Zurbaran_Adorazione Pastori

ADORAZIONE DEI PASTORI di ZURBARAN,
1639, MUSEO DI GRENOBLE
INTRODUZIONE - Zurbaran, artista capace di interpretare in modo eccellente le attese degli
ambienti religiosi del suo tempo, è, con Velazquez e Murillo, il più grande pittore spagnolo del
secolo d‟oro, il „600. I suoi capolavori sono numerosi ma le quattro scene dell'Infanzia di Gesù,
eseguite tra il 1638 ed il 1639, sono considerate da molti critici il vertice della sua produzione
artistica. Dipinte con una gamma di colori scintillanti, contrassegnate per contrasti forti di stile
“caravaggesco”, queste tele formano un insieme unico di forte carica emotiva. Impregnate di
spiritualità profonda, queste grandi opere sono non solo delle vere perle di bellezza per la qualità
tecnica elevata (gamma di colori, senso dei volumi, “chiaroscuri”, costruzioni su grandi diagonali),
ma soprattutto perché traducono con senso narrativo semplice ed appropriato i racconti di Luca e
Matteo dei vangeli dell'infanzia. Lo spettatore moderno che vede queste opere di Zurbaran nel
museo di Grenoble, non deve dimenticare il contesto in cui si trovavano in origine: l'artista infatti le
aveva realizzate, insieme ad altre, per il grande “retablo” (altare maggiore) della chiesa barocca
della Certosa di Jerez de La Frontera.. Questo “polittico” dunque era inserito in un insieme
architettonico e scultoreo destinato alla preghiera personale e alla celebrazione liturgica comunitaria
dei monaci certosini.
Produzioni tipiche della Controriforma Cattolica, le tele di questa grande opera intendevano mettere
l'arte al servizio della fede e della spiritualità, così come insegnavano le norme del Concilio di
Trento: un'arte che doveva diventare omelia, esortazione, esegesi, esempio, testimonianza, invito
all'estasi… il tutto per la maggior gloria di Dio! Probabilmente il “retablo” di Jerez, scomparso
nell‟800, era una delle opere più l'imponenti e significative in tal senso. Oggi a noi restano solo le
tele, veri gioielli della tradizione cattolica firmati Zurbaran.
L’ADORAZIONE DEI PASTORI - Con l‟Adorazione dei pastori l‟artista ci fa toccare il cuore
del Mistero del Natale. Nella collocazione originale del retablo, questa tela si trovava in basso, ed
insieme all‟Annunciazione stava proprio a fianco del tabernacolo… per esprimere il legame stretto
col Mistero Eucaristico: il Corpo di Cristo adorato dai fedeli! E‟ un‟immagine che riassume due
scene del Vangelo di Luca: la nascita di Gesù ed il canto angelico del Gloria unito all‟adorazione
dei pastori. In alto, il cielo sembra unirsi alla terra in un movimento diagonale tracciata dall‟arpa in
alto e dal liuto in basso, e dagli sguardi speculari dei capi dei cori angelici sopra e sotto. Attorno a
Gesù, si può osservare un dinamismo radiante, dal primo cerchio luminoso (dalla pastorella a
sinistra fino all‟agnello a destra), al secondo (Angeli musicanti e pastori), fino allo sfondo con i
ruderi del vecchio mondo che con l‟Incarnazione comincia a ritornare nuovo.
Al centro della scena il Bambino, è reclinato nella mangiatoia e viene rivelato al mondo. Il gesto di
Maria in tal senso è molto “teologico”: si tratta appunto di una rivelazione! E‟ lei che può fare
questo gesto come prima discepola e prima testimone del Figlio di Dio. Gesù bambino è collocato
nella mangiatoia, che rappresenta il luogo in cui si trova il cibo. E‟ proposto dunque un chiaro
collegamento con l‟altare e con l‟eucaristia, come a dire: “E‟ qui, è questo, il vero cibo del
credente!”. Ecco perché le spighe, la bianca tovaglia, il Corpo di Cristo… tutto fa di questa
mangiatoia un segno. Il piccolo Gesù, è nudo, ma è fasciato: questa immagine ci comunica
certamente la debolezza ed esposizione alla mortalità… ma anche la cura e l‟amore che il Bambino
ha ricevuto, e che chiede ancora di ricevere da parte di chi lo guarda in questo dipinto. Per questo
Zurbaran ce lo raffigura mentre si rivolge a noi, come se stesse per uscire dal quadro ed entrare
nella nostra vita. “Troverò posto tra voi”, sembra dirci Gesù con questo sguardo che ci interpella.
Sulla destra sta un piccolo gruppo di persone in atteggiamento esemplare di adorazione e preghiera.
Primo fra tutti vediamo Giuseppe, il giovane protettore di Gesù (si tenga presente che quest‟epoca
si sviluppa fortemente la devozione a san Giuseppe da parte dei Carmelitani e dei Francescani): egli
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sembra quasi voler stringere il bambino tra queste bellissime mani, dipinte con minuzia da
Zurbaran. Quest‟uomo pio, fedele alla legge, ha il compito di fare da custode al Dio fatto uomo. Il
suo volto è raffigurato come quello di un Gesù adulto: ci indica così un percorso per giungere
all‟imitazione di Cristo, un itinerario di fede per poter diventare come lui. Giuseppe, è modello del
discepolo che giunge ad una trasformazione a immagine e somiglianza del Maestro.
Dietro a Giuseppe, alcuni pastori fanno cerchio attorno all‟evento. Loro sono stati i primi
destinatari dell‟annuncio: loro, rappresentanti di quella gente nomade, di cui ci si fidava poco,
personaggi disprezzati e tenuti ai margini della società civile. Il primo tra loro sembra un patriarca
biblico. Avvolto in una specie di saio bianco, questo pastore risultava particolarmente
corrispondente all‟immagine di un monaco certosino in preghiera. E‟ molto raccolto, protratto in
avanti, attratto dal bambino in modo quasi irresistibile. Sulle rughe che segnano il suo volto si
riflette quella luce che è la luce della fede. Anche lui raggiunto dal dono di Dio all‟uomo, diventa
col suo essere dono dell‟uomo a Dio. Dietro di lui ci stanno altri due pastori, uno dei quali ci
impressione per il volto arrossato: è una figura demoniaca che incarna l‟inquietante presenza del
male che può distogliere ed allontanare dall‟incontro col Signore.
Davanti ai pastori, nelle stessa diagonale parallela al bambino, Zurbaran ha dipinto con maestria un
agnello legato, pronto per essere portato al sacrificio. E come prima si trovava una “ostensione” del
bambino, ora qui siamo rimandati nuovamente al contesto della celebrazione, quando viene
innalzata l‟Ostia accompagnata dalle parole: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal
mondo”. Il riferimento all‟Eucaristia si inserisce nella cornice biblica pasquale, del sacrificio
memoriale della liberazione dalla schiavitù: per questo motivo l‟agnello è dipinto in una diagonale
esattamente parallela con le spighe della mangiatoia.
Davanti alla mangiatoia una pastorella inginocchiata indica il Bambino: è curioso che proprio sotto
di lei Zurbaran abbia apposto la sua firma nel biglietto, ben visibile, quasi ad esprimere una
particolare simpatia, quasi ad immedesimarsi con questa figura. Ci colpisce infatti questo volto
molto caratterizzato, segnato da sofferenza ma capace di sorridere con semplicità: è il volto degli
ultimi, dei piccoli del Vangelo! Per fare Natale bisogna essere così, capaci di meravigliarsi, di
sorridere, di partecipare, di donare (è tutto il contrario del volto dei “furbi”!). Questa pastorella ha
visto, e per questo si rivolge a chi guarda il dipinto e con la sua mano destra indica Gesù: lo fa per
noi, perché non ci sbagliamo. Non c‟è nessuna altro da seguire: quel Bambino è la Via! A chi ha
trovato lui, nulla manca; solo lui basta (S. Teresa d‟Avila). Con l‟altra mano stringe un cesto di
uova: le uova sono simbolo di vita e di fecondità, ma sono anche alimento energetico dei poveri.
Accanto al cesto c‟è una brocca per l‟acqua: essa serviva per pulire/purificare il neonato dopo il
parto e, nell‟iconografia antica diventava pure un simbolo battesimale.
Il tema del dono, viene ripreso da Zurbaran anche nella tavola successiva, quella dei Magi, ed
introduce il motivo dell’offerta della lode della comunità monastica certosina che si riuniva più
volte al giorno davanti a queste opere per cantare l‟Ufficio Divino. C‟è da annotare infatti come
questo tema dalla lode viene notevolmente messo in risalto dal nostro il pittore: egli ci fa
contemplare con gli occhi il canto degli angeli le cui voci risuonano sulla terra come in cielo. E‟ il
tema della gioia cristiana che vuole esprimere l‟accoglienza della Buona Notizia. Il canto del Gloria
inserisce così la scena in una dimensione liturgica. Possiamo dire a ragione che il quadro stesso è un
canto, un‟omelia melodica, rafforzata da questa “orchestrazione” musicale: il coro dei monaci
diventava così la “colonna sonora” di questa straordinaria rappresentazione! E così, Zurbaran, viene
a proporci il Natale, come un nuovo tipo di poesia e di lirismo divino!
a cura del Servizio per la Pastorale dell’Arte ‘Karis’
della diocesi di Verona
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NATALE:
DIO SI FA UOMO
PERCHE’
L’UOMO DIVENTI DIO
Dio che aveva già parlato nei tempi antichi
molte volte ed in diversi modi ai padri per
mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a
noi per mezzo del Figlio,
che ha costituito erede di tutte le cose e
per mezzo del quale ha fatto anche il mondo.
Questo Figlio è irradiazione della sua gloria e
impronta della sua sostanza.
Eb. 1, 1-3
Oh, mi fosse possibile vedere quella
mangiatoia in cui un giorno nacque il
Signore. Ora noi cristiani, per onorarlo,
abbiamo tolto la mangiatoia di creta
sostituendola con una di argento.
Ma per me quella mangiatoia è più
preziosa. Al mondo pagano si addice
l’oro e l’argento; la fede cristiana
preferisce quella mangiatoia di creta.
Colui che in essa è nato disdegna l’oro e
l’argento. Io non disprezzo coloro che,
per onorarlo, hanno collocato qui la
mangiatoia
d’argento,
come
non
disprezzo coloro che hanno approntato
vasi d’oro per il tempio. Ma io ammiro il
Signore che, quantunque creatore del
mondo, non nacque tra l’oro e l’argento,
ma sulla creta.
S. Girolamo, Predica sul Natale
Tutto questo avvenne
perché si adempisse
ciò che era stato detto
dal Signore per mezzo del profeta:
“Ecco, la vergine concepirà
e partorirà un figlio
che sarà chiamato “Emmanuele”
che significa “Dio con noi”.
Accetta , o Padre la nostra offerta
in questa notte di luce e per questo
misterioso scambio di doni trasformaci
nel Cristo tuo Figlio, che ha innalzato
l’uomo accanto a te nella Gloria.
Orazione sulle offerte della messa di Natale
“Il tuo volto, Signore io cerco”. L’antico
anelito del salmista non poteva ricevere
esaudimento più grande e sorprendente che
nella contemplazione del volto di Cristo. In lui
veramente Dio ci ha benedetti, e ha fatto
splendere il suo volto sopra di noi. Al tempo
stesso, Dio e uomo qual è, egli ci rivela anche
il volto autentico dell’uomo, svela pienamente
l’uomo all’uomo. Gesù è l’uomo nuovo che
chiama a partecipare della sua vita divina
l’umanità redenta.
Giovanni Paolo II N.M.I. 23
Noi siamo più maturi per la vita
più esperti e più pratici del vivere
se ci apriamo alle indicazioni di
questa Santa Notte. Camminiamo e
viaggiamo, non temiamo le strade
e le paure della vita; in noi si è
realizzata una cosa nuova e noi non
vogliamo stancarci di credere nella
stella delle promesse e di concedere
agli angeli di cantare il loro GLORIA,
anche se talvolta in mezzo alle
lacrime. La nostra misera sorte si è
mutata perché l’abbiamo superata
Alfred Delp
E’ così che comprendiamo la vita spirituale
come modo di vivere il proprio corpo.
Divenire spirituale è vivere il proprio corpo
come donato e fatto per il dono. E’ accettare
di essere sensibili, offerti, consegnati,
vulnerabili. Diventare deboli per l’altro. Tutti
questi termini hanno in comune di essere
suggeriti dalla parola “carne”. Quando il
cuore di pietra diventa cuore di carne, il
soggetto diventa “tenero” da duro che era.
Lungi dall’essere disincarnazione, la
spiritualizzazione è incarnazione.
Xavier Lacroix
Mt 1, 22-23
Dio ha tanto amato il mondo
da dare il suo Figlio unigenito,
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perché chiunque crede in lui
non muoia,
ma abbia la vita eterna.
Gv 3, 16
Noi insegniamo a confessare
un solo e medesimo Figlio,
il Signore nostro Gesù Cristo,
perfetto nelle sua divinità
e perfetto nella sua umanità,
vero Dio e vero uomo,
di anima razionale e di corpo,
consustanziale al Padre per la divinità
e consustanziale a noi per l‟umanità,
simile a noi in tutto,
fuorché nel peccato,
generato dal Padre prima dei secoli
secondo la divinità
e in questi ultimi tempi
per noi e per la nostra salvezza
da Maria Vergine e Madre di Dio,
secondo l‟umanità,
uno e medesimo
Cristo Figlio Signore unigenito;
da riconoscersi in due nature,
senza confusione,immutabili,
indivise, inseparabili,
non essendo venuta meno la differenza
delle nature a causa della loro unione,
ma essendo stata anzi salvaguardata
la proprietà di ciascuna natura
e concorrendo a formare
una sola persona.
il Figlio di Dio stesso
si è unito in un certo modo
ad ogni uomo.
Ha lavorato con mani d’uomo,
ha pensato con mente d’uomo,
ha agito con volontà d’uomo,
ha amato con cuore d’uomo.
Nascendo da Maria Vergine,
egli si è fatto veramente uno di noi,
in tutto simile a noi
fuorché nel peccato.
GAUDIUM ET SPES 22
O Gesù salvatore, immagine del Padre
Re immortale dei secoli,
luce d’eterna luce, speranza inestinguibile,
ascolta la preghiera.
Tu che da Maria vergine
prendi forma mortale, ricordati di noi!
Nel gaudio del Natale ti salutiamo, Cristo,
redentore del mondo!
La terra, il cielo, il mare
acclamano il tuo avvento
o Figlio dell’altissimo.
Redenti dal tuo sangue,
adoriamo il tuo nome,
cantiamo un canto nuovo.
A te sia gloria, o Cristo,
al Padre e al Santo Spirito,
nei secoli dei secoli. Amen
Liturgia delle ore, Inno dei vespri di Natale
PROFESSIONE DI FEDE
DI CALCEDONIA, 451
Ogni ginocchio si pieghi nei cieli,
sulla terra e sotto terra,
ed ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore,
a gloria di Dio Padre.
Fil 2, 10-11
Il nostro pensiero,
per poter raggiungere gli altri,
diventa suono di voce.
Il Verbo di Dio, per esprimersi e
donarsi agli uomini, si è fatto vero e
fragile uomo, con una storia
umanissima di libertà e di finitudine.
Catechismo degli adulti n° 299
Con l’incarnazione
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