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“Dare i numeri”? Il problema sono le “false certezze”
In: Cronache
2 maggio 2014 - 18:03
La demagogia, che bella invenzione! (Bravo! Grazie!)
(Jamma) – Eugenio Bernardi, in una riflessione pubblica, torna ad analizzare i dati del gioco pubblico,
in particolare la quantità delle unità lavorative nella filiera della distribuzione del servizio di gioco. “Ho
letto l’ennesimo articolo del noto (No Slot) Dott.Dotti (Redattore del mensile Communitas e di Vita e
docente di Professioni dell’Editoria presso l’Università di Pavia), che analizza i numeri di un articolo
pubblicato da AS.TRO (Sistema gioco Italia di Confindustria) dove si parlava delle conseguenze di tutti i
divieti introdotti dalle nuove leggi regionali contro il gioco dei bar e sale (No Slot o Slot free) che
coinvolgerebbero e metterebbero a rischio circa 200 mila addetti. Non è mio compito difendere
Confindustria, che si difenderà da sola, ma sostenere le ragioni delle migliaia di aziende come la mia
che sono nel settore da molti più anni”.
“Dare i numeri- osserva Bernardi – per qualcuno è sinonimo di dare di matto, per altri un modo per
capire la realtà. Sul gioco, sui suoi occupati, ma soprattutto sul gioco problematico, patologico e sul
GAP stanno uscendo una ‘macedonia’ di numeri che rasenta il ridicolo.
Dalla matematica non si scappa. È necessaria per spiegare il Big Bang, per calcolare le probabilità di
vittoria alla lotteria (restando sul gioco), come pure per amministrare il bilancio familiare. A scuola era di
sicuro una mia peculiarità ‘saper far di conto’, probabilmente molti politici, politicanti, media, pseudo
comunicatori e giornalisti non hanno la medesima dimestichezza con ciò che sta dietro i concetti e i
processi logici più scontati.
Quando si accusa qualcuno di ‘dare i numeri’, lo si sta accusando di parlare a vanvera, o peggio di dire
frasi senza senso, ma il motivo di questo modo di dire qual è?
La spiegazione è molto più semplice di quel che potrebbe sembrare, infatti i numeri a cui si fa
riferimento in diverse inchieste giornalistiche o di pseudo esperti, non sono quelli della matematica.
Alcuni ‘sedicenti maghi’ tentano di ricavare dai sogni, e dai racconti di quelli che si rivolgono a loro, i
numeri giusti da giocare al Lotto. Se con lo stesso principio si danno numeri e statistiche sulla raccolta
di gioco spesso si rischia di esagerare, se lo si fa per portare l’acqua al proprio mulino o solo per
dimostrare disastri impellenti che non ci sono, almeno non di tale portata, è molto grave.
Anche l’altro ieri alcuni servizi del TG2 hanno offerto dati, numeri, citato esperti (generico aggettivo…) e
ricerche di che cosa poi non si è detto chiaramente (intervistando uno psicologo NO SLOT) tentando di
dimostrare che i costi sociali del gioco, che incassa per lo Stato 8,5 miliardi, sarebbero oltre 30 miliardi.
Fino allo scorso anno qualcun altro pseudo esperto li calcolava, non si sa come, in 6/8 miliardi
basandosi su dati di altre nazioni. Le dichiarazioni di un caso e dell’altro sono stati messi nel frullatore
mediatico e così che vengono ripresi dai politici che li usano in continui attacchi diretti esclusivamente
al gioco nei bar.
Un refuso è sempre possibile. Ma è bizzarro che la redazione di una TG non si accorga di un errore che
cambia tutto il senso del servizio.
Un errore di miliardi in una testata giornalistica come il TG2 può sembrare incredibile. Ma gli esempi di
numeri sballati, anche da “fonti autorevoli”, sono così tanti che ci si potrebbero riempire parecchie
pagine solo facendone un sommario elenco.
Anche per chi – talvolta – ‘predica bene’ è difficile essere ‘senza peccato’.
Il problema non sta tanto nell’esistenza degli errori, che sono sempre possibili, quanto nella diffusa
abitudine di accettare dati sballati e incoerenti come fossero ‘certezze’ indiscutibili e di ripeterli senza
mai verificarne la fondatezza.
Una caratteristica preoccupante dei dati è quella di offrire ‘false certezze’. La loro apparente precisione
induce a pensare che quando qualcosa è espresso in numeri sia più credibile. Raramente è vero. Ogni
notizia, informazione o affermazione può (e deve) essere sempre verificata. E quando si basa su
numeri (specialmente se non c’è chiarezza sulla fonte e sul significato) ci sono buoni motivi per
diffidare.
Ma torniamo ai numeri contestati ad AS.TRO ( Sistema gioco Italia di Confindustria), per aiutare i
colleghi ho inviato, al Dott.Dotti, un altro Studio redatto da SAPAR che evidenzia numeri simili ma che
portano a conclusioni diverse.
A questo punto mi sovviene una semplice analisi estrapolata dall’Elenco soggetti – Ries dal sito dei
Monopoli di Stato ADM, (fonte dell’Authority italiana – incontrovertibili in assenza di ulteriori riscontri
oggettivi) per l’anno 2013 (ancora scaricabili) – sono in corso di aggiornamento quelli per il 2014 – di
tutti coloro, ovvero soggetti e aziende, che hanno a che fare col gioco comma 6/a e 6/b del 110 TULPS
(per scommesse, bingo, on line, lotterie, grattini e tutti gli altri giochi non è previsto nulla).
L’elenco è diviso in 3 categorie:
SEZIONE A – 119 pagine x 50 iscritti per pagina danno un totale di 5.950 soggetti.
Proprietari, possessori ovvero detentori a qualsiasi titolo degli apparecchi e terminali di cui all’articolo
110, comma 6, lettere a) e b), del T.U.L.P.S.;
SEZIONE B – 13 concessionari di cui alcuni iscritti anche alla sezione A.
Concessionari per la gestione della rete telematica degli apparecchi e terminali da intrattenimento che
siano altresì proprietari degli apparecchi e terminali di cui all’articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del
T.U.L.P.S., e successive modificazioni;
SEZIONE C – 2.265 pagine x 50 iscritti per pagina danno un totale di 113.250 soggetti.
Soggetti diversi da quelli di cui alle Sezioni A e B che svolgono, sulla base di rapporti contrattuali
continuativi con i soggetti di cui alle medesime sezioni, attività relative al funzionamento e al
mantenimento in efficienza degli apparecchi e dei terminali, alla raccolta e messa a disposizione del
concessionario delle somme residue e comunque qualsiasi altra attività funzionale alla raccolta del
gioco.
Ora se si pensa che per gestire gli apparecchi c.6/a ogni gestore può occuparsi mediamente di 50
apparecchi, per le 380 mila AWP o New Slot ci vogliono almeno un 8.000 raccoglitori più circa altri
8.000 fra tecnici e impiegati.
Ogni sala VLT (circa 3.000) ha bisogno di parecchio personale in più turni di lavoro per coprire l’orario
di apertura al pubblico, diciamo almeno 4/5 persone, così come le oltre 2.500 sale scommesse, per le
250 sale bingo e 8/9.000 sale giochi che ospitano i giochi. Per non parlare dei bar che almeno una
persona come dipendente o socio ce l’hanno, così è facile vedere che le 200 mila persone coinvolte nel
gioco ci sono, con le rispettive famiglie e questi numeri non comprendono i dipendenti dei
concessionari.
Certo ci sono anche i giocatori problematici, patologici e le ludopatie, conseguenza negativa dell’offerta
di tutte le tipologie di giochi legali o illegali e certamente tali numeri non sono confrontabili, ma fa specie
che in tanti Stati europei non ci siano numeri analoghi a quelli denunciati in Italia dove il gioco non è in
mano ai privati, qui in Italia il gioco è regolamentato e gestito dallo Stato. Ancora più particolare il
fenomeno che parti del medesimo Stato, Regioni e Comuni, che pur usando i proventi del gioco lo
boicottano in ogni modo. A mio parere questa forma di patologia intestina si chiama schizofrenia
amministrativa.
Chiedo, quindi, – conclude Bernardi – ai NO SLOT, Senza slot, Slot Mob, di capire prima di tutto i reali
numeri del disagio, di capire che il nostro settore è un settore industriale italiano (specie quello delle
AWP e New SLOT, quasi tutto estero quello delle VLT), e di mettersi attorno ad un tavolo, evitando lo
scontro fra sordi, per salvaguardare i giocatori ma anche gli occupati di questo settore”.
EUGENIO BERNARDI01-05-2014 20:24
Egregio Dott.Dotti,
 EUGENIO BERNARDI01-05-2014 20:23
Gregio Dott.Dotti, come promesso le inserisco un mio sfogo, mi riservo di specificarle meglio i
numeri, che per il settore sono poi semplici da ricavare, come i dati dell'introdotto o giocato che
sono per il 2013 ( non 130 miliardi come lei falsamente scrive) ma di tutto il paniere dei giochi circa
85 miliardi ( in calo rispetto al 2012) e allo Stato vanno circa 8.5 miliardi e a tutta la filiera se ne
dividono circa altri 9 il resto sono vincite. - http://www.jamma.it/politica/baretta-sottosegr-
economia-in-materia-di-gioco-necessarie-scelte-che-dovranno-ispirare-una-rivisibilepolitica-del-settore-45775
Il numero dei giocatori patologici è un pò meno facile ricavarlo e imputarlo all'uno o all'altro gioco,
per tanti motivi, per mancanza di studi seri e indipendenti ( certo ci sono e non nego che possono
essere tanti), per difficoltà di fare emergere i reali giocatori patologici e non solo problematici, per
eccessivo sbandierare una malattia che spesso è aggregata ad altre problematiche sociali e non solo,
ma solo le 2 facce della stessa medaglia www.politicheantidroga.it/media/601054/cap_i.5%20(9).pdf? - ma se è giusto sollevare il
problema è errato criminalizzare, come fa lei , il suo quotidiano e il suò blog, colpevolizzare solo un
comparto e non vedere il tutto.
E. Bernardi
LAVORO
30/04/2014
Prima irrise, poi criticate e infine
temute: sono le leggi regionali noslot
di Marco Dotti
Per Assointrattenimeno a causa delle leggi regionali noslot ci si
avvia all“implosione dell’industria legale del gioco" con la
possibile perdita di 200.000 posti di lavoro. Ma è davvero
così? I conti non tornano, soprattutto considerando che il più
grosso operatore, Lottomatica, impiega solo 1600 dipendenti
in Italia.
C’è preoccupazione dalle parti delle associazioni di categoria che raggruppano gli operatori del
settore “gioco”. In un comunicato pubblicato il 28 aprile dall’Associazione dei Gestori degli
apparecchi da intrattenimento (Assointattenimento - As.Tro) dà per certo che “l’implosione
dell’industria
legale
del
gioco
è
già
in
fase
di
conto
alla
rovescia”.
Questa industria, che allo Stato frutta sui 12 miliardi di euro di entrate annue, garantite da privati in base a
un sistema di concessioni e licenze, muove un flusso di denaro (tecnicamente: il volume di gioco) di oltre 130
miliardi
di
euro
solo
in
Italia,
50
dei
quali
provenienti
dalle
sole
“macchinette”.
Si tratta, però, di un gigante dai piedi d’argilla se per farlo tremare bastano alcune leggi regionali noslot.
Leggi regionali che colpiscono come possono, visto che lo Stato si è riservato la competenza ultima sul tema.
La preoccupazione di Assointrattenimento è tutta diretta verso queste leggi e nei riguardi della mancata
impugnazione da parte del governo di quelle della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia.
Oltre alla preoccupazione per il proprio settore, però, nello stesso comunicato si sostiene che a causa delle
leggi no slot di cui sempre più regioni si stanno dotando sarebbe a rischio l’occupazione di 200.000
lavoratori. Già nello scorso ottobre, le associazioni di categoria, con Confindustria Sistema Gioco Italia in
testa, avevano paventato l’eventualità che, a causa della normativa noslot della Liguria, perdessero il posto di
lavoro 1000 persone. Un numero eccessivo, anche per una regione di 1.617.000 abitanti. Ma davvero
sarebbero 1000 persone a rischiare il posto? La cifra tonda, 1000 o 200.000 lascia più di un dubbio. As.Tro e
Confindustria sono solitamente attenti alle cifre, su cui non a caso basano gran parte della loro – legittima,
ripeto
–
attività
di
tutela
del
settore.
Finora la guerra dei numeri era però stata condotta sui malati e sulle esternalità, chiamiamole così, del
sistema: quanti sono i giocatori patologici? Quanti i giocatori problematici? Quanti i giocatori tout court? Da
oggi, probabilmente, si assisterà alla disputa sul numero delle persone che effettivamente lavorano in questo
settore.
Anche Confindustria Sistema Gioco, a cui As.Tro aderisce, accenna a 200.00 addetti, distribuiti in 6.600
imprese (potete vedere il prospetto allegato). Confindustria parla però di un generico “bacino occupazionale”
e di “filiera del gioco e dell’intrattenimento”.
Il punto è proprio questo: quanti addetti sono direttamente occupati nel settore del gioco? Prendiamo ad
esempio Lottomatica (Gtech Spa): dal suo bilancio sociale risulta che i lavoratori impiegati sul territorio
italiano, a fronte di ricavi per 3,6 miliardi di euro, sono 1562: 1011 uomini e 551 donne. A noi pare che i
200.000 addetti di cui parla Assointrattenimento siano troppi. A meno che nella cifra non siano inclusi
anche baristi, tabaccai e operatori di servizi che non sono direttamente e esclusivamente impegnati nel
settore del gioco. Poi c’è l’indotto. Un indotto fatto di “padroncini” che trasportano e fanno manutenzione
alle macchine, installatori, elettricisti, società di vigilanza e di sicurezza, società che installano sistemi di
allarme (ogni bar ne deve avere uno, visto il flusso di denaro alimentato dalle “macchinette”) e tutti quegli
artigiani manutentori, produttori di macchinette, trasportatori che rientrano però nel settore del lavoro
autonomo. In tal caso, però, dovremmo allargare le maglie dell’indotto inserendoci anche negozi di acquisto e
vendita dell’oro, società di finanziamento e cessione del quinto dello stipendio e, perché no, anche studi di
psicologi, psicoterapeuti e quant’altro. Insomma, se la guardiamo da questo punto di vista l’occupazione c’è,
ma fondata su che cosa?
Il livello occupazionale diretto risulta invece molto, molto più basso e – sempre parer nostro – in
diminuzione, vista l’avanzata dell’automatico che può tranquillamente sostituire un cassiere o una cassiera
con una macchina (un esempio sono i negozietti di distribuzione automatica di cibo e bevande che sempre
più numerosi si vedono nei centri delle città).La preoccupazione di As.Tro è più che lecita e comprensibile
rispetto agli interessi che As.Tro stessa si premura (sempre legittimamente e comprensibilmente) di tutelare.
Ma quella della paventata crisi occupazionale sembra una coperta troppo corta, rispetto ai 17,8 miliardi del
netto complessivo che nello stesso comunicato apprendiamo essere l’utile d’affari del settore.
Su un punto, però, As.Tro ha ragione: le leggi regionali, che fino a qualche tempo fa venivano date per inutili
anche in settori di Confindustria, si riveleranno presto, con le nuove concessioni, sistemi a orologeria: dal
2017 infatti sarà ben difficile aprire una nuova sala giochi o installare apparecchi in un territorio che, tra
divieti
e
richieste
di
autorizzazioni,
sta
diventando
a
macchia
di
leopardo.
Il settore del gambling appare dunque preoccupato perché Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia,
Trentino Alto Agide, Toscana, Puglia, Abruzzo e presto anche Veneto e Umbria, che rappresentano il 75% del
territorio nazionale, pur non potendo rimuovere le “macchinette”, stanno “implementando ogni giorno le
condizioni per che ciò avvenga”.
Sembra dunque che questo tanto paventato “effetto finale” sia piuttosto l’esito virtuoso di un processo di
critica dell’esistente, che laa conseguenza catastrofica di un’azione civile non conscia delle proprie
conseguenze. L’apocalisse futura paventata dagli operatori del gioco lecito è in realtà il disastro quotidiano di
centinaia, migliaia di famiglie di cittadini, lavoratori o disoccupati che vedono erose le proprie già esigue
risorse solo perché hanno avuto la sventura di dover assistere un compagno, una moglie, un famigliare che ha
dilapidato risparmi e futuro nel software di una “macchinetta”. Dare risposta e voce alla loro sofferenza è
dovere di tutti.
@oilforbook
Comunicati
Mancata impugnativa delle leggi regionali
anti-slot: quale futuro per i 200 mila addetti
del comparto gioco lecito?
28 aprile 2014 di Ufficio Stampa in Comunicati, Focus
L’ultima legge regionale anti-slot a ricevere il benestare del Governo, sotto forma di mancata
impugnativa della disciplina locale lesiva del monopolio pubblico in materia di gioco, è quella
del Friuli Venezia Giulia, territorio “martoriato” dalla crisi dell’edilizia – dell’artigianato – e della
piccola e media impresa in generale, con interi distretti ridotti a capannoni abbandonati.
Il consiglio Regionale di tale territorio, però, che già vanta un livello di insediamento di centri
scommesse non autorizzate da far rabbrividire, ha ritenuto di lavorare giorno e notte per istituire un
distanziometro tra luoghi sensibili e “congegni leciti”.
Il lavoro che non c’è è la priorità (anche) mediatica che attualmente caratterizza l’Esecutivo.
Non è questa la sede per commentare il c.d. “job act”, ma sicuramente si deve evidenziare anche la
notevole difficoltà con cui tutti i comparti industriali italiani mantengono gli attuali livelli
occupazionali (altrimenti non si piega la perdurante emorragia, ancora in corso, di 1000 posti di
lavoro al giorno) : ciò fa sorgere il timore che a fronte di un programma per l’abbattimento della
disoccupazione “di adesso”, non si contrasti la voragine imminente per “gli attuali addetti” che
l’occupazione rischiano di perderla.
Il caso del comparto gioco lecito è un esempio eclatante di tutto ciò, soprattutto perché ci si ostina a
non “studiarlo” dal punto di vista industriale e a non comprendere il ruolo di attrazione recessiva di
carattere generale a cui si assisterà, a seguito della “aggressione” in atto al segmento degli
apparecchi da gioco legale.
Non servono master in economia per capire che se un prodotto (di gioco lecito) ha avuto un ruolo
“trainante” per lo sviluppo del comparto, generando un segmento ad elevata performance erariale e
di valore aggiunto (PREU, numero di aziende, numero di esercizi e tabaccherie raggiunte dal
servizio, occupazione, livelli di investimenti), il crollo di tale “prodotto” genererà la caduta di tutto
il residuo sistema gioco lecito. E che gli apparecchi abbiano avuto il “descritto ruolo trainante”
crediamo sia assodato dal mero raffronto tra il “valore” del comparto registrato nel 2003 e quello
ora vigente.
Il crollo del segmento apparecchi da gioco è come una frana già decretata di caduta con scientifica
certezza dagli algoritmi geologici vigenti: Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto
Agide, Toscana, Puglia, Abruzzo, e presto anche Veneto e Umbria, sono già regioni anti-slot lecite,
e rappresentano il 75% del Territorio in cui l’apparecchio “dello Stato” raccoglie gioco. In dette aree
i congegni autorizzati non sono stati ancora tutti rimossi, ovviamente (ciò equivarrebbe alla caduta
della frana), ma si stanno implementando ogni giorno le condizioni per che ciò avvenga.
In tali aree non sono consentite nuove installazioni di apparecchi, in quanto il distanziometro
introdotto dalle Leggi Regionali, equivale alla “sensibilizzazione” di tutto il territorio (e già il
blocco dello sviluppo è solitamente avvio di regressione automatica).
L’effetto “finale” poi si realizzerà attraverso il fisiologico ricambio delle gestioni degli esercizi,
grazie al quale la progressiva liberazione di dette zone dal gioco legale e controllato costituirà
consegna dei territori alle “offerte di prodotti” che legali e controllati non sono, e che già oggi, in
Italia,“fatturano” più del circuito autorizzato (per l’esattezza 23 miliardi contro 17,8).
Se il 75% del suolo italiano si avvicina, pertanto, al punto di non ritorno, ovvero al momento in cui
il solo congegno da gioco che sarà ivi reperibile si caratterizzerà per estrazione “non autorizzata –
non controllata – non tassata”, è evidente che l’implosione dell’industria legale del gioco è già in
fase di conto alla rovescia.
Con tutto il rispetto (relativo) con cui ci si può approcciare verso quell’etica che contrasta il dirittodovere dello Stato di governare un prodotto che non può non essere di pubblico monopolio, la
questione relativa alla “fine” che toccherà ai 200 mila addetti del comparto non potrà finire
sotto “silenzio”.
All’alba dell’imminente tornata elettorale esiste un “popolo” di lavoratori che chiede al “proprio”
Governo di sapere se il loro lavoro “onesto e trasparente” sarà ancora in essere, ben consapevoli che
la (eventuale) risposta affermativa non costa neppure un centesimo alle casse erariale (anzi), e che
l’eventuale risposta negativa nutrirà solo una etica predisposizione di animo di 93.000 persone (i
firmatari delle c.d. legge abrogativa del gioco).