Documento - Centro per la Riforma dello Stato

ETEROTOPIE
N. 255
Collana diretta da Pierre Dalla Vigna e Salvo Vaccaro
COMITATO SCIENTIFICO
Pierandrea Amato (Università degli Studi di Messina)
Pierre Dalla Vigna (Università degli Studi “Insubria” Varese)
Giuseppe Di Giacomo (Università di Roma La Sapienza)
Maurizio Guerri (Università degli Studi di Milano)
Salvo Vaccaro (Università degli Studi di Palermo)
José Luis Villacañas Berlanga (Universidad Complutense de Madrid)
Valentina Tirloni (Université Nice Sophia Antipolis)
Jean-Jacques Wunemburger (Université Jean-Moulin Lyon 3)
FRANCO MILANESI
NEL NOVECENTO
Storia, teoria, politica
nel pensiero di Mario Tronti
MIMESIS
Eterotopie
© 2014 – MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)
Collana: Eterotopie, n. 255
Isbn: 9788857521596
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INDICE
I. INTRODUZIONE
1. Il politico tra prima modernità e Novecento
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II. GLI SCRITTI SU GRAMSCI E IL COMUNISMO ITALIANO
1. Marx, Gramsci e il marxismo:
oltre la tradizione nazionale
2. Il Partito comunista italiano e il togliattismo
3. La critica operaista al Pci
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III. GLI ANNI SESSANTA E L’OPERAISMO
1. La formazione dei «Quaderni rossi»
2. Capitale, politica borghese, movimento operaio
3. Il paradigma operaista
4. Da forza lavoro a classe.
La politicità del conflitto operaio
5. Dal conflitto di classe all’organizzazione:
«Classe operaia»
6. Organizzazione e Partito comunista
7. Il movimento degli studenti.
Antiautoritarismo e anticapitalismo
8. La breve stagione operaia
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IV. PENSIERO POLITICO E RIFLESSIONE SULLA STORIA
1. Il politico, la politica. Dalla guerra e ritorno
2. Dalla guerra imperialista alla guerra civile.
Rivoluzione e potere
3. Stato, operai e capitale nella crisi.
Originalità e limiti della politica rooseveltiana
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V. L’AUTONOMIA DEL POLITICO
1. La crisi. Ancora su economia,
politica, alternativa
2. Forma partito e Pci negli anni Settanta
3. L’autonomia del politico
4. La critica dai gruppi: autonomia del sociale
contro autonomia del politico
5. Il sistema di potere democristiano
VI. MOVIMENTO OPERAIO E RISCOSSA BORGHESE
TRA ANNI SETTANTA E OTTANTA
1. Enrico Berlinguer e il Pci.
Compromesso storico e alternativa
2. Società e partito
nel laboratorio politico trontiano
3. L’egemonia capitalistico-borghese
4. Dopo il ’91
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VII. PASSAGGIO DI SECOLO
1. La fine del Pci e il crollo dei sistema dei partiti
in Italia
2. Per la critica della democrazia politica
3. Politica, tragico, trascendenza
4. Nel Novecento
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BIBLIOGRAFIA
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BIBLIOGRAFIA GENERALE
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INDICE DEI NOMI
293
RINGRAZIAMENTI
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I.
INTRODUZIONE
1. Il politico tra prima modernità e Novecento
Per Mario Tronti la presa intellettuale sul Novecento si incardina
sulla ricognizione dell’intero percorso della modernità, osservato dalla sua origine – il Cinque-Seicento in cui si ha «il processo di accumulazione originaria della categoria del politico moderno»1 – fino al suo
esito estremo: il XX secolo che del politico rappresenta il punto di
massima intensità, tensione e grandezza, infine declinato come crisi e
tramonto delle sue forme. Un arco di tempo fortemente dinamico, trasformativo e unitario, che si apre con la prima guerra mondiale e si
chiude con la diffusione globale dell’organizzazione capitalistica che
sostanzia nel sociale i valori della democrazia borghese e della sua antropologia, saldamente installata come senso comune di massa. In
questa realtà conclusiva, di radicata egemonia del capitale, non sono
scomparsi i soggetti non omologati o gli spazi di alternativa, che si
esprimono tanto nelle fasi di stabilità quanto in quelle di crisi. Ma appaiono marginalizzati, frantumati e sempre più propensi a rappresentare il conflitto all’esterno dei confini semantici del politico, che per
Tronti mantiene il senso, tutto novecentesco, di sintesi di organizzazione e visione strategica, di capacità tattica e densità di cultura, di
ceti dirigenti e popolo raccolto attorno a un progetto modificativo.
Prima di questa deriva, ossia tra la Grande guerra e gli anni Ottanta, la politica, praticata da fronti contrapposti, afferma il suo primato e la sua autonomia, ponendosi al governo del mondo della vita.
In quel tempo va collocata la riflessione.
L’attenzione alla fattualità storica e alle strutture categoriali che
ne svelano la filigrana concettuale, congiunta con un’estrema concentrazione sulle possibilità di trasformazione del presente, è alla
base di quell’intreccio di storia, teoria e contingenza che qualifica
1
M. Tronti, La politica al tramonto, Einaudi, Torino 1998, p. 9.
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Nel Novecento
l’intero lavoro di Tronti e segnala una precisa appartenenza: «Noi,
eredi del movimento operaio, siamo figli del Novecento. Questo secolo, non lo abbiamo soltanto attraversato, lo abbiamo vissuto»2.
Nella sua opera, la teoria non si risolve nella critica delle dottrine, ma è confronto con il tempo – «il primo corpo a corpo della teoria non è con l’altra teoria ma con la storia»3 – per un agire nella
contingenza, perché «non si può fare storia del politico, senza fare
politica»4, cioè «conflitto di parti contrapposte, nell’arena del potere, per la conquista del consenso, nell’esercizio del comando»5.
L’alba della modernità evidenzia la decisione borghese di azionare le leve offerte dalle nascenti istituzioni a favore dell’accumulazione originaria. È la politica che dà indirizzo al sorgente capitalismo, ne lubrifica i meccanismi, elimina gli ostacoli che intralciano
il suo percorso di affermazione, siano essi privilegi di corporazione,
terre comuni, indisciplina della forza lavoro, spinte affermative di
altre nazioni. E «forti anticipazioni del primato della politica»6 sono
tanto l’organizzazione istituzionale quanto le faglie rivoluzionarie
che dopo il “secolo di ferro” lacerano ininterrottamente la storia capitalistica e borghese. In questa pulsione conflittuale si svolge la
modernità politica, che precipita e si conclude nel Novecento.
Un arco storico-teorico teso tra Seicento e Novecento che mostra
quanto stretto sia il legame di pensiero politico e azione trasformativa. La condizione esistenziale di Niccolò Machiavelli e Thomas
Hobbes, Karl Marx e Carl Schmitt «non è quella del pensatore ma del
politico pensante»7, come lo stesso Tronti rivendica a suggello della
propria biografia intellettuale. In questi politici-intellettuali l’immaginazione teorica si somma «a una presa politica sulle tendenze in
atto»8. Non si tratta di una problematizzazione del nesso teoria-prassi, ma più radicalmente di quello tra parole e cose, tra concetto e vita,
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M. Tronti, Noi operaisti, DeriveApprodi, Roma 2009, pp. 123-124.
Ivi, p. 13.
Id., Introduzione a M. Tronti (a cura di), Il politico. Antologia di testi del
pensiero politico. 1: Da Machiavelli a Cromwell, Feltrinelli, Milano
1979, p. 3.
Id., Con le spalle al futuro. Per un altro dizionario politico, Editori Riuniti, Roma 1992, p. 120.
Id., La politica al tramonto, cit., p. 88.
Id., Politica e destino, Sossella, Roma 2006, p. 17.
Id., Operaismo e centralità operaia, in F. D’Agostini (a cura di), Operaismo e centralità operaia, Editori Riuniti, Roma 1978, p. 18.
Introduzione
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pensiero e storia. Questo è stato il politico moderno: «se il Capitale è
nello stesso tempo un’opera scientifica e un momento di azione politica che sposta la realtà oggettiva delle cose, si potrebbe sostenere inversamente che la stessa rivoluzione d’Ottobre o la Comune di Parigi sono nello stesso tempo un grande movimento pratico e una
potente scoperta teorica»9.
All’interno dell’opera trontiana – un’ininterrotta «riflessione per
l’azione»10 – l’autonomia del politico non deve essere considerata
come una “fase”, la Kehre teorica che segue l’operaismo, ma «niente altro che la politica moderna. È il nome che la politica assume nel
Novecento»11. È dunque la più profonda vocazione della politica,
che vive come tensione affermativa di volontà, di decisione, di governo, e per questo confligge (o converge) con altre potenze e altre
forze, innanzitutto di ordine economico. Governo borghese sul capitale, oppure critica e azione contro di esso, o la grande parabola dello Stato operaio: in ogni caso, il XX secolo è stato un tempo totus
politicus.
Nell’analisi del rapporto tra Tronti e il Novecento, la periodizzazione che proponiamo è scandita in decenni, secondo uno schema
consolidato che permette di esplicitare le problematiche teoriche in
stretta connessione con una precisa rilevanza di eventi12.
Muoviamo dunque dalla fine dagli anni Cinquanta, dentro i “trenta gloriosi”, gli anni della guerra finalmente civilizzata come conflitto politico. I primi lavori trontiani sono prevalentemente concentrati sugli eventi nazionali, di trasformazione sociale e di cultura.
Due gli obiettivi: mostrare come il capitalismo italiano sia ormai
pienamente conforme con quello internazionale; indicare alla scienza operaia la direzione per collocarsi a questo livello dello scontro.
Dagli studi su Gramsci e la tradizione marxista italiana all’operaismo: una classe e i “suoi” intellettuali, finalmente sganciati dallo
storicismo e dal nazional-popolare, predispongono armi concettuali
e strategie lungo la linea della lotta contro il piano del capitale. Pas9
10
11
12
Id., Marxismo e sociologia (1959), Istituto Gramsci, Roma 1959, in Quattro inediti di Mario Tronti, in «Metropolis», 1978, n. 2, pp. 12-13.
Id., Il tempo della politica, Editori Riuniti, Roma 1980, p. 5.
Id., La politica al tramonto, cit., p. 71.
Schema condiviso da Tronti: «il nostro secolo è venuto avanti per grandi
blocchi, che abbiamo preso l’abitudine di decifrare e nominare per decenni». Cfr. Id., Con le spalle al futuro, cit., p. 99. Si veda anche Id., La politica al tramonto, cit., p. 92.
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Nel Novecento
saggi di eccezionale intensità, a cui risponde efficacemente la controffensiva borghese. Il biennio rosso ’68-’69 chiude la fase della rivoluzione in Occidente e ne apre una nuova, più difficile per tutte le
forze dell’anticapitalismo, poiché le crisi che non hanno come esito
un cambio di potere si risolvono in un aggiornamento di quello in
atto. Negli anni Settanta, autonomia del politico significa affidare al
movimento operaio il compito di dare organizzazione e politicità a
un sociale ancora mobilitato e in lotta, ma che ha mostrato nel decennio precedente evidenti difficoltà nel tradurre il conflitto in potere. Si tratta allora di conquistare le istituzioni e lo Stato per farne un
“uso” di parte. Problematiche, queste, che richiedono anche un ripensamento della storia. Tronti accentua la riflessione sulla rivoluzione d’Ottobre e il leninismo, sul New Deal e l’uso capitalistico del
politico. Anni di ricerca e lavoro dentro il partito, oggetto a sua volta di specifica e critica attenzione teorica. Ma sul confine con gli
anni Ottanta si rivelano tutti i segni di una “chiusura” del secolo politico, tanto che Tronti arriva ad affermare che in quella cesura «il
movimento operaio non ha perso una battaglia, ha perso la guerra»13.
Con l’inizio di un nuovo ciclo borghese-capitalistico, globalizzato
dalla finanza e dalla tecnica, gli sconfitti vengono così “rieducati”
attraverso il consumo e l’individualismo di massa, che radicano in
interiore homine i valori capitalistici e l’ideologia della democrazia
borghese. Negli ultimi anni del secolo è la stessa politica che sembra avviarsi al tramonto, ridotta a gestione amministrativa in conto
al capitale. Dunque, se il Novecento è politica, «il Novecento è il
tempo della fine della politica»14. Il nuovo millennio, da questo punto di vista, pare rieditare, modificato e mistificato, tutto ciò che
nell’Ottocento si è condensato nella Gestalt borghese. Contro di
essa Tronti rilancia il compito di una Kritik che ne sveli l’ideologia,
decostruendola come sostanza socio-politica del capitale.
Ora, nel deserto che cresce, il pensiero «rimane l’ultima risorsa
della scoperta»15. Si tratta di reinventare le possibilità della politica
oltre le sue categorie e le forme consolidate. Il pensiero trontiano ha
percorso in profondità la seconda parte del Novecento politico, a
partire dalla sua radice moderna. Al termine di questo tragitto, egli
segnala che «è un’illusione politicista la riduzione della politica a
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Id., La politica al tramonto, cit., p. 19.
Ivi, p. 65.
Id., Con le spalle al futuro, cit., p. 159.
Introduzione
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politica moderna, e cioè ad autonomia del politico»16. È necessario
pensare il politico oltre se stesso. Tronti interroga la trascendenza e
il religioso; ricerca le declinazioni possibili delle culture della differenza; sviluppa una provocatoria critica alla democrazia come ultimativo orizzonte della vita in comune; dialoga con le soggettività
che aprono nuove faglie di conflitto, dimostrando che il presente
non è eterno, né unico è il pensiero che lo percorre.
Un tratto unitario del Novecento, che può valere come eredità da
raccogliere, è l’ininterrotta tensione tra progetti strategici, strutture
d’ordine, soggettività. Secolo del comunismo e delle democrazie
diffuse con le armi e con il consenso, del mercato sregolato e dei
piani razionali, del più irriducibile antagonismo e di strisciante uniformità di forme, dell’individualità liberata e della schiavitù della
massificazione. Un secolo tanto intenso e contraddittorio, così produttivo di storia che alla fine pare spegnersi, come consumato, svuotato17. In ogni caso, «Novecento, maestro di vita. Non c’è secolo che
abbia insegnato di più agli uomini di buona volontà. Noi che lo abbiamo attraversato, dovremmo essere orgogliosi del privilegio che è
stato donato alla nostra esistenza. Sappiamo infatti adesso praticamente quasi tutto: ciò che non si può fare, ciò che non si deve fare e
come accortamente bisogna allora operare con sobrietà intelligente»18.
Questo Novecento, pare vissuto e pensato da Tronti über die Linie, sopra e oltre, «dentro e contro», a conferma del fatto che si è
buoni interpreti di quel secolo nella misura in cui si compie il passo
doppio dell’eredità e del superamento. Una mossa teorico-politica
difficile, che gli strumenti offerti dalla pluridecennale ricerca di Mario Tronti rendono comunque più agevole.
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Id., Il destino della politica, in A. Bolaffi, M. Ilardi (a cura di), Fine della
politica?, Editori Riuniti, Roma 1986, p. 23.
Cfr. Id., La politica al tramonto, cit., p. X.
Id., Dall’estremo possibile (2010), Ediesse, Roma 2011, p. 185.