TEORIA DEL DIRITTO E DELLO STATO

TEORIA DEL DIRITTO E DELLO STATO
RIVISTA EUROPEA DI CULTURA E SCIENZA GIURIDICA
QUADERNI
9
A12
TEORIA DEL DIRITTO E DELLO STATO
RIVISTA EUROPEA DI CULTURA E SCIENZA GIURIDICA
QUADERNI
9
Martín Loo Gutíerrez
I principi di sussidiarietà e solidarietà
nel partenariato pubblico–privato
contrattuale
c MMXIV
Copyright ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn 978–88–548–7053–6
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: aprile 2014
Ad Adele e Teodora
Indice-Sommario
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9
Capitolo 1
Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà
1.1. Premesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2. L’Unione europea e le attività di interesse generale: la crisi del « service
public » . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3. Brevi cenni sul concetto di costituzione economica . . . . . . . . . .
1.4. La costituzione economica e le sue trasformazioni . . . . . . . . . . .
1.5. La riscoperta del principio di sussidiarietà . . . . . . . . . . . . . . .
1.6. Dalle origini del principio alla sua formulazione . . . . . . . . . . .
1.7. I due volti del principio di sussidiarietà . . . . . . . . . . . . . . . .
1.8. La norma costituzionale: una lettura forte o debole? . . . . . . . . .
1.9. Il dissolversi della « grande dicotomia » . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
11
.
.
.
.
.
.
.
.
16
31
35
46
47
65
70
74
Capitolo 2
Alla ricerca di una definizione dei PPP
2.1. Premesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2. Antecedenti del Libro verde del 2004 sui PPP . . . . . . . . . . . . . .
2.3. Il Libro Verde sui PPP, la comunicazione COM (2009) 615 def. ed il
Libro Verde sull’ammodernamento delle direttive appalti . . . . . . .
2.4. Le origini dei PPP: cenni sulla « Private Finance Initiative » . . . . . .
2.5. I PPP quale categoria « aperta » di rapporti tra settore pubblico e
privato. Gli « indici di riconoscibilità » della fattispecie . . . . . . . . .
2.6. La durata del rapporto: il difficile equilibrio tra redditività privata e
rispetto del principio di proporzionalità . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.7. Finanziamenti: value for money, affordability, public sector comparator
e criteri Eurostat di contabilità pubblica . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.8. La questione dei rischi: definizioni e tipologie. Sufficienza ed adeguatezza del riparto quali principi cardine della gestione dei rischi . . . .
2.9. I ruoli delle parti del contratto: una nuova distribuzione dei compiti
tra i partner. Riflessi sulle procedure per la selezione del partner privato
2.10. Un tentativo di definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
79
80
88
102
109
111
116
128
147
157
I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ]
Capitolo 3
Due discipline positive sui PPP: l’Italia e la Spagna
3.1. Premesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2. Il principio di solidarietà e la sua possibile compatibilità con le forme
di PPP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3. Le discipline introdotte in Spagna ed Italia . . . . . . . . . . . . . . .
3.4. La disciplina italiana: il comma 15–ter dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture . . . . . . . . . . . .
3.5. La disciplina spagnola nel « real decreto legislativo 3/2011, de 14 de
noviembre por el que se aprueba el texto refundido de la Ley de Contratos
del Sector Público » . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.6. Definizione di una fattispecie complessa e sussidiaria: la « actuación
global e integrada » quale oggetto del contratto di CPP . . . . . . . . .
3.7. La complessità del contratto: attuazioni preparatorie e « diálogo competitivo » . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.8. Disciplina del contratto, i contenuti obbligatori e la sua durata . . . .
3.9. Le discipline italiana e spagnola a confronto: quali spazi per la solidarietà? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
165
166
176
184
199
202
207
210
217
Riflessioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
225
Postfazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
239
Indice Bibliografico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
243
8
Introduzione
Il presente volume ha come oggetto di trattazione lo studio dei
modi in cui i principi costituzionali di sussidiarietà e di solidarietà
influiscono sulla fattispecie — di non lontano recepimento nell’ordinamento italiano — denominata partenariato pubblico–privato (PPP), in
particolare, nella sua forma « contrattuale ».
Alla base della ricerca vi è la circostanza che il principio di
sussidiarietà, che ha destato grande interesse nella dottrina giuspubblicistica sin da quando ha iniziato a prospettarsi il suo recepimento
nella Carta fondamentale, ha degli evidenti collegamenti con l’attività
che svolge la pubblica amministrazione quando entra in rapporti con
il settore privato attraverso lo strumento contrattuale. In particolare,
si cercherà di constatare se i connotati che caratterizzano il contratto
di PPP siano, o meno, compatibili con il contenuto prescrittivo del
principio di sussidiarietà.
Al tempo stesso, si intende analizzare le eventuali ricadute
sull’impostazione che può avere il principio di solidarietà sull’impostazione dei rapporti conclusi ricorrendo alla tecnica contrattuale oggetto
del nostro interesse, e come il recepimento del principio al più alto
livello normativo possa servire a modellare i rapporti contrattuali tra
settore pubblico e privato.
Per giungere a queste finalità, si intende analizzare i cambiamenti che ha subito il ruolo dello Stato nella « vita economica »
(espressione non casuale, come si farà opportunamente evidente) del
Paese. Si analizzerà brevemente come l’irrompere del diritto comunitario abbia incrinato la solidità delle costruzioni dogmatiche fondate
sui concetti di pubblico e di privato, la « grande dicotomia » alla base
dello sviluppo dei nostri regimi giuridici a diritto amministrativo. Si
cercherà, inoltre, di delimitare il concetto di costituzione economica,
al fine di indagare se, e come, è mutata sia a causa delle modifiche
introdotte alla Carta costituzionale, sia a seguito dei cambiamenti
normativi che traggono origine dal diritto dell’Unione europea.
Tra le modifiche della Costituzione repubblicana uno risulta
essere di particolare rilievo ai fini della presente ricerca: la previsione,
nell’ultimo comma dell’art. 118, di un espresso riferimento al principio
di sussidiarietà. Lo studio della norma dovrà comprendere anche l’analisi del modo in cui è stato concepito tale principio nei suoi diversi
stadi evolutivi, nonché l’esame del modo in cui le ricordate modifiche
costituzionali sono state interpretate dalla dottrina nazionale.
9
I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ]
Si intende concludere il capitolo primo analizzando il « dissolversi » di quella « grande dicotomia » tra pubblico e privato, già nota.
Il secondo capitolo sarà rivolto ad analizzare la fattispecie che
dà motivo a questa ricerca: il PPP di tipo contrattuale.
A tal fine, ci si propone di passare in rassegna gli atti comunitari
che hanno spinto gli Stati membri a cercare di coinvolgere il settore privato nell’erogazione di servizi di interesse generale. Si cercherà anche
di analizzare l’esperienza maturata dal Regno Unito riguardo talune
nuove modalità di public procurement. Arrivati a quel punto, si dovrà
volgere lo sguardo sui connotati che, secondo la Commissione europea,
caratterizzerebbero le operazioni di PPP. Tale analisi dovrà prendere
in considerazione anche le riflessioni svolte da altre organizzazioni
internazionali, come pure dalla dottrina estera più rilevante.
Lo scopo precipuo del secondo capitolo sarà, quindi, cercare
una definizione dei PPP di tipo contrattuale. Infatti, il primo problema
che patisce la fattispecie che ci occuperà nelle successive pagine è
la carenza di un profilo definito e di un apparato concettuale chiaro,
che permetta di differenziarla dalle altre fattispecie contrattuali, che
l’ordinamento ha messo a disposizione delle pubbliche amministrazioni
per adempiere ai propri compiti istituzionali. La mancanza di una tale
definizione impedisce di dotare l’istituto di quel complesso di principi
necessari alla sua corretta interpretazione ed utilizzo.
Nel concludere la presente indagine, nel terzo capitolo, prendendo come base gli esiti della ricerca sui connotati dei PPP, si tenterà
di riscontrare se tale istituto sia, o meno, una fattispecie compatibile a
ricevere anche un’interpretazione in senso solidaristico, come è stato
auspicato da autorevole dottrina.
Nella parte finale del capitolo III saranno analizzate e messe
a confronto le legislazioni italiana e spagnola riguardanti la nostra
indagine. Innanzitutto si cercherà di verificare se esista o meno corrispondenza tra le norme positive e i principi che servono da cornice alla
presente ricerca. Contestualmente sarà analizzato se le norme oggetto
della nostra attenzione abbiano recepito gli indirizzi europei rivolti
allo stimolo dei pubblici poteri a ricorrere alle capacità maturate dal
settore privato, in omaggio al principio di sussidiarietà e se tali norme
ammettano una lettura in senso solidaristico di taluni connotati della
fattispecie.
Il presente volume si conclude con una postfazione in cui vengono richiamate le più rilevanti e recenti modifiche subite dalle legislazioni spagnole ed italiane in sede di PPP. Alcune di tali modifiche
sembrano aver colto il segno degli indirizzi comunitari in materia di
partecipazione privata all’erogazione di servizi pubblici.
10
Capitolo 1
Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà
Sommario: 1.1. Premesse, 11 – 1.2. L’Unione europea e le attività di interesse
generale: la crisi del « service public », 16 – 1.3. Brevi cenni sul concetto
di costituzione economica, 31 – 1.4. La costituzione economica e le sue
trasformazioni, 35 – 1.5. La riscoperta del principio di sussidiarietà, 46 –
1.6. Dalle origini del principio alla sua formulazione, 47 – 1.7. I due volti
del principio di sussidiarietà, 65 – 1.8. La norma costituzionale: una lettura
forte o debole?, 70 – 1.9. Il dissolversi della « grande dicotomia », 74.
1.1.
Premesse
La presente indagine prende spunto dal crescente interesse
che l’Unione europea ha rivolto ad alcune nuove modalità di impostazione dei rapporti giuridici tra settore pubblico e privato. In tali modalità è possibile constatare l’erosione di alcune delle « rassicuranti »
categorie che la dogmatica giuspubblicistica dell’800 ci ha consegnato,
prodotta dal processo di integrazione economica, giuridica e politica
vissuto dal Vecchio continente dal Secondo Dopoguerra ad oggi. Tra le
categorie che cominciano a frantumarsi, piegandosi dinanzi alla forza
unificatrice del diritto comunitario, vi è la netta scissione tra settore
pubblico e privato. Ciò ha dato origine alla riflessione sulla ‘nuova’
categoria contrattuale del partenariato pubblico privato (PPP).
In questa modalità di rapporti tra i due estremi di quella dicotomia tra pubblico e privato è stato individuato un modo per stimolare
il coinvolgimento delle capacità dei componenti del complesso sociale ed economico nei compiti volti al soddisfacimento delle necessità
collettive.
Il punto di avvio di questa indagine lo si trova nel constatare
che il modello sorto in Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale e,
più precisamente, con la nascita delle Costituzioni democratiche —
momento in cui gli Stati assunsero esplicitamente taluni impegni
riguardanti il benessere dei cittadini e lo svolgimento diretto, da
parte dei pubblici apparati, di attività di creazione delle condizioni
necessarie a rendere la vita in società più egualitaria — è entrato
11
I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ]
o, almeno, sta per entrare in crisi a livello continentale. Tale crisi
del sistema dello « Stato di provvidenza » o « welfare State » è stata
efficacemente descritta come una crisi con due volti, e cioè una frattura
sia del « welfare » che dello « Stato » (1 ).
In questo modo, si afferma, da un lato che vi è una crisi del
« welfare », nel senso che le economie degli Stati, nonché i loro sistemi di prelievo fiscale, non sono più in grado di tenere il passo della
crescita dei bisogni sociali. Dall’altro lato, vi è anche una crisi dello
« Stato », nel senso che è venuta a mancare la « fede » della società
nelle capacità dei pubblici apparati di svolgere quei compiti di cui lo
Stato ha iniziato a farsi carico nel periodo a cavallo tra le due grandi
guerre del XX secolo. Il risultato è la perdita di fiducia da parte del
complesso sociale, sia nelle proprie capacità di finanziare il costoso
apparato pubblico, sia nelle capacità del suo amministratore, lo Stato,
di erogare efficacemente le prestazioni richieste (2 ). Si è verificato, di
conseguenza, un cambiamento dell’intero assetto del diritto amministrativo, giacché le « difficoltà delle finanze pubbliche e di gestione,
dovute allo sbilancio tra spese ed entrate e alle dimensioni eccessive
di taluni servizi, costringono i poteri pubblici a trasferire a privati [. . . ] imprese ed enti di erogazione. [Tali] difficoltà derivanti dal
cosiddetto sovraccarico di governo consigliano di rinunciare all’amministrazione diretta » (3 ), venendo meno, pertanto, l’interesse della
società a sostenere il « monopolio » dello Stato nella cura dell’interesse
collettivo.
Si è manifestata, quindi, la necessità di ripensare il modello
di erogazione delle prestazioni necessarie al benessere della comunità, non dimenticando il ruolo che, a tale fine, possono compiere le
articolazioni interne al complesso sociale né, tantomeno, sacrificando i profili solidaristici che hanno ispirato l’assunzione da parte del
pubblico potere di taluni compiti di rilevanza generale.
Davanti alla crisi di natura finanziaria, ai vincoli di finanza
pubblica, agli obblighi di attuazione delle politiche in favore della
concorrenza che gli vengono imposti dal potere sovranazionale euro(1 ) La dottrina individua nello Stato di provvidenza il punto di approdo
dell’evoluzione dell’intervento dello Stato nell’economia. S. Cassese, La « vecchia »
costituzione economica: i rapporti tra Stato ed economia dall’Unità ad oggi, in La nuova
costituzione economica, a cura di S. Cassese, 4a , Roma–Bari, 2007, pag 7 ss.
(2 ) Queste suggestive immagini si trovano nell’introduzione del volume di
C.F. Ullman, The welfare state’s other crisis: explaining the new partnership between
nonprofit organizations and the state in France, Bloomington (Indiana), 1998, pagg
1–8.
(3 ) S. Cassese, Le basi del diritto amministrativo, 6a , Milano, 2000, pag 10.
12
Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà
peo, lo Stato non può più essere concepito quale finanziatore, gestore
ed esercente di ogni attività di interesse generale o di pubblica necessità (4 ), di cui si è fatto carico dal momento in cui ha smesso i
panni del « vuoto e formale Stato liberale » (5 ) dagli inizi del XX secolo.
Da allora, infatti, lo Stato « non–liberale » (6 ) ha deciso di svolgere
compiti tanto vari quanto diversi: dalla pubblica istruzione al sistema
pensionistico, dalla realizzazione delle infrastrutture di trasporto
all’amministrazione del sistema carcerario, passando dalle iniziative
culturali e gli impianti sportivi, nonché dalla gestione del servizio di
raccolta dei rifiuti urbani all’erogazione dei servizi di acqua potabile
e fognature dei centri abitati e via discorrendo, per un’innumerevole
quantità e tipologie di compiti divenuti pubblici con il trascorrere
degli anni e il susseguirsi delle mutazioni delle concezioni circa il
ruolo che toccava allo Stato nel complesso sociale.
L’altro possibile attore — il privato —, nel frattempo, ha maturato capacità di ideazione e gestione di interventi anche molto
complessi, nei quali si vedono coinvolti diversi e, talvolta, contrapposti interessi. Il settore privato si è arricchito perché sollecitato da
(4 ) Infatti, secondo L. Franzese, Ordine economico e ordinamento giuridico:
la sussidiarietà delle istituzioni, 2a , Padova, 2006, pag 61, nel quadro amministrativo
attuale, « la compagine statale si configura quale ‘gestore diretto, dispensatore di beni,
ingegnere sociale’ ».
(5 ) B. Sordi, La resistibile ascesa del diritto pubblico dell’economia, in
« Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno », vol. 28, 1999,
pag 1049.
(6 ) Non sfugge che la più avveduta dottrina ha, da tempo, dato un nome al
fenomeno dello Stato post–liberale. Ci si riferisce alla nota denominazione gianniniana
dello « Stato pluriclasse ». Al riguardo, si veda M.S. Giannini, I pubblici poteri negli
Stati pluriclasse, in « Rivista trimestrale di diritto pubblico », 1979, ora in S. Cassese
(a cura di), Massimo Severo Giannini, Roma–Bari, 2010, pag 104 e ss. Si riporta, di seguito, un passo fondamentale per illustrare l’acuta intuizione che, sullo Stato a regime
amministrativo post–liberale, ebbe l’Autore. Secondo Giannini, gli Stati contemporanei
devono essere definiti « come Stati a direzioni pluriclasse, più brevemente, Stati pluriclasse, per dire che in essi tutte le classi sociali concorrono al Governo politico, e cercano
di introdurre istituzioni a tutela dei propri interessi. La conseguenza del cambiamento
è l’aumento del numero degli interessi che da privati o collettivi divengono pubblici,
perché affidati a pubblici poteri; i dati sono di facile rilevazione: basterebbe confrontare quanti e quali interessi sono gestiti oggi da pubblici poteri, p. es. nelle materie
dell’agricoltura, dei trasporti, della pubblica istruzione, rispetto a quanto avveniva
al tempo di Giolitti (per stare ad un grande amministratore temporalmente vicino).
[. . . ] Negli Stati nei quali l’avvento al Governo politico di tutte le classi ha conseguito
risultati maggiori, le amministrazioni nuove sono, in sostanza, le amministrazioni di
protezione sociale e le amministrazioni di direzione dell’economia. » Sul concetto di
classe nel pensiero gianniniano, si veda G. Guarino, “Classi” e “gruppi” nel pensiero
di M.S. Giannini e nella realtà contemporanea, in Studi in onore di Massimo Severo
Giannini, vol I, Milano, 1988.
13
I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ]
un sistema economico divenuto, grazie alle politiche comunitarie,
più aperto e concorrenziale, a mano a mano che l’Unione europea
premeva per attuare il progetto di creazione di un grande mercato
continentale sorretto dai principi fondanti dei Trattati europei.
La creazione di questo mercato è stata fatta spingendo gli
Stati membri a sottoporre alle dinamiche concorrenziali diversi settori
dell’economia che, prima, erano ritenuti al di là di tali regole.
Si è, quindi, acquisita la consapevolezza sul fatto che i soggetti
privati sono in grado di mettere in piedi delle complesse organizzazioni volte al reperimento dei finanziamenti, alla progettazione, all’esecuzione e alla gestione di progetti ed opere infrastrutturali complesse
e rilevanti. I privati sono, oggi, una valida alternativa per lo svolgimento delle attività tecniche, organizzative e finanziarie necessarie
all’esecuzione delle opere ed impianti richiesti per l’erogazione di
servizi pubblici.
Sintetizzare ed armonizzare queste due realtà, apparentemente contrastanti, è lo scopo della « nuova » tecnica contrattuale alla
quale è stata data il nome di partenariato pubblico–privato.
Ma, pur nella complessità della tecnica contrattuale dei PPP,
lo studio della fattispecie — dalla prospettiva propria del diritto
amministrativo — aiuta a far emergere considerazioni di portata più
generale su taluni profili dogmatici di non poca rilevanza.
Ci si riferisce all’affievolimento della distinzione dei ruoli, delle
modalità di attuazione e dei rispettivi campi di azione del pubblico e
del privato.
La contrapposizione speculare tra pubblico e privato costituisce il paradigma sul quale sono stati edificati i modelli giuridici a
noi culturalmente più vicini (7 ). Tali modelli sono fondati sul discrimine dei ruoli del settore pubblico e del settore privato, su quella
« grande dicotomia » (8 ) tra il mondo del potere pubblico, che agisce
(7 ) Sulla formazione delle nozioni di pubblico e privato, su come il loro insegnamento nelle Università abbia influenzato la formazione dello Ius Publicum e su
come esso sia stato vissuto nella pratica giuridica della prima Età moderna, almeno per
quanto riguarda la Germania, ma con considerazioni di rilevanza e portata generale:
M. Stolleis, Storia del diritto pubblico in Germania. Pubblicistica dell’Impero e scienza
di Polizia 1600–1800, vol I, Milano, 2008, cap II.
(8 ) Vedi, N. Bobbio, La grande dicotomia: pubblico/privato, in Id., Stato,
governo, società, 2a (1a , 1985), Torino, 1995, pagg 3–22, di cui ricordiamo il primo passo:
« Attraverso due commentatissimi passi del Corpus iuris [omissis], che definiscono
con identiche parole rispettivamente il diritto pubblico e il diritto privato [omissis],
la coppia di termini pubblico/privato ha fatto il suo ingresso nella storia del pensiero
politico e sociale dell’Occidente, quindi attraverso un uso costante e continuo, senza
sostanziali mutamenti, ha finito per diventare una di quelle « grandi dicotomie » di cui
14
Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà
prevalentemente tramite lo strumento autoritativo (9 ) e quello dei
privati, impegnato a raggiungere accordi e concludere contratti (10 ).
Quest’ultimo è caratterizzato dal paradigma relazionale dell’intesa
tra soggetti che godono dell’eguaglianza giuridica. Ciò consente loro di contrattare e concludere degli accordi che hanno per scopo il
raggiungimento di fini condivisi, pur essendo portatori di interessi
distinti e, talvolta, decisamente contrapposti (11 ).
Il dissolversi di questa « dicotomia » tra pubblico e privato, in
altre parole, lo sciogliersi di tali categorie, è stato visto come uno dei
più ragguardevoli possibili esiti della filosofia di gestione della cosa
una o più discipline, in questo caso non soltanto discipline giuridiche ma anche quelle
sociali e in genere storiche, si servono per delimitare, rappresentare, ordinare il proprio
campo d’indagine. » Per gli ultimi sviluppi a livello europeo vedi, M. Heidemann, Private
law in Europe — The public/private dichotomy reviseted, in « European Bussines Law
Review », vol. 20, 2009. Per ragguagli sul mondo anglosassone, vedi: M.J. Horwitz, The
history of public/private distinction, in « University of Pennsylvania Law Review »,
vol. 130, 1981; R.H. Mnookin, The public/private dichotomy: political disagreement
and academic repudiation, in « University of Pennsylvania Law Review », vol. 130,
1981. Per l’Europa, in generale, ma con particolare riguardo alla legislazione italiana,
per comprendere l’affievolimento di questa dicotomia che accompagna l’evoluzione del
diritto pubblico, risulta imprescindibile il lavoro di G. Napolitano, Pubblico e privato
nel diritto amministrativo, Milano, 2003.
(9 ) Nell’evoluzione del diritto amministrativo, vi è stato il momento in cui
apparve chiaro che il modulo relazionale che sarebbe stato utilizzato, in modo preponderante, dalla pubblica amministrazione nei suoi rapporti con i « sudditi » è quello
unilaterale, autoritativo. Così lo mettono in rilievo B. Sordi e L. Mannori, Storia del
diritto amministrativo, 4a , Roma–Bari, 2006, pag 370. Aggiungono al riguardo che,
nel secondo ottocento, « l’amministrazione è assegnata definitivamente al mondo dell’eteronomia; condivide ormai con la giustizia la piena sottoponibilità al diritto, ma è
come questa essenzialmente autorità; rifugge dalla contrattualità per imbalsamarsi in
manifestazioni tipiche di una volontà unilaterale e autoritaria. »
(10 ) Vedi, B. Sordi, Tra Weimar e Vienna. Amministrazione pubblica e teoria
giuridica nel primo dopoguerra, Milano, 1987, pag 126: « Il sistema si veniva così
strutturando secondo partizioni nette, secondo dicotomie rigide: da una parte il regno
“pubblico” della “Hoheitlichkeit”, dell’autorità e dell’interesse generale, dall’altra il
mondo dell’autonomia privata, del consenso, degli interessi particolari; due dimensioni
incomunicabili, formalizzate in due distinte e diversissime forme giuridiche, l’atto
amministrativo, in torno al quale si sarebbero presto coagulati sia un particolare tipo
di relazione con la legge — la discrezionalità — sia quel requisito della nominatività
cui affidare, temperando il carattere unilaterale e imperativo della manifestazione
di volontà amministrativa, le necessarie garanzie nei confronti del potere pubblico
ed il contratto, espressione principe, con la sua intrinseca bilateralità, parietarietà e
atipicità, dell’autonomia negoziale privata. »
(11 ) F. Ledda, Dell’autorità e del consenso nel diritto dell’amministrazione
pubblica, in « Foro Amministrativo », 1997, pag 1273: il contratto è « quella figura
generale del pensiero giuridico nella quale si ha esaltazione del consenso inteso come conformità d’intenti e di voleri come “sentire insieme”, secondo l’accezione più
immediatamente suggerita da un segno linguistico di chiarissima derivazione ».
15
I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ]
pubblica, che sottostà alla tecnica relazionale oggetto del presente
lavoro (12 ).
Nella riflessione sui modelli adottati dai PPP vi è, insomma, l’intenzione di portare ad unità gli scopi del pubblico potere e
le tecniche dei rapporti giuridici del suo opposto speculare, ossia del
non–potere dei privati. Nei PPP appare chiaro l’intento di rinunciare
all’imposizione unilaterale delle proprie determinazioni, tecnica paradigmatica e distintiva dell’amministrazione dello Stato, al fine di
trarre vantaggio per il pubblico interesse dall’expertise maturata dal
settore privato.
Come si è detto, con questa fattispecie contrattuale si cerca di
sfruttare le capacità di gestione, progettuali e finanziarie accresciute
dal settore privato, senza che venga meno il controllo che lo Stato (o,
più in generale, la puissance publique) deve esercitare sulle attività
in cui sia coinvolto il pubblico interesse. Vi è anche la manifestazione
della certezza sul fatto che la pubblica amministrazione non sia la
sola portatrice ed interprete di questo pubblico interesse e, che nella
sua individuazione, vi sia posto per l’iniziativa privata.
Nel prosieguo si ricostruiranno le ragioni per cui l’Unione
europea si è impegnata a promuovere l’utilizzo dei PPP. A tale scopo
si dovrà far cenno alla « riscoperta » del principio di sussidiarietà e al
ruolo che tocca a questo principio nelle scelte di carattere politico e
giuridico che riguardano diversi profili di tale tecnica contrattuale.
1.2.
L’Unione europea e le attività di interesse generale: la crisi del
« service public »
È noto come il diritto comunitario abbia fatto leva per introdurre importanti cambiamenti nelle discipline nazionali sugli interventi
pubblici nell’economia. Si è giunti persino alla formazione di una c.d.
« costituzione economica europea ». In questo paragrafo si intende
constatare se, e in quale misura, i principi che hanno ispirato la creazione e formazione del grande mercato europeo siano penetrati negli
ordinamenti degli Stati membri, specie l’Italia.
(12 ) M.P. Chiti, I partenariati pubblico–privati e la fine del dualismo tra
diritto pubblico e diritto comune, in Il partenariato pubblico–privato. Concessioni,
Finanza di progetto, Società miste, Fondazioni, a cura di M.P. Chiti, Napoli, 2009, pag
2: « Lo sviluppo dei partenariati è uno dei più chiari esiti della progressiva vanificazione
della netta dicotomia tra diritto pubblico e diritto comune, sia nel PPP contrattuale
che in quello “istituzionalizzato”. »
16
Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà
La riflessione dell’Unione europea sul « fenomeno » del partenariato pubblico privato si inquadra, da un lato, nella chiara volontà
comunitaria di mettere sotto controllo l’incisività dell’intervento dei
pubblici poteri nelle economie degli Stati membri, al fine di realizzare
un mercato unico basato sul principio della libera concorrenza (13 );
dall’altro, nel processo di liberalizzazione dei servizi di interesse generale avviato, in ambito comunitario, a partire dagli anni 90 del
secolo scorso (14 ). Grazie alle spinte dell’Unione europea, il settore
privato ha cominciato ad essere visto come un possibile attore per il
conseguimento degli obiettivi sociali dello Stato e, perciò, quale valida
risorsa che consentirebbe una più incisiva democratizzazione della
funzione amministrativa (15 ).
Per tali ragioni, la partecipazione del settore privato allo svolgimento di attività in cui è coinvolto l’interesse generale è, ad avviso
della Commissione europea, una delle modalità utili a stimolare l’apertura alle dinamiche concorrenziali di importanti settori di attività
economica, prima riservati all’iniziativa dello Stato (anche in regime
di « esclusiva ») o, comunque, assoggettate al regime derogatorio dei
principi della libera concorrenza previsto dal comma 2 dell’art. 106 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (d’ora in poi TFUE).
Come è stato rilevato in dottrina, « sia le istituzioni comunitarie che
la Corte di Giustizia hanno progressivamente tentato di introdurre i
principi di libera concorrenza e competitività nell’ambito di settori
da sempre prerogativa della pubblica amministrazione, estranei alle
regole del mercato » (16 ).
(13 ) Non è questo il luogo per ribadire come la libera concorrenza sia divenuta
uno dei principi fondanti della comunità economica europea. Sul punto basti rinviare a
I. Borello, E. Cassese, e E. Chiti, Il mercato unico e le politiche comunitarie, in La nuova
costituzione economica, a cura di S. Cassese, 4a , Roma–Bari, 2007, pag 37: « La prima
preoccupazione della Comunità europea è stata quella di aprire i mercati nazionali,
istituendo in tal modo, un “mercato comune” (poi chiamato “mercato unico” o “mercato
interno”). » Vedi pure E. Picozza, Il diritto pubblico dell’economia nell’integrazione
europea, Roma, 1996, pag 123: « la politica comunitaria della concorrenza costituisce
uno dei pilastri dell’instaurazione del mercato comune, idoneo ad accrescere l’efficacia
del sistema economico europeo. »
(14 ) A. Di Giovanni, Il partenariato pubblico privato nelle attività economiche
fra collaborazione e sussidiarietà, Tesi di dottorato — Università di Roma Tor Vergata,
2006, pag 56. Vedi anzitutto: Commissione delle comunità europee, Comunicazione
I servizi di interesse generale in Europa documento (GUCE 96/C 281/03) e più recentemente, Commissione delle comunità europee, Comunicazione I servizi di interesse
generale in Europa, COM (2000) 580 def.
(15 ) D. D’Alessandro, Sussidiarietà, solidarietà e azione amministrativa,
Milano, 2004, pag VII.
(16 ) A. Di Giovanni, Il partenariato pubblico privato nelle attività economiche
17
I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ]
Infatti, è stata la Corte di giustizia l’attrice fondamentale nel
disegnare l’odierno indirizzo della politica comunitaria in materia.
Tale politica indica che è doverosa l’applicazione restrittiva dell’eccezione prevista dall’art. 106.2 TFUE (17 ), in modo tale da accorpare la
maggior parte delle attività di rilevanza economica (anche se di interesse generale, ma pur sempre di natura economica) sotto l’ombrello
delle regole di mercato e della libera concorrenza (18 ).
Come si può intuire da quanto fin qui detto, le riflessioni in
materia di PPP sono una delle tappe fondamentali dell’impegno assunto dalla Commissione europea nella realizzazione del mercato
unico. Questo sforzo si è attuato cercando di rimuovere gli ostacoli
alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, in particolar modo nel mercato dei contratti pubblici, giacché tale mercato
e quello « contiguo » dei servizi di interesse generale si caratterizzano
per essere tra i più regolamentati (19 ) e lontani dalle regole del gioco
della concorrenza. Ciò è dovuto al fatto che « le imprese pubbliche
hanno vissuto a lungo indisturbate in una sorta di cono d’ombra della politica europea della concorrenza. Solo nell’ultimo ventennio la
Commissione ha riscoperto e applicato con rigore le disposizioni in
tema di aiuti di stato e le regole in tema di concorrenza al settore dei
servizi pubblici » (20 ).
In dottrina si mette in risalto la rilevanza che la Commissione europea ha assegnato al concetto di servizi di interesse generale,
quale categoria tendenzialmente « omogeneizzabile » in tutti gli Stati
membri e, perciò, strumentale all’uniforme applicazione delle regole
del mercato (21 ). Si deve ricordare, però, che, quando la Commissione
fra collaborazione e sussidiarietà, cit., pag 58.
(17 ) Sancita dall’inciso che recita: « nei limiti in cui l’applicazione di tali
norme (di promozione della concorrenza) non osti all’adempimento, in linea di diritto e
di fatto, della specifica missione loro affidata »
(18 ) G. Tesauro, Diritto comunitario, 5a , Padova, 2008, pag 634 ss. L’Autore
sottolinea l’importanza del ruolo svolto dalla Corte di giustizia nel restringere il campo
applicativo dell’eccezione alla regola della concorrenza prevista dall’art. 106.2 TFUE.
(19 ) A. Massera, Il partenariato pubblico–privato e il diritto europeo degli
appalti, in Il partenariato pubblico privato. Profili di diritto amministrativo e di scienza
dell’amministrazione, a cura di M.P. Chiti, Bologna, 2005, pag 27. Tale (eccessiva)
regolamentazione, talvolta, ha come effetto la restrizione della concorrenza in favore
degli operatori economici locali a dispetto degli altri operatori europei. Vedi pure, C.
Bovis, EU public procurement law, Cheltenham (UK) — Northampton (USA), 2007,
pagg 4–5.
(20 ) M. Clarich, Servizi pubblici e diritto europeo della concorrenza: l’esperienza italiana e tedesca a confronto, in « Rivista trimestrale di diritto pubblico », 2003,
pag 96.
(21 ) G.F. Cartei, I servizi di interesse generale fra riflusso dogmatico e regole
18
Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà
europea fa riferimento ai servizi di interesse generale, non richiama
lo sfuggente concetto di pubblico servizio al quale, nei diritti interni
di alcuni Stati membri, vengono addossate conseguenze strettamente
legate all’esercizio della sovranità e del pubblico potere. Il neutro e
decisamente più « leggero » concetto di servizi di interesse generale, spogliato di tutte le implicazioni e reminiscenze pubblicistiche
che ci fa ricordare il service public d’oltralpe, risulta più adatto e
maneggevole (anche meno ‘scomodo’) per l’attuazione di una politica
economica comune, anch’essa più aperta, più neutra e meno vincolata
a concetti fortemente radicati nelle culture giuridico–politiche degli
Stati membri. Basti pensare che invece di pubblico ora si parla di
generale (22 ).
Le regole della concorrenza e del libero mercato assumono,
in questo modo, il ruolo di valori volti al raggiungimento di altri
scopi, i quali deriverebbero, quale corollario, dalla loro attuazione (23 ),
anche nell’ambito dei servizi pubblici, appartenuto ad un settore
dell’economia a lungo tenuto « escluso » dalle politiche di promozione
della libera concorrenza, che via via si andavano affermando sulla
base delle disposizioni delle fonti primarie del diritto europeo.
Uno dei più rilevanti esponenti del neoliberismo economico
del XX secolo ha spiegato, con indubbia efficacia, le proprie ragioni
per « temere » i monopoli nei servizi pubblici da parte dello Stato.
Tale posizione, vista dalla prospettiva del diritto comunitario, serve
a mettere in risalto le motivazioni che hanno spinto la Comunità
europea a sottoporre, anche i servizi pubblici, alla dinamica della
concorrenza. L’autore si dice sfavorevole ai monopoli pubblici perché
possono dare adito a che lo Stato si comporti come un qualsiasi altro
monopolista, cioè abusando della propria posizione. Nel caso dello
di mercato, in Il partenariato pubblico privato. Profili di diritto amministrativo e di
scienza dell’amministrazione, a cura di M.P. Chiti, Bologna, 2005, pag 106.
(22 ) L’importanza dei rilievi semantici per la creazione dell’Europa non deve
essere sottovalutata e, perciò, essi sono tenuti in conto nell’attuazione delle politiche
comunitarie. Non è un caso, pertanto, se, negli strumenti di diritto comunitario, primario e derivato, si faccia addirittura fatica a trovare il termine « pubblico servizio », che
è stato relegato a far parte di « glossari » che servono da « guida » per comprendere il
nuovo approccio che sulla materia intende introdurre il diritto sovranazionale. Perciò il
diritto comunitario non si riferisce più al servizio pubblico, al service public, al servicio
público o al Daseinsvorsoge: ora viene soltanto adoperata l’espressione economica
« servizi di interesse generale ». Su questa materia, vedi l’illuminante contributo di B.
Sordi, Servizi pubblici e concorrenza: su alcune fibrillazioni tra diritto comunitario e
tradizione continentale, in « Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico
moderno », vol. 31, 2002, pagg 577–603.
(23 ) G.F. Cartei, I servizi di interesse generale fra riflusso dogmatico e regole
di mercato, cit., pag 128.
19
I principi di sussidiarietà e solidarietà [. . . ]
Stato, tuttavia, « l’abuso più dannoso [. . . ] non è quello che il pubblico
teme maggiormente, e cioè l’imposizione di prezzi esorbitanti, ma
invece la coercizione politica verso un uso antieconomico delle risorse.
I monopoli dei trasporti, comunicazioni e fornitura di energia, che
non solo impediscono la concorrenza, ma rendono necessarie tariffe
determinate politicamente, cioè secondo presunti criteri di equità,
sono responsabili di fenomeni » (24 ) indesiderati e dannosi per l’intero
sistema economico. In altri termini, l’impegno della Comunità europea per la promozione della libera competizione si spiega nell’intento
di portare neutralità politica al processo di formazione delle decisioni
economiche.
I collegamenti esistenti, da un lato, tra (effettiva) concorrenza, (libero) mercato e servizi pubblici e, dall’altro, le modalità che
assume la loro produzione, erogazione e scelta dei suoi produttori e/o
erogatori vengono messi in rilievo dal Libro verde della Commissione
europea sui partenariati pubblico–privati ed il diritto comunitario
degli appalti pubblici e delle concessioni, COM (2004) 327 def. (25 ),
che costituisce una delle tappe culmine del lungo percorso intrapreso dalla Commissione nel suo tentativo di introdurre chiarimenti
sulla normativa di livello sovranazionale riguardante questo settore
economico, gli appalti e le concessioni pubbliche appunto.
Sebbene il settore dei servizi pubblici sia materia particolarmente complessa e ricca di risvolti giuridici, economici e politici, che
ne fanno uno dei più controversi e travagliati delle discipline giuspublicistiche, non risulta difficile comprendere lo stretto rapporto che lo
lega alle misure poste in essere dagli Stati membri al fine non solo di
erogare ma, soprattutto, di regolamentare e proteggere le attività ed
i soggetti preposti all’erogazione di siffatti servizi.
Le misure di protezione, che si manifestano nei « diritti speciali
o esclusivi » di cui all’art. 106.1 TFUE, si ponevano spesso in contrasto
con l’indirizzo introdotto dall’Unione europea in sede di promozione
della concorrenza (26 ). Nel caso dell’Italia, inoltre, la disciplina sui
servizi pubblici, è stata recepita anche a livello costituzionale (art.
43 cost. it.) e, perciò, acquisisce particolare rilevanza nel complessivo
(24 ) Vedi F.A. von Hayek, Legge, legislazione, libertà. Critica dell’economia
pianificata, vol III: Il sistema politico di un popolo libero, 2a , Milano, 2010, pag 433.
(25 ) Commissione delle comunità europee, Libro verde sui partenariati
pubblico–privati ed il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni,
COM (2004) 327 def. D’ora in poi citato come « Libro verde sui PPP ».
(26 ) P. De Carli, Sussidiarietà e governo economico, Milano, 2002, pag 233: « è
la normativa comunitaria che identifica nella situazione di riserva di attività e nella
attribuzione di diritti speciali ed esclusivi elementi di ostacolo alla concorrenza ».
20
Diritto comunitario e società civile: la riscoperta della sussidiarietà
sistema economico. Ed è proprio tale sistema che l’Unione europea è
intenzionata a rimodellare.
Nonostante la rilevanza che riveste il concetto di pubblico
servizio per questo lavoro (poiché alla base delle riflessioni sui PPP),
non è questa la sede per indagare quale sia suo significato e nemmeno
le sue poliedriche implicazioni dogmatiche (27 ). L’argomento, infatti,
esula dai nostri scopi. Pertanto, ci si deve limitare a rilevare come
l’attenzione della Commissione europea sia finalizzata a ‘consegnare’
anche tale settore della vita economica alla concorrenza e sottoporlo
alle regole di mercato senza, tuttavia, dimenticare che è un elemento
caratterizzante delle società europee.
Per forzare i varchi del servizio pubblico e dei diritti « speciali
o esclusivi » che lo mantenevano a ‘riparo’ della concorrenza, permettendo l’ingresso di quest’ultima in tale « mercato », l’Unione europea
e la Corte di giustizia CE, si sono impegnate a ridimensionare la
portata dell’eccezione prevista dall’art. 106.2 TFUE (28 ).
(27 ) È fin troppo noto l’intento della dottrina francese di porre a fondamento
del droit administratif la sfuggente categoria del service public. Tant’è che si può affermare che « il service public ha assunto, nell’ordinamento francese, il ruolo di nozione
centrale del diritto amministrativo [. . . in modo che. . . ] i giuristi hanno fatto di esso
la nozione chiave della teoria dello Stato e del diritto. » (B. Mameli, Servizio pubblico
e concessione. L’influenza del mercato unico sui regimi protezionisti e regolamentati,
Milano, 1998, pagg 177, 184). In Francia, pertanto, « il service diveniva categoria di
teoria generale [. . . ] addirittura concetto in grado di descrivere e sintetizzare lo Stato
stesso, forte del nuovo tesoro di legittimità racchiuso nella prestazione dei servizi
essenziali all’esistenza della collettività: fondamento e limite del potere di governo. »
(B. Sordi e L. Mannori, Storia del diritto amministrativo, cit., pagg 424–425).
(28 ) R. Schmidt, La liberalizzazione dei servizi di interesse generale, in
« Rivista trimestrale di diritto pubblico », 2003, pag 696: « la Corte di giustizia dà
un’interpretazione sempre più estensiva dell’art. 86 comma 2, TCE [oggi, art. 106.2
TFUE]. Partendo da una interpretazione originariamente restrittiva della norma, di
cui si sottolineava il carattere di eccezione, veniva messa in discussione innanzitutto
la sua immediata applicabilità. Essa è oggi incontestata. » Vedi anche, B. Mameli,
Servizio pubblico e concessione. L’influenza del mercato unico sui regimi protezionisti
e regolamentati, cit., pag 46: « Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte
di Giustizia, la libera concorrenza costituisce la regola, mentre le limitazioni sono le
eccezioni, per cui in sede comunitaria si tende a dare una interpretazione estensiva a
tutte le norme liberalizzatrici, mentre si cerca di ridurre il campo d’applicazione di
eventuali restrizioni. » Vedi infine, M. Mazzamuto, La riduzione della sfera pubblica,
Torino, 2000, pagg 104–105: « In questo contesto si inseriscono le norme sulla concorrenza previste dagli artt. 81 ss. del Trattato [. . . ]. Ma ciò che importa soprattutto
sottolineare è, sul piano sistematico, la qualità di tale relazione, l’essere cioè informata
all’elementare schema giuridico della “regola” e della “eccezione”. In altre parole, la
sottrazione totale o parziale, ai principi della concorrenza ha carattere eccezionale
ed è dunque sottoposta, dai momenti qualificatori, alla determinazione del quantum
della deroga, ai canoni propri dell’interpretazione restrittiva. » Di opinione conforme,
anche, E. Picozza, Il diritto pubblico dell’economia nell’integrazione europea, cit., pag
21