TEORIA DEL DIRITTO E DELLO STATO RIVISTA EUROPEA DI CULTURA E SCIENZA GIURIDICA QUADERNI 9 A12 TEORIA DEL DIRITTO E DELLO STATO RIVISTA EUROPEA DI CULTURA E SCIENZA GIURIDICA QUADERNI 9 Martín Loo Gutíerrez I principi di sussidiarietà e solidarietà nel partenariato pubblico–privato contrattuale c MMXIV Copyright ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133/A–B 00173 Roma (06) 93781065 isbn 978–88–548–7053–6 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: aprile 2014 Ad Adele e Teodora Indice-Sommario Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Capitolo 1 Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà 1.1. Premesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2. L’Unione europea e le attività di interesse generale: la crisi del « service public » . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3. Brevi cenni sul concetto di costituzione economica . . . . . . . . . . 1.4. La costituzione economica e le sue trasformazioni . . . . . . . . . . . 1.5. La riscoperta del principio di sussidiarietà . . . . . . . . . . . . . . . 1.6. Dalle origini del principio alla sua formulazione . . . . . . . . . . . 1.7. I due volti del principio di sussidiarietà . . . . . . . . . . . . . . . . 1.8. La norma costituzionale: una lettura forte o debole? . . . . . . . . . 1.9. Il dissolversi della « grande dicotomia » . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 . . . . . . . . 16 31 35 46 47 65 70 74 Capitolo 2 Alla ricerca di una definizione dei PPP 2.1. Premesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2. Antecedenti del Libro verde del 2004 sui PPP . . . . . . . . . . . . . . 2.3. Il Libro Verde sui PPP, la comunicazione COM (2009) 615 def. ed il Libro Verde sull’ammodernamento delle direttive appalti . . . . . . . 2.4. Le origini dei PPP: cenni sulla « Private Finance Initiative » . . . . . . 2.5. I PPP quale categoria « aperta » di rapporti tra settore pubblico e privato. Gli « indici di riconoscibilità » della fattispecie . . . . . . . . . 2.6. La durata del rapporto: il difficile equilibrio tra redditività privata e rispetto del principio di proporzionalità . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7. Finanziamenti: value for money, affordability, public sector comparator e criteri Eurostat di contabilità pubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.8. La questione dei rischi: definizioni e tipologie. Sufficienza ed adeguatezza del riparto quali principi cardine della gestione dei rischi . . . . 2.9. I ruoli delle parti del contratto: una nuova distribuzione dei compiti tra i partner. Riflessi sulle procedure per la selezione del partner privato 2.10. Un tentativo di definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 80 88 102 109 111 116 128 147 157 I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ] Capitolo 3 Due discipline positive sui PPP: l’Italia e la Spagna 3.1. Premesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2. Il principio di solidarietà e la sua possibile compatibilità con le forme di PPP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3. Le discipline introdotte in Spagna ed Italia . . . . . . . . . . . . . . . 3.4. La disciplina italiana: il comma 15–ter dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture . . . . . . . . . . . . 3.5. La disciplina spagnola nel « real decreto legislativo 3/2011, de 14 de noviembre por el que se aprueba el texto refundido de la Ley de Contratos del Sector Público » . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.6. Definizione di una fattispecie complessa e sussidiaria: la « actuación global e integrada » quale oggetto del contratto di CPP . . . . . . . . . 3.7. La complessità del contratto: attuazioni preparatorie e « diálogo competitivo » . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.8. Disciplina del contratto, i contenuti obbligatori e la sua durata . . . . 3.9. Le discipline italiana e spagnola a confronto: quali spazi per la solidarietà? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165 166 176 184 199 202 207 210 217 Riflessioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 Postfazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239 Indice Bibliografico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243 8 Introduzione Il presente volume ha come oggetto di trattazione lo studio dei modi in cui i principi costituzionali di sussidiarietà e di solidarietà influiscono sulla fattispecie — di non lontano recepimento nell’ordinamento italiano — denominata partenariato pubblico–privato (PPP), in particolare, nella sua forma « contrattuale ». Alla base della ricerca vi è la circostanza che il principio di sussidiarietà, che ha destato grande interesse nella dottrina giuspubblicistica sin da quando ha iniziato a prospettarsi il suo recepimento nella Carta fondamentale, ha degli evidenti collegamenti con l’attività che svolge la pubblica amministrazione quando entra in rapporti con il settore privato attraverso lo strumento contrattuale. In particolare, si cercherà di constatare se i connotati che caratterizzano il contratto di PPP siano, o meno, compatibili con il contenuto prescrittivo del principio di sussidiarietà. Al tempo stesso, si intende analizzare le eventuali ricadute sull’impostazione che può avere il principio di solidarietà sull’impostazione dei rapporti conclusi ricorrendo alla tecnica contrattuale oggetto del nostro interesse, e come il recepimento del principio al più alto livello normativo possa servire a modellare i rapporti contrattuali tra settore pubblico e privato. Per giungere a queste finalità, si intende analizzare i cambiamenti che ha subito il ruolo dello Stato nella « vita economica » (espressione non casuale, come si farà opportunamente evidente) del Paese. Si analizzerà brevemente come l’irrompere del diritto comunitario abbia incrinato la solidità delle costruzioni dogmatiche fondate sui concetti di pubblico e di privato, la « grande dicotomia » alla base dello sviluppo dei nostri regimi giuridici a diritto amministrativo. Si cercherà, inoltre, di delimitare il concetto di costituzione economica, al fine di indagare se, e come, è mutata sia a causa delle modifiche introdotte alla Carta costituzionale, sia a seguito dei cambiamenti normativi che traggono origine dal diritto dell’Unione europea. Tra le modifiche della Costituzione repubblicana uno risulta essere di particolare rilievo ai fini della presente ricerca: la previsione, nell’ultimo comma dell’art. 118, di un espresso riferimento al principio di sussidiarietà. Lo studio della norma dovrà comprendere anche l’analisi del modo in cui è stato concepito tale principio nei suoi diversi stadi evolutivi, nonché l’esame del modo in cui le ricordate modifiche costituzionali sono state interpretate dalla dottrina nazionale. 9 I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ] Si intende concludere il capitolo primo analizzando il « dissolversi » di quella « grande dicotomia » tra pubblico e privato, già nota. Il secondo capitolo sarà rivolto ad analizzare la fattispecie che dà motivo a questa ricerca: il PPP di tipo contrattuale. A tal fine, ci si propone di passare in rassegna gli atti comunitari che hanno spinto gli Stati membri a cercare di coinvolgere il settore privato nell’erogazione di servizi di interesse generale. Si cercherà anche di analizzare l’esperienza maturata dal Regno Unito riguardo talune nuove modalità di public procurement. Arrivati a quel punto, si dovrà volgere lo sguardo sui connotati che, secondo la Commissione europea, caratterizzerebbero le operazioni di PPP. Tale analisi dovrà prendere in considerazione anche le riflessioni svolte da altre organizzazioni internazionali, come pure dalla dottrina estera più rilevante. Lo scopo precipuo del secondo capitolo sarà, quindi, cercare una definizione dei PPP di tipo contrattuale. Infatti, il primo problema che patisce la fattispecie che ci occuperà nelle successive pagine è la carenza di un profilo definito e di un apparato concettuale chiaro, che permetta di differenziarla dalle altre fattispecie contrattuali, che l’ordinamento ha messo a disposizione delle pubbliche amministrazioni per adempiere ai propri compiti istituzionali. La mancanza di una tale definizione impedisce di dotare l’istituto di quel complesso di principi necessari alla sua corretta interpretazione ed utilizzo. Nel concludere la presente indagine, nel terzo capitolo, prendendo come base gli esiti della ricerca sui connotati dei PPP, si tenterà di riscontrare se tale istituto sia, o meno, una fattispecie compatibile a ricevere anche un’interpretazione in senso solidaristico, come è stato auspicato da autorevole dottrina. Nella parte finale del capitolo III saranno analizzate e messe a confronto le legislazioni italiana e spagnola riguardanti la nostra indagine. Innanzitutto si cercherà di verificare se esista o meno corrispondenza tra le norme positive e i principi che servono da cornice alla presente ricerca. Contestualmente sarà analizzato se le norme oggetto della nostra attenzione abbiano recepito gli indirizzi europei rivolti allo stimolo dei pubblici poteri a ricorrere alle capacità maturate dal settore privato, in omaggio al principio di sussidiarietà e se tali norme ammettano una lettura in senso solidaristico di taluni connotati della fattispecie. Il presente volume si conclude con una postfazione in cui vengono richiamate le più rilevanti e recenti modifiche subite dalle legislazioni spagnole ed italiane in sede di PPP. Alcune di tali modifiche sembrano aver colto il segno degli indirizzi comunitari in materia di partecipazione privata all’erogazione di servizi pubblici. 10 Capitolo 1 Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà Sommario: 1.1. Premesse, 11 – 1.2. L’Unione europea e le attività di interesse generale: la crisi del « service public », 16 – 1.3. Brevi cenni sul concetto di costituzione economica, 31 – 1.4. La costituzione economica e le sue trasformazioni, 35 – 1.5. La riscoperta del principio di sussidiarietà, 46 – 1.6. Dalle origini del principio alla sua formulazione, 47 – 1.7. I due volti del principio di sussidiarietà, 65 – 1.8. La norma costituzionale: una lettura forte o debole?, 70 – 1.9. Il dissolversi della « grande dicotomia », 74. 1.1. Premesse La presente indagine prende spunto dal crescente interesse che l’Unione europea ha rivolto ad alcune nuove modalità di impostazione dei rapporti giuridici tra settore pubblico e privato. In tali modalità è possibile constatare l’erosione di alcune delle « rassicuranti » categorie che la dogmatica giuspubblicistica dell’800 ci ha consegnato, prodotta dal processo di integrazione economica, giuridica e politica vissuto dal Vecchio continente dal Secondo Dopoguerra ad oggi. Tra le categorie che cominciano a frantumarsi, piegandosi dinanzi alla forza unificatrice del diritto comunitario, vi è la netta scissione tra settore pubblico e privato. Ciò ha dato origine alla riflessione sulla ‘nuova’ categoria contrattuale del partenariato pubblico privato (PPP). In questa modalità di rapporti tra i due estremi di quella dicotomia tra pubblico e privato è stato individuato un modo per stimolare il coinvolgimento delle capacità dei componenti del complesso sociale ed economico nei compiti volti al soddisfacimento delle necessità collettive. Il punto di avvio di questa indagine lo si trova nel constatare che il modello sorto in Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale e, più precisamente, con la nascita delle Costituzioni democratiche — momento in cui gli Stati assunsero esplicitamente taluni impegni riguardanti il benessere dei cittadini e lo svolgimento diretto, da parte dei pubblici apparati, di attività di creazione delle condizioni necessarie a rendere la vita in società più egualitaria — è entrato 11 I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ] o, almeno, sta per entrare in crisi a livello continentale. Tale crisi del sistema dello « Stato di provvidenza » o « welfare State » è stata efficacemente descritta come una crisi con due volti, e cioè una frattura sia del « welfare » che dello « Stato » (1 ). In questo modo, si afferma, da un lato che vi è una crisi del « welfare », nel senso che le economie degli Stati, nonché i loro sistemi di prelievo fiscale, non sono più in grado di tenere il passo della crescita dei bisogni sociali. Dall’altro lato, vi è anche una crisi dello « Stato », nel senso che è venuta a mancare la « fede » della società nelle capacità dei pubblici apparati di svolgere quei compiti di cui lo Stato ha iniziato a farsi carico nel periodo a cavallo tra le due grandi guerre del XX secolo. Il risultato è la perdita di fiducia da parte del complesso sociale, sia nelle proprie capacità di finanziare il costoso apparato pubblico, sia nelle capacità del suo amministratore, lo Stato, di erogare efficacemente le prestazioni richieste (2 ). Si è verificato, di conseguenza, un cambiamento dell’intero assetto del diritto amministrativo, giacché le « difficoltà delle finanze pubbliche e di gestione, dovute allo sbilancio tra spese ed entrate e alle dimensioni eccessive di taluni servizi, costringono i poteri pubblici a trasferire a privati [. . . ] imprese ed enti di erogazione. [Tali] difficoltà derivanti dal cosiddetto sovraccarico di governo consigliano di rinunciare all’amministrazione diretta » (3 ), venendo meno, pertanto, l’interesse della società a sostenere il « monopolio » dello Stato nella cura dell’interesse collettivo. Si è manifestata, quindi, la necessità di ripensare il modello di erogazione delle prestazioni necessarie al benessere della comunità, non dimenticando il ruolo che, a tale fine, possono compiere le articolazioni interne al complesso sociale né, tantomeno, sacrificando i profili solidaristici che hanno ispirato l’assunzione da parte del pubblico potere di taluni compiti di rilevanza generale. Davanti alla crisi di natura finanziaria, ai vincoli di finanza pubblica, agli obblighi di attuazione delle politiche in favore della concorrenza che gli vengono imposti dal potere sovranazionale euro(1 ) La dottrina individua nello Stato di provvidenza il punto di approdo dell’evoluzione dell’intervento dello Stato nell’economia. S. Cassese, La « vecchia » costituzione economica: i rapporti tra Stato ed economia dall’Unità ad oggi, in La nuova costituzione economica, a cura di S. Cassese, 4a , Roma–Bari, 2007, pag 7 ss. (2 ) Queste suggestive immagini si trovano nell’introduzione del volume di C.F. Ullman, The welfare state’s other crisis: explaining the new partnership between nonprofit organizations and the state in France, Bloomington (Indiana), 1998, pagg 1–8. (3 ) S. Cassese, Le basi del diritto amministrativo, 6a , Milano, 2000, pag 10. 12 Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà peo, lo Stato non può più essere concepito quale finanziatore, gestore ed esercente di ogni attività di interesse generale o di pubblica necessità (4 ), di cui si è fatto carico dal momento in cui ha smesso i panni del « vuoto e formale Stato liberale » (5 ) dagli inizi del XX secolo. Da allora, infatti, lo Stato « non–liberale » (6 ) ha deciso di svolgere compiti tanto vari quanto diversi: dalla pubblica istruzione al sistema pensionistico, dalla realizzazione delle infrastrutture di trasporto all’amministrazione del sistema carcerario, passando dalle iniziative culturali e gli impianti sportivi, nonché dalla gestione del servizio di raccolta dei rifiuti urbani all’erogazione dei servizi di acqua potabile e fognature dei centri abitati e via discorrendo, per un’innumerevole quantità e tipologie di compiti divenuti pubblici con il trascorrere degli anni e il susseguirsi delle mutazioni delle concezioni circa il ruolo che toccava allo Stato nel complesso sociale. L’altro possibile attore — il privato —, nel frattempo, ha maturato capacità di ideazione e gestione di interventi anche molto complessi, nei quali si vedono coinvolti diversi e, talvolta, contrapposti interessi. Il settore privato si è arricchito perché sollecitato da (4 ) Infatti, secondo L. Franzese, Ordine economico e ordinamento giuridico: la sussidiarietà delle istituzioni, 2a , Padova, 2006, pag 61, nel quadro amministrativo attuale, « la compagine statale si configura quale ‘gestore diretto, dispensatore di beni, ingegnere sociale’ ». (5 ) B. Sordi, La resistibile ascesa del diritto pubblico dell’economia, in « Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno », vol. 28, 1999, pag 1049. (6 ) Non sfugge che la più avveduta dottrina ha, da tempo, dato un nome al fenomeno dello Stato post–liberale. Ci si riferisce alla nota denominazione gianniniana dello « Stato pluriclasse ». Al riguardo, si veda M.S. Giannini, I pubblici poteri negli Stati pluriclasse, in « Rivista trimestrale di diritto pubblico », 1979, ora in S. Cassese (a cura di), Massimo Severo Giannini, Roma–Bari, 2010, pag 104 e ss. Si riporta, di seguito, un passo fondamentale per illustrare l’acuta intuizione che, sullo Stato a regime amministrativo post–liberale, ebbe l’Autore. Secondo Giannini, gli Stati contemporanei devono essere definiti « come Stati a direzioni pluriclasse, più brevemente, Stati pluriclasse, per dire che in essi tutte le classi sociali concorrono al Governo politico, e cercano di introdurre istituzioni a tutela dei propri interessi. La conseguenza del cambiamento è l’aumento del numero degli interessi che da privati o collettivi divengono pubblici, perché affidati a pubblici poteri; i dati sono di facile rilevazione: basterebbe confrontare quanti e quali interessi sono gestiti oggi da pubblici poteri, p. es. nelle materie dell’agricoltura, dei trasporti, della pubblica istruzione, rispetto a quanto avveniva al tempo di Giolitti (per stare ad un grande amministratore temporalmente vicino). [. . . ] Negli Stati nei quali l’avvento al Governo politico di tutte le classi ha conseguito risultati maggiori, le amministrazioni nuove sono, in sostanza, le amministrazioni di protezione sociale e le amministrazioni di direzione dell’economia. » Sul concetto di classe nel pensiero gianniniano, si veda G. Guarino, “Classi” e “gruppi” nel pensiero di M.S. Giannini e nella realtà contemporanea, in Studi in onore di Massimo Severo Giannini, vol I, Milano, 1988. 13 I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ] un sistema economico divenuto, grazie alle politiche comunitarie, più aperto e concorrenziale, a mano a mano che l’Unione europea premeva per attuare il progetto di creazione di un grande mercato continentale sorretto dai principi fondanti dei Trattati europei. La creazione di questo mercato è stata fatta spingendo gli Stati membri a sottoporre alle dinamiche concorrenziali diversi settori dell’economia che, prima, erano ritenuti al di là di tali regole. Si è, quindi, acquisita la consapevolezza sul fatto che i soggetti privati sono in grado di mettere in piedi delle complesse organizzazioni volte al reperimento dei finanziamenti, alla progettazione, all’esecuzione e alla gestione di progetti ed opere infrastrutturali complesse e rilevanti. I privati sono, oggi, una valida alternativa per lo svolgimento delle attività tecniche, organizzative e finanziarie necessarie all’esecuzione delle opere ed impianti richiesti per l’erogazione di servizi pubblici. Sintetizzare ed armonizzare queste due realtà, apparentemente contrastanti, è lo scopo della « nuova » tecnica contrattuale alla quale è stata data il nome di partenariato pubblico–privato. Ma, pur nella complessità della tecnica contrattuale dei PPP, lo studio della fattispecie — dalla prospettiva propria del diritto amministrativo — aiuta a far emergere considerazioni di portata più generale su taluni profili dogmatici di non poca rilevanza. Ci si riferisce all’affievolimento della distinzione dei ruoli, delle modalità di attuazione e dei rispettivi campi di azione del pubblico e del privato. La contrapposizione speculare tra pubblico e privato costituisce il paradigma sul quale sono stati edificati i modelli giuridici a noi culturalmente più vicini (7 ). Tali modelli sono fondati sul discrimine dei ruoli del settore pubblico e del settore privato, su quella « grande dicotomia » (8 ) tra il mondo del potere pubblico, che agisce (7 ) Sulla formazione delle nozioni di pubblico e privato, su come il loro insegnamento nelle Università abbia influenzato la formazione dello Ius Publicum e su come esso sia stato vissuto nella pratica giuridica della prima Età moderna, almeno per quanto riguarda la Germania, ma con considerazioni di rilevanza e portata generale: M. Stolleis, Storia del diritto pubblico in Germania. Pubblicistica dell’Impero e scienza di Polizia 1600–1800, vol I, Milano, 2008, cap II. (8 ) Vedi, N. Bobbio, La grande dicotomia: pubblico/privato, in Id., Stato, governo, società, 2a (1a , 1985), Torino, 1995, pagg 3–22, di cui ricordiamo il primo passo: « Attraverso due commentatissimi passi del Corpus iuris [omissis], che definiscono con identiche parole rispettivamente il diritto pubblico e il diritto privato [omissis], la coppia di termini pubblico/privato ha fatto il suo ingresso nella storia del pensiero politico e sociale dell’Occidente, quindi attraverso un uso costante e continuo, senza sostanziali mutamenti, ha finito per diventare una di quelle « grandi dicotomie » di cui 14 Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà prevalentemente tramite lo strumento autoritativo (9 ) e quello dei privati, impegnato a raggiungere accordi e concludere contratti (10 ). Quest’ultimo è caratterizzato dal paradigma relazionale dell’intesa tra soggetti che godono dell’eguaglianza giuridica. Ciò consente loro di contrattare e concludere degli accordi che hanno per scopo il raggiungimento di fini condivisi, pur essendo portatori di interessi distinti e, talvolta, decisamente contrapposti (11 ). Il dissolversi di questa « dicotomia » tra pubblico e privato, in altre parole, lo sciogliersi di tali categorie, è stato visto come uno dei più ragguardevoli possibili esiti della filosofia di gestione della cosa una o più discipline, in questo caso non soltanto discipline giuridiche ma anche quelle sociali e in genere storiche, si servono per delimitare, rappresentare, ordinare il proprio campo d’indagine. » Per gli ultimi sviluppi a livello europeo vedi, M. Heidemann, Private law in Europe — The public/private dichotomy reviseted, in « European Bussines Law Review », vol. 20, 2009. Per ragguagli sul mondo anglosassone, vedi: M.J. Horwitz, The history of public/private distinction, in « University of Pennsylvania Law Review », vol. 130, 1981; R.H. Mnookin, The public/private dichotomy: political disagreement and academic repudiation, in « University of Pennsylvania Law Review », vol. 130, 1981. Per l’Europa, in generale, ma con particolare riguardo alla legislazione italiana, per comprendere l’affievolimento di questa dicotomia che accompagna l’evoluzione del diritto pubblico, risulta imprescindibile il lavoro di G. Napolitano, Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Milano, 2003. (9 ) Nell’evoluzione del diritto amministrativo, vi è stato il momento in cui apparve chiaro che il modulo relazionale che sarebbe stato utilizzato, in modo preponderante, dalla pubblica amministrazione nei suoi rapporti con i « sudditi » è quello unilaterale, autoritativo. Così lo mettono in rilievo B. Sordi e L. Mannori, Storia del diritto amministrativo, 4a , Roma–Bari, 2006, pag 370. Aggiungono al riguardo che, nel secondo ottocento, « l’amministrazione è assegnata definitivamente al mondo dell’eteronomia; condivide ormai con la giustizia la piena sottoponibilità al diritto, ma è come questa essenzialmente autorità; rifugge dalla contrattualità per imbalsamarsi in manifestazioni tipiche di una volontà unilaterale e autoritaria. » (10 ) Vedi, B. Sordi, Tra Weimar e Vienna. Amministrazione pubblica e teoria giuridica nel primo dopoguerra, Milano, 1987, pag 126: « Il sistema si veniva così strutturando secondo partizioni nette, secondo dicotomie rigide: da una parte il regno “pubblico” della “Hoheitlichkeit”, dell’autorità e dell’interesse generale, dall’altra il mondo dell’autonomia privata, del consenso, degli interessi particolari; due dimensioni incomunicabili, formalizzate in due distinte e diversissime forme giuridiche, l’atto amministrativo, in torno al quale si sarebbero presto coagulati sia un particolare tipo di relazione con la legge — la discrezionalità — sia quel requisito della nominatività cui affidare, temperando il carattere unilaterale e imperativo della manifestazione di volontà amministrativa, le necessarie garanzie nei confronti del potere pubblico ed il contratto, espressione principe, con la sua intrinseca bilateralità, parietarietà e atipicità, dell’autonomia negoziale privata. » (11 ) F. Ledda, Dell’autorità e del consenso nel diritto dell’amministrazione pubblica, in « Foro Amministrativo », 1997, pag 1273: il contratto è « quella figura generale del pensiero giuridico nella quale si ha esaltazione del consenso inteso come conformità d’intenti e di voleri come “sentire insieme”, secondo l’accezione più immediatamente suggerita da un segno linguistico di chiarissima derivazione ». 15 I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ] pubblica, che sottostà alla tecnica relazionale oggetto del presente lavoro (12 ). Nella riflessione sui modelli adottati dai PPP vi è, insomma, l’intenzione di portare ad unità gli scopi del pubblico potere e le tecniche dei rapporti giuridici del suo opposto speculare, ossia del non–potere dei privati. Nei PPP appare chiaro l’intento di rinunciare all’imposizione unilaterale delle proprie determinazioni, tecnica paradigmatica e distintiva dell’amministrazione dello Stato, al fine di trarre vantaggio per il pubblico interesse dall’expertise maturata dal settore privato. Come si è detto, con questa fattispecie contrattuale si cerca di sfruttare le capacità di gestione, progettuali e finanziarie accresciute dal settore privato, senza che venga meno il controllo che lo Stato (o, più in generale, la puissance publique) deve esercitare sulle attività in cui sia coinvolto il pubblico interesse. Vi è anche la manifestazione della certezza sul fatto che la pubblica amministrazione non sia la sola portatrice ed interprete di questo pubblico interesse e, che nella sua individuazione, vi sia posto per l’iniziativa privata. Nel prosieguo si ricostruiranno le ragioni per cui l’Unione europea si è impegnata a promuovere l’utilizzo dei PPP. A tale scopo si dovrà far cenno alla « riscoperta » del principio di sussidiarietà e al ruolo che tocca a questo principio nelle scelte di carattere politico e giuridico che riguardano diversi profili di tale tecnica contrattuale. 1.2. L’Unione europea e le attività di interesse generale: la crisi del « service public » È noto come il diritto comunitario abbia fatto leva per introdurre importanti cambiamenti nelle discipline nazionali sugli interventi pubblici nell’economia. Si è giunti persino alla formazione di una c.d. « costituzione economica europea ». In questo paragrafo si intende constatare se, e in quale misura, i principi che hanno ispirato la creazione e formazione del grande mercato europeo siano penetrati negli ordinamenti degli Stati membri, specie l’Italia. (12 ) M.P. Chiti, I partenariati pubblico–privati e la fine del dualismo tra diritto pubblico e diritto comune, in Il partenariato pubblico–privato. Concessioni, Finanza di progetto, Società miste, Fondazioni, a cura di M.P. Chiti, Napoli, 2009, pag 2: « Lo sviluppo dei partenariati è uno dei più chiari esiti della progressiva vanificazione della netta dicotomia tra diritto pubblico e diritto comune, sia nel PPP contrattuale che in quello “istituzionalizzato”. » 16 Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà La riflessione dell’Unione europea sul « fenomeno » del partenariato pubblico privato si inquadra, da un lato, nella chiara volontà comunitaria di mettere sotto controllo l’incisività dell’intervento dei pubblici poteri nelle economie degli Stati membri, al fine di realizzare un mercato unico basato sul principio della libera concorrenza (13 ); dall’altro, nel processo di liberalizzazione dei servizi di interesse generale avviato, in ambito comunitario, a partire dagli anni 90 del secolo scorso (14 ). Grazie alle spinte dell’Unione europea, il settore privato ha cominciato ad essere visto come un possibile attore per il conseguimento degli obiettivi sociali dello Stato e, perciò, quale valida risorsa che consentirebbe una più incisiva democratizzazione della funzione amministrativa (15 ). Per tali ragioni, la partecipazione del settore privato allo svolgimento di attività in cui è coinvolto l’interesse generale è, ad avviso della Commissione europea, una delle modalità utili a stimolare l’apertura alle dinamiche concorrenziali di importanti settori di attività economica, prima riservati all’iniziativa dello Stato (anche in regime di « esclusiva ») o, comunque, assoggettate al regime derogatorio dei principi della libera concorrenza previsto dal comma 2 dell’art. 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (d’ora in poi TFUE). Come è stato rilevato in dottrina, « sia le istituzioni comunitarie che la Corte di Giustizia hanno progressivamente tentato di introdurre i principi di libera concorrenza e competitività nell’ambito di settori da sempre prerogativa della pubblica amministrazione, estranei alle regole del mercato » (16 ). (13 ) Non è questo il luogo per ribadire come la libera concorrenza sia divenuta uno dei principi fondanti della comunità economica europea. Sul punto basti rinviare a I. Borello, E. Cassese, e E. Chiti, Il mercato unico e le politiche comunitarie, in La nuova costituzione economica, a cura di S. Cassese, 4a , Roma–Bari, 2007, pag 37: « La prima preoccupazione della Comunità europea è stata quella di aprire i mercati nazionali, istituendo in tal modo, un “mercato comune” (poi chiamato “mercato unico” o “mercato interno”). » Vedi pure E. Picozza, Il diritto pubblico dell’economia nell’integrazione europea, Roma, 1996, pag 123: « la politica comunitaria della concorrenza costituisce uno dei pilastri dell’instaurazione del mercato comune, idoneo ad accrescere l’efficacia del sistema economico europeo. » (14 ) A. Di Giovanni, Il partenariato pubblico privato nelle attività economiche fra collaborazione e sussidiarietà, Tesi di dottorato — Università di Roma Tor Vergata, 2006, pag 56. Vedi anzitutto: Commissione delle comunità europee, Comunicazione I servizi di interesse generale in Europa documento (GUCE 96/C 281/03) e più recentemente, Commissione delle comunità europee, Comunicazione I servizi di interesse generale in Europa, COM (2000) 580 def. (15 ) D. D’Alessandro, Sussidiarietà, solidarietà e azione amministrativa, Milano, 2004, pag VII. (16 ) A. Di Giovanni, Il partenariato pubblico privato nelle attività economiche 17 I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ] Infatti, è stata la Corte di giustizia l’attrice fondamentale nel disegnare l’odierno indirizzo della politica comunitaria in materia. Tale politica indica che è doverosa l’applicazione restrittiva dell’eccezione prevista dall’art. 106.2 TFUE (17 ), in modo tale da accorpare la maggior parte delle attività di rilevanza economica (anche se di interesse generale, ma pur sempre di natura economica) sotto l’ombrello delle regole di mercato e della libera concorrenza (18 ). Come si può intuire da quanto fin qui detto, le riflessioni in materia di PPP sono una delle tappe fondamentali dell’impegno assunto dalla Commissione europea nella realizzazione del mercato unico. Questo sforzo si è attuato cercando di rimuovere gli ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, in particolar modo nel mercato dei contratti pubblici, giacché tale mercato e quello « contiguo » dei servizi di interesse generale si caratterizzano per essere tra i più regolamentati (19 ) e lontani dalle regole del gioco della concorrenza. Ciò è dovuto al fatto che « le imprese pubbliche hanno vissuto a lungo indisturbate in una sorta di cono d’ombra della politica europea della concorrenza. Solo nell’ultimo ventennio la Commissione ha riscoperto e applicato con rigore le disposizioni in tema di aiuti di stato e le regole in tema di concorrenza al settore dei servizi pubblici » (20 ). In dottrina si mette in risalto la rilevanza che la Commissione europea ha assegnato al concetto di servizi di interesse generale, quale categoria tendenzialmente « omogeneizzabile » in tutti gli Stati membri e, perciò, strumentale all’uniforme applicazione delle regole del mercato (21 ). Si deve ricordare, però, che, quando la Commissione fra collaborazione e sussidiarietà, cit., pag 58. (17 ) Sancita dall’inciso che recita: « nei limiti in cui l’applicazione di tali norme (di promozione della concorrenza) non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata » (18 ) G. Tesauro, Diritto comunitario, 5a , Padova, 2008, pag 634 ss. L’Autore sottolinea l’importanza del ruolo svolto dalla Corte di giustizia nel restringere il campo applicativo dell’eccezione alla regola della concorrenza prevista dall’art. 106.2 TFUE. (19 ) A. Massera, Il partenariato pubblico–privato e il diritto europeo degli appalti, in Il partenariato pubblico privato. Profili di diritto amministrativo e di scienza dell’amministrazione, a cura di M.P. Chiti, Bologna, 2005, pag 27. Tale (eccessiva) regolamentazione, talvolta, ha come effetto la restrizione della concorrenza in favore degli operatori economici locali a dispetto degli altri operatori europei. Vedi pure, C. Bovis, EU public procurement law, Cheltenham (UK) — Northampton (USA), 2007, pagg 4–5. (20 ) M. Clarich, Servizi pubblici e diritto europeo della concorrenza: l’esperienza italiana e tedesca a confronto, in « Rivista trimestrale di diritto pubblico », 2003, pag 96. (21 ) G.F. Cartei, I servizi di interesse generale fra riflusso dogmatico e regole 18 Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà europea fa riferimento ai servizi di interesse generale, non richiama lo sfuggente concetto di pubblico servizio al quale, nei diritti interni di alcuni Stati membri, vengono addossate conseguenze strettamente legate all’esercizio della sovranità e del pubblico potere. Il neutro e decisamente più « leggero » concetto di servizi di interesse generale, spogliato di tutte le implicazioni e reminiscenze pubblicistiche che ci fa ricordare il service public d’oltralpe, risulta più adatto e maneggevole (anche meno ‘scomodo’) per l’attuazione di una politica economica comune, anch’essa più aperta, più neutra e meno vincolata a concetti fortemente radicati nelle culture giuridico–politiche degli Stati membri. Basti pensare che invece di pubblico ora si parla di generale (22 ). Le regole della concorrenza e del libero mercato assumono, in questo modo, il ruolo di valori volti al raggiungimento di altri scopi, i quali deriverebbero, quale corollario, dalla loro attuazione (23 ), anche nell’ambito dei servizi pubblici, appartenuto ad un settore dell’economia a lungo tenuto « escluso » dalle politiche di promozione della libera concorrenza, che via via si andavano affermando sulla base delle disposizioni delle fonti primarie del diritto europeo. Uno dei più rilevanti esponenti del neoliberismo economico del XX secolo ha spiegato, con indubbia efficacia, le proprie ragioni per « temere » i monopoli nei servizi pubblici da parte dello Stato. Tale posizione, vista dalla prospettiva del diritto comunitario, serve a mettere in risalto le motivazioni che hanno spinto la Comunità europea a sottoporre, anche i servizi pubblici, alla dinamica della concorrenza. L’autore si dice sfavorevole ai monopoli pubblici perché possono dare adito a che lo Stato si comporti come un qualsiasi altro monopolista, cioè abusando della propria posizione. Nel caso dello di mercato, in Il partenariato pubblico privato. Profili di diritto amministrativo e di scienza dell’amministrazione, a cura di M.P. Chiti, Bologna, 2005, pag 106. (22 ) L’importanza dei rilievi semantici per la creazione dell’Europa non deve essere sottovalutata e, perciò, essi sono tenuti in conto nell’attuazione delle politiche comunitarie. Non è un caso, pertanto, se, negli strumenti di diritto comunitario, primario e derivato, si faccia addirittura fatica a trovare il termine « pubblico servizio », che è stato relegato a far parte di « glossari » che servono da « guida » per comprendere il nuovo approccio che sulla materia intende introdurre il diritto sovranazionale. Perciò il diritto comunitario non si riferisce più al servizio pubblico, al service public, al servicio público o al Daseinsvorsoge: ora viene soltanto adoperata l’espressione economica « servizi di interesse generale ». Su questa materia, vedi l’illuminante contributo di B. Sordi, Servizi pubblici e concorrenza: su alcune fibrillazioni tra diritto comunitario e tradizione continentale, in « Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno », vol. 31, 2002, pagg 577–603. (23 ) G.F. Cartei, I servizi di interesse generale fra riflusso dogmatico e regole di mercato, cit., pag 128. 19 I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ] Stato, tuttavia, « l’abuso più dannoso [. . . ] non è quello che il pubblico teme maggiormente, e cioè l’imposizione di prezzi esorbitanti, ma invece la coercizione politica verso un uso antieconomico delle risorse. I monopoli dei trasporti, comunicazioni e fornitura di energia, che non solo impediscono la concorrenza, ma rendono necessarie tariffe determinate politicamente, cioè secondo presunti criteri di equità, sono responsabili di fenomeni » (24 ) indesiderati e dannosi per l’intero sistema economico. In altri termini, l’impegno della Comunità europea per la promozione della libera competizione si spiega nell’intento di portare neutralità politica al processo di formazione delle decisioni economiche. I collegamenti esistenti, da un lato, tra (effettiva) concorrenza, (libero) mercato e servizi pubblici e, dall’altro, le modalità che assume la loro produzione, erogazione e scelta dei suoi produttori e/o erogatori vengono messi in rilievo dal Libro verde della Commissione europea sui partenariati pubblico–privati ed il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, COM (2004) 327 def. (25 ), che costituisce una delle tappe culmine del lungo percorso intrapreso dalla Commissione nel suo tentativo di introdurre chiarimenti sulla normativa di livello sovranazionale riguardante questo settore economico, gli appalti e le concessioni pubbliche appunto. Sebbene il settore dei servizi pubblici sia materia particolarmente complessa e ricca di risvolti giuridici, economici e politici, che ne fanno uno dei più controversi e travagliati delle discipline giuspublicistiche, non risulta difficile comprendere lo stretto rapporto che lo lega alle misure poste in essere dagli Stati membri al fine non solo di erogare ma, soprattutto, di regolamentare e proteggere le attività ed i soggetti preposti all’erogazione di siffatti servizi. Le misure di protezione, che si manifestano nei « diritti speciali o esclusivi » di cui all’art. 106.1 TFUE, si ponevano spesso in contrasto con l’indirizzo introdotto dall’Unione europea in sede di promozione della concorrenza (26 ). Nel caso dell’Italia, inoltre, la disciplina sui servizi pubblici, è stata recepita anche a livello costituzionale (art. 43 cost. it.) e, perciò, acquisisce particolare rilevanza nel complessivo (24 ) Vedi F.A. von Hayek, Legge, legislazione, libertà. Critica dell’economia pianificata, vol III: Il sistema politico di un popolo libero, 2a , Milano, 2010, pag 433. (25 ) Commissione delle comunità europee, Libro verde sui partenariati pubblico–privati ed il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, COM (2004) 327 def. D’ora in poi citato come « Libro verde sui PPP ». (26 ) P. De Carli, Sussidiarietà e governo economico, Milano, 2002, pag 233: « è la normativa comunitaria che identifica nella situazione di riserva di attività e nella attribuzione di diritti speciali ed esclusivi elementi di ostacolo alla concorrenza ». 20 Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà sistema economico. Ed è proprio tale sistema che l’Unione europea è intenzionata a rimodellare. Nonostante la rilevanza che riveste il concetto di pubblico servizio per questo lavoro (poiché alla base delle riflessioni sui PPP), non è questa la sede per indagare quale sia suo significato e nemmeno le sue poliedriche implicazioni dogmatiche (27 ). L’argomento, infatti, esula dai nostri scopi. Pertanto, ci si deve limitare a rilevare come l’attenzione della Commissione europea sia finalizzata a ‘consegnare’ anche tale settore della vita economica alla concorrenza e sottoporlo alle regole di mercato senza, tuttavia, dimenticare che è un elemento caratterizzante delle società europee. Per forzare i varchi del servizio pubblico e dei diritti « speciali o esclusivi » che lo mantenevano a ‘riparo’ della concorrenza, permettendo l’ingresso di quest’ultima in tale « mercato », l’Unione europea e la Corte di giustizia CE, si sono impegnate a ridimensionare la portata dell’eccezione prevista dall’art. 106.2 TFUE (28 ). (27 ) È fin troppo noto l’intento della dottrina francese di porre a fondamento del droit administratif la sfuggente categoria del service public. Tant’è che si può affermare che « il service public ha assunto, nell’ordinamento francese, il ruolo di nozione centrale del diritto amministrativo [. . . in modo che. . . ] i giuristi hanno fatto di esso la nozione chiave della teoria dello Stato e del diritto. » (B. Mameli, Servizio pubblico e concessione. L’influenza del mercato unico sui regimi protezionisti e regolamentati, Milano, 1998, pagg 177, 184). In Francia, pertanto, « il service diveniva categoria di teoria generale [. . . ] addirittura concetto in grado di descrivere e sintetizzare lo Stato stesso, forte del nuovo tesoro di legittimità racchiuso nella prestazione dei servizi essenziali all’esistenza della collettività: fondamento e limite del potere di governo. » (B. Sordi e L. Mannori, Storia del diritto amministrativo, cit., pagg 424–425). (28 ) R. Schmidt, La liberalizzazione dei servizi di interesse generale, in « Rivista trimestrale di diritto pubblico », 2003, pag 696: « la Corte di giustizia dà un’interpretazione sempre più estensiva dell’art. 86 comma 2, TCE [oggi, art. 106.2 TFUE]. Partendo da una interpretazione originariamente restrittiva della norma, di cui si sottolineava il carattere di eccezione, veniva messa in discussione innanzitutto la sua immediata applicabilità. Essa è oggi incontestata. » Vedi anche, B. Mameli, Servizio pubblico e concessione. L’influenza del mercato unico sui regimi protezionisti e regolamentati, cit., pag 46: « Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia, la libera concorrenza costituisce la regola, mentre le limitazioni sono le eccezioni, per cui in sede comunitaria si tende a dare una interpretazione estensiva a tutte le norme liberalizzatrici, mentre si cerca di ridurre il campo d’applicazione di eventuali restrizioni. » Vedi infine, M. Mazzamuto, La riduzione della sfera pubblica, Torino, 2000, pagg 104–105: « In questo contesto si inseriscono le norme sulla concorrenza previste dagli artt. 81 ss. del Trattato [. . . ]. Ma ciò che importa soprattutto sottolineare è, sul piano sistematico, la qualità di tale relazione, l’essere cioè informata all’elementare schema giuridico della “regola” e della “eccezione”. In altre parole, la sottrazione totale o parziale, ai principi della concorrenza ha carattere eccezionale ed è dunque sottoposta, dai momenti qualificatori, alla determinazione del quantum della deroga, ai canoni propri dell’interpretazione restrittiva. » Di opinione conforme, anche, E. Picozza, Il diritto pubblico dell’economia nell’integrazione europea, cit., pag 21
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