conoscere le cose che dio ci ha donate

CONOSCERE LE
COSE CHE
DIO
CI HA DONATE
Domenico Barbera
@ 2013, Domenico Barbera
9138 Hendershot Blvd Niagara Falls, ON. LEH 0E3(Canada)
e-mail: [email protected]
Tel. 905 354-2237
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può essere riprodotta in alcuna maniera, senza previa
autorizzazione scritta dell’Editore, tranne qualche breve
citazione in articoli di critica e recensione.
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Opere dello stesso autore:
—Gesù Cristo è Dio?
*Is Jesus Christ God? (traduzione dall’italiano: “Gesù
Cristo è Dio?”)
—Il gran mandato di Gesù Cristo
—Gli eroi della fede secondo Ebrei 11
*Heroes of faith (traduzione dall’italiano: “Gli eroi della
fede” secondo Ebrei 11)
—Il matrimonio, è un’istituzione divina?
—La prima moltiplicazione dei pani
—Nehemia - Uomo spinto e sorretto da una motivazione
eroica
—Il mondo degli spiriti
*The Spirit World (traduzione dall’italiano: “Il mondo
degli spiriti”)
—Gesù - Il divin guaritore
—La fede nell’insegnamento della Bibbia
—Giacobbe - L’uomo trasformato da Dio
—Il cammino di un popolo Dall’Egitto alla terra di Canaan
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—L’uomo si comporta ed agisce in conformità a quel che
crede
*I believe Therefore I behave (traduzione dall’italiano:
“L’uomo si comporta ed agisce in conformità a quel che
crede”
—Fare del bene per amore di qualcuno
—Quel che la Bibbia riferisce intorno a Satana
*What the Bible says about Satan (traduzione
dall’italiano: “Quel che la Bibbia riferisce intorno a
Satana”)
*Lo que la Biblia refiere sobre Satanás (traduzione
dall’italiano: “Quel che la Bibbia riferisce intorno a
Satana”)
—Donne menzionate nella Bibbia
—Alcuni imperativi della Bibbia
*Some Imperatives from the Bible (traduzione
dall’italiano: “Alcuni imperativi della Bibbia”
—Gedeone... Un conduttore scelto da Dio
—Profeti e profezie nel Nuovo Testamento
—Giuseppe... L’uomo denominato Safnat-Paneac
—Le parabole di Gesù
—Il perdono dei peccati
—Mosè... Quello che la Bibbia riferisce intorno a Mosè,
uomo di Dio e servo dell’Eterno
—Conoscere le cose che Dio ci ha danate
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DEDICA
In vista del detto della Scrittura che c'esorta a
“crescere nella grazia e nella conoscenza del nostro
Signore e Salvatore Gesù Cristo”, dedichiamo le
pagine di questo libro a chi ha a cuore di conoscere
le cose che Dio ha donato loro.
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INDICE DEL LIBRO
Dedica
Indice del volume
Introduzione
CAPITOLO 1
UNA SPECIFICA RICHIESTA PER CONOSCERE
Salmo 39:4
1) Fammi conoscere la fine della mia vita
2) Fammi conoscere la misura dei miei giorni
3) Che io sappia, o che io conosca la mia fragilità
CAPITOLO 2
Una richiesta per conoscere QUALCOSA DI SPECIFICO
Il testo di Giobbe
Il testo dei Salmi
CAPITOLO 3
LE COSE CHE DIO CI HA DONATE
Nota introduttiva
Lo Spirito Santo
CAPITOLO 4
UNA FEDE PREZIOSA
Una nota introduttiva
La fede preziosa
La promessa di Gesù
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a) La necessità di non dubitare
b) La necessità di credere prima di ricevere
Credenti che hanno avuto fede e non hanno ricevuto
quello che era stato promesso
Chiedere secondo la volontà di Dio
CAPITOLO 5
UNA EREDITÀ INCORRUTTIBILE
Nota introduttiva
Quello che l’Antico Testamento stabilisce per quanto
riguarda l’eredità
L’eredità di una tribù, non doveva passare ad un’altra
Tribù
Alla tribù di Levi non venne assegnata nessun'eredità
Il privilegio d’Israele
Le affermazioni del Nuovo Testamento
La vita eterna che riguarda il presente
La vita eterna che riguarda il futuro
Testi che parlano dell’eredità divina
CAPITOLO 6
LE PREZIOSE E GRANDISSIME PROMESSE
Nota introduttiva
Le promesse riguardanti, la venuta del Messia, Gesù
Cristo, sulla terra
1) La nascita di Gesù Cristo da una vergine
2) Il luogo della nascita di Gesù Cristo
3) Il ministero di Gesù Cristo sulla terra
4) Gli scherni e le sofferenze patite da Gesù Cristo alla
croce del Calvario
Promesse che riguardano i figli di Dio e seguaci di Gesù
Cristo, per il tempo che vivranno sulla terra
Il fatto di essere stati fatti figli di Dio
Il perdono dei peccati
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Il perdono dei peccati è pieno
La certezza del perdono
Il valore del testo biblico
Cancellare:
Purificare:
Lavare:
Dimenticare:
La valutazione che facevano gli antichi profeti
L’enunciato di Luca 24:47
La presenza di Gesù Cristo nella vita dei credenti
La vita abbondante
Le promesse divine che riguardano il futuro
a) Il luogo dove abita Gesù
b) Il premio
La seconda venuta di Gesù
Il rapimento della Chiesa di Gesù Cristo
La risurrezione e la trasformazione del corpo
Il testo 2 Pietro 1:3-4
CAPITOLO 7
le SACRE SCRITTURE D’ISPIRAZIONE DIVINA
Nota introduttiva
Le Sacre Scritture sono utili per insegnare
La Bibbia dichiara con fermezza che l’uomo è un
peccatore
Le Sacre Scritture sono utili a riprendere, nel senso di
correggere
Lo scopo delle Sacre Scritture
Conclusione
APPENDICE
UNA TESTIMONIANZA DA LEGGERE
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INTRODUZIONE
IL VERBO CONOSCERE, NELLE VARIE FORME DEL tempo,
ricorre nella Bibbia centinaia di volte. Questo dato statistico,
che non è casuale e insignificante, ci parla in termini di
persuasione personale che, il significato che gli scrittori
sacri attribuivano a questo termine, era abbastanza chiaro
nella loro mente, da permettergli di spaziare in diversi
settori della vita. Infatti, chi scrisse i sacri testi, non usarono
il verbo “conoscere”, limitandosi a certi aspetti della vita
fisica, inclusero anche nelle loro argomentazioni tematiche
prettamente spirituali, per portare alla conoscenza degli
individui, il rivelarsi di Dio concernente il piano della Sua
volontà per l’intera umanità, senza nessuna restrizione.
Il modo con cui gli scrittori sacri si sono espressi, metteva
in evidenza che, anche se certe cose che loro affermavano,
non erano abbastanza chiari nella loro mente (specie
quando parlavano di avvenimenti futuri, che di solito erano
avvolti nel mistero profetico), tuttavia, tenendo conto che in
loro c’era un’illuminazione particolare, non secondo la
percezione umana, ma come comprensione di un’azione
divina nella loro vita, mettevano per iscritto quello che lo
Spirito di Dio, faceva comprendere loro.
9
Un tale modo di procedere, infatti, non metteva solamente
in risalto l’ispirazione divina in ciò che raccontavano o
asserivano (per chi crede all’ispirazione dello Spirito di Dio,
non esiste nessun'incertezza o dubbio di sorta nel fare un
simile riferimento), ma adoperavano anche la loro
intelligenza ai fini di far comprendere ai destinatari quello
che raccontavano o descrivevano nel loro modo di
esprimersi.
Che la conoscenza abbia dei livelli o gradi come
comunemente viene riconosciuto, è un dato che non può
essere contestato, per il semplice fatto che non tutte le
persone si esprimono nella stessa maniera, e non tutti
fanno comprendere le cose allo stesso livello.
Chi ha una maggiore conoscenza di un certo argomento,
ricavato, sia da una speciale illuminazione-rivelazione divina
(massimamente per le questioni spirituali in maniera
particolare), e sia anche perché si è dato ad uno studio più
approfondito per comprenderlo più a fondo nei vari
particolari, lo mette in evidenza dal modo di presentarlo. In
questo modo si può anche misurare il grado o livello di
conoscenza che possiede.
Siccome il nostro scopo è di parlare delle cose di Dio,
secondo quanto viene dichiaro nella Sua Parola, è
necessario distinguere tra le cose che riguardano il
presente, cioè durante la vita di tutti i giorni e le cose che
concernano il futuro. Questo perché, è innegabile che ci
siano cose che Dio ci dà per il tempo che si vive sulla terra,
e cose che verranno concesse nell’aldilà, cioè, dopo la
morte, nell’eternità.
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Conoscere le cose che Dio ci ha dato per la vita presente, è
molto importante, non solo per goderle, ma anche per
rendersi conto di quel che si possiede, per la grazia di Dio.
Pensare di non aver ricevuto niente da parte di Dio,
significa, non solamente essere ingrati verso di Lui, ma
anche vivere la nostra esistenza terrena, nella più squallida
miseria spirituale, come se non possedessimo niente.
A questo punto, la presente storia che mi accingo a
raccontare, potrà contribuire validamente a chiarire le idee.
Si racconta di una madre che, dopo avere allevato diversi
figli con enormi sacrifici, si trova ad essere sola
abbandonata dai suoi figli, visto che quest’ultimi andarono a
stabilirsi lontano dalla casa materna.
La vecchia madre, non potendo sfogare con i suoi figli, si
confidava con una vicina di casa, raccontando e
lamentandosi che i suoi figli l’avessero abbandonata. Nel
suo racconto, all’amica precisava: “Tra i miei figli ce ne è
uno solo che mi pensa e mi scrive mandandomi pezzi di
carta. Ma io, cosa posso fare con i pezzi di carta che mi
figlio mi manda?”.
Siccome la lamentela di quella madre era continua, la vicina
di casa, si sentì di chiedere di fargli vedere le lettere che
suo figlio gli mandava. Le lettere in questione, dato che la
madre li conservava, vennero consegnate alla vicina di
casa, la quale, aprendole una dietro l’altra, vedeva che in
ogni lettera che il figlio le mandava, includeva una
banconota. La madre, però pensava che quella banconota,
era un semplice pezzo di carta.
A questo punto, l’amica rivolgendosi alla madre le disse:
“Signora, non è affatto vero che il figlio che ti scrive, t’abbia
11
abbandonato, perché ho notato che in ogni lettera che ti ha
mandato, ha messo dentro del denaro. Quei pezzi di carta
che tu consideri tali, sono invece denari e, tu, con
quest'abbondanza di denaro che ricevi, vivi nella miseria,
pensando e credendo di non avere niente e che tuo figlio ti
manda solo pezzi di carta”.
Una delle affermazioni più significative che leggiamo nella
parola del Signore, ci giunge dalla penna di Paolo, il quale
scrisse:
Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo
Spirito che viene da Dio, per conoscere le cose che Dio ci
ha donate;
e noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza
umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole
spirituali a cose spirituali (1 Corinzi 2:12-13).
Dio ha provveduto un mezzo, cioè lo Spirito Santo che Egli
ci ha donato, affinché per mezzo di Lui, conosciamo le cose
che Dio ci ha donate.
Questo sarà il tema di questo libro che, cercheremo con
l’aiuto e l’illuminazione dello Spirito di Dio, di sviscerare per
far comprendere ai credenti le grandi ricchezze che Dio ci
ha donato in Cristo Gesù.
La versione che adopereremo in questo nostro lavoro sarà
la Nuova Riveduta, e, quando useremo un’altra versione, lo
specificheremo.
Il migliore augurio che formuliamo e la migliore ricompensa
che ci attendiamo è che ogn’uno che avrà tra le sue mani
questo nostro lavoro, ne sappia trarre il maggiore profitto
per la sua vita spirituale.
12
Domenico Barbera
Niagara Falls, Ontario, Canada, gennaio 2014
13
Capitolo 1
UNA SPECIFICA RICHIESTA PER CONOSCERE
PER COMINCIARE LA NOSTRA TRATTAZIONE, CI serviamo
di quattro passi, tre del libro dei Salmi, precisamente i Salmi
25:4; 39:4 e 143:8 e uno del libro di Giobbe precisamente
Giobbe 13:23. Questi passi ci permetteranno di valutare la
richiesta che si fece a Dio, e, nello stesso tempo ci faranno
vedere su che cosa si interessa l’interessato di conoscere.
Ovviamente la richiesta del salmista viene presa
com'esempio, e, non significa che, necessariamente, altri la
dovranno ripetere. Ognuno cercherà di concentrare la
14
propria attenzione su ciò che particolare vorrà conoscere,
senza invadere il campo e la vita degli altri.
Tenuto conto che dei quattro passi indicati, uno di essi è
particolarmente significativo, lo tratteremo in questo primo
capitolo, mentre gli altri tre nel secondo capitolo.
Salmo 39:4
Questo salmo recita:
O SIGNORE, fammi conoscere la mia fine e quale sia la
misura dei miei giorni. Fa’ ch’io sappia quanto sono fragile.
Il salmista Davide, nella richiesta che presentò a Dio, voleva
conoscere tre cose:
1) la fine della sua vita;
2) la misura dei suoi giorni, e
3) la sua fragilità.
Quali erano i motivi che lo spingevano a formulare quella
specifica richiesta al suo Dio? Per rispondere a questa
domanda, è necessario esaminare attentamente il Salmo in
questione, perché in esso, Davide, tramite le parole che
adoperò nella composizione del Salmo, si potrà leggere il
suo pensiero, prendere atto della situazione particolare in
cui si trovava, scorgere se attorno a lui avesse nemici e se
la sua vita era seriamente minacciata dalla morte. Se questi
elementi si potranno individuare, si potrà allora giustificare
la sua richiesta avanzata in quel modo.
Dalle prime parole del Salmo in questione, emerge il
desiderio di Davide, accompagnato dalla sua volontà e dal
15
suo proposito, di vigilare sulla sua condotta per non peccare
con le sue parole. Egli era pienamente convinto che non si
peccasse solamente con le azioni, ma si poteva infrangere
la legge di Dio anche con le parole. Dirà qualcuno: con le
parole? Ma le parole, che valore possono avere per dargli
quel peso? Non è forse vero che le parole rimangono tali,
cioè sono semplicemente suoni articolati e non hanno
niente a che vedere rispetto ad una specifica azione che si
compie, specie se questa è malvagia? Indubbiamente, le
parole sono parole e le azioni sono azioni.
Però, se dobbiamo attenerci all’insegnamento biblico, e
riservare una particolare attenzione a quel che ha affermato
Gesù e hanno tramandato gli apostoli, siamo tenuti ad
accettare senza “ma” e senza “se”, che quello che esce
dalla bocca, procede dal cuore, ed ha una notevole
ripercussione nella vita umana.
Ecco, cosa affermava Gesù nel suo insegnamento.
Ma ciò che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è quello
che contamina l’uomo.
Poiché dal cuore vengono pensieri malvagi, omicidi,
adultèri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni
(Matteo 15:18-19.
perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono
cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi (Marco 7:21).
Inoltre, lo stesso Gesù avvertiva i suoi ascoltatori che, nel
giorno del giudizio, le persone non renderanno conto
solamente delle azioni che avranno compiute, ma anche di
ogni oziosa parola che avranno detta.
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Io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno detta, gli
uomini renderanno conto nel giorno del giudizio (Matteo
12:36).
Da parte sua l’apostolo Paolo nelle sue epistole esortava la
fratellanza a prestare attenzione al parlare, affinché non
uscissero dalle loro bocche, parole che non si addicevano
alla loro professione di fede, come seguaci del Cristo e
dell’evangelo.
Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne
avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno,
ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta (Efesini 4:29.
Anche se il salmista Davide non conosceva l’insegnamento
di Gesù e di Paolo, però, avendo in sé lo Spirito di Dio, e,
tenendo presente che poteva peccare anche con le sue
parole, rivolgendosi a Dio, chiedeva:
SIGNORE, poni una guardia davanti alla mia bocca,
sorveglia l’uscio delle mie labbra (Salmo 141:3).
1) Fammi conoscere la fine della mia vita
Ma perché Davide voleva conoscere la fine della sua vita? Si
trovava forse in uno stato confusionario, sotto pressione di
una condizione di disperazione? Aveva seri timori che la sua
vita finisse (chiaro riferimento alla sua morte fisica) come
quella di un criminale, di un fuori legge, di un bandito, di un
traditore, di un usurpatore di beni altrui, di un tiranno, di un
dittatore, di uno insomma che non aveva la fiducia del
popolo, che non riscuote la simpatia del suo popolo (visto
che egli era il re del popolo d’Israele)?
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Non possiamo sapere esattamente quale era il vero motivo
che lo aveva spinto a formulare la sua richiesta a Dio in
quel modo. Una cosa possiamo intuirla con una buona
percentuale di verità: era veramente preoccupato, visto che
di avversari non gliene mancavano. Lui stesso afferma che
“l’empio”, (senza fare il nome) persona avversa, che non ha
il timore di Dio, che non ha scrupoli di compiere certe azioni
malvagie, l'ha “davanti” a sé. Questo stato di cose,
probabilmente costituiva il motivo perché voleva conoscere
la fine della sua vita.
Ma, a quale scopo voleva conoscere, prima del tempo,
come sarebbe stata la fine della sua vita? Per prepararsi ad
affrontarla? Probabilmente! La sua richiesta, pressappoco
aveva il seguente significato: “La fine della mia vita, sarà
normale, cioè morirò perché il tempo sarà arrivato, cioè la
morte naturale, o perché sarò assassinato da una mano
crudele?”
Le persone di tutti i tempi, sono stati sempre spinti ed
attirati dal desiderio di conoscere il loro futuro. Ecco
perché, tanti si rivolgono ai magli, agli indovini, a quelli che
credono di essere dotati di una capacità particolare da poter
predire l’avvenire di una persona, sia per quanto riguarda la
buona salute, o l’andamento delle cose in famiglia, degli
affari, del matrimonio e delle tante cose che l’uomo vuole
conoscere prima che accadono.
Certamente, Davide, non era assillato da questi pensieri;
egli non considerava il suo Dio come uno dei tanti che
decantano di possedere particolari virtù o capacità
soprannaturali; Lui sapeva, con piena certezza che il suo
Dio, conosceva il tutto della sua vita, dall’A alla Zeta, e se
Egli avesse voluto di fargli comprendere la fine della sua
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vita, l’avrebbe potuto fare, senza incorrere a nessun errore
di calcolo di qualsiasi genere.
Infine, la sua richiesta, non era certamente a scopo
speculativo, o come si sarebbe detto per appagare
solamente la sua curiosità, ma per tranquillizzarlo nei
momenti particolari della sua esistenza, quando certe
nuvole nere si addensavano sul suo orizzonte e non
lasciavano passare i raggi del sole della luce divina. Avrà
Dio risposto alla specifica richiesta che il suo servitore
Davide gli fece? Nulla si sa se la richiesta di Davide fu
esaudita, nel senso che Dio gli abbia fatto conoscere come
sarebbe finita la sua vita.
Delle richieste che fece Davide, non se ne sentono tanto in
giro. Per certuni, Dio sì benigna di fargli conoscere, prima
del tempo, la fine della loro vita, addirittura il giorno della
loro morte, (e non sapremmo spiegare il perché). Però,
questo, a nostro avviso, non può essere considerato un
punto fermo, cioè un principio valevole per tutti e che
ogn’uno dovrebbe domandare a Dio di conoscere la fine
della propria vita.
Il principio valevole per tutti, senza eccezione, è quello di
accettare, come conoscenza certa, che il Signore, l’Iddio
Onnipotente ed Onnisciente, potendo tutto e conoscendo
ogni cosa, ci assicura che Egli è presso tutti quelli che lo
invocano in verità (Salmo 145:18) e che Lui si impegna a
non lasciare e a non abbandonare mai nessuno, di chi pone
la sua fede in Lui.
Nessuno potrà resistere di fronte a te tutti i giorni della tua
vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te; io non ti
lascerò e non ti abbandonerò (Giosuè 1:5).
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La vostra condotta non sia dominata dall’amore del denaro;
siate contenti delle cose che avete; perché Dio stesso ha
detto: « Io non ti lascerò e non ti abbandonerò » (Ebrei
13:5).
E che avendo il Signore con noi (Matteo 28:20), dalla nostra
parte, possiamo tutto in Lui (Filippesi 4:13), possiamo e
dobbiamo credere a quello che Dio ci dice, a mezzo della
Sua Parola, a rimanere tranquilli e sereni, anche se non
conosciamo la fine della nostra vita, perché chi ha
cominciato l’opera buona in noi, la porterà a compimento
(Filippesi 1:6).
2) Fammi conoscere la misura dei miei giorni
Che significa conoscere la misura dei propri giorni? Per
quale motivo? A parte che i giorni non sono tutti uguali,
cioè non tutti si snodano davanti a noi nella stessa maniera.
Infatti, ci sono giorni sereni, limpidi, senza nuvole nere che
offuscano il nostro vedere, mentre ce ne sono anche di
quelli tempestosi, che ci fanno traballare in mezzo a certi
eventi della vita che, si possono definire “vere tempeste”.
Le parole contenute nel Salmo che stiamo esaminando, ci
forniscono l’idea come Davide considerava i giorni della sua
vita.
Ecco, tu hai ridotto la mia esistenza alla lunghezza di
qualche palmo, la mia durata è come nulla davanti a te;
certo, ogni uomo, benché saldo in piedi, non è che vanità.
Pausa
Certo, l’uomo va e viene come un’ombra; certo, s’affanna
per quel ch’è vanità; egli accumula ricchezze, senza sapere
chi le raccoglierà.
20
E ora, o Signore, che aspetto? La mia speranza è in te (vv.
5-7).
In mezzo all’umanità di tutti i tempi, ci sono stati, ci sono e
ci saranno persone che i loro giorni li considerano senza
una misura, lunghissimi, senza fine, quasi al limite
dell’eternità. Lo dimostrano i loro progetti e la
programmazione che fanno per la loro vita. Questo loro
comportamento ci fa comprendere che per loro, non esista
nessuna misura per i loro giorni.
Una delle parabole che Gesù portò ai suoi giorni lo rivela e
lo fa comprendere.
Or uno della folla gli disse: « Maestro, di’ a mio fratello che
divida con me l’eredità ».
Ma Gesù gli rispose: « Uomo, chi mi ha costituito su di voi
giudice o spartitore? »
Poi disse loro: « State attenti e guardatevi da ogni avarizia;
perché non è dall’abbondanza dei beni che uno possiede,
che egli ha la sua vita ».
E disse loro questa parabola: « La campagna di un uomo
ricco fruttò abbondantemente;
egli ragionava così, fra sé: "Che farò, poiché non ho dove
riporre i miei raccolti?" E disse:
"Questo farò: demolirò i miei granai, ne costruirò altri più
grandi, vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni,
e dirò all’anima mia: « Anima, tu hai molti beni ammassati
per molti anni; ripòsati, mangia, bevi, divèrtiti »".
Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti
sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?"
Così è di chi accumula tesori per sé e non è ricco davanti a
Dio » (Luca 12:13-21).
21
Perché l’uomo della nostra parabola programmò il futuro
della sua vita in quel modo? Perché non conosceva la
misura dei suoi giorni. Egli pensava e credeva che avrebbe
vissuto lungamente per molti anni, perciò poteva dire a se
stesso: « Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni;
ripòsati, mangia, bevi, divèrtiti »". Se egli, invece, avesse
saputo che in quella stessa giornata che aveva stilato il suo
programma, cioè in quella stessa notte, sarebbe arrivata la
fine della sua vita, certamente non si sarebbe comportato in
quel modo.
C’è un'enorme differenza da chi conosce la “misura dei suoi
giorni”, e chi li ignora, nel modo in cui gli uni e gli altri
agiscono. Per chi conosce la misura dei suoi giorni, sa che
duranti la sua vita sulla terra, si trova in pellegrinaggio, cioè
di passaggio, straniero e forestiero, residente senza
cittadinanza, come qualcuno ha sostenuto.
Il Faraone allora disse a Giacobbe: "Quanti sono gli anni
della tua vita?".
Giacobbe rispose al Faraone: "gli anni del mio pellegrinare
sono centotrent’anni; gli anni della mia vita sono stati pochi
e cattivi, e non hanno raggiunto il numero degli anni della
vita dei miei padri, nei giorni del loro pellegrinare" (Genesi
47:8-9) [Nuova Diodati].
Tutti costoro sono morti nella fede, senza ricevere le cose
promesse, ma le hanno vedute e salutate da lontano,
confessando di essere forestieri e pellegrini sulla terra
(Ebrei 11:13).
Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad
astenervi dalle carnali concupiscenze che danno l’assalto
contro l’anima (1 Pietro 2:11).
22
Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove
aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore
(Filippesi 3:20).
Forse Davide, nel chiedere al Signore di fargli conoscere la
misura dei suoi giorni, teneva presente la preghiera che
fece Mosè:
Insegnaci dunque a contar bene i nostri giorni, per
acquistare un cuore saggio (Salmo 90:12).
3) Che io sappia, o che io conosca la mia fragilità
Non tutte le persone si rendono conto della propria fragilità,
o meglio ancora, la conoscono.
Di solito la fragilità, che è essenzialmente mancanza di forze
fisiche, la mettono in evidenza e ne parlano senza
vergogna, le persone malaticce, cioè quelli che non stanno
bene di salute. Sono loro che non hanno difficoltà a
confessare che non hanno forze fisiche per reggersi
all’impiedì, o per svolgere una qualsiasi attività che richiede
una certa forza fisica. Mentre, per una persona che sta
bene di salute, parlargli di fragilità, potrebbe suonare come
un’offesa, come se si avesse a che fare con un menomato.
Quando Davide scrisse il Salmo 39, non era malato, era nel
vigore della sua salute fisica. Nonostante ciò, tenuto conto
che aveva chiesto al Signore di conoscere la misura dei suoi
giorni, ora si affretta a specificare che da una simile
conoscenza, deve anche sapere quanto sia la sua fragilità.
È probabile che la fragilità cui parla il salmista, si riferisca
alla durata della vita umana, visto che viene paragonata
23
come un’ombra che passa velocemente e la sua esistenza
alla lunghezza di qualche palmo. Questo però non toglie
che può anche trattarsi della debolezza umana.
Quest’ultimo punto, a dire il vero, sotto l’aspetto spirituale,
ha la sua importante per ogni figlio di Dio, cioè prendere
atto della propria fragilità, per meglio apprezzare quello che
Dio compie nella loro vita.
Conoscere la propria debolezza, in pratica significa non
possedere quelle capacità per andare avanti nelle vie del
Signore e rimanere fedeli a Lui; portare avanti o compiere
attività ministeriali. In altre parole significa non fare
affidamento nelle proprie risorse umane, considerarsi
incapace nell’opera del ministero. Credo che sotto
quest'aspetto, ci sia molto da imparare dall’apostolo Paolo,
un uomo che, come conoscitore della Parola di Dio (gli
scritti dell’Antico Testamento), era molto preparato e
approfondito, molto zelante per le cose di Dio e molto
impegnato nell’opera di Dio per ciò che concerneva l’attività
ministeriale.
Ebbene, un uomo della sua portata, con la sua preparazione
accademica molto elevata, scrupoloso e zelante nel
camminare con diligenza nelle vie del Signore, impegnato
con tutta la sua vita e il suo entusiasmo nell’ubbidire a Dio
in ciò che gli era stato affidato, quale apostolo dei gentili, e
come aveva faticato più degli altri apostoli;
1 Corinzi 15:10 Ma per la grazia di Dio io sono quello che
sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho
faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che
è con me.
24
Filippesi 2:16 tenendo alta la parola di vita, in modo che
nel giorno di Cristo io possa vantarmi di non aver corso
invano, né invano faticato;
non aveva nessuna vergogna a confessare, di non essere
sufficiente pure a pensare cosa alcuna
Una simile fiducia noi l’abbiamo per mezzo di Cristo presso
Dio.
Non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa
come se venisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio.
Egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di un nuovo
patto, non di lettera, ma di Spirito; perché la lettera uccide,
ma lo Spirito vivifica (2 Corinzi 3:4-6).
Io ringrazio colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù, nostro
Signore, per avermi stimato degno della sua fiducia,
ponendo al suo servizio me,
che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un
violento; ma misericordia mi è stata usata, perché agivo per
ignoranza nella mia incredulità;
e la grazia del Signore nostro è sovrabbondata con la fede e
con l’amore che è in Cristo Gesù (1 Timoteo 1:12-14).
Se l’apostolo si considerava in questa maniera e riconosceva
che il successo che aveva nell’opera del ministero, non era
il risultato della sua capacità, del suo saper fare, ma
dall’aiuto e dalla forza che riceveva da Dio, era anche
dovuto al fatto di conoscere e considerare la sua debolezza,
non come un anticap, ma motivo di vantarsi perché sapeva
che quando era debole, allora era forte, poiché la forza di
Dio si manifestava nella sua debolezza.
25
Chi è debole senza che io mi senta debole con lui? Chi è
scandalizzato senza che io frema per lui?
Se bisogna vantarsi, mi vanterò della mia debolezza.
Il Dio e Padre del nostro Signore Gesù, che è benedetto in
eterno, sa che io non mento (2 Corinzi 11:29-31).
Di quel tale mi vanterò; ma di me stesso non mi vanterò se
non delle mie debolezze.
ed egli mi ha detto: « La mia grazia ti basta, perché la mia
potenza si dimostra perfetta nella debolezza ». Perciò molto
volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché
la potenza di Cristo riposi su di me.
Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in
necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo;
perché, quando sono debole, allora sono forte (2 Corinzi
12:5,9-10).
Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica (Filippesi 4:13)
[N. Diodati].
Che Dio ci dia grazia, di imparare da Davide e da Paolo,
come considerarci e riconoscerci in noi stessi, perché in
conclusione il comportamento di ogn’uno di noi, in tutti i
settori della vita, sarà senza dubbio, sulla base di ciò che
conosciamo e ci consideriamo.
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