Del 18 Ottobre 2014 Estratto da pag. 11 Sgravi: 140 milioni da restituire subito tremano hotel, coop e pure il Casinò Sentenza del Consiglio di Stato: l’Italia non può sfigurare davanti all’Europa VENEZIA I 140 milioni di sgravi contributivi ricevuti dalle aziende veneziane tra il 1995 e il 1997 vanno restituiti all’Inps. Subito. Per ora senza interessi, dei quali si riparlerà a marzo. Lo ha deciso la terza sezione del Consiglio di Stato con tre sentenze che fanno tremare alberghi, vetrerie, cooperative di pesca e servizi e pure il Casinò, che con l’Inps ha un conto in sospeso di otto milioni e mezzo. Nel lunghissimo giro di tribunali civili e amministrativi che ha tenuto in vita il contenzioso per quindici anni, il centinaio di aziende finora aveva sempre vinto. Il Consiglio di Stato, invece, per la prima volta ha dato loro torto, ha sospeso le sentenze favorevoli del Tar veneto e ha deciso che quei contributi non versati ora vanno restituiti, almeno per la parte capitale: 140 milioni. Equitalia potrebbe riscuoterli già oggi. «La sentenza apre il baratro per decine di imprese e per centinaia di lavoratori anche perché apre la possibilità di una riscossione diretta», commenta allarmato il presidente di LegaCoop Veneto Adriano Rizzi. Vale a dire pignoramenti. C’è preoccupazione anche in Confindustria veneziana perché la decisione dei giudici, dice il presidente Matteo Zoppas «rischia di mettere definitivamente in ginocchio le aziende veneziane che hanno beneficiato degli sgravi seguendo una legge dello Stato». Si trattava di un riconoscimento della specificità veneziana ma nel 1999 la Commissione Europea lo considerò illegittimo perché falsava la libera concorrenza; nel 2011 la Corte di Giustizia Europea impose allo Stato di verificare caso per caso se gli aiuti avessero alterato il libero mercato. Cosa che l’Inps non ha fatto e per questo le aziende hanno sempre vinto nei tribunali. Nel frattempo, però, il conto tra interessi e sanzioni è lievitato a 250 milioni. Anche lo Stato è sulla graticola perché lo scorso novembre la Commissione Europea non solo ha nuovamente deferito l’Italia davanti alla Corte Europea visto che in 14 anni ha recuperato solo il 20% delle somme, ma ha anche suggerito una penalità di 24 mila euro per ogni giorno trascorso dalla prima sentenza della Corte: il conto oggi si aggira sui 30 milioni di euro. Una situazione imbarazzante per il Paese che guida il semestre di presidenza europea e che punta far riscrivere le regole del rigore di Maastricht. Il Consiglio di Stato ne ha tenuto conto e infatti nelle ordinanze i giudici scrivono: «Risulta preminente l’interesse pubblico di dare esecuzione all’ordine della Commissione recuperando le somme erogate per evitare onerose sanzioni da parte dell’Unione europea a carico dello Stato italiano, anche sotto il profilo della lesione al prestigio e alla credibilità del Paese che tali sanzioni comportano, tanto più rilevante nell’attuale contesto dei rapporti all’interno della Unione europea». «Forse che il prestigio di un Paese non si basa anche sulla capacità, il successo e la fama delle proprie imprese?», domanda Zoppas. «Si scarica sulle imprese anche l’obbligo morale di evitare che lo Stato possa subire conseguenze sanzionatorie», dice Rizzi. «La ragion di Stato ha superato le ragioni del diritto e dell’equo processo — dice l’avvocato Alessio Vianello che con lo studio legale Mda segue molte aziende e cooperative coinvolte - la conseguenza è che bisogna restituire il capitale». Gli interessi saranno discussi nell’udienza del 12 marzo: le aziende auspicano un negoziato per non arrivare all’udienza con i pignoramenti in corso. Monica Zicchiero
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