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IL MIO CUORE
CANTA
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ROBERTO BIGNOLI
con Andrea Pagnini
IL MIO CUORE
CANTA
Medjugorje e la musica di Dio
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ISBN 978-88-566-3771-7
I Edizione 2014
© 2014 - EDIZIONI PIEMME Spa, Milano
www.edizpiemme.it
Anno 2014-2015-2016 - Edizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
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PROLOGO
Non sono un convertito
Non sono un convertito, sono soltanto un uomo
che, ad un certo punto della vita, ha preso coscienza di una realtà nuova e ha intrapreso un cammino
di svolta e di speranza. Conversione per me significa trovare l’occasione e l’opportunità di mettermi
continuamente in discussione, per arricchire quel
grande dono di grazia che ho ricevuto da Dio.
Sono convinto che la gente non nasca atea, agnostica o credente: il germe della fede è in ognuno di
noi, ma con gli anni viene soffocato, sommerso dai
problemi quotidiani. Può accadere che ad un certo
punto della nostra esistenza si verifichi una sorpresa inaspettata, come una specie di risveglio: guardando dentro noi stessi rivediamo tutte le nostre
esperienze, e le consideriamo da un altro punto di
vista.
Come cantautore di ispirazione cristiana, sono
convinto che ogni parola che pronuncio debba nascere dal profondo del cuore e attingere al mio percorso e alla mia storia.
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Credo nel Signore, ma lotto in continuazione
contro le mie contraddizioni e vivo la mia umanità
tra mille dubbi e incertezze. Tuttavia ho deciso di
andare fino in fondo e oggi dopo l’esperienza più
bella che abbia mai vissuto, ritrovare la fede, sento
che la mia esistenza è davvero cambiata.
Il mio presente è strettamente collegato al passato: una serie di eventi negativi, fra cui una grave
malattia, mi avevano lasciato un vuoto interiore
e tanta solitudine, ma proprio nel momento più
difficile il Buon Dio ha bussato alle porte del mio
cuore, ed è entrato a far parte della mia vita.
Sono convinto che il Signore mi avesse sempre
chiamato, fin da quando ero bambino, io però sono
sempre stato sordo e non l’ho mai voluto ascoltare. Poi, a poco a poco, le mie orecchie si sono aperte – effatà! – e ho potuto percepire la sua voce.
Che cosa mi voleva dire? Sicuramente, mi ha
aiutato ad accogliere la provocazione di alcuni giovani del Rinnovamento nello Spirito che mi parlavano di Gesù in un momento di grande sconforto e amarezza. Fui colpito e incuriosito da quelle
parole, e provai il desiderio di condividere con
loro un evento speciale, così nel 1984 partii per
Medjugorje.
Da allora per me è iniziato un nuovo cammino,
una nuova vita.
Sapete che cosa ho visto in quel luogo che considero benedetto? Niente! Niente di soprannaturale,
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niente di eclatante, eppure, è stato proprio lì che
ho capito la cosa più importante: tutti i miei fallimenti, le ideologie in cui credevo e le prove fallite
non valevano nulla e dovevo rimettermi in gioco.
Questo significava affidarmi a qualcuno di invisibile ma che sentivo presente dentro di me più che
mai in quella terra che fino ad allora era sconosciuta, cominciai ad aprire il mio cuore e a volermi affidare per la prima volta a questo richiamo
intenso di amore e pace interiore.
Questo è stato il primo viaggio, a cui ne sono
seguiti molti altri per approfondire e comprendere
sempre più la chiamata del Signore e ho ricevuto
la grazia di trovare la serenità di cui avevo bisogno per comprendere che tutte le sconfitte e disavventure della mia vita erano un percorso e che era
giunto il momento di fare tesoro di quella sofferenza, per darle finalmente un senso.
E così mi è stato chiaro che con la musica e le
parole potevo comunicare qualcosa di importante
alle persone che avevano avuto le mie stesse esperienze, e da disabile quale sono, rivolgermi ai sofferenti, agli ammalati per dare loro un messaggio
di amore e di speranza.
Tanti parlano di dolore, tanti usano frasi fatte
per dire che siamo tutti fratelli, ma chi è davvero il nostro prossimo? Sono gli esseri umani che
incontriamo ogni giorno, che a volte magari non
vogliamo nemmeno guardare. Basterebbero poche
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parole, anche solo uno sguardo, per trasmettere
forza e quella voglia di vivere. Mi rivolgo proprio
alla gente che vive situazioni di grande amarezza: i carcerati, i malati, i drogati, chi ha creduto di
trovare negli stupefacenti o nell’alcool la medicina che guarisce ogni male, per poi rendersi conto
dell’insensatezza di certi comportamenti.
Tutti commettiamo degli errori: ho visto tanti
amici agire come me, percorrere strade sbagliate e
morire di solitudine.
Da quando ho incontrato il Signore per mezzo
di sua madre Maria mi sento di incoraggiare le persone che incontro per testimoniare che tutti hanno
la possibilità e la grazia di trovare nuovo ossigeno:
la fede, può sembrare una provocazione, perché la
mia proposta non riguarda una medicina materiale, un antidoto ma una medicina spirituale che può
guarire ogni male e ogni sofferenza e ridonare una
nuova vita.
Sono uno che preferisce essere sincero, immediato e chiaro, quando partecipo a degli incontri;
non cerco il consenso del pubblico, ma desidero
soltanto esprimere quello che sento, senza fronzoli, con estrema semplicità e credo autenticità, poi
chi mi ascolta è libero di criticare, di scartare ciò
che non gli interessa e di conseguenza credere o
non credere.
Non posso affermare di essere un convertito perché questo termine rinvia a qualcosa di compiuto,
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realizzato, mentre in realtà ho soltanto intrapreso
un nuovo percorso che non si è ancora concluso.
Ho tanta strada da fare, tante lotte da affrontare
e tante sconfitte da superare per raggiungere con
l’aiuto di Dio, della Chiesa, della comunità cristiana, degli amici e della famiglia e realizzare quello
che è il vero cammino di tutti: la santità.
In questo viaggio lungo e difficile, di fondamentale importanza è il Vangelo, che ci nutre della
Parola di Dio, attraverso la quale possiamo trovare
tutte le risposte alle nostre domande e meditare la
vita di Gesù e i suoi insegnamenti, che rimangono
attuali anche oggi, dopo oltre 2000 anni.
Sull’esempio di Gesù è importante credere, leggere e impegnarsi personalmente; perché l’umanità ha bisogno di testimoni del Vangelo, persone
vere, fuori dal comune che, animate e fortificate da
“una follia di Amore”, sappiano trasmettere speranza.
Racconto con simpatia, qualche volta, nei miei
concerti, la storia del brutto anatroccolo che alla
fine diventa il cigno più bello, vale a dire che molte
volte le persone più al margine, quelle che hanno
avuto sofferenze, e situazioni a sfavore, scoprono
che il Signore li ha amati e valutati in modo diverso dal mondo, perché nel loro cuore si manifesta
più facilmente la purezza, la fede e la carità.
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LA SCOMMESSA
Gesù ti ama
«Gesù ti ama.» Una frase a effetto, pronunciata
da alcuni ammiratori. Una reazione, la mia, spontanea e impacciata: mi sono messo a ridere.
Gesù mi ama? Sono disabile, posso camminare
solo con le stampelle. Non ho avuto una famiglia.
Ho trascorso l’infanzia in vari istituti, senza l’affetto di cui ogni essere umano ha bisogno. Ho percorso le strade sbagliate. Mi sono rifugiato nella falsa
felicità della droga. Ho perso la mia libertà tra le
quattro pareti di una prigione. Ho usato la violenza per gridare il mio dolore a un mondo indifferente. Ho visto trasformarsi in solitudine, amarezza e abbandono tutto quello che credevo verità e
giustizia. Ho creduto nella musica, ma il mondo
del business mi ha scartato: uno come me non aveva l’immagine giusta per diventare un cantante
di successo. La mia vita era un grande vuoto. Ero
distante dalla Chiesa, lontanissimo dalla fede.
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Come potevo credere che Gesù mi ama?
Eppure ho continuato a ripensare a quelle parole. Si sono fatte strada dentro di me, poco per volta. Ho cominciato a frequentare quei ragazzi, che
appartenevano al movimento carismatico Rinnovamento nello Spirito. Abbiamo parlato, discusso e ho ascoltato la loro testimonianza, insieme
alla proposta dopo qualche mese di un viaggio a
Medjugorje. Ci erano appena stati, e vi avevano
trovato un clima sereno, animato dalla presenza di
tanti giovani di varie parti del mondo che accorrevano per assistere alle apparizioni della Madonna.
Sono rimasto affascinato dai loro racconti.
Sentivo nel profondo piano piano che il buio
che avevo dentro, necessitava di luce, poteva sembrare banale ma avvertivo una fiamma che mi
accendeva la speranza e si concretizzava nel desiderio di partire verso quel luogo “lontano” fuori
dall’Italia, e allora più per curiosità che per convinzione, ho accettato nel mese di agosto del 1984
di partire con loro.
Mi sono detto: «Chissà se almeno questa volta
succede qualcosa di bello anche a me!».
Siamo partiti da Varese in automobile portando soltanto i sacchi a pelo, e abbiamo bussato alle
porte di alcune case del luogo per chiedere ospitalità. Siamo stati accolti con grande disponibilità.
Quei contadini, poveri ma umili, che vivevano in
case piccole si sono organizzati per farci spazio
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nelle loro abitazioni. Erano sinceri e dignitosi. Non
si comportavano così per interesse, ma per bontà e
generosità, sentimenti che nella nostra società fatichiamo a trovare.
Non ero abituato a essere trattato in quel modo,
la vita mi aveva abituato al rifiuto, all’abbandono.
Quella gente dimostrava di avere fede e il suo sorriso lo dimostrava; era autentica e lo capivi dalle
piccole cose. Per me, è stata una rivelazione.
Mi riconoscevo in quel modo di vivere, nella semplicità della campagna, in quelle persone
autentiche con i calli nelle mani. Anche in quelle
condizioni, ringraziavano il cielo per il poco che
possedevano.
Oltre a ricevere quella accoglienza inaspettata,
mi sono trovato in mezzo a centinaia di ragazzi
provenienti da ogni parte del mondo. Una realtà
che per me era inspiegabile. C’era tutto un mondo
giovanile che fino a quel momento mi era sconosciuto, con tanti dubbi, ma anche con tante convinzioni. Non erano né santi né bigotti, ma persone
che scommettevano sulla loro esistenza, che cercavano di dare senso alla vita.
Un pomeriggio, mentre ero seduto sui gradini
laterali della chiesa, mi sono sentito prendere per
un braccio. Era un frate che mi invitava a entrare
per assistere alle apparizioni della Madonna. Non
conoscevo quell’uomo, solo più tardi scoprii che
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si trattava di padre Slavko Barbaric, un religioso
francescano molto amato e noto a Medjugorje.
«Che bello» mi sono detto, e mi domandavo che
cosa mai potesse succedere. Mi sono sentito come
trascinato dentro e mi chiedevo: «Sarà vero? Non
sarà vero?».
All’interno c’erano cinque veggenti, che all’epoca erano molto giovani. Improvvisamente si sono
inginocchiati, tutti nello stesso identico istante: era
il momento in cui la Madonna si mostrava a loro.
Che cosa ho visto?
Niente! Proprio niente!
Eppure, è stato proprio lì, in quella terra lontana, che ho capito la cosa più importante: che essere in quel luogo era una pazzia, forse quella più
folle della mia vita, perché mi stava provocando
all’interno tante reazioni e sensazioni.
Tutti i miei fallimenti, le ideologie in cui credevo e le prove fallite non valevano nulla. Mi sono
reso conto che dovevo rimettermi in gioco, dovevo
smettere di lamentarmi e fare la vittima, dovevo
prendere in mano la mia vita e darle una svolta
positiva.
Ho cominciato a pregare, anche se forse non ero
più capace di farlo. Ho iniziato semplicemente,
con onestà e autenticità, cercando di ripetere dentro me le preghiere che sapevo e che avevo imparato da bambino nei collegi di don Gnocchi.
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Improvvisamente, ho avvertito un senso di tranquillità e di quiete, come quando si placa una tempesta.
Non avevo chiesto la grazia di guarire fisicamente, non mi interessava! Non ero andato a Medjugorje come il paralitico che vuole ricominciare
a camminare. Non mi sono mai piaciuti tutti quegli ex voto appesi nelle chiese.
In quel momento, ho domandato a Maria qualcosa che non riuscivo ancora a vedere distintamente, ma che già percepivo dentro di me: una
grazia speciale, un amore speciale. Ho desiderato
ardentemente che colmasse il mio cuore di serenità
e gioia, sentimenti che ormai mancavano da tanti
anni nella mia esistenza. Speravo solo di trovare la
strada giusta per la mia vita, speravo che cambiasse quel cuore di pietra in un cuore di carne.
Non ho chiesto e non ho assistito a nessun “miracolo”. Eppure ho avuto la percezione che era
successo qualcosa. Niente sarebbe mai stato come
prima, mi sentivo completamente diverso. Ho avvertito sensazioni che non avevo mai provato.
Da quel momento, per me, è iniziato un nuovo
cammino. Ho capito che tutto quello che ricevevo,
lo ricevevo gratuitamente. Finalmente mi sentivo
fiducioso, in pace con me stesso e con il mondo.
Ero cambiato davvero.
La musica era sempre stata fondamentale per
me, ma da allora quella passione si è fatta ancora
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più intensa: e nel tempo le canzoni sono diventate
il mezzo per raccontare quanto Maria è entrata nel
mio cuore, e desideravo far sapere a tutti quanto
l’amore di Dio possa renderci forti.
Ho deciso di scommettere, di mettermi in gioco
per il Signore, avevo un dono, il canto, e dovevo
usarlo per il Signore. Ho scelto di abbandonare
per sempre il mondo della musica laica pop – in
cui comunque avevo avuto qualche soddisfazione, collaborando con grandi artisti – per dedicarmi totalmente alla christian music ovvero la musica di ispirazione cristiana, cioè canzoni con contenuti religiosi o sociali, con musiche moderne
che offrono la possibilità di testimoniare la fede e
la propria scelta di vita attraverso concerti. È un
genere artistico che non va confuso con la musica
sacra o liturgica, che invece accompagna momenti
particolari della Messa o di riti religiosi. Pur non
sentendomi un “arrivato”, credo di aver vinto la
scommessa. Ho fatto di questa nuova scelta di vita
– su cui mi sono giocato tutto – una missione seria,
piena di passione.
Sono stato un pazzo? Forse sì. Ma sentivo una
spinta dentro di me che mi diceva di buttarmi, di
credere in me stesso e nella Provvidenza.
Prima di quell’incontro la mia vita sembrava
non avere significato: il Signore e la musica mi hanno salvato. Sono riusciti a stravolgermi totalmente
l’esistenza. Adesso so di avere una missione.
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Niente accade per caso: il mio percorso è il
frutto di un disegno. E questo progetto di Dio mi
ha portato alla fede, o meglio a intraprendere un
cammino.
Poco per volta, sto componendo il disegno della
mia esistenza.
Dopo il pellegrinaggio
Che cosa accade quando si torna da un pellegrinaggio? Nel mio caso, ho cercato di rivedere la
mia vita come un film. Ho tentato di capire quali fossero le circostanze che mi avevano portato a
trovarmi lì, in quel giorno, a quell’ora.
Sono convinto che il Signore mi avesse sempre
chiamato, fin da quando ero bambino; io, però,
sono sempre stato sordo e non l’ho mai voluto
ascoltare. Poi, il buon Dio ha bussato alle porte
del mio cuore. Poco per volta, le mie orecchie si
sono aperte. E finalmente ho potuto percepire la
sua voce.
Mi sono reso conto che grazie all’incontro con la
Madonna ero finalmente un uomo sereno. Nessuno, proprio nessun altro avrebbe potuto regalarmi
quello stato di benessere. Nessun altro, tranne lei.
Ha illuminato la mia vita e mi ha fatto capire che
avevo dentro di me dei valori che né la sofferenza,
né le brutture del mondo erano riuscite a cancellare.
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Quando ti innamori di qualcosa, poi, anche se lo
percepisci soltanto, lo intuisci e non riesci a comprenderlo completamente, provi il desiderio di
approfondire. Per cercare di sapere che cosa desideri il cielo da te.
Cominciavo finalmente a capire che tutte le
sconfitte, i fallimenti, le esperienze amare che avevo sperimentato erano comunque un percorso
importante. Era venuto il momento di fare tesoro
di quella sofferenza, per ribaltarla completamente
e trasformarla in una grazia. Sì, quella grazia era
entrata nella mia vita, ma ora la dovevo coltivare.
Come ho già detto non sono un convertito. Sono
soltanto un uomo che, a un certo punto della sua
vita, ha preso coscienza di una realtà nuova e ha
intrapreso un cammino di fiducia.
Infatti, dopo il primo viaggio, colpito da quell’atmosfera così particolare, sono ritornato a Medjugorje tantissime altre volte e ho anche fatto altri
e vari pellegrinaggi mariani un po’ in tutto il mondo, per mantenere viva la preghiera che in questi
luoghi è come una ricarica, quando sento che la
vita di tutti i giorni mi assorbe troppo, per poter
rigenerare e ritemprare lo spirito, so che attraverso
questi luoghi “particolari” posso trovare la grazia
per fortificarmi interiormente in comunione con la
Chiesa.
Si fanno davvero molti incontri: famiglie intere,
mamme, giovani, moltissimi religiosi e religiose,
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sacerdoti, vescovi, malati... Gente che soffre, che
va in pellegrinaggio dalla Madonna con niente
addosso, ma con il desiderio di cambiare di dare
una svolta e di rinnovarsi. Un’umanità dalle mille
storie, ma autentica.
Mi sono reso conto che vi erano persone, che
possiedono tutto quello che chiunque vorrebbe
avere: soldi, una casa, un lavoro, ma scoprivo che
tutti condividevano con me la mia stessa solitudine, la mia stessa infelicità. Tutto sommato non ero
poi così solo e così diverso.
Ho ascoltato le loro parole, li ho accolti come
dei fratelli che il Signore metteva davanti al mio
cammino, e ho capito che anche grazie a loro stavo
diventando migliore. Questa constatazione è stata
il motore che mi ha fatto accelerare sulla via del
cambiamento.
E poi succede sempre così: quando fai un’esperienza nuova che ti rende felice hai voglia di riviverla. Non come una droga, che ti fa credere di
stare bene e poi invece ha un effetto collaterale
devastante: ti annienta e ti toglie tutto, l’incontro
con Maria riempie il cuore di una gioia interiore
che ti fa sentire vivo, fa rinascere e comprendere
tante cose. È come essere fuori dal tempo e dallo
spazio, ma poi sai che quando torni a casa, nella quotidianità, ricominciano le battaglie di ogni
giorno ed è qui che dobbiamo essere testimoni di
quanto ricevuto.
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Non c’è perla e non c’è bellezza migliore della Madonna che possa realizzare la tua vita. Ecco
perché ho scelto Maria, è stata questa la mia scommessa. E ho capito che prima ancora che io scegliessi la Vergine Maria, lei ha scelto me.
Condivisione
È naturale: quando si scopre qualcosa di bello si
prova il desiderio di condividerlo. A me è successo proprio così. Nelle mie canzoni ora tocco temi
come la fede, l’amore universale, il creato, la vita
di Maria, i segni di Dio nelle piccole cose.
Ho trovato lo stimolo giusto per continuare
a fare il cantautore, a comporre canzoni e tenere
concerti. In forme diverse, ho sentito il bisogno di
ritrovarmi con la gente. Di gioire con la gente. Di
piangere con la gente. Di annunciare, insieme, una
nuova realtà di amore.
Dicendo il mio sì a Maria, ho capito che stavo
ricevendo un dono meraviglioso: la speranza.
Una speranza che vuole essere propositiva. Non è
quella del vincitore che vuole mettersi su un piedistallo, ma quella di chi si mette al servizio degli
altri.
Ho compreso infatti che anch’io, nel mio piccolo, posso donare qualcosa al prossimo. Guardarlo
negli occhi, stringergli la mano e dire: «Non sia-
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mo più soli». Mi è venuta voglia di raccontare agli
altri quella fede che era rinata nel mio cuore. Sentivo che era giusto iniziare a camminare con i miei
fratelli e con la comunità, senza nessuna presunzione.
Non ho scelto di arricchirmi, di vivere felice in
un mondo ovattato e neppure di chiudermi nella mia campana di vetro, senza pensare agli altri.
No! Il credere, la Chiesa e i sacramenti sono il
pozzo in cui mi disseto, dove bevo l’acqua che mi
ringiovanisce spiritualmente e mi prepara al dialogo con gli altri. Attingo da lì la forza per essere credibile con la mia musica, per portare la mia
testimonianza.
Nonostante la fatica e i problemi dovuti alla mia
disabilità e al fatto che mi sposto con le stampelle,
cerco di essere sempre a disposizione degli altri. È
questa la mia chiamata: essere ultimo tra gli ultimi
e annunciare la bellezza della fede e di Maria, una
vera vocazione.
La bellezza di Maria
Maria annuncia che nella tua vita c’è la presenza
di Cristo. La fede non la tiene per sé, la dona a noi
e con il suo amore porta il suo popolo verso Dio.
La chiamiamo in tanti modi: Regina della pace,
dell’amore, della speranza, delle famiglie... ma lei
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è una sola! E ci insegna davvero tanto: la sua natura, il suo essere mamma, ci fa capire quanto sia
importante, anche per noi, pronunciare quel fatidico «fiat» che lei ha detto per prima. La Madonna
ha risposto «sì» a Dio, semplicemente, ma in modo
straordinario, con amore. Noi, come lei, siamo
invitati ad accettare la chiamata del Signore. Grazie a lei, poi, possiamo arrivare a Gesù.
Tutto quello che fa per noi è frutto di una grande umiltà. È questa la sua qualità più importante.
Se non capiamo quanto sia fondamentale il suo
ruolo, siamo sulla strada sbagliata.
Sulla Vergine sono state scritte tante bellissime
pagine. Molti santi, nel corso della storia, hanno
messo in evidenza quanto la sua vita sia per noi
un punto di riferimento. Cito tra tutti il Trattato
della vera devozione a Maria di san Luigi Maria Grignion de Montfort. E non voglio certo dimenticare Giovanni Paolo II, che si definiva «totus tuus»,
cioè tutto della Madonna, sempre.
Puoi contare su di lei in ogni occasione, in ogni
momento, anche quando sei deluso, anche quando
cadi e ti trovi nel deserto della solitudine. Ti aiuta.
Ti sorregge. Solo lei può dare la forza di rialzarsi,
di vedere chiaramente la verità, di guardare in alto
e capire che c’è ancora speranza. Allora mi rendo
conto che sono in grado di fare qualcosa per me
stesso, per la mia famiglia, come marito e padre,
come uomo, per la mia comunità.
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Ecco perché Maria è una grande fonte di vita in
cui possiamo rinfrescarci ogni giorno, per condividere la sua bellezza e la sua grandezza divina.
Ci sono stati momenti, nella mia esistenza, in
cui non avrei mai immaginato di poter dire cose di
questo tipo, ed esserne davvero convinto... Ma poi
per me è avvenuto un vero miracolo!
Ho finalmente preso coscienza del significato
delle parole: «Alzati e cammina!». Gesù intende
dirci che dobbiamo risollevarci dai fallimenti terreni e iniziare a camminare con il cuore.
Scacciamo la presunzione, l’arroganza e tutto
quello che ci fa vivere lontano da Dio!
In questo nuovo viaggio della vita, se porteremo con noi tutte le nostre sconfitte, le stampelle, il
dolore, finalmente saremo più autentici.
Bisogna mettere da parte l’“io” che ci frena, ci
impedisce di progredire e di migliorare. Apriamoci all’amore!
Solo così vinceremo la nostra scommessa.
Il soprannaturale nel quotidiano
Non posso certo dire di essere “arrivato”. La
mia fede è sempre in cammino, sempre alla ricerca
di nuove esperienze concrete, di testimonianze, di
esperienze di vita nella Chiesa e di stimoli.
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