RESUMEN ANALISI INPUT –OUTPUT PER UN USO MARXISTA

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RESUMEN
ANALISI INPUT –OUTPUT PER UN USO MARXISTA
LUCIANO VASAPOLLO1
L’economia marxista sviluppa un apparato concettuale per l’analisi delle società di classe, in particolare
del capitalismo, vale a dire società nelle quali la maggioranza della popolazione è formalmente libera, ma
si ritrova espropriata della propria capacità di produrre ricchezza sociale, che solo può esercitare
vendendola in forma diretta (lavoro salariato) o indiretta (lavoro autonomo) ai proprietari dei mezzi di
produzione. Un sistema nel quale la dialettica della competizione condiziona il processo di
accumulazione.
Al contrario, nel socialismo i caratteri concorrenziali del processo economico sono sostituiti da quelli che
derivano dalle relazioni cooperative che emergono con la socializzazione dei mezzi di produzione. Per
analizzare tale sistema risultano particolarmente adatte le tecniche di ottimizzazione, le analisi in termini
di equilibrio e le funzioni di utilità sociale.
La pianificazione socialista permette di realizzare le decisioni in forma razionale, perché le asimmetrie di
informazione, molto presenti nel capitalismo, cessano di esistere.
Le tavole input-output (I/O) sono lo strumento più potente di analisi e rappresentazione dell’economia
capitalista sviluppato dal pensiero convenzionale. Benché l’inventore di detto strumento si basasse sugli
schemi di accumulazione ampliata di Marx, contenuti nel libro II del Capitale, applicati ad una
disgregazione settoriale in rami produttivi dell’economia nordamericana, le tavole input-output sono
l’apice di una lunga tradizione teorica che può farsi risalire ai fisiocratici e a Quesnay.
Detto quanto sopra, le difficoltà di traduzione in categorie marxiste si incontrano anche nelle tavole inputoutput. In questa ottica critica la differenziazione tra rami produttori di mezzi di produzione, rami
produttori di beni-salario o beni di consumo operaio, e rami produttori di beni di lusso di consumo dei
capitalisti, è fondamentale per studiare la dinamica salariale, il movimento generale del capitale e
l’evoluzione delle leggi fondamentali del sistema capitalista. Ma la statistica convenzionale non
comprende queste differenze e perciò risulta impossibile organizzare le tavole in funzione della tipologia
marxista dei rami di produzione Con gli accomodamenti richiesti, le tavole input output sono una fonte
primaria di informazione sulla contabilità nazionale
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Luciano Vasapollo (Italia,1955).Profesor de la Universidad “La Sapienza” di Roma y de la Universidad
"Hermanos Saíz Montes de Oca"di Pinar del Río (Cuba) ; è "Miembro Distinguido" dell'ANEC (
Asociación Nacional de Economistas y Contadores de Cuba); vencedor en el Concurso Internacional de
Ensayo Pensar a Contracorriente (2006). Director del Centro de Estudios sobre la Transformacion
Economico Social CESTES y de las revistas PROTEO y NUESTRA AMERICA. Es Miembro Pleno del
Comité de Honor Científico de La Sociedad Latinoamericana de Economía Política y Pensamiento
Crítico. En el año 2006 se le ha otorgado la Medalla por la Cultura Nacional de la Republica de Cuba.Es
“Visitante Ilustre” a la Universidad de Pinar del Rio “Hermanos Saiz Montes de Oca”. Es “Collaborador
de Merito” del Centro de Estudios Martianos di Cuba.
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ANALISI INPUT –OUTPUT PER UN USO MARXISTA
LUCIANO VASAPOLLO2
DI SEGUITO SI PRESENTA UN ARTICOLO SULL’UTILIZZO MARXISTA DELLE TAVOLE
INPUT-OUTPUT CHE E’
RIPRESO DA L. VASAPOLLO “TRATTATO DI ECONOMIA
APPLICATA”, JACA BOOK, 2007 PARTE QUARTA , CAPITOLO QUINTO
Cap. 5. La validità di alcuni strumenti analitici della macroeconomia
5.1. Potenzialità analitica delle tavole input-output e altri strumenti e loro utilizzo
1. Le considerazioni precedenti ci permettono di identificare alcuni degli strumenti di
analisi economica progettati per un sistema capitalista, ma che sviluppano tutta la loro
potenzialità analitica in un sistema socialista, per esempio le tavole input-output. Tale
strumento è la più sofisticata rappresentazione delle interrelazioni nel funzionamento di
una economia chiusa.
Certamente le espressioni monetarie che si raccolgono in alcune tavole input-output
capitaliste (prezzi al costo dei fattori, prezzi di mercato e valore aggiunto come somma
dei redditi dei salariati e surplus (plusvalore) imprenditoriale come redditi complessivi
da capitale) non coincidono con quelle che troveremmo nelle tavole input-output
socialiste (valori-lavoro o prezzi di produzione, e valore aggiunto distribuito in redditi
dei lavoratori, tutti i lavoratori, e eccedente destinato all’investimento).
Il livello di disaggregazione delle tavole non permette neanche un’analisi molto
dettagliata delle interrelazioni, e mostra alcune difficoltà tecniche per convertirsi in uno
strumento adeguato alla pianificazione generale. Però sembra che sia proprio in una
economia pianificata che tale strumento possa essere più utile, non solo per vedere come
si è evoluta l’economia per mezzo delle matrici di coefficienti tecnici, ma anche per
stabilire criteri di riassegnazione generale delle risorse, al fine di ottenere il massimo
2
Universidad “La Sapienza”, Director Científico CESTES, revista PROTEO y revista NUESTRA AMERICA, para
profundizar cfr. L.Vasapollo (editor) “l’acqua scarseggia...ma la papera galleggia!”, Jaca Book, Milano,2006
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output prestando attenzione alle variazioni che il cambio tecnologico induce nella
composizione tecnica della produzione.
Così come vi sono tavole di coefficienti tecnici, si potrebbero sviluppare tavole di
assegnazione del lavoro, per utilizzare le risorse umane più efficientemente e migliorare
la potenzialità di crescita del prodotto sociale3.
2. Altri strumenti principali della economia neoclassica marginalista, che hanno una
funzione più ideologica che analitica nel capitalismo, possono essere estremamente utili
al funzionamento di una economia socialista.
Le funzioni di produzione vengono ideate postulando un uso pieno delle risorse
disponibili; questa può costituire una descrizione della realtà del socialismo, ma non del
capitalismo, nel quale, come detto, vi è una dissipazione cosciente di risorse materiali e
soprattutto umane.
La funzione di utilità parte da un riconoscimento individuale di decisioni di consumo
razionale, che aggregate formano quello che potrebbe essere un ottimo sociale.
Applicate al capitalismo, però, non distinguono tra la razionalità del consumatore finale,
basata sulla soddisfazione del valore d’uso dei beni, e la razionalità capitalista, il cui
consumo (intermedio) è determinato dalla ricerca del massimo profitto, che non ha nulla
a che vedere con il valore d’uso dei beni capitali e della forza lavoro che compra. Il
contrario vale per una economia socialista, ove veramente il valore d’uso ed il valore di
scambio si uguagliano a seguito della scomparsa di quest’ultimo.
I segnali di prezzo che il consumatore percepisce sono espressione diretta dei costi
relativi e non subiscono l’influenza di decisioni speculative di produttori o distributori.
Ciò facilita la considerazione effettiva delle preferenze rivelate nel processo di
pianificazione degli investimenti.
L’equilibrio è un concreto obiettivo di funzionamento per una economia socialista, ma
una chimera in una economia capitalista, nella quale l’accumulazione e la crescita
squilibrati non possono cessare senza provocare un collasso economico.
Le tecniche di elezione sociale sulla base di decisioni razionali di individui con
uguaglianza di condizioni possono essere utilizzate correttamente dunque solo in una
economia nella quale la capacità di “voto” di ciascun cittadino non sia condizionata dal
3
Cockshott e Cottrell (1993) mostrano come le nuove tecnologie dell’informazione possono aiutare a
superare molte delle limitazioni tecniche della pianificazione centrale del secolo passato e, appoggiandosi
alle tabelle del consumo intersettoriale di tempi di lavoro e mediante lo sviluppo degli algoritmi adeguati,
aumentare al massimo i livelli di produttività e produzione, prestando attenzione alle esternalità positive e
negative (per esempio ambientali) riducendole al minimo e migliorando i livelli degli sprechi.
4
reddito ottenuto in cicli di produzione precedenti: solo la democrazia economica
permette elezioni razionali che conducono all’equilibrio.
3. Argomenti di questo tipo hanno portato Meek (1977: 173) a dire che
La tendenza marginalista, che è cominciata come una dura opposizione al marxismo, si è finalmente
conclusa con la produzione di teorie, concetti e tecniche che si sono convertiti in un indispensabile
ausilio per il marxismo – un ausilio inoltre la cui importanza aumenta invece di diminuire, a misura
dell’ampliamento dei mezzi di controllo centralizzato sull’economia. La grande questione oggi è se di
fatto in qualche momento nell’economia socialista tale prodotto finale del marginalismo si dovrebbe
vedere non come un mero ausilio al marxismo ma piuttosto come il suo successore.
L’economia marxista sviluppa un apparato concettuale per l’analisi delle società di
classe, in particolare del capitalismo, vale a dire società nelle quali la maggioranza della
popolazione è formalmente libera, ma si ritrova espropriata della propria capacità di
produrre ricchezza sociale, che solo può esercitare vendendola in forma diretta (lavoro
salariato) o indiretta (lavoro autonomo) ai proprietari dei mezzi di produzione. Un
sistema nel quale la dialettica della competizione condiziona il processo di
accumulazione.
Al contrario, nel socialismo i caratteri concorrenziali del processo economico sono
sostituiti da quelli che derivano dalle relazioni cooperative che emergono con la
socializzazione dei mezzi di produzione. Per analizzare tale sistema risultano
particolarmente adatte le tecniche di ottimizzazione, le analisi in termini di equilibrio e
le funzioni di utilità sociale.
La pianificazione socialista permette di realizzare le decisioni in forma razionale, perché
le asimmetrie di informazione, molto presenti nel capitalismo, cessano di esistere.
Ciò che si realizza in un punto determinato è deciso con completa conoscenza preventiva di quello che
si sta decidendo simultaneamente in tutti gli altri punti. […] senza questo ciascun centro di decisione
si troverebbe impedito a vedere quello che accade nel resto del sistema, e nel migliore dei casi
dovrebbe fidarsi di una informazione imperfetta e dell’intuizione. […] Tale è la ragione per la quale vi
sono tanti aspetti sconosciuti e aleatori in un sistema non pianificato, che è sottomesso, di
conseguenza, a costanti oscillazioni e fluttuazioni […] dette fluttuazioni suppongono, dal punto di
vista economico, una dissipazione considerevole (Dobb 1968: 85-87).
5.2. L’alto potenziale delle tavole delle interdipendenze settoriali
5.2.1. Costruzione e applicazioni
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1. Nella seconda metà degli anni ’30 del secolo scorso, l’economista russo Wassily
Leontief elabora i primi modelli di tavole delle interdipendenze settoriali, più
comunemente dette tavole input-output4 (I/O). Le tavole di Leontief, prendendo in
considerazione i flussi produttivi intercorrenti tra i vari settori della complessiva attività
economica di un paese, consentono di conoscerne la struttura produttiva, o meglio,
permettono di conoscere i rapporti tra gli elementi che concorrono a fornire il valore
della produzione vendibile dei diversi settori economici, misurando pertanto
l’interdipendenza settoriale.
Le tavole input-output (I/O) sono lo strumento più potente di analisi e rappresentazione
dell’economia capitalista sviluppato dal pensiero convenzionale. Benché l’inventore di
detto strumento si basasse sugli schemi di accumulazione ampliata di Marx, contenuti
nel libro II del Capitale, applicati ad una disgregazione settoriale in rami produttivi
dell’economia nordamericana, le tavole input-output sono l’apice di una lunga
tradizione teorica che può farsi risalire ai fisiocratici e a Quesnay.
2. Il primo problema che si pone Leontief è quello di cercare di comprendere quale sia
la «legge tecnologica che collega i flussi di prodotti fra loro» (Graziani 1977: 47). Posta
tale questione, Leontief sviluppa il suo modello di misurazione per il quale la quantità
del fattore x (input) acquistata dal settore A è direttamente relazionato in termini
proporzionali alla quantità totale di output (prodotto) realizzata nello stesso settore (cioè
il settore A, quello acquirente). Il rapporto che “governa” tale funzione è caratterizzato,
quindi, da coefficienti di produzione5 fissi: al variare della quantità di output prodotta da
un settore corrisponde una variazione equiproporzionale negli acquisti di tutti i fattori
realizzati negli altri settori produttivi6. Se i flussi di beni che passano da un settore
all’altro sono fissati da esigenze di natura tecnologica, una volta stabiliti, restano
implicitamente fissate anche le proporzioni in cui i beni dei diversi fattori si scambiano
fra loro, e quindi i rapporti di scambio fra i singoli prodotti. (Graziani 1977: 43).
Come si può ben desumere da tali prime approssimazioni, il sistema che ne viene fuori è
chiuso. Dato il circuito intercorrente tra lavoratori e settori produttivi che si scambiano
prestazioni lavorative e beni e servizi, il sistema si autoalimenta; ma il presupposto è
che la produttività dei lavoratori raggiunga e mantenga livelli tali da consentire la loro
riproduzione. Il modello è chiuso, quindi, nella misura in cui non necessita di fattori
4
Le sue principali opere in merito sono Leontief (1953), (1966).
Il coefficiente di produzione indica la quantità di un mezzo di produzione necessaria ad ottenere una
unità di output. Per un’efficace introduzione alle tavole input-output cfr. Romagnoli (2001: 76-87).
6
Con la stessa tecnica Leontief analizza le variazioni interne al settore del consumo e del lavoro.
5
6
esterni per la sua riproduzione. È evidente che tale sistema chiuso è rigorosamente
statico, perché esclude logicamente sia l’accumulazione capitalistica sia l’incremento di
ricchezza. L’intero output è generato e “consumato” (distrutto) nello stesso periodo
corrente di riferimento.
Nel modello appena descritto, che dà vita ad equazioni tecnologiche, la quantità
domandata da un settore non è in funzione del prezzo7 dell’output, bensì è una funzione
lineare della quantità prodotta dal settore stesso (quello che domanda). E per quanto
riguarda il settore lavoro-consumo, la quantità di beni e servizi al consumo richiesta è in
funzione della quantità di lavoro erogato. La misura utilizzata per il calcolo è, quindi,
quella delle unità fisiche e non dell’unità monetaria. È per tale motivo che assumono
importanza i coefficienti tecnici, che esprimono la quantità di beni e servizi originati da
un settore A necessari per produrre una unità fisica prodotta dal settore B. Se invece la
tavola è costruita in unità monetarie, si otterranno i coefficienti di spesa, che esprimono
il numero delle unità monetarie del bene prodotto da un settore A occorrenti per
produrre un’unità monetaria del bene prodotto da un altro settore B.
3. La condizione d’esistenza di un modello quale quello appena delineato è l’equilibrio,
perché la quantità di output realizzata da un settore deve essere uguale alla quantità
assorbita da tutti gli altri settori congiunti, pertanto la domanda si mostra uguale
all’offerta ed il prodotto si rivela uguale al consumo.
[Tuttavia un tale] sistema […] non determina la dimensione assoluta dei flussi di ricchezza, ma solo i
rapporti quantitativi che corrono tra i vari flussi. […] Il sistema rimane conosciuto nella sua struttura,
non nelle sue dimensioni assolute: come se di una figura geometrica sapessimo che è un cubo o una
sfera, senza conoscere la lunghezza del lato o del raggio (Graziani 1977: 51).
Infatti un simile sistema, ammettendo la riproducibilità del complesso dei fattori, non
conosce limiti delle dimensioni assolute, perché ci consente di apprendere le
proporzioni quantitative, tecnologiche, tra i fattori, ma i fattori stessi sono assunti come
illimitati, non scarsi.
È per far fronte a tale problema conoscitivo del modello chiuso che ne viene elaborato,
successivamente, uno aperto. Per “aprire” il sistema si ha bisogno di una serie di dati
che possano individuare delle dimensioni assolute definite, la cui assenza rende
impossibile la lettura completa del sistema. La soluzione utilizzata è quella di espellere
7
Per un’esposizione dettagliata sulle varie metodologie di costruzione di una tavola input-output e sulle
questioni di misura, si v. Alvaro (1999: 717-ss.).
7
l’attività del consumo, quella lavorativa e gli investimenti, rendendoli tutti elementi
esogeni, non più dipendenti dalle grandezze degli altri fattori del sistema. In tal modo
gli unici beni a rimanere in vita nella rappresentazione sono quelli intermedi (poiché
sono stati appunto “espulsi” i consumi, gli investimenti, gli acquisti della
PA,
le
esportazioni).
Le applicazioni del sistema aperto sono essenzialmente rivolte a scopi di previsione. La caratteristica
del sistema è quella di tutti i modelli di equilibrio generale: esso permette di calcolare le ripercussioni
sull’intero sistema derivanti da una modifica in qualsiasi sua parte (Graziani 1977: 60).
Ed infatti le tavole input-output sono state utilizzate spesso ai fini di programmazione
economica, per conoscere le variazioni del fabbisogno del consumo. Ad esempio, data
per conosciuta una prefissata domanda finale, si può utilizzare la tavola input-output per
determinare i livelli di produzione, il fabbisogno di importazioni e il livello di
retribuzione dei fattori produttivi.
4. L’utilizzo delle tavole input-output comporta la costruzione di un modello
disaggregato, poiché le relazioni funzionali che individuano i legami tra i vari aggregati
economici fanno riferimento anche alle attività di branche o settori economici
partecipanti al processo produttivo di beni e servizi (v. Alvaro 1999: 703).
Dal punto di vista pratico, quindi, la costruzione delle tavole input-output si realizza
impostando sulle righe i dati relativi agli output di ogni singolo settore e nelle colonne
quelli relativi agli input.
La tavola, dunque, viene costruita in modo tale che ogni industria è presa in
considerazione due volte: in una riga la si valuta come output (prodotto) ottenuto, in una
colonna è misurata come input (fattore produttivo) necessario. La riga indica
l’allocazione del prodotto lordo totale di un settore A, utilizzato, tale output, come
fattore produttivo degli altri settori. La colonna individua invece i fattori produttivi
(input) necessari a produrre quell’output.
Nello schema semplificato di una tavola input-output utilizzato da Samuelson e
Nordhaus (1987: 781), si prendono in considerazione soltanto tre ambiti: le colonne
sono costituite dai settori dell’agricoltura, dell’industria e dei consumi finali delle
famiglie e le righe dall’agricoltura, dall’industria e dal lavoro delle famiglie e altri
fattori. Vengono esclusi, quindi, i dati ed i rapporti relativi alla pubblica
amministrazione, al commercio estero, agli investimenti, che invece Leontief calcola.
8
Riportiamo di seguito, a mo’ d’esempio, una tavola concepita sul modello di quella
impiegata da Samuelson e Nordhaus, con la colonna relativa al settore dei servizi.
FLUSSI
INTERSETTORIALI
Agricoltura
Industrie
manifatturiere
Consumi finali
delle famiglie
Servizi
Totali lordi
Agricoltura
Industrie
manifatturiere
Servizi
Lavoro delle famiglie
e altri fattori
Totali lordi
Le cifre relative alla famiglie, insieme con gli altri fattori produttivi forniti dalle stesse,
vanno a comporre il reddito nazionale o il PNN.
Essendo questo uno schema semplificato, con l’esclusione degli investimenti e degli
acquisti della
PA,
il
PNL
= totali lordi (ultima colonna). Se invece calcoliamo il
PNL
base ai costi dei fattori e dei valori aggiunti (è un altro metodo per misurare il
in
PNL),
indicati dai salari, allora PNL = totali lordi, ma di riga.
5.2.2. I problemi per un utilizzo marxista
1. Ricapitolando brevemente, per poter creare una tavola di paragone tra gli indicatori di
Leontief e quelli marxisti, possiamo riassumere così: le tavole I/O formano un quadromatrice di offerte (righe) e domande (colonne) di tutti i settori tra loro. Ogni punto della
matrice di consumi intermedi esprime il consumo realizzato da un settore (verticale), da
un altro settore (orizzontale). La somma di tutti i valori di una colonna equivale
all’utlilizzo di c in un certo periodo. Sotto la matrice di consumi intermedi si situano i
valori corrispondenti al valore aggiunto (essenzialmente distribuiti in remunerazione ai
salariati [v] ed eccedenza lorda imprenditoriale, plusvalore [W], ed eventualmente la
ridistribuzione da parte di questo valore nuovo [imposte indirette nette] etc.). La somma
dei consumi intermedi ed il valore aggiunto si denomina “valore lordo di produzione” (o
produzione vendibile o totale), che esprime coi dovuti accomodamenti, il valore sociale
della totalità della produzione di merci in un periodo.
Valore Aggiunto
Nozioni
CI
+
CL
RFK
=
VLP
9
tavole I/O
↓
Categorie
marxiste
equivalenti
c
↓
+
v
↓
+
W
↓
=
M
Con CI= consumo intermedio; CL= costo del lavoro; RFK= remunerazione al fattore
capitale; VLP= valore lordo della produzione ; c =capitale costante; v = capitale
variabile; W= plusvalore; M = valore della merce.
2. Detto quanto sopra, le difficoltà di traduzione in categorie marxiste si incontrano
anche nelle tavole input-output. In questa ottica critica la differenziazione tra rami
produttori di mezzi di produzione, rami produttori di beni-salario o beni di consumo
operaio, e rami produttori di beni di lusso di consumo dei capitalisti, è fondamentale per
studiare la dinamica salariale, il movimento generale del capitale e l’evoluzione delle
leggi fondamentali del sistema capitalista. Ma la statistica convenzionale non
comprende queste differenze e perciò risulta impossibile organizzare le tavole in
funzione della tipologia marxista dei rami di produzione8. Perfino prendendo in
considerazione il problema della produzione congiunta (rami che producono
contemporaneamente beni diversi), la possibilità di organizzare le statistiche in sintonia
con la classificazione marxista, tecnicamente fattibile, diventa un problema politicoideologico
3. In termini aggiuntivi, le tavole input-output riflettono la valutazione monetaria della
produzione di merci:
ƒ
Il consumo intermedio (CI) corrisponde alla nozione di capitale costante, fisso e
circolante, consumato in un ciclo di produzione9;
8
Alla fine del capitolo IV del libro III del Capitale, Engels inserisce la seguente considerazione: «le
statistiche tacciono volutamente la proporzione tra la parte costante e la parte variabile dell’insieme del
capitale. Il censimento Nordamericano è l’unico che indica quel che può indicare nelle condizioni attuali:
la somma dei salari pagati e delle rendite ottenute in ciascun ramo industriale. E benché questi dati siano
molto dubbi, perché non hanno più base che le indicazioni non controllate degli stessi industriali, sono
nonostante ciò altamente preziosi, e costituiscono l’unica documentazione di cui disponiamo su questo
problema. In Europa siamo troppo educati per chiedere ai nostri grandi industriali che ci facciano simili
confidenze».
9
Ricordiamo che il capitale costante C include anche il consumo circolante (materie prime, energia etc.),
non solo l’ammortamento del capitale fisso in un periodo, ma anche l’insieme degli investimenti in mezzi
di produzione.
10
ƒ
Il valore aggiunto (VA) esprime il “valore nuovo” generato nel processo di
produzione, cioè il capitale variabile (assimilabile al costo del lavoro
CL,
alla
remunerazione dei salariati) ed il plusvalore (equivalente all’eccedenza lorda
imprenditoriale, o, genericamente remunerazione al fattore capitale RFK).
4. Per tutto ciò, l’equiparazione delle categorie statistiche alle categorie della teoria del
valore-lavoro richiede un certo processo di riformulazione dei dati delle tavole. Da una
parte nella loro struttura si aggiunge un insieme di attività di “non mercato”, per
esempio i servizi di istruzione e di sanità che non producono plusvalore, poiché non
offrono merci, bensì beni sociali prodotti in forma collettiva e finanziati con le imposte,
ovvero con parte del valore aggiunto che si esprime nei salari e nella remunerazione al
fattore capitale. A questi rami è assegnata un’eccedenza imprenditoriale zero, e come
valore aggiunto si considera la remunerazione dei salariati che a rigore non sono
salariati capitalisti.
Un altro insieme di attività è stato oggetto di controversia; la materia del contendere è la
considerazione di tali settori come attività produttrici di valore capitalista o mere attività
di rendita, ad esempio tipico il caso di alcuni rami finanziari, immobiliari e perfino del
trasporto e della distribuzione, che sono stati considerati da certi studiosi come rendite,
consumatori di valore10. Secondo la posizione adottata, bisognerà correggere i dati
riportati dalle tavole per ricomporre gli indicatori statistici del capitale variabile,
costante e del plusvalore. Uno dei principali accomodamenti da fare è riassegnare il
valore aggiunto dei rami di non mercato alle imposte sul salario e alle imposte sulla
rendita, come remunerazione da capitale, per ricomporre il vero livello di v e di W.
Con gli accomodamenti richiesti, le tavole input output sono una fonte primaria di
informazione sulla contabilità nazionale.
10
Anwar Shaikh e Ahmet Tonak (1994) riassumono nel loro libro le principali posizioni rispetto agli
autori marxisti. Vedere anche Aglietta (1976).