre dei saveriani, a Parma, sabato 31 maggio
lia ha ricordato l’incontro con
Gesù, l’itineranza evangelica
anche dopo l’incidente automobilistico, la gratitudine a Dio e a
chi l’ha sostenuto nel suo apostolato. Poi c’è stato il ricordo
della famiglia, della parrocchia,
del seminario, dell’istituto saveriano, della sedia a rotelle, della
missione in Congo…
“L’incontro con Gesù è alla
base del mio cammino. Un incontro sempre vivo, che libera
e dà la vita. La missione mi
appare come un ideale sempre
più bello e grande. È la chiesa
in uscita: grembo di Dio, continuazione del «sì» di Maria,
dell’incarnazione di Gesù, per
la gioia e la vita del mondo.
Gesù è parola di Dio donata
agli uomini. È vivo e continua a
parlare e agire attraverso i suoi
discepoli. Desidera che tutti
possano vedere, toccare, sentire la gioia del suo annuncio di
vita…”.
Verso l’orizzonte infinito
Infine, p. Silvio ha dedicato un
pensiero sulla situazione attuale:
“Oggi sono vecchio e disabile.
Sento di passare a un’esperienza
più forte del mio limite, di impotenza, di scoperta del nulla di sé.
Un passo verso l’orizzonte infinito... Gesù continua a chiamare discepoli che sono disposti a
piantare la tenda dappertutto. La
missione della chiesa tra tutti i
popoli, nelle periferie del mondo
è un carisma, espressione della
sua stessa vita. Insieme, ringraziamo il Signore!”.
Auguri cordiali a questo caro
confratello che serve Dio con la
fedeltà del discepolo, anche sul■
la carrozzella!
CON I VOLONTARI A FONTANELLATO
PAOLA CURTI
Come da tradizione, sabato 17 maggio, in una bella giornata di sole, i volontari, assieme ai saveriani malati o in cura presso l’infermeria
del quarto piano della casa madre, siamo andati in pellegrinaggio a
Fontanellato. Ma il termine “volontari” mi sembra riduttivo. Direi che
ci sentiamo più amici e famigliari.
Stando vicini ai malati, intessiamo rapporti di amicizia anche con i
saveriani che li assistono e che hanno bisogno di sentire la nostra vicinanza e il nostro sostegno fraterno. La Messa è stata presieduta da
p. Anzalone e noi abbiamo partecipato attivamente, pregando, cantando, aiutando. Il trasporto ci è stato offerto dagli amici del centro
sociale di via Bizzozzero.
Padre Ulisse Zanoletti, assistente
spirituale del Gams per nove anni,
con la maglietta-regalo: fronte e retro
Nella foto di p. Vito, i saveriani anziani e malati in pellegrinaggio a Fontanellato,
sabato 17 maggio, accompagnati dagli assistenti volontari
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
PIACENZA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
IBAN - IT 45 Q 03500 11202 000000001607 (UBI Banco di Brescia, Brescia 2)
Missione, ideale sempre più grande
Padre Silvio Turazzi sacerdote da 50 anni
L
a ricorrenza del 50° di
ordinazione sacerdotale
di padre Silvio Turazzi è stata
celebrata presso la casa madre
dei saveriani a Parma sabato 31
maggio, in forma solenne, anche se ristretta ai confratelli e a
pochi amici. La vera festa sarà
celebrata a Ferrara, con la partecipazione del fratello mons. Andrea Turazzi, attuale vescovo di
San Marino-Montefeltro.
Il paramento dorato
Padre Silvio non può celebrare Messa in piedi, così i confratelli hanno predisposto una
predella elevata sulla quale p.
Silvio sedeva con la sua carrozzella, apparendo visibile a
tutta l’assemblea. Indossava un
paramento dorato che lo faceva
apparire solenne, rispetto a come
lo vediamo sempre, con la sola
stola sopra i suoi vestiti ordinari.
Padre Silvio è stato ordinato
sacerdote a 26 anni, il 30 maggio
1964, nella cattedrale di Ferrara.
Gli fu affidato un compito nella
diocesi, ma nel cuore di don Silvio era sorto un nuovo ideale, al
quale si dedicò con tutto il cuore. Entrò nel noviziato dei saveriani nell’ottobre 1966 e fece
la professione dei voti religiosi
l’anno seguente.
Spesso in bicicletta…
Ero tornato dal Giappone ed
ero stato eletto consigliere nella
direzione generale dell’istituto,
con il compito particolare di “prefetto delle missioni”. Tuttavia non
potevo non interessarmi di quel
giovane confratello, che era stato
incaricato di “Mani tese”, l’organismo creato dagli istituti missionari italiani per la sensibilizzazione sui problemi dei paesi poveri.
Appariva zelante e soprattutto
amabile per il suo sorriso. Aveva a disposizione una buona au-
p. AUGUSTO LUCA, sx
to per la raccolta di tutto quello
che gli italiani offrivano per le
missioni; ma io notavo con interesse il fatto che padre Silvio
usciva spesso in bicicletta. Seppi anche di un pellegrinaggio, o
forse più di uno, a Fontanellato,
sempre con la sua bici. Pensai
allo spirito di povertà di cui parla san Guido Conforti, e la frase
di qualche scrittore spirituale
che afferma: “Un religioso non
dovrebbe esaminarsi su quello
che può permettersi con il voto
di povertà, ma piuttosto di quello di cui può privarsi”.
Un paio di anni fa, c’era stata
una funzione in duomo e io vidi p. Silvio partire in carrozzina
verso l’istituto. Spingeva con le
mani le ruote, senza poca fatica.
Pensai: “Nessuno mai ha pensato di rifornire Silvio di una carrozzina mobile con motorino?
O per spirito di povertà lui non
l’ha accettata?”. Forse qualcuno
Da cinque mesi in Camerun
“Chi è appena arrivato non vede la luna”
2 aprile mi trovo in CaD almerun,
la missione cui so-
no stato mandato dal superiore
generale dei saveriani, dopo il
servizio prestato a Roma. Più
precisamente sono a Douala, la
capitale economica del Camerun, nell’Africa sub-sahariana.
Ascolto e guardo…
Con gli altri confratelli vivo
nel “Centro Xavier”, così chiamato in memoria del nostro
modello e patrono san Francesco Saverio. È il nostro centro
per l’animazione e formazione
missionaria. Tre sono le finalità della comunità: far entrare,
dove non c’è ancora, lo spirito missionario nelle comunità
parrocchiali della diocesi; incoraggiare quelle comunità che ce
l’hanno già a mantenerlo vivo;
accompagnare la parrocchia
8
missionaria affidata ai saveriani
un anno fa.
Un proverbio kiswahili dice:
“Chi è appena arrivato non vede
la luna”; ovvero, non può conoscere subito le cose brutte e belle
del paese che l’ha appena accolto. Perciò, bisogna tacere, ascoltare e osservare molto. Essendo
un nuovo arrivato, non ho molto
da dirvi. Apro orecchie e occhi
sulla realtà circostante.
Vedo le foreste in fumo
Tra le cose che vedo e che
colpiscono la mia attenzione, ci
sono le grandi segherie. Su due
o tre chilometri, lungo la strada
che collega Douala a Yaoundé,
ce ne sono almeno tre. Solo una
“piccola” quantità di legno si
ferma in queste segherie; il resto dei tronchi di alberi secolari,
che i camion trasportano giorno
Segheria vicina alla casa dove vive la comunità saveriana
nel nuovo quartiere in costruzione alla periferia di Douala, in Camerun
p. RAMAZANI KATINDI, sx
e notte, vanno direttamente al
porto della città per l’esportazione verso Europa e Asia.
Sono quindi le foreste del secondo polmone del pianeta che
vanno in fumo... per certi bisogni del presente, a scapito delle
generazioni future. Fa male al
cuore sapere che sono poche “le
briciole che cadono dal tavolo
dei grandi per i cagnolini”.
Il nido della speranza
Quanto è lunga la traversata del deserto quando si viene
dall’Europa fino a Douala! Si
sorvolano almeno quattromila
chilometri di sabbia. Mi consolano un po’ due uccellini che
fanno il loro nido proprio alla
finestra della doccia della mia
stanza. Mi ricordano che la natura è ancora mantenuta da chi
l’ha creata e che essa si dà da
fare per vivere, e anche sopravvivere. Questi due uccellini lanciano l’invito del Signore a collaborare con lui perché questa
sua creazione, così bella e vicina
all’umanità, in queste contrade
venga rispettata e protetta.
La domenica, la chiesa è colma di bambini e adulti, giovani
e vecchi (come si dice qui senza
sentirsi offesi), pieni di gioia nonostante le tante sofferenze della vita. Cristo ci accompagni nel
nostro cammino, con gli occhi
fissi sul Crocifisso! Viviamo in
comunione nel nome di Gesù. ■
Padre Silvio Turazzi ha celebrato 50 anni di ordinazione sacerdotale
nella casa madre dei saveriani, a Parma, sabato 31 maggio
potrebbe fargliela in dono per la
sua “Messa d’oro”…
Gesù alla base del cammino
Padre Silvio nella sua omelia ha ricordato l’incontro con
Gesù, l’itineranza evangelica
anche dopo l’incidente automobilistico, la gratitudine a Dio e a
chi l’ha sostenuto nel suo apostolato. Poi c’è stato il ricordo
della famiglia, della parrocchia,
del seminario, dell’istituto saveriano, della sedia a rotelle, della
missione in Congo…
“L’incontro con Gesù è alla
base del mio cammino. Un incontro sempre vivo, che libera e
dà la vita. La missione mi appare
come un ideale sempre più bello
e grande. È la chiesa in uscita:
grembo di Dio, continuazione
del «sì» di Maria, dell’incarnazione di Gesù, per la gioia e la
vita del mondo. Gesù è parola
di Dio donata agli uomini. È vi-
vo e continua a parlare e agire
attraverso i suoi discepoli. Desidera che tutti possano vedere,
toccare, sentire la gioia del suo
annuncio di vita…”.
Verso l’orizzonte infinito
Infine, p. Silvio ha dedicato un
pensiero sulla situazione attuale:
“Oggi sono vecchio e disabile.
Sento di passare a un’esperienza
più forte del mio limite, di impotenza, di scoperta del nulla di sé.
Un passo verso l’orizzonte infinito... Gesù continua a chiamare discepoli che sono disposti a
piantare la tenda dappertutto. La
missione della chiesa tra tutti i
popoli, nelle periferie del mondo
è un carisma, espressione della
sua stessa vita. Insieme, ringraziamo il Signore!”.
Auguri cordiali a questo caro
confratello che serve Dio con la
fedeltà del discepolo, anche sul■
la carrozzella!
SI CHIAMA BAHATI, “FORTUNATA”
p. ANGELO BERTON, sx
Tra i tanti miei ricordi di missione in Congo, ne estraggo uno che
spesso mi torna in mente. Con cinque collaboratori mi ero recato a far
visita ad alcune scuole elementari, nelle vicinanze boschive di “Itula”.
Al ritorno, avevamo imboccato un sentiero infossato tra due enormi
pareti di verde. Erano circa le tredici, quando incontrammo una scolaretta di nove anni che tornava a casa. La bambina era magrolina, scalza e vestita poveramente, ma con una gonnellina pulita. Rallentando
l’andatura, ci adeguammo al suo passo. Dopo averle rivolto il saluto
in swahili, le feci alcune domande.
“Come ti chiami?”. Mi rispose: ”Bahati”, cioè Fortunata. “Dove abiti?”. “A Bonde” (un villaggio a 6 chilometri dalla scuola). “Che classe
fai?”. “La terza elementare”. “Quanti fratelli hai?”. “Dopo di me, i fratellini sono tre”. “Stamattina prima di andare a scuola hai mangiato
qualcosa?“. “No”. “Allora, appena tornerai da scuola, mangerai con
appetito, vero?”. E lei, con rassegnazione: “Sì, ma non subito. Dovrò
aspettare fino a sera, quando la mamma, tornata dai campi, preparerà
la polenta di manioca per me e i fratellini”. “A che ora parti al mattino
per andare a scuola?”. “Quando spunta il sole”, cioè alle sei. “Ti piace
andare a scuola?”. “Sì, molto”. “È vero che la strada per recarti a scuola è lunga?”. E lei, con la voce fioca, ma con spontaneità
cristallina: “Andando a scuola, la strada è corta; quando
ritorno, è lunga”.
Questa espressione mi riempì l’animo di compassione… Veramente, per la
condizione in cui viveva, alla piccola Bahati di “Fortunata” le era rimasto solo il
nome.
Padre Angelo Berton sulle
sconnesse vie della
missione in Congo
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
PIEMONTE
e LIGURIA
20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 625035 - Fax 0362 624274
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
IBAN - IT 71 F 06230 33100 000046222194 (Cariparma Credit Agricole, Desio)
Missione, ideale sempre più grande
Padre Silvio Turazzi sacerdote da 50 anni
L
a ricorrenza del 50° di
ordinazione sacerdotale
di padre Silvio Turazzi è stata
celebrata presso la casa madre
dei saveriani a Parma sabato 31
maggio, in forma solenne, anche se ristretta ai confratelli e a
pochi amici. La vera festa sarà
celebrata a Ferrara, con la partecipazione del fratello mons. Andrea Turazzi, attuale vescovo di
San Marino-Montefeltro.
Il paramento dorato
Padre Silvio non può celebrare Messa in piedi, così i confratelli hanno predisposto una
predella elevata sulla quale p.
Silvio sedeva con la sua carrozzella, apparendo visibile a
tutta l’assemblea. Indossava un
paramento dorato che lo faceva
apparire solenne, rispetto a come
lo vediamo sempre, con la sola
stola sopra i suoi vestiti ordinari.
Padre Silvio è stato ordinato
sacerdote a 26 anni, il 30 maggio
1964, nella cattedrale di Ferrara.
Gli fu affidato un compito nella
diocesi, ma nel cuore di don Silvio era sorto un nuovo ideale, al
quale si dedicò con tutto il cuore. Entrò nel noviziato dei saveriani nell’ottobre 1966 e fece
la professione dei voti religiosi
l’anno seguente.
Spesso in bicicletta…
Ero tornato dal Giappone ed
ero stato eletto consigliere nella
direzione generale dell’istituto,
con il compito particolare di “prefetto delle missioni”. Tuttavia non
potevo non interessarmi di quel
giovane confratello, che era stato
incaricato di “Mani tese”, l’organismo creato dagli istituti missionari italiani per la sensibilizzazione sui problemi dei paesi poveri.
Appariva zelante e soprattutto
amabile per il suo sorriso. Aveva a disposizione una buona au-
p. AUGUSTO LUCA, sx
to per la raccolta di tutto quello
che gli italiani offrivano per le
missioni; ma io notavo con interesse il fatto che padre Silvio
usciva spesso in bicicletta. Seppi anche di un pellegrinaggio, o
forse più di uno, a Fontanellato,
sempre con la sua bici. Pensai
allo spirito di povertà di cui parla san Guido Conforti, e la frase
di qualche scrittore spirituale
che afferma: “Un religioso non
dovrebbe esaminarsi su quello
che può permettersi con il voto
di povertà, ma piuttosto di quello di cui può privarsi”.
Un paio di anni fa, c’era stata
una funzione in duomo e io vidi p. Silvio partire in carrozzina
verso l’istituto. Spingeva con le
mani le ruote, senza poca fatica.
Pensai: “Nessuno mai ha pensato di rifornire Silvio di una carrozzina mobile con motorino?
O per spirito di povertà lui non
l’ha accettata?”. Forse qualcuno
Da cinque mesi in Camerun
“Chi è appena arrivato non vede la luna”
2 aprile mi trovo in CaD almerun,
la missione cui so-
no stato mandato dal superiore
generale dei saveriani, dopo il
servizio prestato a Roma. Più
precisamente sono a Douala, la
capitale economica del Camerun, nell’Africa sub-sahariana.
Ascolto e guardo…
Con gli altri confratelli vivo
nel “Centro Xavier”, così chiamato in memoria del nostro
modello e patrono san Francesco Saverio. È il nostro centro
per l’animazione e formazione
missionaria. Tre sono le finalità della comunità: far entrare,
dove non c’è ancora, lo spirito missionario nelle comunità
parrocchiali della diocesi; incoraggiare quelle comunità che ce
l’hanno già a mantenerlo vivo;
accompagnare la parrocchia
8
missionaria affidata ai saveriani
un anno fa.
Un proverbio kiswahili dice:
“Chi è appena arrivato non vede
la luna”; ovvero, non può conoscere subito le cose brutte e belle
del paese che l’ha appena accolto. Perciò, bisogna tacere, ascoltare e osservare molto. Essendo
un nuovo arrivato, non ho molto
da dirvi. Apro orecchie e occhi
sulla realtà circostante.
Vedo le foreste in fumo
Tra le cose che vedo e che
colpiscono la mia attenzione, ci
sono le grandi segherie. Su due
o tre chilometri, lungo la strada
che collega Douala a Yaoundé,
ce ne sono almeno tre. Solo una
“piccola” quantità di legno si
ferma in queste segherie; il resto dei tronchi di alberi secolari,
che i camion trasportano giorno
Segheria vicina alla casa dove vive la comunità saveriana
nel nuovo quartiere in costruzione alla periferia di Douala, in Camerun
p. RAMAZANI KATINDI, sx
e notte, vanno direttamente al
porto della città per l’esportazione verso Europa e Asia.
Sono quindi le foreste del secondo polmone del pianeta che
vanno in fumo... per certi bisogni del presente, a scapito delle
generazioni future. Fa male al
cuore sapere che sono poche “le
briciole che cadono dal tavolo
dei grandi per i cagnolini”.
Il nido della speranza
Quanto è lunga la traversata del deserto quando si viene
dall’Europa fino a Douala! Si
sorvolano almeno quattromila
chilometri di sabbia. Mi consolano un po’ due uccellini che
fanno il loro nido proprio alla
finestra della doccia della mia
stanza. Mi ricordano che la natura è ancora mantenuta da chi
l’ha creata e che essa si dà da
fare per vivere, e anche sopravvivere. Questi due uccellini lanciano l’invito del Signore a collaborare con lui perché questa
sua creazione, così bella e vicina
all’umanità, in queste contrade
venga rispettata e protetta.
La domenica, la chiesa è colma di bambini e adulti, giovani
e vecchi (come si dice qui senza
sentirsi offesi), pieni di gioia nonostante le tante sofferenze della vita. Cristo ci accompagni nel
nostro cammino, con gli occhi
fissi sul Crocifisso! Viviamo in
comunione nel nome di Gesù. ■
Padre Silvio Turazzi ha celebrato 50 anni di ordinazione sacerdotale
nella casa madre dei saveriani, a Parma, sabato 31 maggio
potrebbe fargliela in dono per la
sua “Messa d’oro”…
Gesù alla base del cammino
Padre Silvio nella sua omelia ha ricordato l’incontro con
Gesù, l’itineranza evangelica
anche dopo l’incidente automobilistico, la gratitudine a Dio e a
chi l’ha sostenuto nel suo apostolato. Poi c’è stato il ricordo
della famiglia, della parrocchia,
del seminario, dell’istituto saveriano, della sedia a rotelle, della
missione in Congo…
“L’incontro con Gesù è alla
base del mio cammino. Un incontro sempre vivo, che libera e
dà la vita. La missione mi appare
come un ideale sempre più bello
e grande. È la chiesa in uscita:
grembo di Dio, continuazione
del «sì» di Maria, dell’incarnazione di Gesù, per la gioia e la
vita del mondo. Gesù è parola
di Dio donata agli uomini. È vi-
vo e continua a parlare e agire
attraverso i suoi discepoli. Desidera che tutti possano vedere,
toccare, sentire la gioia del suo
annuncio di vita…”.
Verso l’orizzonte infinito
Infine, p. Silvio ha dedicato un
pensiero sulla situazione attuale:
“Oggi sono vecchio e disabile.
Sento di passare a un’esperienza
più forte del mio limite, di impotenza, di scoperta del nulla di sé.
Un passo verso l’orizzonte infinito... Gesù continua a chiamare discepoli che sono disposti a
piantare la tenda dappertutto. La
missione della chiesa tra tutti i
popoli, nelle periferie del mondo
è un carisma, espressione della
sua stessa vita. Insieme, ringraziamo il Signore!”.
Auguri cordiali a questo caro
confratello che serve Dio con la
fedeltà del discepolo, anche sul■
la carrozzella!
SI CHIAMA BAHATI, “FORTUNATA”
p. ANGELO BERTON, sx
Tra i tanti miei ricordi di missione in Congo, ne estraggo uno che
spesso mi torna in mente. Con cinque collaboratori mi ero recato a far
visita ad alcune scuole elementari, nelle vicinanze boschive di “Itula”.
Al ritorno, avevamo imboccato un sentiero infossato tra due enormi
pareti di verde. Erano circa le tredici, quando incontrammo una scolaretta di nove anni che tornava a casa. La bambina era magrolina, scalza e vestita poveramente, ma con una gonnellina pulita. Rallentando
l’andatura, ci adeguammo al suo passo. Dopo averle rivolto il saluto
in swahili, le feci alcune domande.
“Come ti chiami?”. Mi rispose: ”Bahati”, cioè Fortunata. “Dove abiti?”. “A Bonde” (un villaggio a 6 chilometri dalla scuola). “Che classe
fai?”. “La terza elementare”. “Quanti fratelli hai?”. “Dopo di me, i fratellini sono tre”. “Stamattina prima di andare a scuola hai mangiato
qualcosa?“. “No”. “Allora, appena tornerai da scuola, mangerai con
appetito, vero?”. E lei, con rassegnazione: “Sì, ma non subito. Dovrò
aspettare fino a sera, quando la mamma, tornata dai campi, preparerà
la polenta di manioca per me e i fratellini”. “A che ora parti al mattino
per andare a scuola?”. “Quando spunta il sole”, cioè alle sei. “Ti piace
andare a scuola?”. “Sì, molto”. “È vero che la strada per recarti a scuola è lunga?”. E lei, con la voce fioca, ma con spontaneità
cristallina: “Andando a scuola, la strada è corta; quando
ritorno, è lunga”.
Questa espressione mi riempì l’animo di compassione… Veramente, per la
condizione in cui viveva, alla piccola Bahati di “Fortunata” le era rimasto solo il
nome.
Padre Angelo Berton sulle
sconnesse vie della
missione in Congo
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
PUGLIA
74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
IBAN - IT 71 Z 01030 15807 000000040579 (Monte Paschi Siena, Taranto)
Nelle Filippine con amore
Il viaggio degli scout Elisa e Giovanni
I
n un pomeriggio di maggio ho incontrato Elisa e
Giovanni al ritorno dalla loro
missione nelle Filippine. Per
loro, è normale fare missioni
di servizio. Sono scout e in più
fanno parte del centro missionario diocesano di Taranto. Li ho
intervistati alla radio.
15mila chilometri dell’Italia. Qui
si è concretizzato il progetto “la
goccia”, pensato da suor Giustina Casula della congregazione
della Madonna del Divin Amore.
Perché le Filippine?
Dobbiamo ricordare, innanzitutto, che alcuni mesi fa c’è stato
il tifone “Hayan” che ha causato la morte di 12mila persone e
30mila dispersi. La città di Tacloban, epicentro del tifone, è
diventata un cumulo di macerie.
Noi eravamo nell’isola di Leyte,
una delle oltre settemila isole
dell’arcipelago Filippino, a circa
Come si è svolto il viaggio?
Siamo partiti da Roma, dopo
l’udienza con papa Francesco,
il 26 febbraio, carichi di bagagli.
Arrivati a Manila, dopo una breve sosta nella casa delle suore,
abbiamo preso il volo per Tacloban. Abbiamo visto che l’aeroporto era ridotto a uno scheletro.
Con il pulmino delle suore, siamo
arrivati nella loro casa che era la
In quanti eravate?
Oltre a noi e a suor Giustina,
c’erano tre medici e un’infermiera.
a cura di p. OLIVIERO FERRO, sx
base per tutte le nostre attività.
Cosa avete fatto?
Ci siamo prodigati soprattutto
attraverso interventi medici in
locali di fortuna: chiese diroccate, tende dell’Onu e strutture
simili. La farmacia veniva creata ogni giorno, così pure le tre
postazioni mediche a cui affluivano tante persone. Venivano da
noi perché negli ospedali pubblici bisognava pagare; e se non si
paga, si resta prigionieri fino ad
aver saldato il debito!
E gli aiuti internazionali?
Dato che l’amministrazione
della città era di colore contrario al partito di governo, gli aiuti
non arrivavano e rimanevano
Un innamorato dell’Africa
La missione tra Burundi e Camerun
Riportiamo un po’ di ricordi missionari di padre Michele
D’Erchie, saveriano di Montemesola.
T
utto è iniziato nel settembre 1964 quando sono
arrivato in Burundi. Dopo aver
studiato la lingua kirundi, vengo
inviato alla missione di Murago,
a 1.700 metri di altitudine. Era
completamente isolata e con
strade di accesso scomode e
pericolose. Sono rimasto quattro anni, facendo il medico dei
corpi e dello spirito. Ciò è stato possibile grazie agli studi di
medicina fatti in Italia, mentre
studiavo teologia. E così riuscivo a comunicare più facilmente
con la gente.
8
L’ospedale e poi l’espulsione
Siamo riusciti a realizzare
un piccolo ospedale con l’aiuto
della diocesi di Taranto e con il
lavoro, gratuito ed entusiasta,
della gente povera che sentiva
quell’opera come una fortuna per
loro insperata. Dirigeva i lavori
p. Ernesto Tomè, saveriano friulano, un tecnico di grandi capacità, condite di buon umore. E nel
1970 venne a inaugurarlo mons.
Motolese arcivescovo di Taranto.
Nel 1972, ho rischiato la vita,
coinvolto nei massacri tra tutsi e
hutu. Rientrato in Italia nel 1974,
tre anni dopo torno in Burundi, a
Kigwena, lungo il lago Tanganika. Eravamo due missionari: uno
si dedicava all’evangelizzazione
e l’altro alle opere sociali. Al-
Padre Michele D’Erchie (nella foto con p. Oliviero Ferro) da quasi dieci anni
è animatore missionario in Puglia, ma non ha dimenticato
gli anni trascorsi in Africa, tra Burundi e Camerun
p. MICHELE D’ERCHIE, sx
la fine del 1981, il dittatore del
Burundi Bagaza comincia a perseguitare la chiesa, espellendo
tanti missionari e anch’io sono
costretto a rientrare in Italia.
Da trent’anni in Italia
Nel 1982 ritorno in Africa per
iniziare la nuova missione saveriana in Ciad e Camerun. Rimango dieci anni. I primi quattro
li ho vissuti al nord, con tanto
caldo (anche 48 gradi) e la polvere del deserto. Ma, nonostante
questo, si vedevano i frutti del
lavoro. Ci siamo dedicati alla
formazione dei catechisti, alle
scuole di alfabetizzazione e infine sono stati scavati dei pozzi
per dare l’acqua alla gente.
Nel 1986 scendo a Bafoussam,
dove abbiamo iniziato la parrocchia di Koptchou, alla periferia
della città. Ci siamo dedicati molto alle piccole comunità di base,
dove i cristiani settimanalmente si
riuniscono per pregare, ascoltare
il vangelo e vedere come renderlo
concreto attraverso opere buone.
Nel 1992 devo rientrare in Italia, con l’incarico di seguire a
Tavernerio (vicino a Como) il
centro saveriano di formazione permanente per i missionari.
Rimango lì otto anni. Nel 2000,
sono a Salerno, dove mi dedico
all’animazione missionaria in
Campania e Basilicata. Dal 2005
sono a Lama, nella terra di origine, dove continuo ad animare in
modo missionario le parrocchie,
cercando di seminare simpatia e
solidarietà per l’Africa e per l’ideale missionario.
■
Giovanni ed Elisa Pavone con le suore della Madonna
del Divin Amore a Tacloban, nelle Filippine
nella capitale.
Siete andati anche in altri
luoghi?
Certamente. Siamo arrivati
nell’isola di Mindanao, dove abbiamo continuato il medesimo
tipo di interventi medici. Spesso
mancavano i medicinali e allora
bisognava andare ad acquistarli
nelle farmacie locali.
Com’era il clima tra voi
volontari?
Ci si trovava ogni giorno a
pregare e a riflettere sull’attività, nella convinzione che come
laici missionari non si possono
risolvere i problemi della gente,
ma possiamo condividerli; così
come eravamo convinti che fare
esperienza di missione è ben altro che sentirne parlare.
In che lingua parlavate?
Eravamo in zona inglese e
quindi era difficile comunicare
(noi conosciamo abbastanza il
francese). Ma ci siamo accorti
che c’era un’altra lingua, facile
da parlare: quella dei gesti, del
volto, del sorriso. E allora tutto
diventava più facile.
Un ricordo in particolare…
I ricordi sono tanti. Tornati a Taranto all’inizio di aprile, ci siamo accorti che - avendo già fatto un’altra esperienza
in Burundi - ogni volta c’è sempre qualcosa di nuovo e bisogna
essere disponibili a saper ricominciare da capo, affrontando
le situazioni che arrivano. Soprattutto è l’incontro con le persone che ci arricchisce e ci fa
crescere.
È un consiglio che diamo a
tutti. Non abbiate paura di fare
del vostro meglio per lasciare il
mondo migliore di come l’avete
trovato.
■
SI CHIAMA BAHATI, “FORTUNATA”
p. ANGELO BERTON, sx
Tra i tanti miei ricordi di missione in Congo, ne estraggo uno che
spesso mi torna in mente. Con cinque collaboratori mi ero recato a far
visita ad alcune scuole elementari, nelle vicinanze boschive di “Itula”.
Al ritorno, avevamo imboccato un sentiero infossato tra due enormi
pareti di verde.
Erano circa le tredici, quando incontrammo una scolaretta di nove
anni che tornava a casa. La bambina era magrolina, scalza e vestita
poveramente, ma con una gonnellina pulita. Rallentando l’andatura,
ci adeguammo al suo passo. Dopo averle rivolto il saluto in swahili, le
feci alcune domande.
“Come ti chiami?”. Mi rispose: ”Bahati”, cioè Fortunata. “Dove abiti?”. “A Bonde” (un villaggio a 6 chilometri dalla scuola). “Che classe fai?”. “La terza elementare”. “Quanti fratelli hai?”. “Dopo di me,
i fratellini sono tre”. “Stamattina prima di andare a scuola hai mangiato qualcosa?“. “No”. “Allora, appena tornerai da scuola, mangerai con appetito, vero?”. E lei, con rassegnazione: “Sì, ma non subito.
Dovrò aspettare fino a sera, quando la mamma, tornata dai campi,
preparerà la polenta di manioca per me e i fratellini”. “A che ora parti al mattino per andare a scuola?”. “Quando spunta il sole”, cioè alle sei. “Ti piace andare a
scuola?”. “Sì, molto”. “È
vero che la strada per recarti a scuola è lunga?”. E
lei, con la voce fioca, ma
con spontaneità cristallina: “Andando a scuola,
la strada è corta; quando
ritorno, è lunga”.
Questa espressione mi
riempì l’animo di compassione… Veramente,
per la condizione in cui
viveva, alla piccola Bahati di “Fortunata” le era rimasto solo il nome.
Padre Angelo Berton sulle
sconnesse vie della
missione in Congo
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
REGGIO
CALABRIA
89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze
Santuario Madonna della Grazia
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Quarant’anni missionario in Africa
Ricordiamo il reggiano p. Tonino Manzotti
P
adre Tonino Manzotti era
nato a Brescello (RE) il 25
febbraio 1933. Aveva tre sorelle
e due fratelli. Entrato in seminario a Guastalla, fu ordinato sacerdote il 3 giugno 1956.
Fu mandato cappellano a
Novellara, dove si allenò all’apostolato per sei anni, fino al
1962, quando chiese di entrare
tra i saveriani. Da una sua confidenza, veniamo a sapere che l’aspirazione alle missioni l’ebbe
fin dai primi anni di seminario,
ma la decisione arrivò nel 1958,
a Lourdes, dove si era recato in
pellegrinaggio: “Non ho chiesto
alla Madonna grazie materiali,
ma che facesse maturare in me
la vocazione missionaria”.
Don Tonino entrò nel noviziato saveriano di Nizza Monferrato
il 2 ottobre 1962. Dopo un anno
di intensa preparazione spirituale
fece la professione religiosa con
i voti di castità, povertà e obbedienza per la missione.
Rischi e violenze
In quegli anni era superiore
generale p. Giovanni Castelli,
che proveniva da un seminario,
e sapeva con quale ansia i seminaristi entrati nell’istituto missionario sospirassero di recarsi
presto “sul campo”.
Padre Tonino partì nel 1963,
direzione Congo, insieme a p.
Amato Dagnino, p. Vittorino
Martini, p. Carlo Catellani. Furono accolti nella casa religiosa
di Bujumbura in Burundi, per lo
studio della lingua. Dopo qualche mese si trasferirono a Uvira
e là furono fatti prigionieri con il
vescovo e gli altri missionari nella residenza vescovile, minacciati di morte, anche attraverso finte esecuzioni. Il 7 ottobre 1964 i
missionari furono liberati con un
colpo di mano e tornarono in Italia per un periodo di riposo.
Camminatore senza sosta
Padre Tonino fu mandato a De-
p. AUGUSTO LUCA, sx
sio come direttore spirituale delle
vocazioni adulte. Nel 1966 poté
tornare in Congo, a Kiliba, dove
rimase tre anni; poi venne mandato come insegnante nel seminario
di Mungombe. In quarant’anni di
vita in Africa, egli vide la chiesa
perseguitata e le folle minacciate
dalle continue guerriglie.
Ricordiamo soprattutto i safari di p. Tonino, ovvero i lunghi
viaggi per andare a trovare i cristiani nei villaggi sparsi sui monti: camminate lunghe diverse ore.
Scrive: “Ci vuole tanta forza e
coraggio e soprattutto tanta forza
fisica per recarsi in quelle zone e
restarvi due mesi e più, mangiando il loro cibo a base di polenta,
patate e fagioli. Di viaggi come
questo ne compio quattro o cinque volte all’anno”. Tonino è stato un camminatore senza sosta.
Anche quando tornava in Italia,
era sempre in cammino. Partiva
da Gallico per visitare le scuole
della Calabria e raccontare a tut-
“Pace e bene” a Soriano Calabro
Spiritualità, storia, natura e piacevoli sapori
A
conclusione di un altro
interessante e piacevole
anno, il gruppo “Pace e bene”
ha organizzato domenica 18
maggio un’escursione a Soriano
Calabro, ubicata tra gli incantevoli scenari naturali delle Serre.
Una storia gloriosa
Dopo secoli di quasi anonimato i sorianesi, prima arroccati sul
costone roccioso, si trasferirono
nella sottostante zona pianeggiante: una scelta lungimirante
per lo sviluppo del paese, elevato al rango di contea nel 1501
da Ferdinando di Aragona. Nel
1510 venne avviata la costruzione di un imponente santuario
(con annesso convento) in onore del patriarca san Domenico
e al 1530 risale l’apparizione
miracolosa del “quadro di san
Domenico”, ritenuto di “origine
celeste”. Moltitudini di pellegrini visitavano il luogo sacro per
8
la fama delle “grazie”, e man
mano, per il culto di san Domenico di Soriano si innalzarono
conventi e tempietti in diverse
città in Italia, in Europa e persino nelle Americhe.
Il convento era dotato di tipografia e di una biblioteca; nell’odierna Soriano, nella piazza centrale, si ammira la “Biblioteca
Calabrese”, autentico patrimonio della nostra regione. Il tragico terremoto del 1793 distrusse
il santuario, ma i domenicani
e i sorianesi ne ricostruirono a
fianco uno nuovo con annesso
convento. Nell’attuale santuario
si ammira il miracoloso “quadro
di San Domenico” che “al sol
vederlo” ti stringe alla fede.
La Messa, il pranzo, lo svago
Il gruppo “Pace e bene” è
stato accolto dal domenicano p.
Remigio, che ci ha fatto immergere nella maestosità dei luoghi.
MARIA POSTORINO CRUPI
Nel nuovo santuario la nostra
guida spirituale p. Flavio ha celebrato per noi la santa Messa,
accompagnata dai canti del locale gruppo musicale.
I numerosi partecipanti si sono
consentiti anche qualche oretta
distensiva, intervallata da una
passeggiata per le vie storiche del
leggiadro paese e un ricostituente
pranzo in un agriturismo (a fianco al quale scorre un “selvaggio”
ruscello in mezzo a una natura
integra). Per meglio digerire, c’è
stato anche qualche ballo a passi
di musica calabrese! Ringraziamo il signor Angelo Ceravolo,
titolare del ristorante, che è stato
il nostro cortese “cicerone”.
Il ritorno a Gallico è stato gioioso e sereno a suggello di una
splendida giornata, che speriamo di ripetere. L’ottima riuscita è
dovuta alla collaborazione di tanti amici e amiche e delle volontarie che ringraziamo di cuore. ■
Il gruppo “Pace e bene” ha concluso le attività dell’anno, prima della pausa estiva, con un pellegrinaggio al santuario di Soriano Calabro
ti le testimonianze sulla
missione.
Il dolore e la preghiera del missionario
In occasione del 50°
anniversario dell’ordinazione sacerdotale nel
2006, p. Tonino ha scritto, tra gli altri, questo
pensiero. “La vocazione al sacerdozio è frutto
della preghiera di tanti
buoni cristiani; è il punto
di convergenza delle sofferenze di malati, anziani,
gente che non ha voce,
emarginati dimenticati
da tutti, ma non da Dio.
Mi sento debitore del mio
sacerdozio, prima di tutto
a Dio, perché lui solo è
la sorgente di ogni bene. Il compianto p. Tonino Manzotti è stato animatore
Ma tra le persone che mi
missionario a Gallico, dove ancora oggi
è apprezzato e ricordato
hanno accompagnato nella realizzazione della mia
nella sua attività sacerdotale,
vocazione, mi sento debitore ai
vorrà essere un buon maestro...”.
miei carissimi genitori.
Il più grande dolore nella vita
Morire in piedi…
del prete è vedere che Dio non
Padre Tonino è salito al cieè conosciuto, non è amato come
lo nel pomeriggio di martedì 19
meriterebbe. Davanti a Gesù
marzo, festa di san Giuseppe, in
crocefisso prego a lungo, specie
modo improvviso, mentre si troil sabato sera, per potere il giorvava in casa madre, dopo il pranno seguente toccare i cuori dei
zo. Ha traballato un poco e poi è
fedeli. Il sacerdote sa bene che
caduto. È morto in piedi, come
di sera, davanti al tabernacolo,
si addice a uno che ha cammideve essere un buon discepolo
■
nato tanto nella vita.
che ascolta, se il giorno dopo,
VEGLIA MARIANA NEL SANTUARIO
MARIA PENSABENE
A conclusione del mese dedicato alla Madonna, nel santuario Maria
Santissima della Grazia, a Gallico Superiore, si è svolta la veglia mariana. È una cosa straordinaria percepire tra noi fedeli la presenza della
Madonna che invita alla preghiera, alla solidarietà e all’amore. Lei è la
missionaria che si avvicina a noi per accompagnarci nella vita, aprendo i cuori alla fede con il suo affetto materno.
Durante il canto d’inizio - “Ieu mi partia” - p. Pierluigi ha posto l’icona davanti all’altare, percorrendo la navata centrale della chiesa,
preceduto e seguito da fedeli che reggevano l’estremità di cinque nastri colorati fissati alla cornice, simbolo dei cinque continenti. Poi, ogni
fedele con devozione ha reso un omaggio floreale alla sacra effige.
La veglia si è svolta in diversi tempi, con canti, letture, preghiere e
pause di meditazione silenziosa. Nel comportamento di Maria si intravede la sapienza del suo amore, qualità preziosa e rara che si acquista
con fatica. La sapienza è dono dello Spirito Santo.
Infine con la recita della preghiera, fissando lo sguardo su Maria,
perché ci aiuti a ben pensare e a meglio operare, ci siamo affidati alla sua materna protezione. Ha concluso la veglia il canto “Oh Maria,
quanto sei bella”, intonato dai fedeli che hanno partecipato alla veglia con un cuore colmo di gratitudine.
Padre Pierluigi Felotti con il quadro della Madonna della Grazia, durante la veglia
mariana in santuario, giovedì 29 maggio
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
ROMA
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I premi di “Mani aperte” onlus
Il futuro parte dall’educazione dei ragazzi
I
l 24 maggio scorso, alcune
scolaresche della Sabina,
che hanno aderito al concorso
indetto da “Mani Aperte Onlus”,
si sono ritrovate al centro pastorale di Passo Corese per ritirare i
premi meritati con le loro simpatiche espressioni artistiche.
Un pensiero al nostro futuro
Si trattava di alunni di scuole
primarie, secondarie e licei, che
hanno sviluppato riflessioni meritevoli e coerenti con alcuni temi
che riguardavano i diritti del fanciullo, in particolare i diritti violati. Hanno così prodotto opere
artistiche che - con un linguaggio
adeguato all’età - hanno illustrato
questi temi di grande attualità.
Alcuni insegnanti e genitori
hanno poi fatto corona a questi
giovanissimi che, con la loro
sensibilità, speriamo che sappiano dare il tono anche alle future generazioni. Da loro, infatti,
potranno dipendere certe scelte
future della nostra nazione. Due
giovani artisti, studenti del liceo
Rocci, hanno accompagnato
la cerimonia con alcuni brani
musicali suonati al pianoforte.
Anche due preti burundesi, che
studiano a Roma, sono stati graditi ospiti.
Il messaggio della preside
In un messaggio, la preside
Femia del liceo “Rocci” di Passo
Corese, ha detto: “Questa manifestazione rappresenta il termine
di un’attività che ha impegnato
gli studenti, coordinati dal professor Piagnerelli, nello sviluppo
di un progetto educativo alla solidarietà e alla tutela delle minoranze e dei deboli.
Esprimo profondo apprezzamento per l’associazione Mani
Aperte che, continuando l’opera missionaria del saveriano p.
Fiore D’Alessandri, promuove
p. GERARDO CAGLIONI, sx
gli aiuti umanitari in Burundi e
diffonde la cultura del rispetto
della dignità di tutta l’umanità.
Spero che le riflessioni sui temi
della solidarietà, della pace, della
pari dignità degli uomini, faranno
dei nostri giovani persone intimamente felici, perché capaci di dare senso e valore al proprio agire
quotidiano nei vari contesti in cui
si troveranno ad operare…”.
La lettera di una ragazza
Virginia, una ragazza di seconda media della scuola “Pertini” di Magliano Sabina, ha
espresso efficacemente i suoi
sentimenti nei confronti dei
bambini che vivono il dramma
della povertà in Africa.
“Caro bambino del Burundi, ho 12 anni e abito in Italia,
come i missionari che vi aiutano. Il mio è un bellissimo Paese, anche se è indifferente nei
confronti tuoi e dei tuoi amici.
Ho visto foto e immagini provenienti dal tuo Paese che mi
hanno sconvolto: bambini senza
cibo e senz’acqua, e soprattutto
con un difficile futuro! Possono
sembrare cose finte qui da noi,
che siamo spugne impregnate di
benessere, ma sapere che quella
è la tua situazione di vita è per
me scandaloso…
La cosa che mi fa arrabbiare è
che il tuo paese, se potesse sfruttare le proprie risorse, sarebbe
benestante; invece, per colpa di
alcune persone stupide, malate e
poco intelligenti, ora tu e i tuoi
amici riuscite a malapena a vivere alla giornata. Vorrei che tu e
gli altri bambini come te poteste
restare qui con me, giocare e studiare senza nuvole nere per la testa, invece di pensare all’acqua,
al cibo, agli indumenti, ai soldi
per la tua famiglia o ciò che ne
rimane.
Però ho visto anche molti video
dove i missionari vi dimostrano
tenerezza, dolcezza e carità. Per
alcuni più fortunati essi hanno
costruito scuole, dove voi andate
contenti, e non con malavoglia
come noi. Ricordatevi quindi che
non siete soli, cari amici!
Basterebbe essere tutti uniti,
anche nelle differenze perché,
stando tutti insieme, sono sicura
che cose di questo genere non accadrebbero più. Siamo tutti uguali, non c’è ragione per cui uno
debba vivere a scapito dell’altro.
Ringrazio te e il tuo popolo
perché mi state facendo diventare migliore, dandomi esempio di
come si possa vivere senza lussi.
Vi chiedo scusa per ciò che state vivendo, perché voi non avete
alcuna colpa e siete solo le vitti■
me”. Virginia
Da cinque mesi in Camerun
“Chi è appena arrivato non vede la luna”
2 aprile mi trovo in CaD almerun,
la missione cui so-
no stato mandato dal superiore
generale dei saveriani, dopo il
servizio prestato a Roma. Più
precisamente sono a Douala, la
capitale economica del Camerun, nell’Africa sub-sahariana.
Ascolto e guardo…
Con gli altri confratelli vivo
nel “Centro Xavier”, così chiamato in memoria del nostro
modello e patrono san Francesco Saverio. È il nostro centro
per l’animazione e formazione
missionaria. Tre sono le finalità della comunità: far entrare,
dove non c’è ancora, lo spirito missionario nelle comunità
parrocchiali della diocesi; incoraggiare quelle comunità che ce
l’hanno già a mantenerlo vivo;
accompagnare la parrocchia
8
missionaria affidata ai saveriani
un anno fa.
Un proverbio kiswahili dice:
“Chi è appena arrivato non vede
la luna”; ovvero, non può conoscere subito le cose brutte e belle
del paese che l’ha appena accolto. Perciò, bisogna tacere, ascoltare e osservare molto. Essendo
un nuovo arrivato, non ho molto
da dirvi. Apro orecchie e occhi
sulla realtà circostante.
Vedo le foreste in fumo
Tra le cose che vedo e che
colpiscono la mia attenzione, ci
sono le grandi segherie. Su due
o tre chilometri, lungo la strada
che collega Douala a Yaoundé,
ce ne sono almeno tre. Solo una
“piccola” quantità di legno si
ferma in queste segherie; il resto dei tronchi di alberi secolari,
che i camion trasportano giorno
Segheria vicina alla casa dove vive la comunità saveriana
nel nuovo quartiere in costruzione alla periferia di Douala, in Camerun
p. RAMAZANI KATINDI, sx
e notte, vanno direttamente al
porto della città per l’esportazione verso Europa e Asia.
Sono quindi le foreste del secondo polmone del pianeta che
vanno in fumo... per certi bisogni del presente, a scapito delle
generazioni future. Fa male al
cuore sapere che sono poche “le
briciole che cadono dal tavolo
dei grandi per i cagnolini”.
Il nido della speranza
Quanto è lunga la traversata del deserto quando si viene
dall’Europa fino a Douala! Si
sorvolano almeno quattromila
chilometri di sabbia. Mi consolano un po’ due uccellini che
fanno il loro nido proprio alla
finestra della doccia della mia
stanza. Mi ricordano che la natura è ancora mantenuta da chi
l’ha creata e che essa si dà da
fare per vivere, e anche sopravvivere. Questi due uccellini lanciano l’invito del Signore a collaborare con lui perché questa
sua creazione, così bella e vicina
all’umanità, in queste contrade
venga rispettata e protetta.
La domenica, la chiesa è colma di bambini e adulti, giovani
e vecchi (come si dice qui senza
sentirsi offesi), pieni di gioia nonostante le tante sofferenze della vita. Cristo ci accompagni nel
nostro cammino, con gli occhi
fissi sul Crocifisso! Viviamo in
comunione nel nome di Gesù. ■
Due studenti, tra i tanti, che hanno ricevuto un premio a Passo Corese dall’associazione “Mani aperte onlus”, in occasione del concorso aperto alle scuole; la lettera
di Virginia agli amici burundesi è stata letta durante la premiazione
SONO TORNATO A BERGAMO...
p. GERARDO CAGLIONI, sx
Cari amici e amiche, nel mezzo dell’estate vi invio un saluto, insieme
ad alcune notizie che mi riguardano. Anzitutto, vi spero bene e in
forma per il cammino che ci sta davanti. Se proprio tutto non è come
desideriamo, mi auguro che possa migliorare e che possiamo essere in
grado di accogliere la situazione nella quale ci troviamo con la forza
e l’aiuto di Dio.
Personalmente, si è aperta una nuova fase della mia vita: dopo il
lungo periodo “romano” ho iniziato una nuova attività ad Alzano
Lombardo (Bergamo), dove sono
chiamato a coordinare la comunità
saveriana laddove, nel lontano 1959,
era cominciata anche la mia avventura missionaria.
Ogni inizio è sempre una sfida per
ognuno di noi. Per questo chiedo
l’aiuto del Signore e il ricordo nelle
vostre preghiere perché possa fare e
operare il meglio possibile al servizio
del Regno. Quando si cammina insieme si sente meno la fatica e il peso.
Ci auguriamo quindi di non essere
mai soli e sempre con Dio e … con
numerosi amici! Per tutti chiedo la
benedizione del Signore.
Ecco il mio nuovo indirizzo:
Missionari Saveriani - via A. Ponchielli 4 - 24022 Alzano Lombardo (BG).
Tel. 333 8778040;
e-mail [email protected]
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
ROMAGNA
48125 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482
Un vero padre spirituale
Ricordiamo l’indimenticabile p. Ildo Chiari
P
adre Ildo Chiari ci ha lasciati inaspettatamente la
mattina del 24 maggio, trovato
sul letto, serenamente addormentato. Aveva 92 anni, essendo nato
il 5 agosto 1921 a Sorbolo Mane
di Lentigione, Brescello (RE).
Ildo era entrato nell’istituto
saveriano a Vicenza a 12 anni,
nel 1933. È stato ordinato sacerdote il 23 febbraio 1947, durante
il quarto anno di teologia.
Formatore in Italia e la
missione in Indonesia
Nei quattordici anni passati
in Italia prima di essere inviato
in missione, si è dedicato alla
formazione dei giovani aspi-
ranti missionari, un anno come
direttore spirituale a Tortolì, in
Sardegna, e per otto anni vice
rettore in varie case apostoliche.
Poi, finalmente, nel 1961 aveva
ottenuto di partire per l’Indonesia. Si può dire che, con quella
partenza, si sentiva realizzato.
Scrivendo al superiore generale da Padang, racconta il lungo
viaggio in nave (più di un mese)
e l’arrivo. I primi contatti con
gli indonesiani li ha avuti con i
soldati della nave: sei erano cristiani e partecipavano alla Messa; tra essi, il capitano Iovianius
Laurentius.
Dopo sette mesi dall’arrivo a
Padang, p. Ildo è nominato su-
p. AUGUSTO LUCA, sx
periore religioso dei saveriani in
Indonesia. Una sorpresa per lui,
perché era l’ultimo arrivato, conosceva appena la lingua e non
aveva alcuna esperienza di missione. Le inevitabili mancanze,
dovute all’inesperienza, hanno
costituito una prova per lui e forse anche per qualche confratello.
46 anni a S. Pietro in Vincoli
Allo scadere del quadriennio come superiore, p. Ildo è
richiamato in Italia e inviato a
San Pietro in Vincoli come vice
maestro dei novizi: un compito
consono alle sue qualità spirituali. Dopo una parentesi di due
anni ad Ancona, torna a San Pie-
La felicità di ritrovarsi insieme
L’incontro tra parenti e missionari romagnoli a cura di p. D. MARCONI, sx
15 giugno si è
D omenica
svolta la festa dei parenti
dei saveriani e dei missionari fidei donum della diocesi di
Forlì-Bertinoro. Era presente
don Marcello Vandi, missionario
in Venezuela da 36 anni, dove si
riscontra una profonda crisi di fede e la mancanza di una direzione
economica, spirituale e sociale.
Sono venuti tanti amici
La giornata è stata un ritrovo
dei saveriani romagnoli presenti
in Italia. Padre Gino Foschi e p.
Loris Cattani sono in cura a Parma, dopo la missione in Congo
RD, mentre p. Pino Leoni, dopo
la missione in Amazzonia, si trova ora nella comunità saveriana
di Vicenza.
Ha guidato la giornata il nostro vescovo mons. Giorgio Biguzzi, attualmente a Brescia. Ha
ricordato la storia della casa e la
missione internazionale dell’istituto. In congregazione noi saveriani siamo di 14 nazionalità diverse: 430 italiani e 300 di altre
nazioni. È un mondo variopinto
che affronta le sfide della chiesa
e della missione universale: le
strutture di ingiustizia sociale
e l’ostilità al cristianesimo nel
mondo della dittatura finanziaria. Ha concluso con l’interrogativo: “Siamo gli ultimi cristiani
o i primi cristiani del nuovo millennio? La fede si trasmette per
attrazione!”.
Erano presenti anche il saveriano p. Riccardo Nardo, fratello di p. Giuseppe, e p. Stefano
Coronese, che ci ha ricordato
gli aneddoti di p. Chiari sulla
casa di San Pietro in Vincoli.
Abbiamo ricordato i missionari
romagnoli nel mondo e quelli
che sono passati alla vita eterna.
Grazie a tutti i partecipanti.
“La felicità è semplice!”
Ringraziando tutti i partecipanti alla festa, pubblichiamo
la lettera della signora Lina, sorella del vescovo mons. Giorgio
Biguzzi. “Caro p. Nardo, voglio
ringraziare per la bella giornata
Mons. Biguzzi ha celebrato la Messa per la festa dei famigliari dei missionari romagnoli
a San Pietro in Vincoli; sotto, p. Foschi, p. Leoni e p. Cattani,
tre ospiti graditi della festa dei famigliari romagnoli
8
trascorsa il 15 giugno nella casa
saveriana di spiritualità missionaria di S. Pietro in Vincoli. È stato
un momento di condivisione e di
fraternità fra i parenti dei missionari romagnoli, in sintonia con la
festa della SS.ma Trinità…
Conosco questa casa dal 1956,
quando mio fratello ha iniziato
l’anno di noviziato verso il sacerdozio. Nel corso degli anni ho visto la casa trasformarsi. Ricordo
con piacere le nostre uscite parrocchiali, i ritiri dei ragazzi negli
anni ‘80, quando venire qui era
tutto un programma… Ma specialmente oggi mi sono passati
davanti tanti volti di missionari;
molti di loro hanno spostato la
propria residenza un po’ più in alto. L’ultimo, padre Ildo Chiari, un
caro amico e un carissimo nonno,
un’istituzione in questa casa.
Una giornata semplice ma ricca
di tanti fratelli nella fede, in sintonia con quelli nella comunione
dei santi: è stata una gioia condivisa, perché la felicità è semplice.
■
Grazie! Lina Biguzzi
tro in Vincoli, dove rimane
dal 1968 fino alla morte: 46
anni! Qui ha coperto vari
incarichi: vice maestro dei
novizi, rettore della comunità, economo, incaricato
dei benefattori e dei parenti
dei missionari.
In questo lungo periodo
la casa di San Pietro in Vincoli subisce varie vicende.
Cessa di essere sede del
noviziato e si pensa di venderla. L’intervento e l’insistenza di padre Chiari per
conservare la casa e farne
un “centro di spiritualità”
è determinante. Negli anni
‘80 la proposta di p. Chiari
è finalmente accettata.
Un uomo di preghiera
Nel 1984 arrivano a San Padre Ildo Chiari è stato “l’angelo custode” della
Pietro p. Giuseppe Nardo e casa saveriana di San Pietro in Vincoli per 46 anp. Giuseppe Arrigoni, che ni; è salito al cielo il 24 maggio all’età di 92 anni
restaurano la casa, rendendola idonea per diventare un
In tutti questi anni, p. Ildo con“centro di spiritualità”. L’auspitinua il suo apostolato, tenendo i
cio era che gruppi di ogni tipo
contatti con i benefattori, con i
approfittassero del nostro centro,
parenti dei missionari e con tutattingendo uno spirito missionate quelle persone che avvicina,
rio dall’ambiente e dal contatto
creando così una rete di benevocon i saveriani. Così è avvenuto:
lenza e di amicizia. Soprattutto è
la casa è un faro di spiritualità
stato un uomo di preghiera.
per le diocesi della Romagna,
Siamo certi che dal cielo conma è anche un centro di accotinuerà la sua opera. I parenti si
glienza dei saveriani d’Italia per
consolino con la fede. Anche noi
i loro esercizi spirituali e per i
saveriani ora abbiamo un protettovari incontri comunitari.
re in più, nella gloria di Dio. ■
PADRE ILDO, “CUSTODE FEDELE”
MARIO CAVALIERI
La comunità parrocchiale di San Pietro in Vincoli si unisce ai saveriani per ricordare padre Ildo Chiari, la cui anima è salita al cielo il 24
maggio.
Come nel vangelo di Matteo (25,23), il Signore gli sta rivolgendo
ora queste stesse parole: “Bene servo buono e fedele: sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo
Signore”. “Sei stato fedele nel poco”, quel poco che, rappresentato
dalla sua vita pur longeva, è solo un soffio di fronte all’eternità, rappresentato dalla sua vocazione missionaria e al compito assegnato di
rimanere come custode della casa dei saveriani a San Pietro in Vincoli.
Ricordo che più di trent’anni fa, quando accompagnavo il gruppo
di giovani della parrocchia presso la casa per i ritiri spirituali, lui era
già lì, ed è rimasto anche quando la casa cominciava a dare segni di
invecchiamento e problemi strutturali.
Si è sempre opposto alla vendita della casa o a un suo utilizzo per
scopi diversi da quelli cui era destinata. Quando parlavo con lui mi
diceva che doveva essere usata per l’evangelizzazione e la
missione. Avrà senz’altro gioito nel vederla, dopo i lavori di
ristrutturazione, riportata allo splendore originale.
Ricordo con quanta commozione e gioia recitava
l’Exultet, come sacerdote decano della zona, nella veglia
pasquale. I suoi occhi si illuminavano della gioia del Risorto: era la vittoria della vita
sulla morte; era la vittoria del
bene sul male.
Caro p. Chiari, intercedi per
noi affinché possiamo raggiungerti in paradiso, per gioire e cantare insieme le lodi a
Dio. Arrivederci in cielo.
Padre Ildo Chiari è stato costante
collaboratore della parrocchia
di San Pietro in Vincoli
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
Tel. 089 792051 - Fax 089 796284
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La festa dei popoli a Salerno
“Lo stesso cielo: tante lingue, un solo mondo”
29 giugno si è
D omenica
tenuta a Salerno la VI edi-
zione della festa dei popoli: un
appuntamento fisso per la chiesa
salernitana e le comunità straniere presenti sul territorio.
“Sotto lo stesso cielo: tante lingue, un solo mondo”, è il titolo
che quest’anno presentava il tema
trattato: la lingua, espressione della cultura di un popolo e del suo
modo di descrivere il mondo.
VINCENZO AGOSTI
È importante ascoltarsi
In un pianeta globalizzato e
sempre più interconnesso, la
necessità di comunicare nel modo più semplice possibile sta
portando all’adozione, a livello
La festa dei popoli di Salerno è arrivata alla sesta edizione ed è sempre un successo…
Destinazione... Palermo
Un libro dedicato agli operatori di pace
A
giugno, nel salone “Genovesi” della camera
di commercio di Salerno, alla
presenza di numerosi ospiti, tra
cui p. Carlo Pozzobon, è stato
presentato il libro “Destinazione Palermo - La guerra di mafia
dei primi Anni ’80 nei ricordi
di un ispettore della Guardia di
Finanza” (edizioni Gutenberg di
Fisciano, 15 €). Relatore è stato l’avvocato Leonardo Gallo,
mentre Milva Carrozza ha letto
alcuni brani. Moderatore il giornalista Enzo Landolfi.
L’attività di Antonio Schiano
Si tratta di un lavoro autobiografico di Antonio Schiano di
Cola, volontario saveriano presso la comunità di Salerno, ma
anche luogotenente in congedo
8
delle Fiamme gialle, che raccoglie i ricordi di cinque intensi
anni, dal 1979 al 1984, trascorsi
a Palermo in servizio nella sezione stupefacenti del nucleo di
polizia tributaria.
In quel periodo l’autore ha conosciuto e lavorato a stretto contatto con gli eroici giudici Rocco
Chinnici, Giovanni Falcone e
Paolo Borsellino, ma anche con
uomini valorosi come i commissari di polizia Ninni Cassarà e
Beppe Montana, tutti uccisi per
mano mafiosa.
È il racconto fedele delle operazioni di polizia a cui egli ha
partecipato nel periodo di permanenza a Palermo. Tra esse spiccano la cattura dei boss mafiosi
Gerlando Alberti (1980), Masino
Spadaro (1983) e Tano Badala-
Antonio Schiano di Cola, amico e collaboratore dei saveriani di Salerno, ha presentato il suo libro sull’esperienza
nella Finanza a Palermo nei primi anni ’80; con lui la sposa
Anna e Maria, sorella del giudice Falcone. Il libro può essere chiesto direttamente all’autore: [email protected]
p. ANTONIO CHIOFI, sx
menti (1984). Quest’ultimo arresto si colloca nel contesto dell’operazione “Pizza connection”,
svolta in collaborazione con FBI
e DEA degli Stati Uniti.
Una sorpresa per tutti
Il lavoro, impostato su uno stile espositivo essenziale e scorrevole, rappresenta anche un
doveroso omaggio alle tante vittime di mafia, cadute in quel particolare periodo di “guerra”, che
immolarono la loro vita in nome
della giustizia e della legalità.
Ad esse è dedicata, in appendice, una scheda biografica per tenerne vivo il ricordo, soprattutto
nelle nuove generazioni.
Il libro si fregia del patrocinio
morale della fondazione “Giovanni e Francesca Falcone” di
Palermo, con la prefazione curata dalla prof.ssa Maria Falcone, sorella del giudice, la quale
aveva presentato il lavoro già
qualche settimana prima presso
la caserma “Cangialosi” di Palermo, in un clima di comprensibile commozione.
Chi l’avrebbe mai detto che il
nostro Tonino, come è conosciuto nella casa dei saveriani a Salerno, potesse vantare un simile curriculum! È stata una vera e propria sorpresa per tutti. Gli auguriamo il successo che merita. Lui,
intanto, destinerà il ricavato della
vendita del volume a opere di beneficienza, in particolare per le finalità della fondazione “Falcone”
di Palermo e per le necessità dei
■
missionari saveriani.
mondiale, di un unico idioma,
espressione della cultura dominante dell’Occidente. Questo ci
costringe tutti a suonare, anche
se con accenti diversi, un unico
spartito.
Con la scelta di questo tema
si è voluto esplorare il variegato
mondo delle lingue, che sempre
più spesso risuonano nelle strade
cittadine. Kartuliena, tagalog, arabo, rumeno, quechua, spagnolo,
polacco, wolof, singalese, ucraino, sono solo alcune delle lingue
che ci hanno tenuto compagnia
per un pomeriggio, che ci hanno
fatto assaporare la bellezza di una
piazza multi etnica e solidale.
Un luogo dove sperimentare
l’ascolto e la pazienza, necessari per comprendere una lingua
diversa dalla propria ed entrare
in comunicazione profonda con
l’altro. E anche per cominciare
a comprendere le difficoltà che
i nostri amici stranieri vivono
quando vengono ad abitare le
nostre terre.
Danze, canti
e parole chiave
Ogni comunità straniera, oltre
a proporre danze e canti della
propria tradizione, ha avuto il
compito di insegnare alle persone presenti in piazza le dieci parole chiave, le dieci frasi
fondamentali utili a un primo
approccio: “ciao, come stai?”,
“tutto bene?”, “pace, amore” …
sono alcune delle parole che abbiamo ascoltato pronunciare nelle varie lingue. Oltre a divertenti
scioglilingua e girotondi che tutta la piazza ha ballato.
Come accade fin dalla terza
edizione, la festa dei popoli è
stata preceduta da un convegno,
che quest’anno ha trattato il tema del dialogo interreligioso,
argomento ormai necessario tra
persone che non partecipano solo all’evento annuale della festa,
ma percorrono un cammino che
porta a creare relazioni, intessere
legami, comunicarsi idee e immaginare progetti comuni.
Il convegno sul dialogo
Senza pretese, al convegno
non si è “parlato di”, ma si “è fatto” dialogo interreligioso, ascoltando le voci di alcune delle religioni professate nelle comunità
(cattolica, ortodossa, buddhista e
musulmana) e la voce del centro
internazionale “Giorgio La Pira”
di Firenze, impegnato in un’esperienza pluriennale di accoglienza di studenti stranieri.
Pur nelle evidenti differenze, i relatori hanno individuato
nell’amore, nell’ascolto, nell’accoglienza, nel perdono, le parole chiave da cui partire per una
relazione feconda tra “diversi
ma uguali”. È stato evidenziato
che, per un’esperienza profonda
di dialogo, per riuscire a donare
agli altri quanto di bello c’è nella
cultura di ciascuno, occorre avere radici ben piantate nella propria tradizione e identità. Si può
affermare che “chi rifiuta il dialogo, non è sicuro di sé e della
propria fede”.
■
MISSIONE, È TEMPO DI SCEGLIERE
NUNZIO e RITA
Come abbiamo già scritto su questa pagina di Salerno, “Missione,
è tempo di scegliere” era il tema dei campi di lavoro missionari 2014.
Riportiamo la testimonianza di due giovani della zona di Campigliano-San Cipriano.
Quante volte nella vita
ci siamo trovati di fronte a una scelta? La scelta è uno dei
momenti più
importanti
specialmente
nella vita dei
giovani, per i
quali vuol dire mettersi in
gioco, rischiare, iniziare ad
avere contatti con la vita reale.
Questo è stato proprio il tema del campo missionario 2014, con lo
scopo di accompagnare i giovani in questo difficile percorso, facendone comprendere l’importanza. Inoltre, con il prezioso aiuto dei saveriani, delle saveriane e dei laici saveriani, sono stati affrontati i temi dell’accettazione di sé, del rapporto con il prossimo e in particolare della condivisione e della solidarietà. Infatti, grazie alla raccolta
nelle varie parrocchie degli indumenti usati, si contribuisce a sostenere il lavoro dei missionari presenti nel mondo.
Infine, il campo missionario offre un’occasione di aggregazione per
i giovani di ogni fascia di età, che hanno la possibilità non solo di divertirsi e condividere i momenti di svago, ma anche di comprendere
l’importanza della missione e dell’insegnamento di Gesù Cristo rivolto a tutti.
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
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TAVERNERIO
Africano, missionario in Africa
P. Katindi racconta la missione in Camerun
Dal Camerun è arrivata una
busta con indirizzo e francobollo, che conteneva un foglio bianco, scritto ad inchiostro. Impensabile, in piena era digitale. Era
la lettera di padre Katindi, il primo saveriano africano che è entrato a far parte della direzione
generale dei saveriani.
2 aprile mi trovo in CaD almerun,
la missione in cui
sono stato mandato dal superiore generale, dopo il servizio prestato a Roma. Più precisamente
sono a Douala, la capitale economica del Camerun.
Ascoltare e guardare…
Con gli altri confratelli vivo
nel “Centro Xavier”, così chiamato in memoria del nostro modello e patrono san Francesco
Saverio. È il nostro centro per
l’animazione e formazione missionaria. Tre sono le finalità della comunità: far entrare, dove
non c’è ancora, lo spirito missio-
nario nelle comunità parrocchiali dell’arcidiocesi; incoraggiare
quelle comunità che ce l’hanno
già a mantenerlo vivo; accompagnare la parrocchia missionaria
affidata ai saveriani un anno fa.
La parrocchia è il luogo dove mi
rendo conto che io, africano, mi
trovo a lavorare in un Paese con
abitudini diverse da quelle della
mia tribù di origine.
Un proverbio kiswahili dice:
“Chi è appena arrivato non vede
la luna”; ovvero, non può conoscere subito le cose brutte e belle
del paese che l’ha appena accolto. Perciò, bisogna tacere, ascoltare e osservare molto. Essendo
un nuovo arrivato non ho molto
da dirvi. Apro orecchie e occhi
sulla realtà circostante.
Le foreste in… fumo
Tra le cose che vedo e che colpiscono la mia attenzione, ci sono le grandi segherie. Su due
o tre chilometri, lungo la strada che collega Douala a Yaou-
p. RAMAZANI KATINDI, sx
ndé, ce ne sono almeno tre. Solo
una “piccola” quantità di legno
si ferma in queste segherie; il resto dei tronchi di alberi centenari, che i camion trasportano giorno e notte, vanno direttamente al
porto della città per l’esportazione verso Europa e Asia.
Sono quindi le foreste del secondo polmone del pianeta che
vanno in fumo... per certi bisogni del presente, a scapito delle generazioni future. Fa male al
cuore sapere che sono poche “le
briciole che cadono dal tavolo
dei grandi per i cagnolini”.
La magia della foresta
Per me, la foresta ha un legame magico. La foresta dà corpo
a una serie di suoni e sensazioni calde, materne. Mia madre si
rifugiava nella foresta a raccogliere erbe ed essenze per guarire le malattie. Lungo i sentieri,
i bambini imparano le storie del
serpente e del leone. Gli anziani
del villaggio introducono grup-
Più ruoli, con la stessa fede
Come vivere in famiglia da cristiani...
L
a incontro nel laboratorio a
conduzione familiare, dove la signora Anita passa le giornate a mettere in ordine contabilità e burocrazia. Suo marito Piero, il titolare, e i loro due figli,
Marco e Andrea, si occupano invece del servizio ai clienti.
“Ci metto faccia e cuore…”
Mi dice: “Padre, i ritmi, le tensioni e i ritardi che si accumulano a lavorare assieme, incidono
e lasciano tracce nei ruoli e nei
rapporti; poi, le cose si intrecciano e perdono il confine. Fino alla sera, quando riapriamo la porta di casa. Lì ci metto la faccia e
il cuore per preparare e servire
il pasto per tutti e quattro. È un
momento forte per il clima di famiglia. Mi sento amata proprio
Papà e mamma significa anche risolvere insieme
i problemi del computer
8
perché incarno una donna normale e rendo serena la famiglia”.
Mi piace ascoltare Anita, anche quando racconta che per lei
è fondamentale ritagliarsi spazi
personali. Mi confida che recita ancora oggi le preghiere imparate sulle ginocchia di sua
mamma. Si ispira alla fede per
rispondere alle esigenze che si
moltiplicano. Ora, ad esempio,
prova un po’ di angoscia perché
non sa cosa pagherebbe per incoraggiare i due figli a fare esperienza del desiderio di metter su
famiglia.
“Tu non sembri
una donna italiana”
“Quest’anno sono riuscita a realizzare un desiderio che avevo
da tempo. Ho convinto marito e
figli ad andare quattro giorni
tutti insieme al mare.
Eravamo in
una zona di
scogli e un
giorno Piero, Marco
e Andrea si
sono accordati per farmi una sorpresa: pescare pesce
p. LINO MAGGIONI, sx
di scoglio e arrostirlo alla grigia.
Il mare era agitato e un’onda più
alta ha inghiottito Piero. Marco e
Andrea non hanno perso un attimo; si sono tuffati e lo hanno salvato, liberandolo dagli stivali e
dal giubbotto… I nostri figli hanno dentro una forza che salva!”.
Ho rivisto nei giorni scorsi Anita. Mi aspettava con una
nuova sorpresa. Racconta: “Ho
passato due settimane a casa
per seguire un’impresa che doveva riparare una perdita. Il primo operaio, marocchino, parlava un italiano pieno di cicatrici;
mi dice: «Signora, ti vedo lavorare come un uomo. Ci ricordi le
nostre donne. Loro fanno lavori
pesanti. Tu non sembri una donna italiana, di quelle che sono
sempre agitate». Un altro operaio marocchino mi ha detto: «Sono arrivato a 19 anni dal Marocco. Ora pago le tasse e il mutuo e
non accetto che gente dalla mia
terra si dedichi allo spaccio».
L’ultimo giorno di lavoro, il capo mi ha salutato con una promessa: «Sei così brava che, finito il ramadan, ti porterò un piatto di riso dolce»”.
Credo che tante donne come
Anita vorrebbero scrivere a papa Francesco per chiedergli come spiegherebbe ai loro figli cosa vuol dire, oggi in Italia, vive■
re in famiglia da cristiani.
Segheria vicina alla casa dove vive la comunità saveriana
nel nuovo quartiere in costruzione alla periferia di Douala, in Camerun
pi di adolescenti per iniziarli alla
vita sociale: entrano bambini ed
escono uomini, capaci di responsabilità e solidarietà.
Mi consolano un po’ due uccellini che fanno il loro nido
proprio alla finestra della doccia della mia stanza. Mi ricordano che la natura è ancora mantenuta da chi l’ha creata e che essa
si dà da fare per vivere, e anche
sopravvivere. Questi due uccellini lanciano l’invito del Signore
a collaborare con lui perché questa sua creazione, così bella e vicina all’umanità, in queste contrade sia rispettata e protetta.
Un modo africano
per fare missione
Papa Francesco trova molto
seguito anche in questa periferia
del mondo. Nelle assemblee pregano volentieri per lui. Da par-
te mia, vedendoli così speranzosi, sento ancora più forte che ci
deve pur essere un “modo africano” per fare missione in Africa. Intanto, mi pare di trovare
indicazioni ispirate e sagge nella lunga lettera di papa Francesco sulla fioritura della gioia del
vangelo: “Non lasciamo che al
nostro passaggio rimangano segni di distruzione e morte che
colpiscono la nostra vita e quella delle future generazioni. ...Dio
ha voluto questa terra per noi,
sue creature speciali, ma non
perché potessimo distruggerla e
trasformarla in un terreno desertico” (Evangelii gaudium 215).
Il tempo è buon consigliere e suggerirà a noi, missionari
africani, quali sentieri dobbiamo percorrere per dare la gioia del vangelo ai nostri fratelli
■
africani.
GLI AMICI NON CI LASCIANO MAI
Nel verde del nostro parco il gruppo di danza e preghiera ha trovato
una cornice di emozioni e successo.
I ragazzi della prima Comunione e della Cresima di Manera e Rovello Porro sono venuti
con i genitori e il parroco a prendere appunti sulla diversità delle culture nel mondo.
Il gruppo degli ottantenni di Colognola ha riflettuto
sul susseguirsi degli eventi che li ha portati fino a questa bella età;
tra loro, anche il signor Agostino Cardinali, primo a sinistra
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
VICENZA
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“La mia diocesi è il mondo!”
Veglia di preghiera e mandato missionario
B
ella e toccante è stata la
veglia dei giovani che
si è tenuta a Vicenza all’inizio dell’estate in occasione della consegna del mandato di partenza per la missione. Quella sera, nella chiesa di San Francesco, erano presenti tutte le forze
della diocesi che si riconoscono
per il loro impegno missionario.
C’erano i giovani legati all’operazione Mato Grosso, alle suore Dorotee, al viaggio in Terrasanta, alcune parrocchie dell’alto vicentino, il gruppo “Insie-
me per la missione” sostenuto dai saveriani, l’associazione
Gifra dei francescani, il gruppo
missionario di Chiampo, alcune
famiglie legate a diverse onlus
missionarie.
Ben centodieci giovani!
Tutti questi giovani, riuniti insieme per la prima volta, ricevevano dal vescovo il Crocifisso prima di partire per la missione. In totale erano 110 i giovani partenti, segno di una chiesa
vicentina che crede ancora mol-
p. LUCIANO BICEGO, sx
to all’apertura missionaria. La
chiesa era strapiena di fedeli perché, oltre ai giovani, erano presenti amici e parenti.
Toccante è stato anche il messaggio del vescovo mons. Beniamino durante l’omelia: “Davanti
a questa e ad altre circostanze, il
vostro vescovo non si sente solo vescovo di Vicenza, ma di tutto il mondo; la mia diocesi è il
mondo!”. In riferimento ai due
missionari vicentini, rapiti e poi
liberati, il vescovo ha aggiunto:
“Abbiamo ritirato dal Camerun
Due belle giornate insieme
Pellegrini al santuario di Monte Berico
11 maggio molD omenica
te persone si sono radunate
presso la casa saveriana di Vicenza, nella cappella di S. Pietro d’Alcantara, dove si trova la tomba del
servo di Dio padre Pietro Uccelli.
Sono trascorsi 60 anni dalla
sua morte, avvenuta il 29 ottobre
1954, e tutta la comunità saveriana - missionari, Gams, gruppo
famiglie, gruppo giovani e molti
amici della casa - ha voluto ripercorrere a piedi le stesse strade che
padre Pietro percorreva frequentemente verso Monte Berico, fino
al santuario della Madonna.
In memoria del “servo di Dio”
A tutti i partecipanti è stato regalato il rosario missionario, lo
strumento per partecipare con
devozione alla recita delle “Ave
Maria” durante tutto il percorso.
Perché la missione va sostenuta
con la forza della preghiera.
Siamo arrivati a Monte Berico
verso le 12 e la chiesa era già gremita di fedeli. I saveriani p. Guglielmo Camera, p. Gianni Viola
e p. Luciano Bicego hanno concelebrato la Messa. Durante l’omelia, p. Camera ha sottolineato lo smalto nell’annuncio della
Parola, che ha sempre contraddistinto p. Pietro Uccelli: la gioia contagiosa - di cui parla anche
sant’Agostino - ha sempre accompagnato le sue azioni scon-
volgenti e rivoluzionarie. In Cina, in mezzo alle afflizioni e alle
amarezze, padre Pietro ha sempre
trovato consolazione nell’amore
di Dio, nell’annuncio amorevole della Parola e nella preghiera.
Gioia ed entusiasmo
Alla fine della Messa molti fedeli si sono mostrati interessati
alla causa di beatificazione di p.
Uccelli e gli amici saveriani hanno donato loro l’immagine del
servo di Dio con la preghiera per
Un gradito ritorno
CATERINA e PIETRO DAL SANTO
la sua beatificazione. È seguito anche un momento di convivialità, che ha dato modo ai presenti di confrontarsi sul cammino da percorrere, fino alla chiusura delle manifestazioni per i 60
anni dalla morte di padre Uccelli.
Molti sono convinti che il pellegrinaggio sia stato utile anche
per la visibilità della comunità
saveriana di Vicenza e che occorra continuare con lo stesso entusiasmo e con la stessa gioia dimostrati in questa occasione. ■
i nostri fidei donum per il pericolo in cui potevano incorrere
in questo frangente, ma ora ridoniamo alla missione tantissimi giovani”.
“Uscite fuori, uscite!”
Dice papa Francesco: “In questo momento di crisi non possiamo preoccuparci soltanto di noi
stessi, chiuderci nella solitudine,
nello scoraggiamento, nel senso
di impotenza di fronte ai problemi. Non chiudiamoci, per favore! Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella parrocchia, con gli
amici, nel movimento, con chi
pensiamo le stesse cose...
Ma sapete che cosa succede? Quando la chiesa si chiude,
si ammala. Pensate a una stanza chiusa per un anno; quando
si apre, c’è odore di umidità, ci
sono tante cose che non vanno.
Una chiesa chiusa è la stessa cosa: è una chiesa malata. La chiesa deve uscire da se stessa. Per
andare dove? Verso le periferie
esistenziali, qualsiasi esse siano,
ma uscire.
Cosa succede se uno esce da
se stesso? Può accadere quello
che può capitare a tutti quelli che
escono di casa e vanno per la strada: un incidente. Ma io vi dico:
preferisco mille volte una chiesa incidentata, incorsa in un incidente, che una chiesa malata per
chiusura! Uscite fuori, uscite!”.
I nostri giovani di Vicenza
non potevano avere un segno più
bello di chiesa prima della loro
partenza. E crediamo che al loro
rientro in Italia ci possano aiutare per un cammino di maggior
■
apertura e comunione.
BARBARA PERIN
P
rima delle vacanze estive,
È stata quindi un’ottima occasioun folto gruppo di ex alne per illustrare i diversi programlievi di Vicenza e provincia, che
mi realizzati per le famiglie, per
hanno frequentato la scuola dei
i giovani e per gli adulti, insieme
saveriani, si sono dati appuntaalla chiesa diocesana. Ringraziamento per passare mezza giormo questi giovani, oggi papà di
nata insieme. C’era anche p. Pafamiglia, che ci hanno dimostraolo Andreolli, loro compagno,
to di volerci bene.
■
da poco rientrato
dall’Amazzonia.
In tutti, c’era
il desiderio di incontrare i compagni e rivedere gli
ambienti in cui
avevano vissuto
gli anni dell’adolescenza. E hanno Gli ex allievi hanno
un pomevoluto sapere co- trascorso
riggio nella casa di Visa fanno i saveria- cenza; con loro, anche
ni oggi a Vicenza. p. Paolo Andreolli
I pellegrini della comunità saveriana
di Vicenza a Monte Berico
8
La chiesa di San Francesco ha accolto tutti i giovani in partenza
per l’esperienza missionaria estiva
Il vescovo di Vicenza, mons. Beniamino Pizziol, consegna il Crocefisso
ai 110 giovani che in estate sono partiti per la missione
“UNO SCAMBIO CHE FA BENE”
p. L. BICEGO, sx
Nel meMaria Rosa Nichele espone al Gams di Parma, in visita a
se scorso abVicenza, l’esperienza della sua famiglia con padre Uccelli
biamo avuto a Vicenza la visita
gradita del
Gams di Parma (Gruppo
amici missionari saveriani). Erano
in tanti, accompagnati
dai loro animatori. Sono venuti per rendere omaggio al servo di Dio
p. Pietro Uccelli, nel 60° della sua morte.
È stata un’occasione di scambio e di conoscenza reciproca tra
gruppi omogenei. Il gruppo di Parma, attivo fin dagli albori del nostro istituto missionario, fondato da san Guido Conforti, ci ha donato la tradizione e la storia; ci ha mostrato cosa possono fare i laici che amano le missioni e i missionari. Il gruppo di Vicenza ha donato il suo stile di attività e di legame a tutte le varie iniziative della comunità saveriana e la sua esperienza accanto alla figura di padre Uccelli.
Alla fine delle due ore passate insieme è sorto il desiderio di incontrarci ancora, per qualche altra occasione particolare. Ogni incontro
tra persone o gruppi è piacevole quando si riesce a mettere a disposizione la propria esperienza, che non è mai assoluta o l’unica, ma che
assieme ad altre fa in modo che il mondo missionario sia più vario e
ricco. Ringraziamo perciò il Gams di Parma, perché abbiamo scoperto
che insieme possiamo costruire una realtà più bella.
2014 AGOSTO/SETTEMBRE
ZELARINO
30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16
Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410
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Pellegrini alle origini della fede
Luoghi santi a Concordia Sagittaria e Valsasone
giornata di fraL’ annuale
ternità, lunedì 12 maggio,
ha riunito i direttori dei centri
missionari del Triveneto e i loro
collaboratori a Concordia Sagittaria (VE).
Andrea Vignandel, insegnante
emerito di Concordia, ci illustra
la storia della città, le cui origini risalgono al IX secolo prima
di Cristo. Ebbe grande sviluppo nell’era romana, incrocio di
due vie consolari: via Annia e
via Postumia. Distrutta dall’invasione dei barbari e sommersa
dalla grande alluvione del 589,
riemerge con gli scavi moderni.
Un’efficace catechesi
Seguendo questi scavi con
ammirazione e devozione, scopriamo una vita cristiana fervente fin dai primi tempi del cristianesimo, con numerosi martiri e
un grande spirito missionario.
Partiamo da un resto della via
Annia. Idealmente con i cristiani
del tempo, seguiamo un viottolo
incontrando sulla destra dei resti
di stanze che servivano ai pellegrini per riposarsi e rifocillar-
si. Raggiungiamo la tricora - o
cella dei martiri - prima chiesa
di Concordia, costruita verso il
350 d.C., un’area di pochi metri quadrati, subito allargata per
l’aumentato numero dei fedeli. Il
pensiero va alle numerose piccole cappelle costruite dai missionari con le loro comunità.
Alla fine del 300, vicino alla tricora, è eretta la maestosa
“basilica degli apostoli”, per accogliere le reliquie di Giovanni
Battista, Giovanni Evangelista,
Andrea, Tommaso e Luca. Nel
pavimento ammiriamo le immagini riprodotte, un’efficace
catechesi anche per noi, e i resti
di una seconda basilica distrutta
dalle invasioni.
Messa, pranzo e… saluti
Infine, saliamo nell’attuale
cattedrale costruita sulle antiche rovine. Oltre al ricordo dei
martiri, racchiude quello del
cardinal Celso Costantini, primo
nunzio apostolico in Cina, che
qui iniziò come cappellano. La
concelebrazione Eucaristica, con
il ricordo dei martiri e dei mis-
p. FRANCO LIZZIT, sx
sionari, è presieduta da mons.
Giuseppe Pellegrini, vescovo di
Concordia-Pordenone.
Dopo il pranzo, servito dal
parroco don Livio e dal gruppo
missionario, visitiamo l’abazia
di Sesto al Reghena, scoprendo
un altro centro di cultura e di
cristianità.
L’appuntamento è per il prossimo incontro in ottobre, a Zelarino, presso i missionari saveriani.
Il miracolo di Valsasone
Sacerdoti e diaconi del vicariato della Castellana, di cui fa
parte la comunità di Zelarino,
hanno scelto per la loro giornata di fraternità, il 29 maggio, la
cittadina di Valvasone (PN). Il
duomo conserva il ricordo di un
miracolo Eucaristico. Il parroco
don Domenico ci accoglie familiarmente, illustra la storia della
chiesa e ci mostra il reliquiario
con la tovaglia del miracolo.
Nel piccolo centro di Gruaro, nel 1294, mentre una donna
lavava una tovaglia dell’altare,
avrebbe notato sul tessuto delle
macchie di sangue, provenienti
Successo per la festa all’aperto
Grande solidarietà e tanti “grazie” da dire
P
ioggia sabato e lunedì, ma
domenica 25 maggio il Signore ci ha regalato un bel sole.
Ci voleva per la “festa all’aperto
per le missioni”. I cavalli hanno
trotterellato, trainando carrozze
cariche di ragazzi divertiti; chi
ha giocato ha vinto un premio da
portarsi a casa e un altro premio
sicuro: quello dell’aiuto missioni
nella banca del Signore.
Gli iscritti al pranzo hanno
apprezzato il gustoso menù, l’estrazione dei premi di p. Mario
e una festosa amicizia. Infine è
8
arrivato il piccolo principe dottor Clown, a distribuire a tutti
un eccellente anti depressivo:
“il sorriso”. Abbiamo inviato il
ricavato della festa in Mozambico e ci hanno ringraziato.
Tanti hanno collaborato
Voglio estendere questo grazie a tutti: al Signore per la bella
giornata di sole; agli amici, che
hanno partecipato alla festa e
collaborato al progetto formativo per i giovani in Mozambico.
Grazie ai “carrozzieri” e ca-
Il dottor Clown con i bambini e aiutanti d’eccezione
alla “festa all’aperto per le missioni” di Zelarino
p. F. LIZZIT, sx
valieri: Renzo, Corrado, Luigino, Antonio, Angelo, Romeo,
Bruno, Tiziano, Nicola, Gabriele, Ennio, Gino, Adriano, Marcello, Gabriele, Odone, Paolo:
premiate i vostri cavalli con una
bracciata di fieno buono, mi raccomando!
Grazie ai collaboratori che
hanno dato tempo e lavoro per la
preparazione, lo svolgimento e la
chiusura della festa. Sono tanti:
famiglia Fulvio e Mariagrazia,
Nicla, Gigi, Mario, Graziella,
Massimo, Roberto, Teresa, Lina,
Liliana, Maria, Graziella, Paolo,
Gabriella, Mara, Michela, Luisella, Farsha, Michela con le
torte e il mercato equo e solidale, Alberto con mercatino libri e
oggetti dalle missioni. Grazie a
quanti hanno contribuito con le
torte (tante) o altri doni. Grazie
al piccolo principe dottor Clown
per la sua “terapia del sorriso, per
condividere il senso della vita”.
Qualche nome è certamente sfuggito: scusate, sarà per la
prossima volta. Sono davvero
tanti, ma c’è sempre posto per
nuove giovani forze: contattateci. Dio vi ricompensi e vi benedica tutti. E… a Dio piacendo,
arrivederci a domenica 17 mag■
gio del prossimo anno.
da un’ostia consacrata rimasta tra
le pieghe del lino. Meravigliata,
si recò dal parroco, che organizzò una processione per portare
tovaglia e particola in chiesa.
Il vescovo della vicina Concordia appurò la veridicità dei
fatti, autenticando il miracolo. In
seguito, i conti di Valvasone ottennero la custodia degli oggetti
sacri, purché venisse costruita
una grande chiesa, dedicata al
Santissimo Corpo di Cristo. La
nuova chiesa venne consacrata
nel 1484 e conserva i resti sacri
in un reliquiario d’argento. ■
I rappresentanti dei centri missionari del Triveneto in pellegrinaggio
nella cattedrale di Concordia Sagittaria
I sacerdoti del vicariato della Castellana hanno scelto Valsasone
per la loro giornata di fraternità
Festa per famigliari e benefattori
Domenica 21 settembre si svolgerà il tradizionale incontro con
i famigliari dei missionari veneziani e i benefattori. Il programma prevede l’arrivo alle ore 10; alle 10.30 l’incontro informativo sulle missioni saveriane; alle 11.30 la celebrazione della Messa. Seguirà il pranzo.
Confermate la vostra partecipazione entro il 15 settembre, telefonando al numero 041 907261 o mandando un fax al numero 041 5460410, o via e-mail all’indirizzo [email protected]
IL “GRAZIE” DEL MOZAMBICO
Ecco le parole di ringraziamento dei nostri missionari in Mozambico, che hanno ricevuto il frutto della generosità veneziana.
Cari amici e amiche, abbiamo ricevuto l’offerta che avete realizzato
attraverso l’iniziativa “festa all’aperto per le missioni”, domenica 25
maggio. Un grazie di cuore lo rivolgiamo ai benefattori che hanno
contribuito generosamente al progetto di formazione dei giovani qui
in Mozambico.
La formazione è una delle priorità più importanti per i giovani del
Mozambico e noi saveriani siamo presenti su questo fronte con le attività svolte nelle parrocchie, nelle scuole e nei convitti, che seguiamo direttamente. Il vostro aiuto è un prezioso apporto a quanto stiamo facendo. Un grazie particolare ai volontari che hanno contribuito con tempo
e lavoro al buon esito della giornata. A tutti siamo vicini con la preghiera e l’affetto. Un caro saluto a tutti voi. p. Fabio D’Agostina, sx
I saveriani del Mozambico, riuniti a Dondo